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42 VIVA VERDI Raf Montrasio da Saronno, classe 1929, ha la me- moria solida come la sua esperienza di chitarri- sta di night-club. “I proprietari al momento del contratto, che durava da inizio settembre a fine maggio, si raccomandavano sempre con noi or- chestrali: lasciate in pace le bal- lerine! Ma non c’era verso: erano loro, le ragazze, a ve- nirci a cercare, impossibile resistere al Fascino della Pedana”. Storie d’amore di 15 giorni, o meglio 15 notti, quelle della durata dell’ingaggio dei “nu- meri” del Floor Show, lo spettacolo di mezzanotte e delle 2 che nei loca- li notturni interrompeva le danze. I componenti dell’orchestra, ovve- ro il complesso, dai 4 ai 7 elementi, erano i poteri forti dell’animazione. Sensibilità artistica mista a psicologia nel tradurre in musica i gusti degli avvento- ri, disciplina nel rapporto col caporche- stra, elasticità nell’orario di prestazione per accontentare i tiratardi, spirito di adattamen- to nella convivenza non soltanto coi colleghi ma anche con camerieri ed entraineuses, discrezio- ne con tutti costituivano il Mestiere, carta dei va- lori dell’orchestrale. La perizia nell’uso dello stru- mento era importante, ma non poteva prescinde- re dal resto: il night-club era un‘azienda, intrat- tenimento leggero per i frequentatori, impegno rigoroso per gli addetti ai lavori. Flirt a parte. Era apprezzabile che il musicista piacesse al pub- blico, alle mogli e alle figlie dei commen- datori, pazienza se calamitava anche gli sguardi delle soubrette.Il night-club degli anni Cinquanta era il ritrovo in- sostituibile della borghesia. Frequentato dai vip della finanza, della politica, del- lo spettacolo, con le mogli, con le fidan- zate, con le compagne ufficiali. In partico- lare il sabato sera luogo di ricreazione fami- gliare con qualche brivido di tra- sgressione in quello spet- tacolo di mezza- notte in cui le calze a rete delle balleri- ne e l’ultimo atto dello spo- gliarello – con il reggiseno che ca- deva lasciando in mostra i capezzoli protetti da stelline di cartone argentato – facevano la pec- caminosa differenza con l’abbigliamento ca- stigato del varietà televisivo. Quella sorta di Agorà coi lustrini terminava all’una. L’orchestra continuava, con un ricambio di pubblico: nuove coppie, o mariti di ritorno dopo aver accompagnato a casa consorti e pro- le. Luci più soffici, canzoni più sussurrate, i bisbigli e le risate delle entraineuses, i tappi dello champagne, la sordina alla tromba, le spazzole ad accarezzare il rullante, i brani a gen- tile richiesta, le mance al cantante, il bourbon offerto ai musicisti. Fino alle 2, per il secon- do Floor Show, più intimo ma senza sostanzia- li infrazioni al comune senso del pudore. Poi an- cora musica, fino al saluto dell’ultimo habitué. Quindici minuti per sistemare gli strumenti nel- le custodie, per cambiare d’abito, per compila- re il borderò della Siae, e via nell’unica trattoria disposta a rifocillare la fauna di quell’ora: piz- ze e sangria per malavitosi ed artisti. Così ogni sera, per tutto l’anno, da settembre a maggio in città, da giugno a fine agosto sull’Adriatico o sul Tirreno. Il night-club nasce nell’immediato dopoguerra, musica ALLE ORIGINI DI UN GENERE IL FASCINO DISCRETO DEL NIGHT-CLUB di Michele Bovi Il locale notturno come stile di musica e di intrattenimento. Nasce nell’immediato dopoguerra e vive negli anni C inquanta il suo periodo di maggior splendore: tra giocolieri e spogliarelliste si formano generazioni di eccellenti musicisti, da Renato Carosone a Lucio Battisti. Scuola di mestiere e anche di vita Sotto, Bruno Quirinetta, © G iuseppe Palmas. Adestra, Riccardo Rauchi e Sergio Endrigo

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Raf Montrasio da Saronno, classe 1929, ha la me-moria solida come la sua esperienza di chitarri-sta di night-club. “I proprietari al momento delcontratto, che durava da inizio settembre a finemaggio, si raccomandavano sempre con noi or-chestrali: lasciate in pace le bal-lerine! Ma non c’era verso:erano loro, le ragazze, a ve-nirci a cercare, impossibileresistere al Fascino dellaPedana”. Storie d’amore di 15giorni, o meglio 15 notti, quelledella durata dell’ingaggio dei “nu-meri” del Floor Show, lo spettacolodi mezzanotte e delle 2 che nei loca-li notturni interrompeva le danze. II ccoommppoonneennttii ddeellll’’oorrcchheessttrraa, ovve-ro il complesso, dai 4 ai 7 elementi,erano i poteri forti dell’animazione.Sensibilità artistica mista a psicologia neltradurre in musica i gusti degli avvento-ri, disciplina nel rapporto col caporche-stra, elasticità nell’orario di prestazione peraccontentare i tiratardi, spirito di adattamen-to nella convivenza non soltanto coi colleghi maanche con camerieri ed entraineuses, discrezio-ne con tutti costituivano il Mestiere, carta dei va-lori dell’orchestrale. La perizia nell’uso dello stru-mento era importante, ma non poteva prescinde-re dal resto: il night-club era un‘azienda, intrat-tenimento leggero per i frequentatori, impegnorigoroso per gli addetti ai lavori. Flirt a parte. Era apprezzabile che il musicista piacesse al pub-

blico, alle mogli e alle figlie dei commen-datori, pazienza se calamitava anche glisguardi delle soubrette.Il night-clubdegli anni Cinquanta era il ritrovo in-sostituibile della borghesia. Frequentatodai vip della finanza, della politica, del-lo spettacolo, con le mogli, con le fidan-zate, con le compagne ufficiali. In partico-lare il sabato sera luogo di ricreazione fami-

gliare con qualchebrivido di tra-

sgressione inquello spet-tacolo di

mezza-

n o t t ein cui le

calze a retedelle balleri-ne e l’ultimo

atto dello spo-gliarello – con il

reggiseno che ca-

deva lasciando in mostra i capezzoli protetti dastelline di cartone argentato – facevano la pec-caminosa differenza con l’abbigliamento ca-stigato del varietà televisivo. Quella sorta diAgorà coi lustrini terminava all’una.L’orchestra continuava, con un ricambio dipubblico: nuove coppie, o mariti di ritornodopo aver accompagnato a casa consorti e pro-le. Luci più soffici, canzoni più sussurrate, ibisbigli e le risate delle entraineuses, i tappi

dello champagne, la sordina alla tromba, lespazzole ad accarezzare il rullante, i brani a gen-

tile richiesta, le mance al cantante, il bourbonofferto ai musicisti. Fino alle 2, per il secon-

do Floor Show, più intimo ma senza sostanzia-li infrazioni al comune senso del pudore. Poi an-cora musica, fino al saluto dell’ultimo habitué.Quindici minuti per sistemare gli strumenti nel-le custodie, per cambiare d’abito, per compila-re il borderò della Siae, e via nell’unica trattoriadisposta a rifocillare la fauna di quell’ora: piz-ze e sangria per malavitosi ed artisti. Così ognisera, per tutto l’anno, da settembre a maggio incittà, da giugno a fine agosto sull’Adriatico o sulTirreno.

IIll nniigghhtt--cclluubb nnaassccee nell’immediato dopoguerra,

musica

ALLE ORIGINI DI UN GENERE

IL FASCINO DISCRETO DEL NIGHT-CLUBdi Michele Bovi

Il locale notturno come stile di musica e di intrattenimento. Nasce nell’immediatodopoguerra e vive negli anni Cinquanta il suo periodo di maggior splendore: tra giocolierie spogliarelliste si formano generazioni di eccellenti musicisti, da Renato Carosone aLucio Battisti. Scuola di mestiere e anche di vita

Sotto, Bruno Quirinetta,© Giuseppe Palmas.

A destra, Riccardo Rauchi e Sergio Endrigo

QUELLI DELLA NOTTE/ 1

Le migliori formazioni italiane di Night-Club(1946-1959)

Orchestra Bruno QuirinettaOrchestra Tullio MobigliaTrio Stella con Bruno CanforaRenato CarosoneCosimo di CeglieFelice DaccòDante GallettaTino FornaiRoberto PregadioArmandino ZingoneOrchestra Tosoni Franco e i G5Marino Marini e il suo quartettoGastone Parigi e la sua orchestraRay MartinoCorrado LojaconoRenato SamboFranchino CamporealeDon Marino Barreto JuniorOrchestra Pippo StarnazzaRiccardo Rauchi e il suo complessoUmberto BenniLuciano FineschiFred Buscaglione e gli AsternovasEnzo CeragioliOrchestra PuleoPino SpottiSestetto Righi e SaittoBruno Martino e il suo complessoI CampioniGiovanni FenatiFranco BracardiTrio Tony De VitaI Quattro LorisToto RutaPiero GiorgettiFranco ZauliHenghel GualdiEddie CarusoRaul MagriniArmandino RosatiFred BongustoPeppino Di Capri e i suoi RockersMichelino e il suo complessoGian Costello I Rocky Mountains I Campanino Gene ColonnelloRenato SellaniNicola AriglianoMemo RemigiPiergiorgio Farina

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erede del tabarin: ospita la frenesia di dimenti-care e di ricominciare, contagiato fin dal nomedalla lingua dei vincitori. Americano è il grossodel repertorio musicale, americani sono i mo-delli Cole Porter, Count Basie, Glen Miller, LouisArmstrong; americanizzati sono i nomi di mol-ti nostri musicisti: pullulano i Frank, i Fred, iTony, i Joe, i Jack. È il 1946. Il primo caporchestra re del night-clubitaliano si chiama Bruno Quirinetta, veneziano,alla guida di un complesso di sette elementi.Quirinetta canta e soprattutto anima le serate:

coinvolge il pubblico come soltanto i più popo-lari crooner americani riescono a fare. Stardust,Laura, Bahia Granada, Le Feuilles mortes, maanche Munastero ‘e Santa Chiara e Torna aSurriento sono i suoi pezzi da bis. Resterà il piùricercato per almeno 10 anni, stabilendo unasvolta anche per l’organizzazione del lavoro: è luia inventare il non-stop musicale che aboliscel’interruzione di 10 minuti ogni 3 pezzi. Scrivecanzoni ed incide dischi, il più famoso è dedi-cato alla sua Venezia: Vecio gondolier. I più ac-creditati colleghi di Quirinetta in quel primo pe-

riodo sono Cosimo Di Ceglie, Felice Daccò, DanteGalletta, Tino Fornai, Tullio Mobiglia, RobertoPregadio, il Trio Stella con Bruno Canfora,Armandino Zingone. I capi orchestra scrittura-no i musicisti attingendo nei gruppi jazz, nel-l’orchestra Ferrari che già da prima e durante laguerra ha suonato nei varietà trasmessi dalla ra-dio, nelle bande dei paesi per reclutare i fiati. Nel 1946 un orchestrale di night-club guadagnaattorno alle 400 lire per sera, ma la moda del lo-cale notturno è in rapida espansione come ilmercato del lavoro e anche le paghe dei suona-

musica

tori lievitano in fretta. Gli anni d’oro del night-club sono quelli del boom economico: iCinquanta e i primi Sessanta, finché il fenome-no beat lo spazzerà via dal 1965 in poi. Il killerdel night-club si chiamerà Dancing, quando i fa-retti stroboscopici di Piper, Titan, Vun Vun eBang Bang debiliteranno le postdannunziane in-segne di Astoria, Capriccio, La Porta d’Oro,Pipistrello, El Marocco, Maxim’s, Rangio Fellone.

RRaaff MMoonnttrraassiioo, il musicista che ha aperto que-sto racconto, è stato un protagonista degli annid’oro “bainait”. Studia violino e contrabbasso,ma passa presto alla chitarra per debuttare co-me professionista nel 1953 in una delle forma-zioni più quotate, l’orchestra di ArmandinoZingone. Raf ha una chitarra Mogar, fabbricatain Italia dagli importatori della Gibson che uti-lizzano gli stessi magneti dello strumento ame-ricano; anche l’amplificatore è made in Italy: unBinson costruito a Milano. “La moda di Fendere Gibson, degli amplificatori Vox e Marshall pre-se piede anni dopo, con il rock e poi con il beat– spiega Montrasio – così come i batteristi ita-liani, prima che si imponesse Ringo Starr, pre-ferivano alla Ludwig prevalentemente strumen-ti Premier o Gretsch”. Non esiste ancora la ta-stiera: ogni locale ha un pianoforte e nemmenoesiste il basso elettrico, c’è il contrabbasso abi-tualmente affidato ad un musicista “farlocco”. “Sì, il contrabbassista nell’orchestra da night-club era uno che faceva soltanto finta di suona-re – ricorda Montrasio –. In compenso posse-deva una bella voce. Siccome i proprietari dei lo-cali storcevano il naso nell’iscrivere a libro pa-ga un elemento che si limitasse a cantare, i capiorchestra avevano escogitato l’abbinamento conil contrabbasso, che non veniva microfonato. Poiper i dischi si ingaggiava un turnista: in quellidelle mie orchestre ero io a suonare sia la chi-tarra che il contrabbasso”. Gli altri, però, eranomusicisti provetti. “Magari non virtuosi dellostrumento – osserva Montrasio – ma era fonda-mentale che sapessero leggere la musica a pri-ma vista. Perché bisognava accompagnare i nu-

QUELLI DELLA NOTTE/ 2 I migliori Night-Club italiani (1946-1959)

ROMA

84 da OlivieroRupe Tarpea Belvedere delle Rose (estivo della Rupe Tarpea)Il PipistrelloIl CapriccioCabalaOpen GateL’Angolo di RomaCasina delle RoseGrotte del Piccione Taverna degli Artisti

MILANO

AstoriaPorta d’OroEl MaroccoLe RoiMaxim’sCapriceLa Punta dell’Est

NAPOLI

ShakerLloydMiramare

ISCHIA

Rangio FelloneIl Rosso e il Nero

CAPRI

Il PipistrelloIl Gatto BiancoCagliostroNumber Two

ANACAPRI

Antenna Verde

FIRENZE

River ClubIl Pozzo di Beatrice

VIAREGGIO

Caprice

MARINA DI PIETRASANTA

La BussolaCarillon

FORTE DEI MARMI

La CapanninaLa Caravella

RONCHI DI MASSA

Oliviero

TORINO

L’Arlecchino Le RoiChatham Bar

GENOVA

Il Carillon (Paraggi)

SANTA MARGHERITA LIGURE

Barracuda Covo di Nord-Est

SANREMO

Night-Club del Casinò

RIMINI

EmbassyLady Godiva

RICCIONE

Savioli

CESENATICO

La CaravellaLa Stalla

VENEZIA

Martini ScalaLido del CasinòLa Perla

CORTINA

Cristallino

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Nella pagina a sinistra, laformazione di Renato Carosone. Sotto, i Campioni al Festival di

Trani 1964 con Lucio Battisti

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meri di attrazione: i balletti, gli spogliarelli e tut-te le altre esibizioni erano orchestrati dal vivo.Il play-back era un termine blasfemo. E c’era sem-pre poco tempo per le prove: l’artista consegnavaai suonatori gli spartiti e via maestro col sottofon-do. I repertori poi erano sì catturati dai dischiamericani, latini, francesi, ma ogni caporchestraarrangiava il brano alla propria maniera, pertan-to la musica era tutta scritta, anche per i batteri-sti, guai a sottovalutare una biscroma”. Nel 1957 Montrasio entra a farparte del complesso diRenato Carosone, che equi-vale all’ingresso nella storia.Un balzo in avanti conferma-to anche dallo stipendio: conArmandino Zingone il chitar-rista guadagnava 1.800 lire persera, con Carosone la paga quo-tidiana schizza a 15 mila lire.

CCaarroossoonnee èè ddeell 11992200, pianistadiplomato al Conservatorio diNapoli, già forte di un lustrod’anni di esperienza nei locali diAddis Abeba, tornato in patriaaveva creato nel 1949 un trio conil chitarrista olandese Peter VanWood e il batterista Gegè DiGiacomo. Poi Van Wood decide dilavorare in proprio, forma un suogruppo, compone ed incide brani de-liziosi come Butta la chiave e diventauna voce e una faccia popolare di ra-dio e Tv, restando un protagonista neicalendari dei night-club della peniso-la. Ma Carosone nella seconda metà deiCinquanta è famosissimo. Con l’ingag-gio di Montrasio alla chitarra la forma-zione vede al piano sua maestà Renato, confer-mato alla batteria Gegè Di Giacomo, ai sax TonyGrottola e Gianni Tozzi, con Aldo Pagani che suo-na vibrafono e marimba e Piero Giorgetti checanta e nel rispetto della tradizione fa finta disuonare il contrabbasso. “Il 1957 fu l’anno trion-fale di Torero – racconta Aldo Pagani, classe 1932,

originario di Saronno come il collega Montrasio–. La canzone era stata scritta per una tournée inSpagna ma spopolò in Italia come in tutto il mon-do, tradotta in una decina di lingue. Carosonevolle aggiungere alla sua musica il suono esoti-co della marimba: per questo venni ingaggiatoio. Provenivo da un trio di night-club conTony De Vita e MarcelloMinerbi:

suonavamo all’Astoria diMilano. Mi ritrovai un mese dopo con

Carosone alla Carnegie Hall di New York”. Toreroscalò il vertice della hit parade statunitense eCarosone fece da apripista all’exploit dell’annosuccessivo di Domenico Modugno, “MisterVolare”. La popolarità planetaria di Carosone era altresìseconda, soprattutto in Europa, a quella di un’al-

tra formazione italiana da night-club, l’orche-stra di Marino Marini. “A Parigi con Carosonesuonammo all’Alhambra, ribalta di assoluto pre-stigio, ma eravamo la ‘vedette americana’, ovve-ro la seconda orchestra : in primo piano c’era lacantante Zizi Jammaire – racconta Raf Montrasio

–. Negli stessi giorni l’orchestra Marini eral’attrazione numero uno dell’Olympia, iltempio mondiale dello spettacolo”. MarinoMarini (1924-1992), originario di Grossetoma romagnolo di adozione, è celebre inFrancia come in Olanda, in Giappone co-me in Germania. Suona nei night-clubdal 1948, ma collabora anche con RenatoRascel nella composizione delle musi-che delle sue riviste. Mentre il reper-torio di Carosone è principalmented’impronta personale, con brani na-poletani arrangiati in assonanze su-damericane, quello di Marini è un au-tentico compendio di musica danight-club: vastissimo, rigorosa-mente ballabile, ricco di cover ita-liane universali come Guaglione ePiove o straniere come Itsy Bitsydi Brian Hyland trasformata consuccesso in Pezzettini di bikini, iltutto confortato da una produzio-ne personale con canzoni cele-brate in patria ed esportateovunque come La più bella delmondo, Non sei mai stata cosìbella, inclusi astuti brani-pas-saporto quali Tel Aviv e Amore

a Palma di Mallorca.

CCoossìì ccoommee llaa ffoorrmmaazziioonnee di Carosone, in cui ilbatterista Gegè è conosciuto almeno quanto ilcaporchestra, anche quella di Marini gode di am-pia visibilità televisiva. La voce solista è RuggeroCori – col solito contrabbasso afono – poi sosti-tuito da Vito Benvenuti; Marini è il pianista esuo cognato Angelo Piccarreta suona la batteria;alla chitarra c’è Toto Savio poi rimpiazzato daBruno Guarnera. “In Italia eravamo l’orchestrada night-club per eccellenza, all’estero degli au-

musica

Sotto, Fred Buscaglione con lamoglie Fatima Robin’s.

© Giuseppe Palmas

tentici divi – racconta Bruno Guarnera, classe1939, bolognese – nello stadio di Mosca suonam-mo davanti a 100 mila spetttatori. A Londra nel1960 venne ad accoglierci all’aeroporto una Roll-Royce scoperta e nel tragitto fino all’hotel fum-mo acclamati da una folla che avremmo rivistosoltanto anni dopo, nei filmati dei Beatles”. Vadetto che lo stesso Paul McCartney ha racconta-to che quando i Beatles, all’epoca sconosciuti,suonavano ad Amburgo, appena possibile anda-vano ad assistere alle esibizioni nel night-clubpiù esclusivo della città dell’orchestra di MarinoMarini, che peraltro ritenevano di nazionalitàspagnola.Per tutti gli artisti di night-club la periodica tra-sferta all’estero era una consuetudine consoli-data. Rientrava nella norma sancita dagli impre-sari che coniugavano il ruolino di marcia delleorchestre con la programmazione dei circa 300locali italiani e il circuito internazionale, com-preso il calendario delle navi da crociera. Anchela figura dell’impresario dell’orchestra da night-club nasce nell’immediato dopoguerra: inizial-mente si chiama procuratore di artisti, poi an-che il suo nome si allinea al dizionario anglosas-sone e diventa manager. Le agenzie più attive ne-gli anni d’oro del night-club sono le romaneTagliaferri, Minasi e Gerini; le milanesi Berri,Sabbatucci e Scaffidi: la modenese Bernabei; lasanremese Valdinoci; le fiorentine Moschini eBentivoglio.

PPiieerroo BBeennttiivvoogglliioo,, ccllaassssee 11992200, è originario diSiena. Durante la guerra è il pianista del com-plesso Millepiedi: suonano nei circoli rionalifiorentini, nei dopolavoro del pubblico impie-go. Poi arrivano gli americani, vogliono music-and-dance e ai Millepiedi non di rado capita diesibirsi nello stesso giorno anche in tre posti di-versi, piste da ballo ricavate nelle sedi della RedCross, della Military Police, negli alberghi re-quisiti dalle forze alleate. Scoppia la pace con lasmania di oblio e svago, debutta l’avventura deilocali notturni e i Millepiedi trasferiscono stru-menti e repertorio nel Pozzo di Beatrice, primonight-club fiorentino. “Suonavamo anche per

Radio Firenze, diretta da SilvioGigli – ricorda Bentivoglio –. Mimancavano tre esami alla laurea inScienze politiche ma gettai gli studialle ortiche per l’orchestra di cui eroanche il manager. Poi, nel 1948, per ra-gioni di salute lasciai il pianoforte e co-

minciai a dedicarmi esclusivamente al lavorod’agenzia. Sono stato il manager di tutti i miglio-ri artisti italiani e posso affermare che tutti i piùgrandi sono nati o cresciuti nel night-club. Fuitra i primi a scommettere su Sergio Endrigo. Erail 1955, lo incontrai a Venezia e lo scritturai perl’Orchestra di Vittorio Buffoli: 2 cantanti, Sergiovoce e contrabbasso, e Fred Bongusto voce e chi-tarra. Due galletti di razza che riuscii a far con-vivere e a portare in trasferta a Beirut, dove al-l’epoca operavano i night-club più all’avanguar-

dia del mondo. Le paren-tesi all’estero erano fon-

damentali per gli artisti:equivalevano a corsi di

aggiornamento, siconfrontavano con la

realtà e la musica e iritmi internaziona-

li. Al ritorno rin-novavano mezzorepertorio e frig-

gevano di entusiasmo.Inoltre all’estero si guadagnava

di più che in Italia e i nostri corrispon-denti di agenzia coadiuvavano con attenzione leorchestre dal momento della sistemazione logi-stica a quello del versamento dei contributi”. Al ritorno da Beirut i “galletti di razza” Sergio eFred si dividono. Sergio Endrigo (Pola, 1933-2005) è ingaggiato come cantante (col solito con-trabbasso a seguito) nella formazione di RiccardoRauchi (Roma, 1920-1982) eccellente sax con-tralto che prima di affermarsi come titolare diuna delle orchestre più rinomate del night-clubitaliano aveva militato nel complesso di Carosone.Fred Bongusto (Campobasso, 1935) entra a farparte in veste di cantante-chitarrista dei QuattroLoris; il leader è il pianista Loris Boresti, vec-chio amico di Endrigo di cui diventerà succes-sivamente l’accompagnatore musicale. “ConobbiSergio nel 1952 – racconta Loris Boresti, classe1927, veneziano – me l’aveva segnalato ItaloDonaggio, pluristrumentista padre di Pino.Lavorammo assieme anche in quello che vie-ne considerato il capostipite dei night-clubitaliani, il Martini Scala di Venezia, negli an-ni Trenta ardito ed elegante tabarin, predilet-to da Gabriele D’Annunzio. Sergio era perfet-to per il night-club: repertorio inglese, fran-cese, sudamericano, testi autentici e non lin-gue maccheroniche come molti usavano azzar-dare in quell’epoca. Nel 1959 gli proposi di tor-nare a suonare assieme. Mi rispose che avevadeciso di restare a Milano, per tentare la car-ta discografica. Fece la cosa giusta e dieci an-ni più tardi mi volle come suo pianista”.

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Marino Marini, Bruno Guarnera

e Jack La Cayenne

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NNeellllaa sseeccoonnddaa mmeettàà degli anni Cinquanta ilnight-club italiano vive la fase di più intensa lu-minosità. I locali di prima scelta sono una cin-quantina, almeno 200 quelli di seconda, più al-tri cinquanta postacci spennaclienti. Tutti han-no bisogno di orchestre e i night-club rinomati– e quelli che aspirano a diventarlo – ne richie-dono 2 per sera. C’è la prima orchestra e quelladi spalla adibita ad accompagnare i numeri delFloor Show: mai un attimo di pausa, nemmenoper il cambio dei musicisti che effettuano il pas-saggio di consegne sulle note di Blue Moon, suo-nata in Do maggiore o in Mi bemolle se una del-le due orchestre schiera fiati.Il reclutamento dei musicisti, che cambiano spes-so soprattutto a causa della ferma militare, di re-gola avviene in tre luoghi atipici: la Galleria delCorso di Milano, la Galleria Colonna di Roma, laGalleria Umberto di Napoli.A Quirinetta, Armandino, Carosone, Van Wood,Marini, a Rauchi, che ha sostituito al microfonoSergio Endrigo con Riccardo Del Turco (cogna-to di Endrigo), nell’empireo del night-club, s’èaggiunta da tempo un’orchestra specializzata in

musica sudamericana: il sestetto di Franco e iG5, il cui leader Franco Rosselli, batterista e can-tante fiorentino, contende a Quirinetta la famadi irresistibile trascinatore di platee. È inveceeffettivamente cubano Don Marino BarretoJunior (1925-1971) che diventa stella del nostronight-club e beniamino del pubblico televisivoitaliano. È leccese Ray Martino, il nostro esecu-tore più ferrato sul repertorio nordamericano;è torinese Luciano Fineschi, trombonista appas-sionato di Glen Miller. Torinese è anche FredBuscaglione, il più originale ed innovativo degliartisti del genere. Buscaglione (1921–1960) hauna solida preparazione musicale, suona diver-si strumenti e sfoggia voce e stile personalissi-mi. I brani del suo repertorio sono per lo piùcomposti da lui assieme a Leo Chiosso, parolie-re ed amico inseparabile. “Non era il repertorioun po’ impersonale tipico del night-club, ben-sì un abito di brani cucito a misura sul suo per-sonaggio e la gente inizialmente mostrava di nonapprezzare appieno il temperamento di questoeccezionale showman – racconta PieroBentivoglio, che fu manager di Buscaglione –.

Una sera a Santa Margherita Ligure sfogò con metutta la sua amarezza per l’incomprensione delpubblico: voleva smettere. Fu la televisione adaiutarlo: il piccolo schermo dava l’adeguato ri-salto alla sua esilarante maschera di duro, allesue canzoni esplosive con quei testi spassosi eunici. E i night-club, con Fred e gli Asternovas,cominciarono a fare il tutto esaurito”. NegliAsternovas militano Giulio Libano alla tromba,Giorgio Giacosa al sax, Berto Pisano al contrab-basso, Franco Pisano alla chitarra, Piero Silvestrialla batteria e Carletto Bussotti al piano (poi so-stituito da Dario Arrigotti).

LLee iinnccoommpprreennssiioonnii lamentate da Buscaglioneerano in realtà fisiologiche alla natura del night-club, un luogo dove il pubblico andava per dan-zare, per incoraggiare un approccio tenero, perflirtare. Da guardare c’era soltanto il Floor Show,i numeri dei fantasisti, lo strip-tease, le balle-rine, ma l’orchestra non era uno spettacolo a cuiassistere da seduti, era musica da ballo. E que-sto non significava indifferenza nei confrontidegli artisti: un guancia-a-guancia mentre BrunoMartino cantava Baciami per domani era consi-derato per tutto il suo valore.Bruno Martino (1925-2000), originario di Roma,esordisce come pianista jazz. Nel 1944 vienescritturato dall’orchestra della Rai diretta daPiero Piccioni. Ma il suo indirizzo artistico è ilnight-club. E va all’estero ad acquisire pratica.Suona e canta per una decina di anni nei localinotturni del Nordeuropa, poi torna in Italia conun bagaglio di esperienza impareggiabile chemette a frutto grazie a un timbro di voce suaden-te e alla genialità di comporre brani in osmosicon l’atmosfera del night-club. Lo stile di Martinoè sostanzialmente emblematico del genere: in-confondibile ma per nulla invadente. Misurato.“Bruno Martino, Fred Bongusto e Peppino DiCapri erano i re del night-club. È un luogo co-mune, che per quanto mi riguarda non corri-sponde a verità – osserva Peppino Di Capri, clas-se 1939 – Martino lo era a tutti gli effetti. Io in-vece ho vissuto per pochissimo tempo l’ambien-te del night-club. Ho debuttato nel 1953 alNumber Two, poi ho suonato al Gatto Bianco, en-trambi a Capri. Nel 1956 feci la mia prima appa-rizione in Tv e da quel momento ho cambiato ge-nere: più attrazione che orchestra da night.

musicaSotto, Roby Matano,

coporchestra de I Campioni

Preferivo avere gli occhi del pubblico puntati sudi me, anche se ciò comportava un impegno mag-giore. O, comunque, un impegno diverso.L’orchestra da night aveva orari più lunghi di la-voro, in compenso poteva concedersi qualchedisattenzione: una stonatura, una stecca scivo-lavano via senza suscitare disappunto”. Rare le presenze femminili nelle orchestre. Duesu mille. C’è Fatima Robin’s, moglie diBuscaglione, che si afferma come cantante. Fredaveva conosciuto Fatima Ben Embarek, origina-ria del Marocco, nel corso di una scrittura pres-so un night-club di Lugano, il Cecile. Lei si esi-biva in numeri di acrobazia e contorsionismo nelTrio Robin’s. E c’è Wera Nepy, lombarda, rossadalla voce potente e sensuale, moglie di PaoloCazzaniga, proprietario di uno dei night-club piùin voga a Milano: El Marocco.

EEppppuurree llaa ddoonnnnaa è protagonista assoluta in quelgenere di intrattenimento, di cui l’erotismo èl’essenza superiore. Il Floor Show, lo spettacoloche interrompe le danze, è l’apoteosi del richia-mo sessuale. Sessanta minuti, tra numeri di co-mici, fantasisti, ballerine e – perla nell’ostrica –lo strip-tease. Le vedette internazionali che han-no fatto dello spogliarello un’Arte si chiamanoMiss Fortunia, Rita Cadillac, Vera Little, IdaFrascati, Carolina Von Sirowetz, Rita Renoir, Dodod’Amburgo. “Erano numeri di inappuntabile ele-ganza, mai una caduta di stile, bandito ogni in-dizio di volgarità. Altroché cubiste di oggi!” rac-conta Jack La Cayenne. Alberto Longoni, classe1937, originario di Giussano, debutta ragazzinonel 1952 all’Embassy di Milano come ballerino-comico: guadagna mille lire per sera. È figlio diun bravo musicista e a sua volta suona il violino.Ma soprattutto ha un corpo e un viso duttili co-me la gomma. Lui cammina e tu ridi. Con il no-me d’arte di Jack La Cayenne fa ripetutamente ilgiro del globo, è tra i comici più richiesti neinight-club di tutto il mondo. “Il Floor Show ini-ziava con il balletto, il più prestigioso era quellodelle Bluebelles,, ragazze che una scuola di Londrasfornava periodicamente: tutte uguali, alte 1.80,poco seno, occhi magnetici e gambe lunghe – ri-corda Jack La Cayenne –, poi venivano un paio difantasisti, un giocoliere come lo spagnolo Brumo un illusionista come il californiano ChanningPollock; seguiva il numero di arte varia, come le

Rudas Dancers, danzatrici acrobatiche australia-ne o Tum-Tum il nano cantante portoricano; poic’era il mimo-comico, come me o il franceseGerard Satie o l’inglese Dave Parker. E infine l’at-tesissimo strip-tease, otto minuti di ipnotismoincandescente. La più incantevole? Dodod’Amburgo nel numero della vedova nera. Il bal-letto tornava per chiudere lo spettacolo”.A gestire calendari e ingaggi delle vedette inter-nazionali erano principalmente tre agenzie diMilano: quelle degli impresari Sacchi, Vivaldi edei fratelli Schiavoni. Ma molti tra i proprietaridei night-club più prestigiosi si adoperavano an-che in veste di manager. Come Angelo Rosolino,patron dello Shaker di Napoli, il primo a crede-re in Carosone e Van Wood, o Lino Cruciani ti-tolare della Rupe Tarpea di Roma, che ospitò alungo due giovanissimi chansonniers francesi:Gilbert Bécaud e Charles Aznavour.

UUnnaa cciinnqquuaannttiinnaa di night-club di serie “A”, ol-tre duecento di serie “B”, altri non classificati.“La differenza la faceva l’ambiente, le entraineu-ses innanzitutto. Discrete, quasi invisibili finoa notte fonda nei locali alla moda; evidenti se nonaddirittura impetuose via via che la qualità di-minuiva – racconta Roby Matano, caporchestradei Campioni –. Non accadeva altrettanto con gliartisti. Anche nei night-club più modesti suo-navano orchestre inappuntabili, perché i clien-ti delle ultime ore, nottambuli dai mestieri in-definiti e dai portafogli gonfi, pertanto autore-voli agli occhi del proprietario, avevano gusti raf-finati in termini di musica. Al padrone, in tuttaEuropa, erano concessi tre giorni per confer-mare l’orchestra o protestarla ”. Roby Matano, nato nel 1934 a Cisterna di Latina,,diventa il cantante dei Campioni nel 1958, pre-ceduto da Tony Dallara e da Corrado Lojacono.È un complesso di rango, uno dei pochi ad affac-ciarsi alla ribalta televisiva de Il Musichiere diMario Riva. Dal 1958 al 1965 Roby Matano e iCampioni sono orchestra stabile per tre mesil’anno nel night-club del Casinò di Sanremo. Nel1963 entra a far parte del complesso un nuovochitarrista, Lucio Battisti, sostituisce il jazzistaNino Grassi. “Lucio aveva già fatto esperienza dinight-club suonando nell’orchestra di Leo diSanfelice – ricorda Matano –, con lui debuttam-mo alla Rupe Tarpea di Roma poi partimmo per

un lungo contratto in Olanda. Il night è stata unascuola determinante nella formazione artisticadi Battisti come per tanti altri musicisti dell’e-poca, divenuti in seguito famosi, come i piani-sti Enzo Jannacci e Memo Remigi, il chitarristaGiorgio Gaber, i cantanti-bassisti Riccardo DelTurco e Gigi Proietti”. Il night-club è pratica di mestiere e di vita, è la-voro continuativo e decorosamente remunera-to, ma è anche esercizio di faticosa routine. “Lalamentela che circolava solitamente era: io so-no un artista, ma conduco un’esistenza da im-piegato, con l’aggravante di vivere in antitesi coimiei simili: lavoro di notte e dormo di giorno –racconta Riccardo Del Turco, fiorentino, classe1941 –. Quella dell’orchestrale di night-club inbuona sostanza era un’attività di servizio, da al-truisti. Per sua natura l’artista necessita di di-versa gratificazione. Esibirsi mentre le coppieballano, si corteggiano, si baciano per molti eramortificante. Per questo tanti colleghi al night-club preferivano le feste di piazza, nei paesi, o lebalere: meno continuità ma più visibilità”.

IIll ccoommpprroommeessssoo lo escogita Sergio Bernardinicon La Bussola di Focette a Marina di Pietrasanta:nasce come night-club ma si trasforma presto inelegante salotto di attrazioni. Inaugurato nel 1955con il Trio Carosone, il locale divide la serata indue momenti: quello del ballo con l’orchestra dibase e quello della vedette, che non è soltanto ilnumero di varietà internazionale bensì anche ilcantante da ascoltare e guardare, da seduti. Quipassano tutti, da Ella Fitzgerald a Ginger Rogers,da Marlene Dietrich a Josephine Baker, da JulietteGréco a una esordiente Mina. E la Bussola restaper dieci anni il sogno di tutti i musicisti: un pal-co vero, simile a un teatro, con un pubblico che tigiudica, applaude e fischia.Con gli anni Sessanta, il rock, il beat, i locali daballo, pomeridiani e notturni, si moltiplicano incittà e nelle località di villeggiatura. Il generenight-club resiste fino a metà decennio poi è co-stretto al bivio: conversione o chiusura.Scompaiono i Floor Show, le entraineuses, ar-rivano i capelloni: un ragazzo su 30 strimpellauno strumento, uno su cento diventa musicistaper diletto. E finalmente i bassisti hanno l’am-plificatore acceso e suonano sul serio. Anche sepiù nessuno sa leggere lo spartito.