SPIRITOTRAIL - Ecomarathon · del boale dei Fondi, che si apre maestoso sotto di noi. E’ sentiero...

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TRAIL RUNNING WEBZINE N° 9 - DICEMBRE 2008 SPIRITOTRAIL cronache TA PICCOLE DOLOMITI CAPE ODISSEY LES TEMPLIERS CORMORULTRA MADONNA DELLA SALUTE MONTE DI PORTOFINO MONTE CASTO attualità DALLA WEBZINE ALLA CARTA materiali GARMIN FORERUNNER 405 SCARPE INOV8 scritto da voi MAGICO CANSIGLIO personaggi MAURIZIO SCILLA interviste MATTEO GRASSI & SIMONE BROGIONI concorso FOTO DEL MESE anteprima gare CIRCUITO WINTER TRAIL ECOMEZZA DELLA VAL D’ORCIA TRAIL DELLA MERLA TRAIL BLANC le gare da sogno BOAVISTA, COSTARICA, ROYAL RAID MAURITIUS

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TRAIL RUNNING WEBZINE

N° 9

- DI

CEM

BRE

2008

SPIRITOTRAIL

cronacheTA PICCOLE DOLOMITI CAPE ODISSEYLES TEMPLIERSCORMORULTRA MADONNA DELLA SALUTEMONTE DI PORTOFINOMONTE CASTO

attualitàDALLA WEBZINE ALLA CARTA

materialiGARMIN FORERUNNER 405SCARPE INOV8

scritto da voiMAGICO CANSIGLIO

personaggiMAURIZIO SCILLA

intervisteMATTEO GRASSI

& SIMONE BROGIONI

concorsoFOTO DEL MESE

anteprima gareCIRCUITO WINTER TRAIL

ECOMEZZA DELLA VAL D’ORCIATRAIL DELLA MERLA

TRAIL BLANC

le gare da sognoBOAVISTA, COSTARICA,

ROYAL RAID MAURITIUS

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ED

ITO

RIA

LE

Pare ieri, eppure è passato un anno da quelle prime e-mail, dai quei brevi messaggi privati in cui iniziavamo a ipotizzare un sito, un forum, un punto di ritrovo per gli appassionati di trail running in Italia, “con tanto di rivista” si diceva “ma in digitale, per cominciare”.

Poi la fatica di mettere assieme i pezzi, di rendere concrete le idee. Tante, ma tante ore dedicate a questo progetto che una volta partito, permettetemi un pizzico di orgoglio, non si è più fermato.Da aprile ad oggi abbiamo confezionato 9 numeri di Webzine, con cronache, anticipazioni, approfondimenti tecnici e test di materiali, ma anche con spazi dedicati alle persone: tanto ai campioni quanto agli atleti amatoriali; e un inserto speciale sull’evento clou stagionale, cioè UTMB e CCC. Nel Forum abbiamo registrato numerosissimi interventi (mentre sto scrivendo vedo che sono già 12.620 i messaggi per 683 argomenti!) e oltre alla segnalazione di gare e ai loro resoconti, sono state affrontate anche questioni importanti come la sicurezza o il rispetto per l’ambiente. E proprio da queste discussioni è nata la campagna Io non getto i miei rifiuti che, con tanto di testimonial e diverse adesioni da siti, blog e gare, si sta diffondendo capillarmente sul territorio nazionale. Non dimentichiamoci poi l’altro nostro fiore all’occhiello, cioè i Trail Autogestiti, che si organizzano proprio a partire dal nostro Forum, ma che si stanno affermando nella pratica di altri gruppi sportivi e associazioni. Abbiamo poi ideato la Mappa degli spiriti trail, una sezione in cui si collocano geograficamente alcuni degli utenti iscritti alla community, che si propongono come referenti geografici e accompagnatori per trail estemporanei: quante volte capita infatti di spostarsi per lavoro, aver voglia di correre, ma non sapere dove andare... In questi mesi ci siamo anche fatti promotori di una regolamentazione del Trail e dell’Ultra Trail in Italia, proponendo un incontro tra organizzatori di gare, per discutere di calendario, di etica e di regolamenti. Infine è stata la volta di SPIRITOTRAIL A.s.d. (Associazione sportiva dilettantistica), un’ulteriore forma di aggregazione per chi ha voglia di partecipare a un gruppo sportivo un po’... cosmopolita (o “cosmotrailita” ?) ma, va sottolineato, senza nessuna preclusione nei confronti di chi non vi si iscrive. Spiritotrail rimane e rimarrà sempre il nostro punto di ritrovo, di discussione, dibattito

e confronto, di scambio di idee e di esperienze, il nostro stimolo per continuare e per migliorare, il nostro contatto reciproco e, da febbraio, finalmente, anche la nostra rivista su carta, da leggere e sfogliare comodamente a casa, sul divano o, chissà, magari anche nel bosco all’ombra di una quercia... Matteo >emme< Grassi

IMMAGINE DI COPERTINAT.A. Col de MoiFoto di Francesco Zanchetta

SPIRITO TRAILN. 9 - DICEMBRE [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILESimone Brogioni

REDAZIONESimone Brogioni, Matteo Grassi, Gualtiero Linetti, Stefano Michelet, Cristina Murgia, Maurizio Scilla, Leonardo Soresi, Francesco Zanchetta

HANNO COLLABORATOEnrico Pollini, Paolo Bestini, Riccardo Ghislanzoni, Alberto D’Enrico, Jérome Debize, Nicolas Bigard, Daniela Banfi, Marco Vendramel, Marco Flamminii Minuto

PROGETTO GRAFICOStefano Michelet e Cristina Murgia

OFFICINAGRAFICA

S P I R I T O T R A I L

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[ATTUALITA’...]

Testo di Matteo >emme< Grassi

Correva dicembre 2007 quando iniziarono a circolare, per non dire turbinare, i primi messaggi e-mail.

Una vera e propria triangolazione di idee e proposte. Tempo di avviare i progetti, tempo di registrare un nuovo dominio e di dare una forma al sito e al forum, tempo di impostare un po’ di grafica e... Il giorno 7 di aprile uscì il numero 1 della webzine SPIRITOTRAIL, prima rivista digita-le in Italia interamente dedicata alla cor-sa trail, inaugurando al contempo anche sito e forum. Sono poi seguiti altri 8 numeri fino a quello attuale, con un crescendo di temi, cro-nache, anticipazioni e approfondimenti. Nove mesi in cui però non si è mai ab-bandonata l’idea, il sogno nel cassetto, di trasformare la webzine in rivista su car-ta. Settembre 2008. Sì? No? E come? I molti dubbi, le perplessità, i timori sono stati completamente spazzati via dai risultati del sondaggio al quale ben 420 trailer, nostri lettori, hanno partecipato dando un responso assolutamente inequivocabile: questa rivista su carta s’ha da fare! Eccoci allora ad oggi, 7 dicembre 2008, giorno in cui esce il nono ed ultimo nume-ro dell’anno della webzine e in cui si chiu-de una prima stagione per noi carica di risultati e soddisfazioni. Giorno in cui annunciamo ufficialmente che da FEBBRAIO 2009 la rivista SPIRITO-TRAIL verrà stampata e spedita via posta agli abbonati. Grazie allora per i molti suggerimenti e per le critiche, per gli incoraggiamenti e anche per i complimenti con cui in questi mesi ci avete aiutato a crescere e speria-mo anche a migliorare. Arrivederci a FEBBRAIO 2009! La Redazione di SPIRITOTRAIL Per informazioni: [email protected] Tra pochi giorni sarà possibile abbonarsi online tramite il sito www.spiritotrail.it ▼

DALLA WEBZINE alla RIVISTA su CARTA

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[CRONACHE...]

Testo di Enrico >Pollo< PolliniFoto di Giovanni >gio62< Mastropaolo Leonardo >leocaster< Castegnaro

Si inizia per il primo chilometro in falsopiano sulla strada delle Montagnole, con tratti di bosco che

si alternano a compluvii pietrosi, le basi del vajo Battisti e del vajo dell’Acqua, fino ad incontrare, in pieno faggeto, il bivio del Ristele, da dove un sentiero di arroccamento della prima guerra mondiale, con tornanti dapprima lunghi e dolci e poi via via sempre più stretti e ripidi, conduce all’omonimo passo. E’ la prima fatica della giornata, la prima rottura del fiato, il primo sudore caldo, quando di buon passo, i primi addirittura corricchiando, risaliamo fuori dal faggeto lo stretto canale roccioso per sbucare sui pascoli sommitali di Malga Frassele. Dalle rocce all’erba, dall’umido agli sprazzi di sole, lo sguardo all’indietro verso la valle dell’Agno e in avanti verso la val d’Illasi, già in odore di Lessinia, una foto di gruppo sul passo e via, per il sentiero ora dolce che a mezza costa e tra i mughi risale verso il passo della Zevola. Nuvole basse si alternano a buchi di azzurro e di luce, le prime chiazze di timida neve autunnale per terra. Scollinato il passo l’ambiente cambia e il paesaggio è bianco di neve, ed è neve fredda e battuta quella che ricopre il sentiero ora in leggera discesa, consentendoci una corsa morbida e a lunghe falcate fino al passo delle Tre Croci o della Lora, ancora un affaccio verso la conca di Recoaro, che compare e scompare tra le nuvole basse, vento e crocevia di sentieri. E si ricomincia a salire tra i mughi della Lora, neve ora bagnata per il sole di passaggio, sono solo duecento metri di dislivello, tratti su roccia, a strapiombo in alcuni punti e poi, scollinati, si scende correndo su mulattiera più larga, girata a nord, di nuovo neve compatta e morbida

T R A I L A U T O G E S T I T O delle PICCOLE DOLOMITI

ITA

RECOARO TERME, UN TEMPO RINOMATA LOCALITÀ TURISTICA, OGGI UN PO’ DEMODÉ E

PROVINCIALE ASSAI, POSTA NELLA CONCA DI SMERALDO, CIRCONDATA DALLE CRODE

DELLE PICCOLE DOLOMITI. DOPO VARI POST, ANNUNCI, BARUFFE TOPONOMASTICHE E

SMENTITE, SIAMO FINALMENTE IN OTTO, CINQUE VICENTINI E TRE FORESTI, A BERE IL CAFFÈ

AL BAR CENTRALE, LA CUI LOGGIA RICORDA VAGAMENTE IL PADOVANO PEDROCCHI.

DOMENICA NOVE NOVEMBRE, ORE NOVE, RIFUGIO C. BATTISTI, SETTECENTO METRI PIÙ

IN ALTO, DOVE LA STRADA ASFALTATA FINISCE, SUL LIMITARE DEI BOSCHI E DEI PASCOLI,

AI PIEDI DEI GHIAIONI CHE SCENDONO DALLA LORA, HA INIZIO IL TRACCIATO CHE CI

PORTERÀ IN UN COLPO D’ALA A PERCORRERE I LUOGHI PIÙ SIGNIFICATIVI DELLE NOSTRE

PICCOLE.

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sotto i passi, ci si affaccia sull’innesto dei sentieri del Plische e dell’Omo e la Dona, in ambiente ora veramente dolomitico, e si arriva al rifugio Scalorbi. Nella grande conca del Carega, dai millesettecento in su, è adesso neve che ricopre tutto, nascondendo l’asprezza del paesaggio che qui è da alta quota, bianco abbagliante che si confonde nella nebbia delle nuvole basse accese da un sole che non si vede. Un tiro da cinquecento metri nel vallon della Teleferica, sentiero in costa, qualche tornante ogni tanto, il passo silenzioso e costante sulla neve, a ritmo relativamente tranquillo, il rifugio Fraccaroli che all’improvviso compare, la croce della cima che non riusciamo a vedere. Se fosse sereno, da qui lo sguardo si perderebbe dall’Appennino al lago di Garda, dalle Dolomiti di Brenta alla sud della Marmolada, ed è invece in un’atmosfera quasi surreale che sgranocchiamo qualcosa prima di scendere, e prima che il freddo si faccia sentire siamo di nuovo in movimento. Leggera discesa, ancora nel bianco senza dimensione, giù per la poco ripida mulattiera militare, il passo morbido nella neve, una sernsazione di silenzio ovattato. E finalmente perdendo quota la nebbia si dirada, svelandoci la sommità dei canaloni a nord del Carega, il vajo dei Camosci e il vallon di Pissavacca dietro, rocciosi e con il manto invernale, e in lontananza i boschi e i pascoli della Vallarsa ancora verdi, e più in là ancora il Pasubio con la cima innevata. Qualche foto sull’orrido del vajo dei Colori, con la freccia che indica “sconsigliato in

discesa”, e avanti sul sentiero a risalire leggermente, tagliando la base di cima Mosca, e passando poi sul circo sommitale del boale dei Fondi, che si apre maestoso sotto di noi. E’ sentiero su roccette, in alcuni passaggi anche esposto, il passo è cauto, lo sguardo ora avido di scorci spettacolari e di sole. Arrivati a bocchetta Fondi, foto di rito, un ultimo sguardo verso la luce, prima di girarci e di entrare nel prematuro crepuscolo del canalone verso nord, e giù su sentiero tecnico, nel primo tratto ben innevato, poi più dolce e pulito. Siamo nel boale dei Fondi, luogo di mitiche discese giovanili sul ripido con gli sci, uno sguardo verso il circo sommitale dove siamo passati poco prima, ad una quota adesso irraggiungibile, e poi lo sguardo indugia sulle striscie di ghiaia, non sono certo i ghiaioni dolomitici del Pordoi o delle cime di Fanes, però, magari, si può fare... Il primo esce dal sentiero e prova, seguito da un altro e da un altro ancora, e subito dopo siamo tutti lanciati, con balzi lunghi, aerei e gioiosi, a perdere velocemente quota senza sforzo, giù, giù, giù, fino al limitare dei mughi, fino a dove il sentiero ci passa davanti piegando a mezzacosta verso destra. E’ più caldo ora, la corsa e la quota più bassa si sentono, e tolte le giacche a vento riprendiamo sul sentiero che taglia alla base il Prà degli Angeli (che è un ghiaione e non un prato!) e il Giaron della Scala, portandoci in saliscendi verso il passo delle Buse Scure. L’ambiente è ancora dolomitico, nel versante verso il Trentino, fino ad affacciarsi di nuovo verso la valle dell’Agno prima del passo. Al passo

siamo di nuovo sull’erba e il sentiero che scollina e scende sul versante di casa, cosiddetto “delle Mole” per la presenza di antiche macine, entra quasi subito in un bosco di faggi in ripido versante. Si corre su letto di foglie, giù fino alla strada forestale che porta alla frana del Rotolon. Siamo di nuovo a mille metri, l’ambiente dolomitico l’abbiamo lasciato più in alto, anche se negli scorci aperti del bosco riusciamo a vedere bene le guglie del Fumante sopra di noi e il gruppo delle Tre Croci in lontananza di fronte. Corriamo ora nel tipico ambiente prealpino: boschi di faggi, di pini sui versanti settentrionali, pascoli aperti, qualche ghiaia di torrente che scende dai vaji soprastanti, ora su sentiero stretto ora su carrareccia, in saliscendi, più sali che scendi, il rifugio Battisti, punto di arrivo, finalmente in vista, colorato di rosa sul verde sfondo dei prati. Le nubi si sono aperte, sono gli ultimi colpi d’occhio sulla corona delle nostre Piccole, gli ultimi metri di corsa attraversando il ghiaione del Pelegatta, e scendendo infine tra i mughi le auto, i bagagliai aperti, i compagni arrivati prima con una birra fresca in mano. Un bel percorso, ventidue chilometri e qualcosa, milleottocento metri di dislivello positivo, molti tratti corribili, altri solo camminabili, paesaggio vario e cangiante, se il tempo è buono panorami spettacolari, a ritmo turistico poco meno di sei ore, tirando in cinque ore ci si arriva. Un piacere i compagni di viaggio: Michele, Dinaleone, Leocaster, Raffaella, Robi 54, Gio 62 e Kapobecero. ▼

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ITA

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[CRONACHE...]

Testo di Paolo BertiniFoto di Gary Perkin

CAPE ODYSSEY SUDAFRICA [ 204 km in 5 tappe a coppie ]

Il tutto era nato quasi per scherzo quan-do Giovanni Montini, parlando con un operatore di Sky Sport, gli aveva ac-

cennato di questa gara, del fatto che era alla sua seconda edizione ma soprat-tutto che ancora nessun team italiano vi aveva partecipato, quindi potevamo fare leva sull’organizzazione che, con la nostra partecipazione come inviati televi-sivi, ne avrebbe avuto un ritorno di imma-gine notevole. Dopo un po’ di perplessità arriva finalmente la risposta: non crede-vamo alle nostre orecchie, eravamo stati accreditati come team Icarus Sky Sport nella categoria Master della Cape Odys-sey! Per uno che solo 40 giorni prima aveva concluso l’Ultra Trail del Monte Bianco, una “passeggiata” di 166 km intorno alla montagna più alta d’Europa con più di 9000 m di dislivello, sicuramente era una sfida notevole. Sentivo ancora nelle gambe tutti quei chilometri fatti tutti d’un fiato in 39 ore di corsa continua, ma man-cava ancora qualche settimana ed ero fiducioso nelle capacità “riparatorie” dei miei muscoli. La Cape Odyssey è una corsa a piedi di circa 200 km in cinque tappe, da ef-fettuarsi in squadre composte da due

DOPO LA MERAVIGLIOSA ESPERIENZA DELLA MARATHON DES SABLES IN

MAROCCO DEL 1999 VOLEVO DI NUOVO CIMENTARMI IN UNA GARA A

TAPPE, MA MAI AVREI PENSATO CHE L’OCCASIONE SAREBBE ARRIVATA A

DISTANZA DI QUASI DIECI ANNI, SEMPRE IN TERRA D’AFRICA, MA QUESTA

VOLTA QUALCHE DECINA DI MIGLIAIA DI CHILOMETRI PIÙ A SUD, DOVE

L’OCEANO INDIANO E L’OCEANO PACIFICO SI INCONTRANO IN UNA TER-

RA RICCA DI RISORSE MA ANCHE DI CONTRASTI, DI COLORI E UNA MISCE-

LA DI TRIBÙ IN CONTINUA LOTTA TRA DI LORO: IL SUDAFRICA.

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volendo ad ogni costo tenere dei ritmi che non erano i nostri. Stiamo all’ombra sotto la tenda qualche minuto, Giovanni sembra riprendersi: “se aspettiamo ancora non ripartiamo più” gli dico; lui mi fa segno con la testa di proseguire. Davanti a noi un sentiero ri-pido sale fino alla cima: ”dai forza non dobbiamo fermaci, dopo quella cima è tutta discesa!”. Appoggio la mia mano dietro la sua schiena e lo spingo su fino allo scollinamento. Da qui si può vede-re l’arrivo, una leggera brezza muove l’aria su questo versante. Riprendiamo a correre, Giovanni sembra riesca a tene-re nuovamente un discreto ritmo. Quasi non ci accorgiamo dei km che passano, il sentiero diventa strada sterrata, pas-siamo tra vigneti e filari di mele che in questo periodo sono fioriti. Una miscela di profumi ci accompagna fino all’arrivo all’interno dell’Elgin Country Club dove è posto l’arrivo. Stiamo qualche minuto ste-

persone. Nasce dalla costola della più conosciuta Cape Epic, gara di mountain bike, che oramai alla sesta edizione, atti-ra centinaia di atleti da tutto il mondo. L’organizzazione è davvero ecceziona-le: tenda con materassino all’interno per ogni atleta, tende mensa, docce, spo-gliatoi, infermeria, che ogni giorno, dopo la partenza, vengono smontate e sposta-te all’arrivo della tappa successiva. La partenza della prima tappa è da Her-manus, cittadina sull’Oceano ad un cen-tinaio di chilometri a sudest di Città del Capo. Forse è stata la tappa più emozio-nante nonostante fosse la più corta; dalla scogliera vicino alla partenza si poteva-no osservare decine di balene che con i loro piccoli emergevano per respirare mostrando la schiena, mentre sulla spiag-gia in alcuni tratti dovevi stare attento a non pestare conchiglie enormi! Correre in uno scenario simile è stato veramente esaltante.

Ancora più esaltante è stato guardare la classifica all’arrivo, decimi assoluti e primi della categoria Master con i secondi a dieci minuti! Eravamo andati veramente forte anche se gli ultimi undici chilome-tri corsi tutti sulla battigia, con le scarpe a mollo piene di sabbia ed un fiume da passare in ginocchio su un ponte di bar-che, ci avevano già fatto capire che ter-minare questa gara non sarebbe stato facile. Tutto ciò era stato l’aperitivo di quello che sarebbe successo il giorno seguente. Infatti nella seconda tappa da sessan-ta chilometri, il team ufficiale Montrail ci passava avanti. Erano loro gli uomini da battere! Naturalmente ora dovevamo predisporre una tattica di gara che ci permettesse di restare agganciati a loro e mantenere la posizione. La mattina se-guente uscire dai nostri giacigli è davvero difficile. Durante la notte la temperatura è scesa a pochi gradi sopra lo zero, ma quello che dà più fastidio è la condensa che si forma dentro e fuori la tenda,. Tut-to è umidiccio e freddo e sinceramente alle cinque del mattino non è una bella sensazione. Sentiamo le gambe un po’ doloranti dai sessanta km del giorno pre-cedente ma è tutto nella norma, ora il nostro pensiero è un altro, attaccarci alle calcagna del team Montrail e non mol-larli! La partenza dall’azienda Paul Cluver Wine Estate inizialmente è veloce, una bella strada sterrata con un leggero sa-liscendi ci fa percorrere i primi sette km, ma poi si inizia a salire ed il primo GPM è al 13° km dopo 700 metri di dislivello. Re-stiamo incollati ai nostri uomini, Giovanni dice che così gli facciamo del pressing psicologico, il fatto è che io sono al limi-te e mantenere questo ritmo per 42 km è impensabile. Sono proprio forti i nostri avversari! Al ristoro in cima decidiamo di rallentare un poco mantenendoci sem-pre a vista, uno dei due non è proprio forte in discesa, ma dopo poco riprende la salita e decidiamo di mollare e andare al nostro passo. Ma è troppo tardi, evi-dentemente le energie spese fino a qui sono state troppe, e la temperatura che nelle prime ore del mattino era piuttosto fresca si è riscaldata molto. Sul lato della montagna esposto a sud la vegetazione è composta solo da cespugli risecchiti, il sentiero si snoda con continui saliscendi abbastanza veloci, il mio gps segna 21 km, tra poco ci dovrebbe essere l’altro ristoro poi una salita ripida e 13 km di di-scesa fino al traguardo. Dopo una curva finalmente la tenda dell’organizzazione sembra un miraggio, il caldo è insoppor-tabile, riempio la borraccia di acqua e bevo un po’ di coca. Poco più in là Gio-vanni vedo che con una smorfia si pie-ga in due e inizia a vomitare! Corro da lui, cerco di dargli conforto ma anch’io non sono messo molto meglio. In pochi secondi vedo davanti a me delinearsi i contorni della disfatta. In questo genere di competizioni la corretta amministrazio-ne delle forze, dei liquidi e degli alimenti è fondamentale; si va avanti per un perfet-to equilibrio di muscoli e cervello, di forza fisica e volontà, che noi abbiamo rotto

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si sull’erba all’ombra, il pensiero è già alla quarta tappa. Recuperare la “cotta” di oggi non sarà semplice, beviamo molto per reintegrare liquidi preziosi che ci serviranno domani, per la tappa che è considerata la più calda. Ormai la sveglia è un rito, gesti uguali che dal suono della sirena del camion alle 5 in punto, ci portano alla colazione alle 5:30 e allo sparo del via alle 7:00. Oggi i km sono 44, in classifica genera-le siamo terzi, se amministriamo bene le forze dovremmo farcela a tenere la po-sizione. La parte centrale del percorso di oggi è un piattone sabbioso a perdita d’occhio. Non forziamo l’andatura, dob-biamo a tutti i costi mantenere un ritmo costante e riuscire ad idratarci con co-stanza lungo tutto il tracciato. La tempe-ratura è circa 37 gradi ma riusciamo a correre bene, osservo Giovanni al mio fianco e penso che è davvero un grande dopo quello che ha pas-sato ieri! Finalmente l’ultima discesa ci porta

all’arrivo nella cittadina di Franschhoek. L’ultima tappa di 30 km del giorno suc-cessivo è una “formalità” che liquidiamo in poco meno di tre ore, il vantaggio ac-cumulato ci ha permesso di prendercela relativamente con calma e gestire il no-stro terzo posto Master. L’arrivo dell’ultima tappa è all’interno della tenuta Boschendal famosa per i suoi vini, due ali di folla ci accolgono: è fi-nita, abbiamo passato dei brutti momenti ma ci è servito di lezione, un abbraccio al mio compagno sotto lo striscione e la foto di rito coronano questa nostra mera-vigliosa esperienza africana. ▼

Partenza: Hermanus, città della costa sud-occidentale del Sud Africa, nella provincia di Western Cape. Si affaccia sulla Walker Bay, una baia rinomata per la possibilità di osservare le balene australi e altri cetacei durante l’inverno e la primavera australi.

Arrivo: Boschendal, fra Stellenbosch e Paarl, un “gioiello” nel centro della regione dei vigneti

periodo: 8-12 ottobre

organizzazione: http://www.cape-odyssey.com/

Squadra Icarus Sky Sport Giovanni Montini e Paolo Bertini terzi classificati cat. Master

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[ CRONACHE... ]

Testo di Riccardo >Pibe< GhislanzoniFoto: JMP -- kikourou.net

LA GRANDE COURSE DES TEMPLIERS

Già l’anno scorso avevo buttato un occhio sul sito di questa gara poi-ché avevo sentito nominare spes-

so questa “festa” che si svolge in Francia, ossia la patria del trail. L’anno scorso a giugno le iscrizioni (con ben 3000 petto-rali!) erano già chiuse e così quest’anno ho anticipato i tempi e mi sono iscritto.

Dunque sabato mattina si parte all’alba da Biassono (MI) e nel tardo pomeriggio giungiamo a Nant, piccolo paese cir-condato dalle montagne delle Causses et Cévennes e abitato nel passato dai Templari.Ritiriamo i pettorali e cominciamo già a respirare l’atmosfera trail. Tanti atleti han-no già corso le gare più brevi del pome-riggio, l’Expò è pieno di stand sulle tante gare che si corrono in Francia e sull’at-trezzatura sempre più all’avanguardia (bastoncini, zaini, frontali, calze).Torniamo alla nostra base di appoggio e cominciamo a preparare lo zaino per il giorno dopo. Oltre al materiale obbliga-torio (frontalino, telo termico, fischietto, scorta di liquidi, k-way) metto nella sac-ca una maglia di ricambio, 5 barrette, 5 Enervit Gel, un po’ di bustine di fruttosio e della frutta disidratata. Nella sacca dei liquidi metto 1,5 litri di acqua ed Ener-vit. Facciamo poi il pieno di carboidrati con quasi due etti di pasta al pomodoro più affettato, grana e una bella fetta di crostata. Prima di andare a dormire uno sguardo in alto: c’è un cielo molto terso e la stellata è davvero spettacolare. Il tem-po domani sarà buono.Ore 3.30: suona la sveglia. Ci vestiamo, facciamo colazione, ultimiamo i prepa-rativi dello zaino e usciamo dal camper. Una nebbia che si taglia col coltello ci accoglie, l’umidità è micidiale e ti entra nelle ossa. Il termometro segna 5°C.Ci dirigiamo belli coperti verso la zona di partenza che già brulica di atleti. Alle 5.15 si parte tra due ali di fumogeni ros-si, roba da pelle d’oca. I primi chilome-tri sono spettacolari. Sono sì su asfalto in leggera salita, ma dopo i primi tornanti si può vedere sia davanti che dietro un

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attraverso un lungo sentiero nel bosco a tratti molto ripido. Si torna a salire fino a Causse Bégon dove c’è ancora tanto tifo e un altro ristoro (km 52). Riparto e c’è un tratto abbastanza pianeggiante ma poi si comincia a scendere. Si passa ac-canto a dei placconi strapiombanti dove si arrampica che è un piacere.Arrivati a St. Sulpice si riprende a salire e si attraversa una bellissima zona solcata da canyon e vallate davvero spettaco-lari. Si torna a scendere e si arriva final-mente al ristoro del 64° km a Cantobre. Mi alimento per bene e affronto deciso gli ultimi 400 m di dislivello che portano alla Roc Nantais. La salita è dura nel pri-mo tratto e poi si fa quasi corribile: ormai manca poco al traguardo. Scollino e poco dopo si comincia a vedere il pa-ese di Nant nella valle sottostante. Mi dicono che mancano 2 km. Il terreno torna pianeggiante, riconosco la zona dove abbiamo parcheggiato il cam-per e capisco che manca poco. C’è un sacco di gente ad incitare. Serie di curve, piccola salitella e finalmen-te si comincia a vedere il traguardo. Allungo finale tra due ali di folla e passo sotto lo striscione d’arrivo in 8h50’28” (185a posizione) e sono pienamente soddisfatto del mio risultato. Poco dopo arriva an-che Antonio (9h24’ e 317° po-sto) che ha sofferto di dolori alle ginocchia nelle ultime discesa.

lungo serpentone formato dalle centi-naia di piccole luci delle nostre frontali. Dopo qualche chilometro risalgo un po’ di posizioni e finalmente si abbandona l’asfalto e comincia il trail. Il percorso è molto corribile e il sentiero, pur essendo largo, è pieno di corridori: 2750 persone sono proprio tante.Attraversiamo anche due vecchie galle-rie e verso le 6.30 comincia ad albeggia-re. Dopo 13,5 km c’è il primo ristoro con sola acqua nel piccolo paesino di Sau-clières. Nonostante sia molto presto, c’è tantissima gente ad incitare e moltissimi bambini: davvero emozionante.Ora si riprende a salire leggermente ma i tratti corribili sono tanti. Finalmente si fa chiaro e riusciamo così ad apprezzare il bellissimo panorama davanti a noi: alti-piani sconfinati e la vista può spaziare a perdita d’occhio!Al ristoro di Dourbies (km 35) c’è tantissi-mo tifo: “Allez Ricardò”. Vallo a dire tutti che si dice “Riccardo”. Nel tendone c’è di tutto, da bere e da mangiare. Bevo avidamente acqua e coca-cola e man-gio delle caramelle gelée giganti oltre ad albicocche disidratate. Passo dal pit-stop dove mi riempiono la sacca del Camel-bag con imbuto e brocca d’acqua. Or-mai il clima si è scaldato e quindi tolgo i manicotti che fino ad ora non mi aveva-no assolutamente dato fastidio, anzi…Si riprende finalmente con una vera sa-lita. Si scollina e si scende verso Trèves

In 9h49’ arriva anche il buon Luca (418° posto) soddisfatto pure lui di questa bella gara.La Corsa dei Templari merita tutta la buo-na fama di cui gode. Ha un bellissimo percorso e un’organizzazione impecca-bile. E che dire poi del tifo, con la gente che ti incita chiamandoti per nome. Sul pettorale, infatti, il nome è scritto bello in grande. I paesaggi sono poi davvero in-cantevoli!Sono stati 72 km con 3180 m di dislivello positivo ricchi di emozioni. Una gara che, per gli amanti dei trail, almeno una volta va corsa! ▼

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DELIRI MENTALI del 65° CHILOMETROTesto di Enrico D’AlbertoFoto Archivio D’Alberto

[CRONACHE...]

CORMORULTRA 2008. SESSANTASETTE

CHILOMETRI DA PERCORRERE A

PERDIFIATO. UNA SPLENDIDA GIORNATA

D’AUTUNNO SOTTO IL TERSO CIELO

FRIULANO. UN PERCORSO CHE SI SNODA

DALLE CAMPAGNE DI BUJA SINO AI MOLI

DI MARANO LAGUNARE: AMBIENTI E

CHILOMETRI DA TOGLIERE IL FIATO. UNA

MANIFESTAZIONE PER POCHI “INTIMI”

(UNA SETTANTINA APPENA I PARTENTI

DI QUESTA SECONDA EDIZIONE) CHE,

PROPRIO GRAZIE AL LIMITATO NUMERO

DI ISCRITTI, GARANTISCE AGLI ATLETI UNA

LOGISTICA IMPECCABILE ED UN AMBIENTE

QUASI FAMILIARE. MA ANCHE, GRAZIE

ALLA STESSA BASSA “CONCENTRAZIONE”

DI CONCORRENTI, LA POSSIBILITÀ DI

CORRERE SOSPINTI DELLE RUVIDE CAREZZE

DI UNA TRIADE DAL FASCINO PERVERSO:

LA SOLITUDINE, LA FATICA, IL SILENZIO.

Un’ultramaratona non è una passeggiata. Lo sapevi, ma non per questo hai rinunciato all’idea di

partecipare ad una simile manifestazione, pur riconoscendo di non essere più di tanto preparato a questo genere di cose. C’è poco da fare: le sfide con te stesso ti hanno sempre incuriosito ed eccitato, facendoti dimenticare i dettami del buon senso. E poi lo sai bene che arrivare perfettamente preparati a questo genere d’appuntamenti è praticamente impossibile, per cui tanto vale osare. Accetti quindi di buon grado di sentirti un pesce fuor d’acqua. Tu non ne sai nulla e nulla te ne frega di cardiofrequenzimetri

cinguettanti, di orologi in stile quadro comandi dello Shuttle, di GPS da polso, di pomate balsamiche (gusto canfora o naftalina?), di cerotti spalanca-narici, di pozioni miracolose monodose appese a vere e proprie cartucciere, di prodigiose barrette energetiche (le mitiche arachidi di Super Pippo?), di piani scientifici di allenamento, di prestazioni monitorate ogni chilometro, di classifiche assolute e per categoria: tu corri quando puoi e quanto vuoi semplicemente perché ti piace. Tutto il resto non fa per te.

Avevi messo in preventivo che questa “spaventosa” sequela di chilometri

sarebbe stata una prova psicologica prima ancora che fisica. La fatica, il dolore, la stanchezza si insinuano attraverso muscoli e articolazioni sino ad intaccare la mente in un progressivo stillicidio di gocce di sudore e di passi. E goccia di sudore dopo goccia di sudore, passo dopo passo tu intessi pensieri, azzardi ragionamenti, fai congetture: ne hai tutto il tempo, anche se ad onor del vero stai perdendo progressivamente, passo dopo passo, la tua tanto consueta quanto opinabile lucidità. L’acido lattico su queste distanze indurisce le gambe e scioglie alla rinfusa i pensieri: li aizza e li confonde. Corri e pensi, pensi e corri.

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E allora ragioni su ciò che ti sei lasciato dietro, ragioni su ciò che hai attraversato, ragioni che quelle che hai calcato non sono state semplicemente strade, ma sono state soprattutto un percorso…

Ne hai lasciata di strada alle tue spalle da quando ti hanno dato il via. Chilometri su chilometri. Comodi tratti asfaltati e sconnessi sentieri sterrati. Fredde zone d’ombra ed afose aree assolate. Strade larghe su cui hai potuto correre fianco a fianco con altri compagni d’avventura e sentieri stretti su cui, giocoforza, hai dovuto e voluto procedere in solitudine. Ne hai lasciata di strada alle tue spalle da quando sei partito. E ne hai ancora davanti a te, anche se non riesci a quantificare con esattezza quanta ancora te ne manchi per arrivare alla fine. Puoi solo immaginare e azzardare ipotesi: tre chilometri, forse due, magari anche meno. Riesci a percepire che la conclusione è ormai imminente, ma riconosci a te stesso che la stanchezza che hai addosso, che hai dentro, altera il tuo metro di giudizio: ogni passo percorso ora pesa sul tuo fisico come decine, centinaia dei passi percorsi nei primi chilometri. Ormai hai le gambe dure, le articolazioni doloranti, il fiato corto, la volontà assottigliata. Quasi quasi ti penti di esser lì. Il cuore intanto continua a pulsare perché lo ha sempre fatto

e perché, oltre ad amare e a pulsare, non sa proprio far altro. “Chiamalo niente” pensi tra te e te. Ed intanto lui continua a pulsare come un perfetto metronomo che ti dà il tempo per correre e per vivere: pum-pum, pum-pum, pum-pum… E lui continua ad amare: luoghi, suoni, persone, orizzonti, voci, incontri. E al ritmo del cuore tu devi andare, devi andare come lui ti suggerisce, devi andare quanto lui te lo consente, magari dosando le energie ed evitando capricci ed eccessi: lo sai per certo che se lo dovessi ignorare commetteresti un errore irrimediabile, lo sai per certo che se seguissi solo il ritmo suggerito dalla testa e dall’orgoglio andresti fuori giri, finendo probabilmente a gambe all’aria. in fondo le ragioni del cuore e quelle della mente è giusto che si confrontino e, se necessario, si scontrino per trovare un ragionevole compromesso.

Ormai sei stremato e lo sei già da un po’. Pensi che il tuo pettorale numero 20 sia stato di cattivo auspicio, avendo rappresentato un sorta di etichetta di scadenza delle tue energie: ad una ventina di chilometri dall’arrivo hai avuto infatti i primi inequivocabili ed inesorabili segnali di cedimento. Ti compiaci per aver comunque macinato una cinquantina di chilometri senza eccessive difficoltà. Malgrado la spossatezza dilagante non

te la sei proprio sentita di fermarti: forse non è proprio possibile fermarsi e sedersi a riprendere fiato. Se hai deciso di misurarti in quest’avventura, corsa o vita che sia, allora devi viverla fino in fondo e fino in fondo crederci. Eppure hai avuto una voglia matta di fermarti e ripensare a tutta la strada che hai calcato fino a quel momento. Hai fatto curve che mai avresti pensato di dover fare: svolte inaspettate quando pensavi di andare avanti su facili e scontati percorsi rettilinei, quando ormai avevi già pianificato tutto, ritmo e compagnia, lungo quel tragitto che andava diretto e comodo verso l’orizzonte. Quelle improvvise curve ti hanno fatto cambiare i piani strada facendo e hanno rivoluzionato la tua prospettiva, ma ti hanno anche fatto scoprire lati nuovi e sorprendenti del percorso, lati che altrimenti non avresti mai potuto conoscere ed apprezzare. Ti è pure capitato di sbagliare strada. E allora hai inveito contro chi, secondo te, aveva tracciato male il tuo percorso, ma poi hai capito che, proprio perché il percorso era il tuo, spettava esclusivamente a te tenere gli occhi aperti per percepire quei magari piccoli segnali che ti avrebbero fatto comprendere che la strada giusta era una piuttosto che un’altra. Il più delle volte per capire di aver sbagliato strada devi prima averla imboccata. Ti sei scoperto ad aiutare un paio di

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risposta.

Riconosci che dopo una settantina di chilometri sfidarsi all’ultimo fiato sugli ultimi metri è una cosa a dir poco assurda.

“Hai ragione, scusa,” rispondi “non ha proprio senso.”

Cosa conta limare una manciata di secondi dopo oltre sette ore di corsa? Cosa conta voler passar davanti di un passo a qualcuno? Cosa conta la vanità di dimostrarsi superiore a qualcuno quando con questo qualcuno si può condividere una soddisfazione comune? Insieme ora state correndo sfiniti ed insieme ora tagliate il traguardo! Ora potete alzare insieme le braccia al cielo, lei a ragione (scoprirai essere la prima donna classificata), tu perché hai vinto la tua sfida contro te stesso. Tu sei riuscito ad essere allo stesso tempo vincitore e vinto: vincitore sulla fatica e vinto dalla stanchezza. E’ il tuo modo perverso di sentirti vivo!

Questa mia prima ultramaratona è stata un viaggio, una scoperta, una sorpresa, una poetica e faticosa metafora di una cosa esaltante che impari a conoscere e ad apprezzare a fondo man mano che te la lasci alle spalle: la vita. uin

concorrenti alle prese con problemi assai comuni, problemi chiamati crampi, sfiducia, stanchezza fisica e mentale. Lo hai fatto perché far finta di niente e continuare per la tua strada non ne saresti stato proprio capace: puoi avere obiettivi ben precisi nella testa, ma certi princìpi per te sono sacri ed imprescindibili. E poi quei ringraziamenti e quella gratitudine manifestati ad ogni successivo incontro valgono molto più di mille obiettivi raggiunti. Sarai pure uomo per qualcosa, no? Ormai il traguardo è vicino. Ormai stai trascinando i piedi. Ormai ti manca poco. Ormai è finita. Ormai sei finito. Senti improvvisamente una mano che ti batte sulla spalla.

“Dai! Dai! Bravo!” Ti volti. Un’altra atleta ti affianca. “Dai che ci siamo!” ti dice.

Incredibile come certe donne riescano a mantenere la loro eleganza anche dopo aver incenerito in poche ore badilate di kilocalorie! Hai sempre provato un certo imbarazzo quando una donna ti “passa via”, quando dimostra di “averne più di te”. E questo soprattutto quando l’appartenenza al sesso forte dovrebbe garantirti un vantaggio incolmabile in termini di forza e resistenza fisica... No, non è misoginia la tua, ma semplice e forse legittimo orgoglio di “macho latino”.

“Se qui bisogna fare dei complimenti a qualcuno, quel qualcuno sei tu…” mugugni con una flebile voce alterata dalla fatica e dalla gola secca.

Ti metti sulla sua scia, perché, se ti è stata dietro sino ad ora, non si può “permettere” di piantarti lì adesso. Il gusto dolciastro del traguardo che oramai riesci ad assaporare nell’aria ti estrae di prepotenza le ultime energie residue. Ma che fatica essere in due! Da un lato ti stimoli l’un l’altra e fai sicuramente più strada rispetto a quanta ne faresti se fossi da solo, ma è dura trovare e mantenere un ritmo comune. La affianchi e capisci che è prima piacevole e poi irrinunciabile avere qualcuno accanto. Ogni uomo dovrebbe avere una donna al suo fianco che ne argini l’energia e la orienti, ogni donna dovrebbe avere un uomo al suo fianco che ne abbia cura e la faccia fiorire e sorridere. Ed il più delle volte sono il caso e la fatalità a pilotare questi “abbinamenti”. Ora siete in due, per caso, per fatalità, per poco. Eccolo laggiù il traguardo, a poche centinaia di metri!

“Dai che lanciamo lo sprint!” le suggerisci in preda ad una confusa euforia.

“No, no... vai pure tu” è la sua scarna

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MADONNA della SALUTECosta di Vittorio Veneto (TV) 16 novembre 2008

[CRONACHE...]

Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta

Anche una podistica domenicale di dodici chilometri può avere il sapore del trail; far lasciare a

bocca aperta dalla meraviglia e regalare il sapore di una breve avventura. A Costa di Vittorio Veneto, dopo la partenza, un breve tratto di asfalto costeggiando l’ospedale, per scaldare le gambe e riflettere sulla fortuna e la grazia di essere sani. Quindi si imboccano subito i sentieri che salgono decisi a cavalcare le creste delle colline. In poche centinaia di metri il panorama è già aperto sui quattro punti cardinali e fa guardare lontano. Città, borghi, montagne e pianura, e soprattutto le aspre e nervose colline del vittoriese. Poi caldi boschi e prati e radure, discese veloci e salite involate di slancio, divertimento allo stato puro. E una strana sensazione come di un qualcosa in sospeso. Per chi già conosce questa corsa un girare intorno in un previsto crescendo di attesa, per i novizi un saliscendi senza motivo apparente. E invece lo scopo è preciso: farci imboccare la lunga passerella che attraversa le grotte del Caglieròn, obbligarci a chinarsi sotto la roccia ad ossequiare il paziente lavoro di erosione dell’acqua che si intreccia in un continuo indistinguibile con il duro lavoro di cava dell’uomo. Ci sono passato molte volte per queste grotte, e lo stupore non manca mai, per non riuscire a cogliere il passaggio fra dove per secoli ha scavato l’uomo e dove invece per millenni ha consumato l’acqua. E non si fa caso se al sudore si mescolano gli spruzzi d’acqua fresca perché, poco dopo l’uscita, di nuovo il sole riscalda l’aria e ci accompagna per gli ultimi due chilometri di discesa in volata, sulla strada che porta all’arrivo.Peccato, le cose belle durano sempre troppo poco. ▼

SE DIRE TRAIL VI SEMBRA TROPPO

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1° TRAIL del MONTE di PORTOFINO

I L P IU ’ BEL TRAIL “AU MONDE”

[CRONACHE...]

Testo di Jérome DebizeFoto di Nicolas Bigard

Tutto è cominciato qualche settimana fa. Il mio amico Nicolas da Modena mi chiede: “Lo so Jérome che hai

deciso di riposare alla fine di quest’anno 2008, ma guarda un po’ nel calendario: a Portofino c’è un bellissimo trail di 23 km vicino al mare...”. Rispondo che prima corro la maratona dei 42.000 passi in Valsusa e vedo come vanno le gambe. Bingo! Dopo la maratona inizio 2 settimane di riposo e dico a Nico di prenotare l’agriturismo. Ci troviamo a Portofino (non ero mai stato da queste parti, e ringrazio Nicolas per avermi detto di venire) per una passeggiata il sabato. La giornata è stupenda; una bella spaghettata alle vongole, prima di prendere il pettorale a Santa Margherita Ligure.E andiamo all’agriturismo che abbiamo trovato a 25 km della partenza. Siamo in collina con una bellissima vista sul mare.

Per me che vengo da un posto lontano dal mare, queste vedute sono sempre una gioia.Approfittiamo della sera per visitare Chiavari e mangiare in un ristorante tipico, dove dobbiamo aspettare 30 minuti che una tavola si liberi, in piedi. Non è perfetto la sera prima della gara, ma la coda fa pensare ad una cena tipica in uno posto speciale.Domenica mattina colazione alle 7.00, poi arriviamo al parcheggio verso le 8.00 e prendiamo una navetta per arrivare in centro. Una bellissima giornata ci aspetta. Niente nuvole, temperatura alta, percorso che ci hanno garantito meraviglioso e quasi 500 persone pronte a correre.Dopo 2 km siamo già in alto, la salita con i gradini è difficile. Dopo 5 minuti di corsa sui gradini le cosce bruciano. Devo camminare e mi superano in tanti. Il

panorama è bellissimo e mi fermo per la prima foto. Oggi mi fermerò tanto per fare le foto perché ne vale la pena; il risultato non importa, non sono ben allenato.Arriviamo nel bosco, la salita è molto ripida e cammino. La gente corre ancora, non sono abituato a correre così in salita sui trail lunghi, ma mi metto al mio passo con camminata rapida. Perdo tante posizioni; arrivo a ripartire e supero due concorrenti prima di arrivare al ristoro sulla cima. Siamo a quasi 470 m di altitudine e siamo partiti dal mare. Mi fermo per bere 2 bicchieri e riparto. Ieri gli organizzatori mi hanno detto che ci sono tanti rifornimenti, così sono partito senza

16/11/2008

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niente. Ho messo solo il “corsaire” perché ha una tasca per mettere la macchina fotografica!La discesa è bella e prendo una bella velocità. Riprendo tanti podisti in questa discesa. Penso che tanti vengono della strada perché sono proprio lenti nei punti tecnici. Arriviamo nel paese di San Rocco: il panorama è troppo bello. Vediamo anche le Alpi piene di neve e una bella vista sul golfo di Genova.Iniziano tanti saliscendi, ma ogni salita è difficile per me. Cammino sempre, e provo a ripartire di corsa appena diventa meno ripido. Poi riprendiamo la seconda salita, anche questa lunga, ma non mi faccio sorpassare troppo questa volta. Ci sono ancora 250 m di dislivello positivo. La salita si fa molto piano. Siamo un bel gruppo di 10-20, ma siamo tutti a camminare, nessuno corre. E’ molto ripido e saliamo in un bel passaggio a zig-zag. Arriviamo ad un punto con un po’ di pubblico (10 persone) e la vista è stupenda. Adesso vediamo il Sud del parco. Il sentiero è molto bello, di fianco alla collina, ma non c’e mai riposo, ogni discesa e rotta con una salita, una scala… Iniziamo una lunga e pericolosa discesa fino al mare. La discesa è proprio difficile, con tante curve a 180 gradi. All’inizio nel bosco, poi tante curve tra gli ulivi. Che profumo, che caldo, che bello. Siamo ancora un bel gruppo, qualcuno scende molto forte, e supero poche persone. Poi arriviamo all’Abbazia, l’attraversiamo e arriviamo sulla spiaggia, ma non c’è tempo per fare il bagno: dobbiamo iniziare l’ultima salita. Come le prime 2 salite, anche questa è molto ripida. Mancano ancora 9 km, l’inizio è molto difficile, con ancora tante scale, ma il finale è in pianura, con tanti ulivi, e riesco a correre ancora.Negli ultimi 4 km di discesa non ho potuto scattare nessuna foto. La mia velocità tra 16km/h e 18km/h non permetteva di distrarmi dalla “strada”. Il finale è stato bello ma impegnativo; arriviamo sulla strada, dopo 22 km senza vedere nessuna macchina. Che bel posto, solo gente che camminava! Vedo 2 persone davanti, provo ad accelerare ma sono troppo veloci. Non potrò superarle, ma finisco con un ottimo 28° posto. Non male per una gara senza allenamento e con un po’ di tempo “perso” per fare delle foto.Aspetto il mio amico Nico che arriverà in 3 ore; ci troviamo all’ultimo rifornimento tenuto dagli alpini, con tutto quello che si può chiedere ma anche di più! Siamo a due passi dal mare e decidiamo di defaticare le gambe con un bel bagno. Per un 16 novembre siamo stati proprio fortunati!E la fine del weekend finisce con il pranzo speciale del trailer: pizza e birra.Per favore non parlate troppo di questa gara, altrimenti ci saranno 20.000 persone alla partenza nel 2009! ▼

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[CRONACHE...]

Testo e foto di Maurizio >mauscilla< Scilla

TRAIL delMONTE CASTO

Avevo estratto l’ultimo numero dei premi a sorteggio e con la poca voce rimasta e il groppo in gola

ringraziavo tutti gli amici trailer che erano ancora lì ad ascoltare. Sottolineo “amici” perché questo week end intenso mi ha ancora più convinto che chi frequenta l’ambiente faccia parte di una grande famiglia che ha legami molto forti: il rispetto e l’amore per la natura e per la montagna, la grande voglia di condividere la propria passione con gli altri e renderli partecipi di quello che si prova. Si dovranno ricredere quelli che non frequentano l’ambiente e son convinti che i trailer sono degli “invasati” che vivono di barrette e sali minerali! Certo, si usano e sono utilissimi, ma nel dopo gara. In particolare in questo caso: sembrava

l’Oktoberfest, visto che sono stati “prosciugati” 250 litri di birra! Quel giorno in diversi momenti ho vissuto grandi emozioni, ma quanta gioia ho provato quando dopo 7h36’ ha tagliato per ultimo il traguardo colui che, ironia della sorte, aveva il numero 1 appeso al petto, vinto a sorteggio l’anno scorso. Mauro aveva avuto quest’estate seri problemi di salute, credo che neanche lui solo un mese prima credesse di poter finire la gara, invece con il suo solito sorriso, la sua ironia, la sua tenacia ha vinto la sua sfida. Dopo 5h42’ tagliava il traguardo un omino magro con la barba e i capelli bianco/grigi, svizzero, nato nel 1939; Werner ha finito tutte le edizioni dell’UTMB e già questo lo rende un grande, l’anno scorso nel mese di aprile gli diagnosticarono un cancro con poche possibilità di vita; iniziò la sua battaglia, e con la sua serenità Werner dopo qualche mese ricominciò a camminare, poi a correre e finire l’UTMB. Per la prima volta ha detto che ha potuto goderselo, visto che negli anni precedenti aveva sempre sulle spalle la pressione di fare risultato (6° nel 2003); così anche quest’anno ha tagliato il traguardo nella piazza di Chamonix con il suo sorriso conosciuto da tutti, un simbolo di purezza. Terza in campo femminile in 4h37’ Carmela Vergura, che ha stupito tutti quest’anno alla sua prima stagione sui trail; in sole 4h16’, al secondo posto ha portato a termine la sua prova Cecilia Mora, una piccola grande donna che questa stagione ha vinto il titolo italiano a coppie di skyrunning con Emanuela Brizio, si è aggiudicata la Chaberton Marathon, il Trail del Bangher e la Biella - Monte Camino, decisamente una “mamma volante”, avendo 4 figli da accudire. Maurizio Fenaroli ha chiuso in 3h53’ al terzo

posto, aggiudicandosi così il Challenge “8000m nelle montagne biellesi”; il pinerolese Daniele Gaido, primo italiano alla CCC, è salito sul secondo gradino del podio. Cosa dire invece di una ragazza di Aurano, che è arrivata fresca fresca dopo 42 km e 2000 metri di dislivello in sole 3h44’, solo 1’43” dopo l’arrivo del vincitore Paolo Fornoni, un habitué della vittoria in terra biellese? Ci sarebbe molto da scrivere su Emanuela Brizio, campionessa italiana di skyrunning. La prossima stagione avrà modo, grazie alla Valetudo Skyrunning Italia, sua nuova società, di prendere parte al circuito mondiale, e non credo di esagerare dicendo che in questo momento nel mondo degli skyrunner sia la più forte. Questo lato di Emanuela è ben conosciuto, ma metterei in evidenza invece la sua semplicità, disponibilità, la sua sensibilità a riuscire a vivere certe emozioni nonostante abbia il peso del risultato: “E poi cosa non era quella discesa tra le foglie di faggio che facevano da tappeto naturale! Mi sono buttata a rotta di collo... mi sono divertita come una bambina”. La giornata era iniziata non proprio nel migliore dei modi perché dopo aver stressato il mondo intero sul cambio dell’ora nella nottata fra sabato e domenica, sono riuscito ad essere alla consegna pettorali alle 4 non avendo modificato l’ora nella sveglia! Ma il trail era già iniziato la sera prima con la cena consumata insieme e il ritiro pettorali “mangereccio” con prodotti locali; nel primo pomeriggio con l’apertura del cancello del parco era iniziato un week end che avrebbe lasciato il segno nel cuore di chi ha visto avverarsi un sogno. ▼

HO UN’IMMAGINE MOLTO CHIARA

IMPRESSA NELLA MIA MENTE: MI VEDO

SEDUTO A TERRA SFINITO SUL PALCO

DEL PARCO “LA SALUTE” DI ANDORNO

(DOVE NEGLI ANNI SESSANTA

HANNO CALCATO LA SCENA I VARI

MORANDI, GIGANTI, DIK DIK, GABER,

PER CITARNE QUALCUNO), NELLA

MANO SINISTRA UN BICCHIERE DI BIRRA

CHE QUALCUNO GENTILMENTE MI

AVEVA PORTATO E NELLA DESTRA IL

MICROFONO.

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Le luci in autostrada hanno un effetto ipnotico, le palpebre faticano a restare sollevate

cedendo al peso della stanchezza. Ogni tanto guardo di soppiatto l’amico che guida, cercando di capire se sia stanco pure lui, se magari c’è il rischio di un colpo di sonno. Forse se ne accorge, e spalanca gli occhi per tranquillizzarmi, ma comunque mi sembra abbastanza a posto. E’ stata una giornata intensa. Ho indosso la stanchezza che prende la sera dopo una giornata di vendemmia, quando il lavoro è stato tanto, ma finalmente il mosto riempie i tini e prima di andare a letto si va ancora una volta a controllare se tutto è a posto, con l’ultima fatica, tanto ristoratrice quanto inutile. E’ con un piacevole sforzo che cerco quindi di correre ancora, con la mente, su per quelle montagne biellesi che fino a ieri ignoravo, e che appena arrivati non si sono fatte notare; discrete come le persone vere. Come l’emozione di Maurizio Scilla sul finire delle premiazioni, via via che la tensione si allentava e poteva uscire dai suoi occhi sempre più luccicanti, insieme al piacere di una giornata veramente vissuta, il coronamento della fatica di un anno di lavoro. Se nello sforzo la mente sostiene il corpo, così all’inverso ora il formicolio nelle gambe mi aiuta a ripercorrere quegli ultimi metri fra le alte mura delle fabbriche storiche dismesse. Come si usava, lanifici costruiti a ridosso del paese, o viceversa. Visti con l’occhio contemporaneo si dicono archeologia industriale, opportunità di recupero e valorizzazione, ma qualche decennio fa forse una contraddizione fra lavoro e quindi pane, e le vite rubate dallo sfruttamento. Per me che arrivo dal nordest un brivido: da noi vite intere

dedicate volontariamente al lavoro, fabbriche su fabbriche, capannoni a perdita d’occhio che ora la crisi ha già iniziato a svuotare. Chissà come saranno le cose fra qualche anno, ma forse, se crisi nera continuerà ad essere, poi ritroveremo magari il tempo di guardarci intorno come qui ora, e apprezzare quel che avremo lasciato, salvato per acume o forse piuttosto per negligenza. E fa uno strano effetto incontrare nei boschi delle pecore, nel paese dei lanifici ormai vuoti. Nel gregge c’è anche la famosa pecora nera, con vicino un’altra, più opportunistica, pezzata. Mi saltano in mente i nomi di un po’ di politici, che a seconda della convenienza stanno con il bianco o con il nero, sempre antipaticamente fuori posto ma anche opportunamente ammanicati con tutti. Resta il dubbio se con la lana della pecora pezzata si possano fare maglioni, certamente si, ma di quale colore? Bianchi, neri, o misti? O quella lana la si butta via? Il mal di gambe fa filosolfeggiare, e mi inerpico in pensieri a vicolo cieco, anche perché non mi tornano col ragionamento le maglie fucsia... Ma ben altri colori ho ancora negli occhi; l’autunno oggi ha acceso per noi sfumature incredibili: toni su toni con sferzate sgargianti, felci marroni sul verde ancora fresco e intenso delle erbe, il candore dei tronchi di betulla che sfuma nelle chiome ingiallite dove ancora resiste il verde, anche se sempre più tenue. Addirittura stupendi anche i sassi dei ghiaioni, dai quali il sole del mattino estraeva toni violacei per mettere in risalto le fiammate biancastre dei tronchi. Betulle, betulle e ancora betulle, che se ho ben capito qui si chiamano “biule”; chilometri e chilometri di betulle a perdita d’occhio. Poi faggi, castagni, ogni tanto qualche macchia di larici e

Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta

Il fascinodellaDISCREZIONE

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abeti. Un continuo alternarsi di boschi e radure, prati e boscaglia e, nei punti giusti, ristori ben forniti da dove poi era difficile ripartire. Potrei dire che è una corsa dove il tema dominante è stato l’eleganza della discrezione, dei luoghi e nelle persone. Montagne e boschi all’apparenza anonimi ma che guardati con l’animo sereno sanno svelare colori e vedute intense, persone silenziose e riservate che poi si aprono in caldi sorrisi. E un sorriso mi scappa ancora ripensando a quando, a metà percorso, mentre nel bosco si risaliva lungo un torrente, ci sbuca di fronte un meraviglioso ponte di pietra, ancora perfetto. Il percorso ce lo fa attraversare, calpestando i ciotoli ancora ben ordinati, per fermarsi al banchetto del ristoro. Saluto e mangio qualcosa, mentre i ristoratori mi chiedono come sta andando. Strani tipi, a primo impatto rudi montanari burberi e inselvatichiti, ma appena li guardo negli occhi vi scopro dei folletti gentili e sensibili che spontaneamente mi spostano uno striscione pubblicitario per farmi fare una bella foto del loro ponte. Non vorrei mai uscire dalla cornice di questo quadro naïf ma si sa, noi podisti siamo sempre di corsa, e riparto anche da qui a malincuore. Chi organizza quasi da solo una corsa la fa a sua immagine e somiglianza, dal percorso al più minimo dettaglio, come sceglie anche le persone a suo supporto, e penso di aver capito un carattere in più di chi ha organizzato questa. E mi viene il sospetto che anche chi sceglie di partecipare, in qualche modo assomigli a chi organizza, come la fanciulla con la quale ho condiviso una bella fetta di strada pur se a fisarmonica causa le mie soste fotografiche. Sempre serena e assorta in contemplazione, non un lamento o imprecazione dopo aver preso la storta, ha stretto i denti e continuato come se nulla fosse accaduto, pur con il sacchetto del ghiaccio dentro il calzino. A un certo punto le ho chiesto il nome: “Chiamami Skoppiata!”, dice. Beh non mi pare neanche tanto, visto che comunque mi è arrivata davanti. Riapro gli occhi e vedo davanti a me il buio illuminato dall’autostrada. Il risveglio mi fa fare un salto di immagine mentre ricontrollo l’efficienza del pilota che ho a fianco: sì, lui è ancora sveglio. E sì che il “Ticci” sopra a tutti ha fatto la sua bella baldoria, partita dalla sera prima a cena su all’ostello San Giovanni d’Andorno dove poi abbiamo dormito, e conclusa nell’estenuante estrazione dei premi a sorteggio dopo le premiazioni. Ho il sospetto che Maurizio l’abbia fatta durare apposta il più a lungo possibile, per non farci andar via; deve aver saccheggiato qualche magazzino durante la notte. Riguardo avanti, ormai siamo quasi arrivati e la stanchezza sta per avere il definitivo sopravvento, ma ho la bella sensazione che, stasera, i tini sono pieni. ▼

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MAU e L’ISOLA CHE NON C’È

[ IL PERSONAGGIO... ]

Testo di Daniela BanfiFoto Archivio Maurizio Scilla

Ottobre, una giornata di sole di qualche decennio faAppoggiando la bici al muro di

cinta suonai il citofono, il terzo partendo dall’alto.“Chi è?”“Sono io… allora Orso ti sbrighi, dai che è tardi!”“Arrivo, un momento”.La porta d’ingresso si aprì di colpo ed ecco Orso correre fuori, con un enorme panino in una mano e la sacca con il pal-lone nell’altra.“Figuriamoci se non stavi mangiando, dai, muoviamoci gli altri sono già partiti, manchiamo solo noi”Orso, un po’ di cognome, Dell’Orso An-drea, e un po’ perché sempre alla ricer-ca di cibo, uscì dal cancello senza la sua mitica bicicletta rosso fiammante.“Andrea, la bici non la prendi?”“No, non posso, sono in punizione, mio padre mi ha vietato di usarla per una set-timana. Lui pensa che così non mi muovo da casa.” Disse sorridendo.“Beh… facciamo così: sali tu sulla mia che io ti vengo dietro di corsa. Ho pro-messo a mio padre che lo avrei aiutato in

negozio, è arrivato del nuovo materiale, non so se sono sci o altro, ma dobbiamo sistemarlo, per cui devo tornare presto.”Ci avviammo per la stradina che condu-ceva fuori dal paese, io davanti e Orso dietro con ancora il panino, ma finitolo Andrea mi sopravanzò, gridandomi an-cora con la bocca piena di salame:“Vediamo chi arriva prima, ci vediamo al solito posto...” e s’infilò su per il sentiero pedalando come un matto…“Solo nei sogni gli uomini sono davve-ro liberi, è da sempre così e per sempre sarà così“ John Keating.

Trail del Monte Casto 2008Se si cerca Monte Casto in Wikipedia, oltre ai tanti riferimenti inerenti al trail, si trova anche un villaggio con il medesimo nome in Idaho, United States, all’altitudi-ne di 1725 m.La foto dal satellite colloca questo paese in mezzo alle montagne, in uno di quei paesaggi tipici americani dove la Wilder-ness è di casa, dove le abitazioni sono quasi inesistenti e l’infinito è racchiuso da

montagne, dove la natura è selvaggia e dove si può camminare per ore, forse giorni senza incontrare anima viva.Ma il Casto di cui vorrei raccontare è un altro. E’ quel Monte che alle spalle di Andorno Micca veglia su questo paese ed i suoi abitanti, non è molto alto, sulla sua sommità una croce, come su tutte le montagne, i suoi pendii sono perlopiù ricoperti di boschi, serpeggiato da nume-rosi sentieri, è luogo di passeggio per mol-ti e percorso d’allenamento per Mau, la mente, il motore pensante di questo trail.Andorno è un paese, come mille in Italia e nel mondo, e potrebbe essere solo un semplice granello di sabbia nel deserto, uno uguale a tanti altri, sconosciuto, un punto sulla carta geografica, ma per Mau è una pietruzza che brilla, una gem-ma che insieme al suo territorio spicca con le sue tonalità di colore che varia-no dal verde brillante della tzavorite al marrone topazio, al rosso granato man-darino. “Rosso-arancio è il cielo della sera, nel Nord ovest della Namibia, sopra quiete montagne ed un fiume solitario” a seconda della stagione e della luce che la illumina, e nel giorno di festa ha uno

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zaffiro al posto del cielo…Ho conosciuto Mau nel 2003, appena en-trata a far parte della DRS, Dead Runners Society, la società dei podisti estinti, ricor-date “L’Attimo Fuggente”? Bellissimo film in cui Robin Williams interpreta la parte di un professore d’inglese fuori le righe ri-spetto ai canoni universitari inglesi. La Drs ricalca un po’ quello spirito: è una comu-nità virtuale in cui si “filosofeggia” di cor-sa nei suoi più svariati e variopinti aspetti, una sorta di Spirito Trail sezione strada. Ci si ritrova prima di una maratona o altro evento, in qualche ristorante a mangiar pasta facendo il carico di carboidrati, a conferire di propositi e tempi, svelando desideri e cercando conferme per i dub-bi, non leggiamo poesie di Whitman in una buia grotta illuminata da torce, ma lo spirito è quello, non più ragazzi alla ri-cerca di risposte, ma adulti alla scoperta di un mondo di corsa.Mau nell’agosto di quell’anno partecipò al “Le Defi de l’Oisans”, 200 km e 12.000 m di dislivello positivo in 6 tappe, c’era la possibilità di seguirlo attraverso il sito della Raidlight. Per farla breve, concluse secondo in 18h22’. In quegli anni non era-no molti i trailers e le corse in natura, forse in lista Drs era l’unico. Il suo spassionato amore per la montagna e per i trail ha presto contagiato molti di noi.“Tornando a casa” scrive in un suo rac-conto “accendendo il camper e ingra-nando la prima mi è sembrato di lasciare L’isola che non c’è”. Mau è un Peter Pan e “L’isola che non c’è” la raggiunge ogni volta che va a correre, per piacere, per allenamento o per gareggiare insieme agli amici.Forse è stato tra i mille pensieri che na-scono quando corriamo, un po’ per te-nerci compagnia, un po’ perché in quei momenti riusciamo a mettere tranquillità tra le file di cose che dobbiamo fare, che deve essere nato in lui il desiderio di voler portare gli amici e gli amici degli amici sulla sua “Isola che non c’è” almeno per un giorno.Così tra il pensare ed il fare ecco che il 29 ottobre 2006 si corre la prima edizio-ne del Trail del Monte Casto, un piccolo sogno che finalmente si avvera, un per-corso da 21 km e una passeggiata da 9 km entrambi lungo sentieri nei boschi di castagni, faggi, betulle e pini. Il cielo è azzurro e il sole splende, regalando così una splendida giornata con temperature ideali per correre.Il piccolo sogno continua l’anno succes-sivo, il 28 ottobre 2007, con la seconda edizione del Trail del Monte Casto, rical-cando sempre il percorso da 21 km e la passeggiata da 9 km nei boschi. Il cielo è azzurro e il sole splende, donando per una seconda volta una splendida giorna-ta impreziosita da quel piacevole tepore autunnale e non dalla soffocante calura estiva, umida e appiccicosa; quell’ama-bile irradiamento, che come lucertole andiamo a cercare quando l’inverno sta per arrivare.Il 26 ottobre 2008 la terza edizione del Trail del Monte Casto, un grande sogno che apre le ali e vola per 42 km più il soli-to, ormai collaudato, percorso da 21 km

e sempre la passeggiata da 9 km per i boschi che a tratti paiono pennellati da Monet. E ancora una volta il cielo è az-zurro e il sole splende. All’alba la tempe-ratura è freddina, ma la giornata sarà più che gradevole, perfetta per correre e per poter ancora pranzare e festeggiare all’aperto.C’ero nel 2006 per la 21, nel 2007 pas-seggiando con mio figlio lungo i 9 km e quest’anno per cavalcare il sogno da 42 km.Ho visto di anno in anno aumentare la partecipazione dei trailers, la mole di la-voro, ma anche la gioia, la soddisfazione negli occhi di chi ha corso, di chi c’era per la prima volta, di chi era all’esordio in un trail ed è rimasto stupefatto dall’am-biente e dall’organizzazione, e poi in ulti-mo, ma non per ultimo, da chi ha ideato questa manifestazione, che ci crede con il cuore e con l’anima, che ama questi luoghi tanto da volerli far conoscere e condividere, che sta lavorando perché si possa apprezzare queste terre per ciò che offrono, per la loro semplice bellez-za, perché chi ci abita si renda conto del valore che hanno questi luoghi e possa rivalutarli. Valori che stiamo perdendo, pensando solo alle nostre quattro mura che ci circondano, come se il mondo esterno non ci appartenesse. Abbiamo fatto i turisti correndo per questi posti, ma il tam tam riecheggia nell’etere:molti arriveranno, altri torneranno, maga-ri anche in periodi diversi, ma ricordiamo-ci il rispetto, trattiamo i boschi e i sentieri come fossero le stanze e i corridoi delle nostre case, manteniamoli puliti.Mau corre su e giù per questi posti da sempre, li conosce meglio di chiunque altro, ma ha l’umiltà di saper accettare consigli, di scoprire angoli che forse gli erano sfuggiti nella routine degli allena-menti. Questa volta ci ha pensato Aldo, invitandolo a passare per la sua baita, un piccolo gioiello, che lui ha definito “il suo passatempo”. All’origine credo potesse essere un po’ come quelle altre costruzioni semidistrutte che abbiamo vi-sto mentre correvamo. Ma Aldo l’ha fat-ta rinascere lavorandoci ogni weekend, ogni momento libero. Ha fatto sì che un sogno diventasse reale, che l’immagine proiettata nella mente si trasformasse in qualcosa di tangibile. Un altro esempio di come credendo nei sogni si può cambia-re la vita.

Mentre correvo, ho pensato che le forze della natura fossero dalla parte di Mau. Il sole, vecchio saggio, ha sparso i suoi rag-gi regalandoci calore, facendo risplen-dere i fili d’erba al pianoro delle Selle di Pratetto, all’alpe Monduro, ma soprat-tutto inventando quei bellissimi riflessi e scorci di luce che penetravano tra i bo-schi, donando al paesaggio un certo non so che di irreale. Il signore della pioggia ha aspettato qualche giorno a riversare acqua a catinelle sui sentieri ricoperti di foglie secche, un giorno in più non sa-rebbe stata la fine del mondo. La natura avrebbe poi continuato il suo corso. Era un po’ il suo modo di sdebitarsi per il ri-spetto e l’amore che lui incondizionata-

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mente le riserva. Quel giorno, il giorno di festa, tutto sarebbe rimasto sospeso nello spazio, come se un’enorme macchina del tempo avesse riportato tutto indietro all’ultima domenica del mese di ottobre del 2006, a quella prima volta in cui un desiderio si stava avverando.Stesse condizioni climatiche, dunque, ma in più c’erano nuovi elementi: bipedi ru-morosi e sbuffanti, muniti di strane protu-beranze sulla schiena o intorno alla vita, una truppa variopinta e rumorosa che invadeva il Monte e in qualche modo magari avrà dato fastidio ai cacciatori incontrati lungo il percorso allontanando le prede. Solo coincidenze? Forse, ma perché non fantasticare?Mi è piaciuto pensarla così, mentre in so-litudine correvo in discesa su un tappeto di foglie fruscianti, camminavo in salita, cercando nel terreno chissà quali tesori, ogni tanto alzavo lo sguardo per cerca-re la sommità, la fine, il cielo, e una volta raggiuntolo un bel sospiro e via avanti di nuovo.Ho ripercorso tratti già calcati preceden-temente con altre persone, ed era come se fossero ancora presenti. Mau con la sua corsa leggera e saltellante, forse per riuscire a tenere il ritmo lento, i gomiti lar-ghi e quella facilità di movimento che tanto invidio, Trab chiacchierava ama-bilmente tirando il freno, sembrava cor-ressero sul posto, Franz ed io a rincorrere con il fiatone. E’ strano come a volte le piccole cose restano impresse e le gran-di passino inosservate, come le parole dette in un certo momento e in un certo luogo rimangano indelebili e il solo pas-sare nuovamente nel medesimo posto in cui sono state dette fa sì che si ritorni per un istante indietro nel tempo, come ca-tapultati in quel preciso fotogramma nel lungometraggio dei nostri ricordi. E’ biz-zarro meravigliarsi di come le cose riman-gano tali, anche se siamo convinti che il tempo possa, debba mutarle: il lavorio dei cinghiali, i guadi, i ponticelli, la vasca da bagno in mezzo al prato, l’albero ca-duto di traverso sul sentiero, l’acqua che scorre limpida. Sono le nostre sensazioni a variare, siamo noi in perenne movimento, non il nostro incedere lungo il percorso, ma la nostra anima, l’essere intimo che vive in noi.Sono stata in compagnia, per un tratto, di Mauro Ghirlanda: insieme abbiamo corso, camminato e chiacchierato at-traversando la pineta e sbucando poi all’aperto, alla luce tenue del giorno ap-pena incominciato, cogliendo la bellez-za, il silenzio e la solitudine del luogo, lieve come lo svolazzare dei frutti del dente di leone una volta soffiati via dallo stelo, è stato come aprire una porta e ritrovarci in un altro mondo, un luogo lontano dalle nostre abitudini, è stato un attimo ma lo abbiamo colto e proseguendo lo abbia-mo lasciato alle spalle senza voltarci in-dietro, sarebbe stato inequivocabilmen-te diverso, una diversa angolazione, una diversa luce.Poi mi sono involata nel mio viaggio.Ho incontrato Luciano, gli amici di Aldo, all’alpe Scheggiola, dove il padrone di casa aveva promesso un ristoro goliardico

con vino e salame, ma più saggiamente era stato allestito con biscottini, cioccola-to, tè ed acqua. Ogni tanto raggiungevo qualcuno, alzando lo sguardo mi appari-va così, all’improvviso, sempre attenta a dove mettere i piedi mi accorgevo della presenza di qualcuno solo dal rumore dei passi o dalle voci. Ho visto con piacere le guide alpine, posizionate nei punti più a rischio, gentili e sempre sorridenti. I foto-grafi sul percorso sono stati grandi, credo di aver sorriso a tutti; era bello incrociare persone, anche se devo confessare che ho gradito la mia compagnia che è di-versa dalla solitudine: pregi e difetti di chi corre nelle retrovie.La parte alta della gara è quella che in assoluto mi è piaciuta di più. Il torren-te Sessera percorso al contrario, verso monte, quegli spiazzi che Mau ci aveva raccontato essere usati per produrre il carbone. Il ponte a schiena d’asino, il ri-storo dei ragazzi del campeggio verde, il gruppo di camminatori chiassosi muniti di bastoncini che hanno invaso parte della sterrata, l’altro ponte stavolta di legno, mancante di un asse e poi la bellissima cascatella, forse meno ricca d’acqua dell’ultima volta, ma comunque paesag-gio da favola, ci si aspetta un folletto da un momento all’altro.Al Bocchetto Tessera, all’andata, men-tre io partivo per il giro alto il quinto con-corrente iniziava il ritorno, e al ragazzo con paletta alla mano che fermava le macchine ho detto: “oh oh, sono un po’ in ritardo…”. E lui, sorridendo, mi ha pro-messo che mi avrebbero aspettato. Così saluto con un sorriso lui e gli addetti al ristoro e passati quei pochi metri d’asfal-to incomincio a scendere verso Pratetto sulla via del ritorno. Questo primo tratto non mi piace molto, non amo i sassi e di rimando penso al trofeo vinto da Mau al Trail de Frahans nel 2006. Una grande pie-tra intagliata da sapienti scalpellini, sem-plice, ma di grande valore affettivo, è lì in casa sul muretto a ricordare una vittoria, ma più che altro l’amico al quale era sta-ta dedicata. L’obiettivo quel giorno non era vincere per se stesso, ma era corre-re e volare come lui sa fare su e giù per quei sentieri in terra di Francia, arrivare per primo portando nel suo cuore Lakpa, un fratello di Dawa. Accompagnandolo per l’ultima volta dove l’aria è rarefatta e il cielo si può toccare con un dito, in cima alle montagne, diverse da quel-le Nepalesi, ma pur sempre montagne, fatte di rocce, di boschi, di ghiacci, di piccoli fiori azzurri, di fruscii, di scricchiolii, di vento che sussurra voci e musica sven-tolando piccole bandiere colorate che volteggiando diffondono buoni pensieri, preghiere e desideri. Il terreno cambia e correre sull’erba è una vera goduria. E’ incredibile come il corpo si risolleva, come anche l’atten-zione, pur sempre alta, sembra tirare un sospiro di sollievo, come il passo affondi sofficemente attutendo il sobbalzo. Passo dopo passo, tra tratti di prato e sentieri ci si avvicina alla civiltà per poi allontanarsi di nuovo, quando si torna a salire per un ripido cammino fino alla chiesetta degli Eremiti. Avremmo dovuto girarci intorno,

ma un signore ci ha fatto proseguire a destra, ancora su. Caspita, non ricorda-vo fosse così. Oggi con tutta probabilità è una di quelle giornate in cui tutto sembra più difficile. Ritorno al racconto di Mau che ci aveva svelato come non ci fossero due strade per salire e scendere dalla Chiesetta, così era stato costretto a tracciare un sentiero nel bosco, pulendolo dalle sterpaglie e ripassandolo in modo da renderlo visibile senza essere invasivo; saremmo passati di lì oggi, ma poi come un sipario, la natura nel giro di poco tempo lo avrebbe ab-bassato chiudendo il palco nuovamente, immaginando Puck, il folletto di” Sogno di una notte di mezza estate” alla fine del nuovo sentiero che ci dice: “se lo spet-tacolo non è piaciuto, questo potrebbe aver fatto finta di dormire, oppure può considerarlo come un prodotto dei sogni, e che se lo lasceranno fare, Puck farà ammenda dei danni”.Da qui in poi si alternano tratti in salita, a volte con forti pendenze e discese sec-che simili alle montagne russe nel bosco, man mano che si scende ci si avvicina ad Andorno, tra gli alberi si vede il campani-le. La casa di Mau, sempre aperta per gli amici, è da quelle parti, una casa come quelle di una volta, con scalini di pietra e i locali grandi ed alti, il lungo balcone come quello delle case di ringhiera, in giardino la sua vecchia 500, il pozzo. L’ar-rivo è sempre più vicino. Le prime case e il profumo dell’arrosto invade la strada, è un po’ triste passare per le vie principa-li, non c’è anima viva, sono tutti a casa a gustarsi il pranzo domenicale, svoltato l’angolo mi avvio verso gli ultimi metri, mi ricompongo e cerco di aumentare la mia andatura, giro ancora a destra e delle grida mi incitano: “Dai mamma che abbiamo fame…”All’arrivo trovo Davide, Adriano, Stefano e Mirco; sono trascorse 6 ore e 20 minuti dall’inizio del viaggio e adesso è l’ora di condividere con gli altri pensieri e sensa-zioni.

Siamo saliti e scesi, abbiamo valicato valli, guadato ruscelli, calpestato sassi e foglie, attraversato un territorio ai più sco-nosciuto e senza saperlo siamo passati in un luogo magico nel bosco; un fazzoletto di prato, più o meno dalla forma rettan-golare dove, sui due lati opposti, sono cresciute due coppie di alberi che sem-brano le porte di un campo da calcio.

E, come in quella scena de “l’Attimo Fug-gente “in cui il professore Keating esorta i ragazzi, mentre osservano le bacheche dei ricordi ad ascoltare le voci dei loro predecessori:“Ma se ascoltate con attenzione, li senti-rete sussurrare il loro monito. Avanti, avvi-cinatevi. Ascoltate, lo sentite? – Carpe – lo sentite? – Carpe, carpe diem, cogliete l’attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita!”

Lasciate che la fantasia si faccia strada ed immaginate che, in quella pezzuola d’erba, sorvegliati dai faggi, dei ragazzini siano in attesa di amici. Mancano Orso

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con il pallone, e Maurizio. La partita senza di loro non può cominciare.“Stanno arrivando” grida Mauro.“Era ora” mugugna Schizzo con un filo d’erba che gli pende dalla bocca, “an-cora un po’ e si faceva notte”.“Sei sempre il solito brontolone” replica Paolo.“Ma…cosa stanno facendo? Orso è in piedi sui pedali della bici di Mau e lui sta correndo… sembrano inseguiti da un cinghiale”dice Alex.Tutti insieme urlano e gridano, sbraccian-dosi.“Dai Mau….”“Forza Orso…”“Daiiiiiiiii….”

Dopo la scuola, nei pomeriggi liberi, quan-do il tempo lo permetteva, dal paese di Andorno partiva una banda di ragazzi-ni in bicicletta, pedalando come matti facevano a gara a chi prima tagliava il traguardo, in piedi sui pedali, gridando, prendendosi in giro, ridendo, arrivando in scivolata dopo una brusca frenata, giù di corsa e in un attimo appariva il pallone, un calcio e il passare delle ore scivolava rapidamente verso il tramonto quando, soddisfatti e inzaccherati, riprendevano le biciclette e fischiettando tornavano a casa.

Il prossimo anno provate ad ascoltare, tra il fruscio delle foglie le voci allegre dei ragazzi che qualche decennio fa spezza-vano il silenzio del bosco.

Andai nei boschi perché volevo vive-

re con saggezza e in profondità, suc-

chiando tutto il midollo della vita. Per

sbaragliare tutto ciò che non era vita e

per non scoprire in punto di morte che

non ero vissuto…

HenryDavid Thoreau

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[MATERIALI...]

Testo di Leonardo >leosorry< Soresi

Ora l’azienda texana ci riprova con il Forerunner 405, ultimo nato in casa Garmin dopo ben 14 mesi

di sviluppo che promettono un ulteriore drastico miglioramento tecnologico. Per poter dare un giudizio maggiormen-te ponderato, oltre a raccogliere come sempre le opinioni dei lettori, abbiamo voluto inserire le osservazioni di ben quat-tro “tester”: Marco Vendramel, Maurizio “maudellevette” Scilla, Cristina “Cris” Murgia e il sottoscritto. In prima battuta possiamo dire che tutti abbiamo apprezzato il grande sforzo di “miniaturizzazione” fatto da Garmin: si è passati dal modello 305 che somigliava ad un piccolo computer, ad un modello che oramai ha dimensioni del tutto simili a quelle di un orologio normale. Diverse sono state invece le reazioni per quel che riguarda la valutazione dell’effettivo miglioramento rispetto ai modelli passati. Chi possedeva il mo-dello 101/201/301 ne è rimasto entusia-sta, mentre chi possedeva i più recenti 205/305 avrebbe desiderato dei migliora-menti più drastici, anche per giustificare maggiormente l’acquisto di uno strumen-to dal costo non certo contenuto. ▼

GARMIN FORERUNNER405

SONO PASSATI ORMAI

OTTO ANNI DA QUANDO

LA COMPARSA DEL

FORERUNNER 101

HA CAMBIATO LE ABITUDINI

DI MOLTI PODISTI.

MESSI DA PARTE

CALENDARI E AGENDE

SU CUI SEGNARE ALLENAMENTI

E CHILOMETRAGGI,

MOLTI SI SONO LASCIATI

AFFASCINARE DAI

SISTEMI GPS “DA POLSO”.

NEL 2006, CON L’USCITA

DEL 305, LA GARMIN HA FATTO

UN SALTO DI QUALITÀ

OFFRENDO UN PRODOTTO

CHE HA SBANCATO IL

MERCATO,

VENDENDO MILIONI DI

PEZZI A LIVELLO MONDIALE.

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Look “Sicuramente avanti rispetto ai modelli pre-cedenti” M. Vendramel “Di fatto assomiglia ad un normale crono-metro, anche se forse avrebbe potuto esse-re più “stilosa”. Un mezzo punto in meno per l’aspetto del cinturino che mi è sembrato eccessivamente largo.” L. Soresi “A livello estetico direi che il Garmin 405 è da promuovere, è leggero, comodo da indos-sare grazie alla morbidezza della gomma del cinturino”M. Scilla

“La nuova linea accattivante, i due colori disponibili, nero e verde, le dimensioni note-volmente ridotte e il peso contenuto (solo 60 gr) fanno sì che possa essere utilizzato anche come un normale orologio da polso”C. Murgia

Dimensioni e peso “È addirittura leggermente più piccolo di un orologio Suunto (Vector, Altimax…)” M. Vendramel

“Niente da dire: il lavoro di miniaturizzazione fatto da Garmin è stato davvero incredibile. Infilatevi su un polso il 305 e sull’altro il 405 e vi accorgerete subito della differenza.” L. Soresi

Funzionalità GPS “Il sistema GPS e di conseguenza l’antenna dovrebbero essere i medesimi del modello 305. I tempi d’aggancio dei satelliti sono ve-locissimi, direi almeno quattro volte più veloci del modello 201, e nel mio caso posso per-mettermi di accendere il GPS già in casa, dove è visualizzato senza problemi il segnale. Segnale che in questi due mesi di prova non è mai stato perso su tutti i percorsi che ho fat-to: boschi fitti, città, con tempo soleggiato, nuvoloso, temporalesco e nebbia. Il sistema GPS indipendentemente dall’orologio può essere spento, in modo che utilizzato come orologio non sia attivata inavvertitamente la funzione di ricerca dei satelliti a scapito dell’autonomia della batteria.” M. Vendramel

“In tutte le uscite di prova ho utilizzato il 405 assieme al 305 per verificare eventuali dif-ferenze nelle misurazioni. Il risultato è stato di sostanziale parità in condizioni di segnale forte. Ho riscontrato invece delle differenze, più marcate, in condizioni “ostiche”. Nei sot-toboschi il segnale del 405 rimaneva più forte con una misurazione migliore della distanza percorsa. Rimangono invece i problemi re-lativi alla misurazione dell’altimetria e quindi dei dislivelli: questo però è un problema insito nei sistemi GPS “stand alone”, che può esse-re superato solo ricorrendo a fonti esterne di dati come fa Sporttracks. Un ultimo appunto riguarda la possibilità di creare delle rotte da seguire durante l’allenamento: questa ca-ratteristica, presente nel 305, è stata invece tolta nel 405” L. Soresi

“E’ molto veloce nell’acquisire i satelliti. Ri-

sulta ancora deficitario a livello di altimetria: per poter infatti avere i dati relativi a questa funzione bisogna aspettare di tornare a casa e scaricarli sul PC. Qui però iniziano i dolori perché se si usa il Training Center della Gar-min i valori sono molto distanti da quelli reali, mentre le cose vanno molto meglio utilizzan-do Sporttracks, software gratuito scaricabile dal web. Sicuramente questo non sarà però un problema importante per chi corre sola-mente su strada.” M. Scilla

“Ho trovato il GPS estremamente preciso. L’aggancio dei satelliti è sempre stato imme-diato, sia da ferma sia in movimento, contro il minuto impiegato normalmente dal 305, da fermo. Non ha mai perso il segnale, sia sotto gli alberi sia in città. E’ inoltre estremamente preciso nella misurazione della distanza: l’ho utilizzato più volte su percorsi di gara, misurati ufficialmente, e lo scarto su un chilometro è sempre stato non maggiore di un metro.” C. Murgia

Funzioni innovative “Non ci sono i tasti! Tranne 2: start/stop/en-ter e lap/reset/quit.Tutto il resto è affidato ad una ghiera sensibile al tatto con la possibilità di scegliere il livello di sensibilità. Le pressioni sulla ghiera danno accesso alle funzioni: time, training, menu e GPS. I sottomenu sono visualizzabili tramite lo scorrimento del dito sulla ghiera. Non ho trovato assolutamente difficile utilizzare la ghiera durante la corsa, neppure se bagnata. Anche con i guanti che normalmente uso in corsa accedo tran-quillamente a tutte le funzioni. Ghiera che in ogni caso è possibile bloccare in modo da non accedere inavvertitamente a pagine diverse da quelle in utilizzo, anche se i tasti che fermano e azzerano il cronometro sono i due di cui ho parlato all’inizio e quindi impos-sibili da premere inavvertitamente” M. Vendramel

“L’idea di utilizzare una ghiera anziché i tasti tradizionali è carina, ma tutto sommato non costituisce un vero valore aggiunto per l’uti-lizzatore. Inizialmente poi il suo utilizzo non è così intuitivo e talvolta può accadere di pre-merla inavvertitamente.” L. Soresi

“Personalmente non avrei abbandonato i vecchi pulsanti, perché la ghiera non è così facile da usare in caso di uso di guanti o di pioggia.” M. Scilla

“Dopo i primi momenti di difficoltà nel com-prendere quale fosse l’esatta pressione da effettuare sulla ghiera, le cose non sono an-date meglio. Ho provato a modificarne i 3 di-versi gradi di sensibilità, ma con nessuno dei tre sono riuscita ad impostare rapidamente le funzioni necessarie per il mio allenamento. Impossibile effettuare modifiche con i guanti o con le mani sudate! In ogni caso per evi-tare di toccare inavvertitamente la ghiera è possibile disattivarne la funzionalità premen-do contemporaneamente i tasti START e LAP posti a lato.” C. Murgia

Autonomia

“Sicuramente ridotta rispetto agli altri modelli, io ero abituato alle 14 ore del 201! Questa è di 8 ore in funzione training, quindi con GPS attivo, e di due settimane in risparmio ener-getico, quindi con la sola funzione d’orolo-gio. Avrei apprezzato anche in questo modello la possibilità di poterlo spegnere completa-mente e di accenderlo solo per l’utilizzo in corsa, a tutto vantaggio della durata della batteria. Il livello di carica è in ogni caso vi-sualizzabile e, raggiunta la soglia del 20%, av-visa che la batteria è quasi scarica.”M. Vendramel

“L’impossibilità di spegnere completamente il 405 è una scelta che fatico a comprende-re e che costituisce l’unico punto debole di questo modello rispetto a quelli precedenti. È vero che è possibile disattivare il segnale GPS, ma dubito che qualcuno lo utilizzi nor-malmente come orologio durante il corso della giornata.”L. Soresi

“Il consumo della batterie è indicato con una percentuale decrescente, sistema mol-to preciso rispetto alle tacche di misurazione proprie dei modelli precedenti. La durata della batteria è però inferiore rispetto a quel-la del Forerunner 305.” C. Murgia

Schermo

“Per quanto riguarda il display trovo che si potesse fare di meglio magari riducendo la grande scritta Garmin del quadrante. Se si utilizza la schermata con 3 dati la leggibilità ne risulta impoverita, in particolare per i 2 dati contenuti nei campi inferiori.” M. Scilla

“La scritta Garmin occupa un15/20% del di-splay, quando invece avrebbe potuto esse-re inserita sul cinturino o sulla cassa dell’oro-logio. La leggibilità è comunque più che buona, anche se ovviamente non è ai livelli di quella possibile con l’enorme display del modello 305. Eccellente invece la leggibilità in notturna grazie ad un’ottima retroillumina-zione.” L. Soresi

“Il display permette la visualizzazione massi-ma di 3 campi dati, con una leggibilità ridotta rispetto al 305, soprattutto in corsa. Se si deve consultare un maggior numero di campi, è possibile impostare lo scorrimento automati-co e visualizzarne così un massimo di nove. Questa opzione non è però comodissima, poiché non è possibile consultare un dato campo nell’immediato ma bisogna aspet-tare qualche secondo prima che compaia la schermata corretta. La retroilluminazione permanente è molto efficace ma causa un consumo elevato della batteria” C. Murgia

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Garmin Forerunner 405

Look

Dimensioni: 4.8 x 1.6 x 7.1 cm

Peso: 60 grammi

Tipo GPS: SiRFStar III

Alimentazione: batteria ricaricabile litio

Waypoint: 100

Software: Garmin Training Center

Prezzo consigliato: € 329,00

PRO

Sensore GPS preciso e “stabile”

Esportazione dati wireless

Dimensioni ridotte

Intuitivo

CONTRO

Software limitato

Autonomia batterie

Impossibilità spegnimento

Ghiera a volte imprecisa

Sensore GPS

Cardiofrequenzimetro

Software di allenamento

Ampiezza display

Facilità d’uso

Autonomia batteria

IL PARERE DEI LETTORI

“Lo uso da sei mesi circa e mi trovo benissimo. La ricezione è ottima, soprattutto nei boschi. L’unica grossa pecca è la ghiera: spesso con il sudore, dopo lunghi trail, non risponde bene ai comandi. Nel complesso è un ottimo strumento, e lo uso anche come orologio.”

Maxbello

La grossa differenza dal 305 è il non poter seguire le corse con la mappa. Il cinturino è piccolo. Ricezione satelliti: aggancio migliore e più veloce del 305. Display lettura caratteri e possibilità impostazione schermate: buona. Autonomia batterie: con gps al pari del 305. Nota positiva: l’oro-logio si può portare sempre e in quel caso senza gps l’autonomia è di circa una settimana. Funzionalità di utilizzo: buona. La ghiera è pratica e immediata. Qualche pecca in presenza di bagnato, in quel caso è meglio bloccarla. Le mie conclusioni sono che per un giro in montagna più escursionistico con possibilità di seguire il sentiero appena fatto, il 305 è insuperabile. Per l’estetica e anche per la praticità di averlo sempre al polso, meglio il 405.

Stefano

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INOV 8 MUDROC

[MATERIALI...]

Testo di Leonardo >leosorry< Soresi

Il secondo aspetto caratteristico della Inov8 è da ricercare invece nel gioco di parole Inov e 8 (eight) che suona

come “Innovate”, il verbo “innovare”. Le loro calzature non si limitano ad essere esclusivamente funzionali e leggere, ma soprattutto innovative. La filosofia costruttiva che guida il team Inov8 nella progettazione delle scarpe è semplice ma allo stesso tempo rivoluzionaria: correre scalzi è associato a un’incidenza minore di patologie croniche o acute alla caviglia e agli arti inferiori. Partendo da questo assunto, tutte le scarpe prodotte sono tali da seguire con precisione la forma del piede, offrendo a chi le indossa una calzata sicura e flessibile. Il piede ha 26 ossa e un sistema di articolazioni multidirezionale che gli permette di seguire perfettamente le variazioni dell’andamento del terreno: le scarpe non devono far altro che proteggerlo dalle asperità dell’ambiente esterno, mantenendo le sensazioni e la funzionalità del correre scalzi.

Un ulteriore aspetto che caratterizza la Inov8 è la profondità della gamma offerta: attualmente ci sono 21 modelli in catalogo, un numero che non ha eguali fra le imprese che producono scarpe da trail e che può addirittura lasciare confuso il cliente finale. Per semplificare le cose, Inov8 ha deciso di identificare ogni modello con un nome ed un numero. Il numero indica il peso in grammi della scarpa per una misura 43, mentre il nome dà un’indicazione del tipo di terreno sul quale può essere utilizzata.

Quelle che questo mese ci accingiamo a testare sono le Mudroc 280, la versione da competizione della Mudroc 290, modello cui la rivista Runners’ World nel 2003 assegnò il premio “Product of the year”.

La sensazione che si prova non appena si indossa la scarpa è davvero difficile da descrivere: per me abituato a correre solamente con scarpe pesanti e superammortizzate da 400 grammi, è stato un vero e proprio shock. Se non le avessi infilate ai piedi io stesso avrei creduto di essere ancora scalzo. Il comfort è ottimo, anche perché la tomaia è leggerissima e perfettamente traspirante. L’allacciatura unitamente al

INOV8 È UN’AZIENDA CHE HA SEDE A CROOK, NELLA CONTEA

DI DURHAM, NEL NORD –EST DELL’INGHILTERRA. QUESTO PARTI-

COLARE NON È AFFATTO SECONDARIO COME POTREBBE SEM-

BRARE: QUESTA ZONA È CARATTERIZZATA DALLA PRESENZA DEI

MONTI PENNINI, VERA “SPINA DORSALE” DELL’INGHILTERRA, CHE

PARTENDO DAL DERBYSHIRE RAGGIUNGONO I CONFINI DELLA

SCOZIA. IN PRATICA LE SCARPE INOV8 NASCONO PROPRIO SUI

MONTI DOVE VERRANNO POI UTILIZZATE DAGLI ATLETI DI TUTTO IL

MONDO E L’AZIENDA PRODUTTRICE SI FA VANTO DI ESSERE COS-

TITUITA PRIMA DI TUTTO DA PERSONE CON LA PASSIONE PER LA

CORSA IN MONTAGNA.

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quanto veloce a consumarsi, soprattutto se utilizzato su roccia.

Ovviamente un peso così leggero ha un costo non indifferente: l’ammortizzazione è minimalista, per non dire quasi assente, e all’inizio è facile correre con il cuore in gola temendo per i propri tendini e le proprie ginocchia. Eppure proprio questa del minimalismo è una corrente che in America sta prendendo sempre più piede, con campioni del calibro di Tony Krupicka e Kyle Skaggs che non solo corrono con calzature leggere, ma che eliminano addirittura le suolette per “sentire” ancora di più il contatto con il terreno. In effetti queste Mudroc 280 anziché affidarsi a strati in Eva o in altri materiali elastici per assicurare l’ammortizzazione, preferiscono sfruttare la curvatura naturale del piede. Il Bi-PlanarTM Heel è infatti un disegno della suola nel quale la sezione della parte sotto al tallone presenta due piani allineati con la curvatura naturale del piede. Questo consente di attutire in modo naturale gli urti che il tallone riceve in particolar modo nelle discese.

Personalmente le ho trovate perfette per gli allenamenti di 15-20 km dove il sentiero costituisce la maggior parte del fondo: erba e terra sono già di per sé superfici “ammortizzate” e l’appoggio del piede molto più naturale compensa abbondantemente la risposta più “secca” offerta dalle scarpe. Per allenamenti più lunghi oppure con superfici rocciose, ho preferito invece inserire, al posto della soletta originale, una soletta ammortizzante, con risultati più che dignitosi: nessun dolore a ginocchia o tendini, e una meravigliosa sensazione di controllo nelle discese.

In conclusione, la Mudroc 280 è una scarpa che esce dai canoni cui siamo abituati e che non cerca compromessi: imbattibile su terreni fangosi, fa di un grip pazzesco il suo punto di forza principale. Di certo chi le utilizza deve conoscerne anche i punti deboli, o meglio deve rispettarne gli ambiti di utilizzo per cui è stata concepita. ▼

sistema MetCradleTM regala una bella sensazione di fasciatura attorno al piede, sicura ma non fastidiosa.

Il secondo aspetto che cattura subito l’attenzione è la suola: sembra che la Inov8 vi abbia piantato dei denti di squalo. I 54 tasselli di gomma presenti su ogni singola suola assicurano una tenuta incredibile anche in condizioni estreme. Le prime due settimane di novembre, caratterizzate nel nord Italia da continui piovaschi, hanno costituito un eccezionale banco di prova: fango, erba e rocce bagnate, ruscelli da attraversare. Il risultato? Le scarpe non hanno mai fatto una piega, quasi che stessi correndo sull’asciutto. La tenuta è davvero qualcosa di unico, difficile da immaginare se si è sempre utilizzato un modello da trail classico. Non è un caso che la suola sia realizzata nel materiale che in Inov8 hanno chiamato “Sticky Rubber Compound”, una mescola molto morbida che è stata sviluppata utilizzando la stessa tecnologia della gomma da arrampicata. Attenzione però che questo composto è tanto performante

PARAMETRI DI VALUTAZIONE

Comfort: il piede percepisce l’interno della scarpa come comodo? Reattività: la scarpa si muove fluidamente accompagnando il piede dalla fase di ap-poggio a quella di stacco da terra? Ammortizzazione: la scarpa è adeguatamente ammortizzata? Stabilità: la scarpa offre adeguata stabilità in fase di appoggio su un terreno sconnes-so? La scarpa è in grado di impedire storte alle caviglie o altri potenziali infortuni?

Grip: La suola è in grado di assicurare sufficiente tenuta, riducendo il rischio di scivola-re sia su fondi asciutti sia bagnati? Protezione: la scarpa protegge il piede negli urti contro rocce, pietre, radici? Sistema di chiusura: è in grado di impedire al piede di scivolare verso la punta durante le discese?

Peso: qual è il peso della scarpa?

VALUTAZIONE delle INOV 8 MUDROC

Comfort: ECCELLENTELa tomaia è leggerissima e perfettamente traspirante. Anche dopo due ore di allenamento intenso i piedi rimangono perfettamente asciutti. L’imbottitura interna è ridotta all’osso ma non ci sono rigidità che possono causare vesciche.

Reattività: OTTIMA Con le Mudroc 280 ai piedi sembra di non indossare nulla. La corsa è estremamente naturale, leggera, agile e precisa.

Ammortizzazione: MINIMALe Mudroc 280 sono state studiate per percorsi non troppo lunghi su singletrack fangosi e umidi. Solo atleti veloci e leggeri possono permettersi di utilizzarle su percorsi diversi o più lunghi.

Stabilità: ECCELLENTELe Mudroc 280 si muovono all’unisono con il piede sfruttando la naturale capacità del piede di mantenersi in equilibrio. Il design specificatamente studiato per le Mudroc segue esattamente la naturale biomeccanica del metatarso per non ostacolarne l’efficienza.

Grip: OTTIMOAnche costretti a correre su sentieri coperti da fiumi di fango non vi troverete a fare pericolosi ruzzoloni. Il design del battistrada è davvero aggressivo e la mescola StickyTM fa egregiamente il suo lavoro.

Protezione: MINIMA La protezione in gomma anteriore è davvero minimale, ma è proprio su questo aspetto che la Inov8 ha lavorato per togliere ancora grammi rispetto alla versione precedente.

Sistema di Chiusura: BUONO Il sistema di allacciatura asimmetrico è flessibile ed affidabile.

Peso: OTTIMOLa scarpa, con un peso di 280 grammi (versione maschile e misura US9), è ai limiti del “correre scalzi”. In alcuni momenti occorre guardare per rendersi conto di avere qual-cosa ai piedi.

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CONDIZIONI DI TEST

Distanza: 100 km

Terreno: sassi, rocce, fango, erba

Mudroc 280

INOV 8

Comfort DATI TECNICI

Peso: 280 gr vers. maschile

Prezzo: 114 € (consigliato)

Misure: uomo: da US 4 a 12

Garanzia: 1 anno

Colori: verde/nero

Reattività

Ammortizzazione

Stabilità

Grip

Protezione CONSIGLIATA PER

Appoggio: Neutrale

Tipo gara: Trail corti, corsa in montagna

Atleta veloce: gara

Atleta lento: solo allenamento

Sistema di chiusura

Peso

Prezzo

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Regolamento1. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, senza distinzione di età o nazio-nalità.2. Il concorso prevede una sola catego-ria ma è lasciata la massima libertà sia nell’interpretazione del soggetto sia nel-la tecnica.3. Ogni autore/autrice può presentare un massimo di 3 fotografie in b/n e/o co-lore. Sono ammesse elaborazioni digitali. 4. Le opere dovranno avere le seguenti caratteristiche:. essere esclusivamente in formato digi-tale JPG . essere spedite via e-mail a [email protected]. essere nominate con cognome e nome dell’autore e numero progressivo in mi-nuscolo separate da under_score (esem-pio: rossi_marco_01.jpg rossi_marco_02.jpg )5. Le foto potranno essere accompa-gnate da una didascalia, una storia, una poesia per raccontare l’evento legato al soggetto fotografato.6. Le foto possono essere state scattate in ogni parte del mondo.7. Le foto pervenute sono a disposizione della redazione e possono essere utilizza-te senza vincolo alcuno.8. Gli autori, inviando le foto, dispensano la redazione da qualsiasi onere presente e futuro, garantendo che le stesse opere non sono gravate da qualsivoglia diritto.9. Le opere dovranno essere di proprietà dell’autore, non sono ammesse foto non scattate dell’autore10. Il giudizio della Giuria è insindacabile ed inappellabile.11. Ogni autore è responsabile del con-tenuto delle immagini pervenute e ne autorizza l’esposizione in internet sul sito www.spiritotrail.it12. La premiazione verrà effettuata in

“SCATTI…DI CORSA!”

data e luogo da definirsi al termine del concorso.13. L’invio stesso delle foto verrà consi-derato come accettazione del presente Regolamento.

COMMISSIONELa commissione esaminatrice, presie-duta dalla fotografa Belinda Sorice, è composta dalla redazione della webzi-ne Spiritotrail. La commissione deciderà insindacabilmente le opere da premiare basandosi sui criteri seguenti:1) QUALITA’ E TECNICA FOTOGRAFICA 2) CREATIVITA’ 3) PUNTO DI RIPRESA L’elenco dei primi classificati verrà pub-blicato online sul sito www.spiritotrail.it. Il vincitore sarà contattato direttamente dalla redazione.

PREMITra le foto pervenute entro il giorno 20 di ciascun mese, la commissione esa-minatrice sceglierà la “Foto del mese” che verrà pubblicata sulla webzine “Spiritotrail” del mese successivo. Tra le 6 foto prescelte come “foto del mese” nel periodo luglio 2008 – dicembre 2008 verrà scelto un vincitore assoluto, la cui foto verrà premiata con il titolo di “Foto dell’anno”. La foto dell’anno, oltre ad es-sere pubblicata sul numero di dicembre della webzine, rimarrà esposta per alme-no un anno al seguente indirizzo:www.spiritotrail.it

“SPIRITO TRAIL” BANDISCE IL

1° CONCORSO FOTOGRA-

FICO “SCATTI… DI CORSA!”

SUL TEMA: “LA CORSA IN NA-

TURA” OVVERO IMMAGINI

ED EMOZIONI DEL TRAIL RUN-

NING.

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[CONCORSO FOTOGRAFICO...]

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Skyrace Val Porcellizzo - Foto di Ivano Franguelli

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&SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - 34

[INTERVISTE...]

a cura di Matteo >emme< Grassifoto di Belinda Sorice e archivio M. Grassi

SimoneBROGIONI

È DICEMBRE. IL 2008 VOLGE AL

TERMINE E CON ESSO UNA PRIMA,

INTENSA FASE DI SPIRITO TRAIL,

LA “NOSTRA” WEBZINE ORMAI

PRONTA PER IL GRANDE PASSO

DAL WEB ALLA CARTA STAMPATA.

E ALLORA PERCHÉ NON

COGLIERE L’OCCASIONE PER

UN’INTERVISTA DOPPIA UN PO’

SPECIALE?

LASCIAMO STARE PER UNA VOLTA

LA GENTE CHE CORRE SUL SERIO,

QUELLI CHE HANNO METODO

E RISULTATI, INSOMMA, QUELLI

CHE HANNO QUALCOSA DA

INSEGNARE, E CONCEDIAMO UN

PO’ DI SPAZIO A DUE “SPIRITI” UN

PO’ COSÌ ...

MatteoGRASSI

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Caspita! È ben strano rispondere alle proprie domande, comunque: Matteo Grassi, 36 anni, di Padova.

Avevo 14 anni, era una gara di 7 chilometri. Arrivai in ritardo alla partenza, ma prima della fine recuperai quasi tutti. A 16 anni la mia prima maratona fu collinare, la Traversata dei Colli Euganei: arrivai in fondo strisciando. A 27 anni la mia prima ed unica maratona su strada. Quest’anno per la prima volta oltre i 42 chilometri: mi è piaciuto. In questi 22 anni ho amato tanto la corsa, ma a volte l’ho tradita, abbandonandola per alcuni periodi in cui mi sono dedicato a tempo pieno prima allo studio, poi al lavoro e alla famiglia.

Semplice. Indosso le scarpe e parto. Non ho né giorni fissi, né orari. Si tratta di ritagliare il momento giusto, in un gioco di incastri ed equilibri. Ho tre percorsi lungo il Brenta: 12-15 e 19 km. Quando riesco mi sposto sui colli Euganei e a volte nei fine settimana corro in provincia di Treviso (Montello, Colli, Prealpi), a volte mi spingo più in alto, sulle montagne. Ultimamente, avendo problemi a un ginocchio, ho iniziato a fare pedalate “trail” lungo i fiumi e i canali intorno a Padova. Chissà, se non passa mi darò alla pesca... sportiva, però!

Simone Brogioni, 1967, Firenze

Da piccolo correvo sempre. Ricordo che mio padre prendeva per mano me e mio fratello e correva fino alla fine del marciapiede. Era un gioco bellissimo, le gambe frullavano all’impazzata e mi sembrava di volare; andava a finire sempre che non reggevo il ritmo e mi lasciavo andare, strascicando i piedi. Alle elementari ero il più veloce della scuola, e in prima media partecipai alle selezioni per i Giochi della Gioventù, vincendo nei 60 metri con il tempo di 9 secondi. Proprio alle semifinali regionali dei Giochi della Gioventù scivolai sui blocchi di partenza, perdendo più di un secondo. La mia carriera da velocista finì lì. Ho ricominciato a correre nel 2004, ma non ricordo perché.

Corro la sera dopo il lavoro. Non c’è giorno che non mi faccia fatica, ma ho la testa dura e difficilmente rinuncio al mio allenamento quotidiano. Spesso corro in riva all’Arno, su terreno sterrato, oppure nella zona del Piazzale Michelangelo. Ho la fortuna di abitare in una città che, nonostante non offra la possibilità di grandi percorsi trail, sa sempre emozionare con le sue vedute, specialmente d’estate al tramonto.

Anzitutto: vuoi presentarti?

Quando e perché hai iniziato a correre? Hai mai smesso per poi riprendere?

Parliamo un po’ di allenamento e di gare: ti segue qualcuno oppure sei un corridore fai da te? Ti tieni aggiornata leggendo riviste o libri che parlano di allenamento? Segui delle tabelle?

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Raccontaci qualcuna delle tue esperienze: qual è stata la corsa/gara più bella che hai fatto? La più lunga, la più dura, la più “strana”? Quella che non rifaresti?

Qual è la gara che stai ancora sognando?

Corri da sola o hai compagni di allenamento? E alle gare ci vai da sola?

Parliamo di alimentazione: segui una dieta? Sei sempre attenta a quello che mangi oppure no, e ti concedi qualche vizio ogni tanto?

Cosa mangi prima di una gara lunga? E durante? E dopo?

Oltre la corsa: hai un diario, un quaderno di appunti, un blog? Tieni traccia o memoria delle tue corse?

Le gare in montagna mi rapiscono. Sono affezionato alla Camignada, è stata la corsa che mi ha fatto innamorare di questo sport. Mi è piaciuta anche la Transcivetta, con la sua formula della gara a coppie. Ma forse se ne dovessi scegliere una in particolare sceglierei l’ecomaratona del Chianti. La più dura per me è stata l’ecomaratona dei Cimbri, fatta senza allenamento. Le più strane sicuramente le corse di retrorunning, con la gente che scuote la testa quando ti vede passare. Non rifarei e non rifarò le corse con partenza libera, è una cosa che non concepisco.

Il Royal Raid alle Isole Mauritius... chissà...

Corro spesso da solo; ultimamente con Cris, la mia allenatrice, che mi ha fatto migliorare di parecchio. Visto che abbiamo i bioritmi speculari, quando uno dei due è in forma tira l’altro e viceversa. Ovviamente si conoscono tante persone correndo, ma riesco a fare amicizia solo con quelle che non parlano esclusivamente di corsa, tempi al km e metodi di allenamento. Condividere una grande passione come la corsa porta inevitabilmente ad avvicinarsi e, perché no, ad innamorarsi.

Uno dei motivi per i quali corro regolarmente è proprio la possibilità di mangiare e bere quanto voglio. Ma se prendo due chili, che vanno a ricadere nella pancia, non mi sento a mio agio e mi metto “a stecchetto” per un paio di settimane, fino a ritornare al mio peso-forma. Vizi? Adoro la birra e so di essere in buona compagnia in questo sport. Niente superalcolici e niente fumo.

Mi hanno sempre detto tutti di mangiare tanta pasta prima di una gara lunga, e così faccio, anche se non so perché. Il gelato poi è obbligatorio, mi rende felice. Durante mangio di tutto: dalla pizza, alle crostatine, ai gel. Dopo non se ne parla! Primo, secondo, dolce, birra, birra e birra.

Credo di aver scritto per 3 o 4 giorni i tempi dei miei allenamenti, all’inizio. Più che scrivere, mi piace leggere le emozioni degli altri. Anche per questo ho creato il forum di Spirito Trail, dove i racconti dei

La Traversata dei Colli Euganei, per motivi affettivi, è sempre al primo posto. Ma ce ne sono anche tante altre fra cui ovviamente la Lavaredo Ultratrail, organizzata da... ah sì, da Simone...

Alcuni dei ricordi più belli però sono di corse fatte in completa solitudine. Giornate trascorse da solo su e giù per le valli.

Il mio sogno non ha un nome. Ma se chiudo gli occhi lo vedo: correre veloce e senza fatica, salite, discese, boschi, prati ghiaioni, il vento in faccia, il panorama tutt’intorno.

Fino all’anno scorso sempre da solo. Un vero e proprio selvatico! Poi grazie al Forum e alla Webzine ho conosciuto un sacco di persone, con le quali ci si trova, alle gare o ai Trail Autogestiti. E devo dire che ho trovato anche degli amici.

Mangio tanto e di tutto un po’, ma non ingrasso. Per Bacco! Se ne ho di vizi...

I giorni prima: carboidrati. Due-tre ore prima della partenza 120 grammi di pasta con olio e grana. Durante niente fino alle 4-5 ore, poi qualche gel. Dopo, di tutto di più.

Certo. Ho da sempre un diario per le corse. Prima cartaceo, oggi in digitale, in cui segno: data, luogo e caratteristiche della corsa. Da un anno e pochi mesi ho un blog in cui racconto le mie

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Come concili la corsa con tutto il resto (lavoro, famiglia...)?

Scusa ma... perché corri?

...tema libero!

esperienze e descrivo l’aspetto più intimo ed emozionale. Scrivo poi su ST Webzine (cioè qua), che fra pochissimo diventerà una rivista cartacea...

Ci provo!

Corro perché mi piace.

Eccoci al dunque, spazio per la reclame! No dai, scherzo. Aggiungo solo una cosa. Per me la corsa va ben oltre il puro e semplice sport: è una passione e soprattutto uno stile di vita. La corsa mi ha aiutato nei momenti difficili, e non solo come sfogo, ma piuttosto per la capacità di resistere che mi ha insegnato.

partecipanti sono le mie letture preferite.

Ora abbastanza bene. Un po’ peggio quando le mie due bimbe erano piccole. Allora era dura, soprattutto per le ore di sonno perse.

Non mi piace la corsa fine a se stessa, trovo che sia uno sport noioso. Corro per allenarmi in vista di gare, soprattutto in montagna, che altrimenti non potrei sostenere. A questo penso durante i miei allenamenti più noiosi: al fatto che lo sto facendo in vista di qualcosa di esaltante.

Nel trail running ho trovato persone ricche di umanità e di spirito. Mi auguro che la semplicità e la spontaneità che ho respirato finora possa resistere nel tempo, sia sul forum di Spirito Trail, sia sulla futura rivista che spero di cuore possa piacere, proprio perché con il cuore è fatta. Grazie a tutti voi.

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[PREVIEW...]

Testo di Marco >marcobummi< Flamminii Minuto

WINTER TRAIL2008-2009

Anguillara Sabazia (RM) – 14 Dicembre 2008 Winter Trail dei 2 Laghi 19 Km ASD ANGUILLARA SABAZIA RUNNING CLUB www.asrc.it – [email protected] cell 348 2827796 Fax 06 99815375

Atina (FR) – 28 Dicembre 2008 Atina Doc Eno Trail 14 Km ASD ATINA TRAIL RUNNING www.atinatrailrunning.com –[email protected] cell. 348 3349155 – 348 3302382 Fax 077 6610556

Poggiolo (RA) - 4 Gennaio 2009 Poggiolo Winter Trail 22 Km GM Sport 0546 51127 - Cell. 339 1782.597

E’ uscito il calendario Winter Trail per la stagione 2008/2009. Le sei tappe che lo compongono seguono la filosofia

vincente del calendario Parks Trail estivo e cercheranno di replicare il grande successo di questo circuito. I percorsi pertanto saranno accomunati dal fatto di presentare tracciati abbastanza scorrevoli, non eccessivamente lunghi e in grado di soddisfare sia i trailer più accaniti sia quanti vogliono cominciare a praticare il trail running.

Si comincerà il 14 dicembre con il Trail dei due Laghi che prevede partenza ed arrivo ad Anguillara Sabazia, a due passi dalla capitale. La gara si svolgerà sulle strade sterrate e sui sentieri che costeggiano il Lago di Bracciano e il suo fratello minore, il lago di Martignano. Il 28 dicembre ci si sposterà ad Atina per la seconda edizione dell’Eno Trail, competizione organizzata con un pizzico di spirito goliardico dall’ASD Atina Trail Running. Lungo il tracciato i ristori saranno a base di ottimo vino locale DOC. Il nuovo anno si aprirà il 4 gennaio 2009 con una tappa immersa nell’Appennino Romagnolo, a Poggiolo in provincia di Ravenna, su un bel tracciato di 22 km. Il 25 gennaio sarà la volta del Winter Trail dei Marsi a Collelongo, località celebre tra i trailer per essere il luogo di partenza dell’Ecomaratona dei Marsi, la prima ecomaratona in Italia. L’8 febbraio ci si sposterà nei pressi di Viterbo per correre la prima edizione del Trail dei Monti Cimini, su un percorso molto suggestivo a due passi dalla città dei papi. La stagione del circuito Winter Trail si chiuderà a Campo Imperatore, a due passi da Castel del Monte, per l’omonimo Winter Trail, una gara particolare che si correrà su un percorso innevato.

Di seguito il calendario con le informazioni sulle varie gare:

Collelongo (AQ) – 25 Gennaio 2009 Winter Trail dei Marsi 15 Km ASD Ecomaratona dei Marsi Tel 328 1190037 www.ecomaratonadeimarsi.it

Monti Cimini (VT) - 8 Febbraio 2009 Monti Cimini Trail 16.9 Km ASD Cimina Running Viterbo www.monticiminitrail.it Cell 335 5482434 Fax 0761 1760266

Castel del Monte (AQ) - 1 Marzo 2009 Winter Trail di Campo Imperatore 15 Km Polisportiva Castel del Monte – ASD PARKS TRAIL www.krakatoasport.com cell 347 5852327 ▼

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2a MEZZA ECOMARATONA della VALDORCIA 26 dicembre 2008Testo di Simone BrogioniFoto a cura dell’Organizzazione

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Tra sogno e realtà Ho sognato gambe

lanciate in corsa superbamente volte ad amene fatiche. Ho sognato sudore in perle gocciolanti

a inumidire bruna terra,

e macchie di colore in filare movimento negli ondulati nastri di bianche strade.

La cornice era meraviglia di volti, di occhi

mai avvezzi al bello pronti a lasciare ardore umano

ad un acquarello invernale tinto di magia.

Ho sognato la realtà di ogni ventisei dicembre

nell’avvenente Pienza, e voi Podisti

per un giorno attori di quest’avventura

lunga ventuno chilometri …e poco più.

Alessandro 18/9/2008

DIFFICILE “FARE IL TEMPO” AD UNA GARA CHE SI CORRE IL GIORNO DI SANTO

STEFANO, ALL’INDOMANI DI PRANZI NATALIZI CHE NON INVOGLIANO CERTO

A SVEGLIARSI PRESTO E A CORRERE VELOCI. MA NEL TRAIL IL CRONO NON È

IMPORTANTE, PER CUI BEN VENGA LA MEZZA ECOMARATONA DELLA VALDORCIA,

LA CUI SECONDA EDIZIONE SI SVOLGERÀ APPUNTO IL PROSSIMO 26 DICEMBRE.

DOPO L’ECOMARATONA DEL CHIANTI DELLO SCORSO OTTOBRE, LE CAMPAGNE

SENESI ACCOGLIERANNO NUOVAMENTE IL POPOLO ITALIANO DEI TRAILER, PRONTO

AD IMMERGERSI NEI COLORI INVERNALI DELLA SPLENDIDA PIENZA.

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Testo e foto: Gli Orsi

Ormai è diventato un vizio: neve, grandine, sole spaccapietre, buio, freddo…

D’inverno, invece di ritirarsi in letargo, gli Orsi amano scorrazzare tra le colline del territorio alessandrino, in mezzo a vigneti, prati ricoperti di brina, assaporando il profumo della terra argillosa e l’aria frizzante che con un brivido solletica le guance. Il 24 e 25 gennaio 2009, il gruppo sportivo “Gli Orsi”, ormai conosciuto da tutti i trailers in quanto organizzatore dell’ultratrail “Le Porte di Pietra”, invita a conoscere un percorso meraviglioso chiamato “Il trail della Merla”, suddiviso in due parti: una notturna di 18 km il sabato (450 D+) e 37 km la mattina dopo (1000 D+). Il tutto percorrendo i sentieri collinari tortonesi, in provincia di Alessandria. La somma dei tempi darà la classifica finale. I tracciati saranno prevalentemente sterrati con paesaggi mozzafiato a 500 metri di altitudine. Preparatevi psicologicamente: il trail si svolgerà in qualsiasi condizione atmosferica!

1° TRAIL della ME R L A

La prima tappa percorre nei primi 3 km scalinate e ripide rampe asfaltate inframezzate dai sentieri dei giardini per raggiungere la Torre di Tortona; segue un tratto pianeggiante per affrontare poi due salite, quella del Monte Canino e quella che porta a Sarezzano. Il più è fatto, rimane solo una breve rampa fra le vigne e poi ci si potrà godere, presso la palestra Fausto Coppi, la cena, potendo così condividere una bella serata insieme.

La seconda tappa, dopo i primi km pianeggianti (per uscire dall’abitato di Tortona ) diventa subito abbastanza impegnativa con alcuni saliscendi tra boschetti e vigne, poi si affronta la salita più lunga della gara che conduce ai 500 m della torre di S. Alosio, proprio nei pressi di Castellania, paese natale di Fausto Coppi. Inizia il rientro con una lunga e facile discesa, ancora qualche strappetto e infine il pianoro finale per raggiungere il traguardo. ▼

Gli ORSI corrono, corrono sempre!

SCHEDA TECNICA:

Trail della Merlasabato 24 gennaio 18km 450m d+domenica 25 gennaio 37km 1000m d+

luogo: Tortona (Alessandria)organizzazione: Gli Orsi www.gliorsi.org [email protected]

pernottamento: sarà possibile dormire nella palestra con materassino e sacco a pelo.

24-25 gennaio 2009

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Testo e foto a cura dell’Organizzazione

IL TRAIL si VESTE di BIANCO

l’evento in modo rigoroso: circa 150 persone sono coinvolte nell’assistenza, lungo il percorso e all’arrivo, sicuramente un’organizzazione con molta esperienza e passione che non lascia nulla al caso. I due percorsi sono tracciati a forma di anello; il Trail Blanc prevede 27 km con 750 m di dislivello e si sviluppa fra i piccoli villaggi dell’alta valle della Guisane con alcune puntate nel bosco, quando i trailers già affaticati ritornano a Villeneuve; la Guisanette invece è la sorella minore con i suoi 10 km e 400 m di disl. Il sabato pomeriggio sarà in funzione un salone dedicato agli organizzatori di trail e alle ditte di materiali sportivi; è consigliabile iscriversi in anticipo visto che il numero chiuso è di 1.000 partecipanti. ▼

Trai l Blanc 4 gennaio 2009

Il Trail Blanc e la Guisanette, che aprono la stagione del trail running 2009, si corrono in territorio francese, appena

al di là del confine del Monginevro, a Villeneuve(Serre Chevalier), qualche km da Briançon. La particolarità di queste gare è data dal fatto che si corrono completamente su terreno innevato, con tratti su pista battuta e altri nel bosco con la sola motoslitta che ha tracciato il percorso, quindi la durezza della gara cambia molto a seconda delle condizioni della neve; in genere la temperatura può variare dai +5°C ai -10°C. L’associazione Courir en Briançonnais, forte dell’esperienza dei suoi due membri fondatori, Patrick Michel (già vincitore dei Templiers) e Marc Caveglia, organizzatori anche del Trail des Cerces, organizza

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[PREVIEW GARE...]

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TRE SOGNIPER

NATALEÈ ARRIVATO IL FREDDO, QUELLO VERO, E NEGLI ULTIMI GIORNI ANCHE

LA NEVE HA DECISO DI ANTICIPARE IL SUO ARRIVO, COPRENDO LE

MONTAGNE E I SENTIERI SUI QUALI ANDIAMO AD ALLENARCI. LE GIORNATE

SI SONO ACCORCIATE E PER CHI SI ALLENA LA MATTINA PRESTO O LA

SERA, QUESTA È LA STAGIONE IN CUI LA LAMPADA FRONTALE NON

PUÒ MAI MANCARE. ANCHE QUESTI MESI HANNO IL LORO FASCINO

E COSTITUISCONO UN PERIODO RIGENERANTE PER CHI METTE DA

PARTE LE SCARPE DA TRAIL E SI DEDICA ALLO SCI DI FONDO. PERÒ

OGNI TANTO IL PENSIERO NON PUÒ CHE VOLARE LONTANO, VERSO I

LONTANI TROPICI, DOVE IL CALDO E IL SOLE LA FANNO DA PADRONI,

E IN CUI L’ABBIGLIAMENTO TECNICO CONTRO IL FREDDO È INUTILE.

ORMAI CI SONO MOLTE GARE, IN OGNI ANGOLO DELLA TERRA: DAL

POPOLARISSIMO GRAND RAID DE LA RÉUNION, CHE RADUNA 2000

CONCORRENTI OGNI ANNO, ALLA TRANSGRANCANARIA CHE ABBIAMO

PRESENTATO SUL SECONDO NUMERO DI SPIRITO TRAIL. QUESTO MESE

VOGLIAMO PRESENTARVI TRE EVENTI CHE, IN POCHE EDIZIONI, HANNO

ATTIRATO PREPOTENTEMENTE L’ATTENZIONE DEI TRAILERS DI TUTTO IL

MONDO: BOAVISTA ULTRAMARATHON, THE COASTAL CHALLENGE E IL

ROYAL RAID ALLE ISOLE MAURITIUS. TRE TIPI DI GARE COMPLETAMENTE

DIFFERENTI, IN LUOGHI LONTANISSIMI TRA DI LORO, UNITE DA UN CLIMA

CHE NON CONOSCE IL FREDDO E DA PERCORSI CHE ATTRAVERSANO

LUOGHI INCONTAMINATI IN CUI LA NATURA È ANCORA CAPACE DI

STUPIRE L’UOMO. NON SOLO GARE QUINDI, MA DEI VERI E PROPRI VIAGGI,

DI QUELLI CHE A TUTTI NOI PIACEREBBE TROVARE PER NATALE SOTTO

L’ALBERO.

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[PREVIEW GARE...]

The Coastal Challenge nasce dall’esperienza di Tim Holmstrom, americano che da un decennio si

occupa di gare multisport e che è anche collaboratore dell’Eco Challenge e della Primal Quest. Innamorato del Costarica, in questi ultimi anni ha lanciato addirittura tre gare (la Route of Fire, sempre in Costarica, e la Island Run a Panama). Holmstrom ha ripreso la struttura delle grandi gare a tappe, puntando su percorsi altamente scenografici che danno ai partecipanti l’occasione di attraversare i luoghi più belli del paese del Centroamerica. “La mia gara pone l’accento sulla parola esplorazione, non solo di luoghi ma anche della propria interiorità. Tutti possiamo fare molto di più di quel che crediamo, ma non lo possiamo sapere fino a che non raccogliamo la sfida”.

Punti forti della The Coastal Challenge sono l’estrema varietà dei panorami e del fondo, che vanno dalle splendide spiagge ancora non toccate dal turismo, alle creste montuose, ai sentieri immersi nella foresta tropicale del Corcovado National Park, luogo considerato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Due sono le versioni presenti: la Expedition Run di 230-250 km in sei tappe che vanno da 18 a 60 km, o la più abbordabile Adventure Run di “soli” 150 km. Oltre alla distanza, la difficoltà principale è rappresentata da un fondo spesso irregolare, nonché dalla presenza di corsi d’acqua da guadare e di cascate da attraversare.

THE COASTAL CHALLENGETesto di Leonardo >leosorri< Soresiphoto © Tim Holmstrom

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[PREVIEW GARE...]

SCHEDA TECNICA

THE COASTALCHALLENGE 5a Edizione

Luogo: Costarica

Tipo di gara: gara a tappe in due versioni

Expedition Run : 250 km

Adventure Run: 150 km

I concorrenti della Expedition Run che non riescono a rientrare nei tempi limite possono continuare nella Adventure Run.

Partenza: Verrà svelata il giorno precedente.

Arrivo: Bahia Drake, vicino al confine con Panama

Distanza: le tappe variano da 18 a 60 km

Percorso: giungla, sentieri montani, estuari di fiumi, spiagge.

85% sentieri

12% strade forestali

3% asfalto

Dislivello+: non dichiarato

Partecipanti: 70 concorrenti

Note: una tappa verrà corsa all’interno del Corcovado National Park, una delle foreste tropicali più belle del mondo.

Ristori: Sì, ogni 12-18 km. Il concorrente deve essere autosufficiente tra un ristoro e l’altro.

Segnaletica: percorso segnato e servizio scopa

Prossima edizione: 31 gennaio – 7 febbraio 2009

Costo $ 2.450

Sito web: www.thecoastalchallenge.com

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[PREVIEW GARE...]

La Boa Vista Ultramarathon è arrivata già all’ottava edizione, e ormai non raccoglie più solo italiani, ma atleti

provenienti anche da Germania, Francia Svizzera e Austria. La formula è semplice: 150 km no-stop fra piste, sterrati e sentieri, ma soprattutto un’immersione totale in uno scenario lontanissimo dalla nostra realtà e dalla nostra immaginazione. L’isola di Boa Vista è uno degli ultimi paradisi incontaminati del nostro pianeta, ancora sconosciuta al turismo di massa, circondata da 55 km di spiagge bianche, tutte bellissime e ancora selvagge, ed un mare indimenticabile.

A differenza di altre gare desertiche, la Boa Vista Ultramarathon richiede al concorrente anche un minimo di capacità di lettura di una mappa, giacché la segnaletica è presente solo nei tratti notturni sotto forma di trekking lights fluorescenti. Punti forti sono: un’organizzazione italiana divenuta ormai impeccabile, lo spirito di estrema familiarità tra i concorrenti, nonché paesaggi infiniti che sembrano usciti da uno schermo cinematografico.

Rispetto alle altre due gare qui presentate presenta un tasso di difficoltà maggiore: 150 km non sono mai uno scherzo, ma in territorio desertico diventano ancora più impegnativi. Eppure, a volte, è proprio la difficoltà e la ricerca dei propri limiti ad attirarci.

BOA VISTAULTRAMARATHON

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SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - 47

[PREVIEW GARE...]

SCHEDA TECNICA

BOA VISTAULTRAMARATHON 8a edizione

Luogo: Isola di Boavista, arcipelago di Capo Verde

Partenza/Arrivo: spiaggia di Sal Rei

Distanza: 150 KM

Percorso: deserto, spiagge, sterrati, sentieri, piste

Dislivello+: non dichiarato

Partecipanti: 40 concorrenti

Note: Temperatura media di 27°C con poca escursione tra giorno e notte

Ristori: Autosufficienza completa. Solo acqua ogni 9-15 km.

Segnaletica: no, occorre saper leggere il road book. Segnalazioni luminose nei tratti notturni.

Tempo limite: 60 ore

Prossima edizione: 5-7 dicembre 2008

Costo $ 2.450

Sito: www.boavistaultramarathon.com

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[PREVIEW GARE...]

Quella del 2009 sarà la quarta edizione del Royal Raid, la fantastica gara di ultra trail

che porta i concorrenti alla scoperta del cuore delle Mauritius. Un nome quest’ultimo sinonimo di scenari tropicali indimenticabili, dove tramonti infuocati si alternano ad albe assolate su lunghe spiagge bianchissime, lambite dalle acque cristalline dell’Oceano Indiano. Proprio la bellezza stupefacente delle coste rende così difficile accorgersi di quante altre meraviglie sia in grado di regalare l’Isola dell’Armonia, così come viene chiamata dai viaggiatori. Il grande merito del Royal Raid è proprio quello di far conoscere anche “l’altra” Mauritius: l’immagine di un rosso tramonto tropicale o di una candida spiaggia lambita da una placida laguna turchese non rende infatti giustizia alla varietà geografica e paesaggistica che l’isola può offrire a chi

si allontana dai paesaggi da cartolina che tutto il mondo conosce. Ad attendere i trailers che si cimentano nel Royal Raid c’è infatti un’altra Mauritius, un mondo completamente diverso, dalla bellezza altrettanto strepitosa, in cui si susseguono senza sosta foreste tropicali, piste che corrono tra le coltivazioni di canne da zucchero, sentieri di montagna, come il celebre Parakeet Trail, che si inerpicano verticali verso il cielo.

Essendo situate appena a nord del Tropico del Capricorno, alle Mauritius il clima è sempre mite, e le temperature non raggiungono mai picchi di caldo eccessivo: proprio a queste condizioni climatiche si deve la rigogliosa vegetazione, una macchia verdissima che rinfresca le alture e che accompagna il concorrente del Royal Raid.

Come nelle altre isole vulcaniche

dell’arcipelago delle Mascarene, anche al centro delle Mauritius si estende un altopiano, dalla morfologia movimentata dal gran numero di crateri vulcanici, di corsi e di salti d’acqua che lo punteggiano. Tre sono le cime basaltiche che dominano il profilo dell’isola e che caratterizzano il percorso del Royal Raid: il Piton de la Rivière Noire (828 m), il Pieter Both (823 m) e il Pouce (812 m).

Quest’anno due sono i percorsi proposti dalla francese Naïade Events in collaborazione con Air Mauritius, e distribuiti in Italia dal Tour Operator “Le isole della Bellezza”: quello da 80 km, da percorrere nel tempo massimo di 22 ore, e quello da 35 km con un tempo limite di 9 ore. La gara parte dal Casela Bird Park, dove oltre 140 specie di uccelli hanno trovato un luogo accogliente in cui vivere, e dove le tartarughe giganti si muovono lente ai margini della foresta. La prima

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[PREVIEW GARE...]

metà del Royal Raid 80 attraversa poi la Riserva Naturale dello Yemen, 4500 ettari di flora lussureggiante racchiusa tra i rilievi montuosi di Moka e della Chaîne de Grand Port, che accompagnano da nord a sud il profilo della costa occidentale. Il territorio è attraversato da numerosi fiumi, come la Grande Rivière Noire, e i dislivelli morfologici creano dei salti d’acqua imponenti, come le bellissime cascate del Tamarin. In questa riserva esiste una varietà di specie animali sorprendente: dai cervi di Java (si stima che almeno 9.000 vivano nella sola riserva dello Yemen), antilopi d’Africa, manguste e scimmie.

Il Royal Raid potrebbe essere soprannominato il Raid dei Colori: si parte dall’azzurro del mare che si confonde con quello del cielo, si passa poi al verde delle vallate popolate dai cervi, all’ambra dei tramonti e delle terre vulcaniche, per poi tornare infine al bianco della sabbia e dei profumatissimi fiori di frangipane. Insomma il Royal Raid costituisce l’occasione perfetta per coniugare una vacanza nell’Isola della Felicità con un ultra trail particolarmente impegnativo capace però di ripagare il concorrente di tutto il sudore e gli sforzi fatti.

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SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - 50

[PREVIEW GARE...]

SCHEDA TECNICA

ROYAL RAID 4a edizione

Luogo: Mauritius (Oceano Indiano)

Partenza: Casela Bird Park

Arrivo: Bel Ombre

Distanza: Due possibilità: 80 km e 35 km

Percorso: 90% sentieri

9% strade forestali

1% asfalto

Dislivello+: 4.000

Partecipanti: 80 km 300 concorrenti

35 km 150 concorrenti

Note: il percorso si snoda nell’entroterra alla scoperta del cuore tropicale dell’isola di Mauritius. Il percorso estremamente vario passa da sentieri montani a piste che percorrono la savana.

Tempi limite: 9 ore per la 35 km

22 h per la 80 km

Prossima edizione: 9-10 maggio 2009

Costo 90€ per la 80 Km, 70€ per la 35 km

Come arrivarci: www.airmauritius.it

Sito web: www.royalraid.com

www.naiaderesorts.com

Tour operator Italia:

www.leisoledellapurezza.it

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SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - 51

Il Tour Operator “Le Isole della Purezza” nasce dall’esperienza quindicennale di Pierre

Confiance, seychellois di nascita, e Francesca Toccu, abile conoscitrice dell’Oceano Indiano. Seychelles, Mauritius, Madagascar, Rodrigues, Oceano Pacifico, Polinesia e Nuova Caledonia: sono queste le destinazioni in cui Le Isole della Purezza si muove. Le estensioni che ne derivano sono: Parigi Seychelles, Parigi Mauritius, Seychelles Mauritius, Seychelles Dubai, Mauritius Dubai, Seychlles Sud Africa, Mauritius Sud Africa, Mauritius Rodrigues. Le conoscenze e le competenze acquisite nel corso di questi anni sono la garanzia di un servizio altamente qualificato: ogni richiesta viene seguita individualmente, con la cura e la passione che solo un team di professionisti, amanti dell’Oceano Indiano, può offrire.

Le strutture proposte sono il frutto di una selezione attenta che pone l’alta qualità del servizio e il massimo rapporto qualità-prezzo come caratteristiche primarie. Il cliente viene seguito non solo durante la preparazione della vacanza ma anche e soprattutto durante lo svolgersi della stessa: attraverso il servizio “Consulent Specialist” potrà infatti mettersi facilmente in contatto con il personale dello staff e ricevere assistenza continua.

LE ISOLEDELLA PUREZZA

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SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - 52

Air Mauritius

Air Mauritius, Compagnia di Bandiera della Repubblica dell’Isola di Mauritius, offre

la più ampia rete di collegamenti tra l’Isola di Mauritius e l’Italia, con voli plurisettimanali da Milano Malpensa.

Con oltre un milione di passeggeri trasportati ogni anno, Air Mauritius ha visto un continuo aumento delle proprie attività, ponendosi ai primi posti tra le Compagnie aeree del mondo per l’altissimo livello di crescita.

Il continuo sviluppo nei collegamenti e nelle rotte verso quattro continenti ha creato le condizioni per affermare l’aeroporto di Plaisance Mauritius come un vero e proprio hub naturale nell’Oceano Indiano, una porta flessibile e piacevole sempre aperta su destinazioni come Africa Australe, Australia, Madagascar, Rodrigues e Reunion.

Un hub, quello di Plaisance Mauritius, capace di offrire oltre a flessibilità nei collegamenti anche parentesi di piacevole svago e assoluto relax.

Lo spirito e l’ospitalità dell’Isola di Mauritius si esprimono sin dai primi contatti con la Compagnia: Air Mauritius, grazie all’attenta cura dei particolari, offre viaggi piacevoli a ciascun passeggero su ogni destinazione.

Ogni passeggero Air Mauritius diventa protagonista di un viaggio indimenticabile: la grande attenzione per i minimi dettagli offre a tutti gli ospiti un’esperienza indimenticabile.

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SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - XX

9 e 10 maggio 2009 ROYAL RAIDMAURITIUS

Corsa montana di 80 e 35 km.4 EDIZIONE

Royal Raid è la straordinaria

corsa in montagna che si svolge

ogni anno a Mauritius. Giunta

alla sua quarta edizione, offre

l’opportunità unica di vivere la

passione per la corsa, insieme a

partecipanti locali e internazionali,

in mezzo a panorami mozzafiato

e vegetazione tropicale. In due

percorsi, da 80 km e da 35 km.

Tutte le informazioni sul sito ufficiale.

S i t i We b U f f i c i a l i :

w w w . r o y a l r a i d . c o m

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Per in fo rmaz ion i e p renotaz ion i

conta t ta re Le I so le de l la Pu rezza

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[SCRITTO DA VOI...]

Testo e foto di Stefano >Tetano< Bettio

Entrai nel vallon Vallorch e il sentiero prese a scendere repentino in linea retta; ne approfittai allora

per aumentare la falcata per cercare di raggiungere i tre concorrenti che mi precedevano di una trentina di metri. Avevo da poco lasciato alle mie spalle il più guascone dei miei compagni di corsa veneziani, Federico, nome in codice trail “Crepuscolo” il quale, con le sue elucubrazioni urlate per via delle cuffiette, aveva rotto di continuo l’idillio del luogo. Correvo, da pochi minuti, in un silenzio irreale dove a farmi compagnia solo il mio respiro e il suono secco delle foglie calpestate. Il bosco, in quel punto, era particolarmente fitto e la giornata grigia lasciava filtrare, attraverso il fogliame verde degli alti faggi, una luce pallida, donando al paesaggio un’ atmosfera ancora più incantata, al punto che se avessi incrociato un elfo o uno gnomo non mi sarei più di tanto stupito. Una curva in lontananza inghiottì i tre uomini davanti a me che scomparvero ai miei occhi. Mi preparai anch’io ad affrontare la curva rallentando un po’ e allargando la traiettoria verso il ciglio sinistro. Non avevo ancora terminato

Magico

la curva che inciampai in un ostacolo improvviso e caddi rovinosamente a terra. Con un balzo, vergognandomi dell’accaduto, mi alzai subito in piedi e ripresi a correre toccandomi le ginocchia solo un po’ sbucciate. Il sentiero riprese il suo percorso dritto ma, davanti a me, non c’era più nessuno. Lì per lì pensai che, alla faccia dell’ecomaratona, i tre si fossero inoltrati nel bosco per un improvviso bisogno corporale e volgevo la testa a destra e a manca per scorgerli, ma nulla, volatilizzati. Fu allora che mi accorsi che stavo correndo su un sentiero cosparso di tronchi d’albero che, istintivamente, saltavo con dei balzi. Mentre pensavo “Va bene corsa trail ma qui gli organizzatori hanno davvero esagerato”, improvvisamente fermai la mia corsa al cospetto di un uomo anziano seduto su di un tronco imponente. Era vestito con una casacca nera di lana grezza, un berretto sul capo sempre nero e calzava delle braghe lunghe appena sotto le ginocchia. Alzò il viso rugoso e guardandomi con modo accorto e di comando mi disse: - Chi ti xe, tutto intabarà (vestito) cussì?- Poi di fronte al mio silenzio: - Ma ti xe sordo o insemenio?- Mi si rivolgeva con una parlata in veneziano arcaico ormai in disuso da tempo. Per non indispettirlo ulteriormente provai a rispondergli, ma la stranezza degli eventi mi impacciava la parola. - Sono uno della corsa dei Cimbri- risposi con un filo di voce. E lui a squarciagola: - Un Cimbro! Ma se i vive sui monti dell’Asiago ti cossa ti fa qua? Gente stramba, gente todesca, voialtri Cimbri- (Gente strana e tedesca voi Cimbri). Il vecchio era probabilmente sordo per metà ed evitai di spiegargli che non ero un Cimbro; comunque la curiosità ebbe il sopravvento sulla perplessità e gli domandai: -E vu, chi siete?- -Sono Bortolo Griguol, proto dei remieri dell’Arsenal dea Serenissima Veneta Repubblica- Sempre più sbalordito lo incalzai: -Ma che ci fa il capo dei remieri di

Venezia in Cansiglio?- -Ti xe (sei) tanto strano Cimbro, ti devi eser l’unico nel dogato a non conosser proto Bortolo. Ti devi saver che sono al comando del Bosco de San Marco, qua in Cansiglio, da tre lustri. So’ mi che ordino quali faggi segar e controllo che tuto vegna fatto a regola de mestier. Da ogni alboro tiremo fora sei, a volte anca otto tavole che poi diventarà remi da galea. Un bon faggio da remo el deve esser drito, con le vene anca lore dritte e sensa nodi. Ogni pianta che tiremo giu un’altra ne piantemo, cussì vol la legge veneta e mi la fasso rispetar anca col bacheto- Concluse fiero e contento di dare risposta alle mie domande. Guardai proto Bortolo e, indicandogli la distesa di tronchi sul terreno, gridai: -Ma qua è stato segato mezzo bosco!- Alle mie parole il volto gli s’illuminò e con smisurato orgoglio, gonfiando il petto inspirando forte, mi disse: -Saria (sarebbe) un gran segreto ma ormai lo sa tutti! Gò fato (ho fatto) taiar, per ordine del Provveditorato dell’Arsenal, millesettecento piante par far diecimila remi che servirà par settanta galee da guera. Andremo, l’anno che vien, con Spagnoli, Savoiardi, el Papa de Roma e altri che non fasso nome (Genovesi) tutti insieme a romperghe i ossi ai Turchi!- Con gli occhi fuori della testa tuonai: - Ma si può sapere in che anno siamo, proto Bortolo?- - Mi non so in che mondo ti vivi Cimbro, ma semo (siamo) sotto el serenissimo doge Mocenigo nell’anno millecinquecentosettanta- -Casso!- Mi uscì dalla bocca- ma è la battaglia di Lepanto!- Bortolo, sempre più confuso, scosse la testa e sussurrò: - Ti se sempre più strano Cimbro, cossa saria (cosa sarebbe) sto Lepanto?- Non gli risposi e ripresi a correre nella direzione da cui ero venuto. Svoltai nuovamente la curva della caduta e mi trovai di fronte una donna, grondante di sudore in braghette e canotta e, per non scontrarci, ci abbracciammo. -Sbagli direzione, Fregona è di là, stai correndo in senso opposto!- Maleducatamente non le risposi, mi girai su me stesso e ripresi la corsa.

C A N S I G L I OStoria semiseria sull’ Ecomaratona dei Cimbri 2008

SPIRITOTRAIL [DICEMBRE 2008] - 54

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[SCRITTO DA VOI...]Anche i miei pensieri correvano veloci, non a Fregona, ma a Lepanto. Avevo visto i legni del Cansiglio che solo un anno dopo, trasformati in remi, avrebbero spinto la flotta veneta nella vittoria più importante della sua storia millenaria. Correvo e vedevo le oltre duecento galee della Lega Santa, per metà col vessillo marciano, fronteggiare le trecento turche. Udivo il fragore della grande mischia successiva allo scontro iniziale, gli arrembaggi e le urla degli assalti all’arma bianca. Infine lo stendardo di vittoria del Redentore Crocifisso sventolare sull’ammiraglia e la testa del comandante Ali Pascia penzolare dall’albero maestro. Così, sovrappensiero, mi ritrovai in una ripida discesa, a tratti cementata, con il campanile di Fregona sullo sfondo. A un centinaio di metri dalla linea di arrivo mi affiancò Crepuscolo che, ridacchiando, senza dir nulla, lanciò la sfida. Lo scatto finale fu all’ultimo sangue, tanto che travolsi un fotografo appostato pochi metri dopo il traguardo. Veri uomini “spirito trail”. Terminata la gara trovammo ad

I perplessi Stefano (Tetano) e Federico (Crepuscolo)

a t t e n d e r c i il resto del g r u p p o di trailer v e n e z i a n i giunti al t r a g u a r d o da oltre v e n t i c i n q u e minuti. Tra questi, Andrea, nome in codice trail “ D a r t a g n a n ” , che con fare canzonato mi disse: - Stefano, non arrivavi più, pensavamo ti fossi perso nel bosco! E poi: -Ma dove ti geri finio, che ti se anca ferio? (ma dove eri finito che ti sei anche ferito?)- - A Lepanto Dartagnan, a Lepanto!

ps. Per la cronaca ho chiuso l’ecomaratona con il tempo di 5:27:24 mentre l’ amico Crepuscolo in 5:27:25 un secondo costatogli un carissimo spritz al Florian in Piazza San Marco. ▼

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