Spazi Metrici e Normati

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    Spazi metrici e spazi normati

    1.1 Richiami sugli spazi metrici

    Definizione 1.1. Siano Xun insieme non vuoto e d : X X R. (X, d) sidicespazio metrico se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

    (i) d(x, y) 0 per ogni x, y X(ii) d(x, y) = 0 se e solo se x = y

    (iii) d(x, y) = d(y, x) per ogni x, y X(Simmetria)(iv) d(x, y) d(x, z) + d(z, y) per ogni x,y,z X (Disuguaglianza

    triangolare).

    Se (X, d) e una spazio metrico, la funzioned si dicedistanza ometrica.

    Esempio 1.2. Su R si considera usualmente la distanza d : RR Rdefinitacome d(x, y) = |x y|, cioe d(x, y) e la lunghezza del segmento che ha comeestremi i due punti x e y . Si verifica facilmente che (R, d) e uno spazio metrico.

    Dati uno spazio metrico (X, d), x0 X e r >0, linsiemeB(x0, r) = {x X: d(x, x0)< r}

    si dicepalla (obolla) aperta di centro x0 e raggio r , mentre linsieme

    B(x0, r) = {x X: d(x, x0) r}

    1

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    2 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    si dice palla (o bolla) chiusa di centro x0 e raggio r. Inoltre, un sottoinsiemeU

    Xsi dice intorno di x0

    Xse esiste r >0 tale che B (x0, r)

    U.

    Ricordiamo inoltre le seguenti definizioni.

    Definizioni 1.3. Siano (X, d) uno spazio metrico e A X.

    (i) x0 A si diceinterno adA se esiste r >0 tale che B (x0, r) A.(ii) A si dice aperto se tutti i suoi punti sono interni.

    (iii) A si dice chiuso se il suo complementare X\ A e aperto.

    (iv) A si dice limitato se esistono x0

    X er >0 tali che A

    B(x0, r).

    (v) x0 X si dice punto daccumulazione per A se ogni palla di centro x0contiene almeno un elemento di A diverso da x0.

    (vi) x0 A si dice isolato in A se non e di accumulazione per A, cioe se esister >0 taleB (x0, r) A= {x0}.

    (vii) Si dicechiusuradiA in Xil piu piccolo chiuso contenenteA. La chiusuradi A si denota A.

    (viii) Si dice frontierao bordo di A linsieme A= A X\ A.

    Ricordiamo cheA=

    \CC

    C

    dove C={C X :C e chiuso eC A}. Inoltre si ha che A e lunione di A edellinsieme dei suoi punti di accumulazione.

    Si verifica facilmente che

    lunione di aperti e un aperto;

    lintersezione finita di aperti e un aperto;

    lintersezione di chiusi e un chiuso; lunione finita di chiusi e un chiuso;

    A e un chiuso se e solo se A = A;

    A e un chiuso se e solo se A contiene i suoi punti di accumulazione.

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    1.2. ESEMPI 3

    La famiglia T degli aperti di uno spazio metrico (X, d) si dice topologia di X(indotta dalla distanzad). Su uno stesso insieme si possono ovviamente definire

    piu metriche e quindi piu topologie. Se T1, T2 sono due topologie su X tali cheT2 T1, si dice che T1 e piu finedi T2.Osservazione 1.4. Siano (X, d) uno spazio metrico e Y X. Sia dY =d|Y :Y Y R la restrizione did a Y Y. Si verifica facilmente che (Y, dY) e unospazio metrico. Si dice che (Y, dY) e unosottospaziometrico di (X, d) e chedYe lametrica indottada d su Y.

    Osservazione 1.5. Dati due spazi metrici (X, dX), (Y, dY), sia

    d: (X Y) (X Y) R,d

    (x1, y1), (x2, y2)

    =dX(x1, x2) + dY(y1, y2).

    Si verifica facilmente che d e una distanza su X

    Y e quindi (X

    Y, d) e uno

    spazio metrico che si dice spazio metrico prodotto

    1.2 Esempi

    Esempio 1.6. Su X6= consideriamo la metrica discreta d : X X Rdefinita come

    d(x, y) =

    (1, sex 6=y,0, sex = y.

    d e una distanza su X. Nello spazio metrico (X, d) ogni insieme e sia aperto

    sia chiuso. La topologia generata dalla metrica discreta e P(X) (insieme delleparti di X): e quella con piu aperti possibile, cioe la piu fine.

    Esempio 1.7. SiaN 1. Su RN consideriamo la distanza euclidead: RN RN R,d

    (x1, x2, . . . , xN), (y1, y2, . . . , yN)

    =

    qPNi=1|xi yi|2. (1.1)

    Si ha che (RN, d) e uno spazio metrico. Si puo facilmente verificare che anchele due funzioni

    d1 : RN RN R, d1

    (x1, . . . , xN), (y1, . . . , yN)

    =

    NXi=1

    |xi yi|,

    d: RN RN R, d(x1, . . . , xN), (y1, . . . , yN) = maxi=1,...,N

    |xi yi|,

    sono metriche su RN. Si puo dimostrare ched, d1, d inducono su RN la stessa

    topologia1.

    1che ovviamente non e lunica; ad esempio la metrica discreta induce una topologia diversa.

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    4 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Esercizio 1.8. Si disegnino le palle aperte di centro lorigine e raggio 1 in R2

    rispetto alle metriche d, d1, d definite nellesempio1.7.

    Esempio 1.9. Sia N 1. Su CN consideriamo la distanzad: CN CN R,d

    (z1, z2, . . . , zN), (w1, w2, . . . , wN)

    =

    qPNi=1|zi wi|2.

    Si ha che (CN, d) e uno spazio metrico.

    Esempio 1.10. Siano (X, dX) uno spazio metrico e D un insieme non vuoto.Una funzione f :D Xsi dice limitata se f(D) e limitato in X. Sia

    L(D, X) = {f :D X: f e limitata}.

    L(D, X) munito della distanza

    d(f, g) = sup{dX(f(t), g(t)) : t D}e uno spazio metrico2. d si dice metrica uniforme.

    Per farci unidea di come siano fatte le palle nella metrica uniforme, conside-riamo ad esempio il caso in cui X sia R munito della metrica usuale (Esempio1.2). Sef L(D,R) e r >0, la palla chiusa di centro fe raggio r eB(f, r) = {g L(D,R) : sup

    tD|f(t) g(t)| r}

    ={g: D R : g e limitata e f(t) r g(t) f(t) + r per ogni t D}.

    Quindi B(f, r) e linsieme dalle funzioni limitate il cui grafico e compreso tra ilgrafico di f r e il grafico di f+ r (si veda la figura1.1).

    f

    xyr Figura 1.1: La palla di cen-tro f e raggio r e costituitadalle funzioni il cui grafico econtenuto nellintorno tubola-re centrato nel grafico di f disemi-ampiezzar .

    Esempio 1.11. Sia X = C0([0, 1]) linsieme delle funzioni reali continue su[0, 1]. Essendo le funzioni continue su un intervallo chiuso e limitato limitate, si

    ha che C0([0, 1])L([0, 1],R). QuindiC0([0, 1]) munito della metrica indottadalla metrica uniforme di L([0, 1],R), data da

    d(f, g) = maxt[0,1]

    |f(t) g(t)|, f, g C0([0, 1]),

    2lo studente lo verifichi per esercizio.

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    6 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    1

    2

    tr2

    f

    Figura 1.2: La funzione fdefinita in (1.3).

    1.3 Limiti e continuita

    Definizione 1.12. Siano (X, dX), (Y, dY) due spazi metrici, A X, x0 Xun punto di accumulazione per A, f :A Y e ` Y. Si dice che il limite perxche tende a x0 di f(x) e uguale a` in A (o che f(x) tende a ` in A perx chetende a x0) e si scrive

    limxx0

    f(x) = ` in A,

    se per ogni > 0 esiste > 0 tale che, per ogni x A \ {x0}, se dX(x, x0)< alloradY(f(x), `)< .

    Proposizione 1.13. (Unicita del limite) Esiste al piu un ` Y tale chelimxx0f(x) = ` inA.

    Ricordiamo che perche si abbia unicita del limite e cruciale chex0 sia un puntodi accumulazione per A.

    Osservazione 1.14. Siano (X, dX), (Y, dY) due spazi metrici, x0 X, `Y.Se A, B X,B A,x0e un punto di accumulazione per A e per Be f :A Y,allora4 da

    limxx0

    f(x) = ` in A

    segue chelimxx0

    fB

    (x) = ` in B ,

    4lo studente lo verifichi per esercizio.

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    1.3. LIMITI E CONTINUITA 7

    dove f

    B

    :B Y e la restrizione di f aB .

    Losservazione precedente ci puo aiutare nel calcolo dei limiti (ad esempio difunzioni reali di piu variabili reali) sia per individuare il candidato limite siaper dimostrare che il limite non esiste; infatti, se le restrizioni della funzione adue sottoinsiemi diversi di cuix0 e punto di accumulazione hanno limiti diversi,allora possiamo concludere che il limite non esiste. Ad esempio, si consideri lafunzione

    f : R2 R, f(x, y) =(

    xyx2+y2 , se (x, y) 6= (0, 0),0, se (x, y) = (0, 0),

    dove R2 e R sono muniti delle usuali metriche euclidee. La restrizione di fallasse x e identicamente nulla e dunque ha limite 0 per (x, y) (0, 0); larestrizione della funzionefalla rettay = x(privata dellorigine) e identicamenteuguale a 1

    2e dunque ha limite 1

    2per (x, y)

    (0, 0). Possiamo quindi concludere

    che lim(x,y)(0,0) f(x, y) in R2 non esiste.

    Definizione 1.15. Siano (X, dX), (Y, dY) due spazi metrici,A X,f :A Y,x0 A. Si dice che f e continua inx0 se per ogni > 0 esiste >0 tale che,per ogni x A, se dX(x, x0)< allora dY(f(x), f(x0))< . f si dice continuainA se e continua in ogni x A.

    Osservazione 1.16. Ogni funzione f : AY e continua in un punto isolatodi A.

    Osservazione 1.17. f :A

    Y e continua inx0

    A se e solo se

    x0 e un punto isolato di A oppure limxx0

    f(x) = f(x0) in A.

    La continuita di funzioni tra spazi metrici e una proprieta topologica, cioe di-pende dalle topologie (famiglie di aperti) e non dalle particolari metriche che legenerano. Vale infatti la seguente proposizione.

    Proposizione 1.18. Siano(X, dX), (Y, dY) due spazi metrici ef :X Y. Leseguenti condizioni sono equivalenti:

    (i) f e continua inX;

    (ii) per ogniUaperto diY si ha chef1(U) e un aperto diX;

    (iii) per ogniVchiuso diY si ha chef1(V) e un chiuso diX.

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    1.3. LIMITI E CONTINUITA 9

    In modo analogo si ottiene che

    d(x0, y0) d(x, y) ed(x, y), (x0, y0).Abbiamo quindi che, per ogni (x, y) X X,

    |d(x, y) d(x0, y0)| ed(x, y), (x0, y0).Dato> 0 basta scegliere = per avere (1.4).

    Un esempio notevole di spazio metrico si ottiene munendo linsieme delle funzionicontinue e limitate tra due spazi metrici della metrica uniforme.

    Definizione 1.22. Dati due spazi metrici (X, dX), (Y, dY), si definisce

    Cb(X, Y) = {f :X Y : f e continua e limitata}.SuCb(X, Y) si definisce la metrica uniforme

    d(f, g) = sup{dY(f(x), g(x)) : x X}. (1.5)

    Ovviamente (Cb(X, Y), d) e uno spazio metrico (essendo sottospazio metricodi (L(X, Y), d).

    1.3.1 Esempi

    Esempio 1.23. Sia T :C0([0, 1]) C0([0, 1]) la funzione definita come

    T(f)(x) =

    Z x0

    f(t) dt.

    Notiamo che, per il Teorema di Weierstra, C0([0, 1]) =Cb([0, 1],R) e muniamoC0([0, 1]) della metrica uniforme definita in (1.5), cioe

    d(f, g) = supx[0,1]

    |f(x) g(x)| = maxx[0,1]

    |f(x) g(x)|, f, g C0([0, 1]). (1.6)

    Si ha allora che

    d(T(f), T(g)) = supx[0,1]

    |T(f)(x) T(g)(x)|

    = supx[0,1]

    Z x0

    (f(t) g(t)) dt

    supx[0,1]

    Z 10

    |f(t) g(t)| dt d(f, g).

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    10 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Dato > 0, basta allora scegliere = in modo che se d(f, g) < si abbiached(T(f), T(g))< . QuindiT e continua da C

    0([0, 1]) munito della metrica

    uniforme in se.

    Esempio 1.24. Sia T :C0([0, 1]) C0([0, 1]) la funzione definita come

    T(f)(x) = f(0).

    Lasciamo allo studente la facile verifica che T e continua da C0([0, 1]) munitodella metrica uniforme in se.

    Esempio 1.25. PoniamoX=C0([0, 1]). Su X consideriamo due metriche: lametrica uniformed definita in (1.6) e la metrica integrale

    d1(f, g) = Z 1

    0

    |f(t) g(t)| dt, f, g C0([0, 1]).

    Si verifica facilmente che la funzione identica

    Id : (X, d) (X, d1),f7 f,

    e continua, mentre la funzione

    Id : (X, d1) (X, d),f7 f,

    non e continua. Infatti, se lo fosse, dato = 1 esisterebbe > 0 tale ched1(f, 0)< implicherebbe d(f, 0)< 1. Ragionando come nellesempio1.11e

    considerando la funzione

    f(t) =

    (2 4

    t, set 0, 2,

    0, set 2 , 1,si avrebbe che d1(f, 0) =

    2 1, assurdo.

    1.3.2 Funzioni reali di piu variabili reali

    Consideriamo ora il caso di funzioni reali di piu variabili reali, cioe di funzionidel tipo f : A

    R con A

    RN. Pensiamo ad A come ad un sottospazio

    metrico di RN con la metrica indotta da quella euclidea e muniamo R con lametrica usuale (cioed(x, y) = |x y|).

    Ricordiamo anzitutto che per funzioni reali definite su spazi metrici (e quindianche nel caso particolare di funzioni reali definite su sottoinsiemi di RN) siha che, purche non si presentino le ben note forme di indecisione, il limite di

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    1.3. LIMITI E CONTINUITA 11

    una somma/prodotto e uguale alla somma/prodotto dei limiti e che il limitedi un quoziente e uguale al quoziente dei limiti (se il limite del denominatore

    e non nullo). Riguardo alla continuita di somma, prodotto e quoziente, vale ilseguente risultato (come caso particolare del caso piu generale di funzioni realidefinite su spazi metrici).

    Proposizione 1.26. Siano f, g: A R conA RN.

    (i) Sef eg sono continue inX0 A, alloraf+ g ef g sono continue inX0.(ii) Sef eg sono continue inX0 A eg(X0) 6= 0, alloraf /g e ben definita

    in un intorno dix0 ed e continua inX0.

    Dimostriamo ora la continuita delle proiezioni sugli assi.

    Proposizione 1.27. Per ogni1 k N, la funzione

    k : RN R, k(x1, x2, . . . , xN) = xk (1.7)

    e continua.

    Dimostrazione.Ricordiamo che RN e munito della la distanza euclidead di RN

    introdotta nellesempio1.7 e R e munito dellusuale distanza dR(x, y) = |x y|.Abbiamo che

    |k(x1, x2, . . . , xN) k(y1, y2, . . . , yN)|= |xk yk|

    vuut NX

    i=1

    (xi yi)2 =d((x1, x2, . . . , xN), (y1, y2, . . . , yN)).

    Dato > 0 basta allora scegliere = per avere che d(x, y) < implichi chedR(k(x), k(y))< .

    La proposizione precedente, combinata con le proposizioni 1.26 e 1.19consen-

    te di riconoscere facilmente la continuita di molte funzioni. Consideriamo adesempio la funzione f : R2 R, f(x1, x2) = log(1 +x21+ |x2|) e discutiamo-ne la continuita. Osserviamo che le funzioni (x1, x2)7 x1 e (x1, x2)7 x2sono continue per la Proposizione 1.27. Essendo la funzione t7 |t| continua,(x1, x2)7 |x2| e continua perche composizione di funzioni continue (Proposi-zione1.19). Grazie alla Proposizione1.26, la funzione (x1, x2) 7 x21 e continua

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    12 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    essendo il prodotto di funzioni continue e quindi (x1, x2) 7 1 + x21 + |x2|e conti-nua essendo somma di funzioni continue. Essendo la funzione t

    7log tcontinua

    su (0, +), dalla Proposizione 1.19 segue che (x1, x2)7 log(1 +x21 + |x2|) econtinua perche composizione di funzioni continue.

    Esercizio 1.28. Ragionando come sopra, si spieghi perche la funzione

    g: R4 R, g(x1, x2, x3, x4) = cos(x1x2) + ex21+x2

    2+x2

    3 ,

    e continua su R4.

    Vediamo ora due esempi in cui lo studio della continuita di una funzione di piuvariabili si rivela piu delicato.

    Esempio 1.29. Studiamo la continuita della funzione

    f : R2 R, f(x, y) = x3y2x6 +|y|3 , sex >0 ey >0,

    0, altrimenti.

    Siano A = {(x, y)R2 : x >0 e y >0} e B ={(x, y)R2 : x 0.

    Consideriamo un punto (x0, 0) con x0 > 0. Essendo (x0, 0) un punto di accu-mulazione di R2, f e continua in (x0, 0) se e solo se

    lim(x,y)(x0,0)

    f(x, y) = f(x0, 0) = 0

    e, dato che la restrizione di f al complementare di A e identicamente nulla,questo accade se e solo se

    lim(x,y)(x0,0)

    fA

    (x, y) = lim(x,y)(x0,0)

    x3y2

    x6 +|y|3 = 0 inA. (1.8)

    Usando le ben note regole per il calcolo dei limiti ed osservando che non sipresentano forme di indecisione essendo x0> 0, si ottiene che

    lim(x,y)(x0,0)

    x3y2x6 +|y|3

    = 0x60

    = 0.

    Quindi (1.8) e verificata e possiamo concludere chef e continua in (x0, 0) perogni x0 > 0. In modo analogo si ottiene chef e continua in (0, y0) per ogniy0 > 0.

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    1.3. LIMITI E CONTINUITA 13

    Discutiamo ora la continuita di f in (0, 0). Ragionando come sopra, possiamoconcludere chef e continua in (0, 0) se e solo se

    lim(x,y)(0,0)

    fA

    (x, y) = lim(x,y)(0,0)

    x3y2

    x6 +|y|3 = 0 inA. (1.9)

    Per dimostrare che vale (1.9), ricordiamo la disuguaglianza5

    2|ab| a2 + b2 (1.10)che vale per ogni a, b R. Da (1.10) segue che|x3|y|3/2| 12(x6 + |y|3) e quindi

    0 x3y2x6 +|y|3

    = |x|3|y|3/2x6 +|y|3 p|y| 12p|y|.Dato che lim(x,y)(0,0)

    1

    2p|y| = 0, per il Teorema dei Due Carabinieri conclu-diamo che lim(x,y)(0,0) x3y2x6+|y|3 = 0, dimostrando cos chef e continua anche in(0, 0).

    Esempio 1.30. Studiamo la continuita della funzione

    f : R2 R, f(x, y) =

    x(sin x y)x y , sex 6=y,

    0, sex = y.

    La funzione f e continua in ogni (x0, y0) U = {(x, y) R2 : x6= y}, datochef(x, y) = x(sin xy)xy in un intorno di (x0, y0)Ue quindi in tale intorno fe continua grazie alla Proposizione1.26.

    Studiamo la continuita nei punti (x0, x0) con x0 R. Se x06= 0, dato chesin x06= x0, si vede facilmente che il limite lim(x,y)(x0,x0) f(x, y) non esiste.Infatti, ponendo R = {(x0+ t, x0 t) : t > 0} (R e una semi-retta di estremo(x0, x0) perpendicolare alla bisettrice del I quadrante), abbiamo che (x0, x0) eun punto di accumulazione di R e

    lim(x,y)(x0,x0)

    fR

    (x, y) = limt0+

    f(x0+ t, x0 t)

    = limt0+

    (x0+ t)(sin(x0+ t) x0+ t)2t

    =

    (+, se x0(sin x0 x0)> 0,, se x0(sin x0 x0)< 0,

    inR, mentre, ponendoA = {(t, t) : t R}, (x0, x0) e un punto di accumulazionedi A e

    lim(x,y)(x0,x0)

    fA

    (x, y) = 0 inA.

    Grazie allosservazione1.14,concludiamo che il limite di fper (x, y) (x0, x0)non esiste e che quindi fnon e continua nei punti (x0, x0) conx06= 0.

    5Si dimostra facilmente osservando che 0 (|a| |b|)2 a2 +b2 2|ab|.

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    14 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    r

    P = (x, y)

    Figura 1.3: Coordinate polari.

    Studiamo infine la continuita in (0, 0). Verifichiamo che lim(x,y)(x0,x0) f(x, y)non esiste. A tal fine, poniamo B = {(t, t

    t4) : t

    R}

    R2 e, osservando che

    (0, 0) e un punto di accumulazione di B , calcoliamo

    lim(x,y)(0,0)

    fB

    (x, y) = limt0

    f(t, t t4) = limt0

    t(sin t t + t4)t4

    = limt0

    t(t 16 t3 + o(t3) t + t4)t4

    = 16

    in B .

    Dato che lim(x,y)(0,0) fA

    (x, y) = 0 in A, in virtu dellosservazione1.14, con-

    cludiamo che il limite lim(x,y)(0,0) f(x, y) non esiste6 e che quindi f non e

    continua in (0, 0).

    Osservazione 1.31. Nel caso di funzioni reali definite su sottoinsiemi di R2,puo essere utile riscrivere la definizione di limite (e quindi quella di continuit a)

    mediante le coordinate polari. Per ogni punto P= (x, y) R2

    \{(0, 0)}esistonounicir >0 e [0, 2) tali che

    (x, y) = (r cos , r sin ).

    Si ha che r =p

    x2 + y2 e la distanza euclidea del punto P = (x, y) dallorigine(0, 0) e viene detta coordinata radiale, mentre la coordinata (dettacoordinataangolare) e langolo (in radianti e misurato in senso antiorario) tra la semiretta

    positiva delle x e il vettoreOP(si veda la figura1.3).

    Siano AR2 tale che (0, 0)R2 sia un punto di accumulazione per A, `Ref :A R. Si ha che lim(x,y)(0,0) f(x, y) = ` in A se

    per ogni > 0 esiste > 0 tale che |f(r cos , r sin )

    `|<

    per ogni r (0, ) e ogni [0, 2) tale che (r cos , r sin ) A. (1.11)6 Nel calcolo del limite lim(x,y)(0,0)f(x, y) lo studente potrebbe avere la tentazione di

    procedere, sbagliando, come segue: sin x x p er x 0 e quindi x(sin xy)

    xy

    x(xy)xy

    = x

    per (x, y) (0, 0). Si trarrebbe cos la conclusione sbagliata che lim(x,y)(0,0)f(x,y) = 0.In che cosa consiste lerrore?

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    15/34

    1.3. LIMITI E CONTINUITA 15

    Esempio 1.32. Sia f : R2 \ {(0, 0)} R definita come

    f(x, y) = log(1 + x2y2)x2 + y2

    .

    Calcoliamo il limite lim(x,y)(0,0) f(x, y). Osserviamo che

    0 f(r cos , r sin ) = log(1 + r4 cos2 sin2 )

    r2 log(1 + r

    4)

    r2

    r0+0,

    e quindi lim(x,y)(0,0) f(x, y) = 0.

    La caratterizzazione di limite data nella (1.11) puo essere riletta come segue:lim(x,y)(0,0) f(x, y) =` in A se f(r cos , r sin ) tende a ` per r0+ unifor-memente rispetto a; con la frase uniformemente rispetto a sottolineiamo

    che il nella (1.11) non dipende da . Tale precisazione e cruciale, dato che,in generale, per avere che lim(x,y)(0,0) f(x, y) = ` non basta che, per ogni fissato, limr0+f(r cos , r sin ) = `, come mostra lesempio1.33.

    Esempio 1.33. Sia f : R2 \ {(0, 0)} R definita come f(x, y) = xy2x2+y4 .Notiamo che, per ogni [0, 2),

    limr0+

    f(r cos , r sin ) = limr0+

    r cos sin2

    cos2 + r2 sin4 = 0. (1.12)

    Ciononostante il lim(x,y)(0,0) f(x, y) non esiste. Per verificare che il limite nonesiste, poniamo P = {(t2, t) : t6= 0} R2 \ {(0, 0)} e, osservando che (0, 0) eun punto di accumulazione di P, calcoliamo

    lim(x,y)(0,0)

    fP

    (x, y) = limt0

    f(t2, t) = limt0

    t4

    2t4 =

    1

    2 in P.

    Daltra parte, ricordando dalla(1.12) che, per ogni [0, 2) fissato,

    lim(x,y)(0,0)

    fA

    (x, y) = 0 in A,

    doveA = {(r cos , r sin ) : r >0}, in virtu dellosservazione1.14, concludiamoche il limite lim(x,y)(0,0) f(x, y) non esiste.

    1.3.3 Funzioni di piu variabili reali a valori in RM

    Consideriamo ora il caso di funzioni di piu variabili reali a valori in RM, cioedi funzioni del tipo f : A RM con A RN. RN e RM sono muniti dellerispettive metriche euclidee ed A viene visto come un sottospazio metrico diRN con la metrica indotta. Il problema della continuita di una funzione di piu

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    16 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    variabili reali a valori in RM e facilmente riconducibile a quello della continuitadelle sue componenti.

    Data f : A RM con A RN, per ogni k {1, 2, . . . , M } la componentek-esima dif e la funzionefk = k f :A R, dove k e la proiezione sullassek-esimo definita in (1.7), cosicche

    f(X) =

    f1(X)f2(X)

    ...fM(X)

    .

    Proposizione 1.34. Siano A

    RN, X0

    A ef : A

    RM. f e continua in

    X0 se e solo sefk = k f e continua inX0 per ognik {1, 2, . . . , M }.

    Dimostrazione. Se f e continua in X0 allora fk = k f e continua in X0per ogni k {1, 2, . . . , M } in quanto composizione di funzioni continue (k econtinua per la Proposizione1.27).

    Viceversa, supponiamo che lefk siano continue inX0 per ognik {1, 2, . . . , M }e dimostriamo che f e continua in X0. Sia > 0. Per ognik {1, 2, . . . , M },essendofk continua in X0, esiste k > 0 tale che

    se dRN(X, X0)< k

    allora |fk

    (X)

    fk

    (X0)|<

    M,

    dove dRNdenota la distanza euclidea su RN. Poniamo = mink=1,...,Mk > 0.

    SedRN(X, X0)< , alloradRN(X, X0)< k per ognik {1, 2, . . . , M }e dunque|fk(X) fk(X0)| < M per ogni k {1, 2, . . . , M }. Usando la disuguaglianzaelementare7 vuut MX

    k=1

    x2kMXk=1

    |xk| per ogni (x1, . . . , xM) RM, (1.13)

    segue che

    dRM(f(X), f(X0)) = vuut MXk=1

    |fk(X) fk(X0)|2 MXk=1

    |fk(X) fk(X0)|< .

    Abbiamo cos dimostrato chef e continua in X0.

    7lo studente e invitato a dimostrare (1.13) per esercizio ragionando per induzione su M.

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    1.4. SUCCESSIONI IN SPAZI METRICI 17

    La proposizione precedente, insieme a quanto osservato nella sezione 1.3.2 aproposito delle continuita di funzioni reali di piu variabili reali, consente di

    riconoscere facilmente la continuita di molte funzioni di piu variabili a valorivettoriali.

    Esempio 1.35. La funzione f : R2 R2, f(x, y) = (x4 +y3, 1 + y sin(xy))e continua su R2, essendo continue le sue componenti f1(x, y) = x

    4 +y3 ef2(x, y) = 1 + y sin(xy).

    Esempio 1.36. La funzione : [0, 1] R3, (t) = (cos t, sin t, t) e continua su[0, 1], essendo continue le sue componenti 1(t) = cos t, 2(t) = sin te 3(t) = t.

    1.4 Successioni in spazi metrici

    Definizione 1.37. Sia (X, d) uno spazio metrico. Si dice che una successione{xn}nN a valori in Xconverge a `X(e si scrive limn xn =` o xn `)se

    per ogni > 0 esiste n tale che, per ogni n n, d(xn, `) .

    Esempio 1.38. Siano X = RN e d la distanza euclidea definita in (1.1). Sia

    {Xn}nN

    una successione a valori inRN

    , cioe

    Xn= (xn,1, xn,2, . . . , xn,N) con xn,k R.

    Si verifica facilmente8 cheXn X = (x1, x2, . . . , xN) in (RN, d) se e solo sexn,k xk in R per ogni k = 1, 2, . . . , N .

    Ricordiamo la seguente caratterizzazione della continuita in termini di succes-sioni.

    Proposizione 1.39. Siano (X, dX), (Y, dY) due spazi metrici, f : X

    Y e

    x0 X. f e continua inx0 se e solo se per ogni successione{xn}nN a valoriinX tale chexn x0 inXsi ha chef(xn) f(x) inY.

    8lo studente lo verifichi per esercizio.

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    18 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    1.4.1 Convergenza uniforme e puntuale di successioni di

    funzioni

    Un esempio notevole di convergenza di successioni in spazi metrici e dato dallesuccessioni di funzioni limitate convergenti rispetto alla metrica uniforme. SianoD un insieme non vuoto e L(D,R) = {f : D R : f e limitata}. MuniamoL(D,R) della metrica uniforme

    d(f, g) = sup{|f(t) g(t)|: t D},

    introdotta nellesempio1.10. Una successione di funzionifn L(D,R) convergeaf L(D,R) se

    per ogni > 0 esiste n tale che, per ogni n n, suptD

    |f(t) g(t)| , (1.14)

    cioe se per ogni > 0 esiste n tale che, per ogni n n e per ogni t D,

    |f(t) g(t)| .

    Sottolineiamo che ln nella (1.14)dipende solo da ; in particolare non dipendedat D. Si parla quindi di convergenza uniforme di funzioni.

    Definizione 1.40. Se fn f in L(D,R), cioe se vale (1.14), si dice che fnconverge afuniformemente.

    Una nozione di convergenza di funzioni meno forte della convergenza uniformeintrodotta nella Definizione1.40e quella di convergenza puntuale.

    Definizione 1.41. Siano D un insieme non vuoto e f, fn : D R, n N.Si dice che fn converge a f puntualmente se fn(t) converge a f(t) in R perogni t D, cioe se per ogni t D e > 0 esiste n tale che, per ogni n n,|fn(t) f(t)| .

    Sottolineiamo che ln nella definizione1.41puo dipendere sia da t sia da .

    E immediato dimostrare che se una successione di funzioni fn L(D,R) con-verge uniformemente af, allorafn fpuntualmente. Il viceversa e falso, cioela convergenza puntuale non implica quella uniforme, come mostrano i seguentiesempi.

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    1.4. SUCCESSIONI IN SPAZI METRICI 19

    1

    Figura 1.4: Le funzioni fn(x) = xn sullintervallo [0, 1].

    Esempi 1.42. (i) Sia D = [0, 1] e, per ogni n N, sia fn : [0, 1] R,fn(x) = x

    n (si veda la figura1.4).

    Osserviamo che

    limn

    fn(x) =

    (0, se x [0, 1),1, se x = 1.

    Quindi fn fpuntualmente, dove

    f(x) =

    (0, se x [0, 1),1, se x = 1.

    Dato che la convergenza uniforme implica quella puntuale, se fn conver-gesse uniformemente a una funzione g , necessariamente si dovrebbe avereg = f. Daltra parte,

    d(fn, f) = supx[0,1]

    |fn(x) f(x)|= 1 6 0,

    quindi fn non converge uniformemente.

    (ii) Per ognin N, sia fn: R R definita comefn(x) =

    (sin x, sex [2n, 2(n + 1)],0, altrove.

    Osserviamo che, per ognix R,limn

    fn(x) = 0.

    Quindi fn converge puntualmente alla funzione f identicamente nulla suR, mentre

    d(fn, f) = supxR

    |fn(x) 0|= 1 6 0,

    quindi fn non converge uniformemente.

    (iii) Per ognin N, n 3, siafn: [0, 1] R definita come

    fn(x) =

    nx, sex [0, 1/n),2 nx, sex [1/n, 2/n),0 sex [2/n, 1],

    (1.15)

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    20 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    2n

    1

    1 fn

    Figura 1.5: La funzionefn definita in (1.15).

    si veda la figura1.5.

    Si verifica facilmente che fn 0 puntualmente ma non uniformemente,essendo supx[0,1]|fn(x)

    0|= 1.

    1.4.2 Completezza

    Definizione 1.43. Una successione{xn}in uno spazio metrico (X, d) si dicediCauchyse per ogni > 0 esiste n N tale che, per ognin, m n,d(xn, xm) .

    Ricordiamo che una successione convergente e necessariamente di Cauchy, men-

    tre il viceversa in generale e falso; gli spazi metrici per i quali il viceversa e verosi dicono completi.

    Definizione 1.44. Uno spazio metrico (X, d) si dice completo se ognisuccessione di Cauchy in X e convergente.

    Esempi 1.45. (i) RN con la metrica euclidea definita in (1.1) e completo.

    (ii) (0, 1) con la metrica d(x, y) = |x y| indotta dalla metrica usuale di Rnon e completo.

    (iii) Q con la metrica d(x, y) = |x y| non e completo.Esempio 1.46. Lo spazio metrico C0([1, 1]) munito della metrica integrale

    d1(f, g) =

    Z 11

    |f(t) g(t)| dt,

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    1.4. SUCCESSIONI IN SPAZI METRICI 21

    non e completo. Per verificarlo, consideriamo la successione di funzioni

    fn: [1, 1] R, fn(x) =1

    , se x 1, 1n,nx, se x 1n , 1n,1, se x 1n , 1. (1.16)

    1n

    1n

    1

    1

    1

    fn

    Figura 1.6: La funzione fn definita in (1.16).

    Si ha che

    d1(fn, fm) =

    Z 11

    |fn(x) fm(x)| dx=

    1

    n 1

    m

    n,m

    0.

    Quindi{fn}nN e di Cauchy in (C0([1, 1]), d1). Dimostriamo che{fn}nN nonconverge in (C0([1, 1]), d1). Se, per assurdo, esistesse f C0([1, 1]) tale chefn frispetto alla metrica d1, si avrebbe che, per ogni r (0, 1) en >1/r,

    0 Z r1

    |f(x) + 1| dx Z 1

    n

    1

    |f(x) + 1| dx=

    Z 1n

    1

    |f(x) fn(x)| dx

    Z 11

    |f(x) fn(x)| dx= d1(fn, f)n

    0

    da cui seguirebbe chef(x) = 1 per ognix (1, r) e per ogni r (0, 1), cioef(x) =1 per ogni x (1, 0). Ragionando in modo simile si ottiene anchechef(x) = 1 per ogni x (0, 1). Questo e assurdo dato chefdeve essere in(C

    0

    ([1, 1]), d1) e quindi continua in [1, 1].Concludiamo quindi che esiste una successione di Cauchy in (C0([1, 1]), d1)che non converge e pertanto (C0([1, 1]), d1) non e completo.

    Lasciamo allo studente la facile dimostrazione del seguente risultato.

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    22 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Teorema 1.47. Se(X, d)e uno spazio metrico completo eE X e un sottoin-sieme chiuso diX alloraEcon la metrica indotta daX e uno spazio metricocompleto.

    Soffermiamoci ora sul problema della completezza di spazi di funzioni limitate,dimostrando che lo spazio delle funzioni limitate a valori in uno spazio metricocompleto e completo (se munito della metrica uniforme).

    Teorema 1.48. Siano D un insieme non vuoto e(X, dX) uno spazio metricocompleto. Allora

    L(D, X) = {f :D X : f e limitata}

    munito della metrica uniforme

    d(f, g) = sup{dX(f(t), g(t)) : t D}

    e uno spazio metrico completo.

    Dimostrazione. Sia {fn} una successione di Cauchy in L(D, X). Quindi

    per ogni > 0 esiste n tale che, per ogni n, m

    n, sup

    tD

    dX(fn(t), fm(t))

    ,

    cioe

    per ogni > 0 esiste n tale che

    per ogni n, m n e t D, dX(fn(t), fm(t)) . (1.17)Quindi per ogni t D e per ogni > 0 esiste n tale che, per ogni n, m n,dX(fn(t), fm(t)) , cioe per ogni t D la successione {fn(t)} e di Cauchyin (X, dX). Essendo (X, dX) completo, deduciamo che per ogni t D esistef(t) X tale che fn(t) f(t) in X. Facendo tendere m in (1.17),otteniamo che

    per ogni > 0 esiste n tale che

    per ogni n n e t D, dX(fn(t), f(t)) . (1.18)Osseviamo che f L(D, X); infatti, fissando n0 n, si ha che fn0 e limi-tata e quindi esistono x0 X e R > 0 tali che fn0(D) B(x0, R). Per ladisuguaglianza triangolare, segue che, per ogni t D,

    dX(f(t), x0) dX(f(t), fn0(t)) + dX(fn0(t), x0) + R

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    1.4. SUCCESSIONI IN SPAZI METRICI 23

    e quindi f L(D, X). La (1.18) inoltre dice che fn f in L(D, X).

    Dati due spazi metrici (X, dX), (Y, dY), consideriamo ora lo spazio introdottonella definizione1.22

    Cb(X, Y) = {f :X Y : f e continua e limitata},munito della metrica uniforme.

    Teorema 1.49. Cb(X, Y) e chiuso inL(D, X).

    Ricordiamo che un sottoinsieme A di uno spazio metrico (X, d) e chiuso se e

    soltanto se per ogni successione{xn} Atale chexn xin Xsi ha chex A.Possiamo quindi riformulare il teorema1.49come segue.

    Teorema 1.50. Se{fn} Cb(X, Y), f L(D, X) efn f inL(D, X) (cioeuniformemente), alloraf Cb(X, Y).

    Dimostrazione.Nelle ipotesi del teorema, fissiamo x0 Xe dimostriamo chef e continua in x0. Possiamo supporre che x0 non sia isolato, altrimenti laconclusione sarebbe ovvia.

    Sia > 0. Dato che fn f uniformemente, esiste n tale che, per ogni n n eper ogni x X, dY(fn(x), f(x)) 3 . Fissiamom n; essendo fm Cb(X, Y)(e quindi continua in x0) esiste > 0 tale che se xX e dX(x, x0)< alloradY(fm(x), fm(x0)) 0 se x 1

    n, 1n

    e f0n 0 altrove; quindi

    maxx[1,1]

    fn(x) = fn

    1

    n

    =

    1

    2 e min

    x[1,1]fn(x) = fn

    1

    n

    = 1

    2.

    Segue che

    supx[1,1]

    |fn(x) 0|= 12

    e quindi fn non converge uniformemente alla funzione nulla (e quindi non con-verge uniformemente a nessunaltra funzione, dato che il limite uniforme, seesiste, coincide necessariamente con quello puntuale.)

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    1.4. SUCCESSIONI IN SPAZI METRICI 25

    1.4.3 Passaggio al limite sotto il segno di integrale per

    successioni funzioni uniformemente convergenti

    Teorema 1.55. Siano fn, f C0([a, b]) cona, b R, a < b, tali chefn funiformemente. Allora

    limn

    Z ba

    fn(t) dt=

    Z ba

    f(t) dt.

    Dimostrazione. Sia T :C0([0, 1]) R la funzione definita come

    T(f) =Z ba

    f(t) dt.

    SeC0([a, b]) e munito della metrica uniforme d(f, g) = supx[a,b]|f(x) g(x)|e R della metrica usuale (Esempio1.2), si ha che T e continua; infatti

    |T(f) T(g)|= Z b

    a

    (f(t) g(t)) dt Z b

    a

    |f(t) g(t)| dt

    supt[a,b]

    |f(t) g(t)|Z ba

    1 dt= (b a)d(f, g).

    Dato > 0, basta allora scegliere = ba in modo che se d(f, g)< si abbia

    che|T(f) T(g))|< . Quindi T e continua.Se fn f uniformemente, cioe se fn f in (C0([a, b]), d), per la continuitadi Te la Proposizione1.39concludiamo che T(fn) T(f) in R, cioeZ b

    a

    fn(t) dt Z ba

    f(t) dt,

    come si voleva dimostrare.

    Osserviamo che la convergenza puntuale non e sufficiente per passare al limitesotto il segno di integrale, come mostra il seguente esempio.

    Esempio 1.56. Consideriamo la successione delle funzioni fn : [0, 1] Rdefinite come

    fn(x) =

    n2x, se x [0, 1/n),2n n2x, se x [1/n, 2/n),0 se x [2/n, 1],

    (1.20)

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    26 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    2n

    1

    nfn

    Figura 1.7: La funzionefn definita in (1.20).

    si veda la figura1.8. Si verifica facilmente chefnconverge af 0 puntualmentema non uniformemente e

    limnZ

    1

    0

    fn(t) dt= limn

    1 = 1, Z 1

    0

    f(t) dt= 0,

    cosicche limnRba

    fn(t) dt 6=Rba

    f(t) dt.

    1.5 Compattezza - brevi richiami

    Definizione 1.57. Siano (X, d) uno spazio metrico e A X. Si dice cheAe compatto se per ogni famiglia Udi aperti di X tali che ASUUU esisteuna sottofamiglia U0 Ufinita tale che A

    SUU0U (cioe ogni ricoprimento

    aperto di A ammette uno sottoricoprimento finito).

    Ricordiamo le seguenti proprieta (che dovrebbero essere gia note allo studente).

    (i) A X e compatto in uno spazio metrico (X, d) se e solo se per ogni succes-sione {xn}nN A a valori in A esistono una sottosuccessione {xnk}kNe x A tali che xnk x.

    (ii) Se uno spazio metrico (X, d) e compatto allora e completo.

    (iii) Se (X, dX) e (Y, dY ) sono spazi metrici e f : X Y e una funzionecontinua, allora f(K) e compatto in Y per ogni K Xcompatto.

    (iv) Teorema di Heine-Cantor. Siano (X, dX) e (Y, dY ) due spazi metri-ci e f : X Y una funzione continua. Se X e compatto allora f euniformemente continua9.

    9 Dati due spazi metrici (X, dX), (Y, dY), una funzione f : X Y si dice uniformementecontinuase per ogni > 0 esiste > 0 tale che, per ogni x1, x2 X, se dX(x1, x2)< alloradY(f(x1), f(x2)) < .

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    1.6. SPAZI NORMATI E SPAZI DI BANACH 27

    (v) Teorema di Heine-Borel. Un insieme K RN e compatto in RN(munito della la distanza euclidea (1.1)) se e solo se e chiuso e limitato.

    (vi) Teorema di Weierstra. Se (X, d) e uno spazio metrico compatto ef :X R e continua, allora fha almeno un punto di minimo assoluto ealmeno un punto di massimo assoluto, cioe esistonoxm, xM X tali che

    f(xm) f(x) f(xM) per ogni x X.

    Si verifica facilmente che in un qualunque spazio metrico X, se AX e com-patto allora A e chiuso e limitato. Se X= RN, vale anche il viceversa grazie alTeorema di Heine-Borel. In generale pero il viceversa e falso; ad esempio, nellospazio metrico C0([0, 1]) munito della metrica uniforme la palla chiusa B(0, 1)e chiusa e limitata ma non e compatta, dato che la successione fn(x) = x

    n non

    ammette alcuna sottosuccessione convergente uniformemente (si veda lesempio1.42-(i)).

    1.6 Spazi normati e spazi di Banach

    Definizione 1.58. Uno spazio normato e una coppia (X, k k), dove X e unospazio vettoriale reale (o complesso) e k k : X R e una funzione (dettanorma) verificante le seguenti proprieta:

    (i)kxk 0 per ogni x X (Positivita)(ii)kxk = 0 se e solo se x = 0 (dove0 e il vettore nullo dello spazio vettoriale

    X)(Annullamento)

    (iii)kxk = ||kxk per ogni x X e R (o C se X e uno spaziovettoriale complesso) (Omogeneita)

    (iv)kx + yk kxk + kyk per ogni x, y X (Sub-additivita).

    Si verifica facilmente10 che, se (X, k k) e uno spazio normato, la funzione

    d: X X R, d(x, y) = kx yk

    e una distanza suX(metrica indotta dalla norma). Quindi ogni spazio normatoe uno spazio metrico.

    10lo studente lo faccia per esercizio.

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    28 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Osservazione 1.59. Osserviamo che, se (X, k k) e uno spazio normato, lafunzione norma

    k

    k: X

    R e continua (con X munito della metrica indotta

    dalla norma e R della metrica usuale); infatti, per la sub-additivita della norma,si ha che

    kxk = k(x y) + yk kx yk + kyk, kyk = k(x + y) + xk kx yk + kxkper ogni x, y X, da cui seguekxk kyk kx yk.Quindi, dato > 0 basta scegliere = per avere che d(x, y) =kx yk < implichi che

    kxk kyk

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    1.6. SPAZI NORMATI E SPAZI DI BANACH 29

    e uno spazio di Banach (in virtu del Corollario 1.52). Se invece muniamoC0([a, b]) della norma integrale15

    kfk1=Z ba

    |f(t)| dt (1.23)

    otteniamo uno spazio normato che non e uno spazio di Banach (si rivedalesempio1.46).

    Esempio 1.64. Per a, b R con a < b, si consideri linsieme C1([a, b]) dellefunzioni derivabili in [a, b] (cioe derivabili in (a, b), derivabili da destra in a ederivabili da sinistra inb) conf0 C0([a, b]) (dovef0 e la derivata di f in (a, b),la derivata destra f0+(a) in a e la derivata sinistra f

    0(b) in b). Osserviamo che

    (C1([a, b]), k k) e uno spazio normato ma non uno spazio di Banach. Adesempio, pera =

    1 eb = 1, consideriamo la successione di funzioni

    fn: [1, 1] R, fn(x) =r

    x2 +1

    n. (1.24)

    1 1

    Figura 1.8: La successione di funzioni fn definita in (1.24).

    Si verifica facilmente che, posto f(x) = |x|,

    0 fn(x) f(x) =r

    x2 +1

    n |x| 1

    n per ognix [1, 1]

    e quindi kfnfk 0 pern . Ne segue che {fn}nN e una successione diCauchy in (C1([a, b]), k k); pero {fn}nN non converge in (C1([a, b]), k k)(se convergesse il suo limite dovrebbe essere f(x) = |x| che non appartiene aC1([1, 1]) non essendo derivabile in 0).

    Tenendo conto dellesempio 1.64, cerchiamo ora di costruire una norma suC1([a, b]) che lo renda uno spazio di Banach.

    15lasciamo allo studente la verifica si tratta di una norma.

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    30 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Teorema 1.65. Siano fn C1

    ([a, b]) ef , g C0

    ([a, b]) tali che

    fn f uniformemente in[a, b],f0n g uniformemente in[a, b].

    Alloraf C1([a, b]) ef0 =g.

    Dimostrazione. Dal Teorema Fondamentale del Calcolo si ha che

    fn(t) fn(a) =Z ta

    f0n(s) ds per ognit [a, b] e per ogni n N,

    da cui, facendo tendere n e ricordando il Teorema 1.55, segue chef(t) f(a) =

    Z ta

    g(s) ds per ognit [a, b].

    Il Teorema Fondamentale del Calcolo consente allora di concludere che f ederivabile,f0 =g e quindi f C1([a, b]).

    Per il teorema1.65,se fn e f0n convergono uniformemente, allora limn

    fn(t)0

    = limn

    f0n(t)

    cioe si puo scambiare lordine delle operazioni di limite e di derivata, proceduranon scontata e non ammissibile in generale: perche?

    Inoltre il teorema1.65garantisce che C1([a, b]) munito della norma

    kfk = supn

    |f(t)|+|f0(t)|: t [a, b]o

    e uno spazio di Banach.

    1.6.1 Norme equivalenti

    Definizione 1.66. Due norme k k1 e k k2 su uno spazio vettorialeXsi diconoequivalenti se esistono C1, C2 > 0 tali che

    kxk1 C1kxk2, per ognix X, (1.25)kxk2 C2kxk1, per ognix X. (1.26)

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    1.6. SPAZI NORMATI E SPAZI DI BANACH 31

    Osservazione 1.67. Se vale (1.25)

    Bkk2x0, RC1 Bkk1(x0, R),mentre, se vale (1.26),

    Bkk1

    x0, RC2

    Bkk2(x0, R),per ogni R > 0, dove Bkki(x0, R) = {xX :kx x0ki < R} denota la pallaaperta di centrox0 e raggio R rispetto alla metrica indotta dalla normak ki.

    Dallosservazione 1.67 segue che gli aperti rispetto a due norme equivalenti sonogli stessi, cioe norme equivalenti inducono la stessa topologia.

    Osservazione 1.68. Se due normek k1 ek k2 su uno spazio vettoriale Xsono equivalenti, allora si ha che (X, k k1) e uno spazio di Banach se e solo se(X, k k2) e uno spazio di Banach. Infatti, dalla definizione di norme equivalentisegue facilmente che una successione in X e convergente (rispettivamente diCauchy) rispetto alla normak k1 se e solo se e convergente (rispettivamente diCauchy) rispetto alla normak k2.

    Esempio 1.69. In RN, conN 1, la norma euclidea

    k(x1, x2, . . . , xN)k =q

    PNi=1x

    2i

    e la norma16

    k(x1, x2, . . . , xN)k1 =NXi=1

    |xi|

    sono equivalenti. Infatti, elevando al quadrato, si verifica facilmente che

    qPNi=1x

    2i

    NXi=1

    |xi| per ogni (x1, x2, . . . , xN) RN.

    Dimostriamo inoltre che

    NXi=1

    |xi|

    N

    qPNi=1x

    2i per ogni (x1, x2, . . . , xN) RN. (1.27)

    16lo studenti verifichi che si tratta di una norma!

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    32 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Per dimostrare (1.27) procediamo per induzione su N. PerN= 1 la (1.27) eovvia. Supponiamo che la (1.27) valga per N; si ha alloraN+1X

    i=1

    |xi|

    2=

    NXi=1

    |xi|

    +|xN+1|

    2

    =

    NXi=1

    |xi|

    2+|xN+1|

    2 + 2

    NXi=1

    |xi|

    |xN+1|

    N NXi=1

    x2i

    +|xN+1|

    2 + 2

    N|xN+1|

    vuut NXi=1

    x2i

    N NXi=1

    x2i

    +|xN+1|

    2 + N|xN+1|2 +

    NXi=1

    x2i

    = (N+ 1)N+1Xi=1

    x2i

    e quindi (1.27) vale anche per N+ 1. Abbiamo allora per induzione che (1.27)vale per ogni N 1.

    Esempio 1.70. In RN, la norma euclideak(x1, x2, . . . , xN)k =qPN

    i=1x2i e la

    norma17

    k(x1, x2, . . . , xN)k = maxi{1,...,n}

    |xi|

    sono equivalenti. Infatti si puo facilmente verificare18 che

    maxi{1,...,n}

    |xi| qPNi=1x2i N maxi{1,...,n} |xi| per ogni (x1, x2, . . . , xN) RN.Esempio 1.71. Su C0([a, b]) la norma uniforme definita in (1.22) e la normaintegrale definita in (1.23) non sono equivalenti. Infatti, come osservato nelle-sempio 1.63, C0([a, b]) con la norma uniforme e uno spazio di Banach mentreC0([a, b]) con la norma integrale e spazio normato che non e di Banach.

    Abbiamo visto nellesempio 1.71 che in spazi vettoriali di dimensione infinitae possibile definire norme non equivalenti; questo non e possibile in spazi didimensione finita, grazie al seguente risultato.

    Teorema 1.72. Su uno spazio vettoriale di dimensione finita tutte le normesono equivalenti.

    17lo studenti verifichi che si tratta di una norma!18lo studente e incoraggiato a farlo per esercizio.

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    1.6. SPAZI NORMATI E SPAZI DI BANACH 33

    Dimostrazione. Sia Xuno spazio vettoriale di dimensione finita pari a N. Sia{e1, e2, . . . , eN} una base di X. Per ogni x

    X, se (x1, x2, . . . , xN) sono le

    cooordinate del vettore x rispetto alla base{e1, e2, . . . , eN}, poniamo

    kxk = NXi=1

    xiei

    :=vuut NX

    i=1

    x2i .

    Si dimostra facilmente che k k e una norma su X. Ci proponiamo di dimostrareche una qualunque altra norma su X e equivalente ak k.

    Siak k unaltra norma su X. Osserviamo che, per ogni x =PN

    i=1 xiei X,

    kxk=

    N

    Xi=1xiei

    |x1| ke1k+|x2| ke2k+ +|xN| keNk

    maxi{1,2,...,N}

    keik NX

    i=1

    |xi|

    max

    i{1,2,...,N}keik

    Nkxk

    dove la prima maggiorazione segue dalla sub-additivita della normak k elultima maggiorazione dalla disuguaglianza (1.27). Abbiamo cioe dimostratoche

    kxk Ckxk per ognix X, (1.28)dove C =

    maxi{1,2,...,N} keik

    N e una costante positiva indipendente da

    x X.

    SiaK= {x

    X:k

    xk

    = 1}. Osserviamo che K e compatto in (X,k

    k

    ). Infattila funzione f : RN (X, k k) (RN si pensa munito della norma euclidea)definita come f(x1, . . . , xN) =

    PNi=1 xiei e continua e K e limmagine tramite

    f dellinsieme

    (x1, x2, . . . , xN) Rn :qPN

    i=1 x2i = 1

    che, essendo chiuso e

    limitato, e compatto in RN per il Teorema di Heine-Borel; quindi K e compattoin (X, k k) grazie alla ben nota proprieta (iii) richiamata nella sezione 1.5.

    Inoltre la disuguaglianza (1.28) implica chek k : (X, k k) R e continua.Quindi essa ammette massimo e minimo assoluti sul compattoKper il Teoremadi Weierstra (proprieta (vi) nella sezione 1.5). In particolare esiste x Ktaleche

    C= kxk = minxK

    kxk.

    Notiamo che, dato che x K, x6= 0; quindi C =kxk > 0. Inoltre abbiamoche, per ogni x X\ {0} (per x = 0 la disuguaglianza che vogliamo provare escontata), xkxk Ke quindi

    kxk= kxk xkxk

    Ckxk. (1.29)

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    34 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI E SPAZI NORMATI

    Le disuguaglianze (1.28) e (1.29) provano che le normek k ek k sonoequivalenti.