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74 ELZEVIRI Il ’700 fu dominato dai “lu- mi” della ragione che lo caratteriz- zarono con il movimento, appunto, dell’Illuminismo. Lo spiega, fra gli altri, Immanuel Kant scrivendo – il 30 settembre 1784 – la sua Ri- sposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?: «[...] Il pubblico uso della propria ragione dev’essere li- bero in ogni tempo, ed esso solo può attuare il rischiaramento tra gli uomini [...]» (1). Dunque, l’obiet- tivo fu quello di rischiarare cultu- ralmente gli esseri umani, ed ec- co che il secolo si adeguò ricer- cando strumenti adatti a facilitare l’istruzione, in uno sforzo di pene- trazione generalizzata e diffusa. In tal senso l’opera più signi- ficativa del secolo fu certamente l’Encyclopédie, che Denis Diderot (1713-1784) volle realizzare orien- tandola alla diffusione del sapere, ma anche all’insegnamento del fa- re e dunque dell’intraprendere. Fu essa stessa una grande impresa editoriale, che seppe bene inter- pretare lo spirito della ragione in- curiosendo e orientando, struttu- rando una educazione rivolta in particolare ai giovani come pre- messa per la costruzione della lo- ro personalità. La pubblicazione della grande Encyclopédie alla quale, almeno nella fase iniziale, partecipò anche Jean Le Rond D’Alembert (1717-1783), venne annunciata a Parigi con il Pro- spectus del 1750. Siamo esattamente alla metà di quel secolo, e ciò concorrerà ul- teriormente a caratterizzarlo come periodo di cultura diffusa, dove la rilevante produzione libraria deter- minerà un grande desiderio di let- tura alimentato appunto da una continua e inarrestabile circolazio- ne di libri. Una situazione che si consoliderà in particolare nei sa- lotti, luoghi di frivolezza mondana ma anche palestre di raffinata cul- tura. E nel Settecento saranno pro- prio i salotti a promuovere una di- vulgazione culturale e scientifica grazie anche all’attenta curiosità delle dame, particolarmente impe- gnate in queste attività. Il movimento enciclopedico, che caratterizzò così profonda- mente il Settecento, fu presente anche in Italia sin dagli inizi di quel secolo. Per esempio, Giacinto Gimma (1668-1735), abate di Ba- ri, propose un proprio schema di sistematizzazione delle conoscen- ze sul quale impostò la sua Nova Enciclopedia, curiosa e interes- sante ricerca di un ordine metodi- co e organico nella costruzione del sapere. Vincenzo Coronelli (1650- 1718) pubblicò a Venezia nel 1701, il primo volume della Bi- blioteca universale sacro-profana antico-moderna in sette volumi, l’ultimo dei quali è del 1709: fu, questa, la prima vera enciclopedia alfabetica in lingua italiana pubbli- cata ufficialmente e costituisce pertanto una tappa fondamentale del percorso culturale del nostro Settecento anche per la sua data di pubblicazione, che coincide pro- prio con l’avvio di quel secolo. Co- ronelli, peraltro, fu più celebre co- me cartografo: in quel ruolo sarà chiamato nel 1681 alla corte di Luigi XIV dove fabbricherà i due grandi mappamondi ancor oggi conservati alla Biblioteca Naziona- le di Parigi. Va anche ricordato il tentati- vo di promuovere una Nuova Enci- clopedia Italiana da parte del ve- neziano Alessandro Zorzi (1747- 1779), il quale seppe coinvolgere molti degli illuministi italiani pub- blicando nel 1776 un Prospetto progettuale di grande interesse. E ancora altri progetti enciclopedici si svilupparono, sempre nel Vene- to, a cura del patrizio veneziano Matteo Dandolo (1741-1812) e dell’abate Giovani Coi (1737- 1824). Tra il 1771 e il 1774 era- no apparsi due tomi de Lo spirito dell’Enciclopedia raccolto dal cele- bre Dizionario enciclopedico e di note illustrate da Matteo Dandolo Nobile Veneto pubblicati presso Giovan Francesco Garbo. Giovanni Coi, invece, curò a Padova la pub- blicazione della ristampa della Encyclopédie méthodique di Panckoucke, avvenuta in quella città nel periodo fra il 1783 e il 1784. Nella seconda metà del seco- lo prese poi il sopravvento una sor- ta di giornalismo enciclopedico che, grazie proprio a Pietro Verri, trovò ne Il Caffè (1764-1766) la sua mi- gliore espressione. La formula gior- nalistica di enciclopedismo sembrò la più adatta a compiere diffusione di cultura, adeguandola alle rapide trasformazioni del mutevole corso della storia culminate con l’influen- za degli eventi legati alla Rivoluzio- ne francese. Il Settecento fu dunque un secolo educatore, anche in campo scientifico. Nelle scienze quel periodo si presenta più che altro come una fase di transizione fra il Seicento, certamente rivoluzionario e inno- vatore, e l’Ottocento sistematizza- tore, cioè in grado di organizzare in grandi teorie il sapere fino ad al- lora accumulato. Il Settecento si connota perciò come secolo di evoluzione scientifica piuttosto che di rivoluzioni, se si eccettua il caso di Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794), protagonista di una vera grande svolta, anche teorica, nel campo della chimica. Appunto grazie allo scienziato francese que- sta scienza fu la prima, dopo la fi- sica, a subire una rivoluzione di ti- po quantitativo, fuoriuscendo dal- l’ambito alchemico per divenire ve- ra e propria disciplina scientifica. Si affermava cosi l’intuizione gali- leiana, emersa nel secolo prece- dente, secondo cui la vera scien- za doveva realizzarsi nel passaggio dal mondo della qualità al dominio della quantità espressa attraverso apposite leggi matematiche. Si usava compiere molti e- sperimenti, ma sempre di interes- GIANFRANCO DIOGUARDI* THE ETHOS OF ILLUMINISM The publishing effort to spread cultural knowledge was vast, committed and highly concrete during the XVIII century. The most fa- mous work in this regard is the “Encyclopedie” of Diderot and D’Alembert, a true monument to the spread of knowledge in strict respect of the God- dess Reason. But Italian authors also became in- volved in the difficult art of scientific communication: G. Gimma, A. Zorzi and F. Algarotti. It must be not- ed that the salons of the great ladies of the period were veritable teaching laboratories. Encyclopaedic journalism was also in- cluded in this context of educational training; it was sponsored by the Lom- bard “Il Caffè” group, of which P. Verri was also a member. ELZEVIRI

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Il ’700 fu dominato dai “lu-mi” della ragione che lo caratteriz-zarono con il movimento, appunto,dell’Illuminismo. Lo spiega, fra glialtri, Immanuel Kant scrivendo – il30 settembre 1784 – la sua Ri-sposta alla domanda: che cos’èl’illuminismo?: «[...] Il pubblico usodella propria ragione dev’essere li-bero in ogni tempo, ed esso solopuò attuare il rischiaramento tragli uomini [...]» (1). Dunque, l’obiet-tivo fu quello di rischiarare cultu-ralmente gli esseri umani, ed ec-co che il secolo si adeguò ricer-cando strumenti adatti a facilitarel’istruzione, in uno sforzo di pene-trazione generalizzata e diffusa.

In tal senso l’opera più signi-ficativa del secolo fu certamentel’Encyclopédie, che Denis Diderot(1713-1784) volle realizzare orien-tandola alla diffusione del sapere,ma anche all’insegnamento del fa-re e dunque dell’intraprendere. Fuessa stessa una grande impresaeditoriale, che seppe bene inter-pretare lo spirito della ragione in-curiosendo e orientando, struttu-rando una educazione rivolta inparticolare ai giovani come pre-messa per la costruzione della lo-ro personalità. La pubblicazionedella grande Encyclopédie allaquale, almeno nella fase iniziale,partecipò anche Jean Le RondD’Alembert (1717-1783), venneannunciata a Parigi con il Pro-spectus del 1750.

Siamo esattamente alla metàdi quel secolo, e ciò concorrerà ul-teriormente a caratterizzarlo comeperiodo di cultura diffusa, dove larilevante produzione libraria deter-minerà un grande desiderio di let-tura alimentato appunto da unacontinua e inarrestabile circolazio-ne di libri. Una situazione che siconsoliderà in particolare nei sa-lotti, luoghi di frivolezza mondanama anche palestre di raffinata cul-tura. E nel Settecento saranno pro-

prio i salotti a promuovere una di-vulgazione culturale e scientificagrazie anche all’attenta curiositàdelle dame, particolarmente impe-gnate in queste attività.

Il movimento enciclopedico,che caratterizzò così profonda-mente il Settecento, fu presenteanche in Italia sin dagli inizi di quelsecolo. Per esempio, GiacintoGimma (1668-1735), abate di Ba-ri, propose un proprio schema disistematizzazione delle conoscen-ze sul quale impostò la sua NovaEnciclopedia, curiosa e interes-sante ricerca di un ordine metodi-co e organico nella costruzione delsapere. Vincenzo Coronelli (1650-1718) pubblicò a Venezia nel1701, il primo volume della Bi-blioteca universale sacro-profanaantico-moderna in sette volumi,l’ultimo dei quali è del 1709: fu,questa, la prima vera enciclopediaalfabetica in lingua italiana pubbli-cata ufficialmente e costituiscepertanto una tappa fondamentaledel percorso culturale del nostroSettecento anche per la sua datadi pubblicazione, che coincide pro-prio con l’avvio di quel secolo. Co-ronelli, peraltro, fu più celebre co-me cartografo: in quel ruolo saràchiamato nel 1681 alla corte diLuigi XIV dove fabbricherà i duegrandi mappamondi ancor oggiconservati alla Biblioteca Naziona-le di Parigi.

Va anche ricordato il tentati-vo di promuovere una Nuova Enci-clopedia Italiana da parte del ve-neziano Alessandro Zorzi (1747-1779), il quale seppe coinvolgeremolti degli illuministi italiani pub-blicando nel 1776 un Prospettoprogettuale di grande interesse. Eancora altri progetti enciclopedicisi svilupparono, sempre nel Vene-to, a cura del patrizio venezianoMatteo Dandolo (1741-1812) edell’abate Giovani Coi (1737-1824). Tra il 1771 e il 1774 era-no apparsi due tomi de Lo spiritodell’Enciclopedia raccolto dal cele-bre Dizionario enciclopedico e di

note illustrate da Matteo DandoloNobile Veneto pubblicati pressoGiovan Francesco Garbo. GiovanniCoi, invece, curò a Padova la pub-blicazione della ristampa dellaEncyclopédie méthodique diPanckoucke, avvenuta in quellacittà nel periodo fra il 1783 e il1784.

Nella seconda metà del seco-lo prese poi il sopravvento una sor-ta di giornalismo enciclopedico che,grazie proprio a Pietro Verri, trovòne Il Caffè (1764-1766) la sua mi-gliore espressione. La formula gior-nalistica di enciclopedismo sembròla più adatta a compiere diffusionedi cultura, adeguandola alle rapidetrasformazioni del mutevole corsodella storia culminate con l’influen-za degli eventi legati alla Rivoluzio-ne francese.

Il Settecento fu dunque unsecolo educatore, anche in camposcientifico.

Nelle scienze quel periodo sipresenta più che altro come unafase di transizione fra il Seicento,certamente rivoluzionario e inno-vatore, e l’Ottocento sistematizza-tore, cioè in grado di organizzare ingrandi teorie il sapere fino ad al-lora accumulato. Il Settecento siconnota perciò come secolo dievoluzione scientifica piuttostoche di rivoluzioni, se si eccettua ilcaso di Antoine Laurent Lavoisier(1743-1794), protagonista di unavera grande svolta, anche teorica,nel campo della chimica. Appuntograzie allo scienziato francese que-sta scienza fu la prima, dopo la fi-sica, a subire una rivoluzione di ti-po quantitativo, fuoriuscendo dal-l’ambito alchemico per divenire ve-ra e propria disciplina scientifica.Si affermava cosi l’intuizione gali-leiana, emersa nel secolo prece-dente, secondo cui la vera scien-za doveva realizzarsi nel passaggiodal mondo della qualità al dominiodella quantità espressa attraversoapposite leggi matematiche.

Si usava compiere molti e-sperimenti, ma sempre di interes-

GIANFRANCO DIOGUARDI*THE ETHOSOF ILLUMINISM

The publishing effort tospread cultural knowledgewas vast, committed andhighly concrete during theXVIII century. The most fa-mous work in this regard isthe “Encyclopedie” ofDiderot and D’Alembert, atrue monument to thespread of knowledge instrict respect of the God-dess Reason. But Italianauthors also became in-volved in the difficult art ofscientific communication:G. Gimma, A. Zorzi and F.Algarotti. It must be not-ed that the salons of thegreat ladies of the periodwere veritable teachinglaboratories. Encyclopaedicjournalism was also in-cluded in this context ofeducational training; itwas sponsored by the Lom-bard “Il Caffè” group, ofwhich P. Verri was also amember.

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1764), per esempio, scrive nel1737 il Newtonianesimo per le da-me corretto e ampliato poi, nel1752, in Dialoghi sopra l’otticanewtoniana. Voltaire (1694-1778)propone, nel 1738, gli Elementsde la philosophie de Newton e leLettres sur les Anglais o Lettresphilosophiques, pubblicate primain inglese nel 1733, e, l’anno se-guente – anonime – anche in Fran-cia.

In questo quadro si inserisceanche una letteratura specifica especialistica sui processi di edu-cazione formativa, rivolta ai giova-ni, nel cui ambito primeggiano i te-sti destinati in particolare proprioalle donne. È una letteratura chesi può far risalire a Il Cortegiano(1528) di Baldassarre Castiglione(1478-1529), a Il Galateo (1558)di Giovanni Della Casa (1503-1556) e, più tardi, a Baltasar Gra-cián (1601-1658) e al suo Orácu-lo Manual y Arte de Prudencia(1647), tradotto in Francia nel1684 con il titolo di L’Homme deCour. Questa letteratura si conso-lida poi nel Settecento con operedel tipo il Cours d’étude pour l’in-struction du Prince de Parme del1775 a cura dell’Abbé EtienneBonnot de Condillac (1715-1778),o in Inghilterra con la Practical Edu-cation (1798) di Maria (1769-1849) e Richard Lovell Edgeworth.E, ancora, si può ricordare, di Fe-nelon (1651-1715), De l’éduca-tion des filles (1687), specifica-mente sull’educazione femminile,e poi di Stéphanie-Félicité duCrest de Saint-Aubin comtesse deGenlis (1746-1830), sia le Con-seils d’un père et d’une mère à

leurs enfans sur l’éducation desfilles sia il Théatre de l’éducationsia, infine, Adèle et Théodore, oulettres sur l’éducation. Fra le ope-re di questo genere, certamentela più famosa rimane comunqueEmile, ou de l’éducation (1762) diJean-Jacques Rousseau (1712-1778).

Pietro Verri visse fra il 1728e il 1797, diventando grande in-terprete di un secolo che conobbenel pieno della sua interezza, e diciò saprà darne ampia testimo-nianza con la sua vita, con le suerealizzazioni (per esempio la sua“Accademia dei Pugni” che pro-sperò fra il 1761 e il 1764), conle sue opere. Così, nel quadro trac-ciato, si inserisce perfettamenteRicordi a mia figlia, un’operetta ba-sata sull’educazione da impartirealla giovane donna perché siasempre memore e all’altezzadell’importante ruolo che avrà nel-la società settecentesca. Proprioquesto testo racchiude in sé lo spi-rito del secolo, proponendo a unadonna una educazione da eserci-tare, in una società fortemente ca-ratterizzata dagli incontri di salot-to, attraverso una attenta comuni-cazione. In essa si riproponepragmaticamente l’importanzadell’immagine da salvaguardarecostantemente mediante l’uso diuna cortesia professata nella for-ma e nella sostanza, avendo sem-pre a mente il fine di perseguiremodestia ed eleganza nell’animoe nei comportamenti.

* Ordinario di Economia e Organizzazione Aziendale presso il Politecnico di Bari

se specifico perché mancavanoparadigmi teorici generali sui qua-li inserire i risultati ai quali si per-veniva. Ciò accadeva nell’ambitodelle scienze della natura, in par-ticolare in un nuovo settore di in-dagine che riguardava la “magica”elettricità. Difatti, l’attenzione siconcentrava sui suoi fenomeni,che tuttavia venivano proposti allastregua di giochi di società. Si ri-maneva così in un ambito confusoe poco spiegabile, e ci si soffer-mava sugli effetti immediatamen-te percepibili che rendevano l’elet-tricità “meravigliosa”, da indagarecon amene sperimentazioni. Tut-tavia, anche questi “passatempi”contribuirono a rendere popolare ilsapere scientifico, così che il Set-tecento si confermò secolo digrande valenza sociale per l’inten-sa diffusione della conoscenza delsapere scientifico in particolare.

In questo quadro va segnala-to il fatto che si ebbe un prolifera-re di opere di divulgazione desti-nate a essere commentate, fral’altro, proprio negli incontri di sa-lotto dove, in particolare in Fran-cia, le donne, spesso favorite deipotenti, erano le protagoniste as-solute di quegli eventi. I salotti co-stituivano dunque veri e propri la-boratori del sapere e le dame, as-sunto un ruolo di fondamentale im-portanza, diventavano le destina-tarie principali delle opere di divul-gazione e di educazione in gene-rale. Francesco Algarotti (1712-

Voltaire (1694-1778),D’Alembert (1717-1783)e Diderot (1713-1784),tre protagonistidell’Illuminismo,movimentosettecentesco il cuiobiettivo fu quello dirischiarareculturalmente gli esseriumani.

Voltaire (1694-1778),D’Alembert (1717-1783)and Diderot(1713-1784), threeprotagonists of theEnlightenment, theEighteenth centurymovement whoseobjective was that ofculturally illuminatingthe essence of man.

1) IMMANUEL KANT, Che cos’è l’illu-minismo? Con altri testi e risposte... acura di Nicolao Merker, Editori Riuniti,Roma 1987, pag. 50.

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Io non vi disapproverò se cercate di piacere. Bramoche siate giudicata buona, rispettabile, bella, e degna d’amo-re. Ma la maggior parte delle giovani traviano, ed io ve neaddito la strada. Per esempio, una giovinetta gracile, minu-ta, bionda, può anche avere della grazia nell’essere sover-chiamente timida d’un ragno, d’un sorcio, d’un lampo: fateche una donna bruna, grande, di ardite fattezze, cerchid’imitare quel fanciullesco grido, e farà ridere di sé la bri-gata. Una certa serenità nobile ed imponente è maestosa inuna giovine di bella statura, che ha tratti grandiosi nel vol-to: fate che una piccolina, di fattezze delicate e vivaci, vo-glia imitarla, e ne avrete una stentata parodia. Lo stesso cheè sensibilissimo in tali salti, è sempre sconcio e forzato an-che in salti (9) minori. Noi abbiamo ciascuno la nostra fi-sonomia, né alcuno sforzo ci farà acquistare giammai la fi-sonomia d’un altro. Così l’indole nostra ed ogni nostraesterna azione deve comporre un tutto insieme armonicoche assortisca col viso, col disegno del corpo, col tono na-turale della nostra voce, e finalmente col nostro umore. Ve-dete in un giardino quanto sono meno belle, meno verdi,meno sugose, le piante che si fanno forzatamente diventa-re una piramide, un sedile, un quadrato e simili, di quelloche lo siano le piante anche irregolarmente sviluppateall’aria aperta, come porti la natura. Se esaminerete questoprincipio, voi lo troverete vero ancora nel genere umano.Le donne singolarmente riescono affettate e spiacevoli perl’abbandono che fanno del loro naturale, onde addossarsiun’esistenza imitata. La vivace cerchi di ritagliare dalla vi-vacità i vizi e i difetti, ma la sviluppi, e non prenda un ca-rattere di serietà posticcia; la seria faccia lo stesso, ma nondiventi stentata con una viva-cità sforzata. Ciascuna può es-sere amabile, se raffinerà sestessa; cesserà di esserlo, sevorrà trasformarsi in un’altra.Il gran precetto che gli antichiscrivevano sul tempio della Sa-pienza era: «Conosci te stesso».Cercate di entrare in questoesame, che è importantissimo.Non è vero che l’amor proprioci seduca. Nel secreto del no-stro cuore vi è una voce che cidice sempre il vero: basta en-trarvi, ed entrarvi spesso, edabituarci a riflettere sopra imovimenti del nostro animo;conoscerete, con un po’ ditempo ed un po’ di riflessione,il vostro forte ed il vostro de-bole. Presentatevi destramen-te dal primo dei due lati, cer-cate di migliorarlo, e celate erestringete quanto è possibileil fianco debole; ma non siatemai la scimmia altrui, se voleteaver grazia ed essere amabile.

Se volete essere amabile,e godere della stima generale,non dovete essere nemmenotroppo sincera. Io non intendo

con ciò di avvisarvi a non dire delle verità disgustose ad al-cuno: questo è un documento troppo volgare; ed io mi ri-stringo unicamente a palesarvi, cara figlia, quelle verità checomunemente non si sogliono dire. Voglio dire, che se vo-lete essere amabile, e godere della stima, dovete lasciarsempre un velo sopra di voi stessa, in guisa che si conoscache il vostro animo non è arditamente scoperto. Io ho man-cato, e manco spesse volte a questo precetto, e mi accor-go che mi pregiudico; e se non avessi una carica che ob-bliga gli uomini ad avere per me dei riguardi, la mia troppaschiettezza mi diminuirebbe la stima altrui. Gli uomini nonattribuiscono a un nobile sdegno di avere a ricorrere allearti della simulazione, né al coraggioso orgoglio della virtù,la franchezza di palesare liberamente l’animo proprio; viravvisano bensì o imperizia nell’arte di saper vivere, ovve-ro imprudenza e debolezza. Io non ho mai veduto un al-tr’uomo slanciarsi ad abbracciarmi come farei io, se un al-tro mi si aprisse liberamente. Trovo generalmente che lasorpresa che eccito in loro, li lascia incerti se mi debbanoperciò stimare; o lusingandosi d’avermi conosciuto perfet-tamente, mi pregiano meno. Generalmente gli uomini piùcoperti ne impongono di più; perché un oggetto non ben di-stinto ed attorniato da nebbia fa più paura ed occupa di piùl’attenzione degli uomini, che un oggetto illuminato e co-nosciuto: perché, se è bene il non far mai del male agli uo-mini, è male che abbiano una positiva sicurezza di non po-ter giammai ricever male da noi. Se un sagrestano non co-prisse la reliquia con un velo e non la riponesse lontana dal-lo sguardo, per poi mostrarla rare volte, e con certe ceri-monie, il popolo si avvezzerebbe alla reliquia, e non ne fa-

rebbe che poco conto. Così ac-cade dell’animo: se egli è lim-pido, schietto, esposto semprealla vista di ognuno, cadenell’indifferenza, e forse nel di-sprezzo. Un corpo nudo non èmai tanto voluttuoso ed inte-ressante, se non quando siadestramente adombrato da unvelo. Una bella faccia istessa,velata che sia, ancor più sedu-ce. Così le qualità del nostroanimo sfacciatamente nudespiacciono; velate ed elegante-mente esposte a un lume an-che un poco equivoco, ispira-no riverenza, interessano la cu-riosità, e fanno amare e pregia-re chi sa così mostrarle. Lavirtù stessa troppo nuda cessadi piacere. Una donna di cui leazioni sono costantemente ge-nerose e benefiche, di cui iltratto è sempre civile ed ama-bile, la di cui lingua non offen-de mai alcuno, i di cui costumisi vedono esattamente virtuo-

R I C O R D I A M I A F I G L I A(Tratto da: “Illuministi settentrionali” a cura di Sergio Romagnoli - Rizzoli Editore, 1962)

SECONDA PARTE

9) salti: mutamenti improvvisi nelcomportamento.

Ritratto di Pietro Verri e nella pagina a fianco, la sua genealogia.Portrait of Pietro Verri and opposite page, his family tree.

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Oltre poi la stoffa con-viene che ogni nastro edogni merletto appaia cosapoco usata; e questa atten-zione portatela su tutto, sul-le scarpe, sulle calze, e sin-golarmente sui lini che vitoccano immediatamente.Nel vestirvi non abbiate poipremura che tutto sia esat-tamente compassato; vesti-tevi anzi in modo che chi viosserva non conosca lo stu-dio usato, ma deggia piutto-sto dire: «Se sta bene a mal-grado della sua negligenza,quanto non sarebbe più bel-la se vi ponesse tutto il suostudio!». Figlia mia, questo èil sublime dell’arte, ed è ilprecetto massimo per pia-cere in ogni modo. Datemiun ballerino mediocre, e ve-dete come si slancia con im-peto, e lascia vedere l’estre-ma forza e l’attenzione perballare. Datemene un eccel-lente, e copre l’artificio, celala forza; col volto placido,con un moto naturale dibraccia, sembra che a casoquasi si collochi nelle piùbelle positure e difficili at-

teggiamenti. Vedete in poesia alcune arie del Metastasio, al-cune ottave del Tasso e dell’Ariosto: pare che non siano co-state fatica al loro autore, e che bastava voler dire quel pen-siero, e che chiunque non potea dirlo che così: quelli sono ipezzi che più incantano, quelli sono i pezzi veramente subli-mi. Nella musica, se una voce vi fa conoscere lo studio e lasomma attenzione del cantante, vi annoia; il valente musicosembra che spontaneamente moduli, e mentre esattamenteosserva la musica, pare che la trascuri. Tutta l’arte di piace-re si riduce a conoscere l’arte, ma celarla, ed operare in mo-do che chi l’ammira, quasi dica: «Io pure farei lo stesso»; ma,provandosi, non vi riesca. Con questo principio, se una don-na si presenta attillata, finita e studiosamente compassata,chi la vede si maraviglia che non sembri più bella ancora diquello che pare dopo tanto studio. Una donna che si vestacon un moderato e grazioso disordine, lascia luogo all’im-maginazione di figurarsela mille volte più bella ancora, se vo-glia darsi la pena di comparirlo. Un uomo di spirito dicevaad un ricco che aveva innalzata una grandissima torre: «Tucredi di avermi data una grande idea della tua ricchezza, et’inganni. Prima io l’aveva grandissima; la tua torre mi ha fat-to conoscere il limite di quello che puoi: tu non avevi i mez-zi per alzarla ancora cinquanta braccia di più». Così chi sfo-dera tutto quello che può e lascia conoscere che ha fatto ilfattibile, mostra agli altri il confine del suo potere; e anchenegli abiti e nell’eleganza non è mai cosa saggia il mostraredi avere fatto il possibile. Un pittore di gusto ti fa una belladonna con qualche leggiero disordine ne’ capelli e nell’abbi-

10) guardinfante: gabbia, generalmente di vimini, a forma di campa-na, che dalla Spagna si diffuse in tutta Europa durante il secolo XVII;si poneva sotto le vesti, dapprima con la funzione di difendere da-gli urti le donne incinte (di qui la parola), poi divenne oggetto dimoda per rendere ampie e gonfie le gonne.

si, ma i di cui principi nes-suno esattamente conosce,perché ella apertamentenon palesa tutto; questo è ilvero carattere di una donnache può essere modello del-la sapienza e dell’accortez-za. Tenete ferma questagrande verità, mia cara figlia,che gli oggetti perfettamenteconosciuti si stimano meno,e che gli uomini non si ten-gono giammai molto occu-pati di noi, se non quandonoi sappiamo far loro crede-re che v’è ancora del paeseda scoprire, lasciando lorosperare che lo scopriranno,ma non concedendolo lorogiammai.

Esaminate questo prin-cipio in ogni occorrenza, etroverete che si verificasempre tanto nella società,quanto in amore. Le cosetutte, interamente possedu-te o esattamente conosciu-te, cessano di essere pregia-te. Badate dunque a voi stes-sa, non manifestate mai iprincipi generali che vi de-terminano, non parlate maidi voi stessa, né del vostromodo di pensare o di agire. Il parlare di noi stessi, o è debo-lezza o è orgoglio; e sempre è il più spinoso discorso che sipossa introdurre. Nemmeno dei mali nostri o degli interessidomestici s’ha da parlare nelle conversazioni. La donna ac-corta spazia co’ suoi discorsi lontana da sé, e lascia se me-desima attorniata da quella sacra nebbia, che difendendoladagli sguardi profani la fa riverire.

Sul vostro vestito non è possibile che io vi dia alcun con-siglio, giacché la moda cangia ogni anno. Egli è certo chel’abito, che mentre vi scrivo, cioè nel 1777, è usato, e trova-te elegante e vantaggioso, sarà trovato ridicolo e mostruosoquando potrete leggere questi miei ricordi. Gli Asiatici sonoassai più ragionevoli di noi; essi hanno trovato delle formedi vestito veramente nobili, dignitose, comode e spiranti gra-zia e gusto. Sono secoli che il taglio dei loro abbigliamenti èfisso, e lo è talmente, che le dignità, gli uffici, la nazione diogni uomo si manifestano dal modo col quale è vestito. Ledonne sono voluttuosissime involte in quei finissimi turban-ti; elleno sole hanno conservato il vero cinto di Venere; manoi col nostro busto, col guardinfante (10), e con cento paz-zie, abbiamo sempre delirato e deliriamo tuttavia, ci tor-mentiamo, siamo realmente cattive figure... Ma siamo nel ca-so, cara figlia, in cui è sapienza l’esser pazzo fra i pazzi. Co-me dunque faremo? Credo che singolarmente piaccia unapersona, quando le cose che ha intorno danno un’idea dellasomma mondezza del corpo che ricoprono, e d’una elegan-te trascuratezza nell’abbigliarsi. L’idea di pulizia nascedall’aspetto di nuovo che abbiano tutte le parti che ci ve-stono. Una stoffa che ha perduto il lucido della seta, che mo-stri di essere passata molto fra le mani, disgusta; maquand’anche sia poco ricca, se è in aspetto di nuova, piace.I grandi abitoni di stoffe d’oro, sciupati, nei quali l’oro è sbia-dito o imbrunito, sembra che debbano avere un odore ran-cido, e fanno disgusto.

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Esercizi di ortografia di Maria, con le correzioni di Pietro Verri.Maria’s writing exercises, with Pietro Verri’s corrections.

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gliamento; niente è più sec-co e stucchevole, quantol’esatta simmetria: ella nonserve che su gli altari edall’esercizio militare; e que-sti non sono certamente i li-cei della grazia e della venu-stà. Una graziosa negligenzaè adunque l’anima dell’abbi-gliamento; e lo scopo di benvestirsi è risvegliare l’ideadella somma mondezza delnostro corpo. Conviene inol-tre che l’abbigliamento ab-bia un non so che di leggie-ro, cosicché sembri chel’aria lambisca il nostro cor-po, e vi si cangi intorno fa-cilmente. Quindi un abitotroppo stretto disdice. Lamondezza del corpo svegliaanche l’idea di quella del-l’animo; e perciò molti legi-slatori religiosi istituirono ilavacri, le abluzioni e similirimedi per purificare le col-pe, essendo ancora collega-te le idee della purità delcorpo e di quella dei senti-menti. Voi sarete allevata inmodo, che avrete un biso-gno di essere monda tutta,come le altre fanno nel viso.Nel vestire poi, convieneuniformarsi all’usanza, nonportandola all’eccesso. Mi pare però che i colori indecisi con-vengano meglio alla bellezza d’una donna, che i primigeni delprisma. Vi consiglio di esaminarvi bene allo specchio primadi uscire di casa, di adornarvi con grazia, e di porre ogni stu-dio a coprire lo studio; insomma a far sì che s’abbia a dire divoi:

Le negligenze sue sono artifici (11)Fuori di casa però, o nella compagnia, non mostratevi

giammai occupata di voi stessa, o del vostro vestito; tantopiù darete risalto alla figura vostra; e soprattutto astenetevidal condannare giammai il gusto altrui. L’arte insomma in tut-to è quella di non abbagliare al primo presentarsi, anzi di farpoco o nissun senso, ma d’essere in modo che, quanto piùvenite esaminata, tanto più piacciate. Osservate il mezzo-giorno; esso sorprende, abbaglia, stanca, è sempre lo stessooggetto: osservate un bel cielo azzurro, sereno e stellato; ve-drete quei punti lucidi della grande volta, sparsi in disordi-ne senza simmetria, ma con un ordine così vago, curioso, checiascuno cerca di ravvisarvi qualche figura. Rapito così l’oc-chio, rapita l’immaginazione in un dolce incantesimo, non visaziate di contemplarlo. Così è la figura della donna piace-vole; così è il suo stile, il suo modo: nulla che annunzi pre-tensione di occupare di se stessa, ma tutto ordinato in mo-do che insensibilmente gli altri se ne occupino, e non se nesaziino. Siate piuttosto una bella notte, anzi che un bel gior-no. Lo stesso che dico del vestito, lo dico anche della car-rozza, livree, appartamenti ecc., se dipenderà da voi: l’oro, ilfasto ciarlatanesco non sono l’insegna del gusto, non com-

pongono quello che piace. Ilfinimento (12), l’eleganza, laperfezione del lavoro, la ra-gionevolezza dei mobili ecc.,costituiscono ciò che piacein ogni secolo.

Fra le occupazioni so-ciali vi è il giuoco: procu-rerò che non mi somigliate,perché io non so giuocarbene nissun giuoco, anzim’annoio. Se è possibile, èbene che impariate e faccia-te uno studio dei giuochi dicommercio (13). Bisognaprocurare di far bene tuttoquello che si ha da fare; epoi, il conoscere i giuochi èun capo di profitto sensibi-le, o almeno impedisce unasensibile perdita. Giuocan-do, però, conviene guardar-si dal mostrare avidità, ira,impazienza, come pure svo-gliatezza e trascuratezza: ilprimo eccesso mostra unanimo niente generoso, ilsecondo mostra fasto insul-tante. Placidezza e modera-ta attenzione sono i segniche piace vedere in una no-bile signora che giuochi. Seun caso è dubbio, rimette-tevi al parere altrui; se è si-curo per voi, tranquillamen-

te dite la ragione; e se non vi si fa giustizia, tacete senza mo-strarvi malcontenta. Badate a tutto il giuoco anche con at-tenzione maggiore di quella che mostrate, cercate poi di nongiuocare con persone colleriche o mal educate. A giuoco diazzardo, o di molta importanza, non giuocate mai. Un uomosi pregiudica, una donna si prostituisce, perché mostra avi-dità, bisogno, e si pone in necessità di dover far di tutto permantenere quel vizio. In casa vostra non permetterete maiche si rovini alcuno, e che nissuna famiglia debba maledir-vi per questo. L’educazione che spero di darvi vi renderà su-perfluo quello che scrivo su di ciò, onde tralascio quanto dipiù potrei dire.

Se in vostra casa di città o di campagna, avete compa-gnia a pranzo, anticipatamente procurate che tutto sia be-ne in ordine; e poi, quando la compagnia è adunata, non vimostrate niente occupata del pranzo o della cena. Una don-na che sa regolare la sua casa ordina tutto in modo che sem-bra andar bene da sé, come una macchina. La inquietudinecoi domestici, i rimproveri sulla lentezza o disattenzionenon si possono manifestare in faccia alla compagnia; perchéfareste credere che i vostri domestici non siano avvezzi aveder buona compagnia in casa vostra, e togliereste ai con-vitati la libera giocondità, col lasciare ad essi credere che laloro venuta fosse a voi cagione di scontento. La maniera piùnobile di fare la padrona di casa è di non sembrare quasi lapadrona, ma di starvi come in un luogo terzo; anzi, a tavo-la, la maniera più conveniente è quella di starvi pure senzaricordarvi che sia la vostra tavola, cioè apparentemente. Ab-bandonatevi ai discorsi che vi si faranno, non mai parlatedei cibi o degli ornamenti della tavola, se non per necessità;ed interrogata, dite semplicemente e senza prolissità. Ma sein apparenza dovete dimenticare il personaggio di padrona

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Jean-Honoré Fragonard, La jeune liseuse, 1776 ca.,Washington, National Gallery of Art.

Jean-Honoré Fragonard, La jeune liseuse, approx. 1776,Washington, National Gallery of Art.

11) Le... artifici: T. Tasso, Gerusalemme Liberata, II, 18.12) finimento: per rifinitura.13) di commercio: di danaro.

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di casa, realmente dovete stare attenta che ciascuno sia daidomestici puntualmente servito, e soprattutto badate cheessi non dimentichino i convitati di minor conto, il che so-gliono fare; e con un’occhiata i vostri domestici sapranno in-tendervi senza che alcuno della nobile comitiva se ne ac-corga. In questa guisa, ciascuno sarà libero e starà con gioiaalla vostra tavola; il farne gli onori, e distribuire le vivande,è un tedio per la padrona, un incomodo pei suoi vicini, e por-ta un cerimoniale noioso alla mensa, un rango, una premi-nenza che è mortale. Niente è poi più disgustoso quanto ilvedere che il padrone di casa sgridi o rampogni i suoi do-mestici: questa è una vera inciviltà commessa contro cia-scun ospite, al quale fate sentire di essere di cattivo umore,lasciate il dubbio che lo siate per cagion sua: la gioconditàe la repubblicana decenza (14) sono quelle che attornianola donna di spirito quando usa ospitalità. Se il convito è sta-bilito prima, siete in obbligo di far sì che sia in ogni parteben servito; se è un’improvvisata che sia in campagna, fatele scuse dal principio, e poi non parlate più, né in bene néin male, sulla tavola: nessuno è tenuto ad aver pronto unpranzo nelle forme (15).

Le cose arbitrarie non vi esponete mai a farle, se nonsiete sicura di farle bene: dico esponete, perché io non in-tendo di limitare tutti gli onesti capricci che potete soddi-sfare nella stretta compagnia di pochissime persone amiche;dico soltanto in faccia di parecchie persone. Per esempio,non vi ponete a cantare se non siete certa di farlo in mododa piacere, con sicurezza di tempo, intonazione, portamen-to di voce e padronanza dell’aria. Niente è più noioso quan-to le smorfie di alcune, le quali vanno tremando al cemba-lo, e dopo cento difficoltà, cantano miserabilmente, taloraanche perdendo il filo della musica. Questo è un talento chenessuno è obbligato di avere, se non chi ne fa la professio-ne; è un nobile ornamento, ma non si deve esercitare la pa-zienza altrui al di là del bisogno. Lo stesso dite del talentodel teatro: se l’occasione vi si presenta di recitare, fatelo, sesiete capace di farlo bene; e decisamente astenetevene, senon ve ne sentite la franchezza e la capacità. Io non dico per-ciò che avendo questi due talenti gli dobbiate esercitare conuna decisione tale da far credere che vi riputiate soverchia-

mente istrutta; conviene anzi sempre guadagnare i giudicicolla modestia, collo star lontana dalla pretensione. Gli uo-mini si sdegnano con chi cerca di forzare la stessa loro am-mirazione, e la celano piuttosto se non v’è una certa spon-taneità di concederla; ma la modestia debb’essere sempli-ce, moderata, e non scimmiottesca e studiata: anzi, eserci-tando questi talenti arbitrari, aspettate di esserne chiesta, eprestatevi con aria di compiacenza al desiderio altrui; e sia-te sempre cauta a lasciare, quando terminate, il desiderionegli altri che continuaste. Il talento del ballo non è tanto ar-bitrario: potete, anche ballando mediocremente, farlo sen-za pericolo, perché il ballo è quasi un esercizio di cerimo-niale, e d’altronde non esige questo talento l’attenzione ditutti gli altri testimoni, come l’esigono gli altri due talenti.Quanto più nasconderete l’artifizio e lo studio che fate, sì nelcanto che nel declamare e nel ballo, tanto più vi accostere-te alla grazia ed al bello. Dirò dei talenti quello che ho scrit-to sul vestito. Lasciate che si creda che potreste fare assaipiù di quello che fate, state un passo indietro del vostro li-mite, e l’immaginazione dei vostri giudici crederà che essosia discosto ancora assai più d’un passo.

Sin qui vi ho accennato alcune co-se che riguardano il vostro contegnoesteriore, atte a conciliarvi la stima pub-blica, ed a farvi passare per amabile ecara creatura: ora vi scriverò alcune al-tre cose che riguardano l’interna felicitàvostra. Non vi farò un trattato di mora-le, ma vi indicherò alcuni punti che me-ritano la vostra attenzione. La filosofiache singolarmente dominò alla metà diquesto secolo, tendette ad esaltare lepassioni, a dar loro impeto, forza, entu-siasmo, riguardandole come primo mo-bile del cuore e delle azioni, e come lasorgente della vita morale e d’ogni cosagrande. Alessandro, Cesare, Maometto,sarebbero tre nomi sconosciuti, se unaviolentissima ambizione non gli avessescossi dallo stagno in cui si trovavano,e scagliati, a traverso di una turbolen-tissima vita, a conquistare, a soggioga-re la terra. Sarebbe ignoto il nome diMontesquieu, di Newton, di Galileo, diTiziano e di simili uomini se, animati daun’avidissima passione di gloria, nonavessero fermamente e costantementesuperati i difficilissimi travagli, la lunga

noia e l’ingiusta freddezza degli uomini pigri e restii ad in-nalzare un uomo cogli applausi al di sopra del loro livello. Lepassioni hanno inventate o perfezionate le arti tutte, sicco-me hanno prodotto i tratti più insigni delle più nobili e dellepiù infami azioni. Non si può negare questa verità. Ma chie-derò io: l’uomo animato da violente passioni, è egli più feli-ce dell’altro che le ha moderate? Dovendo io scegliere di farcose grandi menando una vita affannosa, ovvero di placida-mente godere della mia esistenza, la sapienza dove mi con-siglierà di propendere? Soffiando io stesso sul fuoco dellemie passioni, riguardandole come il prezioso germe dellamia vita, penso io da saggio al mio benessere? Che probabi-lità ci è mai che, nelle combinazioni della mia vita, una ve nesia che mi apra il campo a diventare autore di una rivolu-

14) repubblicana decenza: cioè il trattare gli ospiti con gentilezza maanche con dignità, secondo il costume di cittadini usi a vivere in li-bere repubbliche.15) nelle forme: con tutte le regole.

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Milano 1807, Piazza dei Tribunali. Milan 1807, Piazza dei Tribunali.

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zione che lasci il mio nome ai posteri? Che mi gioverà il la-sciarlo dopo una vita infelice? A me pare che questi decla-matori ed eccitatori delle passioni usino l’eloquenza che è inpratica presso i caporali per adescare le nuove reclute: pren-dono un giovine del popolo, mal in arnese, senza speranze;citano uno o due esempi di soldati di fortuna diventati ge-nerali, gallonati, titolati, arricchiti; seducono l’idiota a dare ilnome a questa lotteria. Egli trovasi così legato ad una vita in-felicissima, e cento mila incauti vivono nella più misera con-dizione per uno che ha fatto fortuna. Questi filosofi avevanoil progetto di liberare gli uomini da ogni specie di schiavitù,di sostituire una forma di legislazione dettata dal bene ge-nerale, di stabilire la fraternità e la virtù; rispettabile fanati-smo, il quale in Parigi, dove aveva la sua sede, ha fatto pas-sare alle carceri della Bastiglia successivamente questi scrit-tori, che gli ha resi sospetti al governo, e che ha costretto al-cuni a ritirarsi in terra separata, non avendo forse del restorisparmiato nemmeno un uomo alla violenza ed al dispoti-smo di un ministro. Torniamo sulla strada maestra che è sta-ta battuta dai saggi dei secoli passati. Le passioni, fino a tan-to che sollecitano l’anima, sono eccellenti. La vivacità chec’ispirano, il moto che producono innoi, abbelliscono, ci raffinano il gusto, citolgono al letargo ed alla noia: ma s’el-leno vi scorticano, vi pongono la febbre,altro partito non c’è che rintuzzarle col-la frequente riflessione: sono esse un li-quore spiritoso; in poca dose rianima, inmolta ubbriaca e rende furioso. Un amo-re violento, una furiosa ambizione,un’avarizia affannosa, sicuramente ren-dono infelice il cuore che invadono; ciassorbiscono tutta l’anima, ce la rendo-no distratta da tutti gli oggetti piacevo-li che ci si presentano alla giornata, cipongono avanti agli occhi un bene checi abbaglia e grandeggia, e quanto cor-riamo più, tanto più si allontana. Esami-niamo più da vicino la verità.

Cominciamo dall’amore. Io vi par-lo di una cosa che non mi è straniera, evi faccio la descrizione di un paese cheho viaggiato molto (16). Primieramentel’amore nasce sempre dalla persuasionein cui s’è d’aver reso sensibile il cuoredell’altro; e sicuramente da principiouno dei due s’inganna. Se ingenuamen-te due amanti s’abbandonassero uno allibero piacere dell’altro, sarebbe assaibreve il periodo, e la sazietà coll’indifferenza verrebbero po-che settimane dopo il primo trasporto amoroso. In fatti i po-poli agresti e non ancora inciviliti, quasi non conoscono chela parte fisica dell’amore, come la natura lo cerca per la ri-produzione dei nuovi esseri, e come gli animali fanno. Nascefra noi la passione durevole dell’amore dalle difficoltà e daicontrasti. Nessun romanzo nemmeno ti fila questa dolce e fu-nesta passione, se non frammischiandovi lontananze dei dueamanti, parenti che si oppongono ai loro desideri, accidentiche sempre li scostano dal fine cui anelano; e gli amori di duemaritati, che pacatamente convivono, sarebbero i più freddied insipidi del mondo, che neppure alcun poeta ha osato maiesporli sulla scena per toccare il cuore degli spettatori. Que-sto è tanto vero, che le donne astute, le quali hanno saputopiù lungamente tenere in lena i loro amanti, sono quelle lequali sanno dar loro speranze, poi toglierle, poi ridonarlecon qualche condiscendenza, indi lasciar temere un cam-biamento, per poi somministrare nuova esca a persuader

d’amare, ed ammantandosi con un velo sempre volubilmen-te variato, nascondere il vero fondo del loro carattere, oc-cultare i loro sentimenti, e far giuocare i vezzi della loro fi-gura, le grazie del loro spirito, sempre artificiosamente conun’apparente ingenuità capricciosa. Le donne conseguente-mente più amate sono quelle che meno amano, e non meri-tano di esserlo. Se dunque si tratta di provar voi la passionedell’amore, ciò significa o gettarsi in braccio a un mare di an-gosce, di avvenimenti, ovvero fidare la vostra pace nelle ma-ni di uno scaltro conoscitore del cuore, che astutamente visignoreggi. Cattivo contratto, e sotto di un aspetto e sottodell’altro cattivo per noi uomini; per una donna poi, pessi-mo; perché il mondo è tanto ingiusto, che perdona agli uo-mini nella loro gioventù le pazzie del loro amore, e copre ladonna di una macchia che non le si toglie più: sia che negliuomini singolarmente si cerchi il talento e la mente per gliaffari, e nelle donne al contrario la passiva ritenutezza, perprima dote; o perché la parte degli uomini sia quella dell’at-tacco, e la femminina quella della difesa, siccome lo è anchenei bruti; onde il vincere non dia biasimo all’uno, e dia scor-no all’altra l’abbandonarsi totalmente. Io ho conosciuto col-

la mia sperienza una donna sola, la quale abbia fatta la suafelicità coll’amore; e in quel tempo medesimo in cui gli inte-ressi del di lei amore andavano più prosperamente, si pote-va con verità asserire che assai felice di più sarebbe stata selibera dalla passione. La maggior parte degli uomini si acco-sta ad una bella donna, loda ed esalta la leggiadria che spiraintorno, tutto adulano, sono sommessi, ossequiosi, preven-

16) Io... molto: Pietro Verri, in effetti, ebbe nella sua vita alcuni gran-di amori che gli procurarono, fra l’altro, preoccupazioni e infelicità.Giovanissimo, amò la duchessa Maria Vittoria Serbelloni nata Otto-boni Boncompagni; dopo una relazione durata circa dieci anni, eglitrasferì il suo affetto su Maddalena Beccaria, sorella di Cesare e mo-glie, dal 1766, a G.C. Isimbardi. Nel 1776, quando ormai l’amore perla Isimbardi s’era spento, il Verri sposò una giovane nipote, Mariet-ta Castiglioni, orfana della sorella Teresa, il cui nome fu imposto al-la bambina che nacque il 2 marzo 1777. Mortagli la prima moglie nel1782 si risposò con Vincenzina Melzi, sorella di Francesco, il futurovice-presidente della Repubblica Italiana. Da lei ebbe nove figli.

Milano d’inizio Ottocento: corso Venezia e la chiesa di S. BabilaMilan at the start of the Nineteenth century: corso Venezia and the church of St. Babila.

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gono i desideri vostri per ambizione di piacervi: nel cuoredella maggior parte questo non è che un costume; se nien-te niente vi fidate, temete che la vanità di avere fatto brec-cia li porterà a vantarsi ed a divulgare e quello che avretedetto, e di più quello che avrebbero voluto che diceste. Unasorda diceria sola basta a macchiare il concetto della vo-stra virtù. Fra tanti vi sarà taluno più riservato e più buo-no; sarà capace di essere onest’uomo anche in amore: te-mete di più quest’uomo, egli può accendervi la passione fu-nesta, e poi, quando veramente amereste, quando libera-mente signoreggiasse il vostro cuore, lo stesso possederlolo renderà annoiato; rimarrà ei medesimo stupito di rima-nere come ozioso, il bisogno di liberarsi dal tedio lo faràcorrere dietro ad un nuovo oggetto, ed ei medesimo saràmaravigliato, pochi mesi dopo che con buona fede vi giu-rava un amore interminabile, di essere annoiato di voi. Unbene che è nostro non ci piace mai tanto, quanto un beneche cerchiamo di acquistare; ed il lungo possedere cagio-na l’indifferenza. Cosa farà adunque una giovine accorta edi spirito? Dovrà ella essere un marmo, un ferro insensibi-le alla più umana passione, all’amore, alla delizia dei cuoriben fatti? Io vi rispondo che è impossibile il guardare collastessa indifferenza un oggetto noioso e comune, ed un og-getto amabile; ma però è possibile il vegliare sopra di noi,il mettere buon ordine perché la nostra casa non avvampie si consumi. Considerate l’importanza somma della opi-nione pubblica, la fallacia che è la base di questa passione,il fine del tedio a cui si va incontro, quando pur riesca be-ne, e che non vi prevenga l’amante coll’abbandono; l’illu-sione del poco di reale che vi è nelle figurate delizie; e te-nete la passione tutt’al più nei limiti d’un leggiero movi-mento, preservandovi, o colla distrazione su di altri ogget-ti, o colla piacevole occupazione delle belle arti, o colla lon-tananza; ma siate bene attenta sopra di voi medesima, esviate il fiumicello prima che, ingrossando le acque, non vistrascini al segno che inutilmente cerchereste il soccorsodella ragione. Per questo motivo, come per altri ancora,mia cara figlia, cominciate di buon’ora ad eccitare in voi me-desima il gusto della occupazione: la sfaccendata oziositàlascia un bisogno perenne di un oggetto che ci giunga adoccupare; e la donna si getta sconsigliatamente fra le brac-cia dell’amore, per lo più per la noia di non avere niente dafare. La musica occupa molte ore della vita, il disegno egual-mente; l’abitudine di esaminare gli oggetti, e di cercare diconoscerli, vi può portare al genio dei fiori, delle erbe, algusto dei mobili ed addobbi, alle curiosità naturali, al co-noscimento di quel poco che si è scoperto nella fisica, e co-sì genialmente occupare il tempo. L’abituazione alla letturasopra di ogni altro esercizio è il più salutare e dolce risto-ro della vita. Se io viverò abbastanza per essere il vostroamico sinché abbiate vent’anni, quello che scrivo sarà buo-no solamente a provarvi l’affetto che io aveva per voi quan-do appena vi accorgevate di essere al mondo; ma se la leg-ge universale degli esseri mi avrà troncati gli anni prima chevoi pensiate da voi medesima, sin d’ora mi è pensiero te-nero e consolante quello di sperare che i miei consigli, chescrivo per voi, vi possano incamminare alla felicità che videsidero. Una donna occupata colle proprie idee, abituataa riflettere prima di operare, ad esaminare prima di crede-re, non sarà facilmente la vittima di una galanteria. I libri so-no la più cara compagnia, e la più istruttiva. Io approvo chevoi leggiate sterminatamente tutte le commedie e tutte letragedie possibili: sono queste una dilettevolissima occu-pazione; vi conducono a sviluppare insensibilmente in voimedesima i penetrali del vostro cuore e dell’altrui; v’inse-gnano il più nobile e decente modo di conversare; vi svi-luppano i sentimenti nobili e generosi, e sono una eccel-

lente lezione di morale pratica. Anche i romanzi scritti condecenza e con grazia gli approvo: escludo soltanto i trop-po libertini, i quali, se avete l’anima delicata, vi stomacano;e se sgraziatamente l’aveste poco ferma, vi prostituisconoalla dissolutezza. La favola, la storia, sono ottime cose daesaminare: i ventagli stessi talora rappresentano o un’azio-ne della mitologia o della storia; i quadri nelle gallerie trat-tano questi argomenti, ed è cosa meschina, per una donnache si voglia credere colta e gentile, l’avere sotto gli occhie nelle mani questi oggetti, e non conoscerli. Per lo di piùpoi, io non vi stimolerei molto a diventare veramente dot-ta e scienziata; ma se il genio vi spingesse, vi presentereitutti i mezzi per riescirvi e vi darei tutto il coraggio. Credoperò, che né voi né alcuno dei miei figli, se io vivo lunga-mente, passeranno mai la semplice coltura, e non saretesommi in nessuna scienza od arte; e la ragione si è perchéio credo che non vi sia che la sola infelicità e miseria chepossa spingere ad affrontare le fatiche, ed a costantemen-te sostenerle; e senza questo sforzo continuato non si escemai dalla mediocrità. Vi vuole la derisione, il disprezzo, l’in-sulto, la dimenticanza dei nostri prossimi parenti, per isfor-zarci a correre il sentiero, e farci arrampicare sulla scosce-sa montagna. Tutti gli uomini che ho esaminati hanno fat-to qualche progresso nelle persecuzioni e traversie. Orasiccome io non voglio che siate giammai infelice, anzi dalgiorno in cui siete nata, voglio che godiate di tutti i beni pos-sibili, così dico che voi e gli altri fratelli e sorelle vostre nonpotranno mai esser sommi, perché manca la ragione. È me-glio un uomo felice che un grand’uomo. Una dama, o altradonna poi, se oltrepassa i limiti della semplice coltura, dif-ficilmente troverebbe un partito; perché l’uomo è umiliatose la moglie ne sa più di lui. È però vero che se anche vi ma-ritaste, se io vivo, farò in maniera che mai non vi possa man-care di che vivere libera e comoda. L’abitudine alla letturaperò coltivatela, cara figlia, anzi fatevene un obbligo, un bi-sogno. Il tempo degli amori è dodici anni della vita cioè daidiciotto ai trenta; chi lo continua al di là, lo fa con troppaumiliazione: ma allo scomparire dei vezzi, allo sfiorarsi del-la freschezza della prima gioventù, la donna diventa un’in-felicissima creatura, se di buon’ora non ha prevenuto il mo-mento. Lo specchio che vi diceva tante cose lusinghiere, vipresenta una figura che va deperendo; gli uomini si fannofreddi ed indifferenti; tutto diventa abbandono e solitudineper una povera donna leggiera, che non ebbe altra occu-pazione, che l’adescare coll’incantatrice sua giovinezza: ladonna accorta, abituata a molte geniali occupazioni, sentemolto meno gl’insulti degli anni. Io posso dire di avere ve-duto un caso atroce su questo proposito. La signora LuisaG..., giovine ricca e bella, aveva una schiera di adoratori, iquali col passare dei primi anni svanirono: ella erasi ritira-ta a Modena, e per avere una occupazione ottenne di esse-re ammessa a quella corte (17), e diventare dama. Ma le suefinanze erano troppo sbilanciate; dovette ritornare a Mila-no: mancando di adoratori, non avendo mezzo di brillarecoll’araldico lume, inquieta, annoiata, passò a Pisa, dove ab-bandonata dalla gioventù e dalle passioni, priva della ri-sorsa di saper vivere con se medesima, annoiata dalla si-tuazione presente, disperando di un migliore avvenire, sigettò dalla finestra, e sopravvisse qualche ora d’infelicissi-ma vita. Io l’ho trattata: era donna buona, ma leggiera. Ca-ra figlia, cominciamo di buon’ora a mobiliare bene l’internanostra ritirata, avvezziamoci a meditare, a leggere, a suo-nare, a disegnare, a vivere delle ore soli e senza bisogno diamori o di cortigiani: chi sa vivere con se medesimo, nonperde mai la buona compagnia. �

(continua)

17) Corte: la Corte di Francesco III di Modena (1737-1780).

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