SSSS - Parrocchia Buon Pastore - Bari€¦ · sa canta la gioia della ... nessun nuovo mattino...

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[email protected] [email protected] [email protected] 1 S iamo arrivati alla conclusione del tempo pasquale! La celebra- zione del mistero pasquale si è pro- lungata per cinquanta giorni, a for- mare un’unica festa che si conclude con la «grande domenica» della Pen- tecoste. In questa domenica la Chie- sa canta la gioia della risurrezione, che essa ha la missione di annuncia- re al mondo con la forza dello Spirito Santo. Nel tempo pasquale abbiamo incontrato Cristo con i segni della passione e della risurrezione e così siamo diventati suoi testimoni, che ascoltano la sua parola e la mettono in pratica. I racconti delle apparizioni del risorto, gli Atti degli apostoli, il vangelo di Giovanni ci hanno accompa- gnato in questo lungo itinerario. La nostra vita di fede è diventata più ricca e più autentica con i doni ricevuti dal risorto: la pace, la gioia, la fede, la vita nuova e lo Spiri- to Santo. Tutti questi doni sono la testimonianza della fede in Cristo risorto. Ma non basta solo questo. Alle per- sone che credono in Lui Gesù affida anche una missione: quella di annunciare che egli vive nella gloria del Padre e che vuole far entrare anche noi in questa comunione. Fin d’ora egli dona la sua vita ai credenti per mezzo del bat- tesimo e li nutre attraverso l’eucaristia. Il luogo per eccellenza dove i cristiani testimoniano la fede in Gesù risorto è il tempo ordinario, che noi ripren- diamo il lunedì dopo la Pentecoste. Questo tempo non è affatto banale o insignificante e non ha nulla di ordinario, nel significato peggiorativo che normalmente si dà a que- sto termine. Il tempo ordinario è il teatro di un’avventura la cui posta in gioco è la santificazione del mondo degli uomini: le persone, la società e l’intero universo. Più che un vero e proprio tempo liturgico, si tratta di una serie di domeniche in cui si celebra il mistero della salvezza. Cia- scuna di esse, come è sempre stato fin dalle origini della Chiesa, è veramente il giorno del Signore, il giorno in cui l’assemblea cristiana ascolta la parola di Dio e spezza il pane eucaristico per diventare sempre più il corpo di Cri- sto. Un monaco della Chiesa d’Oriente pregava cosi: “Signore, nessun nuovo mattino venga a rischiarare la mia vita sen- za che il mio pensiero vada alla tua risurrezione. Per quanto grandi possano essere le perplessità e i pericoli, l’inizio di tutte le mie giornate sarà radioso, se mi ricor- do – con tutta l’anima e con tutta la mente – che il mio salvatore ha vinto le forze del male e della morte. Il mio primo atto di fede, ogni mattina, sarà un atto di fede nella tua vittoria finale”. Il Signore accompagni il cammino di fede di ciascuno di noi, che formiamo la Comunità del Buon Pastore, e ci do- ni la forza di testimoniarlo e di renderlo presente in mez- zo al quartiere in cui viviamo con la gioia di essere suoi discepoli! Don Gabriel Bogatu Testimoni del Risorto nel tempo ordinario Testimoni del Risorto nel tempo ordinario Testimoni del Risorto nel tempo ordinario STEFANO… UN SÌ MAGGIORE! STEFANO… UN SÌ MAGGIORE! STEFANO… UN SÌ MAGGIORE! STEFANO… UN SÌ MAGGIORE! I n un meraviglioso pomeriggio di primavera, accompagnata dal suo- no delle campane a festa, è stata cele- brata, lo scorso giovedì 12 Aprile, la S. Messa per l’ordinazione diaconale del seminarista Stefano Montarone, che per tre anni ha prestato il suo servizio pastorale nella nostra comunità del Buon Pastore, sempre accolto con sti- ma e affetto. Questo grande evento, speciale ed in- dimenticabile, ha avvolto di gioia non solamente la nostra comunità ma, so- prattutto, la Comunità di Bisceglie, città natale di Stefano, e l’intera Dio- cesi di Trani-Barletta-Bisceglie. E quale poteva essere il luogo più appropriato per questa celebrazione se non la splendida, luminosa Cattedrale di Tra- ni? Gremito all’inverosimile era il sacro luogo ed “affettuosamente” intermina- bile la processione d’ingresso per la numerosa partecipazione dei Seminari- sti, dei Sacerdoti -tra i quali Don Vitto- rio- e del Vescovo locale, S. E. Giovan Battista SOMMARIO Tempo ordinario pag. 1 Il “nostro” Stefano pagg. 1-2 Musica e liturgia pagg. 2-3 La scuola: ieri… pagg. 3-4 … oggi per una docente pagg. 4-5 … e per una studentessa pag. 6 Gruppi parrocchiali pagg. 7-8 Bernhard Häring pag. 9 Gli appunti di Mr. D pag. 10 La chiacchierata pag. 11 A voi la penn@ pag. 11 Dietro le quinte pag. 12 Continua a pag. 2 PARROCCHIA BUON PASTORE, PARROCCHIA BUON PASTORE, PARROCCHIA BUON PASTORE, VIALE VIALE VIALE EINAUDI 2/A, BARI EINAUDI 2/A, BARI EINAUDI 2/A, BARI - www.baribuonpastore.it www.baribuonpastore.it www.baribuonpastore.it Giugno Giugno Giugno - Luglio 2007, n° 16 Luglio 2007, n° 16 Luglio 2007, n° 16

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SSSS iamo arrivati alla conclusione del tempo pasquale! La celebra-

zione del mistero pasquale si è pro-lungata per cinquanta giorni, a for-mare un’unica festa che si conclude con la «grande domenica» della Pen-tecoste. In questa domenica la Chie-sa canta la gioia della risurrezione, che essa ha la missione di annuncia-re al mondo con la forza dello Spirito Santo.

Nel tempo pasquale abbiamo incontrato Cristo con i segni della passione e della risurrezione e così siamo diventati suoi testimoni, che ascoltano la sua parola e la mettono in pratica. I racconti delle apparizioni del risorto, gli Atti degli apostoli, il vangelo di Giovanni ci hanno accompa-gnato in questo lungo itinerario. La nostra vita di fede è diventata più ricca e più autentica con i doni ricevuti dal risorto: la pace, la gioia, la fede, la vita nuova e lo Spiri-to Santo. Tutti questi doni sono la testimonianza della fede in Cristo risorto. Ma non basta solo questo. Alle per-sone che credono in Lui Gesù affida anche una missione: quella di annunciare che egli vive nella gloria del Padre e che vuole far entrare anche noi in questa comunione. Fin d’ora egli dona la sua vita ai credenti per mezzo del bat-tesimo e li nutre attraverso l’eucaristia. Il luogo per eccellenza dove i cristiani testimoniano la fede in Gesù risorto è il tempo ordinario, che noi ripren-

diamo il lunedì dopo la Pentecoste. Questo tempo non è affatto banale o insignificante e non ha nulla di ordinario, nel significato peggiorativo che normalmente si dà a que-sto termine. Il tempo ordinario è il teatro di un’avventura la cui posta in gioco è la santificazione del mondo degli uomini: le persone, la società e l’intero universo. Più che un vero e proprio tempo liturgico, si tratta di una serie di domeniche in cui si celebra il mistero della salvezza. Cia-scuna di esse, come è sempre stato fin dalle origini della Chiesa, è veramente il giorno del Signore, il giorno in cui l’assemblea cristiana ascolta la parola di Dio e spezza il pane eucaristico per diventare sempre più il corpo di Cri-sto. Un monaco della Chiesa d’Oriente pregava cosi: “Signore, nessun nuovo mattino venga a rischiarare la mia vita sen-

za che il mio pensiero vada alla tua risurrezione. Per

quanto grandi possano essere le perplessità e i pericoli,

l’inizio di tutte le mie giornate sarà radioso, se mi ricor-

do – con tutta l’anima e con tutta la mente – che il mio

salvatore ha vinto le forze del male e della morte. Il mio

primo atto di fede, ogni mattina, sarà un atto di fede

nella tua vittoria finale”. Il Signore accompagni il cammino di fede di ciascuno di noi, che formiamo la Comunità del Buon Pastore, e ci do-ni la forza di testimoniarlo e di renderlo presente in mez-zo al quartiere in cui viviamo con la gioia di essere suoi discepoli!

Don Gabriel Bogatu

Testimoni del Risorto nel tempo ordinarioTestimoni del Risorto nel tempo ordinarioTestimoni del Risorto nel tempo ordinario

STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!

IIII n un meraviglioso pomeriggio di primavera, accompagnata dal suo-

no delle campane a festa, è stata cele-brata, lo scorso giovedì 12 Aprile, la S. Messa per l’ordinazione diaconale del seminarista Stefano Montarone, che per tre anni ha prestato il suo servizio pastorale nella nostra comunità del Buon Pastore, sempre accolto con sti-ma e affetto. Questo grande evento, speciale ed in-dimenticabile, ha avvolto di gioia non solamente la nostra comunità ma, so-

prattutto, la Comunità di Bisceglie, città natale di Stefano, e l’intera Dio-cesi di Trani-Barletta-Bisceglie. E quale poteva essere il luogo più appropriato per questa celebrazione se non la splendida, luminosa Cattedrale di Tra-ni? Gremito all’inverosimile era il sacro luogo ed “affettuosamente” intermina-bile la processione d’ingresso per la numerosa partecipazione dei Seminari-sti, dei Sacerdoti -tra i quali Don Vitto-rio- e del Vescovo locale, S. E. Giovan B a t t i s t a

SOMMARIO Tempo ordinario pag. 1

Il “nostro” Stefano pagg. 1-2

Musica e liturgia pagg. 2-3

La scuola: ieri… pagg. 3-4

… oggi per una docente pagg. 4-5

… e per una studentessa pag. 6

Gruppi parrocchiali pagg. 7-8

Bernhard Häring pag. 9

Gli appunti di Mr. D pag. 10

La chiacchierata pag. 11

A voi la penn@ pag. 11

Dietro le quinte pag. 12

Continua a pag. 2

PARROCCHIA BUON PASTORE, PARROCCHIA BUON PASTORE, PARROCCHIA BUON PASTORE, VIALEVIALEVIALE EINAUDI 2/A, BARI EINAUDI 2/A, BARI EINAUDI 2/A, BARI --- www.baribuonpastore.it www.baribuonpastore.it www.baribuonpastore.it Giugno Giugno Giugno --- Luglio 2007, n° 16 Luglio 2007, n° 16 Luglio 2007, n° 16

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2 STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!STEFANO… UN SÌ MAGGIORE!

Pichierri. Mentre la processione avan-zava le voci armoniose del coro ac-compagnato dal suono soave e carrez-zevole dell’organo innalzava il canto pasquale “Chiesa del Risorto”, il cui ritornello conviene riportare: “Dal Crocifisso Risorto nasce la speranza,

dalle Sue piaghe la salvezza, nella

Sua luce noi cammineremo, Chiesa

redenta dal Suo amore”. È la più effi-cace sottolineatura di quel momento liturgico. Nell’omelia il Vescovo ha rivolto paro-le di sostegno e di gioia a Stefano e agli altri due candidati diaconi, sof-fermandosi su alcuni aspetti impor-tanti della loro vocazione e sui delica-ti compiti del Diacono. “La chiamata del Signore – ha spiegato - è chiamata alla santità e all’apostolato, da vivere con l’ardore e la dedizione degli stes-si apostoli; è chiamata a compiere una missione d’amore nel servizio e nella carità; è chiamata ad essere annunciatore dell’amore di Dio e te-stimone con tutti dell’unica grande Parola di vita”. Alla bellezza della celebrazione ha particolarmente contribuito il fascino della musica sacra, che sempre nasce dalla stretta relazione con la Parola. Quei canti, freschi, orecchiabili, cari-chi di motivi pasquali, portavano soa-vemente l’assemblea a magnificare il Signore. In quella musica sacra, magi-stralmente interpretata dalla locale corale diocesana, palpitava, per dirla

con Richard Wagner, l’incantesimo del Venerdì Santo e anche lo stupore dell’estasi della Resurrezione. E poi, la presenza di tutte le comunità che hanno accolto Stefano e gli altri due ha immediatamente diretto il pensie-ro dei presenti al tema italiano per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: «La tua vita per la sinfonia del SI». Voce, in greco, si dice fonè; quando tutte le voci si accordano, morendo ciascuna a se stessa, diventa syn-fonè, sinfonia. Per la comprensio-ne della propria nota è decisivo il ruo-lo della comunità, perchè, come dice il Papa, chi vive in una comunità ec-clesiale concorde, corresponsabile, premurosa, impara più facilmente a discernere la chiamata del Signore. Insieme agli altri s’impara a dire “SI”. Sulla Croce Dio – il grande composito-re - consegna lo spartito del Suo pro-getto d’amore alla Chiesa, perchè nell’accordo e nell’armonia dei diver-si doni essa faccia continuamente ri-suonare nel mondo la “Sinfonia del SI”. Anche se a noi la partitura a volte sembra molto complessa e difficile, Egli, Dio, la conosce dalla prima al-l’ultima nota. Noi non siamo chiamati a prendere in mano la bacchetta del direttore, e ancor meno a cambiare le melodie secondo il nostro gusto, ma ciascuno, al suo posto e con le proprie capacità, è tenuto a collaborare con il grande Maestro nell’eseguire il Suo splendido capolavoro. Così insieme possiamo costruire un mondo nel qua-

le risuoni la melodia consolante di una trascendente sinfonia d’amore (Benedetto XVI). E se la musica è proprio bella, “divina”, sentiamo il bisogno di met-terci a danzare con Te, Signore, come con tutti, lasciandoci “trascinare” dalla musica. Non occorre sapere do-ve la danza conduca, ma essere gioio-si, leggeri e, soprattutto, non essere rigidi. Signore, vieni ad invitarci: rive-laci la grande orchestra dei Tuoi dise-gni. Carissimo Don Stefano, il Signore allieti il tuo “SI” maggiore con una vita bella, buona e santa; inoltre, re-alizzi per la Sua Chiesa una fusione armonica di tutti i suoni e voci che la compongono: una bella sinfonia in “SI’ maggiore”.

Alfredo Zippari

Continuazione di pag. 1

La cattedrale di Trani

NNNN ella nostra Diocesi abbiamo la grande fortuna di avere una bella e consolidata tradizione per

quanto riguarda l’animazione musicale delle liturgie; me-rito certamente di illuminati “pastori” e di competenti compositori, sacerdoti e non, che negli anni dopo il Con-cilio hanno cominciato a sperimentare nuovi linguaggi per la musica liturgica. Forti di questo bagaglio, gli animatori della “nuova” ge-nerazione (tra i quali si annovera chi scrive) hanno dovuto fare i conti però con le realtà della proprie comunità, non sempre in linea con i principi che ispirano il documento Sacrosantum Concilium, e mi riferisco in particolare al “fare musica con arte”.

Nella mia esperienza più che decennale di animatrice liturgica ho constatato la grande difficoltà della mia co-munità parrocchiale a staccarsi da un tipo di canto sdolci-

nato, mieloso, insopportabilmente retorico e soprattutto non ispirato alle Scritture; per non parlare delle musiche poi: banali, sciatte e certamente non scritte da musicisti degni di questo nome! Mi sono chiesta: è mai possibile che la fede possa nutrirsi di un linguaggio così povero? Certamente no, anche perchè il canto liturgico deve sì essere espressione della comunità celebrante di quel luo-go in particolare, ma essere anche espressione del credo e del sentire della Chiesa universale e quindi libero per quanto è possibile da “gusti troppo soggettivi”. Occorre però avere gli strumenti “giusti” per giudicare obiettivamente una musica scritta per la liturgia: compe-tenza musicale, liturgica (anche un pò di psicologia non guasterebbe!), e possibilmente seguire un cammino di fede insieme alla comunità con

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la quale si celebra. Ricordiamo che il Canto e la Musica nella liturgia non so-no semplici “accessori”, ma segni e cioè elementi perce-pibili dai nostri sensi, mezzi sensibili, cioè visibili o udibili con i quali vogliamo comunicare un ‘idea , mostrare qualcosa di Altro, rappresentarlo. Il canto e la musica non sono indispensabili alla celebrazione liturgica, ma sono insostituibili, cioè nessun altro segno è efficace quanto loro messo al loro posto! Detto questo, possiamo perciò immaginare la grande importanza che hanno nell’-aiutare i nostri animi a innalzarsi verso Dio...e la grande responsabilità che hanno gli animatori musicali!! Aiutiamo dunque le nostre comunità a ritrovare il gusto del bello in generale; scegliamo le musiche giuste per

accompagnare un gesto, suonate dignitosamente con tutti gli strumenti che possono rivelarsi utili a ciò; cer-chiamo quei canti in cui parola e musica siano stretta-mente legati e non accostati casualmente; che le voci siano belle, spontanee, non autocelebrative, ponendo grande attenzione a che le nostre liturgie non diventino occasioni nelle quali sfoggiare solo la bravura e la tecni-ca musicale, ma rammentando sempre che la nostra

arte è a servizio di qualcun Altro .

Facciamoci coraggio perchè per ottenere ciò servono anni di preparazione, di esperienza, anche di sbagli, ma sempre guidati dal fine ultimo che è la Glorificazione del Nostro Signore.

Maria Luisa Di Turi

Continuazione di pag. 2

La scuola ieri…La scuola ieri…

IIII e r i… ques t a es p res s i one d i “tempo” evoca in ciascuno di noi

tanti pensieri, sentimenti, ricordi più o meno cari vissuti nel dipanarsi della vita! Così è oggi per me. Sembra ieri quan-do, superato il concorso e le resisten-ze della famiglia, potei raggiungere la sede di Teramo per cominciare ad insegnare nel Liceo Classico “M. Del-fico”. Ero molto giovane ma decisa a impegnarmi in qualcosa che desse un significato alla mia vita. Furono tre anni sereni, a contatto con colleghi an-ziani ma disponibili al dialogo, dal carattere sobrio della gente avvez-za alla montagna. Anche gli studenti, sempre in giacca, erano educati, rispettosi, pronti al dialo-go, pieni di curiosità buo-ne a contatto con una disciplina non sempre semplice e agevole quando richiedeva considerazioni impegnati-ve. Anche in quell’ambiente sereno non mancarono, però, le preoccupa-zioni e impegno specifico per tanti casi legati all’adolescenza: con pa-zienza si cercava di comprendere gli stati d’animo, qualche svogliatezza, qualche “chiusura” incomprensibile. Quando, però, si riusciva a superare

quella fase incresciosa e si vedeva riaffiorare il sorriso su quei volti gio-vani, il cuore cantava in silenzio un grazie a Dio dal più profondo. La pre-occupazione era sempre quella di co-noscere l’altro, gli altri, per poterli avvicinare ed amare per educare con “amorevolezza” (S. Giovanni Bosco). Fin da ragazzina avevo sentito parlare di questo educatore per eccellenza,

m a q u e l t e r m i n e d e s u e t o “amorevolezza” solo dopo l’ho com-preso in pieno, solo dopo le prime esperienze. Significa: sollecitudine, attenzione e comprensione, premura, rispetto particolare per quell’”Io” continuamente “in fieri” particolar-mente nei giovani. Furono tre anni belli, proficui per la mia formazione, felice per aver conosciuto una collega di storia dell’arte con un cognome

famoso: Anna Maria Montini, nipote diretta dell’allora cardinale, poi Pao-lo VI. Eravamo a pensione nell’Istituto di suore “Bambin Gesù”, lontane da casa con tante nostalgie e ci facemmo molta compagnia. Poi il trasferimento a Bari nell’unico Liceo scientifico, allora, della città. Risentii subito del cambiamento: città di mare, gente vivace, attiva e intra-

prendente. Gli alunni con maggiori capacità, famiglie più prepotenti, mai soddi-sfatte delle valutazioni che pure erano obiettive. Ci fu-rono scontri vivaci, compo-sti, finché non si comprese che facevo con serietà il mio dovere e che, nonostan-te fossi giovane, non c’era proprio da scherzare. I colleghi, poi, anziani, sem-bravano tante “divinità tu-telari”; io li chiamavo den-

tro di me “parrucconi”. Un professore di filosofia si offese perché non adot-tai il suo libro di testo che aveva da poco pubblicato: in verità era piutto-sto lacunoso. C’era un professore di italiano autore invece di un bel testo di letteratura; un professore di mate-matica e fisica che era una vera auto-rità a quanto si diceva. Un preside invece che, molto fiscale, rimprovera-va le signore piuttosto anziane, in

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LLLLLLLLLLLLAAAAAAAAAAAA SCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLA OGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGI? B? B? B? B? B? B? B? B? B? B? B? BASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTA CREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCI UNUNUNUNUNUNUNUNUNUNUNUN POPOPOPOPOPOPOPOPOPOPOPO’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ DIDIDIDIDIDIDIDIDIDIDIDI PIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙ!!!!!!!!!!!!

GGGG uardandomi negli occhi scorgere-ste un velo di tristezza: è lo stato

d’animo di un’insegnante il cui per-corso professionale volge al termine, dopo trentacinque anni di esperienza come docente di lettere nella scuola media. La scuola di oggi richiede aggiorna-menti continui, corsi su corsi, progetti su progetti con finalità e risultati che spesso non soddisfano totalmente le effettive esigenze dei ragazzi, delle famiglie e, a volte, neppure dei do-centi. Infatti, una volta chiusa la porta del-l’aula, un’insegnante se la deve cava-re da sola, giacchè si trova con se stessa di fronte a una ventina di ra-gazzi e ragazze, ciascuno con diverse

problematiche e sensibilità. Gli alunni non sono numeri, come talvolta le ‘griglie’ di valutazione finiscono per rappresentarli, ma esseri umani, in crescita, che per cinque ore al giorno hanno noi insegnanti come unico pun-to di riferimento. I ragazzi di oggi, molto più di quelli di ieri, portano a scuola il proprio baga-glio esperienziale, che a volte è un fardello molto più pesante di quanto fosse in passato. Su venti alunni, mediamemte sei o sette sono figli di genitori separati; alcuni hanno il padre alle prese con la giustizia penale, non di rado agli arre-sti domiciliari; non mancano ragazzi la cui mamma deve fare anche da p a p à – Continua a pag. 5

malo modo, per qualche minuto di ritardo. Una giovane appena arrivata poteva fare solo da tappezzeria, in sala professori, nelle ore di “buco”: era completamente ignorata. Si arrivò così al “68”, in verità a Bari di pro-porzioni contenute. I ragazzi si asser-ragliarono nelle classi e noi passammo diversi giorni in Provveditorato, allora adiacente al Liceo. Si firmava il regi-stro delle presenze e dopo qualche ora si andava a casa. Le mamme inve-ce portavano ai contestatori piatti di sostegno, conversavano con loro, sen-za pensare a quello che poteva acca-dere di notte e di giorno. Ci fu poi in quegli anni un episodio increscioso che non ho mai dimenticato: una ra-gazza ebrea, di quarto liceo, non fu accettata dalla classe: i ragazzi, con espressioni ed atteggiamenti di rifiu-to, la mettevano in difficoltà solo perché ebrea. Era una ragazza fine, figlia di un grosso industriale, brava ed educatissima. Tutti ci demmo da fare per sostenerla: il professore di religione, un bravo sacerdote, si im-pegnò moltissimo, ma i risultati non furono davvero proficui. Crudeltà dei

giovani, mi dissi, ma anche scarsa sensibilità delle famiglie nell’educa-zione al rispetto per chi veniva da lontano. Così sono passati gli anni tra l’impe-gno vivo per la scuola e la crescita e l’educazione dei figli. Venne poi il momento di ritirarsi: al-l’inizio fu terribile, mi mancava qual-cosa di vitale, poi man mano mi sono adattata, ma la nostalgia riaffiora quando si ha voglia ancora di dare qualcosa agli altri, a chi può averne bisogno. La mia opinione, in sintesi, è che in tutti i tempi ci sono stati e ci saranno ancora e sempre professori educatori che intendono questa atti-vità come una missione e quelli che, con superficialità e indifferenza, lo hanno fatto e lo faranno soltanto per una retribuzione. Ancora: le riviste specialistiche contengono tante teorie di pedagogia e psicologia. Io penso che, in molti casi, non ci siano teorie che tengano: in quel momento alla specifica situazione è solo la nostra capacità di capire l’altro ed è al no-stro cuore che bisogna rivolgersi. Ri-corre quest’anno l’anniversario della morte di Don Lorenzo Milani e del li-

bro “Lettera da un professoressa”. Un metodo unico: dedizione totale, quasi sacrificale, direi inattuabile, tuttavia è evidente l’invito a considerare l’in-segnamento non un mestiere ma una passione educativa che coinvolga la mente e il cuore. Nella vita non c’è che un modo per essere felici: vivere per gli altri (L. Tolstoj). L’uomo di oggi, chiuso nei palazzi della città, non si accorge spesso del fratello della porta accanto (Don To-nino Bello), né sa guardare lo splen-dore del creato. Lo sguardo è ormai appannato da quanto propina il piccolo schermo ed è talmente irretito dalla folla delle occupazioni e preoccupazioni che non sa più ammirare la bellezza delle stel-le. Dante avvertiva già nei tempi lon-tani “fatti non foste a viver come bru-ti, ma per seguir virtute e canoscen-za” (Inferno, XXVI, vv. 119-120) . La speranza è che il cuore degli uomini non inaridisca ma possa conservare intera la capacità di amare, lodare e gioire per tutte le bellezze che Dio ci ha donato.

Ester senior

Continuazione di pag. 3

La scuola ieri…La scuola ieri…

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5 LLLLLLLLLLLLAAAAAAAAAAAA SCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLASCUOLA OGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGIOGGI? B? B? B? B? B? B? B? B? B? B? B? BASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTAASTA CREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCICREDERCI UNUNUNUNUNUNUNUNUNUNUNUN POPOPOPOPOPOPOPOPOPOPOPO’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ DIDIDIDIDIDIDIDIDIDIDIDI PIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙPIÙ!!!!!!!!!!!! impresa quasi impossibile

– e deve lavorare dentro e fuori di casa. Cosa cerco di fare io, insegnante, di fronte a tali situazio-ni e a tante altre non meno difficili e scabrose, talora drammatiche? Sono me stessa, sempre profondamente immedesimata nelle radici religiose, di fede e culturali in cui sono stata educata dalla mia famiglia, in cui ho creduto e che ho portato avanti, come educatrice dell’ACR parrocchiale e diocesana, come catechista, come moglie e madre nella mia famiglia: cerco di essere me stessa con gli alunni e di infondere loro “serenità”: un’educatrice prima e unita-mente un’insegnante di materie letterarie. Mi sforzo di testimoniare che c’è un mondo di adulti che non li abban-dona, non è insensibile, è attento alle loro genuine esi-genze, vuole aiutarli a superare i loro problemi. In classe mi trovo spesso di fronte alunni con problemi comportamentali e cerco di non perdere mai la calma e la serenità. Mi chiedo quale sia il motivo di tali comporta-menti. Perché insistano in atteggiamenti anche provoca-tori? Cosa vedono, a che cosa assistono in famiglia? A qua-li modelli si rifanno? L’insegnante deve porsi tali interro-gativi sempre, di fronte a ciascun alunno. Io, insegnante, devo comportarmi con delicatezza, ma anche con fermezza. Penso che tra me e l’alunno debba scattare un feeling basato sul rispetto reciproco, ma sen-za cedimenti sulle competenze e suoi ruoli. L’insegnante deve esercitare la sua autorità, non diventa-re “amica” o, peggio, complice; ciascun alunno, con la propria sensibilità e col proprio bagaglio esperienziale, deve avere la percezione che l’insegnante è una figura importante per la sua crescita umana, spirituale e cultu-rale. Non ci ha detto Gesù che gli ultimi saranno i primi? Sa-ranno, ma quando?

Ecco il mio segreto: cerco di fare in modo che lo siano già oggi, nella mia classe. E’ prima, non ultima, la bambina che non sapeva parlare affatto fino a tre anni, perché picchiata, ma oggi a scuola i suoi occhi devono illuminarsi come quelli degli altri; è primo, non ultimo, il bambino disabile in attesa di tra-pianto con cui, forse, si risolveranno solo alcuni dei suoi problemi di salute. Tutti i miei alunni sanno che è così, respirano questo cli-ma e vedono nell’insegnante una persona che lo vive per prima e più di loro e, da questo esempio, traggono inse-gnamento. I più bravi sono spronati ad andare avanti con passo più accelerato, ma al tempo stesso sono stimolo per i meno bravi, i meno dotati, i deprivati culturalmente e social-mente: anche a questa essenziale funzione educativa l’in-segnante deve sempre rispondere. E i Presidi? Non sono più quelli di una volta! Sono stati sostituiti dai Dirigenti Scolastici e nella scuola è entrata ed entra – non sempre e non solo per loro responsabilità – tanta burocrazia. Il docente è assillato dalla compilazione cartacea di dati statistici, istogrammi, dalle riunioni, a volte ripetitive nei contenuti. Prende posto anche nella scuola un processo di spettaco-larizzazione che trae ispirazione direttamente dai mass media; spettacoli, recite, balletti assumono quasi più ri-levanza delle genuine esigenze di approfondimento delle diverse discipline. Personalmente mi impegno a far comprendere ai ragazzi che le poesie, i dialoghi dei vari Autori e dei loro perso-naggi, figure importanti del mondo classico e della lette-ratura contemporanea, trasmettono valori, sentimenti, spunti di riflessione e stimoli alla crescita tali da non te-mere alcun paragone con quelli, negativi, che offre la tv “spazzatura”.

La scuola media, in particolare, è il luogo in cui il docente deve prendere per mano gli alunni per gui-darli nel passaggio delicato dal mondo infantile alla preadolescenza; alla fine del triennio devono aver appreso il metodo di studio, acquisito una libera coscienza morale e critica, aver apprezzato i conte-nuti culturali, conseguito una preparazione globale utile per ben inserirsi nella società. Il clamore su-scitato da recenti episodi, gravi anche se enfatizza-ti, fa sì che la scuola si trovi spesso nell’occhio del ciclone come se non svolgesse affatto il proprio compito. Ma non sempre è così; in realtà, molto spesso nelle classi c’è un lavoro professionale dei docenti, talo-ra sotterraneo, di approfondimento e di dedizione che, forse volutamente, non emerge e che, invece, andrebbe maggiormente valorizzato. Occorre crederci: di questa passione, amore, la società ha ancora bisogno!

Regina Mariani

Continuazione di pag. 4

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LLLL a scuola è forse una delle “cose”

meno g rad i te da l la maggior parte degli a-dolescenti. Innanzitutto per la fatica dello stu-dio; per la fatica dell’-apprendere conoscenze che si ritengono noiose, che mancano totalmen-te di interesse: credo che un adolescente su cinque preferi rebbe un’uscita con gli amici in centro piuttosto che aprire il libro di algebra e svolgere i compiti per l’indomani. P r o b a b i l m e n t e i l “rifiuto” dello studio da par-te degli adolescenti caratte-rizza tutte le generazioni; forse esiste un rimedio, forse no. Inoltre, neanche l’ambiente scolastico è più tanto sicuro: abbiamo sentito tutti di episodi di violenza e di discrimi-nazione: tanto per citarne uno, l’episodio della maestra di sostegno che ha provocato una brutta ferita alla lingua del suo alunno. Notizie che fanno rabbrividire, ma anche molto pensare. Al primo impatto la domanda che ci si pone è: “Ma dove stiamo andando a finire? Neanche gli ambienti dove si apprende, dove si impara il rispetto verso se stessi e gli altri, adesso, sono sicuri e protetti?” Probabilmente questo dipende anche dagli insegnanti, che sembrano non amare il loro lavoro; spesso alzano la voce, minacciano, talvolta perdono il controllo e avven-gono brutti episodi. Ma, forse, non è solo colpa loro. Tutto questo dipende anche dal tipo di disciplina che si impone agli studenti, dal modo in cui li si tratta. È naturale che uno studente “provochi” una professoressa se questa si pone in modo sbagliato nei suoi confronti; però, ci sono anche professori che riescono a farsi rispet-tare e amare. Personalmente, penso che il modo attuale di rapportarsi degli studenti agli insegnanti e viceversa sia molto cam-biato e questo ha avuto delle conseguenze positive e ne-gative. Se prima il rapporto studente-insegnante era distaccato e freddo, c’era quasi una barriera tra l’uno e l’altro, ora invece le due figure si sono molto avvicinate. Da un lato questo è un bene: c’è maggior dialogo, che dovrebbe gio-

vare all’educazione e alla crescita dell’alunno. Dall’altro può diventare uno svantaggio, nel caso in cui alcuni alunni pos-sono “approfittare” di questo per comportarsi in maniera irrispettosa e di questi tempi si parla molto di atti di bullismo scolastico, in cui inse-gnanti vengono sottopo-sti a piccole “torture” da parte dei ragazzi e il rispetto nei loro con-fronti viene a mancare. Senza raggiungere questi livelli, anche nella mia classe avvengono episodi

del genere: alcuni miei com-pagni di classe, se ripresi,

rispondono male ai professori, chiacchierano nonostante le più decise sollecitazioni a finirla oppure, per passarsi un bianchetto, una penna o qualcos’altro, lo “lanciano” al compagno o alla compagna senza preoccuparsi delle eventuali conseguenze del disturbo arrecato in quel mo-mento all’insegnante e ai compagni. Un’altra cosa che ho notato, e che sinceramente non mi piace per niente, è che la scuola è pesante anche per un altro motivo: i professori non insegnano con passione, non dicono cose che potrebbero risvegliare l’interesse dell’a-lunno. Anche questo è un aspetto che pesa molto, perchè magari un professore o una professoressa entra in classe e subito comincia a interrogare senza sosta, legge le pagine da assegnare per la prossima lezione, assegna i compiti e se ne va. Sarebbe invece molto bello ascoltare qualche volta una battuta che allenti la tensione, perché un insegnante non deve soltanto aiutare lo studente ad arricchire il suo ba-gaglio culturale, ma anche insegnargli il rispetto verso gli altri, deve insegnargli a crescere e a maturare con sag-gezza. Io ho delle professoresse molto preparate; tuttavia c’è sempre qualcosa che le fa andare diciamo “fuori dalle righe”, ma è assolutamente normale. Mi piacerebbe molto, però, che chi insegna amasse il pro-prio lavoro, il rapporto con i ragazzi, e potesse aiutarli a diventare uomini e donne maturi, o con “la testa a po-sto”, come si suol dire, in modo che la società del domani sia migliore.

Denise De Scisciolo

La nostra Denise, nuovo acquisto della Redazione di Voce nel Vento, intenta a svolgere una delle sue attività preferite:

scrivere

La scuola oggi: il rapporto professore-alunno è

cambiato in modo irreversibile?

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Alla scoperta del gruppo Alla scoperta del gruppo Alla scoperta del gruppo NUBENDINUBENDINUBENDI

CCCC ontinua il nostro viaggio all’inter-no delle “aiuole” della nostra par-

rocchia! Per questo numero abbiamo incontrato il gruppo dei nubendi, gui-dato da Mina e Bruno Ressa, che si incontra ogni mercoledì alle 21:00. Abbiamo incontrato tante giovani cop-pie: Anna e Antonio, Beppe e Mimma, Raffaele e Marisa, Simone e Simona, Antonella e Sergio ed Annalisa e Do-menico. Ragazzi, che significato ha per voi il matrimonio? Perchè avete deciso di sposarvi secondo il rito religioso? Simone. Il matrimonio è una tap-pa fondamentale, è il culmine della vita: si arriva in un punto in cui si decide di fare un passo im-portante e secondo me questo passo è quello di sposarsi, creare una famiglia, vivere con la perso-na con cui si è deciso di passare tutta la vita. Cambiano le re-sponsabilità, si assume un nuovo tipo di indipendenza. Insomma, si passa da un’età ad un’altra. Raffaele. Essendo credenti vo-gliamo consacrare questo rappor-to attraverso il sacramento del matrimonio e prepararci a viverlo cosiderando tutti gli aspetti, an-che quelli che normalmente sono trascurati. Annalisa. Il matrimonio è un vin-colo sacro, un sacramento; è u-n’unione fondamentale fra due perso-ne che si amano. Tant’è vero che non sceglierei mai altre formule, altri tipi di unione non religiosa. Domenico. Il matrimonio è l’unione di due persone consacrata da Dio. Credo molto in questo sacramento. Antonella. Facciamo parte della co-munità; per noi è “ovvio” essere qui. In realtà, pur sposandoci per la prima volta, abbiamo già partecipato a per-corsi di preparazione al matrimonio svolti per accompagnare i nostri amici del gruppo di catechesi. Ma abbiamo comunque scelto di partecipare a questo appuntamento perchè voglia-mo essere protagonisti della prepara-zione al nostro matrimonio. È un mo-mento di discernimento ulteriore, assieme ad altre coppie che si avviano verso la celebrazione del sacramento, pur essendo già pienamente consape-voli del passo che stiamo per compie-

re. Cosa mi dite dei vostri incontri? Che significato hanno assunto? Cosa ave-te capito qui? Bruno. Io non lo chiamerei corso. Tant’è vero che non abbiamo una da-ta di inizio e una data di fine. Parlerei piuttosto di incontri, per penetrare in questo sacramento, per avere la con-sapevolezza sul significato dello spo-

sarsi in Chiesa. Qui non ci sono inse-gnanti ed allievi: qui, insieme, tentia-mo di “balbettare” le cose del Padre. Lo facciamo problematizzando un te-ma e cercando di capirlo nella realtà della vita delle persone. Antonio. Questi incontri ci hanno in-segnato ad avere maggiore consape-volezza della nostra scelta e in più ci hanno fatto riscoprire il senso eucari-stico del nostro rapporto, della cop-pia, che porta alla famiglia, altro a-spetto fondamentale. Io, poco dopo la maggiore età, mi sono allontanato un pò dag l i ambient i par rocch ia -li...Partecipare mi ha trasmesso tan-tissimo; è stato come un “mettere delle maiuscole” a dei pensieri che già c’erano. Proprio per questo, for-se, questi incontri andrebbero fatti addirittura prima di prendere la deci-sione di sposarsi... Beppe. Si è partiti con l’idea del cor-

so, da dover frequentare per poi spo-sarsi, il “dazio da pagare”; ma con la partecipazione agli incontri la visione è cambiata: si parla di Fede, in ma-niera dinamica, vivace, articolata. Questi incontri ci fanno riflettere molto. E spesso continuiamo a discu-tere delle tematiche anche dopo l’in-contro. È molto utile. Simone. Personalmente ho sempre

visto questi incontri non come un passaggio obbligato, ma come una preparazione che ci tenevo a fare perchè ci credevo e ci credo tuttora. È stato come aver avuto delle risposte a quello che pensa-vo prima di incominciare questi incontri. E sono felice del fatto che le risposte ricevute siano sta-te tutte delle conferme positive a quello che pensavo io del ma-trimonio, circa la scelta della persona giusta con cui viverlo. Quanto valore ha il matrimonio nella società attuale? Domenico. Vedo molta superfi-cialità...Il matrimonio come sa-cramento ha perso molto valore: dopo poco tempo le coppie si separano, divorziano. Ormai il matrimonio è visto come una semplice convivenza, una condi-zione sempre reversibile. Resta il fatto che se, due persone non credono al matrimonio religioso, potrebbero stare insieme senza

necessariamente sposarsi secondo il rito religioso. Secondo me, molti han-no paura di sposarsi: troppe responsa-bilità e complicazioni. Allora si cerca-no situazioni meno limitanti. C’è inol-tre da aggiungere che l’età in cui ci si sposa si è alzata notevolmente, per-chè manca la solidità economica a causa della precarietà del lavoro. Annalisa Il matrimonio per molti non è più un vincolo indissolubile, anche per gli stessi credenti; noto che sem-pre più spesso si sceglie di convivere, o sposarsi solo con il rito civile. C’è poi chi prova a convivere prima di affrontare il passo del matrimonio. Molto, comunque, dipende dall’am-biente in cui uno vive, dalle situazioni che circondano la persona. In altri casi le coppie si rifanno a ragioni me-no profonde...Per seguire una tradi-zione che mant iene

GRUPPO

GRUPPO

GRUPPO

NUBENDI

NUBENDI

NUBENDI

GRUPPO

GRUPPO

GRUPPO

GIOVANI

GIOVANI

GIOVANI---

ADULT

ADULT

ADULTIIII

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Alla scoperta del gruppo Alla scoperta del gruppo Alla scoperta del gruppo NUBENDINUBENDINUBENDI

un cer-to fascino, per vivere quel momento in maniera fastosa e a volte anche per a c c o n t e n t a r e i p a r e n t i p i ù “conservatori”. Simone. La società attuale non offre tutte le garanzie; non si considera più il matrimonio importante quanto era invece una volta, quando addirittura i genitori dovevano prima accettare l’altra persona nella famiglia. L’im-portanza di un tempo è andata un po’ scemando. Sta cambiando la vita, pe-rò c’è ancora una parte della società che considera il matrimonio come una cosa importante. Antonio. Le statistiche non sono sicu-ramente favorevoli al matrimonio; questo è indice del fatto che proba-bilmente molta gente si sposa senza consapevolezza e non avendo appro-fondito la propria scelta. Molti si spo-sano per tradizione. Si assiste ad una banalizzazione del matrimonio: alcu-ne coppie decidono di sposarsi pen-sando: “proviamo, vediamo come va...” Dunque possiamo dire che il primo ostacolo al matrimonio sia la società attuale? Domenico. Assolutamente sì. Basti pensare che in molte delle formule dei contratti a tempo determinato non è assicurata nemmeno la materni-tà. Ma anche per lavori più stabili, a volte entrare in maternità significa avere buone probabilità di essere li-cenziati al ritorno! Annalisa Il fatto è che ormai non si accettano in maniera matura le re-sponsabilità. Allora risulta più conve-niente non sposarsi, nemmeno con rito civile, e convivere. Tra l’altro, ora, c’è molta più libertà: infatti, nei tempi passati, spesso il matrimonio era l’unica via di fuga da casa, so-prattutto per le donne. Un’ultima domanda: dopo il matri-monio continuerete il percorso spiri-tuale attraverso incontri di cateche-si? Simona. Per quanto siano positivi questi incontri, queste esperienze, è necessaria una grande forza di volon-tà per portare avanti gli impegni con regolarità. Molto spesso si trovano sempre altre priorità e quindi la vita spirituale può passare in secondo pia-no. Per quanto riguarda me, sicura-

mente l’effetto dei nostri incontri è positivo; però ci vuole uno sforzo per programmare l’incontro e farlo rien-trare nelle priorità quotidiane. Antonella. Noi facciamo parte della comunità da sempre. Continueremo il nostro cammino spirituale. In effetti, fare un percorso di fede, partecipare alle catechesi con altre persone è impegnativo. Devi dedicare del tem-po. Negli anni le esigenze sono cam-biate, siamo cresciuti, abbiamo cam-biato gruppo ed a un certo punto sia-mo rimasti senza catechesi; però era talmente forte la necessità di avere un momento di incontro con gli altri, in cui discutere le nostre esigenze, che adesso ci riuniamo il sabato sera alle 19:30 per la catechesi! Non è una cosa facile, visto che durante la setti-mana c’è sempre il lavoro e il fine settimana coincide anche con l’unico momento per organizzare il matrimo-nio. Ma l’esigenza di avere questo incontro è talmente forte che si fa anche questo e non è un sacrificio: è come dover mangiare, è un’esigen-za!!! Ed è così quando si comincia a provare la bellezza di questi momenti che ti riempiono, quando ci sei dentro e non ti sembra più strano parlarne anche al di fuori degli incontri. È un percorso forse naturale... Antonio Il cammino di fede non si

esaurisce con la preparazione al ma-trimonio, ma prosegue. Per noi prose-guirà. Andremo a vivere a Barletta e ci siamo informati subito su quale fos-se la parrocchia vicino a casa nostra, perchè vorremmo vivere nella grazia di Dio. Certo, le cose che diciamo qui alle volte è difficile portarle nella vita quotidiana, ma quando ci riuscia-mo è bellissimo! Questo amichevole incontro con le nostre giovani coppie, che remano controcorrente rispetto alle tendenze del momento, offre numerosi spunti di riflessione. La tendenza oggi, e-scludendo i superficialoni che prendo-no tutto come un bel gioco, è infatti quella a prendere decisioni non defi-nitive, sempre reversibili; si cerca l’opportunità di “scrivere a matita” per, all’occorrenza, cancellare e ri-provare. Ma non è solo una semplice mancanza di maturità: è facile imma-ginare che questo sia un riflesso del senso di incertezza che pervade il nostro tempo. Si vive il momento, oggi; del domani, ahimè, non v’è cer-tezza, nel lavoro come nei sentimen-ti, e il futuro fa un pò paura; gli im-pegni presi, le responsabilità, pesano un quintale in più su animi già distrat-ti e confusi. Oggi, forse molto più di ieri, bisogna avere fede

Ecco il gruppo dei nubendi

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Alla scoperta del Alla scoperta del Alla scoperta del gruppo gruppo gruppo NUBENDINUBENDINUBENDI

per sfidare il buio e fare passi in a-vanti così importanti, per invertire la tendenza, gigantesca e fortissima, a non costruire case sulla roccia ma zattere sul mare. Oggi, chi davvero si erge a sostenitore e custode della famiglia (politici e religiosi inclusi) è chiamato ad inquadrare i problemi alla radice; è chiamato all’impegno verso i giovani, per costruire, tutti insieme, maggiore stabilità per il fu-turo. La mancata concertazione ri-schia di trasformare, come al solito, ogni impegno in un fazioso dibatti-to... un déjà vu...

Simone Scintilla

Continuazione di pag. 8

“… l’amore esalta le differenze facendole “… l’amore esalta le differenze facendole “… l’amore esalta le differenze facendole diventare comune ricchezza”diventare comune ricchezza”diventare comune ricchezza”

Bernhard HäringBernhard HäringBernhard Häring

AAAA volte non diamo adeguata importanza alle persone,

alle relazioni, al legame che strin-ge i fili dei rapporti umani. Padre Bernhard Häring (la cui morte ri-corre il 3 luglio) si è battuto duran-te tutta la sua vita per il passaggio da una morale della legge a una morale dell’amore: uno dei fonda-tori dell’Accademia Alfonsiana, il più grande teologo morale cattoli-co del XX secolo, nel suo cammino teologico ebbe scontri anche con la stessa Chiesa cattolica. Infatti, si dichiarò apertamente contrario all'Enciclica Humanae Vitae che condannava in maniera categorica la contraccezione. Nonostante ciò, ebbe molti incarichi di prestigio dalla Santa Sede, tra cui quello di preparatore del Concilio Vaticano II, di redattore (in parte) della Costi-tuzione Pastorale Gaudium et Spes su "La Chiesa nel mondo contemporane-o”, e di padre morale della stessa Gaudium et Spes. Häring fu anche professore in molte università: l’Uni-versità di San Francisco, la Fordham University, Yale, Brown, Temple, ed in fine l’Istituto Kennedy per la bioe-tica della Georgetown University. Dunque, è facile comprendere come il suo impegno sia stato costantemen-

te orientato a rendere il cattolicesimo capace di ascoltare e riconoscere la voce ed i segni dei tempi nuovi: “In unione con tutti intendiamo impara-

re, vigilare, pregare e lavorare per la

soluzione dei problemi più scottan-

ti” (tratto dal libro “Perché non fare diversamente?”). Questo era “il sogno di Häring”. In questo numero di Voce nel Vento, che apre le porte delle vacanze esti-ve, della stagione del relax, del perio-do dell’anno più solare, parliamo del-l’amore, inteso come comune senti-mento che crea e sorregge ogni rela-zione. La riflessione di Padre Ber-nhard Häring ebbe inizio a contatto con i malati: egli affermava che la medicina non potesse in alcun modo “ignorare o minimizzare l’importanza

fondamentale delle relazioni umane”: la sua esperienza lo condusse a capire come non fosse possibile che “un am-

malato, assistito amorosamente dai

familiari, chiedesse l’eutanasia”. Quasi naturalmente, aiutato dall’e-sempio massimo di Amore che ogni cattolico riceve da Gesù, questa sua visione delle relazioni si espanse, fino a trasformarlo nel più grande sosteni-tore dei legami affettivi. Il suo esempio in questo contesto non ci insegna nulla di nuovo, poiché tutti

siamo ugualmente portati a rela-zionarci, in quanto esseri umani; il suo esempio ci ricorda però la mi-sura in cui ognuno di noi è già - o è chiamato ad essere - sostenitore dei rapporti. Il calore e l’affetto di una persona possono raggiungere traguardi che nessuna scienza – neanche quella medica – può intra-vedere. Nel nostro animo sappiamo che l’appoggio dell’altro, nel ri-spetto della nostra vita, è forse la più grande testimonianza di spe-ranza di cui disponiamo. E’ l’altro che rende ognuno di noi infinito; è l’altro che ci insegna il rispetto; è l’altro che (venendo alla citazione nel titolo) mette alla prova il no-stro essere e ci spinge al confronto. Da questo confronto scaturiscono tutte le differenze che costituisco-

no una vera ricchezza, la più grande ricchezza che l’altro possa offrirci. “Gesù” dice Häring “non ha frontiere, né barriere: per tutti ha un grande

rispetto, perché l’amore esalta le

differenze facendole diventare comu-

ne ricchezza”. La differenza non è motivo di scontro, ma è frutto dell’a-more che un legame fa nascere, e Gesù ci ha dato il più grande esempio di ciò.

Saluto dunque in questo modo tutti i lettori, augurandovi – ispirandomi alla riflessione di Padre Häring - un’estate piena di relazioni autentiche, che pos-sano cogliere ogni ricchezza che ci viene dall’altro, rafforzandosi nell’a-more e crescendo nel rispetto; sarà possibile così abbattere ogni barriera e renderle un valore aggiunto nella nostra vita.

Barbara Bortone

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Gli Appunti di Mr. DGli Appunti di Mr. DGli Appunti di Mr. DGli Appunti di Mr. D «Forse la salvezza sta nel recuperare valori “fuori moda” come l’amore, il sentimento, per capire le «Forse la salvezza sta nel recuperare valori “fuori moda” come l’amore, il sentimento, per capire le «Forse la salvezza sta nel recuperare valori “fuori moda” come l’amore, il sentimento, per capire le «Forse la salvezza sta nel recuperare valori “fuori moda” come l’amore, il sentimento, per capire le nostre relazioni con l’altro, poiché non è il sapere che ci dà accesso all’altro ma ciò che è anteriore al nostre relazioni con l’altro, poiché non è il sapere che ci dà accesso all’altro ma ciò che è anteriore al nostre relazioni con l’altro, poiché non è il sapere che ci dà accesso all’altro ma ciò che è anteriore al nostre relazioni con l’altro, poiché non è il sapere che ci dà accesso all’altro ma ciò che è anteriore al

sapere e alla riflessione: l’emozione.»sapere e alla riflessione: l’emozione.»sapere e alla riflessione: l’emozione.»sapere e alla riflessione: l’emozione.»

TTTT ahar Lamri, nato ad Algeri, lau-reato in Legge all’Università di

Benghazi (Libia), in Italia dal 1987, ha pubblicato, per Fara Editore, “I ses-santa nomi dell’amore”. E’ una sorta di Decamerone moderno, poiché rac-coglie una serie di racconti a sé stanti legati dal filo rosso di un amore te-nuemente descritto in epistole elet-troniche. Le storie, le fiabe, l’attuali-tà, i limiti e la preziosità del linguag-gio sono intervallati da pause commo-venti, nelle quali i due innamorati, mai sedotti dal corpo e attratti solo dall’altrui spirito, si sfiorano in una comunicazione telematica che stupi-sce per l’ardore e il sempreverde liri-smo delle parole. Ancora una volta il tema è quello della narrazione vista come incontro, come passaggio, come ponte tra le culture che s’intersecano per dare vita a sentimenti e pensieri nomadi. Ai lettori di Voce nel Vento, e soprat-tutto ai fedelissimi della rubrica “Gli Appunti di Mr. D”, uno dei racconti di Tahar Lamri contenuto nel su citato testo:

Buona lettura e buone vacanze!

Occhiacci di legno, perché mi guardate?Occhiacci di legno, perché mi guardate?Occhiacci di legno, perché mi guardate?Occhiacci di legno, perché mi guardate? I banchi azzurri mi guardano. Mi gettano certe occhiate. Io conosco soltanto i banchi color legno, del mio paese, pieni di scritte che non bastavano mai a contenerci tutti. Eravamo in cinquanta, potevamo giocare a spintoni. Qui siamo dodici, tutti in fila ordinati. Chissà se un giorno potrò avere un amico con cui giocare. Sono così pochi i bam-bini qui. Questi banchi sono azzurri e non ci si può scrivere sopra. Sono lisci. Come tutto qui. Anche la faccia della maestra è liscia, sembra che il tempo non lascia segni né sui banchi né sulle facce. Sarà vero? Mah. Non si vedono i muri di questa classe, ci sono foto, scritte, disegni, bambole e tante altre diavolerie che non si sa qual è il colore dei muri. Ci sono tante finestre, ma poca luce. Non si sentono gli uccelli cantare. Ogni tanto passa un treno e tutto trema. Mio padre ieri ha detto "Cerca di essere bravo, qui si devono fare tanti sacrifici". All'inizio non ho capito bene cosa intendeva dire, credevo che bisognava sacrificare tanti montoni, come quando c'è la festa dell'Aid, per poter andare a scuola. Poi ho capito che in un paese ricco, non si può vivere da poveri. Chissà se devo fare anch'io dei "sacrifici". Oggi la maestra mi ha detto: "Quando parli alle persone le devi guardare negli occhi". Ma a me la nonna ha sempre insegnato di non guardare le persone in faccia: "solo gli animali si guardano negli occhi" mi diceva. Per aiutarmi a guardare le persone negli occhi, da una settimana si siede a fianco a me Ahmed, anche lui è del mio paese. Quando si è presentato e ha parlato con me nella mia lingua mi è sembrato così strano quel suono che quasi quasi non capi-vo cosa mi diceva. Mi ha detto "Non ti preoccupare, imparerai in fretta l'italiano"; ma quando l'ho sentito parlare questa lingua mi sono preoccupato subito, perché io la lingua la conosco nella mia testa e ho capito subito che lui la parla malissimo. Chissà perché non mi mettono vicino un italiano, così imparo da lui. Comunque, devo impararla in fretta perché la mamma ha bisogno quando deve andare a fare acquisti. Io l'italiano lo so benissimo. Nella mia testa.

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11 A VOI LA [email protected] VOI LA [email protected] VOI LA PENN@...

A cura di Anna Maria Coclite

C iao a tutti,

ed eccoci finalmente giunti all’estate e al meritato riposo! In realtà per molti inizia il periodo di esami, mentre per altri le

ferie inizieranno più in là, ad ogni modo si respira già aria di vacanza! E come ogni anno, anche Voce nel Vento si prende una

pausa, per rivederci anche più in forma a Settembre.

Voi lettori, però, non dimenticateci, e scriveteci: la cassetta blu delle lettere non ce la portiamo in vacanza, resterà attaccata

alla bacheca della parrocchia, così come resterà attivo il nostro indirizzo mail… aspettiamo le vostre

lettere, non mancate!!!

Buone vacanze a tutti,

Carissimi lettori… sedete un istante!!! Ecco a voi un po’ di notizie estive della comunità!

♦ Per i fanciulli ci sarà un campo-scuola in parrocchia dall’11 al 15 giugno!

♦ I ragazzi di seconda media andranno a Cassano dal 22 al 24 giugno, per il

campo “Pietre vive”

♦ i ragazzi di prima media andranno al caposcuola di Valleluogo (AV) dal 9 al 14

luglio

♦ Ci sarà la vacanza comunitaria a Nocera Umbra (PG) dal 28 luglio al 5 Agosto

♦ Il gruppo Nicodemo ha organizzato per il 12 giugno una visita alla Mostra “i

Pittori della Felicità” (Renoir-Zandomenghi-De Nittis), per maggiori info,

leggere in bacheca.

BUONA GIORNATA!!!

A cura di Rocco Veronico

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… chiuso per ferie!

Carlotta Arienzo

ECCOCI QUI, CARI LETTORI! E COSI’ VOLGE AL TERMINE QUEST’ALTRO ANNO GIORNALISTICO. ADESSO TUTTI (O QUASI) CI GODREMO IL MERITA-TO RIPOSO...

Z Z Z Z Z Z H

C’E’ CHI ANDRA’ AL MARE… CHI IN MONTAGNA!

CHI PURTROPPO DOVRA’ CONTINUARE A LAVORA-RE O A STUDIARE...

IN OGNI CASO, OVUNQUE ANDREMO, RICORDEREMO CON ESTRE-MO PIACERE QUESTO NUOVO ANNO RICCO DI CAMBIAMENTI E TANTE SODDISFAZIONI! PERCIO’ E’ CON IMMENSA GIOIA CHE AU-GURIAMO A TUTTI VOI LETTORI UNA SERENA ESTATE, NELLA SPERANZA CHE LA NOSTRA “VOCE NEL VENTO” POSSA CONTI-NUARE A COMUNICARE E CONDIVIDERE...

UN AFFETTUOSO “CIAO!” DALLA REDAZIONE DI VOCE

NEL VENTO!

Mr. D

VOCE NEL VENTOVOCE NEL VENTO Parrocchia Buon Pastore

[email protected]@[email protected] www.baribuonpastore.itwww.baribuonpastore.itwww.baribuonpastore.it

REDAZIONE:REDAZIONE:REDAZIONE:

Don Vittorio Borracci Don Vittorio Borracci Don Vittorio Borracci Anna Maria Coclite Anna Maria Coclite Anna Maria Coclite Barbara Bortone Barbara Bortone Barbara Bortone

Chiara FioreChiara FioreChiara Fiore Daniele LapedotaDaniele LapedotaDaniele Lapedota Denise De SciscioloDenise De SciscioloDenise De Scisciolo

Ester seniorEster seniorEster senior Gabriella ViolanteGabriella ViolanteGabriella Violante

Gina Cavone Gina Cavone Gina Cavone Mariella LoglisciMariella LoglisciMariella Loglisci Rocco Veronico Rocco Veronico Rocco Veronico Simone ScintillaSimone ScintillaSimone Scintilla