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S.r.l. ® Le News di Wine & Food Made in Italy S.r.l. Informazioni generali di Wine News: N°5 Mese di Maggio 2014 In Usa il 2014 inizia con il freno tirato Primo bimestre 2014 all’insegna della contrazione generalizzata dell’importazione di vino negli Stati Uniti (-6,1% in quantità e -1,8% in valore sul 2013). Ne risente anche l’andamento delle etichette del Bel Paese che, da Los Angeles a New York, perdono il primo posto in termini quantitativi, ma lo mantengono saldamente in termini di valore. Senza scosse il successo delle bollicine tricolore che guadagnano in Usa il 5,2% in quantità e il 4.7% in valore sul 2013. Questa l’ultima fotografia dello scenario del mercato statunitense, scattata dall’Italian Wine & Food Insittute. La diminuzione ha interessato pressoché tutti i paesi esportatori: -17,5% in volume e -27% in valore per il Cile, -13,1% in quantità e -2,8% in valore per l’Italia, -12,3% in quantità e - 6,2% in valore per la Spagna, -8,7% in quantità e -4% in valore per l’Australia e -9,7% in quantità e -0,1% in valore per la Germania. Il vino francese perde 1,4% in quantità, guadagnando la medesima percentuale in valore. I vini argentini crescono in quantità (+13,9%) ma perdono -in valore (4,7%). In crescita, invece, la Nuova Zelanda (+28,7% in quantità e +15,5% in valore). Bordeaux “affossa” il Liv-ex Il Liv-ex, l’indice che monitora i 100 vini più ricercati sul mercato secondario (per l’Italia ci sono Ornellaia 2009 e Sassicaia 2006 e 2008, ndr), è sceso dell’1% anche in aprile. È il tredicesimo mese consecutivo in cui si registra un calo, riportando il Liv-ex sui livelli del 2009-2010. L’indice raggiunge pertanto il “traguardo” di oltre un anno di declino del suo valore e, a ben guardare, è possibile individuare anche il “responsabile” di questa cattiva performance: sono i vini di Bordeaux (che dominano l’indice con 85 etichette su 100), in caduta libera. Anche se la performance peggiore è quella dello Champagne Taittinger Comte de Champagne 2002, giù del 10% (a 1.234 sterline a cassa). Le “tendenze” dell’Italia in tavola Mangiare bene risparmiando denaro, ma soprattutto tempo, guardando sempre di più all’aspetto salutistico dell’alimentazione, ma anche alla filiera del bio, con un occhio sempre più gourmand: sono questi gli atout che emergono dalle tante novità di prodotto presentate a Cibus, che raccontano di un modo di vedere e vivere la cucina ed il cibo in costante evoluzione. Si vai dai piatti pronti con le ricette di Vissani al culatello monoporzione, dal preparato ai tartufi pensato per il Sushi, fino al Parmigiano da spalmare. Per chi sceglie l’approccio bio, invece, ormai non c’è che l’imbarazzo della scelta: si va dalle uova fresche da galline alimentate a filiera controllata alla pasta di riso, dai savoiardi alle piadine, fino al burro al tartufo. E per chi deve o vuole stare attento alla salute è la stessa musica: dai formaggi senza lattosio ai salumi a basso contenuto di sodio, dalla pasta realizzata con acque oligominerali alle marmellate senza zucchero e così via. Tanti prodotti innovativi che guardano alle richieste del mercato, sempre più variegato. Anche se a “salvarci” sarà, come sempre la “cucina della nonna”, la preferita secondo un sondaggio del Polli Coocking Lab su 1.200 italiani tra i 20 ed i 55 anni.

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Le News di Wine & Food Made in Italy S.r.l. Informazioni generali di Wine News: N°5

Mese di Maggio 2014

In Usa il 2014 inizia con il freno tirato Primo bimestre 2014 all’insegna della contrazione generalizzata dell’importazione di vino negli Stati Uniti (-6,1% in quantità e -1,8% in valore sul 2013). Ne risente anche l’andamento delle etichette del Bel Paese che, da Los Angeles a New York, perdono il primo posto in termini quantitativi, ma lo mantengono saldamente in termini di valore. Senza scosse il successo delle bollicine tricolore che guadagnano in Usa il 5,2% in quantità e il 4.7% in valore sul 2013. Questa l’ultima fotografia dello scenario del mercato statunitense, scattata dall’Italian Wine & Food Insittute. La diminuzione ha interessato pressoché tutti i paesi esportatori: -17,5% in volume e -27% in valore per il Cile, -13,1% in quantità e -2,8% in valore per l’Italia, -12,3% in quantità e -6,2% in valore per la Spagna, -8,7% in quantità e -4% in valore per l’Australia e -9,7% in quantità e -0,1% in valore per la Germania. Il vino francese perde 1,4% in quantità, guadagnando la medesima percentuale in valore. I vini argentini crescono in quantità (+13,9%) ma perdono -in valore (4,7%). In crescita, invece, la Nuova Zelanda (+28,7% in quantità e +15,5% in valore). Bordeaux “affossa” il Liv-ex Il Liv-ex, l’indice che monitora i 100 vini più ricercati sul mercato secondario (per l’Italia ci sono Ornellaia 2009 e Sassicaia 2006 e 2008, ndr), è sceso dell’1% anche in aprile. È il tredicesimo mese consecutivo in cui si registra un calo, riportando il Liv-ex sui livelli del 2009-2010. L’indice raggiunge pertanto il “traguardo” di oltre un anno di declino del suo valore e, a ben guardare, è possibile individuare anche il “responsabile” di questa cattiva performance: sono i vini di Bordeaux (che dominano l’indice con 85 etichette su 100), in caduta libera. Anche se la performance peggiore è quella dello Champagne Taittinger Comte de Champagne 2002, giù del 10% (a 1.234 sterline a cassa). Le “tendenze” dell’Italia in tavola Mangiare bene risparmiando denaro, ma soprattutto tempo, guardando sempre di più all’aspetto salutistico dell’alimentazione, ma anche alla filiera del bio, con un occhio sempre più gourmand: sono questi gli atout che emergono dalle tante novità di prodotto presentate a Cibus, che raccontano di un modo di vedere e vivere la cucina ed il cibo in costante evoluzione. Si vai dai piatti pronti con le ricette di Vissani al culatello monoporzione, dal preparato ai tartufi pensato per il Sushi, fino al Parmigiano da spalmare. Per chi sceglie l’approccio bio, invece, ormai non c’è che l’imbarazzo della scelta: si va dalle uova fresche da galline alimentate a filiera controllata alla pasta di riso, dai savoiardi alle piadine, fino al burro al tartufo. E per chi deve o vuole stare attento alla salute è la stessa musica: dai formaggi senza lattosio ai salumi a basso contenuto di sodio, dalla pasta realizzata con acque oligominerali alle marmellate senza zucchero e così via. Tanti prodotti innovativi che guardano alle richieste del mercato, sempre più variegato. Anche se a “salvarci” sarà, come sempre la “cucina della nonna”, la preferita secondo un sondaggio del Polli Coocking Lab su 1.200 italiani tra i 20 ed i 55 anni.

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Abbasso il grado alcolico A causa dei cambiamenti climatici degli ultimi decenni, il mondo della produzione enoica si trova a fare i conti con la necessità di ridurre il grado alcolico dei vini. Anche in Italia, dove, finora, si è risposto al problema quasi unicamente ricorrendo a pratiche di cantina. Eppure, qualcosa si può fare anche in vigna, lavorando su irrigazione, potatura verde e diradamento, mentre una frontiera ancora da esplorare è quella studiata dal team di ricercatori dell’Università Cattolica di Milano, il cui lavoro è stato recentemente premiato dall’American Society for Enology & Viticulture, che riguarda l’uso degli antitraspiranti che, applicati sulle foglie funzionali, sono in grado di ritardare l’accumulo di zucchero negli acini, abbassando il tenore alcolico del vino di 1% vol. Gli occhi di Pernod Ricard su Treasury Wine Estates? Gli occhi di Pernod Ricard sul colosso australiano (o meglio, sugli asset Usa) di Treasury Wine Estates? Per ora solo rumors, da un lato confermati dal n. 1 del gruppo transalpino Jean-Cristophe Coutures, al quotidiano “The Australian”, dall’altro smentiti da Treasury. Che, però, nonostante le difficoltà in cui naviga, al diffondersi della notizia, ha visto le sue azioni crescere anche fino al 14% in un solo giorno. Intanto, Pernod, negli States, ha investito 100 milioni di dollari per l’acquisto di Kenwood Vineyards da F. Korbel & Bros, che diventa la prima proprietà californiana del gruppo francese ... Le due facce del successo del Prosecco Nel 2013 cresce in valore (+6,5% sul 2012) e in volume (+6%) lo spumante Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg, confermando il suo ruolo di prodotto simbolo dell’Italia: la denominazione, ha raggiunto così un valore al consumo di 500 milioni di euro, con un +5,3% in volume sul 2012. Un’indagine del Centro Studi del Consorzio di tutela, inoltre, rileva che, con 326,9 milioni di euro, le bollicine del Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg hanno visto impennare la produzione annua, a 66,5 milioni di bottiglie. Il Prosecco Doc rilancia, invece, lo stoccaggio come strumento di governo dell’offerta: “almeno per il momento - spiega il presidente dell’Unione Italiana Vini, Domenico Zonin - ritengo giusto che il prodotto stoccato nel 2013 rimanga bloccato, perché il valore del Prosecco Doc sfuso è ancora abbastanza stabile, e non essendosi registrate tensioni particolari nel prezzo, non si avverte la necessità di calmierare il mercato”. Sono queste le due facce di una stessa medaglia che, in nome del Prosecco, l’uva da cui si ottiene la bollicina ormai sovrana nel mercato interno e all’estero, caratterizzano una crescita complessiva importante ma non priva di criticità. Bravo Piemonte Da un lato un appuntamento che unisce l’aspetto “economico” a quello passionale ed emozionale del vino, come sarà l’Asta del Barolo, il 10-11 maggio, con i vini dell’Accademia del Barolo, associazione di 12 tra le più prestigiose aziende delle Langhe (Azelia, Cordero di Montezemolo, Damilano, Martinetti, Sandrone, Chiarlo, Scavino, Gagliardo, Poderi Luigi Einaudi, Pio Cesare, Prunotto e Vietti); dall’altro, un evento che promuove l’importanza della cucina nella tutela dei territori, a Canale, il 1 giugno, all’Enoteca Regionale del Roero con, tra gli altri, Renè Redzepi, del Noma di Copenaghen, n. 1 della “The World’s 50 Best Restaurants”, ed il 3 stelle Michelin (e n. 39 della classifica) Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba. Che valorizzano, insieme, tutto il Piemonte. Yquem & e-commerce Anche i miti del vino mondiale cedono al fascino del web: sarà niente meno che il “mostro sacro” Château d’Yquem il protagonista della prima “flash sales” della sua storia, con 3 annate (1996, 1998 e 2000) che gli appassionati si potranno accaparrare a prezzi vantaggiosi sul sito leader del genere in Europa, Vente-Privee.com. A riportare la notizia “Decanter.com”. La data è ancora da decidere, e non si sa ancora quale sarà il tasso di sconto che sarà applicato ai vini, anche se, in media, sul portale, che, nel 2013, ha venduto ben 3,3 milioni di bottiglie in tutta Europa, per un fatturato di 36 milioni di euro, gli sconti arrivano anche al 30-40% del prezzo di mercato.

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Joly: “bio” rischia di essere solo una bandiera C’è chi, come Robert Parker, li ha definiti una “truffa”, ma ai consumatori del mondo, e anche a tanti produttori, i vini bio piacciono sempre di più. Ma ad alzare il livello di guardia su un movimento che rischia di diventare un contenitore enorme, a scapito della qualità del contenuto, è niente meno che uno dei sui moderni “padri fondatori”, niente meno che quello che è considerato il “vate” della viticoltura biodinamica, Nicolas Joly, autore de “Le Vin du ciel à la terre” e produttore in Francia, con Coulee de Serrant. “Il rischio, trenta anni fa, era che il vino biologico e biodinamico sarebbe potuto rimanere uno sconosciuto - spiega a WineNews, intervistato a “ViniVeri” 2014 da Francesca Ciancio - mentre oggi è l’opposto, ovvero che il biologico e il biodinamico diventino ricette, “etichette”, bandiere, senza alcuna certezza sul grado di attinenza e di aderenza del vino in questione a queste filosofie. Se do a 200 persone una “ricetta” - aggiunge Joly - forse solo 5 la applicheranno per farne un grande prodotto. Qui non si parla solo di regole da seguire, ma di applicare il proprio esistere come esseri umani, il proprio “umanesimo”, al servizio della natura e del vino. E per far questo servono una conoscenza e una comprensione profonde delle regole che collettivamente chiamiamo “vita”. La vita non appartiene alla terra, la vita è un regalo alla terra, la terra da sola non avrebbe vita, apparteniamo a un sistema solare, quindi è necessario capire e comprendere quel sistema invisibile che è alla base del biodinamico, quel sistema che fornisce vita alla terra, e che è gratis, e come connetterlo al proprio luogo: ecco l’essenza del biodinamico. Fa capire questo è il mio obiettivo principale, ed è un modo per migliorare l’espressione della vita nel vino. E non cerchiamo certificazioni, ogni anno ci sono settanta richieste per entrare a far parte del nostro gruppo (La Renaissance des Appellations, ndr) e in media ne accettiamo forse 8, perché questi vini sono buoni. A volte ci arrivano vini che sono bio, ma sono morti, non hanno espressione, noi vogliamo vini con un’emozione, vogliamo “un uomo nella bottiglia”. Dobbiamo assicurarci che il nostro vino stia effettivamente servendo la natura”.

Frescobaldi sbarca, per la prima volta, nel Chianti Classico Frescobaldi sbarca, per la prima volta, nel Chianti Classico: la storica griffe fiorentina ha, da poco, preso in affitto la quasi totalità dei vigneti (61 ettari vitati su 80, dei 400 complessivi dell’azienda) del Castello di San Donato in Perano, a Gaiole in Chianti, al confine con Radda in una delle sottozone più vocate dell’intero areale del Gallo Nero. Una sorta di imprimatur di Frescobaldi, per un definitivo acquisto nel prossimo futuro, se tutto andrà come da programma. “Ma per il vino ci vorranno almeno 2/3 anni - spiega a WineNews Lamberto Frescobaldi - il nostro è un investimento a lungo termine”.

Liv-ex giù, Italia (con i suoi top wine) Anche il mercato dei “fine wines”, come quello dei tradizionali investimenti in azioni e obbligazioni, attraversa fasi nelle quali il sentiment negativo finisce col prevalere, e al momento pare proprio che l’orso, tradizionalmente associato al segno meno, la faccia da padrone: tutti gli indici del Liv-Ex (http://liv-ex.com), il benchmark del mercato dei grandi vini nel mondo, dal “Fine Wine 50” al “Bordeaux 500” passando per il “Fine Wine 1000” e lo “Investables”, secondo il “Cellar Watch Market Report”, uno degli strumenti di analisi del Liv-Ex, sono in calo sul 2013. Ma buone notizie arrivano per chi ha investito, negli ultimi tempi, nei vini italiani: i 100 vini italiani presenti nel “Liv-ex 1000” , o meglio le 10 annate dei 10 vini in lista (Solaia 2001-2010, Tignanello 2000-2010, eccetto 2002, Gaja Barbaresco 2000-2010, eccetto 2002, Gaja Sorì Tildin 2000-2010, eccetto 2002, Luciano Sandrone Barolo Vigne 1999-2008, Macchiole Messorio 2000-2009, Masseto 2001-2010, Ornellaia 2001-2010, Sassicaia 2001-2010, Tua Rita Redigaffi 1999-2010, eccetto 2000 e 2001, ndr), hanno performato bene, e hanno visto le quotazioni crescere, in controtendenza, in media dell’1,3%.

La “bufala” della Bufala Dop Violazioni del disciplinare di produzione (con latte vaccino mescolato a quello di bufala, altro latte acquistato all’estero) e sul versante dei controlli igienico-sanitari: ecco alcune delle irregolarità contestate al Caseificio Cantile di Sparanise (Caserta), produttore di Mozzarella di Bufala Campana Dop, nell’operazione che ha portato 13 persone agli arresti domiciliari. Non solo una truffa commerciale, per la Procura di Santa Maria Capua Vetere, ma una vera frode con tanto di rischi per la salute dei consumatori.

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Nella crisi di Bordeaux, Tesco sconta del 15% i “premier cru” Tempi duri per i vini di Bordeaux, anche in un mercato d’elezione come quello britannico. Tanto che Tesco, colosso della gdo del Regno Unito, dopo le difficoltà dell’annata 2013 sul mercato delle vendite en primeur, punta sugli sconti per svuotare i propri magazzini. 15% in meno su 200 etichette di Bordeaux 2009, compresi i “premier cru” Lafite-Rothschild, Margaux, Mouton-Rothschild e Haut-Brion, ed i Grand Cru Classé come Chateaux Pavie, Cheval Blanc e Angelus, fino al 20 maggio per chiunque acquisti un minimo di due casse di vino sul sito di e-commerce Il vino italiano tra banche & debiti Parlare di “rischio insolvenza” per il mondo del vino italiano è eccessivo ma, in questo senso, qualche campanellino d’allarme inizia a suonare e non va sottovalutato. “Aumenta, soprattutto, la forbice tra aziende sane e strutturate, e aziende che soffrono”, spiega a WineNews Stefano Cordero di Montezemolo, esperto di finanza strategia e coordinatore scientifico di “Business International” (FieraMilano). Dagli anni ‘90, quando sono stati realizzati molti degli investimenti che hanno portato alla crescita del vino italiano, ad oggi, è cambiato tutto: “le prospettive economiche erano diverse, per crescere si è ricorsi spesso all’indebitamento anche perché le banche volevano allargare il mercato dei mutui, e garanzie come la proprietà fondiaria erano molto valutate, soprattutto nel vino”, spiega Montezemolo. Poi è arrivata la crisi, che ha cambiato tutto, e ha svelato che “molte imprese vinicole avevano una forte esposizione di debiti correnti rispetto a ciò che la struttura patrimoniale avrebbe richiesto. Difficile trovare una regola per stare al riparo dai rischi, ma diciamo che, quando il debito è superiore di una volta e mezzo ai mezzi propri, suona il campanello d’allarme”. Il Brasile raccontato da Gaja “Per il vino italiano il Brasile resta una promessa incompiuta. Le statistiche dicono di un 2013 chiuso per l’Italia con un export in calo del 17% in volume, ed un valore pressoché pari a quello dell’anno precedente. Rispetto ai vini europei, quelli di Cile e Argentina godono di tassazione agevolata. I consumatori dei vini di prezzo elevato ci sono: molti preferiscono, però, acquistare le bottiglie sui mercati esteri, New York, Londra, piazze europee, perché meno care che nel proprio Paese, ed importarle poi per vie traverse (le maglie dei controlli sono molto larghe). La cultura del vino cresce, ma lentamente. La birra fa ombra al vino. Sao Paulo si beve il 50% del vino importato. Cresce nel Paese l’interesse per l’industria vinicola locale”. Pensieri e parole, dal Brasile, di Angelo Gaja. Mazzei in crisi di liquidità Un fatturato che non supera i 10 milioni di euro all’anno, un’esposizione debitoria intorno ai 43 milioni di euro, cresciuta anche per investimenti recenti importanti, come i 14 milioni di euro investiti nel 2007 per la cantina di Fonterutoli, che pesa fortemente sulla redditività, ed un piano di risanamento che ad oggi non convince le banche: secondo un articolo di Maurizio Bologni sul quotidiano “La Repubblica - Firenze”, Mazzei, uno dei nomi più altisonanti del Chianti Classico, starebbe affrontando una forte crisi di liquidità. I Masters e “la grande bellezza” Tra dibatti su marketing globale e nuove frontiere della ricerca vitivinicola, sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici, media e così via, che saranno al centro del Simposio n. 8 dell’Institute of Masters of Wine, per la prima volta in Italia, dal 15 al 18 maggio a Firenze, grazie alla partnership con l’Istituto del vino Grandi Marchi, guidato da Piero Antinori, ci sarà tempo, per i top influencer del vino mondiale, di assaggiare un po’ de “la grande bellezza” della Toscana enoica. Con le tante cene nelle cantine del territorio, tra cui, ovviamente, la cantina Antinori a Bargino, ma anche con quella nello storico Palazzo Corsini di Firenze, che vedrà protagonista la Gran Selezione del Chianti Classico ...

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Vino, giù i consumi nel mondo, Usa al top Il consumo del vino mondiale è in calo, con la diminuzione nei Paesi storici per produzione come Francia, Spagna e Italia, che non viene ancora compensata dalla crescita degli altri mercati. Aumenta, però, il valore complessivo degli scambi, e gli Stati Uniti sono diventati il mercato n. 1 per volumi assoluti, superando anche la Francia. Lo racconta, con la forza dei numeri, l’ultimo “Bilancio del raccolto, della situazione del mercato e degli scambi internazionali nel 2013”, presentato a Parigi dal direttore generale dell’Oiv (www.oiv.int), Jean-Marie Aurand. Se la superficie vitata complessiva sembra stabile (a 7,43 milioni di ettari) e la produzione complessiva di vino si attesta a 278,6 milioni di ettolitri, il consumo mondiale di vino, nel 2013, si colloca a 238,7 milioni di ettolitri, con un calo di 2,5 milioni di ettolitri sul 2012. Nei Paesi tradizionalmente produttori si registra una flessione del consumo in Francia di 2,1 milioni di ettolitri (28,1 milioni di ettolitri di vino consumati), in Italia di 0,8 milioni di ettolitri (21,7 milioni di ettolitri) e in Spagna di 0,2 milioni di ettolitri (9,1 milioni di ettolitri). In Cina, la rapida crescita del consumo degli ultimi anni segna una battuta d’arresto, con 16,8 milioni di ettolitri, pari a una riduzione del 3,8% tra 2012 (17,5 milioni di ettolitri) e 2013. Gli Stati Uniti, invece, si portano a 29,1 milioni di ettolitri di vino consumati (esclusi Vermut e vini speciali) e diventano, così, il primo mercato mondiale in termini di volume. Ma cresce il consumo, sul 2012, anche nei principali Paesi dell’America latina (Argentina, Cile e Brasile), in Sudafrica e in Romania. Il calo della produzione 2012, sottolinea l'Oiv, è in parte responsabile della riduzione dei volumi esportati nel 2013: 2,2%. Ciò nonostante, il valore degli scambi mondiali è aumentato nel 2013 dell’1,5%, raggiungendo i 25,7 miliardi di euro. I vini imbottigliati e i vini spumanti rappresentano la grande maggioranza del commercio mondiale di vino in termini di valore: 71% per i vini fermi (18,3 miliardi di euro) e 17% per i vini spumanti (4,3 miliardi di euro). Guardando al 2014, dice l’Oiv, scarsa produzione di vino nell’emisfero australe con, una flessione del 10% sul 2013, in una forchetta compresa tra 49 e 53 milioni di ettolitri. Bacco & musica, ecco il “sound sommelier” Abbinare un vino ad una canzone o ad un brano è qualcosa che, prima o dopo, tutti hanno provato almeno una volta. Ma ora c’è chi della ricerca della musica perfetta in grado di amplificare al massimo l’esperienza gustativa del vino, coinvolgendo anche l’udito, ha fatto una sfida professionale. È il caso di Paolo Scarpellini, esperto di musica e vino, che ha dato vita alla figura del “sound sommelier”. “Colui che fa il sommelier con in piatti, deve trovare la giusta sonorità, che possa amplificare e rendere più piacevole l’esperienza di una degustazione, di un pranzo o di una cena. È un abbinamento “celebrale” che punta a stimolare quei neuroni preposti al riconoscimento della piacevolezza non solo dell’olfatto e del gusto, ma anche dell’udito, visto che l’esperienza gustativa per eccellenza dovrebbe essere quella che coinvolge tutti i sensi”. Tante le variabili da tenere in considerazione: l’eta di chi degusta, la sua sensibilità ed il suo background musicale, la sua cultura media, la sua nazionalità, la location, e così via. Il “debutto” di questa nuova esperienza sarà il 25 maggio, con la colonna sonora di “Cantine Aperte” (con il Movimento Turismo del Vino) ... Disney compra “Pasta Freaks” Dalle farfalle agli spaghetti, il made in Italy conquista anche in versione cartoons: è la storia dei “Pasta Freaks”, alieni a forma di pasta che atterrano in Toscana con un’astronave-scolapasta per impossessarsi del sugo per vivere. Una serie comica per bambini dai 6 anni in su, ideata dalla casa di produzione fiorentina Stranemani International, che è piaciuta niente meno che alla Walt Disney Television Italia che la manderà in onda sul proprio canale satellitare da settembre. Il fascino della regina dell’Italia in tavola.

Il Prosecco a canestro Per gli amanti del basket di tutta Europa, e non solo, è l’evento più atteso, e, quest’anno sarà proprio in Italia. E se non ci sarà l’Italia della pallacanestro, ci sarà quella del vino. Con uno dei suoi “campioni”: alle “Final Four” 2014, a Milano, il 16 e 18 maggio, ultimo imperdibile appuntamento del campionato europeo di basket, che vede sfidarsi le migliori quattro squadre per lo scettro di “regina d’Europa”, si brinda con il Prosecco, le bollicine made in Italy più bevute al mondo, firmate Viticoltori Ponte.

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Il futuro è il web” “Il futuro è il web, anche per la comunicazione del vino. Un web che ha reso il vino più democratico, perché non ci sono più due-tre guru che dettano legge, ma tante voci e anche tanti appassionati che creano contributi. E i giovani spingono in wine-writer ad assere più rigorosi ed onesti, sono più cinici e si accorgono subito se sei onesto, o se quello che scrivi è qualcosa di commerciale”. Così Jancis Robinson, tra le firme più seguite del vino mondiale, nel Simposio dei Masters of Wine. Dove Daniel Alegre, presidente Business Solutions di Google, ha ribadito: “oggi la comunicazione è sempre più emozionale e diretta, soprattutto per il vino, ed il web apre tante opportunità”. Piero Antinori, “il magnifico” del vino italiano Il mercato degli Usa come quello su cui investire ancora per il vino italiano di qualità, senza sottovalutare, però, le potenzialità dei mercati asiatici, Cina e non solo; il grande lavoro che i produttori del Belpaese devono ancora fare, più uniti possibile, per raccontare al mondo la grande qualità dei vini italiani, che se sono primi in quantità in molti mercati, ancora spuntano quotazioni medie che sono un terzo di quelle dei francesi; la Spagna come vero competitor: così Piero Antinori, “il magnifico” del vino d’Italia, alla guida della storica griffe toscana, con 26 generazioni alle spalle, al via del Simposio dei Masters of Wine (15-18 maggio, Firenze). Dal 1961, anno del suo debutto in azienda, ad oggi, “è cambiato il mondo dice Antinori - c’è stata una rivoluzione, si è passati da puntare sulla quantità a fare qualità. Posso dire che ho iniziato in un’era passata, e che oggi mi trovo a lavorare in uno scenario completamente diverso, sicuramente migliore”. Assai diverso, se allora, per conquistare l’attenzione un importatore tedesco che non ne voleva sapere di vino italiano, perché qualità era sinonimo solo di Francia, “ebbi la fortuna di indovinare alla cieca un Bordeaux Mission Haut-Brion 1959 che, per caso, avevo assaggiato il giorno prima”. “Oggi il vino italiano i volumi è primo in tanti mercati del mondo - dice Antinori - ma ancora come prezzo medio, il nostro prodotto, è ad un terzo dei francesi. C’è ancora da fare in questo senso, un lavoro in cui noi produttori siamo impegnati”. Se gli Usa, per Antinori, sono il mercato n. 1 su cui investire ancora, senza dimenticare tutta l’area asiatica, tra i competitor, Francia a parte, il Paese da osservare di più nell’immediato futuro è la Spagna, “che ha un potenziale straordinario, sia in quantità che in qualità, ancora in gran parte inespresso”. Fondamentale, per i mercati mondiali, lo strumento dell’Ocm, “che aiuta la promozione, ma ci vorrebbe più flessibilità sulle voci finanziabili”, ma anche il fare squadra, come testimonia l’esperienza in Grandi Marchi, “anche perché muoversi da soli, in mercati come la Cina, non è efficace”. I Masters of Wine in Italia per la prima volta? “Un grandissimo successo”. Tra Usa, Germania e Gran Bretagna Usa, Germania e Gran Bretagna: è in questi tre Paesi che si decide, anno dopo anno, buona parte della fortuna e del successo, o dell’insuccesso, del vino italiano. Tre mercati diversi, di cui due grandi giornalisti internazionali di Bacco, Burton Anderson e Jens Priewe, ed un Master of Wine, Nicolas Belfrage (foto), per i 40 anni di “Civiltà del Bere”, rivista storica dell’Italia enoica, offrono una lettura originale e appassionata, tra passato e presente. Tutto ha avuto inizio con le migrazioni seguite alla Seconda Guerra Mondiale, capaci di far conoscere un’intera cultura enogastronomica ai quattro angli del mondo. Ma gli anni della svolta, senza ombra di dubbio, sono stati gli Ottanta, quando i grandi rossi del Belpaese, Barolo, Barbaresco, Brunello, freschi di Docg, si imposero all’attenzione del mondo, senza avere più nulla da invidiare ai francesi, leader indiscussi, fino a quel momento, di mercati e critica. Un successo che, nei decenni successivo, ha aperto le porte a tante altre Regioni e stili, tanto che, se in Usa furono i Super Tuscans a conquistare tutti, in Germania gli anni Duemila hanno portato alla ribalta Campania e Sicilia, mentre la Gran Bretagna è stata rapita dai grandi nomi dell’enologia nazionale.

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Europa - Usa: quanti problemi ci sono sul tavolo! Gli accordi bilaterali tra Europa e Usa sul commercio enoico scricchiolano, con l’Arev che chiede alla Commissione Europea di legare la firma agli accordi di libero scambio al rispetto di cinque punti: dall’abbandono definitivo delle 17 indicazioni geografiche europee, dette “semigeneriche”a quello delle denominazioni tradizionali europee, dall’obbligo di garantire il rispetto delle pratiche enologiche riconosciute dall’Oiv per tutti i vini esportati verso i mercati europei all’esenzione per i vini europei del certificato d’etichetta (Cola), fino al riconoscimento del vino biologico europeo.

La rivoluzione del vino italiano è ancora in corso Un “Rinascimento”, o meglio una rivoluzione, quella del vino italiano, nata in maniera quasi repentina, che in poche decadi ha visto cambiare tutto, perché c’è stato il coraggio di mettere tutto in discussione. E ora siamo davanti ad un nuovo step, dove l’obiettivo di tutti deve essere di raccontare quanto di buono e di eccellente ha fatto l’Italia enoica. É il messaggio del convegno, nel Simposio Internazionale Masters of Wine, che ha visto sul palco protagonisti importanti del panorama del vino italiano, da Piero Antinori, alla guida di uno dei più importanti e storici marchi dell’enologia del Belpaese, ad Alberto Tasca d’Almerita, tra i protagonisti del rilancio dell’enologia siciliana, da Gaia Gaja, figlia di quell’Angelo Gaja che ha fatto crescere uno dei brand più prestigiosi, a Maurizio Zanella, presidente del Consorzio del Franciacorta (e patron di Ca’ del Bosco). “È stata davvero una rivoluzione, ed oggi il vino italiano - ha detto Antinori - gode del rispetto che si merita. Ma possiamo fare di più”. Di questo cambiamento, la Sicilia è un simbolo, ha spiegato Alberto Tasca: “nel 1996, quando ho iniziato a lavorare, non c’era grande reputazione dei vini siciliani, solo il 5% era imbottigliato. Abbiamo capito che dovevamo cambiare, anche se era difficile. Ma ce l’abbiamo fatta. Ora dobbiamo continuare, lavorando insieme e lanciando messaggi nuovi e semplici, e includendo anche nuove forze creative”. “Anche il Piemonte è cambiato tanto - aggiunge Gaia Gaja - forse in maniera più graduale. È stato un percorso doloroso, l’integrazione tra tradizione e modernità è stata difficile, ma si è trovato un punto di equilibrio, e oggi tutto il Piemonte può offrire altissima qualità. Ma il cambiamento non si ferma. Ora c’è la tendenza del bio, dell’organico, è qualcosa di nuovo che ha fatto partire il dibattito, con discussioni che a volte superano anche il limite, ma in ogni caso il dibattito è positivo, allarga i confini”. C’è anche chi con la tradizione non deve confrontarsi, ma deve costruirla, come ha spiegato Maurizio Zanella: “noi siamo nati all’inizio di questa rivoluzione nel segno della qualità, abbiamo bisogno ancora di tempo per crescere, ma la strada è quella giusta”.

Climate changing: come cambia il vigneto Cambia il clima globale, nascono nuove regioni del vino (Cina, India, Scandinavia, Nuova Scozia), aumenta la domanda a livello mondiale, nuovi mercati si stanno aprendo, e cambiano anche i gusti degli opinion leader e della critica enologica. Ma il mondo del vino rimarrà legato ai canoni con cui l’abbiamo conosciuto fino ad oggi? Se lo sono chiesto i Masters of Wine, nel convegno “Un nuovo mondo del vino: come sta cambiando la mappa della viticoltura”, di scena a Firenze. “Il cambiamento climatico, alla fine del 2013 - spiega Gregory Jones, climatologo della Southern Oregon University - ha fatto registrare il quarto picco di innalzamento delle temperature negli ultimi 50 anni, ed in vigna crescono i fenomeni capaci di incidere sui tempi di invecchiamento del vino e sullo stile stesso dei vini, con prospettive di cambiamento molto prossime”. Comprendere dove il mondo del vino andrà, e quali siano i margini di successo ed espansione delle aziende, resta molto difficile. Vale, però, quanto afferma Christophe Salin, Ceo Domaines de Baron Rothschild: “dopo 100 anni, abbiamo cominciato a capire che avevamo successo, e quindi ci siamo espansi oltre i confini del nostro Château”.

Export manager per piccoli Nell’universo delle professioni enoiche, l’export manager è forse la figura professionale del momento. Tutte le aziende dovrebbero averne uno, ma non tutte le cantine però, e soprattutto quelle di dimensioni piccole e medie, dispongono né delle risorse, né delle competenze necessarie per affrontare i mercati esteri con il dovuto successo. Creare una rete di export manager, è la mission del Consorzio “I Vini del Piemonte”, che si assume così il compito di favorire il processo di internazionalizzazione delle aziende.

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Counoise, Verdesse, Lagrein e Nieddera: protagonisti di domani Se oggi il mondo della produzione e del consumo vinicolo ruotano essenzialmente su una manciata di vitigni internazionali, i prossimi 50 anni potrebbero riservare delle sorprese. “In Francia - spiega genetista e ampelologo José Vouillamoz - credo che diventeranno importanti vitigni come il Counoise e il Verdesse e in Italia, nonostante l’abbondanza di vitigni tradizionali, potrebbero emergere il Lagrein e il sardo Nieddera, riscoperto da Contini. Tutti vitigni le cui caratteristiche principali sono l’intensità cromatica e la leggerezza. Per adesso, “vincono” Tempranillo, Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot”. Basset, il sommelier n. 1: “golden age per l’Italia” Nel suo tempo libero, segue il calcio, ed il suo amato Liverpool, e porta a spasso il cane. Altrimenti è semplicemente il sommelier n. 1 al mondo, ovvero Gerard Basset, Master of Wine, Master of Business Administration in vino, decorato con l’Obe (Order of the British Empire), e proprietario, tra gli altri, dell’Hotel Terravina, nell’Hampshire, e dove c’è un ristorante in cui “dalla cucina non esce niente, se il servizio del vino non è a posto”. E che, a WineNews, nel Simposio Internazionale dei Master of Wine, dice: “il vino italiano sta vivendo una sorta di età dell’oro, è popolarissimo tanto nel Regno Unito che in Usa, per esempio, credo che debba guardare al futuro con grande ottimismo”. Un futuro per il quale, in tanti, puntando forte sui vitigni autoctoni. Ma non c’è il rischio di esagerare? “Dipende: i vitigni autoctoni non vanno utilizzati solo perché sono tali. Se il vino che se ne ricava è buono va bene, se il vino però non è interessante, non ha senso. E lo steso discorso vale, per esempio, per il fenomeno dei vini “naturali”. Ma l’Italia ha la possibilità di produrre grandi vini anche con uve internazionali. Certo, un buon vino autoctono è interessante perché è un vino diverso”. Il mercato spinge su vini meno alcolici, il clima e altre cose nel senso opposto. Che fare? “Non è una questione semplice. Se si producono ottimi vini con alto grado alcolico non bisogna certo smettere di produrli, perché c’è sempre un mercato anche per questi vini potenti. Poi, certamente, bisogna ascoltare il mercato, e se si riesce ad intervenire in vigna ed in cantina per accontentare la gente che vuole vini meno alcolici va bene”. Lei si definisce, ed è, prima di tutto, un sommelier. Ma che cos’è e cosa deve fare un sommelier, oggi? “Il sommelier è semplicemente colui che deve riuscire ad accontentare il cliente, deve darli piacere, deve capire esattamente cosa vuole. E poiché ci sono diversi tipi di cliente, il sommelier deve essere anche un buon psicologo. Oltre che un buon venditore”. E delle carte dei vini che ne pensa? “L’ideale sarebbe avere due liste, una grande e completa, e una più breve e selettiva. Sui prezzi, è vero che a volte sono troppo elevati: sta all’intelligenza del sommelier o di chi gestisce la carta”. Farinetti guarda ad Oriente “A New York ho appena inaugurato il nuovo Eataly a “Ground Zero”, e i francesi ci hanno copiato creando “The District”, che è un’imitazione di Eataly: sul vino li inseguiamo noi, ma sul food le parti si ribaltano, e credo che ne vedremo delle belle”. Così, a WineNews, Oscar Farinetti, ospite, a Firenze, al Simposio Internazionale Master of Wine. Che ci ha raccontato anche del futuro “orientale” di Eataly: “noi puntiamo sui mercati consolidati come l’Europa e gli Stati Uniti, ma dobbiamo aprire anche in Cina. Ci vuole tempo, Eataly non è un discount, è una cosa complicata, ma andremo, dopo il 2017. Non possiamo non farlo, in Asia vivono 3 miliardi di persone”. Consigli per gli acquisti. Ma anche per le vendite di vino Curare le relazioni personali tra le parti, avere fiducia nel proprio brand, e lavorare con trasparenza: ecco tre “consigli” per vincere “la guerra” tra chi produce e chi distribuisce il vino nel mondo. A dirlo, ognuno dal suo punto di vista, Annette Alvarez-peters del colosso Costco, in Usa muove 1,5 miliardi di dollari di vino all’anno, Pierpaolo Petrassi, Master of Wine e direttore acquisti della catena Uk Waitrose, Jonah Larsson dell’Agenzia del Monopolio di Svezia Systembolaget, Bruce Jack, Chief Winemaker di Accolade Wines South Africa e Willi Klinger dell’Austrian Wine Marketing Board.

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Da dove passa il successo del vino Che si provenga da Bordeaux, dall’India, o dalla Germania, il successo nel mondo del vino non è solo un traguardo da superare, ma anche un trofeo da difendere, come hanno raccontato Christian Seely, managing director di AXA Millésimes (foto), Rowald Hepp, della tedesca Schloss Vollrads, Rajeev Samant, a capo dell’indiana Sula Vineyards, e il fondatore di Eataly, Oscar Farinetti al Simposio dei Masters of Wine. Selly ha preso spunto dai trend di Bordeaux, per sottolineare come la qualità sia uno dei fattori principe: se i prezzi dei Bordeaux “generici” sono cresciuti di un misero 24% dal 1982 ad oggi, quelli dei 2ème Cru sono cresciuti del 340%, e quelli dei Premiere Cru addirittura del 703%. Hepp, invece, ha sottolineato come “in un mercato di nicchia si può vivere benissimo, a patto di avere sempre ben presente limiti e potenzialità”. Diversa l’esperienza di Samant, che crede molto nelle potenzialità del mercato indiano, “sull’orlo di una tremenda esplosione di consumi enoici, alimentati da una crescita del Pil che presto tornerà a correre”. Mentre per Farinetti è necessario che l’Italia “aumenti del 100% il prezzo medio, senza aumentare i volumi, per raggiungere in questo i cugini francesi”. “Bello raccontare l’Italia” “Per me è una cosa meravigliosa raccontare la complessità e la varietà dei vini italiani e dei vitigni autoctoni, così diversi, eppure, così particolari, così distintivi. Sono così felice che l’Italia stia, in un certo senso, abbandonando i “percorsi” internazionali dove dominano Cabernet, Chardonnay, Merlot e così via, e stia ritornando alle sue varietà indigene e ai suoi terroir tradizionali”. Così la “guru” del vino mondiale,Jancis Robinson, racconta al Simposio dei Masters of Wine, la sua visione del vino italiano. Che sulla rivoluzione qualitativa del Belpaese aggiunge: “in realtà non sono sicura che il consumatore medio, nel mondo, abbia capito quello che è avvenuto, perché in realtà difficilmente, anche in passato, sono stati esportati vini cattivi, l’Italia ha sempre puntato sui migliori”. Il mercato mondiale del vino, questione di “fiducia” È una ben strana “guerra”. Una guerra in cui quello che conta è, paradossalmente ma non troppo, fare più prigionieri possibile: l’Institute Masters Of Wine, nel Simposio di Firenze, ha scelto proprio questo termine per descrivere le tensioni fra i produttori, i distributori ed i venditori finali del nettare di Bacco, dopo 25 anni nei quali, ha sottolineato l’italo-britannico Pierpaolo Petrassi, a capo del settore acquisti della britannica Waitrose - la platea potenziale del vino a livello globale non ha fatto che espandersi a tutti i livelli della piramide qualitativa. E dove anche l'ottica dei produttori è cambiata, come ricorda Annette Alvarez-Peters, Global Wine Buying Director del gigante della gdo Usa Costco, che vende oltre 1,5 miliardi di dollari all'anno di vino: “alla fine degli anni Novanta, molti produttori e distributori non volevano fornire a Costco i loro prodotti, e questo per una mancanza di rapporti fra le persone che dovevano far incontrare queste realtà”. Certo, il rapporto produzione-distribuzione è delicato. Ma è “necessario - ha detto Bruce Jack, Chief Winemaker di Accolade Wines South Africa - che anche i produttori stiano attenti a ciò che desiderano, perché se si vuole accedere alla grande distribuzione è necessario essere sicuri di poter soddisfare i volumi di offerta che vengono richiesti. Ma chi tiene in mano le chiavi della catena è la distribuzione, e per questo sono fattori imprescindibili la fiducia e le relazioni interpersonali”. La conoscenza tra le parti, insomma, per tante ragioni. Come ha ribadito, tra gli altri, anche Willi Klinger, Managing Director dello Austrian Wine Marketing Board: “c’è battaglia fra chi vende e chi compra quando manca una cultura del vino tra le controparti. È necessario capire, per esempio, che un termine come “entry level”, è soggettivo, perché se chi vende e chi compra hanno entrambi ben presente cosa c'è dietro ad una bottiglia di vino ad un euro, sia in termini di sostenibilità che di esternalità negative di produzione - diventa molto più facile, e benefico per l’intero sistema, modificare la percezione del consumatore sul fatto che il vino non è una commodity per ubriacarsi, ma un prodotto pieno di poesia”. Ma che, comunque, vive di mercato.

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Tra scienza & fede, “i benefici” del dubbio “Praticare il dubbio è alla base della filosofia produttiva di Château Margaux”. Così il direttore tecnico e ad del più celebre “castello” bordolese, Paul Pontallier, sul rapporto fra scienza e credenza, nel Simposio dei Masters of Wine. “A Bordeaux la qualità è sempre messa in dubbio, storicamente. Vorremmo capire meglio, per primi noi stessi, ed il nostro terroir, perché ci sono ancora cose che non comprendiamo, anche se il tempo ci ha detto che i vini di Margaux sono unici. Solo senza apriorismi è possibile costruire un futuro enologico e conciliare la scienza, la tecnica e la tecnologia con le credenze e la tradizione è il modo per raggiungere alcuni sogni”. Sulla stessa linea di pensiero Francis Baetting, enologo capo della cilena Vina Errazuriz. Anche perché, spesso, la scienza migliora o realizza quella che è stata una tradizione, nata dall'intuizione di qualcuno: “benché costruire barrique sia, nell’immaginario collettivo, una attività fatta di tradizione ed empirismo - afferma, per esempio, Henri De Pracomtal, ceo di Chêne & Cie (Tonnellerie Taransaud) - è una vera e propria industria, in cui la scienza ci ha aiutato a comprendere limiti e punti forti del rovere” ... Il futuro del vino passa per la Cina, ma il presente è duro Il futuro del vino passa per la Cina, ma il presente si rivela decisamente più duro delle aspettative: nel 2013, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, i consumi interni sono calati del 3,8% sul 2012, a 1,7 miliardi di litri complessivi, con le importazioni che fanno segnare un -4,4%, ed una produzione interna giù, addirittura, addirittura del 14,6%. Colpa del boom dell’ultimo biennio, che ha riempito i magazzini ben oltre le reali necessità, e della spending review imposta dal presidente Xi Jinping ai funzionari del Paese. Per risalire, ora, bisogna conquistare nuovi consumatori. 5 grandi storie per 5 grandi vini del mondo Ci sono storie, nel vino, che nascono da un’immaginazione, e trovano un’identità che si afferma e resiste nel tempo anche attraverso “l’innovazione”. Storie di cantine diverse e lontane, oggi stelle del firmamento enologico. Come Dominio de Pingus, icona della viticoltura di Spagna, Harlan Hestate, nome top della California, Henschke, memoria storica d’Australia, Domaine Le Flaive, tra le migliori espressioni della Borgogna bianchista, e Masseto, etichetta tra le più amate e prestigiose del vino italiano nel mondo, riunite, con i produttori, nel Simposio dei Masters of Wine a Firenze. “Il bello di Pingus - spiega il proprietario e fondatore, l’enologo danese Peter Sisseck - è che abbiamo sempre pensato che tutto dovesse concentrarsi sulla salute delle uve, non sulla cantina. Era un sogno, e oggi siamo leader del territorio”. Bill Harlan, fondatore della griffe californiana Harlan Estate, ha coltivato il sogno di diventare produttore per quasi 10 anni: “volevo creare un “premiere cru” in California, e per farlo ho capito che dovevo partire dalla ricerca dei terreni ideali. C’è voluto tempo, ma ci siamo riusciti. Anche se al 90% è stata fortuna”. Tutti progetti a lungo termine, che hanno dato vita a grandi storie enologiche. Come quello di Domaine Leflaive, storica cantina di Puligny-Montrachet, dove dimora dal 1717, ma che negli ultimi 20 anni è diventata un’icona della viticoltura biodinamica. “Il cambiamento è iniziato quasi per caso - ha detto Anne-Claude Laflaive, alla guida della cantina - io non sapevo niente della biodinamica, ma sono rimasta folgorata, perché abbiamo capito una cosa: al centro di tutto c’è il benessere dell’uomo”. “La nostra - hanno detto Stephen e Prue Henschke - è la storia di un lungo viaggio, iniziato 1862, e arrivato ad oggi sull’onda dei cambiamenti portati da ogni generazione”. Una storia nata da un’intuizione, come quella di Masseto, “avuta da Lodovico Antinori nel 1981 quando, insieme all’enologo russo-americano André Tchelicheff, scelsero quella collina sassosa - ha detto l’ad Giovanni Geddes da Filicaja - questi 7 ettari selezionatissimi per fare qualcosa di diverso con il Merlot, cercando il meglio in quella che rappresentava una vera sfida”.

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Bottiglie da record sotto il martelletto Le 10 bottiglie più care finite sotto il martelletto? Le ha messe in fila “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com). Alla posizione n. 10, il Massandra Sherry de la Frontera 1775 (43.500 dollari), seguito, alla n. 9, dallo Chateau d’Yquem 1787 che il collezionista americano Julian LeCraw si aggiudicò nel 2006 per 100.000 dollari, sulla cui autenticità c’è ben più di qualche dubbio. Alla n. 8, una Jeroboam di Château Mouton-Rothschild 1945 (114.614 dollari), alla n. 7 uno Chateau d’Yquem 1811 (117.000 dollari), un altro Chateau d’Yquem 1787, appartenuto a Thomas Jefferson, alla n. 6 (156.450 dollari). Alla n. 5, uno Château Margaux 1787, sempre di Jefferson (225.000 dollari), mentre, alla n. 4, c’è lo Chateau Lafite 1869 (230.000 dollari). Sul podio, dal gradino più basso al più alto: una bottiglia di Champagne Heidsieck del 1907, trovata nel 1998 in una nave inabissatasi durante la Prima Guerra Mondiale ( 275.000 dollari), un formato “imperiale” di Cheval-Blanc 1947 (304.375 dollari) e, al top, a sorpresa, niente Francia, ma una 6 litri del californiano Screaming Eagle Cabernet Sauvignon 1992, che ha toccato i 500.000 dollari ad un’asta di beneficienza ... La Russia regge e cresce Al di là di mercati consolidati, ce n’è uno, potenzialmente enorme, in costante e solida ascesa: la Russia. Secondo l’ultimo rapporto di “Wine Intelligence”, “Russia Wine Market Landscape Report 2014”, che ha studiato i comportamenti dei wine lovers di Mosca e San Pietroburgo, i russi sono sempre più attratti dai vini importati e frizzanti, a scapito delle due bevande tradizionali, vodka e birra. E in due anni, tra il 2012 ed il 2014, la percentuale dei bevitori abituali è passata dal 29% al 40%. Vino & musica (e tanto altro): c’è Cantine Aperte Sorseggiando un Amarone al ritmo di jazz, degustando un Friulano con un’opera lirica, ballando con il Sagrantino un mix di classica-pop-rock-etnica, brindando con un Aglianico sulle note di Fabrizio De André: il 24 e 25 maggio a suon di musica e grandi vini c’è “Cantine Aperte”, evento top del Movimento Turismo del vino. E se il leitmotiv è l’abbinamento vino & musica, anche con #suonodabere, il contest su Twitter che premia i migliori abbinamenti in un tweet tra vino, territorio e canzoni (c’è tempo fino al 22 maggio), tanti sono gli eventi. Impossibile segnalarli tutti. Tra i più curiosi, il connubio vino & musica è di scena con degustazioni abbinate alla lirica in Friuli Venezia Giulia a Villa Russiz, al jazz in Veneto dai Fratelli Corvezzo a Cessalto e al mix di classica-pop-rock-etnica del gruppo AeD TRIO in Umbria da Antonelli San Marco a Montefalco. In Campania si va dalle canzoni tratte dal ricettario di Fabrizio De André, abbinate ai vini da Terredora a Montefusco, al concerto di musica jazz animato da sassofoni, trombe e percussioni alla Fattoria La Rivolta a Torrecuso. A bambini e famiglie sono dedicati, invece, giochi e laboratori in Lombardia con “Cantine Aperte Junior”, in Trentino Alto Adige con i “chocomoments” alle cantine Mezzacorona e Rotari a Mezzocorona, nelle Marche con il progetto “Inominforma” da Garofoli a Villamusone di Castelfidardo, e in Umbria con le fattorie didattiche di “AB … Cantine Aperte”. Per gli amanti di vino & natura, nordic walking in Lombardia a La Guarda a Castrezzone di Muscoline, passeggiate tra i filari in compagnia degli amici a quattro zampe in Toscana e per il wine safari fra i vigneti in Umbria da Lungarotti a Torgiano. Protagonisti anche i motori, con la Classic Wine & Spirit n. 10, gara di auto storiche tra le cantine del Trentino Alto Adige. Evento dedicato a Gigi Veronelli nei 10 anni dalla scomparsa in Emilia Romagna. A Cupramontana (Ancona), da Colonnara, si brinda anche con i conduttori di Decanter, Fede & Tinto (24 maggio), “sabrage” e piatti stellati in Trentino da Ferrari ... Coldiretti contro Ue “Siamo contro quell’Ue che “toglie latte dal formaggio e l’uva dal vino”, e che con “discutibili vincoli di igiene e di tutela ambientale mette a rischio piatti storici dell’Italia come la pajata o i cannolicchi”. Così Coldiretti, nel raduno di 10.000 agricoltori a Mico - Fiera Milano Congressi, dove ha aperto l’esposizione “Con trucchi ed inganni l’Unione Europea apparecchia le tavole degli italiani”. “Il 36% degli italiani ritiene che le norme Ue abbiano peggiorato l’alimentazione e il cibo servito a tavola”.

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Treasury Wine non è in vendita, e dice no a 2,78 miliardi di dollari Treasury Wine Estates, il secondo gruppo vinicolo del mondo, non è in vendita, e per ora resiste alle lusinghe del gruppo di private equity Kkr - Kohl Kravis Roberts, respingendo l’offerta pubblica di acquisto di 2,78 miliardi di dollari. È da tempo che girano voci sulla volontà di Treasury di vendere, se non tutto, almeno una parte del suo business, fatto di 80 brand e 11.ooo ettari, tra Europa, America e Oceania. Del resto, il 2013 non si è chiuso bene, specie per le difficoltà delle aziende Usa, su cui resta vivo l’interesse di altri due big del panorama enoico, Pernod Ricard e Constellation Brands ... L’Italia del vino ha il vento in poppa nelle aste Le quotazioni spuntate nelle aste del mondo dai vini top di Francia, per gli alfieri dell’Italia enoica, forse sono irraggiungibili. Ma appena un gradino sotto a quel manipolo di etichette top, “una nicchia della nicchia, quelle che escono a 300 euro a bottiglia dalla cantina, nella fascia medio alta di bottiglie che escono sui 50 euro, gli italiani stanno correndo di più dei francesi, sono più competitivi, e stanno recuperando terreno, tanto che ormai le etichette del Belpaese e quelle transalpine sono considerate due facce della stessa medaglia dai collezionisti del mondo”. A dirlo, a WineNews, Raimondo Romani, alla guida, insieme a Flaviano Gelardini, della Gelardini & Romani Wine Auctions, unica casa d’aste specializzata in vini italiani. “L’interesse per le nostre etichette è grande, anche perché i mercati oggi sono più sobri e maturi, compresa la Cina. Ed i nostri vini sono più competitivi. Certo - spiega Romani - in termini di volume i cataloghi sono ancora dominati dalla Francia, le grandi case d’aste, nonostante tutto, i bilanci li fanno su Bordeaux, ma è questione di massa critica, non perché i vini italiani non si vendano bene. È che sono di meno. Ma siamo fiduciosi che, al crescere delle collezioni di vini italiani in giro per il mondo, anche in volume, con il tempo le cose cambieranno. Se si guarda agli incrementi, però, più che alle quotazioni, negli ultimi tempi le cose per l’Italia vanno meglio che per la Francia. Diciamo che, a grandi linee, chi negli ultimi 4 anni ha investito 10 in vini francesi si ritrova con 8, chi lo ha fatto con gli italiani si ritrova con 20”. Una crescita merito di tanti fattori, al di là della qualità dei vini. “A partire dal fatto che i collezionisti si fidano dell'Italia, anche perché manca un filtro come succede, per esempio, a Bordeaux con i négociant, con pochi stakeholder in grado di influenzare il mercato e creare “bolle” dei prezzi, ma anche perchè ancora non si percepisce un rischio forte di falsificazioni, per esempio, che invece persa sui vini francesi”. I vini italiani che stanno performando meglio? Al top, secondo i “Grand Cru d'Italia” di Gelardini & Romani, Masseto, Barolo Monfortino e le Riserve di Brunello di Montalcino di Biondi Santi, con quotazioni in media oltre i 300 euro a bottiglia. Il mercato Usa visto da Costco 103 miliardi di dollari di ricavi nel 2013, provenienti da 652 punti vendita che hanno generato in media 2 milioni di transazioni al giorno, e 1,5 miliardi di dollari di vendite solo di vino: bastano questi numeri a descrivere Costco, uno dei nomi più importanti della grande distribuzione d’America, e quindi del più importante mercato a livello globale per il mondo del vino. “C’è stato un deciso cambiamento - racconta, a WineNews, Annette Alvarez-Peters, global wine buying director di Costco - negli ultimi 20 anni: alcune regioni sono ormai familiari per il consumatore americano, penso al Chianti Classico, ma credo che la consapevolezza sia l’unica cosa che manca, perché anche i vini di altre regioni, come il Sud Italia, possano fare altrettanto. Ce ne sono di ottimi che provengono da quell’area, piano piano si faranno conoscere, ed avranno più trazione sul mercato americano: dall’Italia provengono grandi vini, e con un ottimo rapporto qualità/prezzo. I nostri consumatori - continua Alvares-Peters – non sono fidelizzati ad una marca singola, ma ad un certo tipo di vino, a prescindere dal Paese di provenienza, a patto che rientri nel criterio principale, che è ancora la fascia di prezzo”.

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267€ milioni di e-commerce Cresce ancora, seppur frenando un po’ la sua corsa, l’e-commerce in Italia, arrivato a 22,3 miliardi di euro, +6% sul 2013, con un incremento per la prima volta, dal 2004, ad una sola cifra. Di questo business, il settore alimentare rappresenta ancora una nicchia, e pesa per l’1,2% del totale, per 267,6 milioni di euro. A dirlo uno studio della celebre “Casaleggio & Associati”, che rileva come il grosso della torta, l’81%, se lo spartiscano ancora il tempo libero (54%) e il turismo (27%). Altro che bond, l’investimento più redditizio del ‘900 è il vino Altro che bond, opere d’arte e francobolli, l’investimento più redditizio è il vino che, nel corso del ‘900, ha avuto un rendimento reale del 4,1% annuo, una performance inferiore solo ai titoli azionari britannici, forti di un rendimento annuale del 5,2%. Almeno, questo è il risultato della ricerca dell’Università di Cambridge, dell’Hec di Parigi e della Vanderbilt University di Nashville, su 36.271 transazioni dei top five di Bordeaux, tra le aste di Christie’s e le vendite di Berry Bros. & Rudd. Certo, non è un investimento alla portata di tutti, e subisce non poco le fluttuazioni del mercato. Cannes: Biondi Santi & stars Un nuovo tempio del lusso “made in Italy style”, dove saranno protagonisti, ovviamente, i grandi vini del Belpaese: è il Puerto Azul Experience Night, nel Belize, degli imprenditori italiani Generale e Giannini. A cui si è brindato, al Festival di Cannes, con il Brunello di Montalcino di Biondi Santi, unico italiano ad una tavola di stelle, dove Jacopo Biondi Santi, alla guida della storica cantina “Greppo” (dove il più famoso dei vini italiani è nato, alla fine del 1800), ha brindato con nomi del jet set, da John Travolta a Kelly Preston, dagli Oscar Adrien Brody e Hilary Swank a Heidi Klum, da De Niro ad Angelina Jolie. E anche Andrea Bocelli, al quale, nel complesso, sarà dedicato l’anfiteatro. Un “vino lento” per il più veloce del Giro Una cinque litri di Barolo 2009 al colombiano Rigoberto Uran, vincitore della Barbaresco-Barolo, la tappa n. 12 del Giro d’Italia che ieri ha visto la carovana delle due ruote attraversare i territori da cui nascono alcuni dei vini più prestigiosi del Belpaese. È il regalo pensato da Isabella e Mariacristina Oddero, delle Cantine Oddero di La Morra , una delle realtà storiche del territorio, al ciclista che ha realizzato il miglior tempo aggiudicandosi la “cronometro del vino” e conquistando la “maglia rosa” che spetta al leader della classifica generale. Con una motivazione particolare: “il Barolo - dicono le due vignaiole - è tra i vini delle Langhe quello che sa aspettare di più, che sa oltrepassare il tempo, per cercare la perfezione. Così, il più veloce in gara, incontra un campione dei vini, frutto di una paziente maturazione”. Ma quella piemontese non sarà l’unica tappa del Giro 2014 che avrà attraversato un importante territorio del vino. Da segnalare, tra le altre, quella finale, che domenica 1 giugno, porterà i ciclisti da Gemona del Friuli a Trieste, attraverso le colline del Collio, uno dei territori più importanti della produzione bianchista italiana, e l’Altopiano Carsico. Dimmi come bevi caffè e quanto sale usi, e ti dirò che vino ti piace Chiedere ai propri clienti se preferiscono caffè amaro o tè con latte e zucchero, se aggiungono o meno il sale ai piatti che mangiano, e se preferiscono soft drink con o senza zucchero, per suggerire loro una gamma di vini tra cui scegliere, che potrebbe andare bene per i loro gusti. È la via scelta dalla catena di supermercati Uk Morrisons , che con un semplice test on line sta, da un lato, targhettizzando la propria clientela, e, dall’altro, aiutando chi magari sa di gradire lo Chardonnay ma non sperimenta altri vini affini, per la paura di sbagliare nella scelta ...

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La Cina frena, il resto dell’Asia no. Così Vinexpo La Cina è e continuerà ad essere, senza alcun dubbio, il mercato enoico più importante dell’area asiatica. Ma forse, le sirene che vedevano nel Paese un nuovo grande Eldorado per i produttori di tutto il mondo, si stanno quanto meno affievolendo. Secondo uno studio di Vinexpo, che si prepara al Vinexpo Asia-Pacific (27-29 maggio ad Hong Kong, http://asiapacific.vinexpo.com/en/), il 2013 ha segnato, dopo 10 anni ininterrotti di crescita dei consumi ad un tasso del 25% all’anno, la prima frenata, con un calo del 2,5%. Numeri non distanti dalle rilevazioni dell’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, secondo cui i consumi sono scesi del 3,8% sul 2012, a 1,7 miliardi di litri complessivi. Con l’export in frenata del 4,4%, e la produzione interna giù del 14,6%. Il segnale, insomma, è chiaro: la Cina, forte della sua popolazione di 1,6 miliardi di persone rimane uno dei grandi obiettivi del vino mondiale, “ma non è più un mercato che farà crescite pazzesche, e sta un po’ chiudendo le porte”, ha detto in un meeting organizzato da Vinexpo Claire Henry, manager del portaledi e-commerce francese www.iDealwine.com. Non di meno, è un fatto che la Cina, nel 2013, sia diventata il mercato n. 1 al mondo per consumi di vino rosso, con 1,8 miliardi di bottiglie, ed il n. 5 per consumi in assoluto. Ma forse, suggerisce Vinexpo, è l’ora di iniziare a guardare con una maggiore attenzione agli altri mercati dell’area, più consolidati, come il Giappone, ma anche nuovi, come Vietnam, Filippine, Thailandia, Korea o Taiwan, dove la domanda inizia a crescere in maniera consistente, e non è un caso che il 40% del consumo di vino di tutta l’Asia avviene fuori dai confini cinesi. Insomma, la “via della Seta” per il vino mondiale non è chiusa, ma sembra solo un po’ più complessa da percorre di quanto in molti hanno creduto negli ultimi anni. E le possibilità non mancano, anche per il vino italiano, per il quale cresce la curiosità e l’interesse, come racconta il “tutto esaurito” nelle tante masterclass sui vini del Belpaese, promosse nel Sial Wine World di Shangai, la più grande fiera dedicata al food & Beverage in Cina, dalla Vinitaly International Academy. Sicilia, tra passato e futuro Vulcano e Lipari, nelle Eolie, testimonianza antica e vivente del percorso di domesticazione della vite, e della cura del territorio anche per vendere vino: concetto così moderno, ma capito già secoli e secoli fa. E, ancora, la Doc Sicilia, che permetterà ai 1.600 soci del Consorzio nato nel 2012, di valorizzare al meglio un “continente” vinicolo fatto di tante anime. Questo, e altro ancora, sarà “Sicilia en Primeur”, il 28-29 maggio con Assovini, guidata da Antonio Rallo, con 70 cantine che rappresentano l’80% in valore del vino imbottigliato nell’Isola. In un incontro che sarà anche un confronto su una terra che, dal punto di vista vinicolo, ha fatto tanto negli ultimi decenni, grazie al lavoro di cantine illuminate che hanno investito in qualità, in sostenibilità, nella valorizzazione e nella tutela del territorio. Al punto che, oggi, la Sicilia, che è il vigneto “bio” più grande d’Italia, è una delle Regioni che vanno meglio sui mercati del mondo, grazie anche al boom di territori come l’Etna. Ma che vive ancora difficoltà da non sottovalutare, come un eccesso di produzione, e per di più di basso prezzo, che mette a rischio la sostenibilità economica di quelle realtà che, ancora, non hanno fatto il salto dalla quantità alla qualità ... Il vino italiano “vola” Il vino italiano, si sa, cresce perché sempre più amato dagli stranieri, che lo bevono ormai nei quattro angoli del pianeta. E che quando vengono a visitare l’Italia, sempre più spesso non rinunciano a portarsene via una bottiglia, comprata sempre più di frequente nei luoghi dove quasi obbligatoriamente si passa, quando si è in viaggio, come i wine shop degli aeroporti. Nei nostri viaggi su e giù per l’Italia, abbiamo chiesto conferma di questa tendenza a chi gestisce o lavora in questi negozi che vedono passare ogni giorno migliaia di persone, e da Milano a Roma, da Firenze a Palermo, da Venezia a Torino, da Orio al Serio a Bari, la risposta è unanime: sempre più stranieri comprano vino nei duty-free degli aereoporti italiani. Quando si dice che il vino italiano “vola” all’estero ...

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Ocm Vino, le Regioni ed i progetti più finanziati 71,4 milioni di euro a disposizione delle Regioni per i bandi per la promozione del vino nei Paesi Terzi previsti dall’Ocm vino per l’anno 2015, con il Veneto che è la Regione più ricca, con 11.769.663 milioni di euro, seguita dalla Sicilia con 8.865.465, e dalla Toscana, con 7.458.790 euro: lo stabilisce il decreto 3226 del 26 maggio 2014 del Ministero delle Politiche Agricole. A seguire, tra le Regioni con più fondi a disposizione, il Piemonte, con 7,1 milioni di euro, l’Emilia Romagna, che può contare su 6,8 milioni, e la Puglia, con 6,5. A distanza vengono la Lombardia, con 3,4 milioni di euro, l’Abruzzo con 2,9, il Friuli Venezia Giulia con 2,7, ed ancora la Provincia Autonoma di Trento, il Lazio, la Campania e la Sardegna con 1,9 milioni di euro a testa. E poi ancora le Marche, con 1,6 milioni di euro, l’Umbria, con 1,3, e, con dotazioni che vanno dai 914.015 euro della Provincia Autonoma di Bolzano ai 137.021 euro della Val d’Aosta, Calabria, Molise, Basilicata, e Liguria. E mentre le Province Autonome e le Regioni (Bolzano e Abruzzo in testa, in ordine di tempo), hanno iniziato a pubblicare i propri bandi, in un documento del 4 aprile 2014, il Ministero delle Politiche Agricole ha reso noti i progetti finanziati con la quota nazionale di fondi tanto per l’ annualità 2014-2015, che per quella 2015-2016 (tutti progetti pluriennali, ndr). Nel primo caso, il progetto più finanziato, con 3,6 milioni di euro (su una richiesta di 10,9) è quello in capo a Italia del Vino Consorzio (che riunisce 13 cantine top, con un fatturato complessivo intorno ad 1 miliardo di euro, ndr), seguito da quello dell’Istituto del Vino di Qualità Grandi Marchi (che mette insieme 19 delle realtà più prestigiose d’Italia, per un fatturato sui 500 milioni di euro) con 3,1 milioni (su una richiesta di 8,5), e quello del Gruppo Italiano Vini (Giv) con 2,3 milioni di euro (su una richiesta di 6,6). Nel secondo, svetta ancora Italia del Vino Consorzio, con un finanziamento, per l’annualità 2015-2016, di 5,6 milioni di euro (su una richiesta di 13,8), seguito da Gruppo Italiano Vini (Giv) con 3 milioni (su una richiesta di 7) e dalla Davide Campari, con 2,3 (su una richiesta di 6,4). Una pioggia di euro per cofinanziare l’espansione del vino italiano nel mondo. Il vino non è all’altezza, e il produttore chiede i danni all’enologo Se nel Vecchio Mondo i grandi vini hanno spesso una lunga storia alle spalle, nel Nuovo Mondo capita che una grande etichetta nasca “a tavolino”, con un fondamentale intervento dell’enologo. Era l’idea della californiana Château Potelle, che nel 2012 ha deciso di rivolgersi ad un consulente esterno, Denis Malbec, per creare un nuovo vino, un top di gamma, da mettere sul mercato a 200 dollari a bottiglia. Qualcosa, però, è andato storto: i 15.000 litri prodotti sono finiti sul mercato dello sfuso, e il proprietario, Fourmeaux du Sartel, ha deciso di citare per 1,6 milioni di dollari di danni l’ex consulente. L’acqua minerale “vale” come il vino nella spesa degli italiani Con 11,96 euro mensili per famiglia, l’acquisto dell’acqua minerale ha praticamente raggiunto la spesa per il vino , che è stata di 12,01 euro. A dirlo Coldiretti, su dati Istat, nella divulgazione dei dati Censis sul consumo di acqua minerale degli italiani. “La spesa per acqua e vino rappresenta - sottolinea la Coldiretti - ben il 55% della spesa in bevande, che è pari a 43,40 euro al mese per famiglia. Spesa che, per l’acquisto di acqua minerale varia lungo la Penisola: 12,22 euro nel Nord-Ovest, 11,38 euro nel Nord-Est, 12,38 euro nel Centro Italia, 11,53 euro nel Mezzogiorno e 12,43 euro nelle isole”. Usa, West Coast “in vendita” La West Coast degli Stati Uniti è “in vendita”: i proprietari di oltre il 10% delle cantine spera di vendere nei prossimi 5 anni. Parola di un report della divisione vino della Silicon Valley Bank, secondo il quale la volontà dei vignerons a stelle e strisce è quella di incassare nel momento più proficuo dopo anni di investimenti. Le possibili aziende in vendita, dice il report, sono concentrate per lo più nello Stato di Washington (18%) in Napa County (15%), in Sonoma County (13%) e nella Santa Barbara County (5%).

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Assoenologi a congresso, tra export ed ambizioni “Il vino nei numeri tra produzione e consumo”, e “Una strategia per vincere le sfide di domani”: ecco gli atout del congresso di Assoenologi n. 69, guidata dal presidente Riccardo Cotarella e dal dg Giuseppe Martelli, di scena a San Patrignano dal 1 al 4 giugno. Con alcuni dei protagonisti che hanno già lanciato spunti su cui riflettere. Come l’export che è una strada sempre più obbligata, spiega Carlo Dalmonte, presidente di Caviro, una delle più importanti cooperative italiane, “perché in Italia il consumo è in calo e il mercato saturo”. Per fare il definitivo salto di qualità in questo senso, “fondamentale sarà Expo, una sfida che va affrontata come Sistema Paese”, dice il dg Veronafiere Giovanni Mantovani. Insomma, un Italia che deve essere più unita, anche nel vino, e cosciente della sua “leadership, con una produzione costantemente sopra i 40 milioni di ettolitri di vino all’anno e con una qualità crescente”, ricorda il presidente di Federvini Lamberto Vallarino Gancia, ma che non deve perdere potenziale vinicolo proprio mentre si sviluppano viticolture nuove in nuovi Paesi, e si alzano barriere doganali “tariffarie e non solo”, puntualizza il presidente di Unione Italiana Vini Domenico Zonin. Certo, per centrare l’ambizioso obiettivo lanciato a Vinitaly dal premier Renzi, far crescere il valore dell’export del 50% da qui al 2020, “tocca agli imprenditori continuare a percorrere le miglioristrade del passato recente, ma anche saper cogliere i mutamenti”, rilancia Ettore Nicoletto, ad Santa Margherita. “Puntando sull’innovazione”, dice Mario Moretti Polegato, presidente Geox e produttore con Villa Sandi, e “continuando a parlare di storia e territori”, aggiunge la produttrice veneta Marilisa Allegrini. “E giocando di squadra”, come ricorda il politico-produttore Massimo d’Alema, e “puntando sull’eccellenza”, fanno eco Gianmarco e Letizia Moratti, produttori con Castello di Cigognola e primi sostenitori di San Patrignano. “Valorizzando le denominazioni, come facciamo in Sicilia”, aggiunge Lucio Tasca d’Almerita, senza aver paura delle sfide, come quella di “raddoppiare il prezzo medio dei nostri vini in 5 anni”, provoca il patron di Eataly e produttore con Fontanafredda Oscar Farinetti. Dalla “Sfera” ai sequestri di Brunello & co Sono state alcune bottiglie di presunto Brunello di Montalcino etichettato “Sfera”, con fascette palesemente contraffatte e che riportavano codici alfanumerici che non corrispondevano ad alcuna azienda, a far scattare le indagini che hanno portato i Carabinieri di Siena e Firenze, al sequestro di 30.000 bottiglie di vino etichettato soprattutto come Brunello di Montalcino, ma anche Chianti, Chianti Classico, Sagrantino di Montefalco e così via. “Le indagini, che riguardano 6 grandi imprenditori, non solo del settore vinicolo – di cui non sono stati resi noti i nomi, hanno spiegato i Carabinieri di Siena e Firenze in conferenza stampa - sono ancora in corso e coinvolgono le province di Siena, Grosseto, Pisa ed alcune zone del Lazio e dell’Umbria. Nelle indagini - hanno aggiunto le forze dell’Ordine - spiccano anche delle bottiglie etichettate “Bocelli” ma non provenienti dall’azienda pisana della famiglia del celebre lirico italiano, che, spiegano gli inquirenti sembra parte lesa”. “Ci costituiremo immediatamente parte civile verso chi ha condotto questa truffa”, ha detto il Presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci, “è un danno per noi e per l’Italia”. Il C.T. del “made in Italy” Niente come lo sport, probabilmente, è in grado di portare certi messaggi a platee enormi di persone. E così, il C.T. della Nazionale Italiana, Cesare Prandelli, in vista dei Mondiali in Brasile, diventa testimonial d’eccezione del wine & food made in Italy di qualità, con la campagna istituzionale promossa dal Ministero delle Politiche Agricole in collaborazione con la Figc, “#iomangioitaliano”. E che, dopo l’incontro tra Prandelli ed il Ministro Martina a Coverciano (Firenze) storico “quartier generale” della Nazionale di calcio, prenderà ufficialmente il via il 4 giugno, a Perugia, nell’amichevole “Italia - Lussemburgo”, ultimo test degli azzurri prima della partenza per il Brasile.

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“Sicilia en primeur”: “Il Grillo su tutti”, così Sc robogna (Fis) “Il Grillo spicca su tutti. Mai come quest’anno ho assaggiato dei Grillo così straordinari. Ma sono proprio i vitigni che in Sicilia, spesso, si danno per scontati, che mi hanno convinto di più, come anche Inzolia, Cataratto, Nero d’Avola, Perricone, Nocera, Frappato ... Quello che non deve perdere di vista la Sicilia è dare importanza alle microzone, vero patrimonio dell’isola”. Così Daniela Scrobogna, docente della Fondazione Italiana Sommelier, con i migliori assaggi della nuova produzione siciliana a “Sicilia en primeur” 2014, nelle Eolie.

“Oscar del vino” 2014 Bibenda: ecco i vincitori Il titolo di “Miglior Vino Rosso” è il Barolo Riserva 2006 di Borgogno, uno dei nomi top del Piemonte enoico; il “Miglior Vino Bianco” è l’Alto Adige Terlano Chardonnay 2000 di Cantina Terlano; il Costa d’Amalfi Tramonti Rosato Getis 2012 di Reale è il “Miglior Vino Rosato”; al Franciacorta Extra Brut Cuvée Lucrezia Etichetta Nera 2004 di Castello Bonomi, una delle cantine più dinamiche del territorio, la palma come “Miglior Vino Spumante”; alla Malvasia delle Lipari Passito Selezione Carlo Hauner 2010 di Hauner il titolo di “Miglior Vino Dolce”, mentre la storica cantina siciliana Florio la “Migliore Azienda Vinicola” (con il Vino Marsala Superiore Semisecco Ambra Donna Franca Riserva); il Premio Speciale della Giuria è andato al celebre produttore piemontese Angelo Gaja (“che non è un uomo del vino italiano ma “è” il vino italiano”, si legge nella motivazione) a Veronafiere per Vinitaly, il più importante promoter in Italia e all’estero del vino del Belpaese, e alla storica enoteca lombarda “Un Mondo di Specialità” dei fratelli Giovanni, Osvaldo e Paola Longo. Mentre quello “Bibenda” ad Angelo Maci, presidente di Cantine Due Palme, una delle realtà più importanti del vino di Puglia: ecco gli “Oscar del Vino” 2014, assegnati da Bibenda ieri sera a Roma, in uno degli eventi più glamour del mondo di Bacco, con la regia di Franco Ricci. Al Giallo d’Arles 2011 di Quintodecimo, tra le cantine più apprezzate della campania, e all’Orvieto Classico Superiore Luigi e Giovanna 2010 di Barberani, ad ex-aequo, il premio per la miglior etichetta; al Rosso di Montalcino Poggio alle Mura 2011 di Castello Banfi, azienda leader del territorio del Brunello, quello per il miglior rapporto qualità-prezzo, mentre è Mattia Vezzola, firma delle bollicine della griffe del Franciacorta Bellavista (Terra Moretti), il migliore enologo. Ai Preparatori d’Uva Simonit & Sirch l’oscar come “Migliore Innovazione nel Vino”; a Fede & Tinto di “Decanter” (Radio2), quello come “Miglior Scrittore” per il libro “Sommelier ma non troppo”; a Dominga Cotarella, Paulo Carvalho e Daniele Montanelli, della cantina Falesco dei fratelli Riccardo e Renzo Cotarella, il premio come “Miglior Addetto Commerciale”.

Bertrand e l’assicurazione di 3 anni sui vini senza solforosa Se c’è un produttore che al vino senza solfiti aggiunti crede davvero, questi è Gerard Bertrand, forse il vigneron più famoso della Languedoc-Roussillon che, per rassicurare consumatori e mercati sulla stabilità dei propri vini, ha pensato bene di offrire una garanzia di tre anni sulle bottiglie libere da solforosa. “Prima di lanciare i vini sul mercato - ha raccontato a “The Drinks Business” Bertrand - abbiamo fatto un sacco di prove, in modo da essere sicuri della qualità e della sostenibilità dei vini. Ora siamo orgogliosi di garantire tre anni di protezione per i consumatori”.

3 eno-eventi x 3 giorni Il week end lungo alle porte offre tante occasioni per gli appassionati del wine & food: a Spoleto (31 maggio - 2 giugno) torna “Vini nel Mondo”, con il meglio della produzione italiana e tanti momenti di cultura e diverimento. A Otranto, il 31 maggio, invece, si conosceranno i vincitori del “Concorso Nazionale Rosati d’Italia”, promosso dalla Regione Puglia. A Riccione (31 maggio - 2 giugno), c’è il debutto in terra romagnola di “Golosaria” di Paolo Massobrio, con il meglio del gusto made in Italy.

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