Spartito per violoncello - Michele Sambin · PDF fileSpartito per violoncello 1974 european...

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Spartito per violoncello 1974 european standard; open reel ½; B/N; 13’57’’ Michele Sambin e Paolo Cardazzo. n.b. Le schede delle opere sono tratte dalla tesi di Laurea Magistrale in Storia dell'Arte di Lisa Parolo dal titolo «Il linguaggio artistico di Michele Sambin dal film alla video-performance musicale (1968- 1982). Ipotesi per la conservazione, il restauro e la riproposta attuale di Looking for listening (1977)», Università degli Studi di Padova. Spartito per violoncello (1974/75) è un’opera che consiste di due momenti creativi: alla fine del 1974, dopo aver recuperato l’Akai a Milano, Sambin sperimenta subito il videoregistratore e crea lo spartito/video che è visibile sul monitor di fronte al musicista ( ¼ di pollice). Nel 1975 il nostro artista completa l’opera e, servendosi dell’aiuto di Paolo Cardazzo, documenta la sua performance alla Galleria del Cavallino. Il fatto che l’opera sia stata completata in due anni ci consente di fare delle riflessioni riguardo allo sviluppo dell’uso del video nelle opere di Sambin, ma ci consente anche di capire che il nastro elettromagnetico ha svolto diversi ruoli nel mondo dell’arte oltre a quello di “opera” stricto sensu: se il video del 1974 è mezzo di creazione artistica (nella classificazione di Giaccari, il vero e proprio videotape d’artista), quello del 1975 è interessante in quanto documentazione della performance in atto, ma non può essere considerato esso stesso un’opera; inoltre le riprese sono eseguite da Paolo Cardazzo e non da Sambin, e questo ci porta a classificarlo come un cold video o appartenente al genere della video- documentazione. Due diversi utilizzi del nastro e due diverse tipologie di ripresa: considerando il primo video, quello che fungerà da spartito nell’opera, è interessante costatare che il primo obiettivo di Sambin, una volta avuto in mano il nuovo strumento, fu quello d'indagarne le possibilità nell’alterazione dell’immagine. Il video/spartito consta di numerosi momenti in cui vari oggetti diversi tra loro vengono posti davanti all’obiettivo e, grazie all’immagine direttamente trasmessa dal monitor, è possibile studiare l’effetto che hanno lo zoom, il movimento veloce della camera, lo sfuocato etc…

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Page 1: Spartito per violoncello - Michele Sambin · PDF fileSpartito per violoncello 1974 european standard; open reel ½; B/N; 13’57’’ Michele Sambin e Paolo Cardazzo. n.b. Le schede

Spartito per violoncello

1974

european standard; open reel ½; B/N; 13’57’’

Michele Sambin e Paolo Cardazzo.

n.b. Le schede delle opere sono tratte dalla tesi di Laurea Magistrale in Storia dell'Arte di Lisa Parolo

dal titolo «Il linguaggio artistico di Michele Sambin dal film alla video-performance musicale (1968-

1982). Ipotesi per la conservazione, il restauro e la riproposta attuale di Looking for listening (1977)»,

Università degli Studi di Padova.

Spartito per violoncello (1974/75) è un’opera che consiste di due momenti creativi:

alla fine del 1974, dopo aver recuperato l’Akai a Milano, Sambin sperimenta subito il

videoregistratore e crea lo spartito/video che è visibile sul monitor di fronte al

musicista ( ¼ di pollice). Nel 1975 il nostro artista completa l’opera e, servendosi

dell’aiuto di Paolo Cardazzo, documenta la sua performance alla Galleria del

Cavallino.

Il fatto che l’opera sia stata completata in due anni ci consente di fare delle riflessioni

riguardo allo sviluppo dell’uso del video nelle opere di Sambin, ma ci consente

anche di capire che il nastro elettromagnetico ha svolto diversi ruoli nel mondo

dell’arte oltre a quello di “opera” stricto sensu: se il video del 1974 è mezzo di

creazione artistica (nella classificazione di Giaccari, il vero e proprio videotape

d’artista), quello del 1975 è interessante in quanto documentazione della

performance in atto, ma non può essere considerato esso stesso un’opera; inoltre le

riprese sono eseguite da Paolo Cardazzo e non da Sambin, e questo ci porta a

classificarlo come un cold video o appartenente al genere della video-

documentazione.

Due diversi utilizzi del nastro e due diverse tipologie di ripresa: considerando il primo

video, quello che fungerà da spartito nell’opera, è interessante costatare che il

primo obiettivo di Sambin, una volta avuto in mano il nuovo strumento, fu quello

d'indagarne le possibilità nell’alterazione dell’immagine.

Il video/spartito consta di numerosi momenti in cui vari oggetti diversi tra loro

vengono posti davanti all’obiettivo e, grazie all’immagine direttamente trasmessa dal

monitor, è possibile studiare l’effetto che hanno lo zoom, il movimento veloce della

camera, lo sfuocato etc…

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In ciascuna di queste sequenze è analizzato un particolare effetto ottico: nella prima,

la videocamera ad “inquadratura fissa” riprende alcuni oggetti di ferro (“cerchi”);

nella seconda gli stessi oggetti, ora definiti “materie”, vengono lanciati casualmente

e con prepotenza su un tavolo provocando molto rumore; l’obiettivo è scoprire che

ad ogni oggetto lanciato sul banco corrisponde un suono e che entrambi sono

registrati contemporaneamente dall’Akai.

Nella terza sequenza l’inquadratura è fissa su un muro bianco, e su di esso, col

passare del tempo, vengono spruzzate goccioline di colore “alla Pollock”; ciò che è

interessante notare è che, nel foglio di progettazione dell’opera, questa sequenza è

definita “aereo”.

Nella quarta sequenza l’obiettivo della ripresa è indagare gli effetti dello zoom e

del movimento veloce della telecamera; la finestra (dello studio di Sambin a

palazzo Fortuny, sede dell’UIA) si ingrandisce, si rimpicciolisce e si sposta molto

velocemente in ogni direzione. La definizione che viene data in questo caso alla

serie, “respiro”, non coincide esattamente con quanto è rappresentato dall’immagine

ma fa piuttosto riferimento al suono che, si può supporre, Sambin avesse pensato di

associare allo zoom; come però vediamo nel video, alla fine esso è associato a

lunghi movimenti d’arcata e glissandi.

La quinta (”punto”) e la sesta (senza titolo) sequenza inquadrano degli oggetti

che, solo in un secondo momento, riusciamo a riconoscere: prima una puntina nera

sfuocata su sfondo bianco, si sposta sul monitor quasi impazzita; poi un disco (il

tappo della videocamera), anch’esso molto fuori fuoco, gira vorticosamente su se

stesso.

In queste ultime due sequenze, così come nella seconda, ciò che vediamo non è più

reale, non vi è un intento “figurativo” ma piuttosto il monitor assomiglia ad un

quadro astratto ove l’importante non è cos'è rappresentato ma come e perché è stato

creato in quel modo. Il come, è dato dalla bassa risoluzione del video e dalla

possibilità di sfuocare il soggetto di ripresa.

L’obiettivo dell’artista è, come già visto anche nei film, trovare un nuovo

linguaggio di scrittura musicale e approfondire il rapporto tra suono e immagine.

Come dice lo stesso titolo dell’opera in esame, Sambin crea un video che possa

fungere da spartito musicale, in cui ogni momento sia significativo non in se

stesso ma come suggestione per una determinata azione che il musicista dovrà

compiere.

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Seguendo l’esempio dei grandi musicisti/artisti a lui contemporanei (John Cage e

Giuseppe Chiari in primis) egli rompe la relazione musica-spartito tradizionale e si

spinge verso nuovi metodi di scrittura del suono che implicano un’interpretazione

musicale più libera (ma non per questo lasciata al caso).

Nel video-documento Spartito per violoncello (del 1975) assistiamo alla

dimostrazione del fatto che è possibile interpretare il visivo attraverso il sonoro e con

ciò comprendiamo anche perché, in alcuni momenti, ciò che è emesso dal monitor

risulta astratto: non importa cos’è rappresentato, non è importante l’estetica ma il

concetto. Ciò che si vede sul monitor, i movimenti degli oggetti, il loro suono

quando vengono gettati sul tavolo, il rumore della telecamera quando viene colpita

da Sambin e le zoomate sono tutti simboli che, come le note, determineranno la

durata e l’andamento del pezzo musicale lasciando all’esecutore il compito

d’interpretare l’ampiezza e il timbro dei suoni.

L’azione performativa all’interno del laboratorio/galleria Il Cavallino a Venezia,

ripresa da Paolo Cardazzo, è la dimostrazione di come sia possibile suonare il

nuovo spartito; ad ogni simbolo corrisponde un particolare suono del violoncello

e, nonostante tutto ciò avvenga nell’ambito dell’improvvisazione e di una libera

interpretazione, il ritmo del pezzo coincide con ciò che è mostrato nel

video/spartito.

Ultimamente Sambin, dopo la digitalizzazione dell’opera, ha proceduto ad un

restauro invasivo rispetto al documento iniziale: i “tempi morti” del video, quelli in

cui per esempio Sambin manda avanti o indietro il nastro, così come quello in cui si

sente un telefono suonare e Cardazzo che va a rispondere sono stati tagliati e, ad ogni

inizio sequenza, è stato posto un titolo iniziale riferito alle immagini che vedremo

comparire sullo schermo.