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Sportelli linguistici

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Kamastra | Komoštre2013/2015

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Tra le due sponde:Italia - Albania

L'integrazioneieri e oggi

Rivista di cultura e attualità delle Minoranze Linguistiche Arbëreshë del Molise

Anno 15° nuMeRo unIco 2013/2015Registrato presso il Tribunale di Larino n. 96/99

Direttore responsabilecarlo D’Angelo

Testi di Angela carafa, Pinuccia campofredano, ester Di Rosa,Maria Antonietta Mancini, Filomena Manes occhionero, cristina Maschio, concettina occhionero, Maria Sistilli

Giacomo Zarrelli

Sezione Speciale Sportelli LinguisticiA cura degli operatori degli Sportelli Linguistici comunali e Regionale

CoordinamentoFernanda Pugliese

Progetto grafico e impaginazioneBaboonstudio - Termoli

Titolare copyright Rivista Kamastravia S. Michele, 3 - 86032 Montecilfone (cB)mob. +39 338 [email protected]

www.rivistakamastra.com

QueSTo nuMeRo è STATo chIuSo IL 28 GennAIo 2015

Riproduzione vietata

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iLa Sarta

La Ricamatrice

Il Macellaio

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Kamastra periodico arbëresh 1

Tra le due sponde:Italia - Albania

L'integrazioneieri e oggi

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49Villa Badessa

Ricetta: Il Pipecchio

Visita al Museo: “La casa, i mestieri ela cultura della memoria” di Macchia Valfortore

Intervista a Mariella Brindisi e Mario Mancini.

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85Studiare la propria lingua è un diritto sacrosanto

Funzioni comunicative e modi di dire

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Mostra Antichi costumi Albanesi

Il costume tradizionale di ururi

La mia mostra

Këngë Me Fjalë, Fjalë Me Këngë:la lezione dei dialetti

Ascoltiamo la parola, la parola ci sente

Portocannone - “Vendet më të bukuratë horës jone”campomarino - concorso di disegno

"A tavola con gli Arbëreshë" Ta Tresa Ma ne

campomarino - nonou Këmarinit

La diversità è una ricchezza

mus

ika

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61Max Fuschetto

Yllazet Të Rëgjënda

effetto Serra

Quifti

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Ital

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77La carovana della memoria e della diversità linguistica

L'Italia ratifica la carta europea delleLingue Regionali o Minoritarie

Settimana politica dell'era

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Sportellilinguistici

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Editoriale

KAMASTRA: Sportelli Linguistici

Molto volentieri questa Redazione ha colto l’istanza delle operatrici degli sportelli linguistici a pubblicare un numero speciale che raccoglie i risultati di un anno di attività culturale svolta nell’ambito del progetto ed in concomitanza con gli impegni precipui degli sportelli la cui finalità è quella di raccordare la cittadinanza con la pubblica amministrazione facilitando l’uso e la comunicazione in lingua di minoranza. nel nostro caso, l’arbëresh è la lingua delle popolazioni molisane, ammessa a tutela ai sensi della legge 482 del 1999. nelle sue varianti già oggetto di studio e di ricerca in una delle sezioni del segmento formativo promosso dalla stessa rivista in esecuzione del progetto regionale ad ok, l’arberësh, idioma della memoria, è ancora in uso nelle 4 comunità che compongono il mosaico molisano delle Minoranze Linguistiche Storiche. e con la lingua, gli usi, i costumi e le tradizioni popolari si coniugano con l’esigenza delle popolazioni di preservare la loro cultura, affinchè la stessa possa rappresentare il volano di un processo di crescita che ne esalta le peculiarità. Dalla necessità di preservare per valorizzare le particolarità linguistiche, scaturisce l’impegno degli addetti ai lavori che hanno curato una ricerca sugli antichi mestieri recuperando il lessico. così come la traduzione in lingua di alcune fondamentali funzioni comunicative, offre la possibilità ai cittadini non parlanti e in modo particolare ai ragazzi di potersi accostare allo studio della lingua materna, potendosi avvalere di strumenti didattici consoni alle esigenze di chi per la prima volta intende prendere dimestichezza con una lingua di cui si ha una conoscenza ridotta esclusivamente alla forma parlata. Alcune interviste a gruppi musicali locali ma anche a personaggi che hanno scelto di dedicare una parte del loro repertorio artistico al patrimonio musicale e canoro arbëresh, arricchiscono questo speciale, dal quale si attingono informazioni e cronache di eventi culturali promossi dagli operatori per animare la vità delle diverse comunità. uno spazio è dedicato alla formazione che ha visto sul campo docenti di madre lingua albanese che hanno rinverdito i rapporti tra le comunità e l’altra sponda del mare Adriatico.

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Kamastra periodico arbëresh 4

La mancanza di una tradizione scritta in lingua albanese non denota la mancanza di vitalità ma l’assoggettamento del Paese e la convivenza millenaria con i popoli delle grandi comunità imperiali.

In un passaggio del Directorium ad passagium faciendum ( lib. I parte VIII) del 1330 l’arcivescovo di Antivari Guillelmus Adae, andava ad Avignone per informare la Santa Sede sulla situazione della propria diocesi e così scriveva “Licet Albanenses aliam omnino linguam a latina habeant et diversam, tamen litteram latinam habeant in uso in omnibus suis libris” e’ dunque documentato che gli albanesi scrivevano in latino pur parlando una lingua diversa propria della loro gente.Questo documento rimarca il carattere orale della lingua albanese, infatti, tracce di lingua scritta sono piuttosto recenti.

Tra i primi documenti di lingua scritta oltre alla traduzione del Meshiari di Gjon Buzuku e il tropario della Resurrezione, che una recente scoperta presso gli archivi Vaticani documenta la presenza di documenti scritti in epoca precedente. La scoperta è stata pubblicata dalla rivista francese Klan.

Tra i documenti che attestano una tradizione scritta dell’arbëresh molisano prendiamo in considerazione alcuni frammenti di ricerche avvenute nel secolo scorso, tra queste, la testimonianza dell’Ascoli che nel 1862 condusse un’ inchiesta sullo stato della lingua italiana nelle province orientali del napoletano. e successivamente del sacerdote Andrea Blanco. Del novecento ricordiamo il canto di Montecilfone inserito nel canzoniere italiano da Pier Paolo Pasolini.

Arbëreshe o Sqhip?

Arbëresh: l’idioma della

memoria

di Fernanda Pugliese

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Kamastra periodico arbëresh 5

Il documento più interessante risulta il lavoro di Andrea Blanco che dovendo produrre la traduzione di un testo ha dovuto ingegnarsi per ritrovare una terminologia ed un costrutto letterale adeguato.

Ricordo che il Blanco aveva aderito ad una richiesta dello scrittore arbëreshe di Sicilia Demetrio camarda che a sua volta aveva aderito al progetto del bibliofilo Giovanni Papanti di Livorno il quale, in occasione della celebrazione del V° anniversario della nascita di Giovanni Boccaccio, proponeva la traduzione della nona novella della prima giornata del Decamerone, nelle diverse lingue e nei dialetti presenti in Italia. Il risultato di questa operazione fu che tale brano venne tradotto in 652 dialetti e 58 lingue, raccolti nell’opera “I parlari italiani in certaldo”, pubblicata nel 1874, dal quale abbiamo tratto il brano riguardante la variante di ururi, che costituisce un repertorio di grande interesse, trattandosi di una vera e propria testimonianza di lingua scritta ufficiale.

Il brano risulta assolutamente fedele all’originale nel senso che non sono state compiute grandi operazioni di traduzione libera. Il lessico risulta molto ricco, la sintassi in linea con quella latina, e solo nell’uso di alcune voci verbali che l’autore ha dovuto ricorrere a termini italiani albanesizzandoli con l’ausilio di suffissi:

tra questi:suffrirsc soffrirepregonje io prego pregaredaescperur disperareprupunirtiha proposto proporre

suffriri soffriva soffriresuccedirti successe succedeva

in tutti questi casi, dal punto di vista fonetico il suono sh è dato dal gruppo consonantico sc come in italiano e non sh la sintassi del verbo è abbastanza adeguato alle coniugazioni della grammatica latino-albanese.Sono presenti i suoni th spirale sorda interdentale th come nel greco Thom. dico, nj, nasale schiacciata, zonje ( signora), l’ h aspirata (caha), la J con valore di consonante, il gruppo consonantico gl è diviso da una “e”. Manca la sesta vocale “e” muta, tranne che in un caso, si potrebbe pensare che si tratti di una correzione del camarda che nelle sue opere ha utilizzato prevalentemente l’alfabeto greco, piuttosto che il latino come ha fatto il suo conterraneo Giuseppe Schirò.e’ presente il gruppo gh (digramma) moghe, che è la forma più antica, peraltro ancora presente, della velare occlusiva “ll” molle (mela) – malle (voglia, desiderio).

Quanto alla presenza di un lessico greco sono molte le parole che hanno tale origine e che sono molto diffuse nell’area albanofona dell’Italia Meridionale, in modo particolare della Sicilia e del Molise. Tra questi: hora – paese termine che non è presente negli altri paesi del resto d’Italia e poi ancora: parathiria (parathirion) finestra (dritari, nell’albanese moderno), trendafilia (trandafillion) rosa, udha (odhos) strada, miza (migha) mosca, gaidhuri (gaidhuri ) somaro, draperi (drapani) falce, ske-mandili (mandillion) fazzoletto, harè (harà) gioia, dhafani

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Kamastra periodico arbëresh 6

(dhafni) alloro, rigani ( rigani) origano, kglja (klaio) piange, haristisi( efcharistò) ringrazio, kenata (kanàta) caraffa, eia( eia) vieni, hirameri ( hiramerion) prosciutto.

Il lavoro di Andrea Blanco, che andrebbe a mio avviso approfondito, risulta essere uno dei pochi testi scritti che attestano la vitalità dell’arbëresh, che pur tramandandosi oralmente, ha conservato le caratteristiche di una lingua vera e propria. una lingua che dal punto di vista della tradizione rappresenta l’unico legame di queste nostre popolazioni attuali con le origini. L’arbëresh per la maggior parte delle popolazioni di questi pochi paesi che ancora si connotano per le loro origini etniche, è l’idioma della memoria, di quella memoria viva e attiva che mantiene salda chissà ancora per quanto il rapporto con un passato molto lontano, dal quale non si può prescindere se si vuole conservare la consapevolezza delle proprie radici. oggi i parlanti arbëreshë sono piuttosto pochi, alcuni studi recenti dimostrano la graduale discesa dovuta agli stili di vita moderni, prevalentemente, che non includono la lingua del focolare nelle attrattive di una società globale tendenzialmente monolingue per la prevalenza esclusiva dell’inglese nel campo dei media.

Pur nella sua tradizione quasi esclusivamente orale, l’arbëresh, nei suoi cinquecento anni di vita, praticato in un contesto non naturale, in aree geografiche non isolate, ha conservato tutto il suo potere, per dirla con un vecchio adagio:

"la lingua arbershe è come un ferro rovente, ti brucia il cuore ma non diventa cenere”Gljuha arbëreshe isht si një hekur i nzet, të dig jën zëmërn, por nëng bëhet hì. La diaspora arbëreshe in Italia ha attirato molti studiosi di linguistica, sia dal versante italiano che da quello albanese. “I dati degli arbëreshe d’Italia- scrive Shaban Demiraj – rivestono un doppio significato per la storia della lingua albanese, per arricchire l’antica eredità indoeuropea con elementi andati perduti nella madre patria, e per meglio comprendere e definire le tendenze dell’evoluzione della lingua albanese prima e dopo l’emigrazione”.Le parlate arb. hanno mantenuto un sistema lessicale assai ricco, nonostante gli influssi dell’italiano. Molte parole prestate dall’italiano, come abbiamo avuto modo di vedere nella traduzione di Blanco, hanno subito un interessantissimo processo di assimilazione secondo la fonetica e la morfologia dell’albanese. In questo senso, precisa Gjovalin Shkurtaj docente di linguistica all’università di Tirana, il lessico delle parlate arb. si può classificare secondo un criterio che mette in luce i tratti comuni al lessico albanese, sia quello prestato dall’ambiente limitrofo italofono.

• ai – quello, ajo-quella, ashtu – così, bashk – insieme, breshka- tartaruga, brenda- dentro, dardha- pera, delja- pecora, djalè- ragazzo, djathe – formaggio, dose- scrofa, fik-fico, grua – donna, krip – sale – mishte- carne, qafe- collo, vape-calura, vete- vado, vreshta- vigna ecc..

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Kamastra periodico arbëresh 7

• termini comuni da un punta di vista semantico o lessicale nonostante il fatto che essi presentano non poche differenze fonetiche o grammaticali

balla (balli) fronte, dort (duart) mani, duagjt ( duqt ) bisacce, glishti (gishti) dito, hija (hiri) cenere, karrice ( gorrice) pere selvatiche, nani(tani) tashti- adesso, ecc.

• termini con la forma identica ma con il significato diverso, che hanno avuto cioè una semantica diversa

brek- pantaloni in alb. mutande, grika – bocca in alb. collo della bottiglia, lesht – capelli, in al. lana, punoj – arare, in alb. lavorare, plehe- polvere, in alb. immondizia, ecc.

• il lessico particolare delle parole arbëreshe, comprende i prestiti dall’italiano che si sono inserite nella struttura morfologica dell’albanese.

In modo particolare i verbi, come abbiamo visto nel testo del Blanco, i verbi in – onjArrvonj – arrivare, caponj- zappare, zbaglionj – sbagliare.

Il testo da noi esaminato presenta, altresì, l’articolo deteminativo è posposto ed enclitico, l’indeterminativo ò preceduto dall’aggettivo një – një zonjë-

uno studio per la classificazione dei dialetti arbëreshe è stato condotto da Leonardo Savoia, il quale sulla base delle teorie di cabej, Solano e Totoni, tenta una distribuzione tassonomica delle varietà. Attraverso una griglia di gruppi di parlate vengono individuati e correlati

22 centri rappresentativi di tutte le aree con proprietà morfologiche e fonologiche e con discriminanti lessicali pertinenti ai fini di una preliminare classificazione delle parlate. Indipendentemente dagli studi sulle classificazioni, è importante, oggi, una politica linguistica che preservi l’arbëresh, come tutte le altre lingue minori, dal declino inesorabile.

La tendenza alla perdita del patrimonio linguistico è stata rilevata in occasione di indagini e studi recenti condotti in quasi tutti i paesi.Sulla base delle risposte di questionari somministrati alle popolazioni, sia pure a campione, si possono evincere dei dati sconfortanti.

emblematico è il caso di campomarino dove nell’indagine condotta a scuola, si è potuta osservare la mancanza di parlanti tra i bambini. e questo per una sorta di processo al contrario, dove la popolazione autoctona è stata assimilata, dal punto di vista linguistico, dalle nuove migrazioni, che per il numero alto di persone insediate, è divenuta maggioranza.I dati negativi di campomarino che ad occhio e croce ci danno l’idea di una parentesi linguistica chiusa, devono farci riflettere sull’idea di un progetto di trasmissione intergenerazionale considerato che la conoscenza empirica della lingua è molto viva tra la popolazione più anziana autoctona.

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Kamastra periodico arbëresh 8

Antichi Mestieri

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Kamastra periodico arbëresh 9

Antichi Mestieri

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Kamastra periodico arbëresh 10

La sarta è uno di questi, un lavoro prettamente femminile che negli anni 50, ha visto nascere molte scuole di cucito e a ha permesso a molte ragazze del tempo di imparare un mestiere. A ururi, così come in tanti piccoli paesi, negli anni 50 del secolo scorso le scuole medie non c’erano e soltanto poche famiglie potevano permettersi di mandare i propri figli in collegio per continuare gli studi, così, ottenuta la licenza elementare, molte bambine venivano mandate ad imparare il mestiere di sarta o ricamatrice. Le bambine si recavano presso la maestra di cucito tutti i giorni, ad esclusione della domenica. Il loro era un lavoro vero e proprio: cominciavano la mattina, tornavano a casa per il pranzo e riprendevano il lavoro subito dopo, per far rientro in casa solo nel tardo pomeriggio. Si lavorava tutte insieme per aiutare la maestra a realizzare i suoi lavori di sartoria e, giorno dopo giorno, si apprendeva il mestiere di sarta.

Le bambine non ricevevano nessuna retribuzione in denaro; al contrario, erano le loro famiglie a ricoprire di doni la maestra, inviandole primizie di campagna. In compenso si “imparava il mestiere”.Le apprendiste imparavano ad eseguire i “punti lenti” con maestria e le imbastiture. Il lavoro veniva fatto tutto a mano, anche le rifiniture, e i punti dovevano essere precisi. Dopo aver appreso i rudimenti del mestiere, apprendevano anche a cucire con la macchina a pedali. nei decenni successivi sono fioriti i corsi di cucito per adulti, realizzati in casa. Il mezzo di lavoro era la “squadra”: si prendevano le misure al cliente mediante il “centimetro” e, tramite la squadra, si creava il modello, realizzato su carta velina. Il modello si ritagliava e veniva puntato sulla stoffa con degli spilli. Si passava, così, al taglio della stoffa, alla stesura dei punti lenti e all’imbastitura dei singoli pezzi e dell’insieme. Il capo veniva, poi, fatto provare più volte al cliente prima di passare alla cucitura a macchina. I capi realizzati erano eseguiti con maestria, calzavano alla perfezione ed erano molto ben rifiniti.

Col trascorrere del tempo c’è sempre qualcosa che si perde, pur restando nella Memoria.

La Memoria è il punto cardine di una comunità, per questo è fondamentale il Ricordo, per far sì che

gli antichi mestieri non cadano nell’oblio.

di Pinuccia campofredano econcettina occhionero

Shurbëtire tëvitre Antichi Mestieri

La Sarta

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Lessico - Fiale

Il cucito: të qepuritIl taglio: të prituritcucire: qepënjRammendare: arnonjTagliare:presStoffa: gjërStoffa di cotone: gjër kutuniStoffa di lana: gjër leshiStoffa di seta: gjër sirmiStoffa cloclo: gjër klokloAgo: gilpërëAgo sottile: gilpërë e hollëAgo spesso: gilpjerFilo di cotone: fill kutuniFilo da imbastiture: kutun pë mastaturatImbastiture: mastaturaRocchetto: spuleteForbici: gërshërëPunti lenti: dërlandeSpillo: spingullëDitale: gishtjeSbieghino: frizilFettuccia: kapsholleAsola: purtuzeMacchina da cucire: makënë pë të qepshcarta modello: kartamudjelPiega:qikëPiega (dei pantaloni): pajadhireGonna: basGonna a pieghe: bas qikë qikëGonna a ruota: bas kambanëGonna lunga: bas i gjatëGonna corta: bas i shkurturVestito: gunëManica: mëngëPantalone: brekPantaloni corti: brek të shkurturacolletto: kular

collo tondo: kular i rëtundPunto vita: mesBottone: thumbëzëPolsino: pucin

Antichi Mestieri Shurbëtire tëvitre

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Kamastra periodico arbëresh 12

un tempo erano molte le attività di competenza prettamente femminili: oltre alla filatura e alla confezione di indumenti, alla preparazione del sapone e del pane, la donna era impegnata il più delle volte anche nell’attività, o meglio nell’arte, del ricamo.La ricamatrice realizzava con ago, filo e telaio i più bei capolavori che impreziosivano il corredo delle ragazze da marito, un corredo che durava per tutta la vita. (foto n.1).

I l

Il punto a giornoIl punto a giorno, o orlo a giorno, era ed è uno dei più classici punti da ricamo usato per la decorazione di tovaglie, lenzuola e asciugamani, per eseguirlo tuttora si usa del cotone mouliné o cotone perlé e ago sottile:prima di tutto bisogna sfilare alcuni fili di trama della stoffa sul lato sul quale si desidera ricamare: la sfilatura lascerà liberi i fili che si intrecciano nella direzione opposta; (foto n.2)questi fili liberi diventano la base per il ricamo e vengono raggruppati a mazzetti uguali; (foto n.3)per una maggiore rifinitura, i mazzetti possono essere chiusi anche sull’altra estremità in modo da formare delle colonnine (foto n.4).Per ottenere un lavoro migliore si preferiscono tessuti dalle trame regolari come lino o cotone.

KRЁSTЁNELJA/CRISTINELLAKrëstënelja rëcamone gëlpëra a cinon i mundi një botë vëria malkojti kusha a bëri.

Cristinella ricamavae si punse con l’agosi arrabbiò tantoche se la prese con chi le provocò (l’ incidente).

• Foto 1Materiale della ricamatrice

di Angela carafa, cristina Mascioe Maria Sistilli

Shurbëtire tëvitre Antichi Mestieri

La Ricamatrice

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Kamastra periodico arbëresh 13

Lessico - Fiale

telaio: tëlaretiago: gëlpëramatassine da ricamo: fillë kutuniforbicetta: gërshërëzditale: gishqjastriscia di tessuto: llenxfettuccia: kapshollegomitolo di cotone: lëmsht kutunidisegno: dësinjcarta oleata: kartapunto a giorno: pund ditëpunto a croce: pund kriqepunto pieno: pund i plotpunto norvegese: pund norvegezësmerlo: smerlësfilato: sfilatëpizzo: merletëpunto rodi: pund rodipunto broccatello: pund brokatellëpunto parigi: pund parigicordonetto: kordonetëpunto raso: pund razëlino: linlinone: lin i trashlino bis: lin bis

pelle d’ovo: gjër i hollicanapa: kanaveleseta: gjër sirmibattista: gjër batistëmussola: muzulincotone: kutunirasatello: razateltela aida: gjër aidalenzuolo: vënxullëfedera: faqes kuzhiniasciugamano: napëzanodo: nenjëzetovagliolo: stjavoktovaglia: mësallësottoveste ricamata: linjëzeimbastitura: ngjëmaturspillo: spingulelegrembiule da ricamo: vandile rëkamitcorredo: pajacopriletto ricamato: kuperta rakamuomeintaglio: ntajëfazzoletto ricamato: skëmandil i rakamuomcamicia da notte ricamata: kamizhëdanotecamicina ricamata: kamishoja rakamuomecappellino ricamato: skufja rakamuome.

• Foto2, 3 e 4Materiale della ricamatrice

Interviste per raccolta materiale Signore c.M., M.Lc. , Signor V.M.

Antichi Mestieri Shurbëtire tëvitre

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Kamastra periodico arbëresh 14

QANGJERI

“Minuziosa cura nella scelta dei capi, conoscenza delle caratteristiche delle razze, chilometro zero e una lunga tradizione alle spalle”: è così che esordisce il signor Ivano Mancini, macellaio in pensione ma che per oltre cinquant'anni ha praticato questa professione continuando la tradizione di famiglia che si protrae dal 1891, quando gli chiediamo di fornirci i termini arbëreshë utilizzati nella sua professione.La macelleria (qanga) era situata nel cuore del centro storico di Portocannone (nova Jorka) e lì rimane fino al 2011, quando il figlio del signor Mancini ha rilevato l'attività continuando la tradizione di famiglia.Il signor Mancini ci racconta che fin dalla giovane età impara tutti i segreti della lavorazione della carne e della difficile arte del commercio insieme, naturalmente, al gravoso impegno di questo antico mestiere.Il lavoro a quel tempo era concentrato soprattutto nella macellazione di bovini, ovini e suini nostrani: gli animali venivano scelti negli allevamenti della zona (campomarino, San Martino in Pensilis, nuova cliternia), poi macellati e lavorati direttamente in un locale situato anch'esso nel borgo vecchio; all'epoca c'era solo una piccola cella frigo all'interno del negozio ed il bancone tutto di marmo era alto circa un metro e mezzo da terra.La vendita era molto diversa rispetto ad oggi, anche perchè c'erano meno possibilità economiche e quindi il consumo di carne era molto limitato, in alcuni casi addirittura un lusso: la carne di vitello era consumata

poco, solo dalle famiglie più agiate, mentre il resto della popolazione si cibava soprattutto di carne di agnello (qengj) e maiale. Tutto veniva consumato degli animali macellati, comprese le interiora, che venivano preparate con le spezie (nojt), le teste - soprattutto quelle di agnello-, il fegato (mulshi) e la trippa (plënx).I clienti, ci racconta ancora il signor Mancini, non pagavano alla consegna, ma quando c'era disponibilità, soprattutto nel periodo della vendita del grano, considerata la matrice agricola del paese; inoltre solo nei giorni di festa e nelle ricorrenze le vendite aumentavano.non si producevano salsiccia e insaccati poiché di solito si facevano in casa considerato che la maggior parte delle famiglie allevava i maiali che poi trasformavano in casa; quasi ogni nucleo familiare aveva una pecora, una capra, qualche vecchia vacca o un maiale da sacrificare in autunno per garantirsi il sostentamento nella stagione invernale.A partire dagli anni '70 le cose sono cambiate: c'è stato un aumento delle vendite, poiché in quegli anni è mutato il mercato e di conseguenza anche le abitudini alimentari.Ma quello che riusciamo a cogliere nelle parole del signor Mancini è che nonostante siano trascorsi oltre duecento anni vi è ancora il mantenimento di quelle tradizioni di "mestiere di una volta".

di Maria Antonietta Mancinie Filomena Manes occhionero

Shurbëtire tëvitre Antichi Mestieri

Il Macellaio

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Kamastra periodico arbëresh 15

Lessico - Fiale

qang macelleria qang' jer macellaiothik coltellomanar mannaia kucar ceppo kucarjel ceppo di dimensioni ridottebutil imbuto con il becco largo con il quale si insaccavano i salumigrep ganciostater bilanciaamljer attrezzo di legno utilizzato a forma di arco a cui si appendeva il maiale macellatomisht carneviç i vogël vitellinoviç vitelloqengj agnellopul gallinapullaqidhe gallina piccolaaluç gallettoviçe tacchinoderk maialekacik caprettoraxhall collo di agnello

brinjëz costolettaasht ossozorr budellomulshi fegatovërxhill durello di polloplënx trippalikëng salsiccialikëng e thatë salsiccia stagionatalikëng e njomë salsiccia frescalikëng me pepëdin i shtipur i ëmbl salsiccia dolcelikëng me pepëdin i shtipur çë djeg salsiccia piccante fikatac salsiccia di fegatohiramer prosciuttonoj intestino di maiale essiccato che si cuoceva sulla bracecimari pancreas del suinocingaridhe cicolit' ljerit sugnasangunat sanguinacciongandarat alcune parti di maiale conservate sotto sale nel cantero durante l'invernojehënj thikt affilare i coltellispataçonj derkun Ridurre la carne di maiale per trasformarla in salumi vari

Antichi Mestieri Shurbëtire tëvitre

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In oggi gli abitanti scendono a circa 1.200 e sono di origine Albanesi. essi sono addetti all’agricoltura e alla pastura. Il territorio dicono essere di 2.000 versure. Le produzioni consistono in frumento, vino, olio e formaggi”. (Di Lena Matteo Giorgio, Gli albanesi di Montecilfone, L'economica, campobasso, 1972)Da sempre Montecilfone è votato alla terra. Quando i giorni e le stagioni erano scanditi non dalle lancette dell'orologio, ma dalle necessità della vita rurale: la fienagione, la mietitura-trebbiatura, la vendemmia, l'aratura, la semina, il riposo invernale dedicato alla cura delle bestie ed al ripristino degli attrezzi necessari in casa, in stalla, in campagna…. era un vivere faticoso a Montecilfone, ma lento e a misura d'uomo; il "sapere" pratico si tramandava tra le varie generazioni delle famiglie patriarcali.

Produzione del granoLe fasi per la produzione del grano erano: la concimazione del terreno (con letame), l’aratura, l’erpiciatura, la semina, la mietitura, la raccolta dei covoni ed infine la trebbiatura.Il lavoro nei campi per la semina del grano (grur) iniziava verso i primi di settembre con l'aratura dei campi.L'attrezzo usato è uno dei più antichi che si conosca: l'aratro, inizialmente interamente in legno (përtkar), poi sostituito dalla versione in legno con la punta in ferro.Questo attrezzo, come quasi tutti quelli che al tempo servivano per lavorare la terra,

venivano trainati da buoi, appaiati tramite un legno chiamato giogo (xigoll).Questo lavoro faticoso, fatto del sudore dell'uomo e delle bestie, iniziava alla mattina presto col buio e continuava fino a sera, facendo ogni tanto una sosta che permetteva a tutti di riposarsi. Dopo l’Aratura, si passava con l’erpice (erpëç) sulle zolle che si formavano e che dovevano essere frantumate per livellare il terreno.

SeminaIl grano si seminava a mano, dalla fine di ottobre ai primi di novembre: il contadino teneva un sacchetto di seme a tracolla e, camminando, spargeva il seme con un largo gesto del braccio.

MietituraLa raccolta del grano veniva effettuata verso la fine di giugno.Il grano veniva raccolto a mano con la falce: con una mano si teneva il mannello (piccolo fascio di spighe) di grano e con la falce lo si tagliava a circa 20 centimetri da terra, lasciandolo a terra qualche giorno per l'essicazione. I mannelli si riunivano in covoni, legandoli assieme con steli di grano e venivano quindi caricati sui carri e portati sull'aia (lëm) in attesa della trebbiatura.

Trebbiaturaconsiste nella separazione dei chicchi di grano dalla paglia e dalle glume, eseguita nel passato in vari modi: col calpestio degli animali; con lo sfregamento di una pietra, con la battitura mediante bastoni, con la trebbiatrice. La paglia rimasta, mescolata al fieno (hjen), veniva data da mangiare ai bovini oppure utilizzata come lettiera per le

di ester Di Rosa

Shurbëtire tëvitre Antichi Mestieri

Lavori della terra

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bestie nella stalla.Dopo aver trebbiato il grano, bisognava separare il chicco dalla paglia (kasht) e dalla pula.Questo si faceva in una giornata ventosa, stendendo in terra un telo, poi con una pala si raccoglieva il grano battuto e si alzava fino all'altezza della spalla. Si lasciava cadere un po’ per volta contro vento in modo tale che la pula volasse via, mentre il chicco cadeva sul telo. Terminato questo lavoro, veniva raccolto il grano pulito. oggi questo lavoro viene eseguito da un solo operatore utilizzando la Mietitrebbia.

Uccisione del maialeQuando si uccideva il maiale (derk) nelle case c'era aria di festa. nel giorno fissato, generalmente tra

dicembre e gennaio, si faceva bollire dell'acqua in una grossa caldaia e si preparavano il traliccio di pali al quale avrebbero appeso il corpo del maiale ucciso, affinché potesse essere squartato più agevolmente.Il maiale veniva ucciso con un lungo e acuminato coltello che gli veniva piantato nel cuore o nella gola. “Del maiale non si buttava via niente” infatti, si raccoglieva anche il sangue che sgorgava dalla ferita dell'animale, per farne poi il sanguinaccio.Quando il corpo del maiale appariva completamente dissanguato veniva deposto su un fianco, sopra un piano per essere pelato. Si versava sul corpo l'acqua bollente e raschiando con un coltello (thik) si asportavano le setole.A questo punto il corpo del maiale veniva

• Antico macchinario per granturco (1966) Foto di Maria Berchicci

Antichi Mestieri Shurbëtire tëvitre

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appeso per le zampe posteriori per un giorno o due.Intanto si rivoltavano, si lavavano e si salavano le budella (zorrt) che sarebbero servite per contenere la carne tritata.Il giorno successivo o l'altro avveniva la selezione delle carni secondo il tipo di insaccato da farsi: salsiccia, soppressata, capocollo, ventricina, pancetta, che venivano appesi in cucina a stagionare e successivamente conservati.

VendemmiaIl mese di Settembre apre le porte alla vendemmia, evento annuale di lavoro e condivisione sociale. nei decenni scorsi nei vigneti si riunivano amici, parenti e vicini di casa, tutti insieme a lavorare nelle vigne per poi festeggiare con un ricco banchetto. La vendemmia era il momento di tirare le somme di un’intera annata di lavoro e di fatiche non sempre giustamente ripagate a causa di una improvvisa grandinata, di inverni troppo rigidi o del perdurare della siccità.Il lavoro nella vigna comprende numerose attività: il verderame ogni settimana, togliere le erbacce tra i filari …i tini, le tinozze e i cesti che venivano caricati su carri e carretti trainati dai buoi e, alle prime luci dell’alba, ogni famiglia contadina si avviava verso la campagna per iniziare il lavoro. cesti e secchi venivano sistemati sotto il pergolato, pronti per essere riempiti di grappoli (çaparune) e quando erano ricolmi d’uva venivano svuotati dentro la bigoncia, che veniva svuotata nella tinozza in cui, a piedi nudi, si pigiava.

Lessico - Fiale

Aq: mucchio di covoni di granoArxun: garzoneBajunx: botte (utilizzata per trasportare liquidi)Bar: erbaBirroç: carro leggero per il trasporto di persone, trainato da un solo cavalloBot: terraÇaparun: grappoloCapit: zappettaCapun: zappaDele: pecoraDerk: maialeDhamat: covoneDhe: terreno/ fondo agricoloDhri: viteDorëz kallinje: manciata di spigheDos: scrofaDrapër: falceDuq: bisacciaErpëç: erpiceFauçun: falcioneGur: pietra/ sassoHidhënj grurt: separare il grano dalla pagliaHjen: fienoHjuramer: prosciuttoKal: cavalloKalli: spiga Kallëz: spighe di grano rimaste sul campo dopo la mietituraKasht: pagliaKoqe (grur): chicco (di grano) Krunde: cruscaKurrënj: mietereLëkëng: salsicciaLëm: aia, spiazzo per la trebbiaturaLeqe lëkëng: corona di salsiccia, salsiccia legata a mo’ di cappioLikërjan: forca

Shurbëtire tëvitre Antichi Mestieri

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• Mietitura. Foto di Maria Berchicci

Lop: muccaMbillënj: seminareMilënj: mungerePatisënj: abbeverarePërtkar: aratro in legnoPunonj: ararePutonj: potareQengj: agnelloQerre: carro trainato dai buoiRëmonj: zappareRrush: uvaSamar: bastoneSaroll: orcia di terracotta per conservare olio/ acquaShkulënj: tirareShkundën: sradicare, estirpareShosh: crivello

Shtipënj: trebbiareSpanxonj: squartareTërtonj derkun: tritare la carne di maialeThahënj lëkëng : essiccare la salsicciaThes: saccoTrapit: frantoioUllinj: oliveUllir: olivoVaj: olioVëtur: animale da soma per il trasporto di persone/ coseVilënj: vendemmiareXigoll: giogoZorr: budello

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Attualità

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Attualità

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L’attività formativa è una grande opportunità per gli Sportelli Linguistici: è finalizzata alla crescita professionale degli addetti agli Sportelli per completare quanto già acquisito per esperienza professionale e conseguire nuove abilità.nel corso dell’annualità, l’attività di formazione è stata erogata attraverso tre modalità: metodologie tradizionali (lezione frontale), esercitazioni ed e-learning.Il primo di questi corsi di formazione è stato tenuto dalla professoressa nertila Ljarja, docente di storia presso l’università di Scutari in Albania, svolta dal 1 al 4 ottobre 2014 e ha avuto la durata di 20 ore. Il corso, di tipo intensivo, e si è tenuto dal mercoledì al sabato presso la sala consiliare del comune di Montecilfone, paese capofila degli Sportelli Linguistici Arbëreshë.Il corso è stato interessante per molti aspetti: anzitutto per l’approfondimento della grammatica (abbiamo studiato i nomi, gli aggettivi e i verbi con le loro rispettive

declinazioni), ma anche per i cenni di geografia, cultura, musica e tradizioni di cui la prof. nertila ha arricchito le sue lezioni, nonchè per le curiosità relative all’Albania odierna. Le lezioni, tenute in lingua Albanese, sono state vivaci e sono state integrate da esercitazioni utili ad approfondire e mettere in pratica sia la grammatica sia il lessico acquisiti. Al corso della prof. nertila è succeduto quello tenuto dal prof. Luis De Rosa, ururese vivente in Albania, a Durazzo. Il corso del prof. De Rosa, svoltosi dal 6 al 10 ottobre, è stato molto stimolante in quanto è stata fatta una comparazione tra l’Arbëresh e la lingua Shqipe, ponendo a confronto sia il lessico che la sintassi e la grammatica. Sono stati altresì affrontati i fenomeni dell’intercambiabilità vocalica e consonantica, della metatesi e della monottongazione del fonema ‘y’ in ‘i’ o ‘u’. Interessante è stato anche l’excursus storico relativo alla fondazione delle comunità Arbëreshë molisane e le tante curiosità

Tra le due sponde: Italia – Albania

Corsi di formazione (Ottobre 2014)Lezioni con la prof. Nertila Ljarja,

il prof. Luis De Rosa e il dott. Genti Bedalli

di Pinuccia campofredano e ester Di Rosa

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sulla formazione delle parole.L’ultimo corso “in aula” è stato quello tenuto dal dott. Genti Bedalli, di Tirana. In realtà i corsi di Genti Bedalli sono stati due, di dieci ore ciascuno, uno avanzato l’altro intermediario, e hanno affrontato alcune sezioni della grammatica Shqipe, nel particolare i verbi, gli aggettivi e gli avverbi.I corsi si sono conclusi con un test grammaticale in lingua Albanese e Arbëreshe.

Kurset furmacjunë na duhen pë mos të harrohen fjalët të një herë ma edhe pë’ të shohmi si vajti përpara g juha e cila janë fjalët çë kimi bashkë na Arbëreshë e çë kanë Shqiptartë. Jo vetëm gjuha ma edhe kultura, tradicunat, muzëka pse jimi g jithë një g jak.I loro valori e la loro opera continuano a vivere negli studiosi e nei cultori contemporanei, che conservando il senso dell’appartenenza alle antiche origini in una dimensione moderna, garantiscono la continuità di una delle più antiche culture del Mediterraneo.

• Anni ‘30 Zona Lame

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nella settimana dal 24 al 29 novembre 2014 la Testata giornalistica della Rai ha affrontato i temi dell'immigrazione e dell'integrazione nei vari aspetti sociali, economici e culturali. L’argomento è stato approfondito mediante servizi, inchieste e collegamenti in diretta da ogni regione d’Italia. Le problematiche trattate sono state molteplici: il disagio sociale, lo sfruttamento del lavoro, delle donne e dei minori, ma nel corso dei collegamenti sono state documentate anche numerose storie di integrazione positiva con la popolazione locale. L’evento conclusivo si è svolto sabato 29 novembre con un’edizione speciale del “Settimanale”, la rubrica del sabato, trasmessa a diffusione nazionale in diretta da Milano, con collegamenti e servizi da molte parti d’Italia, tra cui anche ururi.Il nostro paese è stato scelto tra le comunità linguistiche minoritarie del Molise per trattare l’argomento “integrazione tra le antiche migrazioni Albanesi e quelle recenti”. Il giornalista Giovanni Romano e la sua troupe sono venuti "sul campo" per raccontare, nella cornice di piazza Santa Maria, nel centro storico del paese, dove si

ergono la maestosa chiesa di Santa Maria delle Grazie e il Palazzo Greco, storie di integrazione positiva, che mostrano lo spirito di accoglienza del paese. Lo Sportello Arbëresh di ururi ha avuto l’onore di partecipare all’attuazione di questo evento culturale molto importante. Il lavoro dello Sportello è stato molteplice, in quanto si è occupato della fase organizzativa, a partire dalla ricerca degli intervistati fino alla scelta della location. La mattinata del giorno designato, il 25 novembre, è cominciata con una brevissima intervista nel corso della rubrica "Buongiorno Italia”, in diretta nazionale, alla signora Mirela Leka, arrivata a ururi dall’Albania alla fine degli anni novanta del secolo scorso con le sue due figlie. Mirela è arrivata in Italia nella speranza di poter curare in maniera adeguata la figlia maggiore, e per questo ha affrontato ben tre difficili viaggi in gommone. A ururi, sia lei che le sue figlie, si sono integrate molto bene. Alle 7.30, durante la trasmissione “Buongiorno Regione”, l’appuntamento mattutino di Rai 3, sono state trasmesse in

di Pinuccia campofredano

L’integrazione ieri e oggi

Ururi va in onda su Buongiorno Italia e il Settimanale

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diretta televisiva le interviste di Giovanni Romano alle signore esmeralda Meziu e Mirela Leka, al prof. Luigi ciarfeo e alla dott. Pinuccia campofredano. esmeralda Meziu ha raccontato la sua esperienza d’integrazione con la realtà locale, testimoniata anche dal suo inserimento nel mondo del lavoro e dal suo matrimonio con un nostro concittadino. Per entrambe la intervistate, la lingua Arbëreshe è stato un fattore determinante che ha favorito la loro integrazione e che ha permesso loro di sentirsi come a casa propria. Il prof. Luigi ciarfeo, in qualità storico, ha riassunto brevemente il periodo dell’arrivo degli Arbëreshë nella nostra zona e la nascita dell’attuale comunità di ururi. La mattinata è stata molto produttiva in quanto, tra un diretta e l’altra, sono state organizzate ed effettuate le riprese e le interviste per il programma “Il Settimanale” del sabato, nonché le dirette radiofoniche per il giornale radio regionale.La seconda diretta è avvenuta nel corso del Tg regionale delle ore 14.00, egregiamente condotta dal giornalista della Testata di Rai 3, Giovanni Romano, il quale ha reso nuovamente partecipi i telespettatori della testimonianza diretta di Mirela Leka; successivamente il prof. ciarfeo ha dato notizie storiche sull’arrivo degli Albanesi in Italia alla fine del 1400 e Pinuccia campofredano, in qualità di addetta allo Sportello Linguistico di ururi, ha continuato ad enumerare le attività dello Sportello Arbëresh ponendo, in modo particolare, l’attenzione sul downgrading della lingua nelle nuove generazioni e l’importanza dell’insegnamento della lingua di minoranza a scuola. un punto

importante dell’attività dello sportello è proprio la collaborazione con le istituzioni scolastiche. La lingua Arbëreshe rappresenta una ricchezza culturale che va preservata perché rischia di andare perduta. La lingua è stata un fattore determinante di coesione delle comunità Arbëreshe per cui la perdita di essa rappresenterebbe la perdita della nostra identità culturale.Importante è stato l’intervento del sindaco Luigi Plescia, il quale ha evidenziato l’accoglienza che il nostro piccolo paese da sempre riserva non solo ai nostri fratelli d’oltremare ma anche ai tanti altri stranieri che hanno deciso di vivere qui. La mattinata di interviste si è conclusa con la testimonianza della studentessa Anxhela naka, arrivata a ururi all’età di 4 anni, e con uno sguardo volto al futuro. Anxhela vorrebbe diventare un avvocato per dimostrare che la legge è uguale per tutti. noi glielo auguriamo di tutto cuore.

Attualità Aktualitet

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Cultura e Tradizioni

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Cultura e Tradizioni

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Dal 24 Agosto all’8 Settembre 2014 si è svolta a ururi la mostra “Antichi costumi Albanesi” ideata e realizzata da Giacomo Zarrelli, ururese appassionato ed esperto di tradizioni Arbëreshë. La mostra ha avuto luogo nelle sale del museo del “Palazzo Greco”, in piazza Santa Maria, nel cuore del centro storico, ed è rimasta aperta al pubblico tutti i giorni dalle 18.00 alle 20.00. Data la grande affluenza di visitatori, arrivati anche da fuori regione, spesso le porte sono rimaste aperte fino alle 21.00. L’ultimo giorno di apertura, l’8 Settembre, la mostra ha accolto il pubblico sia in orario mattutino che pomeridiano per permettere ai numerosi visitatori, giunti a ururi per partecipare alla fiera annuale, di poter beneficiare di questa singolare esposizione.La mostra occupava le due sale del primo piano del palazzo Greco ed era suddivisa in settori: un viaggio fotografico che partiva dalla nascita per giungere alla morte, passando attraverso le sezioni dedicate al matrimonio, al re e alla regina, agli uomini e donne albanesi, ai militari, ai mestieri e all’esodo migratorio.

Mostra “Antichi costumi

Albanesi”

Kultur dhe Tradixiune cultura e Tradizioni

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una sezione che ha riscosso generale curiosità e intensa riflessione è stata quella dedicata ai “burrnesh”, donne dei paesi balcanici che si vestono e si comportano come uomini, considerate tali all’interno della società.Molta attenzione è stata dedicata al costume tipico della donna di ururi, che Giacomo Zarrelli ha ricercato nel corso degli anni e riprodotto in acquerello. La mostra è rimasta aperta fino alla fine del mese di settembre e, oltre a riscontrare un largo successo di pubblico di ogni età, ha accolto anche alcune scolaresche, in visita con gli insegnanti. Questo è un passo molto importante in quanto i giovani saranno i futuri detentori della nostra lingua e cultura. Le addette allo Sportello Linguistico di ururi, le dott.sse Pinuccia campofredano e concettina occhionero, hanno avuto un ruolo importante nel corso di tutta la mostra. oltre all’accoglienza dei numerosi visitatori, le Sportelliste hanno accompagnato gli stessi nel percorso della mostra, illustrando i vari pannelli e dando delucidazioni di tipo storico e culturale. In concomitanza con l’apertura della mostra, il 24 Agosto, inaugurata con il discorso del sindaco Luigi Plescia e con l’intervento dell’Ambasciatore albanese in Italia, prof. neritan ceka, e la sua gentile consorte, si è svolta una bellissima serata dedicata alla musica e alle tradizioni Albanesi con la partecipazione dell’Associazione culturale di Tirana, serata organizzata dall’Assessorato alla cultura del comune di ururi. L’Associazione culturale di Tirana ha esposto la sua magnifica e ricca collezione

di abiti tradizionali e, la sera, il gruppo di ballo di Tirana ha allietato la platea con incantevoli danze tipiche suscitando l’entusiasmo del pubblico.

di Pinuccia campofredano e concettina occhionero

cultura e Tradizioni Kultur dhe Tradixiune

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Da quando avevo vent’anni ho cominciato ad interessarmi alla storia e agli antichi costumi popolari del mio paese “ururi” e per tanto tempo ho sperato di trovare il costume tradizionale. ho cercato e ricercato nelle antiche soffitte del paese, ma non riuscivo a trovare nulla. La ricerca man mano diventava sempre più difficile, ma la bramosità di trovare ciò che stavo cercando, non mi fece arrendere subito. così cercai in varie biblioteche antiquarie, ma anche lì l’assidua ricerca non portò a nulla di concreto. Louis de Rosa, storico ururese, disse che il costume tradizionale delle genti albanesi di ururi è difficile da definire, in quanto qui ci sono state delle continue immigrazioni, che portarono a vari cambiamenti. Secondo il mio pensiero, il costume tradizionale veniva indossato al momento della morte, ed è per questa ragione che è scomparso nel corso dei secoli. Le ricerche proseguirono a lungo, ma i risultati furono sempre negativi. Mi misi a frugare negli archivi privati e statali, sperando di trovare un disegno, uno schizzo o un’incisione che servisse a ricostruire interamente il costume dei miei antenati, per poterlo poi lasciare ai posteri ed al mio paese. un giorno mi recai all’archivio statale di campobasso, dove trovai un manoscritto dei primi anni del XIX secolo: l’“Intendenza Murattiana”, quest’ultima descrive il costume del circondario di Larino, ma purtroppo non era niente di attendibile per quello che stavo cercando. Sconfortato dalle ricerche che non portavano a nulla di reale, mi ritrovai nel buio più totale e decisi di arrendermi, ma dentro di me sentivo quel forte desiderio di trovare ciò che mi ero prefissato. Fu così che un giorno, durante le mie ricerche sugli arbëreshë, negli anni ’80, il buio che mi attorniava venne lacerato da uno spiraglio di luce dovuto all’incontro con una signora di ururi, Teresa Ialenti, (meglio conosciuta con il nome di enerina), la quale viveva nell’antico quartiere di Sen Xhuaniel (San Giovanello, oggi diventata Via Lunga). Questa signora mi donò una foto dei primi anni del ‘900, che la raffigurava da bambina affianco alla madre.

di Giacomo Zarrelli

Il costume tradizionale

di Ururi

Kultur dhe Tradixiune cultura e Tradizioni

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entusiasta della scoperta, cominciai a mettere su carta le mie nuove idee e fu proprio questa foto che mi diede spunto a dipingere l’acquerello “La Donna di ururi”. Purtroppo però dovetti lasciare tutto in sospeso per vari problemi di salute che non mi permisero di continuare il mio sogno. Ma non appena riuscii a rimettermi in forze, ripresi il lavoro da dove lo avevo lasciato: conclusi l’opera “La Donna di ururi” e realizzai altri dipinti. Tutto ciò mi ha portato a voler creare un’esposizione, in primis per far conoscere a tutti i loro antenati, sicuramente a far conoscere la mia arte e la mia passione, ovvero quella di dipingere. Qui riporto la descrizione fatta da alcune anziane del paese riguardo i costumi delle donne arbëreshe: abito nero a pieghe, lungo fino ai piedi. La giacca corta con bottoni, aveva maniche lunghe in inverno e corte d’estate; in vita portavano la cinta con una fibbia; il grembiule, più chiaro del vestito, finiva solitamente a punta con ricamo sul fondo, ampia tasca centrale o due laterali, anch’esse ricamate o con delle applicazioni a zig-zag. La camicia era in mussola bianca (tessuto leggero e morbido) aveva il collo alto d’inverno e scollato d’estate. chi poteva permetterselo indossava una lunga catenina d’oro; chi era più povera indossava monili in metallo dorato. Le scarpe erano pesanti e fatte a mano dal calzolaio del paese e dovevano durare una vita. non esisteva il consumismo.

Costume di UruriLa gonna era lunga ed arrivava fin sopra i piedi. Solitamente era di colore verde sgargiante, colore diffusissimo a ururi (ma poteva variare, quindi troveremo il verde bandiera o verde bottiglia) ed era di cotone non leggero, ma consistente. La gonna variava secondo le stagioni, pertanto erano in uso anche altri colori come il bianco, il grigio, il marrone (colore della tonaca del monaco) e il nero usato solo per il lutto o la vecchiaia (durante le domande alle donne anziane chiesi di altri colori come il rosso, ma loro sconcertate mi risposero che il colore più usato era il “Verde sgargiante". La gonna era formata da pieghe oppure era arricciata, abbottonata sul retro con dei gancetti nascosti da una lingua di tessuto arrotondata o a punta a sua volta fermata da un bottone. Sui due fianchi, destro e sinistro della cinta, partiva un‘altra cinta larga un centimetro, fatta della stessa stoffa della gonna,

cultura e Tradizioni Kultur dhe Tradixiune

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che si annodava dietro con un fiocco lungo, fermando la gonna. Ai lati della gonna c’erano due ampi tagli dove vi erano le tasche. La gonna non presentava alcun tipo di decorazione, come fasce di altri colori o ricami, ma volte aveva due balze. * Le donne all’epoca non indossavano biancheria intima ma si coprivano con un camicione in cotone o lino ricamato che arrivava fino alle ginocchia. * La sottogonna era fatta di tela cruda ed era cucita a campana senza ricci. era legata al fianco sinistro con una fettuccia doppia, con un fiocco o con dei bottoni.* La camicia era leggermente svasata ed era formata da pieghe sottili. Internamente a inizio spalla aveva un midollino che serviva a creare uno sbuffo, che scendeva fino al gomito, rendendo la manica gonfia e arricciata. Dal gomito in giù la manica si stringeva fino ad arrivare al polsino chiuso da due o tre bottoni. La stoffa era in tela d ’olanda o in cotone sottile, sempre di colore bianco. La camicia, d ’ inverno era accollata e abbottonata con piccolissimi bottoni sul d ’avanti, in estate era scollata con o senza laccio sul d ’avanti. * I l corpetto, sempre di colore bianco, era formato in tela, sfoderato internamente, con scollatura quadrata senza maniche e arrivava fin sotto i l seno. era aperto sul d ’avanti, presentava degli occhialini nei quali passava un cordoncino che serviva a legarlo, fermato infine da un fiocco. I l corpetto raramente presentava lavorazioni intorno alla scollatura. * I l grembiule era solitamente in tessuto bianco di cotone con due grandi tasche ai lati. Intorno aveva una lavorazione zig –zag fatta di fettuccia. I l grembiule terminava a punta, ma vi erano anche quei grembiuli che finivano dritti o a due balze.* La donna di ururi portava un fazzoletto bianco in testa legato tipo mugnaia, cioè veniva piegato a triangolo e si legava dietro la nuca con un nodo (questo per le popolane); mentre le donne più agiate usavano un gran fazzoletto bianco al lembo di pizzo che le copriva tutta la testa, lasciando solo i l volto scoperto (esattamente come la donna di chieuti nella incisione di D’Aloja o di Bartolomeo Pinelli). * Le calze erano di cotone fatte a mano, solitamente bianche o a fasce sottili color azzurro e color corallo (conservo delle campionature).* Le scarpe erano doppie di colore scuro.* I gioiel li: le collane erano delle lunghe catene d ’oro con pendente; gli orecchini erano dei pendenti ovali in oro smaltato, di gusto borbonico, con al centro una R o una S (che stavano ad indicare R icordo o Souvenir); gli anelli

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avevano la corniola (una pietra rosso - arancio, colore dovuto al la presenza del ferro) o altre pietre, che di solito si tramandava da madre in figlia .* I l costume maschile era molto semplice, formato da una camicia larga di cotone bianco, aperta sul d ’avanti a maniche lunghe; i pantaloni di tessuto grossolano, a volte molto usurati, venivano legati con dei lacci in vita; sempre in vita avevano una fascia o una sciarpa dove mettevano le armi; un gilet di cotone pesante o di pelle di capra ne completava l ’abbigliamento; la testa era coperta da un piccolo fazzoletto bianco legato dietro la nuca; le scarpe, come quelle delle donne, erano pesanti e fatte a mano.

Questo progetto non è nato per caso; dopo anni di studio e ricerche assidue riguardanti il costume popolare del mio paese natio, ururi, finalmente sono riuscito a realizzare l’acquerello della donna di ururiIl giorno 8 di agosto ho avuto l’ok per l’effettuazione della mostra così, in soli 15 giorni, da solo, ho realizzato tutta la mostra dalla A alla Z; mi svegliavo alle 4 del mattino, continuando a lavorare assiduamente fino a tarda sera e realizzando in breve tempo l’intera mostra: il depliant, la selezione delle centinaia di foto raccolte, la didascalia nonché la ricerca dei piatti tradizionali. La mostra si è potuta fare grazie al Sindaco, all’Assessore alla cultura e a tutta la Giunta Municipale. Il giorno 24 agosto alle ore 19,00 il Sindaco Luigi Plescia ha inaugurato la mostra. L’Ambasciatore d’Albania neritan ceka, invitato da me la sera prima, ha partecipato anch’egli all’inaugurazione con la sua famiglia. I visitatori della mostra sono stati accolti dalle dottoresse concettina occhionero e Pinuccia campofredano, addette allo Sportello

Arbëresh di ururi, ambedue di sangue Arbëresh e sempre col sorriso. La mostra è stata un trionfo e molti sono stati i visitatori interessati. La mostra esponeva istanti della vita Albanese, dalla nascita alla morte, e immagini delle donne Burrnesh, ecc.. Attualmente sto lavorando su due importanti progetti: “L’ultima prefica d’Italia” e “Insediamenti Albanesi in Molise”, in modo da lasciare ai posteri traccia di questi due importanti documenti affinché questo grande bagaglio culturale non vada perduto.

La mia mostradi Giacomo Zarrelli

cultura e Tradizioni Kultur dhe Tradixiune

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Këngë Me Fjalë, Fjalë Me Këngë

La Lezione dei Dialetti

Il giorno 4 gennaio 2015 presso la splendida cornice di Palazzo Manes, si è svolto il convegno Këngë me fjalë, fjalë me këngë , il quale rientra tra gli impegni dello Sportello linguistico del comune di Portocannone, servizio istituito nell’ambito del Progetto unico regionale finanziato dal Dipartimento per gli Affari Regionali della Presidenza del consiglio dei Ministri attraverso i fondi messi a disposizione dalla Legge 482/1999 sulle “norme per la tutela delle minoranze” che "prevede piani d'intervento atti a favorire, sostenere e tutelare le lingue minoritarie e a

difendere ed appoggiare iniziative volte allo studio, alla diffusione e alla conservazione delle tradizioni culturali di tali comunità".La serata, seguita da un numeroso ed interessato pubblico, è stata aperta dall'intervento della dott.ssa Mancini, addetta allo Sportello Linguistico di Portocannone che in funzione di moderatrice, ha effettuato i saluti di rito ed ha presentato i relatori presenti.Il primo intervento è stato quello del Sindaco di Portocannone il quale ha sottolineato l'importanza e i lavori svolti dallo Sportello Linguistico nel corso degli anni, non tralasciando però una velata critica nei confronti del sistema organizzativo degli sportelli stessi.di Maria Antonietta

Mancinie Filomena Manesocchionero

Kultur dhe Tradixiune cultura e Tradizioni

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e' stata poi la volta della Prof.ssa Fernanda Pugliese, Responsabile Scentifico degli Sportelli Linguistici Arbëreshë del Molise, che ha illustrato le modalità di sviluppo nei vari anni di lavoro.La Prof.ssa ha anche tenuto a precisare che l'obiettivo principale degli Sportelli è quello di incentivare, presso le giovani generazioni, la lingua arbëreshe scritta e parlata dei nostri paesi di minoranza.ha poi preso la parola la dott.ssa occhionero Manes, operatrice dello Sportello locale, la quale, dopo aver presentato i risultati ottenuti nelle varie attività svolte, ha ribadito che lo Sportello si occupa di valorizzare nonché divulgare attraverso iniziative culturali pianificate, anche in collaborazione con gli Sportelli degli altri paesi di minoranza (campomarino, Montecilfone, ururi) e di salvaguardare tutto ciò che in una parola costituisce la propria identità etnica, le particolarità che la riguardano, individuandole nel novero di quel patrimonio comune che caratterizza chi è nato, vissuto o ancora vive nei paesi di minoranza.Ma il convegno non sarebbe stato completo senza la presenza della dott.ssa Pignoli del Laboratorio di Albanologia dell'università della calabria, la quale con l'aiuto di slides e di supporti audio ha tenuto una lezione sull'origine della lingua arbëreshe.La Pignoli ha proceduto facendo ascoltare due rapsodie dalla viva voce di due anziani, uno originario di Santa Sofia D'epiro e l'altra di Portocannone, evidenziando in esse i prestiti dalla lingua italiana.La sua pregiata lezione è stata apprezzata e stimata dai presenti come un prezioso tassello nel mosaico del quadro culturale

di Portocannone.Il convegno si è concluso dopo che alcuni astanti, tra cui il Prof. Agresti dell'università di Teramo, hanno esposto i loro dubbi e le loro domande riguardo l'intervento della dott.ssa Pignoli evidenziando che la lingua arberëshe è l’anima del nostro popolo ed è solo la punta di un iceberg che alla sua base nasconde un patrimonio immenso di tradizioni, cultura, storia, poesia, sentimenti e passioni umane.Anche se quella che abbiamo ricevuto non è, logicamente, una lingua completa, sufficiente ad esprimere tutte le situazioni

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che sono proprie di questo tempo, è ugualmente importante difenderla e diffonderla. e' veramente fondamentale che oggi questa cultura, che affonda le proprie radici nella notte dei tempi, venga valorizzata e tutelata, con il continuo impegno degli Sportelli Linguistici anche attraverso l'organizzazione di questi eventi culturali che hanno lo scopo di far

prendere consapevolezza di un passato glorioso di cui si deve andare fieri e per cui appassionarsi, facendo capire quanto ciò sia importante per sentirsi partecipi della nostra cultura.

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Portocannone. Domenica 4 gennaio nei locali del Palazzo Manes in piazza Skanderbeg, si è svolto il convegno “Këngë me fjalë, fjalë me këngë”. L’iniziativa promossa dallo sportello linguistico è stata un’occasione per una riflessione sullo stato dell’arte delle attività collegate alla legge 482 del 1999 nella Regione Molise e dal punto di vista strettamente culturale, una opportunità per conoscere gli studi recenti dell’arberesh nel contesto etnolinguistico. La relazione è stata tenuta dalla dottoressa Maria Luisa Pignoli del laboratorio di linguistica dell’università della calabria anche attraverso testimonianze orali in lingua arbëreshë. All’incontro hanno preso parte la Fernanda Pugliese, responsabile scientifica degli sportelli linguistici arbëreshë e il sindaco Luigi Mascio. L’incontro è stato coordinato dalle responsabili locali dello sportello linguistico, le dottoresse Maria Antonietta Mancini e Filomena occhionero Manes con l’intento di promuovere il patrimonio linguistico e culturale arberesh , vera linfa della comunità locale.

Lingua Arbëreshë“Ascoltiamo la parola, la parola ci sente”

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Lo Sportello Linguistico del comune di Portocannone ha bandito il concorso “Vendet më të bukura të horës jone” - Gli angoli più belli del mio paese , con la finalità, in linea con gli obiettivi del Progetto unico Regionale esercizio Finanziario Statale 2010 - Legge 482/99 “Tutela e valorizzazione delle Minoranze linguistiche storiche”, di promuovere la conoscenza, lo studio e la valorizzazione del patrimonio storico, culturale e architettonico locale. Il tema del concorso ha inteso sollecitare la capacità di osservazione e di riflessione dei piccoli cittadini di Portocannone intorno alle bellezze del paese. hanno partecipare alla rassegna i bambini della quarta e quinta classe della Scuola Primaria dell'Istituto comprensivo di Portocannone, con disegni individuali. I concorrenti hanno realizzato un disegno inerente al tema proposto utilizzando una tecnica libera e producendo una creazione originale. Sono stati ammessi disegni realizzati a mano libera con qualunque tecnica

(matite, pennarelli, pastelli a cera, tempere, acquarelli), nonché tecniche miste quali collage, decoupage etc. Le opere pervenute potranno essere esposte, riprodotte in volume, pubblicate su giornali o diffuse in rete telematica ad opera degli organizzatori del concorso, con l’indicazione dei nominativi degli autori. La giuria era composta dalle responsabili dello Sportello Linguistico di

Portocannone“Vendet më të bukura

të horës jone”Gli angoli più belli del mio paese.

diMaria Antonietta Mancinie Filomena Manesocchionero

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Portocannone e da persone appartenenti al mondo della cultura arbëreshe, che hanno apprezzato tantissimo tutti i disegni pervenuti. contestualmente hanno avuto difficoltà a scegliere un vincitore poiché tante e meravigliose sono state le opere pervenute, emozionandosi nell'esaminarle e ammirando lo spirito e la fantasia con cui sono stati realizzate.Il premio per il disegno che si è classificato primo assoluto è quello pubblicato di seguito, realizzato da Luca Barberio, classe 5° B, che ha convinto la giuria con un disegno colorato ed espressivo che con le sue semplici imperfezioni illustra uno scorcio antico del paese.Il concorso si è voluto porre in continuità con i progetti già realizzati nei precedenti anni in collaborazione con l'Istituto

comprensivo di Portocannone poiché il recupero delle radici e la consapevolezza della propria identità linguistica e culturale passano anche attraverso la scuola.Questo concorso resta, nella sua semplicità, un validissimo strumento per sviluppare la capacità di lettura consapevole e critica del patrimonio culturale e ambientale, nonché di far rendere conto ai bambini dell'importanza dei beni culturali e della loro valorizzazione.

cultura e Tradizioni Kultur dhe Tradixiune

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campomarino – Këmarin. Ideato dallo Sportello Linguistico Arbëresh di campomarino, Dott.sse Maria Sistilli e cristina Mascio, di concerto con il coordinamento del comune capofila Montecilfone, Dott. sse Angela carafa ed ester Di Rosa, il concorso ha coinvolto gli allievi della Scuola Secondaria di I° grado di campomarino.

Questa iniziativa, accolta con entusiasmo dalla delegata alla cultura dott.ssa cristina Fortunato,dal Dirigente Scolastico Teodoro Musacchio e l’insegnante di disegno prof.ssa Guarino, ha favorito il dialogo aperto con le scuole e gli studenti nell’intento di promuovere e divulgare la cultura del territorio, espressione dell’identità Arbëreshe.

di Angela carafa,cristina Mascioe Maria Sistilli

CampomarinoConcorso di

disegno A tavola con gli Arbëreshë - Ta Tresa Ma Ne

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Il nostro territorio, votato all’agricoltura di eccellenza (olive, uva, ortaggi, cereali, vino e olio) e alla trasformazione casalinga, artigianale e industriale dei suoi prodotti genuini, vuole sottolineare l’importanza di tale patrimonio coniugato con la cultura e la tradizione dell’Arberia.

nelle nostre comunità Arbëreshë - campomarino, Montecilfone, Portocannone, ururi - è consuetudine porre attenzione all’alimentazione e quindi alla preparazione delle pietanze con metodi tradizionali, proprio come nel passato: si può ben dire Si hahëshi hahet si bëhëshi bëhet, come si mangiava si mangia come si preparava si prepara oggi.Prendendo spunto dal titolo e quindi dal tema di expò 2015, “nutrire il Pianeta,

Nonou Këmarinit. Il signor Alfredo Lattanzi, campomarinese doc ci ha lasciati. Appena lo scorso 5 gennaio aveva festeggiato il suo invidiabile genetliaco, ben 105 anni di età, salutato dai famigliari, da tutta la Comunità e dall’Amministrazione.

di Angela carafa

energia per la Vita”, lo Sportello Linguistico ha inteso sensibilizzare gli allievi al valore educativo del tema dell’expò in modo da dare visibilità al nostro territorio e alle nostre tradizioni culinarie, che rientrano a pieno titolo nella tanto celebrata dieta mediterranea.

In tanti (44) hanno risposto all’iniziativa con ottimi elaborati tanto che è stato arduo scegliere il disegno vincente.

Disegno vincente di Sara Conte classe II C

Lucido,sorridente, il nonno di campomarino e del Molise ha vissuto una esistenza piena ed intensa non facendosi mancare nulla. Anche la collaborazione con gli Sportelli Linguistici Arbëreshë del Molise. Zio Alfredo infatti è stato tra gli informatori del Dizionario Polinomico e

Sociale Italiano Arbëresh. Il testo di prossima pubblicazione raccoglie lemmi idiomi e locuzioni dell’ Arbëresh di campomarino e delle altre tre realtà di minoranza albanofona molisana Portocannone Montecilfone ed ururi.

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Il sapore della cultura – Itinerari enogastronomici e di lavoro: questo il titolo del progetto di inserimento lavorativo e di formazione a persone con disabilita' psichiche delle cooperative Diversamente, eureka e Progetto Popolare, rispettivamente di Termoli, Martina Franca e Montescaglioso.Il progetto interregionale, coinvolge infatti Molise, Puglia e Basilicata, e ha un programma che prevede ore di formazione in aula, itinerari per la conoscenza del territorio atti ad assaporare gli aspetti culturali, artistici ed enogastronomici dei territori visitati. Il percorso turistico di taglio enogastronomico ha incluso una tappa anche a Montecilfone, il 13 novembre 2014, presso l’aula consiliare.Il pubblico formato dai “turisti” partecipanti a questo incontro, promosso dalla redazione della Rivista Kamastra, stato accolto dalla prof.ssa Fernanda Pugliese, dalle responsabili degli Sportelli Linguistici dell' area arbeshe – Maria Sistilli del comune di campomarino, Angela carafa e ester Di Rosa del comune di Montecilfone, Maria Antonietta Mancini e Filomena occhionero Manes del comune di Portocannone, Pinuccia campofredano

e concettina occhionero del comune di ururi -, dal prof. Agresti dell' universita' di Teramo, dalla referente dell'associazione Lem Silvia Pallini, dalla direttrice della rivista Kamastra Maria Rosaria D'Angelo e dal sindaco di Montecilfone Franco Pallotta.L’assemblea è stata aperta dalla prof.ssa Pugliese la quale, dopo i saluti di rito, ha sottolineato l’importanza delle minoranze linguistiche, arbeshe croata, presenti nel territorio molisano, ricordando anche quelle di Puglia e Basilicata evidenziando che la diversità è una ricchezza.Di seguito le responsabili degli Sportelli Linguistici hanno letto agli astanti alcune notizie storico-geografiche, in doppia lingua, sui quattro paesi di minoranza, promuovendo la diversità linguistica, e di conseguenza la lingua arbreshe anche attraverso questo scambio interculturale e valorizzando le caratteristiche storiche, umane, culturali del territorio.Il prof. Agresti, invece, ha illustrato le varie tappe della seconda carovana della memoria e della diversità linguistica, un viaggio di 4000 chilometri attraverso i paesi di

La diversità è una ricchezza

Il sapore della culturaItinerari enogastronomici e di lavoro

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minoranza linguistica presenti nel territorio italiano, con lo scopo di raccontare e di cucire i rapporti tra i vari territori visitati.Molto interessante è stato anche l’intervento di Annarita Annicchiarico, Presidente della cooperativa eureka di Martina Franca, la quale ha esposto le finalità e le modalità di questo progetto sottolineando che i percorsi turistici, soprattutto enogastronomici, portano alla conoscenza degli aspetti culturali del territorio visitato.L’incontro si è concluso con i saluti finali del sindaco Franco Pallotta.Lo scambio interculturale offerto nella sala consiliare di Montecilfone è stato indubbiamente un'opportunità di crescita personale per chi vi ha partecipato poichè si è dato grande valore e prestigio alla diversità

qualunque essa sia, considerando che non rappresenta un ostacolo ma una ricchezza, un elemento non solo costitutivo ma prezioso del vivere insieme, insomma un bene da tutelare...

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Gli Sportelli Linguistici Arbëreshë hanno ideato, organizzato e preso parte ad un evento culturale in Villa Badessa, piccolo centro di lingua, rito e tradizioni Arbëreshë in provincia di Pescara. La comunità Arbëreshe di Villa Badessa (Badhesa nella lingua di minoranza) ha origini più recenti rispetto alle comunità molisane di minoranza Arbëreshe, in quanto gli stanziamenti avvennero nel 1743. nonostante nella piccola comunità di Badhesa sia quasi scomparsa la parlata Arbëreshe, l’Associazione culturale “Villa Badessa” da anni si adopera per il recupero

e la valorizzazione di tutti i tratti culturali Albanesi, tra cui, appunto, la lingua. Molto importante è il complesso rito greco-bizantino, ancora utilizzato nelle cerimonie liturgiche nella piccola chiesa dedicata a S. Maria Assunta, dove si conserva una ricca iconostasi, a testimonianza di un legame della ritualità con quella delle origini.una rappresentanza degli Sportelli Linguistici Arbëreshë, nelle persone delle dottoresse campofredano Pinuccia e Di Rosa ester, ha preso parte alla ricca giornata di eventi di Villa Badessa, iniziata con la celebrazione liturgica in rito greco-

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Villa Badessadi Pinuccia campofredanoeester Di Rosa

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bizantino e proseguita con una serie di attività, culturali e non, volte ad arricchire le comunità Arbëreshe, quelle molisane e quella abruzzese. Per l’evento è stato coniato lo slogan “Vimi e ju gjemi Badhesë. Rimi bashkë” per sottolineare l’importanza di uno scambio culturale e linguistico concreto. è stata altresì creata una locandina dell’evento, che ha avuto luogo il giorno 28 Settembre. La locandina è stata affissa negli uffici dei quattro Sportelli Linguistici comunali e nella piazza di Villa Badessa. La giornata di festa ha avuto il suo culmine nell’evento “Sfida della zucca gigante”, giunta alla terza edizione, che ha visto partecipi zucche di ogni forma e dimensione. Molto piacevole è stata l’idea della tombolata che ha visto compartecipi le sportelliste Arbëreshë molisane in qualità di animatrici in lingua Arbëreshe. L’intera popolazione di Villa Badessa e i visitatori arrivati in occasione della “Sfida della zucca” hanno “curiosato” con vivo interesse nel box riservato agli Sportelli Arbëreshë del Molise e dimostrato attenzione e coinvolgimento verso la lingua e le tradizioni delle comunità Arbëreshë del Molise, nonché verso i lavori degli Sportelli.L’associazione culturale, che da anni si propone di valorizzare la cultura Arbëreshe della piccola comunità abruzzese, nonché tutta la popolazione, hanno accolto con vivo entusiasmo la visita degli Sportelli Arbëreshë del Molise, rendendoli attivamente partecipi alla ricca giornata di eventi. La giornata si è conclusa con un ricco buffet, uno scambio di doni e con la promessa di rafforzare i legami tra le comunità presenti.

Realtà Arbëreshe a confronto.La lingua Arbëreshe è tuttora parlatanelle quattro comunità.La lingua Arbëreshe non si è conservata. Di essa restano soltanto poche parole.Rito latinoRito greco-bizantinoArrivo degli Arbëreshë: fine 1400-inizi 1500Arrivo degli Arbëreshë: 1743CampomarinoMontecilfonePortocannoneUruriVilla BadessaMoliseAbruzzo

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Il PipecchioAntica ricetta di origini Albanesi che si usa preparare nel periodo dell’Ascensione. Ricetta della signora Anna Di Girolamo.

Ingredienti•5 o 6 uova, •150 gr di formaggio grattugiato (la ricetta originale predilige il pecorino ma si può utilizzare anche il parmigiano)•750 ml di latte

La preparazione è molto semplice:Si battono le uova con una forchetta, si aggiunge il formaggio e il latte. L’impasto deve risultare morbido. Si mette il tutto in una teglia e si inforna.Il pipecchio è pronto quando in superficie si forma una crosticina dorata.

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ururi – Macchia Valfortore. no, non è una partita di calcio ma un incontro culturale tra due realtà, quella Arbëreshe dello Sportello Linguistico di ururi e quella molisana del Museo “La casa, i mestieri e la cultura della memoria”. e non c’è alcun risultato da commentare ma un piacevole e istruttivo pomeriggio da documentare. L’ecomuseo di Macchia è un luogo affascinante e i suoi realizzatori, Mariella Brindisi e Mario Mancini, sono persone squisite, che hanno fatto della cultura della memoria la loro vita e che accolgono i loro

visitatori con gioia, facendoli entrare in un’altra dimensione, quella di un passato appena trascorso, che non c’è più ma che deve essere ricordato.Lo Sportello Arbëresh di ururi, insieme ad una delegazione di amici, ha avuto l’onore di fare un “viaggio nella memoria”, passando attraverso l’antica casa, ricca degli oggetti poveri di un tempo; la bottega dei mestieri, quali il calzolaio, il barbiere e il sarto; la vita contadina, con tutti gli attrezzi usati nel passato; la cultura del rattoppo. un viaggio che arricchisce perché ricco di elementi, di racconti, di personaggi. Mariella e Mario sono ospiti eccellenti, che condividono una passione compresa da pochi, ma che aprono la loro anima e la loro conoscenza ai visitatori. ciò che fanno è il risultato di passione e volontà di tramandare ai posteri ciò che è stato. Il filo sottile che lega il passato al futuro non deve essere spezzato, noi non saremo mai delle persone del tutto complete se non abbiamo la conoscenza del passato, di come siamo arrivati ad essere tali. Il viaggio attraverso le stanze del museo è affascinante non soltanto perché ti riporta indietro nell’asse temporale ma perché ti arricchisce di elementi di cui si è perduta la conoscenza, dei tanti oggetti dimenticati, mostrati e descritti abilmente da Mario e

Visita al Museo “La casa, i mestieri e la cultura della memoria”di Macchia Valfortore

di Pinuccia campofredano

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Mariella durante il percorso di visita. nel loro museo gli oggetti non sono solamente messi in mostra; essi si vivono, si toccano, si conoscono uno ad uno. e si rimane a bocca aperta nel constatare l’ingegno dei nostri avi nel costruire utensili con mezzi di fortuna, spesso facendo ricorso al riciclo. Mariella e Mario sono anche i depositari della musica della tradizione e il loro amore per la musica e per i canti da loro raccolti nel corso degli anni a Macchia si evince attraverso il suono del tamburello e della chitarra battente, abilmente suonati rispettivamente da Mario e da Mariella durante i loro spettacoli in giro per il territorio nazionale.Lo Sportello Arbëresh di ururi e i suoi ospiti sono tornati a casa arricchiti dopo questo viaggio. essi hanno appreso una lezione molto importante: tutti devono dare una mano, contribuire anche con una piccola cosa, affinché la memoria rimanga impressa nelle generazioni future e le nostre radici non vadano dimenticate.

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Mariella, com’è nata l’idea di un museo della cultura della memoria?è nata da sola. Avevo una bella collezione di oggetti antichi cui ero legatissima; essi rappresentavano il mio legame con i nonni, con il loro vissuto, e per questo ho deciso di comprare una piccola stanza in cui depositare tutte queste cose. Poi ho pensato che accatastare questi oggetti non servisse a molto e ho cominciato a realizzare quella che adesso è la prima stanza, ossia la casa antica che era in uso a Macchia, così come in tanti altri paesi del Molise, nei primi decenni del 1900. Dopo questa prima stanza, ne abbiamo comprato una seconda; poi non bastava neanche quella e ne abbiamo preso una terza e una quarta. nella seconda stanza abbiamo raccolto materiale sui mestieri; la terza è dedicata alla civiltà contadina e l’ultima alla “cultura della toppa e del riciclo”. Poi c’è la falegnameria, che apparteneva a mio zio; abbiamo avuto l’opportunità di acquistare, con i nostri ultimi risparmi, l’abitazione presso la quale la falegnameria era locata. essa aveva per me un doppio interesse, sia per il museo in sé che interesse affettivo, in quanto in questa casa avevano vissuto mia mamma e mia nonna. Dopo aver rilevato la falegnameria ed eseguito gli opportuni lavori di consolidamento, abbiamo partecipato ad un bando della Regione Molise finanziato con fondi europei destinati al restauro di borghi, palazzi storici, portali, fontane. La nostra domanda è stata accolta e abbiamo ricevuto un contributo che ci ha aiutato a portare avanti il progetto. La sua realizzazione è stata lunga e complessa per motivi burocratici ma ne è valsa la pena perché il risultato è stato davvero soddisfacente!

Intervista aMariella Brindisi e Mario Mancini.Ideatori e creatori del museo “La casa, i mestieri e la cultura della memoria” di Macchia Valfortore

di Pinuccia campofredano

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Quando e come è stato realizzato il museo e con quali mezzi?Tutto è cominciato nel ’94; abbiamo rifatto i tetti delle case da adibire a museo e sistemato gli interni delle stanze e tutto ciò è stato realizzato con l’impiego dei nostri risparmi.

Avete trovato delle difficoltà per la sua realizzazione?In realtà non abbiamo trovato difficoltà di rilievo. Abbiamo impiegato i nostri risparmi senza chiedere aiuti finanziari e qualche amico ci ha dato una mano nei lavori di ristrutturazione.

I vostri concittadini hanno collaborato? Come giudicano la vostra iniziativa? All’inizio erano in pochi a seguirci, ci vedevano come due persone un po’ “strane”; ora partecipano sempre più numerosi, ci seguono, cominciano a capire l’importanza del nostro operato. non sono in tanti ma qualcuno c’è. Purtroppo neanche le istituzioni ci aiutano molto, non hanno compreso il nostro amore per il museo, il suo valore sul territorio, ma noi andiamo avanti, continuiamo il nostro cammino. coloro che hanno capito l’importanza del museo, ci conservano il materiale da noi tanto ambito. ci sono alcune persone che ci aiutano regolarmente, quali Salvatore Russo, un nostro amico coltivatore che ci procura materiale, ci racconta fatti antichi del paese; c’è Giovanni Di criscio, che suona con noi l’organetto, il quale ha ricostruito u cannizz, uno strumento per pescare nel fiume; ci sono le signore, e sono tante, che hanno collaborato con noi per la raccolta dei canti e per l’arricchimento del nostro ricco archivio, in cui abbiamo documentato vari aspetti della vita di un tempo, tra cui la cucina. Lo sapevate che a Macchia si faceva il cous cous? Veniva chiamato i frascatell e la semola si lavorava allo stesso modo del cous cous.

Come avete procurato il materiale in mostra nel vostro museo? Attraverso donazioni e acquisti. Qualcosa che ci manca la compriamo. Da poco ci hanno donato una casa dove abbiamo intenzione di fare una stanza dedicata all’infanzia, con i giochi e scuola, e un’altra stanza dedicata alla sartoria e al corredo. Sul terrazzo ci sarà l’osservatorio astronomico. Questo museo corre, va avanti verso il futuro. Per noi è un impegno notevole ma lo portiamo avanti con tanta buona volontà e passione.

Che tipologia di visitatori avete?Varia. ci sono scuole che hanno realizzato dei progetti e alcune classi sono venute a farci visita, abbiamo parlato dei giochi antichi. è venuta a trovarci l’università della terza età di Roma. Qualche anno fa è venuta a farci visita la scuola del Testaccio di Roma, erano una novantina di

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persone, abbiamo mangiato qui tutti insieme ed è stata una bella festa. In generale, arrivano le scolaresche e alcuni turisti. I gestori di agriturismi, i più accorti, ci mandano dei turisti in visita. Tutti rimangono entusiasti, meravigliati, sia adulti che bambini. La visita del nostro museo non è solamente una semplice mostra di oggetti ma una rievocazione del passato. chi l’ha vissuto ha il piacere di ricordare, chi non l’ha vissuto vede qualcosa che non ha mai visto. Alcuni oggetti destano nei visitatori tanta sorpresa e meraviglia!

Mariella e Mario, qual è l’importanza di avere nel vostro paese un museo del ricordo? Il museo è fondamentale in un paese come Macchia dove c’è spopolamento totale, nascite quasi pari a zero, chiusura delle scuole. Avvicina i turisti, potrebbe creare posti di lavoro.

Sappiamo che Mariella e Mario sono anche appassionati di musica popolare. Da dove nasce questa passione e come la portate avanti?Parallelamente alle ricchezze materiali, noi raccogliamo i beni immateriali, i canti popolari della tradizione orale. Questa passione è nata a causa della nostra curiosità innata, della nostra avidità di conoscenza. Io, Mariella, sapevo che qui a Macchia si cantavano i canti durante il lavoro dei campi e ciò, un po’ per volta, ha portato a delle svolte interessanti. Proprio quando avevo cominciato a raccogliere questi canti, mi contattò Giovanna Marini, cantante di musica popolare di Roma e raccoglitrice di canti popolari della tradizione orale, la quale aveva fatto ricerche in tutta Italia ma non aveva materiale riguardante il Molise. Le canzoni rilevate sia da me che da Giovanna Marini sono tantissime: sono canti di lavoro, serenate, serenate a dispetto, ninne nanne, canti di lontananza, di partenza, di matrimonio… Io, poi, ho continuato per conto mio, recuperando tantissimo materiale. Io e Mario siamo andati in giro per l’Italia per conoscere i luoghi in cui si è maggiormente sviluppata la musica popolare, in particolare sul Gargano, dove abbiamo conosciuto i cantori del Gargano, abbiamo collaborato con loro, cantato con loro; siamo stati nel Salento, in calabria e anche in Sicilia. Molti artisti li abbiamo conosciuti a Scapoli;

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dal 1990 facciamo parte dell’organizzazione del festival della zampogna e ci rechiamo lì ogni anno. Anche questo è stato un momento di crescita. Durante i nostri spettacoli cantiamo il ciclo della vita, dalle ninne nanne alla morte, passando attraverso le tarantelle e i canti di lavoro. Il prof Vincenzo Lombardi, direttore della biblioteca “Albino” di campobasso, cura la presentazione di ogni brano da noi proposto. Recentemente abbiamo fatto due incontri alla curia, con il Vescovo, e uno di questi è avvenuto in diretta con Betlemme.

Mario, sappiamo che costruisci strumenti musicali della tradizione popolare. Quali sono questi strumenti?Sono i tamburi a cornice. è proprio a Scapoli

che è cresciuta la mia passione per questo strumento musicale e per la sua costruzione. Realizzo i tamburi a cornice e le tammorre nel mio laboratorio e li suono anche. Recandoci spesso sul Gargano, Mariella si è appassionata alla chitarra battente, che ha un suono particolare. Lei accompagna i canti della memoria con questo strumento che ha un suono che riassume il significato del canto popolare.

Infine, Mario, parlaci della parte scientifica del museo…L’aspetto scientifico si inserisce anch’esso nel polo ecomuseale e consiste nella stazione di rilevamento sismico e l’osservatorio astronomico. Quest’ultima è una passione recente, nata due, tre anni fa. La stazione di rilevamento sismico è una delle 70 stazioni di rilevamento in Italia; si tratta di una rete privata chiamata IeSn. Queste 70 stazioni sono distribuite su tutto il territorio nazionale, a partire da Linosa fino al Friuli, lungo la dorsale appenninica e sulle Alpi. noi pubblichiamo, ogni tre minuti, i dati di rilevamento sia degli eventi sismici sia dell’accumulo di tracce nelle 24 ore. Questa passione è nata nel 1998; io ho sempre fatto l’elettronico, acquisendo una serie di professionalità che ho messo in pratica qui, costruendo la prima stazione, dapprima analogica ora digitale.

Qual è il futuro di quest’ opera meravigliosa che è il museo dedicato alla casa, ai mestieri e alla cultura della memoria?

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Questo museo si è ora trasformato in polo ecomuseale in quanto, oltre alle quattro stanze e alla falegnameria, si è aggiunto il laboratorio di costruzione di tamburi a cornice, il Museo civico naturale della Valle del Fortore, di Massimo Mancini, nostro figlio, e il vecchio mulino ad acqua di Andrea di Iorio, recentemente ristrutturato. Il percorso, dunque, si amplia ed è una realtà notevole per un piccolo paese come Macchia. Se tutti facessero una piccola cosa, i nostri paesi sarebbero molto più ricchi. Se si riuscisse a capire l’importanza dell’ecomuseo e le potenzialità che esso può avere per il paese e per l’intero territorio, si potrebbero fare grandi cose, creare posti di lavoro per i giovani. Le nostre gambe stanno diventando sempre più fragili, ma noi andremo avanti con il loro lavoro finché ne avremo la forza. L’impegno e la passione ci saranno sempre.

concludiamo la nostra piacevolissima intervista con una significativa frase di Mario Mancini: noi siamo “ i musicanti della memoria” e i posteri avranno “memoria dei musicanti”!

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Musica Interviste

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Buongiorno Max. Noi rappresentiamo gli Sportelli Linguistici arbëreshë del Molise che cerca di valorizzare e trasmettere la cultura e le tradizioni arbëreshë del nostro territorio. Sappiamo che lei ha intrapreso un viaggio che le ha permesso di assaporare un po’ della nostra cultura e tradizioni arbëreshë in Molise. Quando e perché è nato l’interesse per la nostra cultura? E cosa rappresenta per lei?Per me che sono di S. Marco dei cavoti un paese campano alla frontiera, il Molise, terra per certi aspetti originale e unica, ha rappresentato sin da bambino il fascino del “giardino accanto”. Ricordo un fantastico viaggio di un pomeriggio d'estate degli anni settanta quando con la “zazzà” di zio Fiore (una fiat 500 giardiniera dell'epoca) andammo a Riccia con i miei zii e mio fratello. ecco per me il Molise è racchiuso nei colori e nella gioia di quella gita inattesa. Poi nel 2004 grazie

al mio amico il percussionista Giulio costanzo ho conosciuto la cantante Antonella Pelilli ed è iniziato un altro viaggio, non meno intenso, alla scoperta di una cultura che ritengo un ponte meraviglioso attraverso l'Adriatico che ci lega al Mediterraneo e al Medioriente. Da compositore avevo l'esigenza di affiancare all'inglese, l'italiano, o altro, una lingua che fosse lontana, inconsueta. e' nato il primo brano, Quem ma tia (Portami con Te),

completamente originale nel testo e nella musica che è stato subito apprezzato sia nella versione più classica su disco che in quella dal vivo più elettrica di cui ne abbiamo realizzato grazie al chitarrista Pasquale capobianco (osanna) una “eccentrica” versione per il prossimo lavoro discografico. Grazie ad Antonella ho conosciuto anche il lavoro di Silvana Licursi che ha fatto da apripista riguardo alla poesia e al canto tradizionale arbëresh e gli scritti interessantissimi di Fernanda Pugliese che ho studiato a fondo. Quest'anno, grazie all’Assessorato alla cultura della Regione Molise al suo delegato nico Ioffredi, e con la organizzazione dei quattro comuni di Minoranza Linguistica in particolare delle responsabili alla cultura di campomarino cristina Fortunato ed ururi nadia Primiani, abbiamo intrapreso la manifestazione “Gli arbereshe in tour”. Manifestazione che con Antonella Pelilli ci ha visti affiancati ai bravi e simpaticissimi musicisti del gruppo Quifti di Portocannone e ai Yllazet te regjenda di ururi.

Quanti e quali brani ha selezionato e arrangiato sul tema? In Popular Games ho anche realizzato una versione personale di Valle Valle, uno dei brani arberesh più conosciuti. Sia Portami con te che Valle valle sono anche su You tube per chi volesse ascoltarli. Da allora ho rielaborato diversi brani della

Max Fuschetto

di Angela carafa,Maria cristina Mascioe Maria Sistilli

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tradizione che abbiamo eseguito dal vivo affiancandoli sempre a musiche che rimandano ad altro che è poi un tratto caratteristico della mia scrittura. Brani come La Viola, ce Bukure capille hanno caratterizzato i concerti live di quest'anno.

Dove si è esibito?come musicista e compositore ho avuto la fortuna di partecipare ai festival internazionali più conosciuti, di esibirmi un po' dappertutto ma la cosa che ho trovato più interessante è quella di realizzare progetti sempre nuovi e diversi. Per esempio a novembre scorso, dopo un bel tour estiv con le Percussioni Ketoniche in qualità di compositore e performer, abbiamo realizzato nella basilica di Donnaregina nuova a napoli un concerto con I Tenores di Bitti Remunnu e loco. Quando più di quindici anni fa li ascoltai ne rimasi affascinato e, anche stavolta in maniera inattesa, ci siamo ritrovati a suonare insieme in una delle esperienze umane e artistiche più belle che mi siano capitate.

Qual è la principale emozione o concetto che cerca di trasmettere nelle sue esibizioni? E qual è il riscontro che ha ricevuto dal pubblico presente?Di solito i miei brani sono scritti cercando di far emergere sempre quella che considero la mia “voce personale”. ovviamente questo non ha nulla di definito perchè quando scrivo l'idea che ho delle cose si modifica suono dopo suono nel tentativo di realizzare l'immagine mentale che mi guida (la quale tra l'altro è continuamente attraversata da una sorta di rumore di fondo, un'interferenza

più o meno presente). Sin da ragazzo ho sempre seguito un principio riguardo la comunicazione artistica: se nel costruire m'imbatto in qualche cosa che mi meraviglia, a cui non avrei mai pensato, allora probabilmente avrà lo stesso effetto su chi mi ascolta. ovviamente non è sempre così, ma statisticamente parlando, per ora ha funzionato. Siccome nei live improvviso moltissimo, anche perchè odio stare sempre a leggere la musica e non ho una buona memoria, il contatto col pubblico condiziona molto quello che realizzo, è come se percepissi immediatamente il feedback e su di esso costruisco il prosieguo.

Cosa farà ora? Quali sono i suoi progetti futuri?A breve uscirà un nuovo lavoro discografico che accoglie anche l'arberesh ma in una costellazione più ampia di linguaggi. e' un concept che è attraversato da dimensioni poetiche che mi appartengono dove, però, nulla prevale in maniera definitiva. un omaggio all'arberesh è contenuto in un brano che è diventato lo spunto per un video della regista Monica Mazzitelli che accompagnerà l'uscita del disco e che vede la partecipazione straordinaria di Andrea chimenti e di Antonella Pelilli ancora alla voce, alla chitarra il raffinatissimo Pasquale capobianco ed io al rhodes e all'oboe.

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BiografiaMax Fuschetto è oboista, sassofonista e compositore. Si diploma in oboe al conservatorio Nicola Sala di Benevento e negli anni di apprendistato si dedica all 'esecuzione del repertorio classico e contemporaneo, sia come solista che in "small and large" ensemble. Collabora con l ’Orchestra della Nuova Scarlatti, con il Teatro S.Carlo, con la Piccola Orchestra dell 'Emilia Romagnaesibendosi al Teatro comunale di Bologna, al Regio di Parma, a Castelgandolfo, al Bibiena di Mantova, al Belvedere di S.Leucio.Nel 1993 è al Festival del Mondo Arabo al teatro romano di Cartagine. Questi anni sono caratterizzati anche dall'esplorazione sistematica delle musiche che gli sono più congeniali: la popular music, la musica colta del novecento, un certo Jazz, la musica africana subsahariana, i gamelan balinesi il cui primo approdo è il music theatre Red Bush (2000), per voce e piccolo ensemble, in collaborazione col compositore Pericle Odierna e su testi di Giuliana Cacciapuoti.L'anno successivo realizza Overture per Koyaanisqatsi per quartetto ed elettronica per il Teatro d' innovazione Galleria Toledo di Napoli e Fase Rem per soprano ed elettronica eseguito in prima nella rassegna Doppio Sogno a Villa Pignatelli.E' di quest'anno la collaborazione col pianista compositore Girolamo De Simone che in duo eseguono accanto ai propri lavori le musiche di compositori di frontiera come Sakamoto, Nyman, Eno, Vangelis originalmente riscritte. Dai concerti realizzati in sale significative come il Teatro Cherubini di Firenze e l'Auditorium Parco della Musica di Roma nasce il disco Frontiere che avrà nel 2006 il premio "Fontana d'Argento ".Nel 2004 si consolida la collaborazione col gruppo delle Percussioni Ketoniche con FishingSong (Compositori a confronto Reggio Emilia 2005) e Nuragas (2010) un brano per 22 campanacci.Nel 2006 su commissione del Ravello Festival scrive Popular Games for Cello Solo nell 'esecuzione di Silvano Maria Fusco.Nel 2009 pubblica il disco Popular Games (per Hanagoorimusic/Konsequenz) che viene trasmesso in anteprima nella trasmissione di Rai Radio Tre File Urbani (17gennaio 2009).Il Cd Popular Games ha ricevuto recensioni su Il Giornale della Musica, Repubblica, Alias, Il Fatto Quotidiano, Rockerilla, Jam, InSound, Equipecò, Slowcult, Music on Tnt. Nel 2012 realizza Midsommar ispirato all 'omonimo racconto di Monica Mazzitelli.  Ha collaborato inoltre con Vito Ranucci (Il giardino delle Delizie), Enrico Cocco, Robert Carl, Mauro Bortolotto.Nel maggio 2013 è stato intervistato dalla Deutschlandfunk Radio Berlin.Nel 2014 parteipa come performer e compositore al Festival di Ravello, alla Perdonanza celestiniana de L'Aquila, al Forum Internazionale delle Culture di Napoli e ad un memorabile concerto coi Tenores di Bitti organizzato dallo SCABEC alla Basilica di Donnaregina Nuova di Napoli. Al contempo intraprende con Antonella Pelilli il primo tour Arbresh attraverso l 'alto e il basso Molise.

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nell’ufficio dello Sportello Linguistico del comune di ururi incontriamo il prof. Antonio Pellegrino, presidente dell’associazione culturale “Gjaku Shprisht” e componente storico del gruppo musicale Arbëresh “Yllazët të rëgjënda”.

Prof. Pellegrino, mirë si erdhe! Ci vuole dire com’è nata questa esperienza musicale? Si u lëh grupi “Yllazët të rëgjënda”?Il gruppo “Yllazët të rëgjënda” si è formato nell’autunno del 1977 come parte fondante dell’Associazione culturale “Gjaku shprisht”, costituita nel Gennaio 1978, che si propone la tutela e valorizzazione della lingua Arbëreshe e non ha scopo di lucro.

Com’è nata l’idea del gruppo? Si ju erdhi ndër mend të vuhshët bashkë?A seguito del tentativo (ben riuscito) fatto nell’estate del 1977 della prima “Kënga Arbëreshe” (l’iniziativa era stata di Guido Tartaglione, uno dei fondatori e primo presidente dell’Associazione “Gjaku shprisht”), è venuta fuori l’idea del gruppo. essa è nata, dunque, spontaneamente, un po’ per gioco ma soprattutto per la volontà di tutelare la nostra lingua attraverso uno strumento semplice, quale la musica, che potesse raggiungere anche i giovani. Qual è il vostro repertorio? Cila janë këngët e juoj?Il nostro repertorio comprende, oltre alle

canzoni tradizionali, una lunga lista di brani scritti da persone del nostro gruppo musicale e non. Possiamo suddividere

l’attività del gruppo in due fasi: la prima fase comprende gli anni dal 1977 al 1983, mentre la seconda va dal 2001 ad oggi. nel 1983 ci siamo fermati e abbiamo ripreso l’attività pubblica solamente nel 2001. Questo, però, non vuol dire che l’attività artistica non sia andata avanti: pensate che il nostro repertorio comprende qualcosa come 160 canzoni… e poi altre 6 o 7 sono in cantiere!Dopo il periodo di fermo, non si riusciva a trovare la giusta motivazione per riprendere la rassegna concertistica. nel 2001 sono venuti dei parenti dal canada, anche loro musicisti per passione, e abbiamo deciso di fare un concerto insieme. Mio cugino, Tony Intrevado, suona la tromba, mentre suo figlio John suona la melodica. Il concerto ha riscosso un successo tale da

Yllazet Të Rëgjënda

di Pinuccia campofredano, ester Di Rosa, econcettina occhionero

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far ripartire l’entusiasmo e addirittura intensificare l’attività. Detto per inciso: oltre alla consueta serata musicale “Kënga Arbëreshe”, che si svolge ad Agosto, nel periodo di natale eseguiamo in chiesa anche il tradizionale canto natalizio “Tu scendi dalle stelle”, tradotto in lingua Arbëreshe, rivisitato oltre cento anni fa da Luigi Prezioso (organista e cantante non vedente); inoltre, nelle festività dedicate al Santo Patrono, il SS. Legno della croce, tradizionalmente eseguiamo in chiesa il canto “Kriqja druri”. oltre alla musica, ci siamo dedicati anche ad attività teatrali, sia scrivendo sia mettendo in scena delle commedie in lingua Arbëreshe.

Come avete raccolto i canti popolari? Si vurët bashkë këngët e tradicjunës? Abbiamo ripreso i canti popolari trasmessi oralmente dagli anziani del paese. Li abbiamo registrati e trascritti.

Ma parliamo dei componenti... Sono gli stessi da quando è nato il gruppo? Ma folëmi pë’ grupin... Kush bën pjesë? Janë ata çë kur u leh grupi?Il gruppo storico comprendeva Antonio Perrino alla tastiera, nicola Fiorilli alla batteria, poi c’ero io, Antonio Pellegrino, alla chitarra, Giovanni Salvatore al basso, Antonio Raspa alla fisarmonica e Michelino D’Arienzo alla chitarra (questi ultimi due non più in vita). Tra le voci “storiche”, sono pure da ricordare i compianti Alberto Pellegrino e Vincenzo Peta; quest’ultimo, autore anche di tante bellissime canzoni, ci ha lasciato circa quaranta testi inediti. Si può dire,

comunque, che tutti i componenti del gruppo cantano.

E quali sono, invece, i componenti attuali? E kush bën pjesë nani ka grupi? Dei componenti “storici” restiamo io, Antonio Perrino e nicola Fiorilli. Purtroppo, alcuni non sono più in vita, qualcun altro si è ritirato dal gruppo… I componenti che si sono aggiunti al gruppo sono: Antonio Pellegrino jr al basso, Michelino Intrevado alla chitarra, Vincenzo campofredano alla fisarmonica e voce, carlo Pisano alle percussioni e Antonio Ruccolo alla chitarra. comunque, ripeto, tutti i componenti del gruppo cantano.

Chi scrive i testi delle vostre canzoni? kush i shkruon këngët?Gli autori dei testi sono tanti! Spero di non dimenticare nessuno! Dunque, dobbiamo menzionare Vincenzo Peta, Franco Frate, Guido Tartaglione, Leonardo Tartaglione, emilio e Luis De Rosa, Antonio Pellegrino, Antonio Perrino, Michelino De Rosa, Mario D’Ardes,

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Tony Intrevado, Antonio campofredano, Luigi Papadopoli, Alberto Pellegrino, Milena Panelli, emilio Frate, emilio occhionero, nicola Papadopoli, Giovanni Salvatore, Antonio Turturro, clemente Varanese. e non possiamo dimenticare il signor Vittorio Miraglia, autore di una bella canzone, diventata la nostra sigla, “një bukur yllëzë” o la signora Maria Pellegrino la quale ha scritto una bellissima canzone, che si intitola “Gjuha horës ime”, a mio parere molto significativa perché, raccontando della gioia che scaturisce nel sentir parlare la lingua del proprio paese (“gjuha horës ime”, appunto) nella monotonia della città in cui si vive, fa capire che la lingua è un fattore determinante di identità, di appartenenza ad una comunità. (e qui il nostro intervistato si commuove...).

Tutti coloro che leggono i testi delle nostre canzoni, le ritengono non delle semplici canzoni ma delle poesie!

Torniamo alla musica.. Avete inciso qualche cd? Bërët ndonjë cd? Abbiamo inciso dei cd live dalle nostre serate (rassegne) di musica Arbëreshe. In precedenza avevamo inciso delle musicassette, che conserviamo gelosamente.I vostri spettacoli hanno da sempre avuto grande presa negli ururesi. Durante le vostre rassegne, ci sono dei canti che riscuotono maggiore successo di pubblico? Kunxhertet e juoj pëlqenjën shumë e janë ka zëmbra gjindjevet e Rurit. cili janë këngët çë pëlqenjën më shumë?ogni anno realizziamo, a ururi, una serata musicale e si, devo dire che c’è

una grande partecipazione di pubblico. Questo ci fa molto piacere. Le canzoni che, forse, hanno più successo sono quelle che riguardano il nostro paese o quelle che descrivono un personaggio particolare, tipico. un personaggio realmente esistito. Antonio ci pensa ancora, cerca di ricordare e poi confessa che in realtà non c’è un canto in particolare. Tutti i loro spettacoli ricevono un grande consenso di pubblico, che continua a chiedere loro di non fermarsi e continuare a cantare anche dopo due, tre ore di spettacolo.La musica Arbëreshe rafforza il legame della comunità con la cultura di appartenenza. Secondo lei, c’è qualcos’altro che si potrebbe fare, in campo musicale, per rivitalizzare la lingua e la cultura Arbëreshe? non sarebbe il caso di portare la musica Arbëreshe anche al di fuori dei confini locali?La lingua è un fattore molto importante che lega la comunità. Penso che bisognerebbe pubblicizzare non soltanto la nostra gastronomia ma anche la nostra lingua, magari attraverso la musica, esportandola al di fuori dei confini regionali. Il nostro gruppo ha partecipato a rassegne musicali in calabria e in Puglia, per quanto riguarda il territorio nazionale, ma non solo. Abbiamo suonato anche in canada, a Montreal, dove è presente una nutrita comunità Arbëreshe. è stato nel 2010. Per gli Arbëreshë riuniti in quell’occasione è stato come un ritorno in Patria, alle origini, al paese natio. un successo enorme. una festa.In quella serata, si è esibito insieme a noi il trombettista Ron Di Lauro, di origini

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ururesi, che nel 2009 era stato a ururi e aveva suonato con noi nella rassegna del 9 Agosto. A questo proposito, ho qui con me un articolo tratto dalla rivista “Panorama Italia”, che parla di Ron Di Lauro. nonno ururese, nato a Montreal, splendida carriera di musicista, ha accompagnato artisti di livello internazionale quali Aretha Franklin, céline Dion, Frank Sinatra Jr, Gino Vannelli, Michael Bolton. Ma ciò che maggiormente colpisce è ciò che Ron stesso dice a proposito della sua venuta a ururi: uno dei concerti più emozionanti della sua vita è stata la serata della Rassegna Arbëreshe del 2009 a ururi, il paese da cui erano emigrati i suoi nonni.

Ci saluterebbe dedicandoci un verso di una vostra canzone? Na lëje me fjalët të njëja kënge të juojt?“Me fjalët mund thuhet gjithësena, ma një lule thot më shumë ke gjithë fjalët çë janë ka shekulli.” La nostra lingua va conservata e protetta come un bel fiore. e concludo con un augurio: che la nostra bella lingua possa durare per sempre! Po rroft gjuha jone e bukur!

Ringraziamo il professore Antonio Pellegrino per la sua gentile collaborazione, per averci reso partecipi della sua passione per la musica e del suo amore per la lingua Arbëreshe. ci sembra doveroso inserire il testo di una canzone del gruppo musicale “Yllazët të rëgjënda” e, dovendo scegliere tra tantissime canzoni, abbiamo preferito “Katunde Arbëreshë”, del 1979, perché parla delle quattro comunità Arbëreshë del Molise e chieuti, accomunate dallo stesso legame di sangue.

Katunde ArbëreshëVersi e musica di Vincenzo Peta

Kaha njetër dhe, na erdhëm udhës këtena,shkovëm male e ujëe i lurëm pë’atena. Arbëreshë na jimi, shqiptar na thon,këtena na prurën madhërat e tona.Rrijëm g jithëSi zog j të bjera,g jithënjari na zuri karera.E nëngë mund rrijëm bashkë,pë’ këtë na jimi një “Gjaku shprisht”.

Katunde jimi pesëE jimi shumë përrëzë,dharasu ngë vame rromi ka ki Muliz, e g jaku jone rrishumë shtrënguor;e ka traturi ishtë hora jonë qanduor.Arbëreshë na jimiE nëngë jimi lëti,e fes ngë ka na bënj mosnjari.E u nani ju i këndonj,

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ka një ka një u ju i thom.E jimi g jithë shqipëtar,e qeftan e portëkanxhar,munxhufunar e kamarnez,ka hora jone jimi g jithë rurez.

Shumë fatjaturëraQetën prindët e tona;të part kalidhei bërën ka qana. Gjithë jurnatën I kumënojën,natën vejën e ja piçojën.Kanjovën vendE u qandua ki Rur,ma marrëmi eraajër i mirë.Ka deti del vareja si borë,shkon g jithë dherat e vjen era mbë grur.

Paesi Italo-albanesi.

Da un’altra Terra,noi siamo venuti di qua, abbiamo attraversato monti ed acquee li abbiamo lasciati di là.Arbëreshë noi siamo, Albanesi ci chiamano,di qua ci hanno portato gli antenati nostri.Stavamo tutticome uccelli dispersi,ognunoha intrapreso strade diverse.e siccome non potevamo stare più insieme,per questo noi siamo un “Sangue sparso”.

Di paesi siamo cinquee siamo molto vicini,

distanti non siamo andatie viviamo in questo Molise,ed il nostro legame di sangueè molto stretto;e nel tratturo è stato fondato il nostro paese.Italo-albanesi noi siamoe non siamo “latini”e fessi non ci dovrà fare nessuno.ed io adesso ve li canto (i paesi), ad uno ad uno ve li elenco.e siamo tutti Albanesi,chieutini e portocannonesi,montecilfonesi e campomarinesi,nel nostro paese siamo tutti ururesi.

Faticatori instancabiliSono stati i genitori nostri;le prime capannele hanno costruite nella piana di Larino.Tutto il giorno le costruivano,di notte gliele bruciavano.hanno cambiato luogoed è stato fondato ururi,noi respiriamo profumodi aria buona.Dal mare arriva la borea fresca come la neve,attraversa le terre e a noi arriva profumo di grano.

Musica Musika

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Musika Musica

“Thonjën gjithë ke ti u vrahe e u e di ke ngë ishtë ashtu, ti ki’ të rruoje gruojen jote, ti ki’ të rruoje vajzën jote.Pas një ditë t’erdhën e morrën, mosnjari më ngë të pa;thome pse ti vajte udhës, thome pse më ngë të gjenj”.

Sono queste le parole di “Senza te”, il nuovo singolo degli effetto Serra, un gruppo musicale di ururi nato agli inizi degli anni novanta. I componenti del gruppo, tutti arbëreshë, dopo anni di attività musicale (hanno suonato in tutta Italia e hanno partecipato per due volte all’Accademia di Sanremo), hanno preso coscienza del fatto che la loro cultura musicale non era quella che stavano seguendo, che in realtà la musica anglosassone cui si ispiravano non scorreva nelle loro vene, che bisognava

tornare alle radici. L’Arbëresh era la loro lingua di appartenenza, la loro cultura era Arbëreshe: quella era la strada da seguire. Sono approdati così a “Senza te”, singolo degno di nota pubblicato a novembre di quest’anno. e con in mente già un nuovo singolo tutto nella lingua dei loro avi.

Gli effetto Serra sono:Paolo Frate, testi e voce;Tony Petrillo, chitarra e arrangiamenti;Guglielmo occhionero, basso;Antonio Polenta, batteria;Leo Di Giacomo, chitarra e voce;Antonio Ruccolo, chitarra.

Effetto Serra

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Musica Musika

L’ intervista al gruppo musicale QIFTI si è svolta all’ interno dello Sportello Linguistico di Portocannone sito in Palazzo Manes; le responsabili dello Sportello hanno avuto il piacere di i ntervistare Cristian Iacovelli, decano e pilastro del gruppo stesso.Si è trattato di una piacevole chiacchierata che durante un’uggiosa mattinata ha accompagnato il lavoro consueto .

Cristian com’è nata questa esperienza musicale e come si è formato il gruppo? Tutto è partito nel '98 quando invitammo il gruppo Kamastra di Montecilfone come ospite al festival di Portocannone da noi organizzato. Loro, in un primo momento, rifiutarono il nostro invito dicendo che non avevano nessun musicista che li accompagnasse e fu allora che ci offrimmo noi di suonare con loro. così ci esibimmo insieme per la prima volta con canti e musiche folkloristici. Da quel momento la signora ornella cingolani, all’epoca responsabile del gruppo Kamastra, ci propose di registrare insieme a loro un cD. nacque, in questo modo, il sodalizio che durò per circa sei anni e che ci portò in giro per mezza Italia. Difatti abbiamo partecipato ad eventi e rassegne, in:

• Molise (Portocannone, campomarino, Montecilfone, Termoli, Isernia,

Guardiaregia, Sepino, campobasso) • Calabria (San Demetrio corone,

civita, cerzeto, San cosmo Albanese, Frascineto, Guardia Piemontese)

• Puglia (casalvecchio di Puglia) • Basilicata (San Paolo Albanese)• Sicilia (contesse entellina) • Umbria (Amelia, Terni)• Emilia Romagna (Forlì)• Liguria (Aulla)• Piemonte (Pont canavese).

Inoltre, nel 2003, su invito della Regione Molise, abbiamo rappresentato la musica folk regionale nella rassegna “Molise World” a Praga.Abbiamo anche partecipato a diverse Rassegne e Festival, raggiungendo i

Quifti

di Pinuccia campofredano, ester Di Rosa, econcettina occhionero

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seguenti traguardi:Festival Della Canzone Arbereshe in calabria: due 1°posto e due 3° postoInedito per Maria ad Amelia e Terni: un 3° ed un 5° postoPremio Lunezia Autori Giovani ad Aulla, con giuria presieduta da Mogol: 1° posto nella categoria “band”Feste e Kënge a Montecilfone: 1° postoII Festival Euromediterraneo in Calabria: 1° posto

Infine abbiamo partecipato anche ad alcune apparizioni televisive:siamo stati invitati a intervenire due volte alle trasmissioni su Rete4 "Il sabato del villaggio" e "La domenica del villaggio", abbiamo registrato la colonna sonora della trasmissione "L’altra Italia" della casa cinematografica Media Lux di Roma,abbiamo preso parte alla registrazione dello speciale “una casa per i kosovari” trasmesso su Rai uno durante la trasmissione "Prima – La cronaca prima di tutto".

Come mai avete deciso di dare questo nome al vostro gruppo?All’inizio adottammo il nome QIFTI ARBËReShË, proprio perché volevamo evidenziare il forte legame che ci univa alla nostra storia. QIFTI (il falco) era il simbolo del popolo arbëreshë, gruppo di gente albanese che fondò i nostri paesi del Molise e che proveniva da un luogo dell’Albania (all’epoca Arberia) detto Mali Qifti (Monte del falco) .

Qual è il vostro repertorio?Il nostro repertorio è formato sia da canti tradizionali arbëreshë come “Manusaqia”, “Çë bukure kapille” ecc, sia da brani scritti e musicati da noi. Tutto cercando di dare quel po’ di etnico con, chiaramente, strumentazione moderna.

Come avete raccolto i canti popolari?I canti popolari facevano parte già del repertorio del gruppo Kamastra. noi li abbiamo con il tempo riarrangiati musicalmente.

I componenti sono gli stessi da quando è nato il gruppo?Si sono succeduti tantissimi componenti; possiamo dire che io e Michele Galasso siamo gli highlanders del gruppo. Quando abbiamo intrapreso questo percorso musicale eravamo accompagnati da Pardo Mastronardi e Giancarmelo castelluccio. Poi con il passare del tempo c’era chi andava e chi veniva… come Marco Tardioli di San Martino in Pensilis, Rino Menna di San Giacomo, Michele Jonata di Montecilfone, Giulio Bassani di campomarino, l’amico carlo di ururi, addirittura un ragazzo argentino di nome Luis, fino a Pietro Iacovelli e Antonio Terzano che ancora oggi fanno parte del gruppo.

Quali sono i componenti attuali?come dicevo i componenti attuali sono: cristiano Iacovelli alla chitarra, Michele Galasso alla tastiera, Pietro Iacovelli al basso, Antonio Terzano alla batteria e poi ci sono le “new entry” Filippo Iacovelli alla chitarra e le voci carla

Musika Musica

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Mascio e Mariassunta Iacovelli.

Chi scrive i testi delle vostre canzoni?Il brano Jam një te ju (Sono uno di voi) è stato scritto e musicato da Michele Galasso, mentre tutti gli altri brani sono stati scritti e musicati da me. In tutti i brani gli arrangiamenti sono stati fatti insieme ai vari componenti del gruppo .

Avete inciso qualche cd?Abbiamo fatto una prima registrazione nel ’98, mentre abbiamo inciso 2 cD, nel 2004 e nel 2013.La musica Arbëreshë rafforza il legame della comunità con la cultura di appartenenza. Secondo te, c’è qualcos’altro che si potrebbe fare, in campo musicale, per rivitalizzare la lingua e la cultura Arbëreshë? non sarebbe il caso di portare questa musica anche al di fuori dei confini locali?nel nostro paese si sta perdendo questa cultura. Basti pensare che nelle nostre scuole solo una piccolissima percentuale dei bambini riescono a capire l’arbëreshë, ancora meno a parlarlo. credo che se si riuscisse a portare la nostra tradizione (non solo la corsa dei carri) nelle scuole, anche con poche ore settimanali, e perché no con l’ausilio della musica, ciò potrebbe essere di aiuto per non dimenticare mai chi siamo e da dove veniamo. non ci si rende conto che Portocannone, come tutti quei paesi che fanno parte di qualsiasi minoranza linguistica, ha una ricchezza, un dono e una fortuna che sarebbe veramente un peccato andasse sprecata. Dal canto nostro abbiamo in mente di fare un

Musica Musika

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concerto, richiamando anche qualche cenno storico sul nostro paese, per i ragazzi delle scuole entro fine anno scolastico. La mia speranza è che, come noi siamo riusciti a riscoprire le musiche e i canti di tanti anni fa, così in un futuro ci siano ragazzi che con la stessa voglia e la stessa passione possano riprendere le nostre musiche e i nostri canti in modo da farli riscoprire alle generazioni che verranno.

VOGLIA DI LIBERTA’Questo brano scritto e musicato da Critiano Iacovelli – chitarrista e cantante dei Qifti – racconta di una delle tante tristi storie delle ragazze straniere (in special modo provenienti dall ’est-Europa) che vengono in Italia con la speranza ed il sogno di cambiare vita, ma che poi si ritrovano a dover sottostare a soprusi e violenze da parte dei loro aguzzini. Esse sognano la loro terra e la libertà che hanno ormai perso, e sperano e pregano che il Nostro Signore Dio possa - con il suo immenso amore – dare loro un pò di sollievo e che possa finalmente donare ciò che esse ora sognano: la libertà.

Musika Musica

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Voglia di Liberta’u ronjë ktu cë shum mot, kishia të mire te mendja imeBëta e të lëra athën bukurë horë, ma u zgjuoçë te ëndërra ime…Dashuri u jan nani, kat ejap ditë për ditë.e ngë mund ikënjë më,psè ndonjari ngë më lën.

Për gjith kto gjindja imi lëtiedhe ndë imi burrë gjar ato.Qjelli me illëzë kimi për shpi e mosnjari ngë na do.Dot’imi vetëm si ini ju, ngë dot bëmi më një gjellë ashtu.Ma te ki shekull i shumthuomë, gjith kto gjindhja ngë na duonë…

Si gjar djelli, ditë për ditë, ngrohën dheun jonë,Me gjith Jotë dashurin, Ti nani ngrohën zëmërën jonë.Ip neve një udhë e re asthu ngë sbajomi më.Ti çë je patonë me ne, na e dimi: vetëm ngë na lën.

Tu! Tu che puoi, donaci la libertà.Ti! Ti çë mund, / jip neve liri jonë.

TraduzioneIo sono qui ormai da molto tempo,facevo mille bei sogni nella mia testaHo dovuto lasciare il mio paeseper poi dovermi risvegliare da quel sogno…Ora mi trovo in un paese lontanoe sono costretta a rimanerciE da qui non posso scapparePerché c’ è qualcuno che non mi lasciare andare

Per questa gente siamo straniereanche se noi siamo come loro Un cielo stellato abbiamo come casae nessuno ci vuole accettareVorremmo solo essere come voie non vorremmo più fare questa vitaMa in questo brutto mondonessuno ci vuole…

Come il sole, giorno dopo giorno.riscalda la terraCon tutto il Tuo Immenso AmoreTu riscaldi i nostri cuoriDacci una nuova vita e una nuova stradaper poter rimediare ai nostri erroriTu che soffri assieme a noinoi lo sappiamo: non ci lasci da sole

Tu! Tu che puoi, donaci la libertà.Tu! Tu che puoi, donaci la libertà.

Musica Musika

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Libre Libri

Dall'Italia e dal mondo

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Libri Libre

Dall'Italia e dal mondo

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Riunitosi  il 9 marzo 2012 a Palazzo chigi, sotto la presidenza del Presidente del consiglio, Mario Monti, nel ruolo di segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Antonio catricalà, il consiglio dei Ministri  ha discusso ed è intervenuto su un’ampia gamma di materie, relative a profili di diritto nazionale e comunitario, tra cui la ratifica della carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Comunicato stampa - Il consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e del Ministro per gli affari regionali, ha ratificato la carta europea delle lingue regionali o minoritarie. La ratifica va considerata come un recepimento formale dei contenuti della carta, dal momento che l’Italia è intervenuta con una legge in materia già nel 1999. La tutela delle lingue minoritarie – 12 in tutto: l’albanese, il catalano, il germanico, il greco, lo sloveno, il croato, il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo – prevede, tra le altre cose,

la possibilità di insegnamento nelle scuole, di utilizzo nelle circoscrizioni giudiziarie, oltre che la diffusione di programmi culturali e attraverso i principali mezzi di comunicazione. La carta europea per le Lingue Regionali o Minoritarie Il consiglio d'europa, che ha  tra i suoi  obiettivi fondamentali anche quello di salvaguardare e promuovere la ricchezza e la diversità del patrimonio culturale dell’europa, ha elaborato la  carta europea per le Lingue Regionali o Minoritarie. Tale documento è  stato adottato come convenzione dal comitato dei Ministri del consiglio d’europa il 25 giugno 1992 e firmato ufficialmente a Strasburgo il 5 novembre 1992 da tutti gli stati membri. La carta è entrata in vigore il 1 marzo 1998. La carta è da considerarsi come  una convenzione, finalizzata da un lato a proteggere e a promuovere le lingue regionali e minoritarie in quanto parte del patrimonio linguistico europeo in pericolo, dall’altro invece ha come scopo quello di favorirne l’utilizzo nella vita privata e pubblica.

L'Italia ratifica la Carta Europea delle Lingue Regionali o

Minoritarie

pubblicato 11/mar/2012

Kana Italies dhe kana shekuit Dall'Italia e dal mondo

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La Legge 482 del 1999 della Repubblica Italiana con la Legge n. 482 del 15 Dicembre 1999 relativa alle "norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", la Repubblica Italiana si impegna nella valorizzazione delle lingue e culture “minoritarie” presenti nel territorio italiano. Quindi, oltre alla Lingua Italiana, che è la lingua

ufficiale della Repubblica, la costituzione e il Parlamento Italiano hanno sancito l’esistenza di altre 12 lingue che devono essere tutelate e valorizzate: la Lingua Albanese o Arbëreshë, la Lingua catalana, il Tedesco, il Greco, lo Sloveno, il croato, la Lingua Francese e il Franco-Provenzale, l’occitano, il Ladino e il Friulano, e la Lingua Sarda.

Dall'Italia e dal mondo Kana Italies dhe kana

Settimana Politica dell'EraTrasmissione del 7 settembre 2014.nella puntata di domenica 7 settembre, condotta da Giorgio Pagano: Settimana Politica dell'Era, condotta da Monia Chimienti: Renzi Scuola, nazionalizzazione Linguistica inglese "Una volta per tutte"  Dibattito a Villa D'Angelo, a Montecilfone, durante la carovana della memoria e della diversità linguistica, su Giorgio castriota Scanderberg, eroe nazionale albanese, presentato dal Prof. Filippo Salvatore

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Le tappe della seconda carovana della memoria e della diversità linguistica (2014) La seconda carovana della memoria e della diversità linguistica organizzata dall’Associazione LeM-Italia in collaborazione con l'università degli Studi di Teramo e numerose istituzioni, ha attraversato l'Italia da nord a sud alla scoperta di minoranze linguistiche storiche, di nuovo insediamento e non territoriali, aprendosi anche anche alla dimensione dialettale. un insieme di automobili ha trasportato ancora una volta operatori, studiosi, studenti, esperti ed appassionati di ogni età, desiderosi di conoscere e valorizzare il patrimonio linguistico dello stivale - con tappe in Friuli, emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e calabria - ma anche quello europeo e Mediterrano. Il filo conduttore di questa seconda edizione è una riflessione su come informare la più ampia opinione pubblica circa il valore (culturale, sociale, economico, ambientale) della diversità linguistica e culturale. Per sollecitare il dibattito, a ogni tappa la

carovana si è articolata in due azioni: la presentazione in prima assoluta dell'opera 99domande su "Diversità linguistica & diritti linguistici” (a cura di Associazione LeM-Italia e cooperativa sociale Futura onlus, agosto 2014) e la presentazione del portale web Parchi etnoLinguistici d'Italia®. Il dibattito costituirà la materia prima degli Atti del convegno itinerante ottave Giornate dei Diritti Linguistici (GDL 2014). Si è trattato quindi di un convegno assolutamente partecipativo, a evidenziare l'incontro e la dialettica tra il mondo accademico e il territorio. come per la prima edizione, lungo il percorso sono state raccolte numerose testimonianze, individuali e collettive, che andranno a comporre un film documentario che sarà presentato nel maggio 2015 in occasione del Primo congresso Mondiale dei Diritti Linguistici, di cui la carovana 2014 rappresenta, anche, un'esperienza preparatoria. Questa seconda edizione è dedicata alla

E’ iniziato domenica 24 agosto da Tarvisio il lungo viaggio itinerante attraverso 5 regioni dal nord al sud d’Italia e comunità linguistiche di minoranza storica o di nuovo insediamento

La Carovana della memoria edella diversità linguistica

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memoria di Laura Aga-Rossi, scomparsa nel 2011. Intellettuale poliedrica coinvolta sia in un'importante esperienza di avanguardia artistico-letteraria sia nel recupero e riscoperta delle proprie radici linguistico-culturali, l'opera di Aga-Rossi incarna una sintesi ideale di tradizione e contemporaneità.

Cronaca Del La Tappa Molisana2 settembre 2014 Guglionesi (cB) e Montecilfone (cB). La carovana raggiunge la socia e referente molisana Fernanda Pugliese a Montecilfone (cB), paese arbëreshë. Partecipa a questa tappa della carovana lo studioso di diritto civile e medievale, prof. Federico Roggero dell’università di Teramo. A Guglionesi (cB) la carovana visita la chiesa di S. Maria Maggiore sotto la guida esperta del prof. Aceto. Prima di aprire la conferenza stampa a Termoli (cB) presso il caffè letterario caffè noir. Qui salgono in carovana una linguista di Guglionesi, Annagrazia Graduato, e il Prof. Filippo Salvatore e la professoressa Adele

Terzano. Il successivo convegno organizzato da Fernanda Pugliese si svolge presso il B&B Villa D’Angelo, già struttura aderente al progetto PeLDI dal 2013. Dopo la consueta presentazione dei progetti carovana, PeLDI e 99 domande, prende la parola Giorgio Pagano, Presidente eRA onlus, per presentare le attività dell’eRA per la salvaguardia della lingua italiana; intervengono inoltre il Prof. Filippo Salvatore, che analizza la figura dell’eroe nazionale albanese Skanderbeg nella letteratura europea, proponendo un’analisi che, partendo dalla “Skanderbeide”, poema epico del ‘500 della Sarrocchi, giunge fino alla letteratura

E’ iniziato domenica 24 agosto da Tarvisio il lungo viaggio itinerante attraverso 5 regioni dal nord al sud d’Italia e comunità linguistiche di minoranza storica o di nuovo insediamento

La Carovana della memoria edella diversità linguistica

Dall'Italia e dal mondo Kana Italies dhe kana

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contemporanea, e Fernanda Pugliese, con l’analisi di un passo tratto dal “canzoniere” di Pasolini dedicato al dialetto di Montecilfone. Sono presenti anche il consigliere comunale di Montecilfone, Antonietta Leone, e Liliana corfiati, pittrice di campomarino (cB), autrice dei murales del paese dedicati alla cultura arberëshë, nonché presidente dell’associazione FILITALIA per gli emigrati molisani negli Stati uniti d’America. La serata è accompagnata dai racconti su Montecilfone recitati dalla professoressa Adele Terzano. 3 settembre 2014-San Felice del Molise (cB). L’incontro con la cittadinanza di San Felice del Molise, isola linguistica croatofona, si svolge presso la Sala convegni del caffè letterario del paese con la partecipazione dello sportello linguistico, il Sindaco corrado Zara, la nostra referente di Montemitro (cB) nicoletta Radatta, il Presidente dell’Associazione “Agostina Piccoli”, Antonio Sammartino, e oscar Vetta dello Sportello linguistico di Acquaviva collecroce.

La carovana è accolta con musiche nana-šu eseguite da giovani musicisti di San Felice del Molise. Seguono la visita al caffè Letterario e della mostra fotografica “La mia seconda patria” sull’immigrazione croata e sull’emigrazione dei molisani all’estero nel XX secolo. come spiega il sindaco Zara, è stata creata una rete museale tra i vari comuni croatofoni del Molise(San Felice, Montemitro e Acquaviva collecroce).

da Primonumero.it (02/09/2014)"Difendere diritti e diversità linguistiche", tappa della carovanaTermoli. La salvaguardia dell’identità, attraverso la valorizzazione e tutela dell’italiano, dei dialetti e delle lingue minoritarie: la carovana della diversità e dei diritti linguistici è tornata per la seconda volta in Molise, e ha fatto tappa nella città adriatica, la mattina di martedì 2 settembre, diffondendo il suo messaggio.

nel café noir di corso umberto I i responsabili Giovanni Agresti e Federico Roggero, docenti dell’ università di Teramo, e Giorgio Pagano dell’Associazione "Salviamo l’italiano” hanno illustrato

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obiettivi e finalità dell’iniziativa, insieme alla coordinatrice della tappa molisana, la professoressa Fernanda Pugliese. «Siamo stati accolti molto bene – ha spiegato Agresti – l’obiettivo di quest’anno è portare avanti una riflessione con un convegno itinerante, su come trasmettere il valore autentico delle minoranze linguistiche. Va riservata almeno una pagina sui libri di scuola alla spiegazione dell’articolo 6 della costituzione, e attuare un lavoro non di superficie ma di conoscenza approfondita e di promozione della diversità linguistica». La carovana è partita lo scorso 28 agosto da Tarvisio, centro in provincia di udine. Agresti, vicepresidente dell’associazione Lem Italia che insieme all’università di Teramo e a numerose istituzioni ha promosso il viaggio che attraverserà la penisola da nord a sud ha inoltre presentato l’opera tascabile “99 domande su diversità linguistica e diritti linguistici». La seconda edizione della carovana si arricchisce anche della presenza di Giorgio Pagano, Segretario dell’Associazione Radicale esperanto, che ha intrapreso lo

sciopero della fame e della sete per la lingua italiana e per protestare contro il Politecnico di Milano e la decisione di «vietare totalmente i corsi di laurea magistrale nella lingua nazionale per sostituirli con quelli in inglese». Parcheggiata in centro l’auto con impressi gli slogan a tutela dell’italiano. «così facendo si arriva alla perdita dell’identità, stiamo svendendo tutto, 830 marchi italiani sono finiti in mani straniere, la decisione del Politecnico comporta una perdita economica per l’editoria di oltre 6 milioni di euro all’anno e blocca lo sviluppo della parte scientifica della lingua».

Fernanda Pugliese ha aggiunto che «la carovana si pone con uno spirito positivo, ci ritroviamo con persone diverse che hanno lo stesso obiettivo, e questo ci anima, perché ci rendiamo conto che non siamo i soli a credere nell’importanza della lingua e delle minoranze». Presente alla conferenza anche il docente di Italianistica nell’università di Montreal Filippo Salvatore che ha elogiato l’iniziativa.

Dall'Italia e dal mondo Kana Italies dhe kana

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Funzioni Comunicative

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Funzioni Comunicative

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Funksionet e komunikues Funzioni comunicative

Lo sostiene l’ex ministro e autorevole studioso e cattedratico prof. Tullio De Mauro che in un articolo pubblicato sul corriere della Sera alcuni anni fa, getta acqua sul fuoco delle polemiche che hanno infiammato il dibattito sulla contestatissima legge per la tutela della lingua friulana presentata dall’assessore regionale all’istruzione Roberto Antonaz. Il prof. De Mauro, nel ribadire l’utilità ed il diritto delle famiglie di adottare la lingua materna come veicolo di trasmissione dei saperi linguistici, delle tradizioni e delle culture locali, ripercorre il travagliato iter di approvazione della legge 482 del 1999, e il suo coinvolgimento personale in una materia di interesse giuridico costituzionale.“… nel 1971 - scrive l’ex ministro - due deputati, Mario Lizzero e Franco compagna, piombarono a casa mia chiedendomi se accettavo di dirigere una indagine conoscitiva del Servizio studi della camera sullo stato delle minoranze linguistiche in Italia. ero sorpreso. Mi spiegarono che anche se non me ne rendevo conto, un mio libro di anni prima era l’unico in cui si parlasse della questione. e che, comunque, bisognava finalmente attuare l’art. 6 della costituzione sulla tutela delle minoranze linguistiche. Accattai . cominciò

una storia travagliata, dovette intervenire Sandro Pertini, presidente della camera, a difendere contro il governo dell’epoca, il diritto del Parlamento a promuovere indagini conoscitive su questa e ogni altra materia. L’indagine si concluse nel 1974, ma per vario tempo restò a dormire. Da varie parti le dirigenze centrali dei partiti erano ostili…. c’era una situazione paradossale. Localmente , dai comuni albanesi e neo greci, alle aree slovene o friulane , politici del luogo e, debbo aggiungere subito, la chiesa , erano schierate per destare o ridestare le tradizioni minoritarie. Le dirigenze nazionali erano apertamente ostili. …..finalmente l’indagine conoscitiva venne pubblicata….. che esistessero in Italia minoranze linguistiche era difficile da negare. Ma mentre a Roma si discuteva la comunità poi unione europea mandava severi richiami perché anche l’Italia , come i restanti Stati , si adeguasse ai principi di tutela del diritto umano di parlare e studiare la propria lingua, anche se minoritaria. Di legislatura in legislatura si andò avanti tergiversando”. Questa in breve la genesi del professor De Mauro. IL ReSTo è SToRIA RecenTe.

Studiare la propria lingua e’ un diritto

sacrosanto

di FernandaPugliese

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Funzioni Comunicativee modi di dire

Funzioni comunicative Funksionet e komunikues

Traduzioni di Angela Carafa, Cristina Mascio e Maria Sistilli

FUNZIONI ATTI COMUNICATIVI ESPRESSIONI/ESPONENTI

PRESENTARSI Sono ……JamMi chiamo ……Sërritem - thritem

PeRSonALe

•PARLARe DI Se’•DIRe LA PRoPRIA eTÀ•DIRe LA PRoPRIA PRoVenIenZA•DIRe LA PRoPRIA ReSIDenZA•PARLARe DeLLA PRoPRIA

FAMIGLIA•DIRe IL PRoPRIo LAVoRo•PARLARe DeL PRoPRIo STATo

FISIco•MAnIFeSTARe SenTIMenTI,

eMoZIonI, PenSIeRI, IMPReSSIonI, SenSAZIonI

•ho ……Kam(età).•Sono ……Jam(nazionalità).•Abito a ……Rri(città).•Sono/non sono sposato/a• Jam/ngë jam vujtur kurorë- vunur kuror•ho/non ho (un, due, tre….) figli/o•Kam/ngë kam (një, di, tre) bijr - biglj•Faccio il/la …… bënj (attività)•Sono/non sono stanco……Jam lodhur/ngë

jam lodhur•Sono…… triste/contento Jam murtifikuour/

jam kundend

•eSPRIMeRe DeSIDeRI • Vorrei+……Udishamolla(nome)• Vorrei+……Udishë

këndoja(verbo).•RISPonDeRe A DoMAnDe

ReLATIVe AI PRoPRI GuSTI

• Tipiacelapizza?/Takëndapizza?• Sì!/Ejë!• No!/Jo!

•eSPRIMeRe SoDDISFAZIone • Bello!/Bukur!/Shumëbukur!

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Kamastra periodico arbëresh 88

Funksionet e komunikues Funzioni comunicative

•eSPRIMeRe APPRoVAZIone • Sì!/Ejë!• Bene!/Mirë!

•eSPRIMeRe DISAPPRoVAZIone

• No!/Jo!• Male!/Lig!

•eSPRIMeRe PAuRA • Hopaura!/Kamtrëmbasi!• Aiuto!/Ndihëm!

•eSPRIMeRe SoFFeRenZA FISIcA

• Ahi!/Ov!• Homaldipancia!/Mëdhembëbarku!• Homalditesta!/Mëdhembëkoça!

• Homaldischiena!/Mëdhembëgurrizi!KURISI

• Homaldidenti!/Mëdhembënjëndhëmbt!

InTeRPeRSonALe •SALuTARe • Buongiorno!/Mirëditë!• Buonasera!/Mirëmbrëma!• Ciao!/Ciao!Çiao,çiao• Arrivederci!Dukëmi!

•RISPonDeRe A un SALuTo • Buongiorno!/Mirëditë!• Buonasera!/Mirëmbrëma!• Ciao!/Ciao!• Arrivederci!/Dukëmi!-QAVARISEMI(

termineantico)

•conGeDARSI • Ciao!/Ciao!• Arrivederci!/Dukëmi!• Buongiorno!Mirëditë!• Buonasera!/Mirëmbrëma!• Buonanotte!/Mirënatë!

•RISPonDeRe A unA PReSenTAZIone

• Piacere,iosono……/Ujam• Piacere,iomichiamo…..../Sërritem

•InFoRMARSI SuLL’InTeRLocuToRe

• Cometichiami?/Sisërrite?• Quantiannihai?/Savjetke?• Doveabiti?/Takuabiton?TAKURRI• Chelavorofai?/Çëshëbërtirbën?• Comestai?/Sije?• Comeva?/SiVete?• Sei……Jeitalian(nazionalità)?

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Kamastra periodico arbëresh 89

Funzioni comunicative Funksionet e komunikues

•RInGRAZIARe • Grazie!/Tëharistisinj!

•RISPonDeRe AD un RInGRAZIAMenTo

• Prego!

•ScuSARSI • Scusa!/Skusohu!• Scusi!/Skusohu!

•AcceTTARe Le ScuSe • Niente!/Mosgjë!

•FARe GLI AuGuRI • Auguri!/Urime!

•conGRATuLARSI • Bravo!TELAUDHONJ• Brava!

•FARe un BRInDISI • Cincin!Çinçin

•FARe GLI AuGuRI con un BIGLIeTTo

• Auguri!……/Urime!(firma)• Tantiauguri!……/Shum

Urime(firma)• Buonanno!……Mirë

Vit!(firma)• BuonNatale!……Mirë

Natallet(firma)

•RInGRAZIARe con un BIGLIeTTo

• Grazie!……Tëharistisi!(firma)

•TRASMeTTeRe SALuTI • Saluti……Shëndet!(firma)• Ciao……Ciao!(firma)

REGOLATIVO-STRUMENTALE

•conFeRMARe • Sì./Ejë

•SMenTIRe • No./Jo

•ATTIRARe L’ATTenZIone • Scusa…Skusohu• Scusi…Skusohu• Signore…Burr• Signora…Grua• Signorina…Kapile

•chIeDeRe AIuTo/coLLABoRAZIone

• Miaiuti?/Mëndihën• Miaiuta?/Mëndihëna• Aiutami,perfavore!/Ndihëm!

•chIeDeRe DI RIPeTeRe • Come,scusa?/Çë,skusohu?• Come,scusi?/Çë,skusohu?

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Kamastra periodico arbëresh 90

Funksionet e komunikues Funzioni comunicative

•chIeDeRe DI PARLARe PIÙ LenTAMenTe

• Piano,perfavore./Dalë!

•FAR cAPIRe DI non AVeR cAPITo

• Nonhocapito./Ngëkapirta!

•AcceTTARe unA PRoPoSTA • Sì./Ejë•RIFIuTARe unA PRoPoSTA • No./Jo•FARe unA PRoPoSTA • Vienialmercato?/Vjentamar-

kati?• Vieniacasamia?/Vjentashpia

ime?• Vieniconme?/Vjenbashkëma

mua?•oRDInARe/chIeDeRe

QuALcoSA

• Vorreiuncaffè./Dishanjëkafe.• Uncaffè,perfavore./Njëkafe!• Vieni!/Ajoc!• Mangia!/Ha!• Prendi!/Zëjë!

•eSPRIMeRe InTenZIone • Voglio+……(verbo)/Dotha•eSPRIMeRe oBBLIGo • Devo+……(verbo)/Katha

•eSPRIMeRe PoSSIBILITÀ • Posso+……(verbo)/Mundha

•AccoGLIeRe QuALcuno • Vieni!/Ajoc!

•MeTTeRe In GuARDIA • Attenzione!/Rriattendu!AT-ENDU

• Attento!/Attendu!•chIeDeRe un PeRMeSSo • Posso?/Mund?

•chIeDeRe unA DeFInIZIone • Cos’è……?/Çëishtë?

•InFoRMARSI SuLLA PReSenZA o ASSenZA DI

• C’èMario?/IshtëMari?

•QuALcuno o QuALcoSA • Quantocosta?Sakuston?

•PARLARe DI PReZZo/DeL coSTo • Pesë…eura(numero)euro.

•chIeDeRe L’oRA • Cheoraè?/Çëherëishtë?

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Kamastra periodico arbëresh 91

Funzioni comunicative Funksionet e komunikues

•DIRe L’oRA • Ishtëlitre……(oreintere)• Mezzogiorno./Miesditë• Mezzanotte./Mesnatë

•chIeDeRe che GIoRno è • Chegiornoè?/Çëditëishtë?•DIRe che GIoRno è • Ahëna……(giornodellasetti-

mana)•chIeDeRe InFoRMAZIonI/

InDIcAZIonI SuI TeMPI• Vieniascuola./Vjentaskolla• Quando?/Kur?• Lunedì./Tëhënë

•DARe InFoRMAZIonI/InDIcAZIonI SuI TeMPI

• Quandofailaspesa?/Kurbënspisën?

• Domani!/Nesër!• Dopo!Dopu!• QuandoseiandatodaPaolo?/Kur

vajtetaPaoli?• Ieri!/Dje!• Duegiornifa!/Diditëprapa!• Prima!/Mipari!• DaquantotemposeiinItalia?/Sa

motjetaItalia?• Dueanni!/Divjet!

•chIeDeRe InFoRMAZIonI/InDIcAZIonI Su coMe RAGGIunGeRe un LuoGo

• Scusa,laquestura?/Skusohutakuishtëkujstura?

• Scusi,laquestura?/Skusohu(inzot)kuishtëkujstura?

• Dov’èlaquestura?/Takuishtëkujstura?

•LocALIZZARe oGGeTTI neLLo SPAZIo

• Qui./Këtu!• Qua./Këtu!• Lì./Atje!• Là./Atje!• Vicino./Prës• Lontano./Lahardur

•eSPRIMeRe PoSSeSSo • Mio./Imi• Mia./Imia• Tuo./Joti• Tua./Jotia

•IDenTIFIcARe oGGeTTI • Vorreiquesto./Dishiakëtë• Vorreiquesta./Dishiakjo• Vorreiquello./Dishiaatë• Vorreiquella./Dishiaajo

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Kamastra periodico arbëresh 92

•PARLARe DI QuAnTITÀ • 1.• 2.• ……(finoa100e1000)• Chilo/chili-Kil/kilet• Litro/litri-Litër/litret• Chilometro/chilometri-kilomëtri/kil-

omëtret•DeScRIVeRe QuALcuno

(carattere e aspetto fisico)• Alto/basso./Aftu/Vashu• Grande/piccolo-imadhi/Ivogëli• Magro/grasso-iligësht/imajmë• Giovane/vecchio-Trim/Plakë• Bello/brutto-Ibukur/ishumtuor• Buono/cattivo-Imiri/iligji• Biondo/castanoMELESHTTE……

MELESHTSIKESHTENJ?• Bravo.

•DeScRIVeRe QuALcoSA (appartamento, arredamento)

• Grande/piccolo-Imadhi/ivogëli• Bello/brutto-Ibukur/ishumtuor• Sporco/pulito-Iljer/pulitu• Nuovo/vecchio-Ire/ivjetër• Caldo/freddo-ngrohët/ftohët• Aperto/chiuso-Haptë/Mbujitur• C’èiltavolo./Ishtëtresa• Nonc’èlalavatrice./Ngëishtëlavatriça• Cisonodueletti/Janëdishtretra• Noncisonofiori/Ngëjanëlulet

•DeScRIVeRe IL cLIMA • Facaldo/Bënvapë• Fafreddo/Bërdhihen• Èbello!/Ishtëibukur!• Èbrutto!/Ishtëishumtuor!

•InDIcARe Le DIMenSIonI • Grande/piccolo-Imadhi/ivogëliPOETICO-IMMAGINATIVA

•RIconoSceRe L’InTonAZIone DI un’AFFeRMAZIone, DI un’eScLAMAZIone e DI unA DoMAnDA

• Sonoargentino/Jamargentinë• Seitunisino?/Jetunisinë?• Chebello!/Çëbukur!

•PRoDuRRe L’InTonAZIone DI un’AFFeRMAZIone, DI un’eScLAMAZIone e DI unA DoMAnDA

• Sonoalbanese/Jamarbëresh• Seialbanese?/Jearbëresh?

•chIeDeRe IL noMe DI un oGGeTTo

• Comesichiama….?(supportatodalgesto)/Sisërritet?

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Kamastra periodico arbëresh 93

FUNZIONE PERSONALESi realizza quando lo studente rivela la propria soggettività, la propria personalità.Gli atti comunicativi sono

• manifestare sentimenti, emozioni, pensieri, impressioni, sensazioni

• parlare del proprio stato fisico• presentarsi• dire la propria età• dire la propria provenienzasi realizza preferibilmente, oltre che nei dialoghi, anche in generi quali la lettera personale, il diario, l'intervista, ecc.

FUNZIONE INTERPERSONALESi realizza quando lo studente stabilisce, mantiene o chiude un rapporto di interazione.Gli atti comunicativi sono:

• salutare• offrire• accettare e rifiutare qualcosa• ringraziare• congedarsi• scusarsi

FUNZIONE REGOLATIVO-STRUMENTALEconsiste nell'usare la lingua per agire sugli altri, per regolare il loro comportamento o per ottenere qualcosa al fine di soddisfare le proprie necessità. Gli atti comunicativi che danno sostanza a questa funzione, molto delicata sul piano sociolinguistico, sono essenzialmente:

• dare e ricevere istruzioni, consigli, ordini, istruzioni

• impedire di fare qualcosa• fare richieste

FUNZIONE REFERENZIALESi realizza quando la lingua viene usata per descrivere o per spiegare larealtà.Gli atti comunicativi sono:

• descrivere cose, azioni, persone• chiedere e dare informazioni• fornire spiegazioni

I messaggi che realizzano questa funzione sono prevalentemente caratterizzati da oggettività, lessico denotativo, uso dell'indicativo e della terza persona.

FUNZIONE POETICO-IMMAGINATIVASi realizza quando si usa la lingua per produrre particolari effetti ritmici,suggestioni musicali, associazioni metaforiche, ecc. , agendo quindi soprattutto sulla forma del messaggio (il "significante"), o per creare situazioni e mondi immaginari.Gli atti comunicativi sono:

• cogliere gli effetti ritmici, metaforici, ecc., cercati dall'emittente

• comprendere storie, racconti, poesie, ecc. secondo le regole dei generi narrativi nella letteratura.

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Kamastra periodico arbëresh 94

MORFOSINTASSI• Verbi essere, chiamarsi, fare, andare

e aiutare presente indicativo I, II e III persona singolare (uso formulaico).

• Verbi avere, abitare, volere, potere, dovere, andare, venire, aiutare, sapere, prendere, mangiare, stare, lavorare presente indicativo I e II persona singolare (uso formulaico)

• Verbo esserci presente indicativo III persona singolare e plurale

• Verbo costare presente indicativo III persona singolare (uso formulaico)

• Verbo volere condizionale semplice I persona singolare (con valore attenuativo)

• Verbi scusare, mangiare, venire, prendere, entrare, guardare imperativo presente II persona singolare (uso

• Verbo scusare imperativo presente III persona singolare formulaico)

• Percepire il valore della distinzione maschile e femminile e singolare e plurale in riferimento a nomi ed aggettivi

• Riconoscere ed utilizzare alcune forme di pronomi personali (riferiti in particolare alla prima e seconda persona singolare)

• Riconoscere ed utilizzare alcuni articoli determinati (il/la e gli/le) e indeterminati (un/una)

• Percepire la pertinenza dell’ordine dei costituenti di un enunciato semplice (si sottolinea percepire, non comprendere in maniera consapevole!)

• usare alcuni connettivi: e o

FUNZIONE METALINGUISTICASi realizza quando ci si serve della lingua per riflettere sulla lingua stessa (spiegarne imeccanismi, descriverne le caratteristiche, ecc.) o per risolvere problemi comunicativi tipici dell'interazione in lingua straniera o in una seconda lingua:

• chiedere come si chiama in ……, ecc. un oggetto

• creare perifrasi, per cercare di spiegare una parola che non si conosce (ad esempio, dire “rubatore” al posto dello sconosciuto “ladro”)

Funksionet e komunikues Funzioni comunicative

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www.rivistakamastra.com

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www.rivistakamastra.comwww.youtube.com/rivkamastra

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