Speranze e realtà di Andrea Garlinzoni

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Le nostre guerre - Volume I Dal luglio del 1931 al 4 agosto del 1942.

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ANDREA GARLINZONI

Speranze e realtà

Le nostre guerre

Volume I

Copyright © 2010 CIESSE Edizioni Design della copertina e fotografia

© 2010 Andrea Garlinzoni

Speranze e realtà Le nostre guerre

Volume I di Andrea Garlinzoni

Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l‟utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a: CIESSE Edizioni Servizi editoriali Via Conselvana 151/E 35020 Maserà di Padova (PD) Telefono 049 7897910 | Fax 049 2108830 E-Mail [email protected] P.E.C. [email protected]

ISBN 9788897277279 Collana LE NOSTRE GUERRE Versione eBook http://www.ciessedizioni.eu NOTE DELL‟EDITORE Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.

Quest'opera è stata pubblicata dalla CIESSE Edizioni senza richiedere

alcun contributo economico all'Autore.

BIOGRAFIA DELL’AUTORE Andrea Garlinzoni ha 60 anni e finalmente ha iniziato a dedicarsi alla passione di scrivere. Laurea alla Bocconi nel lontano 1973, tenente dell‟aeronautica militare ha lavorato in diverse aziende, occupandosi di vendita, marketing e formazione. Il lavoro l‟ha portato molto spesso in diverse nazioni europee e negli Stati Uniti. Ha letto molto, specialmente sulla storia della prima metà del secolo scorso. Il suo primo libro? E‟ stato uno dei regali della nonna materna: “Il giorno più lungo”. Aveva quindici anni. Le sue passioni lo hanno portato a collezionare minerali e quindi a passare giornate sulle montagne del Piemonte e della Lombardia. Spesso si è trovato nei luoghi che hanno visto le operazioni delle forze partigiane negli anni bui della guerra. La voglia di chiedere e di informarsi, di documentarsi gli hanno

dato la possibilità di ascoltare ancora, da chi le aveva vissute, tanti episodi di quello che è stato il secondo conflitto mondiale in diversi paesi europei. I luoghi dove ambienta le azioni nei suoi romanzi, infatti, li ha visitati e li conosce tanto da riuscire ad ambientare parecchi episodi delle sue opere. Per questa sua caratteristica e conoscenza, la CIESSE Edizioni ha dedicato ad Andrea una specifica collana intitolata:

LE NOSTRE GUERRE

A Fiammetta

1. Luglio 1931

La Lancia Lambda stava uscendo da

Berlino e percorreva a buona andatura la continuazione dell‟Haupt Leipzig Strasse.

Karl aveva lasciato, con un certo rammarico, il confortevole appartamento di proprietà: sei stanze con una splendida vista sul Tier Garten, in Hofjager Allee al 334, dove abitava. Karl Haltman, di professione commerciante di pietre preziose, aveva 37 anni e stava assaporando la bella mattinata di metà luglio del 1931 alla guida dell‟auto.

Il motore, un 2.569 di cilindrata, cantava sommessamente sotto il cofano. La carrozzeria, a guida interna, garantiva un valido riparo nei confronti del vento e dei rumori esterni e un confort di marcia veramente superbo. Era bellissima agli occhi di Karl: la carrozzeria verde smeraldo con i

parafanghi neri, gli interni in pelle rossa e il cruscotto in radica della Sardegna.

La Lambda aveva avuto molto successo all‟estero, mentre in Italia aveva pesato non poco il suo prezzo di oltre 42.000 lire. Karl era veramente contento dell‟acquisto fatto l‟anno precedente e non vedeva l‟ora di mostrarla al fratello Franz che lo aspettava a Merano.

Franz Haltman era il Vescovo di Merano e i due fratelli attendevano i mesi estivi per trovare almeno tre settimane da passare insieme, di solito era Karl che lo raggiungeva a Merano in treno, ma questa volta aveva deciso di muoversi con l‟auto per potersi fermare a Monaco di Baviera, dove lo aspettava un gioielliere e poi visitare i dintorni di Merano e del sud Tirolo.

Della famiglia erano rimasti solo loro due e Mario Vanti, fratello della madre, che con la sua famiglia viveva a Milano. I genitori e lo zio, che anni prima avevano insegnato tutto delle pietre

preziose a Karl e che da anni vivevano a Danzica, erano morti tre anni prima. I fratelli erano molto uniti e per loro era molto importante passare almeno venti giorni all‟anno insieme.

Il viaggio di quasi 900 chilometri lo

avrebbe piacevolmente impegnato per almeno tre giorni: voleva godersi la guida, senza affaticarsi, concedendosi tutte le soste che il paesaggio, l‟appetito o la stanchezza avessero richiesto.

La prima tappa sarebbe stata Lipsia dove si sarebbe anche fermato a dormire. Karl mangiò qualche cosa a Wittenberg e ripartendo assaporò lo sfilare, a fianco della vecchia strada, della foresta ricca di tutte le tonalità dei verdi delle foglie degli alberi e dell‟erba delle radure, dei gialli, rossi e lilla dei fiori e dei marroni dei tronchi e delle baite che ogni tanto si intravedevano tra il fogliame, uno spettacolo per gli occhi e per lo spirito.

Quello spettacolo lo lasciava sempre a bocca aperta. In qualunque stagione percorresse quel tratto di strada, il suo spirito contemplativo e dedito alla meditazione, nonostante la sua professione, ne usciva rinfrancato e certo della presenza di quel Dio che aveva creato tutta quella bellezza. Era uno dei temi che insieme al fratello Franz cercava sempre di approfondire, prima di affrontare qualche riflessione degna di meditazione.

A Lipsia scese all‟Hotel Der Kaiserhof

in Augustus Platz. Era presto per la cena e approfittò per visitare i negozi sotterranei della piazza del mercato. Al ritorno ammirò il frontale della Stazione Centrale in fondo all‟Augustus Platz, una delle più grandi d‟Europa. La cena fu molto curata e il piatto forte, una costata di manzo di oltre mezzo chilo, annaffiata con vino della Mosella, saziò Karl.

Era un omone, oltre un metro e novanta per 95 chili di peso, biondo, con un sorriso stampato sulla forte mascella ed era sempre allegro. Terminò la cena, concedendosi un bicchiere di Porto vecchio di 25 anni. Prima di salire in camera, chiese la comunicazione e compose il 26.256 di Norimberga per prenotare una camera al Bamberger Hof dove lo conoscevano. Purtroppo non avevano più camere libere e si fecero carico di trovargli una camera presso il Deutscher Hof, di cui conoscevano i proprietari.

Il giorno seguente, dopo un‟abbondante colazione, iniziò il tragitto che l‟avrebbe portato a Norimberga. Erano 300 chilometri tutti di autostrada: un‟opera colossale che era stata da poco terminata. Una strada dritta, con ampie curve e tutta lastricata con quei grandi rettangoli in conglomerato che ne costituivano il fondo. Avrebbe potuto lanciare la Lambda anche oltre i 130 all‟ora. Se la

sarebbe proprio goduta quella sgroppata attraverso la pianura tedesca.

Si fermò davanti all‟hotel, in

Frauentorgassen 29, vicinissimo al palazzo dell‟opera: il direttore Kurt Klein lo accolse e lo accompagnò personalmente al terzo piano, alla suite 333 che gli aveva riservato. Karl rimase impressionato dal lusso del mobilio e dalla tappezzeria di seta alle pareti. La cena fu all‟altezza delle aspettative e la terminò concedendosi un Cognac francese.

Dopo aver passeggiato fino davanti all‟opera, si fermò a leggere il cartellone della stagione seguente e vedendo per i primi di dicembre “La Carmen” di Bizet, pensò che sarebbe stata una splendida occasione fermarsi a Norimberga per il suo viaggio di fine d‟anno a Monaco di Baviera. Appena rientrato in albergo cercò il signor Klein e gli chiese di prenotargli la stessa suite per il 6 e 7

dicembre e di acquistare un biglietto per la rappresentazione della Carmen, la sera del 6 dicembre, trattenendolo presso il bureau dell‟hotel. Karl anticipò in contanti l‟importo sia della camera che del biglietto per lo spettacolo.

La mattina partì verso le dieci, dopo aver fatto una lunga e soddisfacente nottata di sonno. Monaco di Baviera l‟aspettava. Guidò godendosi il paesaggio, anche se non vedeva l‟ora di liberarsi di quello smeraldo da 4 carati che portava nel taschino destro del panciotto: era l‟ultimo impegno di lavoro prima delle sognate tre settimane di vacanza.

Scese al Parkhotel situato quasi in Marien Platz; mangiò una gustosa trota alle mandorle innaffiata con un Reisling d‟annata e tante patate fritte. Bevve un caffè corretto con grappa e si ritirò in camera. Dopo avere letto alcune pagine de “La vita di S. Agostino” la stanchezza lo vinse e si addormentò di sasso.

La mattina dopo, alle nove in punto suonò al campanello del retro del negozio della Gioielleria Feldhutter, le cui vetrine davano proprio sulla Marien Platz.

La trattativa durò pochissimo: i due uomini si conoscevano da anni e i dettagli sulle caratteristiche della pietra e sul suo prezzo erano già stati stabiliti per lettera. Il gioielliere si limitò solo a controllare con il lentino da 10 ingrandimenti la purezza della pietra e provvide subito a consegnare a Karl 1.200 marchi, il 25% del valore della pietra in contanti, compilando, subito dopo, il modulo dell‟Union des Banques Suisses. dove aveva il conto corrente, per il trasferimento dell‟ammontare residuo sul conto di Haltman. Andarono insieme in banca a consegnare il modulo e poi si fermarono nella pasticceria a fianco a gustare una tazza di caffè.

Avendo concluso quest‟ultimo affare, Karl ripartì alla volta di Innsbruck e si

fermò per il pranzo all‟hotel Kreid. Subito dopo cercò e trovò il Garage Meinhard dove c‟era un‟officina Bosch. Voleva far controllare il livello dell‟elettrolito nelle due batterie dell‟auto; lo attendevano, infatti, il passo del Brennero e poi quello del Giovio, con i loro oltre 2100 metri d‟altezza e tutti gli stretti tornanti.

Ripartì subito e si godette tutto il percorso in salita, la tenuta di strada della Lancia Lambda e il freno motore che poteva garantire nelle discese. Finalmente arrivò al cartello di benvenuto, all‟inizio dell‟abitato di Merano. Cercò la strada che portava al palazzo Vescovile e parcheggiò la macchina proprio di fianco al portone d‟ingresso. Di lì a poco era nello studio del fratello Franz che, dalla porta che dava sull‟appartamento privato, gli si fece incontro abbracciandolo.

Centinaia di volumi, quasi tutti rilegati in pelle, disposti ordinatamente nelle librerie a parete dello studio

occhieggiarono l‟abbraccio fraterno e affettuoso dei due fratelli. La benedizione era su quell‟affetto così sincero, sulla fede e sulla speranza che accomunava i due uomini nel ricercare sempre la bontà e la carità da rivolgere al loro prossimo.

“E‟ molto bello incontrarci di nuovo.” disse Franz al fratello.

“Per me è sempre come se riunissimo, come una volta, tutta la nostra famiglia.”

“Vorrei però che qualche volta anche tutta la famiglia Vanti, con le nostre cugine, fossero qui con noi. E‟ dall‟anno scorso che non ricevo più loro notizie.”

“Hai proprio ragione Franz.” Gli rispose il fratello, continuando: “E pensare che sono le uniche persone

che ci legano ancora alle nostre origini italiane. Quand‟è che il nonno è arrivato a Berlino ?”.

“Mi sembra fosse il 1895.” Gli rispose Karl.

“Ma arrivarono a Monaco di Baviera, non a Berlino. Il nonno aveva vinto il concorso per la direzione della filarmonica del teatro dell‟opera. Era un valente compositore e un abile e capace direttore d‟orchestra. Considera che viene ancora citato per certi pezzi che lui aveva diretto in modo esemplare ...”

La conversazione si spostò poi sulla politica interna della Germania. Commentarono il risultato del 14 febbraio dell‟anno prima quando il partito nazionalsocialista era passato da 12 a 107 seggi.

Convennero che i commenti dell‟anno precedente sul fatto che qualcosa fosse cambiato in Germania e che qualcosa fosse finito, erano stati molto centrati. Quell‟Adolfo Hitler andava tenuto d‟occhio.

“Non ti ho raccontato che poi mi sono deciso ad acquistare una copia di quel libro di Hitler: il “Mein Kampf”.” Disse Karl.

“L‟hai letto? Anch‟io avrei voluto scorrerlo per rendermi conto di quali possano essere i pensieri e il programma di quest‟uomo. Sono troppo impegnato dai miei doveri però, per potermi permettere di questi lussi. Se l‟hai letto, mi devi dare la tua impressione, me lo devi raccontare in sintesi. Ci tengo al tuo parere.”

Dopo cena, seduti comodamente nelle

poltrone di pelle, il Vescovo Franz attendeva che il suo segretario, che stava ricordandogli gli impegni del giorno dopo, si congedasse. Appena fu uscito, Franz si rivolse a Karl dicendogli: “Dai raccontami.”

Karl cominciò subito: “Mi è costato 12 marchi, ma valeva proprio la pena di comprarlo e leggerlo per capire quanto male c‟è nei pensieri di quest‟uomo. Credo che si possa intuire cosa ci aspetta, se non verrà in qualche modo fermato.”

Continuò poi: “Il programma politico di Hitler contenuto nel libro “Mein Kampf” è stato scritto da lui e Rudolf Hess durante l‟anno di reclusione che hanno dovuto scontare a Landsberg am Lech, dopo il tentativo di colpo di stato a Monaco.”

“La prima parte, intitolata “Una resa dei conti” è del 1925; la seconda, “Il movimento nazional-socialista” del „26. Lo scritto è purtroppo dominato dall‟antisemitismo: la razza tedesca, ariana pura, è superiore a quella degli ebrei; tutto questo con una profonda repulsione per il marxismo. A tal proposito esalta molto l‟esempio di Benito Mussolini qui in Italia, considerandolo e prendendolo a modello.”

“Prevede la creazione di un socialismo nazionale attraverso una lotta di razza, invece che di classe, con diversi obiettivi: la lotta contro il bolscevismo, l‟allargamento del territorio nazionale tedesco a est, per nuovi spazi vitali che

dovrebbero realizzare il destino storico dei tedeschi, l‟alleanza con l‟Inghilterra col fine di evitare una guerra su due fronti, l‟eliminazione del parlamentarismo con la proposta di trasformarlo in uno Stato del Führer, uno Stato fortemente autoritario guidato da un‟unica persona, al di sotto del quale, si dovrebbe sviluppare una forte gerarchia amministrativa.”

“Altri punti che mi hanno colpito sono: il riassunto del programma del partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi e la storia del partito fino al 1924.”.

“O mio Dio,” disse il Vescovo, più che l‟uomo Franz. “E‟ terribile. Sembrerebbe di sentire dei comandamenti, dettati da un superuomo.”

“Sì Franz, Hai proprio ragione.” gli rispose Karl e per chiarirgli meglio quanto aveva appreso da quella triste lettura, continuò: “Vedi, Adolf Hitler si presenta proprio come un superuomo,

riferendosi, in effetti, a un‟opera di Friedrich Nietzsche “Così parlò Zarathustra”. Hitler nel suo scritto utilizza una pericolosa e vibrata enfasi sul Cristianesimo, quale base ideologica della sua dottrina. Hitler paragona poi l‟ascesa del Nazismo a quella del Cristianesimo originale, e mette sullo stesso livello sé stesso e Gesù nella sua opposizione alle istituzioni ebraiche.”

“Temo proprio che possiamo parlare di bestemmie e di espressioni contro i primi tre Comandamenti.”

“Karl, hai ragione. Il dolore che mi ha provocato questo tuo racconto è immenso. Tutti gli uomini e le donne di buona volontà, in particolare quelli più vicino a quest‟uomo, dovranno pregare molto per far sì che Dio possa aprire gli occhi di tutti sulla strada che Lui vuole che prendiamo di fronte a tale ignominia.”

Franz, il Vescovo, si era messo quindi in ginocchio e aveva iniziato a pregare a mani giunte con gli occhi chiusi e

pronunciando a bassissima voce le parole latine di un‟antichissima preghiera. Karl comprese il momento e la sofferenza che vedeva sul viso del fratello, anche se in quella stanza, in quel momento non c‟era più il fratello, ma il Ministro di Dio che pregava. Uscì in silenzio dalla stanza, richiuse la porta e, turbato, raggiunse la sua camera dove passò una notte agitata.

Il pomeriggio seguente i due fratelli

decisero di uscire a passeggio. Il Vescovo Franz era un uomo alla mano, che amava vestire la semplice veste talare da prete e passeggiare tra i suoi fedeli; era molto conosciuto e non era strano vederlo fermarsi a parlare con chi lo salutava o con la grande cerchia di persone a cui era legato dalle sue opere di misericordia e di carità.

Verso le 17 erano sulla passeggiata a fianco del Passirio, in quel punto in cui il cammino sale e, dopo qualche dolce

tornante, raggiunge una panchina disposta a perpendicolo rispetto al corso del fiume. I loro discorsi vertevano sul tempo, sul raccolto e sulla vendemmia. Ripreso il cammino scesero verso la strada che li avrebbe riportati alla sede del Vescovado e videro una giovane donna che camminava davanti a loro. Per meglio dire, Franz la vide e Karl invece la osservò attentamente, era una giovane donna con una figura molto femminile, ma con quella classe innata che poche donne hanno. Portava una borsetta e alla tracolla era avvolto un foulard giallo. Un improvviso refolo di vento lo gonfiò e lo sollevò, facendolo posare ai piedi di Karl.

Prontamente Karl lo raccolse e allungato il passo si mise al fianco della donna, si tolse il cappello e con un accenno d‟inchino, le rivolse la parola, dicendole:

“Pardon, madame, credo che le sia caduto il foulard.”

La ragazza si fermò e guardò l‟uomo, il foulard e arrossendo leggermente rispose:

“Grazie mille. Mi deve essere scivolato. Lei è molto gentile.”

Intanto Franz aveva raggiunto i due e Karl, forte della presenza del fratello in abito talare le disse: “Signorina, mi permetta che mi presenti. Mi chiamo Karl Haltman e sono di Berlino, e questo è mio fratello Franz che svolge il suo Ufficio, qui a Merano.”

Al cenno di capo di Franz, la ragazza rispose:

“Piacere di conoscervi. Mi chiamo Vittoria, Vittoria Nibbio e sono qui in vacanza, sono di Broni, un paese vicino a Pavia.”.

“Permette che la accompagniamo al suo albergo?” riprese Karl che era rimasto folgorato da quei due occhi blu, e dal viso così perfetto da sembrare quasi l‟opera di uno scultore.

“Grazie, sì. Sono all‟hotel Hotel Savoy.”