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Passato, presente e futuro dei coadiuvanti locali e sistemici nel trattamento non chirurgico di perimplantiti e parodontiti: indicazioni e limiti M. Mensi, E. Scotti, L. Francetti, M. Giargia, M. Latronico, A. Camurati, M.E. Guarnelli, R. Rotundo s p e c i a l e PARODONTOLOGIA

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Passato, presente e futuro dei coadiuvanti locali e sistemici nel trattamento non chirurgico di perimplantiti e parodontiti:

indicazioni e limiti

M. Mensi, E. Scotti, L. Francetti, M. Giargia, M. Latronico, A. Camurati,

M.E. Guarnelli, R. Rotundo

s p e c i a l e

PARODONTOLOGIA

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volume 84 - n. 3 marzo 2016

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Dall’indagine Antibiotici topici nel trattamento delle paro-dontiti e perimplantiti: quali indicazioni condotta da Edra su

un campione di 1.000 odontoiatri italiani, e in fase di pub-

blicazione, è emersa l’esistenza di un’idea confusa circa le

indicazioni all’utilizzo degli antibiotici in terapia parodontale.

La maggioranza della popolazione intervistata dichiara:

di conoscere il rischio di resistenza batterica indotta dalla

somministrazione su larga scala di antibiotici sistemici;

di conoscere l’elevata percentuale di patogeni resistenti

all’amoxicillina;

ciò nonostante, di prescrivere almeno settimanalmente

antibiotici sistemici in particolare amoxicillina + acido

clavulanico per la terapia di ascessi parodontali e perim-

plantari;

di avvertire l’esigenza di un antibiotico topico efficace;

di non conoscere la differenza tra “medical device” e “far-

maco”;

di osservare una prevalenza di perimplantite nel proprio

studio fino al 10%.

È importante rilevare che sia il Ministero della Salute sia

l’AIFA raccomandano un’attenta e mirata prescrizione degli

antibiotici sistemici, data l’emergenza delle resistenze batte-

riche di cui siamo il Paese principalmente responsabile.

Passato, presente e futuro dei coadiuvanti locali e sistemici nel trattamento non chirurgico di perimplantiti e parodontiti: indicazioni e limitiM. Mensia, E. Scottia, L. Francettib, M. Giargiac, M. Latronicoc, A. Camuratid, M.E. Guarnellie, R. Rotundof

a Università degli Studi di Brescia, Dipartimento di Specialità Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Clinica Odontoiatricab IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Centro Odontoiatrico Universitario, Milanoc Università degli Studi di Genova, Corso di Laurea Specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentariad Libero professionista in Genovae Università degli Studi di Ferrara, Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio delle Malattie Parodontali e Perimplantarif Università degli Studi di Firenze, Corso di Laurea Specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria e Corso di Laurea in Igiene Dentale

Da questi presupposti è scaturita la necessità di confronto

tra parodontologi esperti in materia per discutere le attuali

evidenze scientifiche e cliniche in merito alle problematiche

sopra elencate.

1. INTRODUZIONEIl concetto che i batteri svolgano un ruolo prioritario nell’e-

ziologia della malattia perimplantare e parodontale è ben

documentato. Obiettivo primario della terapia parodontale è

eradicare e/o ridurre la carica batterica parodontopatogena

attraverso il debridment meccanico e manuale.

Diversi protocolli di terapia parodontale non chirurgica si

sono susseguiti nel corso degli anni, a partire dalla strumen-

tazione manuale di Scaling e Root Planning (SRP) a qua-

dranti alla più attuale Full Mouth Instrumentation (FMI)

in combinazione o meno con la terapia antibiotica sistemica

(amoxicillina + metronidazolo).

La scelta del protocollo terapeutico più adatto muove da una

corretta diagnosi che, riprendendo quanto riporta Armitage

[1], deve fondarsi su un’attenta analisi di dati clinici, radiogra-

fici e anamnestici (classificazione del 1999). Questo permette

di distinguere le diverse categorie di malattia parodontale:

gengivite;

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Speciale parodontologia

parodontite cronica;

parodontite aggressiva localizzata;

parodontite aggressiva generalizzata;

periodontite come manifestazione di malattia sistemica;

malattie parodontali ulcero-necrotiche;

ascesso parodontale;

lesioni combinate endo-parodontali;

lesioni parodontali indotte o acquisite (traumatiche).

I successivi step fondamentali per la gestione del paziente pa-

rodontale prevedono una rivalutazione post-trattamento ad

almeno 6 settimane di distanza, l’impostazione di un follow-

up personalizzato e l’eventuale correzione chirurgica di ta-

sche residue.

L’esigenza di un trattamento aggiuntivo deriva dai limiti della

terapia non chirurgica:

abilità dell’operatore;

tasche profonde;

difficoltà di accesso;

anatomia complessa;

efficacia ed efficienza degli strumenti;

capacità di alcuni batteri di infiltrare i tessuti molli.

Diversi coadiuvanti sono stati proposti in letteratura per mi-

gliorare gli outcome clinici e microbiologici ottenibili con la

sola terapia non chirurgica:

clorexidina;

fluoruro amminico e fluoruro stannoso;

terapia fotodinamica;

laser;

disidratante chimico a base di solfuri;

antibiotici topici.

Dall’evidenza scientifica, così come dalla discussione tra gli

esperti, si evince che i coadiuvanti topici proposti e testati

a oggi migliorano i risultati della terapia non chirurgica in

maniera limitata e spesso mostrano minime differenze, signi-

ficative solo statisticamente e non certo da un punto di vista

clinico.

2. GLI ANTIMICROBICIÈ assodato che l’associazione di misure per il controllo del

biofilm sia sopragengivale sia subgengivale determina un vi-

raggio della flora microbica orale verso specie non patoge-

ne con conseguente miglioramento dei parametri biometrici

parodontali. Questi cambiamenti, oltre a essere attribuibili

all’effetto della strumentazione parodontale, potrebbero es-

sere dovuti, almeno in parte, al rigoroso controllo domiciliare

del biofilm implementato dall’utilizzo di antimicrobici locali.

L’uso di antimicrobici locali a base di fluoruro amminico/fluo-

ruro stannoso (AmF/SnF2) associato alle pratiche quotidiane

di igiene orale domiciliare risulta maggiormente efficace in

termini di controllo del biofilm e riduzione dell’infiammazio-

ne gengivale rispetto alle sole procedure meccaniche [2]. I

risultati di un recente studio [3] indicano come l’adozione di

un protocollo di igiene orale rigoroso, attuato mediante l’im-

piego di antimicrobici a base di AmF/SnF2, possa controllare

la ricolonizzazione batterica subgengivale da parte dei batteri

parodontopatogeni in pazienti con elevata suscettibilità alla

malattia parodontale, determinando una riduzione della cari-

ca microbica totale del 70% e del complesso rosso del 75%

a 12 settimane dal trattamento.

La necessità di ottenere una più drastica e duratura riduzio-

ne della carica batterica nel cavo orale e in particolare nelle

nicchie ecologiche subgengivali, in modo da ridurre il rischio

di una ricolonizzazione precoce dei solchi/tasche parodontali,

ha imposto l’adozione di regimi terapeutici con un esteso im-

piego anche a livello professionale dell’antimicrobico locale,

nella fattispecie la clorexidina. In alcuni studi si è evidenziato

come l’associazione della clorexidina al debridement paro-

dontale possa indurre benefici aggiuntivi in termini di shift del

microbiota subgengivale e miglioramento dei parametri clinici

[4]. In altri studi un approccio simile ha dimostrato limitati

effetti clinici e microbiologici rispetto allo stesso regime senza

l’utilizzo della clorexidina [5]. In accordo, è stato dimostrato

recentemente come l’uso professionale della clorexidina asso-

ciato alla strumentazione parodontale non abbia indotto van-

taggi aggiuntivi in termini clinici e microbiologici rispetto alla

sola strumentazione [6]. La mancanza dell’effetto potrebbe

essere dovuta in parte alla concentrazione dell’antisettico uti-

lizzato per l’irrigazione (0,02%). D’altronde anche quando

sono state valutate concentrazioni maggiori di antisettico i

risultati ottenuti sono stati ancora una volta limitati se non

assenti [5]. In conclusione, i risultati degli studi riportati in

letteratura sembrano indicare che non vi sia un beneficio ag-

giuntivo clinico e microbiologico quando la clorexidina viene

associata alla strumentazione parodontale.

Nonostante la strumentazione parodontale associata a regimi

rigorosi di controllo del biofilm risulti efficace nel migliora-

mento dei parametri clinici e microbiologici, essa non è però

in grado di consentire la completa eradicazione delle specie

batteriche patogene dalle tasche parodontali se non in un’esi-

gua percentuale di pazienti.

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ogia 3. LA TERAPIA FOTODINAMICA

La terapia fotodinamica o disinfezione attivata dalla luce si

avvale del principio che determinate sostanze, dette “fotosen-

sibilizzanti”, in presenza di ossigeno e di una sorgente lumi-

nosa tarata su specifiche lunghezze d’onda coerente (laser) o

non (lampade a led) abbiano la capacità di agire specifica-

mente contro i microrganismi senza provocare alcun danno

alle cellule ospiti.

La terapia fotodinamica è stata proposta nella terapia cau-

sale della malattia parodontale: le revisioni sistematiche di

studi scientifici a oggi non hanno dimostrato un reale bene-

ficio in sostituzione ai trattamenti convenzionali, mentre la

combinazione sembra mostrare dati positivi specie nelle zone

difficilmente accessibili [7].

L’attuale discordanza dei dati di letteratura è dovuta proba-

bilmente a vari fattori tra cui le differenze nei fotosensibiliz-

zanti, nelle apparecchiature e nelle lunghezze d’onda impie-

gati nei singoli studi.

Nel trattamento della perimplantite i dati sperimentali e cli-

nici attualmente disponibili dimostrano che la terapia fotodi-

namica può ridurre i batteri sulle superfici implantari senza

causare effetti collaterali [8].

Gli effetti clinici della terapia fotodinamica rispetto ai metodi

convenzionali di decontaminazione delle superfici implantari

non possono essere valutati in quanto mancano studi clinici

controllati e randomizzati con risultati a medio e lungo ter-

mine.

Poiché i dati che emergono dalla letteratura al momento di-

sponibile sono discordanti e non forniscono indicazioni preci-

se sull’efficacia, ulteriori studi scientifici potranno fare chia-

rezza.

4. IL LASERSi ricorda che parlare genericamente di laser ha un significa-

to alquanto limitato, infatti “laser” è semplicemente un acro-

nimo (Light Amplification by Stimulated Emission of Radia-

tion) che indica l’emissione di un fascio di luce – o meglio di

una radiazione elettromagnetica, infatti molti laser (medicali

e non) utilizzano lunghezze d’onda abbondantemente fuori

dello spettro visibile – coerente, monocromatica e collima-

ta; inoltre esistono laser medicali con caratteristiche fisiche e

potenzialità, quantomeno teoriche, di interazione con i tessuti

del tutti difformi tra loro.

In particolare, in odontoiatria i laser studiati e in qualche

modo disponibili sono [9]:

CO2 (laser ad anidride carbonica): ha indicazioni chirur-

giche ed è in grado di tagliare i tessuti molli tramite un

processo di carbonizzazione mediato dall’assorbimento

dell’energia nell’acqua presente negli stessi. Ha ottenuto

l’approvazione per uso odontoiatrico nel 1976;

Nd:YAG (Neodimio:YAG): l’energia in questo caso è prin-

cipalmente dispersa più che assorbita dai tessuti molli, so-

prattutto se molto pigmentati (utilità nella gestione delle

neoformazioni vascolari), e duri. Il controllo della profon-

dità di penetrazione risulta assai difficile. Non ha ottenuto

alcuna approvazione per uso odontoiatrico da parte della

Food and Drug Administration;

Er:YAG (Erbium:YAG): fu il primo laser approvato nel

1997 per applicazioni ablative di tessuti duri. Presenta

una captazione 1.500 volte superiore al precedente da

parte dei tessuti; l’acqua presente viene rapidamente por-

tata a ebollizione e ciò causa microesplosioni;

laser a diodi: ha un funzionamento e un pattern di assor-

bimento molto simili al Nd:YAG ma con minori surriscal-

damenti nella compagine dei tessuti. Da usarsi a contatto

dei tessuti, restituisce un feedback molto simile a un elet-

trocauterio.

Altri argomenti che nel corso degli anni hanno spinto la ri-

cerca verso le applicazioni cliniche di questi dispositivi sono i

presunti, ma non dimostrati, vantaggi in termini di: minor san-

guinamento, minor dolore e migliore e più rapida guarigione,

effetti battericidi diretti, batteriostatici, biostimolanti.

Analizzando nello specifico le più recenti revisioni sistemati-

che della letteratura in merito alla laserterapia in clinica pa-

rodontale, si identificano tre lavori molto autorevoli condot-

ti negli ultimi dieci anni: uno commissionato dall’American

Academy of Periodontology nel 2006 [10] e due comparsi sul

Journal of Clinical Periodontology rispettivamente nel 2008

[11] e nel 2014 [12].

La revisione del 2008 [11] evidenzia che l’eterogeneità dei

disegni sperimentali, delle apparecchiature testate e delle ca-

ratteristiche dei laser non consente di effettuare una metana-

lisi, pertanto gli autori si limitano a un’analisi narrativa dei

risultati: l’applicazione del laser Er:YAG in terapia parodon-

tale non chirurgica sembra avere il miglior potenziale tra le

diverse lunghezze d’onda e sembra produrre un risultato simi-

le alla terapia convenzionale (benché vi siano dubbi sulla po-

tenza statistica degli studi considerati). Per le altre lunghezze

d’onda non è presente alcuna prova scientifica. Inoltre, per

quanto concerne la sicurezza, negli studi esaminati non sono

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Speciale parodontologia

emersi effetti avversi alle intensità energetiche considerate.

La revisione del 2014 [12] mostra la sostanziale equivalenza

della monoterapia con laser Er:YAG rispetto allo SRP nel

breve termine, ma a 6 e 12 mesi i dati sono insufficienti, men-

tre come aggiunta allo SRP la differenza tra l’usare o no il

laser è statisticamente non significativa oltreché clinicamente

irrilevante. Gli autori fanno inoltre notare che solo due de-

gli studi inclusi nella metanalisi, che rappresentano quanto

di metodologicamente migliore sia disponibile in letteratu-

ra in materia, soddisfacevano appieno le raccomandazioni

CONSORT riguardo al controllo degli errori sistematici (bias).

Numerosi studi sono stati condotti con l’intento di verificare

l’efficacia del laser in parodontologia, e in particolare in te-

rapia causale parodontale. Gran parte di questi tuttavia pre-

senta limiti metodologici e statistici più o meno importanti

che, di fatto, hanno suscitato dubbi sui risultati ottenuti. Uno

studio clinico randomizzato condotto da Rotundo et al. [13],

realizzato secondo le regole metodologiche e statistiche indi-

cate dal CONSORT, ha dimostrato che l’uso del laser Er:YAG,

come monoterapia o in aggiunta all’approccio meccanico con-

venzionale, non è efficace (o particolarmente utile, nel caso

dell’associazione) se posto a confronto con l’approccio mec-

canico convenzionale.

Una recente revisione della letteratura [14] ha inoltre eviden-

ziato che anche l’impiego del laser a diodi in terapia causale

parodontale non sembra essere efficace.

È necessario altresì ricordare i potenziali effetti collaterali

della terapia laserassistita, riportati in numerosi studi.

La laserterapia, a partire degli anni Novanta del secolo scor-

so, è stata abbondantemente indagata in letteratura: dai dati

disponibili è noto che sono stati pubblicati oltre 1.200 articoli

originali; di questi, meno di 20 possiedono però le caratteristi-

che corrette per poter essere inseriti validamente in revisioni

sistematiche della letteratura. Nonostante la notevole mole di

lavori scientifici pubblicati, che sottintende un vivo interesse

della comunità scientifica, non sono ancora apparsi risultati

di una minima rilevanza clinica e i costi diretti e indiretti di

tali terapie (acquisto delle apparecchiature, maggior tempo

clinico per la terapia) devono far riflettere attentamente sul

loro utilizzo.

Si possono prendere a prestito, per la parodontologia, le

conclusioni del comitato scientifico dell’American Dental

Association: “Benché i laser abbiano un utilizzo legittimo in

odontoiatria, essi non sostituiscono alcuno degli strumenti

convenzionali nell’armamentario dell’odontoiatra. Prima di

investire nell’acquisto di laser, gli odontoiatri che intendono

utilizzarli devono comprendere attentamente le differenze tra

i vari tipi, compreso ciò che la letteratura scientifica afferma

in proposito” [15].

5. I COADIUVANTI CHIMICIRecentemente è stato introdotto in commercio un nuovo di-

spositivo medico basato su una soluzione acida solforica sul-

furea, sotto forma di gel o liquido, con azione essiccante e

disidratante (HybenX®). L’obiettivo è pertanto quello di ag-

gredire non più i batteri bensì la struttura portante del biofilm

batterico.

Due serie di casi clinici (in fase di pubblicazione) hanno evi-

denziato la potenziale efficacia del suo impiego sia in cam-

po parodontale per il trattamento non chirurgico di ascessi

parodontali, sia in campo implantare per il trattamento non

chirurgico delle perimplantiti.

6. FULL MOUTH DISINFECTION VS TERAPIA A QUADRANTILa Full Mouth Disinfection (FMD) nasce come protocollo di

studio per evidenziare se la traslocazione batterica da siti non

trattati a siti trattati sia o non sia importante da un punto di

vista clinico nella guarigione dopo terapia parodontale causa-

le non chirurgica.

Secondo il protocollo originale, il risultato clinico è stati-

sticamente e clinicamente superiore rispetto alla terapia di

controllo sia in tasche moderate sia in tasche profonde, con

miglioramento via via più marcato al crescere della profondi-

tà iniziale.

Viceversa, moltissimi studi che hanno in qualche modo re-

plicato o cercato di replicare queste esperienze non hanno

ottenuto i medesimi risultati clinici [15] pur rilevando un’ef-

ficacia equivalente della FMD alle tecniche più tradizionali e

tuttora considerate lo standard di cura, dimostrando quindi

una sostanziale sicurezza anche del protocollo “full mouth”.

Se si cerca di comprendere il motivo di tali differenze lo si

ritrova nei disegni sperimentali. Essi infatti non sono perfet-

tamente identici tra i diversi gruppi di ricerca e in particolare

negli studi del gruppo belga di Quyrinen [16]: essendo studi

nati e disegnati per massimizzare la differenza fra test e con-

trollo in termini di traslocazione batterica, il gruppo control-

lo riceve una spaziatura subottimale delle sedute e il gruppo

test riceve anche una massiccia dose di antimicrobico locale

(clorexidina); negli altri studi tale differenza invece non è al-

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ogia trettanto enfatizzata e il gruppo controllo riceve la terapia

tradizionale nel modo standard e spesso il gruppo test non

riceve l’aggiunta dell’antimicrobico.

Alcuni di questi lavori però, pur non mostrando differenze si-

gnificative tra gruppo test e controllo, evidenziano attraverso

diversi design sperimentali come il fattore cruciale per ottene-

re risultati ottimali sia la prevenzione delle ricolonizzazione

dei siti già trattati [15].

Il fatto che questo risultato sia raggiunto mediante un trat-

tamento intensivo e rapido, un uso estensivo della clorexidina

o uno stringente protocollo di istruzione motivazionale prete-

rapia oltre che con una costante decontaminazione professio-

nale precoce durante tutto il periodo della guarigione sembra

esercitare scarsa influenza sulla risposta clinica finale, a patto

che una o più di tali modalità venga adottata.

Anche le migliori revisioni sistematiche della letteratura [17]

mostrano sostanzialmente un’equivalenza tra le due terapie.

Questa equivalenza cela in realtà un vantaggio statisticamen-

te significativo a favore degli approcci full mouth, benché si

tratti di differenze di magnitudine talmente piccola da render-

le poco importanti da un punto di vista clinico: si sta infatti

parlando di un miglioramento inferiore a 0,5 mm in termini

di maggiore riduzione di tasca, di una maggiore riduzione del

sanguinamento al sondaggio inferiore al 10%. Gli autori del-

le revisioni sistematiche concludono quindi per la sostanziale

equivalenza fra le due terapie ed evidenziano come la scelta

dell’una o dell’altra debba essere guidata non da una presunta

superiorità quanto piuttosto da considerazioni di altro tipo

legate alla modalità e logistica della terapia, nonché a valu-

tazioni accessorie come l’invasività della terapia in rapporto

alla salute sistemica del paziente o l’opportunità di associare

una terapia antibiotica sistemica.

7. L’ANTIBIOTICO SISTEMICO Quando si prescrive una terapia antibiotica necessaria è sem-

pre importante, come raccomandano Silva-Senem et al. nel

2013 [18], tenere presente:

le proprietà farmacologiche (farmacocinetica e farmaco-

dinamica);

il dosaggio che raggiunga la concentrazione minima neces-

saria per essere efficace e che non sia tossico;

le caratteristiche relative all’ospite, per esempio eventuali

problematiche sistemiche che possano interferire con l’as-

sorbimento del farmaco;

la compliance del paziente, che deve aver capito come as-

sumere l’antibiotico e le possibili conseguenze derivanti

dal fatto di non eseguire la terapia prescritta corretta-

mente;

la complessità e diversità del target microbiota (la pre-

scrizione deve essere mirata e specifica contro i batteri

patogeni che si vogliono debellare);

la variazione della flora intestinale;

l’aumento della suscettibilità ad altre patologie;

gli eventuali effetti avversi come riportato dal foglietto

illustrativo di ogni farmaco;

il rapporto costo-beneficio, ovvero l’effettiva necessità di

prescrivere l’antibiotico sistemico;

lo sviluppo di resistenze batteriche.

Centrale oggigiorno è – come anticipato – l’ultimo punto, ma

utilizzando combinazioni di antibiotici con differenti modalità

d’azione, evitando i dosaggi sub-antimicrobici a lungo termine,

risparmiando le ultime generazioni di antibiotici e soprattutto

evitando l’abuso di prescrizioni è possibile ridurre lo sviluppo

di resistenze batteriche.

La terapia sistemica in parodontologia viene utilizzata nei

pazienti affetti da parodontite severa o aggressiva, ove il

cocktail di van Winkelhoff (amoxicillina e metronidazolo)

ha dato risultati statisticamente significativi e risulta oggi il

trattamento di elezione per questa patologia quando associa-

to alla terapia non chirurgica con approccio full mouth. La

sua efficacia e il suo razionale sono comprovati dall’ampio

spettro d’azione e dalla sinergia tra le molecole nonché dal

mantenere il tasso nel sangue sopra la concentrazione mini-

ma efficace [19]. Questo cocktail è infatti efficace contro la

popolazione microbica parodontopatogena, aerobi/anaerobi

facoltativi e anaerobi stretti, nella soppressione di Aggrega-tibacter actinomycetemcomitans e contro Porphyromonas gingivalis.I risultati che si ottengono non sono solo microbiologici ma

soprattutto clinici. Si registrano infatti una riduzione sia del

numero di tasche residue, sia delle indicazioni chirurgiche (e

di conseguenza anche delle prescrizioni antibiotiche), sia del-

la progressione della patologia da 6 mesi a 2 anni e un’au-

mentata stabilità parodontale a lungo termine.

Nonostante l’efficacia di questa terapia sia comprovata, va

considerata caso per caso e non giustifica l’utilizzo indiscri-

minato di antibiotici per la risoluzione delle infezioni paro-

dontali [20].

Le indicazioni sono comunque limitate alle parodontiti ag-

gressive generalizzate, alle croniche severe generalizzate, alle

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Speciale parodontologia

forme rapidamente progressive in presenza di tasche diffuse e

profonde con elevate percentuali di sanguinamento al sondag-

gio e presenza di essudato purulento.

L’antibiotico sistemico, come emerge dalla rassegna sopra

descritta, viene però prescritto anche in fase acuta in presen-

za di ascessi parodontali o perimplantari. L’antibiotico più

prescritto è amoxicillina + acido clavulanico, che tuttavia ha

uno spettro d’azione poco idoneo per le infezioni parodontali.

In caso di necessità legata alle condizioni sistemiche del pa-

ziente (deficit immunitari diretti o indiretti, rischio di endo-

cardite infettiva, immunodepressione) sarebbe più indicato in

queste condizioni patologiche somministrare una tetraciclina

o l’associazione amoxicillina + metronidazolo oppure evitare

la somministrazione sistemica a favore di un farmaco topico

riducendo così effetti collaterali e resistenze batteriche.

8. GLI ANTIBIOTICI TOPICIL’impiego di antibiotici applicati localmente in siti/tasche pa-

rodontali e/o perimplantari rappresenta un’ulteriore strategia

terapeutica a potenziamento del trattamento meccanico e in

alternativa alla terapia antibiotica sistemica laddove si ravve-

dano limiti e controindicazioni.

8.1 PRESUPPOSTIDa un punto di vista generale il successo della somministra-

zione locale di antibiotico si basa su una serie di principi:

si deve utilizzare un farmaco attivo sulla totalità o mag-

gior parte dei microrganismi patogeni;

il principio attivo deve essere in grado di entrare in contat-

to con i batteri bersaglio;

deve raggiungere concentrazioni terapeuticamente efficaci

in situ;

deve mantenerle per un tempo sufficientemente lungo;

non deve diffondere o essere assorbito a livello sistemico;

deve offrire maneggevolezza clinica e comfort per il pa-

ziente.

Il soddisfacimento di questi requisiti richiede quindi l’indi-

viduazione non solo del farmaco più idoneo ma anche del

veicolo o carrier o supporto migliore capace di garantire le

proprietà farmacocinetiche sopra elencate.

Per quanto riguarda il principio attivo, volendo rimanere

nell’ambito degli antibiotici, i farmaci più studiati sono alcuni

di quelli già descritti per la somministrazione sistemica ossia

le tetracicline (tetraciclina cloridrato o HCl, doxiciclina e mi-

nociclina) e il metronidazolo.

Le tetracicline, ricordiamo, sono antibiotici batteriostati-

ci, attivi su un ampio spettro di batteri (anaerobi, aerobi/

anaerobi facoltativi e anaerobi) e possiedono un’altra pe-

culiarità, ossia la capacità di contrastare localmente la

produzione di collagenasi, metalloproteine e interleuchine

esercitando un’azione antinfiammatoria locale.

Il metronidazolo, attivo sugli anaerobi, si è dimostrato ef-

ficace soprattutto in associazione con l’amoxicillina nella

somministrazione sistemica. L’applicazione locale richie-

de però una formulazione farmaceutica particolare, da cui

dipende la possibilità di soddisfare tutti i requisiti ideali

sopra menzionati.

8.2 TETRACICLINEI primi tentativi descritti in letteratura relativamente all’ap-

plicazione locale di antibiotici risalgono alla metà degli anni

Settanta. Sarà lo studio di Goodson et al. (1979) [21] a sta-

bilire la validità del principio e aprire la strada a successivi

sviluppi. L’autore aveva caricato tetraciclina HCl in piccoli

tubi da dialisi e da questi, una volta inseriti nelle tasche pa-

rodontali, veniva rilasciata per osmosi. Sebbene la “riserva”

di farmaco risultasse esaurita nell’arco di 6 ore, gli autori ri-

portavano effetti positivi dal punto di vista sia microbiologico

sia clinico.

Questo studio fornì lo spunto a diversi autori a testare altre

molecole ma soprattutto a individuare nuovi metodi di rilascio

del principio attivo: ciò rappresenta il filo conduttore della

ricerca in tale settore fino ai nostri giorni.

L’evoluzione è consistita nella realizzazione di fibre monoli-

tiche cave in etilenvinilacetato caricate con la quantità nota

di 12,7 mg di tetraciclina HCl. Ogni fibra misurava 0,5 mm

di diametro e circa 25 cm di lunghezza. La fibra veniva inse-

rita all’interno della tasca parodontale dove, stabilizzata me-

diante cianoacrilato, veniva mantenuta per 7-10 giorni e poi

rimossa, essendo non riassorbibile.

Una serie di studi aveva permesso di comprendere meglio le

potenzialità del sistema. In primo luogo Tonetti et al. (1990)

[22] avevano dimostrato che le concentrazioni di farmaco

raggiunte nel fluido crevicolare erano molto elevate e mante-

nute a lungo (1.590 µg/mL per 10 giorni) e che nonostante

una certa sostantività della tetraciclina tale effetto era da at-

tribuirsi al veicolo, visto che con la sola irrigazione di solu-

zioni all’1% e al 10% di tetraciclina HCl le concentrazioni

diminuivano in modo esponenziale, con un tempo di dimezza-

mento di 4,2 e 12,2 ore rispettivamente.

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ogia Tali misurazioni consentivano di concludere che il sistema

“fibre di tetraciclina” permetteva un rilascio costante di far-

maco con una cinetica di “ordine zero”, ossia non decrescente

al diminuire della concentrazione del farmaco stesso, configu-

rando il primo esempio di quello che viene definito sistema a

rilascio controllato.

Inoltre Ciancio et al. (1992) [23], in biopsie umane di tessuto

gengivale prelevato in tasche in cui erano state applicate le fi-

bre, avevano dimostrato la presenza di tetraciclina nell’epitelio

sulculare, e talvolta nel connettivo sottostante, a concentra-

zioni terapeuticamente efficaci mentre Rapley et al. (1992)

[24] avevano riscontrato dosaggi trascurabili, inferiori a

0,1 µg/mL, nel siero di pazienti trattati con le suddette fibre.

Per quanto riguarda l’efficacia clinica diversi studi ne provava-

no il ruolo come coadiuvante nella terapia non chirurgica con

riguardo ai parametri clinici e microbiologici, nella stabilizza-

zione dei risultati clinici (anche nelle forme recidivanti, sebbe-

ne altri studi non osservassero alcun vantaggio dall’associazio-

ne tra fibre di tetraciclina e la sola terapia meccanica) [25].

In una recente revisione sistematica, Matesanz-Pérez et al.

(2013) [26] hanno valutato i risultati di efficacia clinica di

diversi antisettici e antibiotici a uso locale nel trattamento

della malattia parodontale. Pur con un certo grado di ete-

rogeneità hanno potuto concludere che l’utilizzo di fibre di

tetracicline conferisce un vantaggio significativo in termini di

riduzione della profondità di sondaggio, guadagno di attacco

e riduzione dei siti con sanguinamento.

Effetti positivi conseguenti all’uso di fibre di tetraciclina sono

riportati anche nel trattamento della perimplantite da Mom-

belli et al. (2001) [27], che hanno riferito cambiamenti signi-

ficativi in termini di riduzione del sanguinamento al sondaggio

nonché dei parametri microbiologici. I risultati si manteneva-

no stabili nel periodo di osservazione di 12 mesi.

Nonostante una certa efficacia clinica, il limite principale di

tale formulazione risiedeva nel fatto che la tecnica di appli-

cazione fosse indaginosa e richiedesse tempo ed esperienza

nonché nella necessità di rimuovere le fibre stesse. Tale pro-

dotto commercializzato come Actisite® non è al momento più

disponibile sul nostro mercato.

Sempre nell’ambito delle tetracicline, nel tempo sono stati

realizzati prodotti che utilizzano veicoli riassorbibili. Un

esempio è un preparato a base di minociclina caricata su mi-

crosfere di un polimero riassorbibile che viene inserito sotto

forma di polvere nella tasca gengivale. La degradazione del

veicolo permette il rilascio per un lungo periodo (21 giorni)

(Minotek®, OraPharma Inc., Amsterdam Zuidoost, Paesi Bas-

si). Per tipologia di farmacocinetica anche questo prodotto

rientra nei sistemi a rilascio controllato e come tale necessita

di una sola applicazione.

Diversa invece è la farmacocinetica di un prodotto a base

di doxiciclina all’8,5% che utilizza come veicolo un gel a

base di poli-DL-lattide + metil-pirrolidone (Atridox®, Olmar

Inc., Fort Collins, CO, USA). Questo tipo di prodotto rilascia

il principio attivo a seguito del proprio dissolvimento. Per tale

ragione segue una cinetica di grado 1 in cui la velocità di rila-

scio è proporzionale alla concentrazione residua di principio

attivo. Questi sistemi vanno quindi incontro a un rapido de-

grado e spesso si rende necessaria una seconda applicazione.

Vengono definiti “sistemi a rilascio sostenuto o lento”.

Anche per questi prodotti valgono i principi descritti per le

fibre, benché i risultati clinici appaiano più discordanti.

Secondo Matesanz-Pérez et al. (2013) [26] i diversi studi

utilizzati nella loro metanalisi suggerivano un effetto positivo

della minociclina sulla riduzione della profondità di sondaggio

ma non sul guadagno di attacco. I dati relativi alla doxiciclina

invece sarebbero positivi sia per il sondaggio sia per il livello

di attacco.

8.3 METRONIDAZOLOVivo interesse ha suscitato sin dai primi anni Novanta il me-

tronidazolo, la cui efficacia sui microrganismi anaerobi era

nota e che venne preparato sotto forma di gel biodegradabile.

Il gel è composto da una sospensione semisolida di metroni-

dazolo benzoato con un monogliceride (gliceril mono-oleato)

e un trigliceride (olio di sesamo) (Elyzol®, Gaba Vebas Srl,

Roma). Questo prodotto fluido alla temperatura corporea ini-

zia a cambiare stato cristallizzando in contatto con l’acqua

del fluido crevicolare. Il cambiamento di stato si associa ad

aumento di viscosità e consistenza tanto da trattenere il pro-

dotto nella tasca stessa. Contestualmente iniziano l’idrolisi

del metronidazolo e il suo rilascio con un meccanismo a ma-

trice e un lento rilascio.

Secondo Stoltze (1992) [28] dopo 4 ore dalla somministra-

zione topica di una quantità nota di gel di metronidazolo (pari

a 55 mg di principio attivo) la concentrazione nel plasma e

nel fluido crevicolare erano pari, rispettivamente, a 0,6 µg/mL

e 461 µg/mL. Questo dato confermava la possibilità di rag-

giungere concentrazioni locali molto elevate a fronte di un

assorbimento sistemico assai modesto.

I benefici clinici di questo prodotto, quando confrontato con

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179DENTAL CADMOS | 2016;84(3):171-185 |

Speciale parodontologia

il trattamento non chirurgico da solo o in aggiunta, non sono

mai stati dimostrati chiaramente.

In accordo con Matesanz-Pérez et al. (2013) [26] quando si

valutano i benefici dell’associazione di antibiotici locali con

il trattamento non chirurgico si deve tener conto anche della

rilevanza clinica dei dati. Secondo gli autori mancherebbero

chiare indicazioni per raccomandarne l’uso nelle tasche pro-

fonde e ricorrenti della parodontite cronica. Quando indicati,

si raccomanda la scelta di prodotti con una cinetica a rilascio

controllato. Gli autori enfatizzano infatti l’importanza del

carrier per l’efficacia clinica e quindi come criterio importan-

te nella scelta del prodotto.

8.4 DOXICICLINA Gli antibiotici topici possono migliorare i risultati clinici e

microbiologici se associati alla terapia non chirurgica, ma

le revisioni della letteratura sull’argomento mostrano che il

vantaggio in termini di recupero di attacco clinico rispetto al

solo SRP si aggira in media intorno a 0,3 mm (come per gli

antibiotici sistemici): un dato che, se statisticamente signifi-

cativo, non lo è dal punto di vista clinico. Se però si analizzano

i risultati stratificandoli per parodontite cronica o aggressiva

si comincia a rilevare una differenza importante.

Nelle forme aggressive, infatti, la somministrazione di un an-

tibiotico topico migliora il risultato del solo SRP in termini di

recupero di attacco clinico fino a 0,7 mm e se si osservano i

dati di Eickholz et al. del 2002 [29] emerge che l’aggiunta di

doxiciclina al 14% (Ligosan®, Heraeus Kulzer GmbH, Hanau,

Germania) allo SRP in pazienti con tasche moderate/severe

porta a una riduzione media della profondità di sondaggio

pari a 3,1 mm, un dato che inizia a diventare rilevante anche

dal punto di vista clinico.

Meno significativi i vantaggi in aggiunta allo SRP nei pazienti

con tasche residue in terapia di supporto. Sulla scorta della

letteratura e dell’esperienza personale, parrebbe che la mas-

sima efficacia dell’antibiotico topico (Ligosan®) si ottenga,

come con gli antibiotici sistemici, se applicato subito dopo la

strumentazione non chirurgica e non sulla tasca residua dopo

terapia iniziale [30]. L’altro potente effetto si riscontra se la

tasca trattata è in fase attiva con sanguinamento al sondaggio

e/o pus (fasi ascessuali o di attività della malattia parodonta-

le). Questo potrebbe spiegarsi considerando che la vascolariz-

zazione e la vasodilatazione periferica in tali condizioni sono

massime e quindi una rapida e importante riduzione della cari-

ca microbica subgengivale, grazie all’applicazione dell’antibio-

tico associata alla successiva azione antinfiammatoria della

doxiciclina, permette una guarigione più rapida. Il potenzia-

le rigenerativo delle fibre colliquate durante l’infiammazione

acuta infatti è massimo e una rapida eradicazione degli agenti

eziologici permette l’espressione di tale capacità.

L’esperienza personale nell’utilizzo di doxiciclina al 14% nel

trattamento degli ascessi parodontali e perimplantari e in

associazione alla strumentazione non chirurgica nella tera-

pia delle perimplantiti croniche ha mostrato risultati molto

incoraggianti con risoluzione del problema (chiusura delle

tasche, scomparsa del sanguinamento e dei sintomi) in tem-

pi brevi. A 48 ore dal drenaggio dell’ascesso attraverso la

tasca e dall’applicazione dell’antibiotico si aveva la risolu-

Fig. 1 Caso 1: ascesso parodontale, sondaggio al basale Fig. 2 Caso 1: ascesso parodontale, applicazione di doxiciclina 14%

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zione completa dei sintomi (dolore, gonfiore, fistola, rosso-

re), dopo una settimana si riscontravano una riduzione della

profondità di sondaggio pari al 50% in media, l’assenza di

essudato purulento, la riduzione o scomparsa del sanguina-

mento al sondaggio e la bonificazione dei tessuti molli. Ciò

permetteva di eseguire la terapia non chirurgica adeguata

in una situazione clinica ottimale e, in particolare nei casi

di perimplantite, la seconda applicazione di doxiciclina al

Fig. 3 Caso 1: ascesso parodontale, controllo a 7 giorni

Fig. 5 Caso 1: ascesso parodontale, radiografia al basale

Fig. 7 Caso 1: ascesso parodontale, radiografia di controllo a 1 anno

Fig. 4 Caso 1: ascesso parodontale, controllo a 3 mesi

Fig. 6 Caso 1: ascesso parodontale, radiografia di controllo a 3 mesi

14% dopo la terapia non chirurgica garantiva il progressivo

miglioramento dei parametri biometrici fino alla chiusura

della tasca nella grande maggioranza dei casi a 3 mesi dal

trattamento.

I dati di tali studi sono in via di pubblicazione e questi risul-

tati preliminari hanno stimolato a progettare trial clinici ran-

domizzati e controllati a supporto delle prime osservazioni

eseguite nelle cases series (figg. 1-12).

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Speciale parodontologia

Fig. 9 Caso 2: perimplantite, sondaggio al basale

Fig. 11 Caso 2: perimplantite, aspetto clinico a 3 mesiFig. 10 Caso 2: perimplantite, aspetto clinico a 12 giorni

Fig. 12 Caso 2: perimplantite, aspetto clinico e sondaggio a 1 anno

Fig. 8 Caso 2: perimplantite, aspetto clinico al basale

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ogia 8.5 L’EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA

DEGLI ANTIBIOTICI TOPICI A RILASCIO CONTROLLATODa quanto finora descritto risulta evidente che l’efficacia di

un antibiotico topico dipenderà non solo dalla molecola sele-

zionata ma anche dalle caratteristiche del carrier. Le mole-

cole antibiotiche di prima scelta restano le tetracicline, che

coprono un ampio spettro batterico compresi gli aerobi/anae-

robi facoltativi quali A. actinomycetemcomitans, il quale non

è eradicato dal metronidazolo, efficace solo verso gli anaerobi

stretti (da qui la necessità di associarlo ad amoxicillina).

La concentrazione minima efficace (Minimum Inhibiting

Concentration, MIC) del farmaco è un dato la cui cono-

scenza è di fondamentale importanza. I patogeni parodon-

tali sono sensibili in media a 0,2-1 µg/mL di tetraciclina

HCl. Questo dato viene fornito da studi in vitro i quali però

trascurano fattori che influenzano in modo sostanziale la

farmacocinetica dell’antibiotico che viene somministrato

nell’ambiente parodontale, sottostimandone il reale valore.

Il farmaco immesso in una tasca deve contrastare il flusso di

fluido crevicolare che tende a diluirlo, deve agire su batteri

che sono organizzati e protetti nel biofilm, deve permanere

in un ambiente anaerobio, a basso pH ed elevata concentra-

zione di enzimi, molecole infiammatorie e prodotti batterici.

Si comprende quindi la necessità di una somministrazione in

dosi molto superiori (anche di 100 volte!) alla MIC indicata

da studi in vitro.

È importante altresì sottolineare che il target non è costituito

solo dai batteri presenti nel lume della tasca, ma anche da

quelli annidati in tessuti duri e molli, quindi cemento e dentina

nonché epitelio giunzionale e connettivo subepiteliale. È es-

senziale che tale elevata concentrazione permanga in situ per

il tempo necessario all’esplicarsi dell’azione farmacologica:

si ricorda che le tetracicline sono batteriostatiche e quindi

l’azione non è così immediata, inoltre devono poter penetrare

efficacemente biofilm e tessuti.

Alla luce di tali considerazioni sull’efficacia della molecola e

sul rapporto dose/tempo, si è compresa l’esigenza di miglio-

rare il mezzo con cui la molecola stessa veniva somministrata

con lo scopo di ottenere caratteristiche ideali di rilascio del

farmaco. Il target era un rilascio controllato di concentrazioni

molto più elevate della MIC fornita da studi in vitro per più

giorni e tramite un carrier possibilmente biodegradabile.

Negli anni sono stati sviluppati carrier con diverse cinetiche

di rilascio non solo in odontoiatria, ma in tutti i campi medici

con interesse farmacologico. I prodotti sviluppati sono tipica-

mente distinti come di seguito descritto.

Rilascio lento o sostenuto (slow-release o sustained-release): sono disponibili sotto forma di complessi (sali o resine),

sospensioni, emulsioni e tavolette che rilasciano tutto il

farmaco entro 24 ore. Esempio tipico in odontoiatria sono

stati i tubi da dialisi in acetato sviluppati da Goodson per

il rilascio della tetraciclina HCl, i quali esaurivano la loro

riserva di farmaco nell’arco di 4-6 ore. Spesso per queste

formulazioni il rilascio è influenzato dall’ambiente in cui

vengono inseriti, rendendolo così variabile da paziente a

paziente.

Rilascio controllato (controlled-release): per mezzo di

matrici o polimeri con vari meccanismi di diffusione, il

farmaco viene rilasciato in concentrazioni predeterminate

per un periodo di tempo definito (giorni, settimane, anni).

La riassorbibilità è conferita dal fatto che i carrier sono

composti da polimeri biodegradabili, per esempio polimeri

di acido polilattico-poliglicolico, polivinilpirrolidone, poli-

caprolactone. Man mano che il carrier si biodegrada, il

principio attivo viene rilasciato. Esempi di farmaci a uso

odontoiatrico sono la doxiciclina 14% in idrogel biodegra-

dabile, la doxiciclina all’8,5% in polimero di polivinilpir-

rolidone o la tetraciclina in fibre di copolimero etilenvini-

lacetato. Il rilascio del principio attivo non è influenzato

dall’ambiente.

A oggi il mercato italiano offre solo una tetraciclina topica: la

doxiciclina al 14% (Ligosan®) veicolata da un carrier biode-

gradabile che ne permette il rilascio controllato [31].

La doxiciclina iclato al 14% è veicolata da un gel biodegra-

dabile di acido polilattico-poliglicolico, la cui concentrazione

arriva a 1.300 µg/mL dopo 2 ore e decresce fino al 70 µg/mL

al decimo giorno (fig. 13). È importante sottolineare che la

concentrazione raggiunta dipende non dalla percentuale di

molecola antibiotica ma dalle caratteristiche del carrier. No-

nostante le concentrazioni raggiunte siano ancora inferiori a

quelle ottenute con le fibre, sono ampiamente superiori al li-

vello necessario a eradicare i patogeni parodontali. Si tenga

conto, per esempio, che per eradicare A. actinomycetemcomi-tans in vitro bastano 6 µg/mL.

Rispetto alle fibre, ha il vantaggio di essere riassorbibile in

quanto composta da polimeri biodegradabili, non necessita di

impacco parodontale per restare in situ e causa una minore

risposta infiammatoria con minore produzione di fluido crevi-

colare. È da sottolineare anche la capacità di variazione della

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183DENTAL CADMOS | 2016;84(3):171-185 |

Speciale parodontologia

viscosità del prodotto a contatto con l’umidità e il calore; ini-

zialmente è bassa, in modo da permettere una facile applica-

zione, per poi aumentare rendendo possibile la permanenza

in situ. La consistenza finale si oppone al ritorno elastico dei

tessuti dopo l’inserimento e al flusso del fluido crevicolare che

normalmente causerebbero l’espulsione del farmaco iniettato

nella tasca nel giro di circa 12 minuti.

Vantaggi aggiuntivi sono la monosomministrazione, l’elevata

viscosità e il lento riassorbimento del carrier per via idrolitica

con il rilascio di prodotti non tossici (acido glicolico, acido

lattico) (tab. I).

Le indicazioni al suo utilizzo comprendono siti con infezione

acuta, siti con malattia attiva recidivante, siti prechirurgici

ancora infiammati e siti affetti da mucosite o perimplantite.

L’efficacia clinica è stata ampiamente dimostrata dalla scuo-

la tedesca di Eickholz a partire dal 2002 [29]. Questi autori,

tramite un disegno di studio split-mouth, mostrano che appli-

cando la doxiciclina in concomitanza alla terapia meccanica

in tasche moderate/severe di pazienti con parodontite grave

non trattata o recidivante si ottengono a 3 mesi risultati cli-

nici superiori rispetto a quelli ottenuti con il solo SRP, con di-

minuzione media della profondità di sondaggio e guadagno di

attacco clinico rispettivamente di 3,1 ± 1,2 mm e 2 ± 1,7 mm

Fig. 13 Cinetica della doxiciclina al 14% nel fluido crevicolare gengivale

Tab. I Confronto tra diverse formulazioni di tetracicline

Doxiciclina iclato 14%

Doxiciclina iclato 8,5%

Fibre di tetraciclina

Carrier Macrogol-DL-lattide/glicolide Poliglicolide

Poli-DL-lattide N-metil-2-pirollidone

Etilenvinilacetato

Concentrazione in situ al tempo T0 (µg/mL)

1.300 1.085 1.300

Concentrazione in situ a 10 giorni (µg/mL)

70 46 1.300

Biodegradabilità Sì Sì No

Viscosità > > > /

Risposta infiammatoria + + +++

Applicazione Singola Multipla Singola + rimozione

Legenda: > Media; >> Elevata; + Scarsa; +++ Elevata

Tempo (ore)Dox

icic

lina,

con

cent

razi

one

(µg/

mL

)

Dox

icic

lina,

con

cent

razi

one

(µg/

mL

)

Tempo (giorni)

MIC per A. actinomycetemcomitans nel biofilm

2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

1.200

1.000

800

600

400

200

0

100.000

10.000

1.000

100

10

1

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ogia a 6 mesi. Inoltre l’effetto è prolungato e la superiorità diventa

ancora più marcata a 6 mesi dalla terapia. È stata appurata

anche la sicurezza del prodotto, con osservazione di rarissimi

effetti avversi localizzati (gonfiore, fuoriuscita del gel dalla

tasca). L’efficacia non è solo clinica ma anche microbiologica.

È stata dimostrata un’importante e duratura riduzione della

presenza di A. actinomycetemcomitans, T. forsythia, P. gingi-valis e T. denticola sia a 3 sia a 6 mesi. È interessante il fatto

che il solo veicolo usato come controllo-placebo abbia dato

luogo a piccoli miglioramenti a 3 mesi dalla terapia.

Analizzando i casi clinici portati dagli esperti si evince che:

il farmaco risulta efficace nella risoluzione dei segni e sin-

tomi della fase acuta di ascessi parodontali e perimplan-

tari;

il farmaco associato a uno specifico protocollo di de-

bridment meccanico perimplantare permette di ottenere

dati stabili a un anno (dati in fase di pubblicazione da par-

te gruppo della dottoressa M. Mensi dell’Università degli

Studi di Brescia);

il farmaco associato a debridment nella terapia di sup-

porto in tasche residue riduce in modo non clinicamente

significativo la profondità di sondaggio;

il farmaco risulta efficace nelle tasche residue attive;

il farmaco risulta efficace nella preparazione di un sito

chirurgico da rigenerare;

il farmaco risulta di facile e veloce applicazione (consi-

derando la forza da esercitare per l’estrusione di un gel

viscoso);

il paziente non in anestesia locale avverte una sensazione

di pressione nel sito che può essere fastidiosa;

non sono stati registrati effetti collaterali;

il calibro del puntale può risultare di difficile inserimento

in siti non infiammati data la non lassità dei tessuti.

Gli esperti sono concordi nell’affermare la necessità di un

presidio antimicrobico topico efficace nella risoluzione della

patologia perimplantare e parodontale, soprattutto nella fase

acuta, evitando così di prescrivere un antibiotico sistemico

la cui concentrazione in situ arriva a essere blandamente ef-

ficace.

Dal confronto tra gli esperti emerge inoltre che la terapia non

chirurgica presenta dei limiti e la disponibilità di un antibio-

tico topico che migliori in modo clinicamente significativo i

risultati di questa terapia sarebbe auspicabile. La doxiciclina

iclato al 14%, che grazie al suo carrier mantiene la MIC90

ef-

ficace per 12 giorni attraverso un rilascio lento e controllato,

ha prodotto risultati positivi ed entusiasmanti, soprattutto in

ambito perimplantare, e risulta quindi un valido coadiuvante.

A fronte di tutto ciò e date le premesse, gli esperti ritengono

necessario un trial clinico randomizzato per verificare l’ef-

ficacia dell’antibiotico topico soprattutto in ambito perim-

plantare, dato l’aumento dell’incidenza e della prevalenza

della patologia e della sua rilevanza socioeconomica. Sareb-

be altresì interessante approfondire la rilevanza dell’utilizzo

dell’antibiotico topico nelle tasche residue comparandolo agli

altri presidi coadiuvanti.

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Speciale parodontologia

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Doxiciclina 140mg/g in gel periodontaleRiassunto delle caratteristiche del prodotto

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALELigosan 140 mg/g gel periodontale

2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA1 g di gel periodontale contiene 140 mg di doxiciclina equivalente a 161,5 mg di doxiciclina iclato.1 cartuccia cilindro preriempita con 260 mg di gel periodontale contiene 36,40 mg di doxiciclina.Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1.

3. FORMA FARMACEUTICAGel periodontale in cartuccia cilindro preriempita. Gel giallo non trasparente.

4. INFORMAZIONI CLINICHE4.1 Indicazioni terapeuticheTrattamento della periodontite cronica e aggressiva negli adulti, con profondità delle tasche ≥ 5 mm, in aggiunta al trattamento non chirurgico convenzionale della periodontite.Fare riferimento alle linee guida ufficiali sull’uso appropriato degli agenti antibatterici.

4.2 Posologia e modo di somministrazionePosologiaLa dose di Ligosan utilizzata dipende dalla dimensione, forma e profondità delle tasche periodontali.

Popolazione pediatricaLigosan è controindicato nei bambini e negli adolescenti di età inferiore a 18 anni (vedere paragrafo 4.3).

Modo di somministrazionePer uso periodontale.

L’applicazione deve proseguire fino a che sulla linea gengivale compare del gel in eccesso, indicando che la tasca è stata completamente riempita con il gel. Il gel in eccesso può essere rimosso con la punta di una salvietta di carta o con un batuffolo di cotone inumidito.Per 7 giorni dopo il trattamento con Ligosan, nella zona trattata è necessario evitare qualsiasi pulizia meccanica dei denti, diversa dallo spazzolare la zona occlusale dei denti e la lingua.Per informazioni dettagliate sull’applicazione di Ligosan, vedere il paragrafo 6.6.

4.3 ControindicazioniLigosan è controindicato in caso di:• ipersensibilità al principio attivo doxiciclina, ad altri antibiotici tetraciclinici o ad uno qualsiasi degli eccipienti indicati nel paragrafo 6.1.• pazienti trattati con antibiotici sistemici prima o durante il trattamento della periodontite.• gravidanza.• bambini e adolescenti per evitare disordini dell’odontogenesi.• pazienti ad alto rischio di sviluppo di porfiria acuta.• pazienti con grave compromissione epatica.

4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiegoIl trattamento con antibiotici tetraciclinici è potenzialmente associato ad un aumento della sensibilità alla luce e può causare reazioni di ipersensibilità a seguito di esposizione alla luce. In caso di qualsiasi comparsa di reazioni cutanee, per esempio arrossamento della pelle, il trattamento deve essere interrotto.PrecauzioniNei pazienti con compromissione epatica o trattati con prodotti medicinali epatotossici, gli antibiotici tetraciclinici come la doxiciclina devono essere impiegati con precauzione.Nei pazienti con compromissione renale, può verificarsi un accumulo di antibiotici tetraciclinici, che può causare tossicità epatica. È improbabile che questi effetti si manifestino a seguito del trattamento con Ligosan, in quanto è stato riscontrato un livello plasmatico molto basso di doxiciclina dopo il trattamento con questo medicinale.Nei pazienti con anamnesi di pregressa infezione da candida, il trattamento con doxiciclina può aumentare il rischio di infezioni orali da candida. Come negli altri antibiotici, l’uso di Ligosan può creare un aumento della resistenza dei microrganismi (compresi i funghi) alle tetracicline.Gli antibiotici tetraciclinici possono ridurre l’attività protrombinica plasmatica. Pertanto, se i pazienti sono in trattamento contemporaneo con anticoagulanti, potrebbe essere necessario ridurre il dosaggio dell’anticoagulante. Anche se è improbabile che questo effetto si manifesti

durante il trattamento con Ligosan a causa dei bassi livelli di doxiciclina plasmatici, questi pazienti devono essere trattati con particolare attenzione.

4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazioneEssendo possibile un’interazione dei batteriostatici con l’effetto battericida degli antibiotici betalattamici, la somministrazione contemporanea di doxiciclina in pazienti sottoposti a trattamento con antibiotici betalattamici non è raccomandato.La somministrazione contemporanea di tetracicline e di un’anestesia con metossiflurano può causare un’insufficienza renale fatale.La doxiciclina può aumentare l’effetto tossico della ciclosporina A.L’esposizione sistemica alla doxiciclina dopo il trattamento con Ligosan è molto bassa. In considerazione dei bassi livelli plasmatici di doxiciclina dopo il trattamento con Ligosan, è improbabile che le interazioni sistemiche summenzionate si manifestino.

4.6 Fertilità, gravidanza e allattamentoGravidanzaNon sono disponibili dati, se non limitati (meno di 300 esiti di gravidanze), sull’uso di Ligosan in gravidanza.Studi su animali hanno evidenziato che le tetracicline attraversano la barriera placentare e sono rilevabili nel tessuto fetale, potendo causare tossicità dello sviluppo, che frequentemente si manifesta con ritardo dell’osteogenesi.Segni di embriotossicità sono stati osservati negli animali trattati con tetracicline durante i primi mesi di gravidanza.L’uso di antibiotici tetraciclinici durante lo sviluppo dentario può causare uno scolorimento permanente dei denti e difetti dello smalto dentale (vedere paragrafo 5.3).Come misura precauzionale è preferibile evitare l’uso di Ligosan in gravidanza.

AllattamentoLa doxiciclina viene escreta nel latte materno. Ligosan non deve essere usato durante l’allattamento, in quanto non è possibile escludere rischi per il bambino.

FertilitàNon esistono dati sui possibili effetti della doxiciclina sulla fertilità maschile o femminile.

4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinariLigosan non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

4.8 Effetti indesideratiLa frequenza degli effetti indesiderati è definita come segue:Molto comuni (≥1/10)Comuni (≥1/100, <1/10)Non comuni (≥1/1.000, <1/100)Rari (>1/10.000, <1/1.000)Molto rari (≥1/10.000)Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili)Effetti indesiderati segnalati in uno studio clinico:Non comuni: gonfiore delle gengive e sapore simile a quello della gomma da masticare.Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione• Reazioni di ipersensibilitàFrequenza non nota: orticaria, edema angioneurotico, anafilassi, porpora allergica.È da segnalare la possibilità di allergia crociata tra il gruppo delle tetracicline.Gli effetti indesiderati riportati a seguito di assunzione orale di doxiciclina non sono qui indicati.Segnalazione delle reazioni avverse sospetteLa segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco, sito web: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.

4.9 SovradosaggioNon è prevedibile un sovradosaggio acuto. In caso di un sovradosaggio di Ligosan, rimuovere il quantitativo in eccesso dalla tasca periodontale. La tossicità acuta della doxiciclina è bassa anche dopo assunzione orale di molteplici dosi convenzionali per il trattamento sistemico. In caso di sovradosaggio accidentale, l’assorbimento gastrointestinale può essere impedito mediante la somministrazione di antiacidi o di sali contenenti magnesio o calcio. Se necessario, intraprendere altre misure di supporto generali. La doxiciclina non può essere eliminata con la dialisi.

Ligosan deve essere applicato esclusivamente dai professionisti del settore dentale nelle tasche periodontali usando il dispositivo dedicato (uso periodontale).

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5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE5.1 Proprietà farmacodinamicheGruppo farmacoterapeutico: antinfettivi e antisettici per trattamento orale locale, doxiciclinaCodice ATC: A01AB22La doxiciclina è un antibiotico tetraciclinico semisintetico ad ampio spettro. L’azione batteriostatica della doxiciclina si basa sull’inibizione della sintesi proteica ribosomiale.In uno studio multicentrico randomizzato, in doppio cieco, condotto in modalità split-mouth, pazienti adulti con malattia periodontale non trattata e ricorrente da moderata a grave sono stati sottoposti a valutazione 3 e 6 mesi dopo un singolo trattamento di scaling/root planing (SRP) con applicazione di gel di doxiciclina (gruppo doxiciclina), di SRP con applicazione di gel placebo (gruppo gel placebo) o di solo scaling/root planing (gruppo di controllo o riferimento). Tre diverse modalità di trattamento sono state assegnate in modo randomizzato a 3 denti di test. L’endpoint primario per l’effetto terapeutico era la differenza del cambiamento della profondità relativa verticale del livello di attacco epitelio-connettivale (RAL-V) fra il gruppo di controllo e quello doxiciclina. Un miglioramento di 0,5 mm della RAL-V nel gruppo doxiciclina rispetto a quello di controllo era considerato come clinicamente rilevante. Gli endpoint secondari interessavano il sondaggio della profondità delle tasche e i parametri microbiologici.Risultati del trattamento (popolazione ITT)

Lo studio pivotal ha evidenziato che un singolo trattamento con Ligosan dei pazienti con malattia periodontale ha ridotto i livelli di Aggregatibacter actinomycetemcomitans, Porphyromonas gingivalis, Tannerella forsythia e Treponema denticola nella placca gengivale. In tutti i gruppi di test è stata osservata una riduzione dalla baseline al mese 3, successivamente sono stati osservati solo cambiamenti minori.

Meccanismi di resistenzaUna resistenza alla doxiciclina può basarsi sui seguenti meccanismi:• Nella maggior parte dei casi la resistenza si basa sulla presenza di pompe di efflusso, che espellono attivamente le tetracicline fuori dalla cellula batterica.• Come ulteriore meccanismo vengono indicate le proteine di protezione ribosomiale, che inibiscono il collegamento fra la doxiciclina e il ribosoma.• Un meccanismo raro è l’inattivazione enzimatica della doxiciclina.Esiste una resistenza crociata fra la doxiciclina e le altre tetracicline. I ceppi con sensibilità intermedia/resistenza alle tetracicline possono essere sensibili alla doxiciclina.Per i patogeni periodontali sospetti, i livelli MIC90 in vitro riportati per la doxiciclina variano da 1 a 6 µg/ml. Il livello MIC90 massimo riportato in vitro è pari a 32 µg/ml. In vivo i livelli di doxiciclina inizialmente sono 60 volte più elevati dei livelli massimi riportati e 8 giorni dopo il trattamento il livello è ancora ca. 4 volte superiore.

L’effetto terapeutico principale del trattamento della malattia periodontale con doxiciclina si basa sull’effetto antibatterico. Tuttavia, si ritiene che la doxiciclina eserciti effetti aggiuntivi che possono contribuire al miglioramento clinico. Fra questi, si ritiene che siano rilevanti l’effetto di inibizione della collagenasi, che appare più pronunciato nella collagenasi dei granulociti, l’effetto antinfiammatorio e l’inibizione del riassorbimento osseo. Si ritiene che questi effetti migliorino la malattia periodontale.

5.2 Proprietà farmacocineticheDopo il trattamento con doxiciclina, in 20 pazienti, sono stati determinati livelli di concentrazione di doxiciclina nel fluido crevicolare gengivale (GCF), nella saliva e nel siero.I risultati di questi studi possono essere riassunti come segue: entro le prime 5 ore dopo l’applicazione, la concentrazione di doxiciclina nel GCF (massimo dopo 15 min: 19,97±5,85 mg/ml) e nella saliva (massimo dopo 15 min: 17,83±2,84 mg/ml) era simile. Successivamente, la concentrazione di doxiciclina nella saliva è diminuita (28,90±19,44 µg/ml dopo 3 giorni) rispetto alla concentrazione nel GCF (577,41±127.34 µg/ml dopo 3 giorni).Dopo applicazione sottogengivale di Ligosan, i livelli medi di doxiciclina nel GCF erano superiori a 16 µg/ml, rimanendo costanti per almeno 12 giorni.I livelli sierici di doxiciclina erano inferiori al limite di rilevabilità (50ng/ml).

5.3 Dati preclinici di sicurezzaGli effetti negli studi non clinici sono stati osservati solo ad esposizioni considerate sufficientemente superiori all’esposizione umana massima, indicando una scarsa rilevanza dell’uso clinico, in particolare tenendo conto della via di somministrazione della dose di Ligosan somministrata. Uno studio di 18 mesi condotto sul ratto non ha evidenziato alcun potenziale carcinogenico della doxiciclina. Studi sulla teratogenicità eseguiti su diverse specie (ratti, topi, scimmie, conigli) non hanno evidenziato alcuna malformazione congenita. Nei feti, dal 4° mese in avanti, sono stati osservati scolorimento dei denti, difetti dello smalto dentario e ritardo dell’osteogenesi. La doxiciclina e in parte l’eccipiente polietilenglicole-DL-lattide/copolimero di glicolide vengono gradualmente eluiti dal gel. Gli altri eccipienti degradano per glicolisi, formando prodotti finali la cui sicurezza è stata stabilita, come glicole etilenico, acido glicolico e acido lattico.

6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE6.1 Elenco degli eccipientiPoliglicolide; Macrogol-DL-lattide/copolimero di glicolide (alta viscosità); Macrogol-DL-lattide/copolimero di glicolide (bassa viscosità)

6.2 IncompatibilitàNon pertinente.

6.3 Periodo di validità3 anni. Dopo la prima apertura della busta laminata: usare immediatamente.

6.4 Precauzioni particolari per la conservazioneConservare la cartuccia cilindro in frigorifero (2-8°C) nella busta laminata originale mai aperta.

6.5 Natura e contenuto del contenitoreCartucce cilindro preriempite composte da cilindro in poliammide, stantuffo in LDPE e cappuccio in copolimero di etilene vinilacetato. Le cartucce sono confezionate in pellicola in alluminio sigillata a caldo, che contiene anche una piccola busta di gel di silice come essiccante.Confezioni: 2, 4, 8, 10 o 16 cartucce cilindro preriempite con 260 mg di gel periodontale.È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazioneLigosan deve essere somministrato esclusivamente usando la cartuccia cilindro preriempita con il prodotto e l’apposita pistola. Le cartucce cilindro sono monouso.a. Estrarre la busta laminata dal frigorifero 20 minuti prima dell’inizio del trattamento. Non

aprire la busta laminata per consentire un corretto adattamento alla temperatura ambiente e per evitare umidità a causa di formazione di acqua di condensa.

Aprire la busta laminata sigillata immediatamente prima dell’uso ed estrarre la cartuccia cilindro che contiene Ligosan.

Non usare Ligosan se la busta laminata che contiene la cartuccia cilindro è danneggiata.b. Inserire la cartuccia cilindro nell’apposita pistola e rimuovere il cappuccio dalla punta

dell’ugello della cartuccia.c. Premere sull’impugnatura della pistola per cartuccia fino a che Ligosan fuoriesce dalla

punta dell’ugello della cartuccia.d. Il prodotto è ora pronto per essere applicato.e. Pulire e asciugare la tasca periodontale come di consueto.f. Inserire con precauzione la punta dell’ugello della cartuccia nella tasca periodontale.

Posizionare la punta dell’ugello della cartuccia alla base della tasca e premere sull’impugnatura della pistola per cartuccia per fare uscire il gel. Rimuovere lentamente la punta dell’ugello della cartuccia dalla tasca periodontale continuando a far uscire il gel.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIOHeraeus Kulzer GmbH - Grüner Weg 11 - 63450 Hanau - Germania

8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIOA.I.C. n° 042811012 (2 cart.) - A.I.C. n° 042811024 (4 cart.) - A.I.C. n° 042811036 (8 cart.)A.I.C. n° 042811048 (10 cart.) - A.I.C. n° 042811051 (16 cart.)

9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE28.10.2013

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTOMarzo 2016

Gruppi di 3 mesi 6 mesi 3 mesi 6 mesi trattamento (n=110) (n=108) (n=110) (n=108)

SRP+gel 2,0 ± 1,6 2,0 ± 1,7 -2,9 ± 1,3 -3,1 ± 1,2 doxiciclina

SRP+gel 1,7 ± 1,9 1,6 ± 2,2 -2,6 ± 1,5 -2,7 ± 1,6 placebo

SRP controllo 1,8 ± 1,7 1,6 ± 1,9 -2,5 ± 1,6 -2,4 ± 1,4

SRP vs. SRP+ p = 0,21 p = 0,027 p = 0,006 p = 0,0001 gel doxiciclina

Placebo vs. SRP+ gel p = 0,15 p = 0,038 p = 0,085 p = 0,0066 doxiciclina

n = numero di pazienti SRP = scaling/root planing

Profondità relativa verticale del livello di attacco

epitelio-connettivale (RAL) in mm

Riduzione della profondità

delle tasche in mm

Valutazione statistica (ANOVA per analisi delle misure ripetute secondo Huynh & Feldt)

Livelli MIC90 dei germi patogeni periodontali:Aggregatibacter actinomycetemcomitans MIC90 6 µg/mlTannerella forsythia MIC90 < 6 µg/mlCampylobacter rectus MIC90 1 µg/mlEikenella corrodens MIC90 6 µg/mlFusobacterium nucleatum MIC90 2 µg/mlPorphryomonas gingivalis MIC90 1 µg/mlPrevotella intermedia MIC90 3 µg/ml

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