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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” Dipartimento di Fisiologia Umana e Farmacologia ‘Vittorio Erspamer’ Tesi sperimentale Dottorato di Ricerca in Tossicologia XXII ciclo (11131) Sostanze volontariamente aggiunte agli alimenti. Criteri e metodi per la valutazione della esposizione nella popolazione italiana attraverso la dieta. Relatore: Candidato Chiar.mo Prof. Dr. Marco Guidotti Maura Palmery Correlatore: Dr. Paolo Stacchini ANNO ACCADEMICO 2009-2010

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

“LA SAPIENZA”

Dipartimento di Fisiologia Umana e Farmacologia ‘Vittorio Erspamer’

Tesi sperimentale

Dottorato di Ricerca in Tossicologia

XXII ciclo (11131)

Sostanze volontariamente aggiunte agli alimenti.

Criteri e metodi per la valutazione della esposizione

nella popolazione italiana attraverso la dieta.

Relatore: Candidato Chiar.mo Prof. Dr. Marco Guidotti Maura Palmery Correlatore: Dr. Paolo Stacchini

ANNO ACCADEMICO 2009-2010

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Indice

Scopo della tesi 3

Aspetti generali 4

La legislazione comunitaria degli additivi alimentari 7

Classificazione degli additivi alimentari 12

Gli agenti antimicrobici 14

Criteri di valutazione tossicologici che precedono l’impiego 16

Aspetti tossicologici 19

Valutazione dell’assunzione alimentare dell’acido benzoico, dell’anidride solforosa e degli edulcoranti sintetici

25

Studi sul consumo alimentare 26

Dati antropometrici della popolazione italiana 27

Materiali e metodi 28

Metodi di analisi 30

Preparazione dei campioni 33

Principio del metodo per i benzoati 36

Principio del metodo per i solfiti 39

Principio del metodo per l’aspartame 41

Principio del metodo per l’acesulfame 42

Risultati e valutazioni dell’intake 44

Discussione e conclusioni 58

Bibliografia 60

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Scopo della tesi La presenza di additivi nei prodotti alimentari, regolamentata a livello comunitario, è fondata

sul principio della verifica di innocuità delle sostanze utilizzate.

Al fine di verificare le condizioni di sicurezza degli additivi alimentari è stato definito l’obbligo

di procedere a studi per valutare l’esposizione della popolazione a tali sostanze al fine di

individuare eventuali problemi di ordine sanitario.

Una task di Cooperazione Scientifica della UE ha definito alcuni criteri armonizzati per la stima

delle assunzioni di additivi con la dieta (2000) e successivamente una relazione della Commissione

Europea (2001) ha identificato le sostanze che necessitano, in via prioritaria, di metodologie di

stima più raffinate.

In questo contesto è stato strutturato questo studio che prevede la determinazione dei livelli di

presenza di acido benzoico, solfiti ed edulcoranti artificiali negli alimenti attraverso la messa a

punto ed ottimizzazione dei metodi di analisi nelle diverse matrici alimentari e la successiva

valutazione della esposizione della popolazione generale e dei segmenti di popolazione più

vulnerabili (bambini, adolescenti) mediante metodi di combinazione binari tra dati di consumo e

livelli di presenza degli additivi con descrizione delle distribuzioni relative ai diversi alimenti che

contribuiscono all’assunzione totale.

L’acido benzoico è stato scelto a in funzione della sua potenziale intrinseca tossicità (ADI 5

mg/kg pc/die) e di una normativa comunitaria che ha esteso il suo utilizzo in molti alimenti

consumati preferibilmente da bambini ed adolescenti (bevande analcoliche).

I solfiti sono stati selezionati per la grande diffusione di impiego in diversi gruppi di alimenti

grazie alle caratteristiche multifunzionali dell’additivo (antimicrobico ed antiossidante) , alla bassa

ADI (0.7mg/kg pc/die), e alle sue potenzialità allergizzanti (i solfiti sono compresi nell’elenco degli

allergeni previsti dalla normativa comunitaria).

Gli edulcoranti costituiscono una categoria funzionale particolare; la possibilità di libero

impiego nelle produzioni di alimenti e bevande ha determinato negli ultimi 10 anni un crescente uso

di tali sostanze. Attualmente gruppi di alimenti (prodotti di confetteria, chewing-gum e parte delle

bevande analcoliche) sono presenti sul mercato quasi esclusivamente come alimenti nei quali lo

zucchero è sostituito da edulcoranti artificiali.

Obiettivo dello studio è l’individuazione di eventuali situazioni di rischio correlate all’uso di

tali additivi nelle produzioni alimentari e la definizione di un criterio metodologico di stima delle

esposizioni a sostanze potenzialmente tossiche presenti negli alimenti eventualmente trasferibile ad

altre problematiche analoghe (aromi, coloranti).

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Aspetti generali Nell’ambito delle attività di valutazione del rischio, con riferimento ai livelli di sicurezza delle

sostanze chimiche utilizzate nella produzione degli alimenti, l’esposizione della popolazione a tali

sostanze riveste un ruolo di particolare importanza.

Nel corso degli ultimi anni si sono evidenziate notevoli difficoltà nell’individuazione di un

percorso metodologico che garantisse, allo stesso tempo, affidabilità dei dati ed adeguato livello di

protezione dei consumatori. In particolare, l’ultimo programma-quadro delle attività di ricerca

europee (VII Programma UE) ha individuato nella esposizione della popolazione agli additivi

alimentari uno dei punti fondamentali su cui sviluppare la ricerca. Questa si basa essenzialmente sul

monitoraggio delle sostanze sottoposte a valutazione nel territorio dell’Unione Europea in modo

tale da raccogliere ed elaborare i dati forniti dai vari stati nazionali.

L’utilizzo di sostanze volontariamente aggiunte, durante le fasi di preparazione e produzione

degli alimenti, è uno dei principali motivi di interesse tecnologico, nutrizionale e sanitario nel

settore alimentare.

Nel corso degli ultimi anni, le mutate condizioni di vita e la conseguente modifica delle

abitudini alimentari hanno determinato un crescente interesse nelle potenzialità di impiego di

sostanze finalizzate a migliorare le caratteristiche conservative, reologiche, strutturali degli

alimenti.

Gli additivi sono sostanze che possono essere aggiunte in una fase qualsiasi della preparazione

e trasformazione di un alimento e che, come tali o chimicamente trasformate, si ritrovano nel

prodotto finito, svolgendo azioni specifiche, tra cui: l’incremento della stabilità e conservabilità; il

mantenimento delle proprietà nutrizionali; il miglioramento delle qualità organolettiche; la

facilitazione dei processi produttivi e distributivi. Tra le diverse categorie di additivi, i conservanti

(antimicrobici) e gli edulcoranti sintetici rappresentano, per la loro importanza tecnologica e per le

loro implicazioni di carattere sanitario, quelle maggiormente studiate e sotto valutazione degli

organismi sanitari nazionali ed internazionali. Gli additivi sono regolamentati a livello comunitario

da Direttive che hanno reso questo settore interamente armonizzato in Europa e, ponendosi nel

mondo, come punto di riferimento più avanzato nel delicato settore della sicurezza alimentare.

Al fine di garantire la salute dei consumatori, è stato istituito l’obbligo per i paesi membri di

procedere periodicamente alla stima della esposizione della popolazione agli additivi

tossicologicamente più significativi.

Gli alimenti sono preparati mescolando degli ingredienti per ottenere la migliore conservazione

possibile e per sfruttare le proprietà reologiche, caratteristiche di ogni preparato. Queste pratiche

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sono state utilizzate anticamente per legare fisicamente tra loro gli ingredienti e per dare

all’alimento le caratteristiche organolettiche e di consistenza.

Nella pratica tradizionale ci sono varie azioni sfruttate nella preparazione di alimenti quali:

l’azione legante della lecitina dell’uovo per ottenere la maionese, l’azione antibatterica del sale per

conservare il pesce e le carni, l’azione acidificante dell’aceto per conservare le verdure, l’azione

antimicrobica dello zolfo nel vino per evitare ossidazioni. Questi esempi ci fanno capire quanto

antica sia la storia degli additivi alimentari, l’uomo ha sempre cercato di conservare i propri

alimenti e ha sempre cercato di ingannare i propri simili vendendo per buono un alimento in cattivo

stato di conservazione.

Alla fine del XIX secolo molte nazioni emanarono leggi e regolamenti sull’uso degli additivi

chimici, tesi a proteggere il consumatore finale dalle pratiche fraudolente e disoneste che miravano

a vendere prodotti deteriorati. Sono ancora vive nella memoria di tutti le truffe attuate dai venditori

all’ingrosso, che mescolavano la polvere di paprica al monossido di piombo, le ghiande ai chicchi

di caffè e la polvere di mattone al cacao.

Ad oggi, il sempre più elevato numero di sostanze chimiche, utilizzate o proposte come

additivi, ha imposto agli uffici governativi, che si occupano di salute pubblica, la responsabilità di

decidere se certe sostanze possono essere permesse ed usate nelle industrie alimentari. Di qui

l’esigenza di avere delle liste di sostanze “sicure” che possono essere impiegate senza un

ragionevole rischio per l’uomo.

Le abitudini alimentari sono cambiate, le materie prime internazionalizzate, le filiere si sono

allargate, le reti di distribuzione sono aumentate, e i prodotti alimentari immagazzinati richiedono

alti standard di conservazione. Il mercato richiede quindi una ampia diversificazione dei prodotti e

l’alimento preparato e conservato è sempre più presente nella dieta.

Il sistema produttivo ha dovuto dare una risposta tecnologica a queste nuove esigenze

garantendo le qualità organolettiche, nutrizionali, la stabilità e la sicurezza, caratteristica alla quale

il consumatore guarda oggi con attenzione.

Gli additivi alimentari sono uno di quei mezzi di cui dispone e si avvale la tecnologia

alimentare ed a cui fa ricorso, quando altre procedure fisiche o meccaniche non possono essere

applicate o risultano inefficaci.

L’assunzione, attraverso i cibi, da parte dell’uomo, degli additivi alimentari rappresenta un

motivo di particolare interesse dal punto di vista tossicologico e sanitario.

E’ per questo motivo che, nel 1952, l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha

costituito, congiuntamente alla F.A.O. (Food and Agriculture Organization of the United Nations),

un gruppo di esperti, chiamato JECFA (Joint FAO/OMS Expert Commitee on Food Additives), che,

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da allora, procede, ininterrottamente, alla valutazione delle varie sostanze che possono essere

impiegate quali additivi alimentari e, sulla base di accurati studi chimici e tossicologici, stabilisce

quali sono quelle che possono essere usate, secondo determinate modalità, senza che ne derivi

danno alla salute del consumatore.

A livello europeo, l’ EFSA (European Food Safety Agency), ha il fine di valutare i requisiti di

sicurezza dei prodotti alimentari. Nell’agenzia sono stati formati diversi gruppi di esperti di cui uno

ad hoc per la valutazione della sicurezza d’uso degli additivi alimentari.

La definizione di additivo alimentare è stata spesso usata ma poi rettificata perché non è facile

definire rigidamente le finalità, le azioni, le riserve e le garanzie coinvolte nell’uso di un additivo

alimentare.

Possono, in ogni caso, essere considerati additivi chimici quelle sostanze, prive di potere

nutritivo o impiegate a scopo non nutritivo, che si aggiungono, in qualsiasi fase di lavorazione, alla

massa o alla superficie degli alimenti, per conservarne nel tempo le caratteristiche chimiche,

fisiche o fisico-chimiche, per evitarne l’alterazione spontanea o per impartire ad essi, oppure per

esaltarne favorevolmente, particolari caratteristiche di aspetto, di sapore, di odore o di

consistenza.

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La legislazione comunitaria degli additivi alimentari Nella grande parte dei paesi vige una legislazione alimentare, per evitare ostacoli ai normali

scambi commerciali tra paesi, nel 1962, la comunità internazionale istituì il Codex Alimentarius,

cioè un codice di norme alimentari, riferibile a tutti i paesi.

In Italia, il DM del 1965, ha regolato gli additivi alimentari, più volte, integrato e modificato

fino al 1996, data in cui è stato abrogato definitivamente per recepire, nel nostro ordinamento, la

normativa comunitaria. Ad oggi, gli additivi alimentari risultano armonizzati sotto il profilo tecnico-

normativo con i paesi dell’Unione Europea.

Principio fondamentale su cui è costruita la normativa sugli additivi alimentari, è il criterio

della lista positiva, secondo il quale solo sostanze specificatamente autorizzate possono essere usate

nella preparazione degli alimenti. Il sistema autorizzativo, implicito nella lista positiva, che oggi

può sembrare ovvio, è stato il momento più innovativo e sanitariamente più rilevante nella storia

legislativa nazionale ed internazionale, in materia di alimenti.

Una sostanza per essere inclusa nell’elenco degli additivi autorizzati deve rispondere ad un

insieme di requisiti, il più importante dei quali è la non tossicità, valutata sulla base di tutte le

informazioni scientifiche disponibili, e una fondata esigenza tecnologica .

Il Regolamento 1333/2008/CE definisce norme relative agli additivi alimentari utilizzati negli

alimenti abroga e sostituisce le direttive 94/36/CE, 94/35/CE, 95/2/CE, modificando parte del

Decreto Ministeriale n. 209 del 27/02/1996, che recepiva queste direttive comunitarie. Il

Regolamento 1333 all’art.4 definisce negli allegati II e III gli additivi che possono essere utilizzati

nella preparazione degli alimenti. Tali liste non sono state pubblicate nel regolamento 1333, e

dovranno essere aggiornate dai paesi dell’unione armonizzandole con la classificazione che il

Codex Alimentarius prevede per gli additivi. Il regolamento 1333-2008 ha considerato che:

• la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un elemento fondamentale del mercato interno

e contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini, nonché ai loro

interessi economici e sociali;

• nell'attuazione delle politiche comunitarie è opportuno garantire un elevato livello di tutela

della vita e della salute umana;

• serve un armonizzazione dell'uso degli additivi alimentari nella Comunità, vale a dire l'uso

degli additivi alimentari negli alimenti oggetto della direttiva 89/398/CEE del Consiglio, del

3 maggio 1989, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i

prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare e l'uso di certi coloranti

alimentari per la bollatura sanitaria della carne e per la decorazione e la stampigliatura delle

uova. Il regolamento armonizza inoltre l'uso degli additivi alimentari negli additivi e negli

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enzimi alimentari, garantendone la sicurezza e la qualità e facilitandone lo stoccaggio e l'uso.

Esso non è mai stato oggetto di regolamentazione a livello comunitario;

• gli additivi alimentari sono sostanze che abitualmente non sono consumate in quanto tali

come alimenti, ma sono intenzionalmente aggiunte ad alimenti per uno scopo tecnico

descritto nel presente regolamento, ad esempio per la loro conservazione. Il presente

regolamento dovrebbe contemplare tutti gli additivi alimentari e, pertanto, l'elenco delle

categorie funzionali dovrebbe essere aggiornato alla luce del progresso scientifico e dello

sviluppo tecnologico. Tali sostanze non dovrebbero tuttavia essere considerate additivi

alimentari quando sono utilizzate per dare un aroma o un sapore o per fini nutrizionali, come

succedanei del sale, vitamine o minerali. Inoltre, le sostanze considerate alimenti che possono

essere utilizzate per una funzione tecnica, come il cloruro di sodio o lo zafferano utilizzato

come colorante, e gli enzimi alimentari non dovrebbero parimenti rientrare nell'ambito di

applicazione del presente regolamento. Tuttavia, le preparazioni ottenute da alimenti e gli

altri materiali di origine naturale, che sono impiegati affinché abbiano un effetto tecnologico

nell'alimento finale e sono ottenuti mediante estrazione selettiva dei componenti (per esempio

pigmenti) in relazione ai loro componenti nutritivi o aromatici, dovrebbero essere considerati

additivi ai sensi del presente regolamento. Infine, il presente regolamento non si applica agli

enzimi alimentari che sono oggetto del regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento

europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli enzimi alimentari;

• le sostanze non consumate in quanto tali come alimenti, ma utilizzate intenzionalmente nella

fabbricazione di alimenti, che sussistono soltanto come residui e non hanno alcun effetto

tecnologico nel prodotto finale (coadiuvanti tecnologici), non dovrebbero rientrare

nell'ambito di applicazione del presente regolamento;

• gli additivi alimentari dovrebbero essere autorizzati e utilizzati soltanto se soddisfano i criteri

stabiliti nel presente regolamento. L'uso degli additivi alimentari deve essere sicuro, deve

rispondere ad una necessità tecnologica e non deve indurre in errore i consumatori e deve

presentare un vantaggio per questi ultimi. I casi in cui il consumatore è indotto in errore

includono, tra l'altro, la natura, la freschezza, la qualità degli ingredienti impiegati, la

genuinità del prodotto o il carattere naturale del processo di produzione o la qualità

nutrizionale del prodotto, incluso il suo contenuto di frutta e verdura. L'autorizzazione degli

enzimi alimentari dovrebbe tenere conto di altri fattori pertinenti per la questione in esame,

tra cui i fattori sociali, economici, tradizionali, etici ed ambientali, il principio di precauzione

e la fattibilità dei controlli. L'uso e le quantità massime di un additivo alimentare dovrebbero

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tener conto del consumo di questo additivo a partire da altre fonti nonché dell'esposizione di

gruppi particolari di consumatori (ad esempio le persone allergiche) all'additivo in questione;

• gli additivi alimentari devono essere conformi alle specifiche approvate, le quali dovrebbero

comprendere dati che consentano di identificare adeguatamente l'additivo alimentare,

compresa la sua origine, e di definire i criteri accettabili di purezza. Le specifiche già definite

per gli additivi alimentari di cui alla direttiva 95/31/CE della Commissione, del 5 luglio

1995, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli edulcoranti per uso alimentare , alla

direttiva 95/45/CE della Commissione, del 26 luglio 1995, che stabilisce i requisiti di purezza

specifici per le sostanze coloranti per uso alimentare e alla direttiva 96/77/CE della

Commissione, del 2 dicembre 1996, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli

additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti dovrebbero essere mantenute

fintantoché gli additivi corrispondenti non saranno inclusi negli allegati del presente

regolamento. Le specifiche relative a tali additivi dovrebbero allora essere definite in un

regolamento. Tali specifiche dovrebbero riferirsi direttamente agli additivi figuranti negli

elenchi comunitari degli allegati del presente regolamento. Tuttavia, tenuto conto della

complessità di dette specifiche, per ragioni di chiarezza esse non dovrebbero essere integrate

come tali negli elenchi comunitari, ma essere oggetto di uno o più regolamenti distinti;

• alcuni additivi alimentari sono ammessi per usi specifici in determinate pratiche e trattamenti

enologici autorizzati. L'uso di tali additivi alimentari dovrebbe essere conforme al presente

regolamento e alle disposizioni specifiche della normativa comunitaria pertinente;

• un additivo alimentare già autorizzato in applicazione del presente regolamento e ottenuto

con metodi di produzione o che utilizza materie prime significativamente diversi da quelli

oggetto della valutazione dei rischi effettuata dall'Autorità, o diversi da quelli previsti dalle

specifiche, dovrebbe essere sottoposto ad una valutazione dell'Autorità. «Metodi

significativamente diversi» potrebbero implicare tra l'altro un cambiamento nel metodo di

produzione, con un passaggio dall'estrazione da piante alla produzione per fermentazione

mediante un microrganismo o la modificazione genetica del microrganismo originale, una

modifica delle materie prime o una modifica della dimensione delle particelle, anche

mediante l'uso delle nanotecnologie;

• gli additivi alimentari dovrebbero essere tenuti sotto osservazione continua e devono essere

sottoposti ad una nuova valutazione ogni volta che il mutamento delle condizioni del loro uso

e nuove informazioni scientifiche lo rendano necessario. Se del caso, la Commissione

dovrebbe prevedere, congiuntamente agli Stati membri, di adottare misure adeguate;

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• un additivo può, a meno che non sia oggetto di ulteriori restrizioni, essere presente in un

alimento non in quanto aggiunto direttamente ma in quanto contenuto in un ingrediente in cui

l'additivo era autorizzato, purché la quantità dell'additivo nell'alimento finale non sia

superiore a quella che sarebbe risultata dall'utilizzazione di detto ingrediente nelle condizioni

tecnologiche appropriate e in virtù di una buona prassi di fabbricazione;

• gli edulcoranti autorizzati a norma del presente regolamento possono essere usati negli

edulcoranti da tavola venduti direttamente ai consumatori. I relativi produttori dovrebbero

informare i consumatori con i mezzi appropriati per consentire loro di usare il prodotto in

modo sicuro. Queste informazioni potrebbero essere fornite secondo modalità diverse, fra cui

sulle etichette dei prodotti, sui siti Internet, mediante linee d'informazione destinate ai

consumatori o nel punto di vendita. Per assicurare che questa prescrizione sia adottata

secondo un approccio uniforme, possono essere necessari orientamenti da definire a livello

comunitario;

• per i motivi di efficacia, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo

dovrebbero essere abbreviati ai fini dell'adozione di talune modifiche degli allegati II e III

relative a sostanze che sono già state autorizzate in virtù di un'altra normativa comunitaria

nonché di qualsiasi misura transitoria appropriata relativa a tali sostanze;

• gli Stati membri devono effettuare controlli ufficiali per assicurare il rispetto del presente

regolamento conformemente al regolamento (CE) n. 882/2004;

• poiché l'obiettivo del regolamento, vale a dire stabilire norme comunitarie sugli additivi

alimentari, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque,

nell'interesse dell'unicità del mercato e di un alto livello di tutela dei consumatori, essere

realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di

sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è

necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità

enunciato nello stesso articolo;

• in attesa dell'elaborazione dei futuri elenchi comunitari di additivi alimentari, è necessario

prevede una procedura semplificata che consenta di aggiornare gli elenchi attuali di additivi

alimentari contenuti nelle direttive vigenti;

• fatto salvo il risultato del monitoraggio di cui all'articolo 25, entro un anno dall'adozione del

presente regolamento la Commissione dovrebbe predisporre un programma per il riesame da

parte dell'Autorità della sicurezza degli additivi alimentari già autorizzati nella Comunità.

Tale programma dovrebbe definire le necessità e l'ordine di priorità secondo cui devono

essere esaminati gli additivi alimentari autorizzati.

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I prodotti vinosi sono invece normati dai Regolamenti 606/2009 e 479/2008 che impongono

limiti massimi d’impiego per l’utilizzo dell’anidride solforosa in tali prodotti.

La normativa stabilisce anche i criteri che presiedono alla possibilità di impiego di una sostanza

additivante; in particolare, gli additivi possono essere accettati soltanto se è dimostrata l’esistenza di

un sufficiente bisogno tecnologico; se l’obiettivo investigato non può essere conseguito con

l’applicazione di altri metodi; se non presentano un pericolo per la salute del consumatore nelle dosi

proposte, per quanto attualmente consentano di giudicare i dati scientifici a disposizione.

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Classificazione degli additivi alimentari Gli additivi alimentari vengono classificati in categorie in base alla attività funzionale svolta

dall’ additivo nel prodotto al quale è aggiunto.

In una categoria sono compresi additivi aventi analoga funzione tecnologica anche quando

questa può realizzarsi attraverso meccanismi di azione diversi.

Tabella 1 – Categorizzazione degli additivi alimentari

Coloranti Esaltatori di sapidità Agenti di rivestimento (c)

Conservanti Acidificanti Agenti di trattamento della farina

Antiossidanti Correttori di acidità (b) Agenti di resistenza

Emulsionanti Antiagglomeranti Umidificanti

Sali di fusione Amidi modificati Sequestranti (d)

Addensanti Edulcoranti Enzimi (d) (e)

Gelificanti Agenti lievitanti Agenti di carica

Stabilizzanti Antischiumogeni Gas propulsore, gas d’imballaggio

a) Si intende che questa categoria comprende anche gli stabilizzatori di schiuma. b) Si precisa che questi agenti possono regolare l’acidità nei due sensi. c) Queste sostanze comprendono anche gli agenti lubrificanti. d) L’inclusione di questi termini nel presente elenco non pregiudica un’eventuale decisione sulla loro menzione

nell’etichettatura dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale. e) Si tratta solo degli enzimi utilizzati come additivi.

Esistono due sistemi di numerazione degli additivi alimentari, oltre alla classificazione in base

alla funzione esercitata. Questi sistemi di numerazione sono stati adottati per la necessità pratica di

indicare in etichetta dell’alimento ciascun additivo, poiché la maggior parte degli stati richiede la

dichiarazione in etichetta degli additivi impiegati nella preparazione dell’alimento, al fine di tutelare

ed aiutare il consumatore nella scelta del prodotto. L’etichetta che contiene un numero è più pratica

del nome dell’additivo e aiuta gli organi di controllo nella ricerca e nel dosaggio degli eventuali

additivi non dichiarati.

L’Unione Europea ha introdotto per prima un sistema numerico per gli additivi alimentari

(numero preceduto dal prefisso “E”, “Europa”); tale numerazione, tuttora in vigore, viene

progressivamente sostituita dall’ INS (International Numbering System), introdotto recentemente

Codex Alimentarius. Quest’ultimo sistema, che rispetta, fondamentalmente, la sequenza numerica

stabilita dall’Unione Europea, sarà, probabilmente, il sistema universalmente accettato, in vista

degli accordi esistenti tra il Codex Alimentarius ed il WTO (World Trade Organization).

La tabella n.2 è un buon esempio di come gli additivi siano indicati in questi due sistemi: in

pratica, come citato precedentemente, la numerazione rimane la stessa, mentre scompare la E di

“Europa”.

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Tabella n. 2. Denominazione di alcuni additivi alimentari in

due sistemi di numerazione. Da: Vettorazzi G., 1980.

Nome Classe INS1 UE2

Acido citrico antiossidante 330 E-330

Acido sorbico conservante 200 E-200

Azorubina colorante 122 E-122

Lecitina emulsionante 322 E-322

Metilcellulosa addensante 461 E-461

Sorbitolo umettante 420 E-420 1 INS = International Numbering System. 2 UE = Unione Europea.

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Gli agenti antimicrobici La categoria degli agenti antimicrobici è composta da sostanze aggiunte agli alimenti per

evitare alterazioni microbiche possibili in alimenti conservati (Porcelli & Folliero, 1977).

Processi fisici e biologici possono essere utilizzati per ridurre la carica batterica, riscaldamento,

essiccamento, congelamento, acidificazione e fermentazione, ovvero, per creare un ambiente

sfavorevole alla crescita batterica negli alimenti, refrigerazione. Questi processi raggiungono uno

scopo parziale e in alcuni casi difficilmente possono essere impiegati. Gli antimicrobici hanno un

ruolo molto importante nel prolungare le caratteristiche organolettiche e tipiche di ogni alimento.

I microorganismi deteriorano gli alimenti, in modo diretto perchè la crescita batterica sottrae

nutrienti all’alimento deteriorandolo, ovvero indirettamente innescando degli enzimi presenti in

ogni alimento che lisano le pareti cellulari e rilasciano il citosol nei tessuti circostanti degradando

ulteriormente l’alimento. L’OMS ha stimato che quasi il 20% delle derrate alimentari mondiali è

distrutto dalla degradazione.

I principali fattori che influenzano lo sviluppo dei microrganismi sono:

• la temperatura. I microrganismi difficilmente si riproducono alle basse ed elevate

temperature. Il riscaldamento che si utilizza nella pastorizzazione, ad esempio, mezz’ora a

65-70° C, elimina molti microrganismi, ad eccezione dei batteri termofili e delle spore.

• l’umidità. L’acqua è un fattore di vita e influenza notevolmente lo sviluppo batterico, la aw

(water activity) rappresenta lo stato di energia di un sistema ed è molto utilizzata nel

controllo HACCP degli alimenti come CCP (critical control point), campioni di alimenti

prodotti vengono periodicamente analizzati e misurata la aw che deve rientrare in determinati

intervalli caratteristici dell’alimento analizzato. La preservazione degli alimenti

dall’inquinamento microbico mediante essiccazione (pratica effettuata fin dall’antichità) è

relativamente sicura, dato che normalmente i batteri patogeni non tollerano gli ambienti

secchi.

• il pH. Il pH dell’alimento esercita un’azione determinante sullo sviluppo dei microrganismi.

In generale, ogni specie microbica, ha un valore di pH per la crescita ottimale; a valori

distanti da quello ottimale si manifestano nella cellula modificazioni morfologiche, nonché

modificazioni nel ritmo di crescita.

Da quanto sopra accennato, si comprende perché, prescindendo dallo stato fisico dell’alimento

e dalla sua composizione, occorre adottare tecniche e mezzi diversi per evitare che gli alimenti si

alterino durante la loro conservazione. Gli additivi antimicrobici esplicano la loro azione nei

confronti dei microrganismi, interferendo con le loro membrane cellulari, con la loro attività

enzimatica o agendo sul loro meccanismo genetico.

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La maggior parte degli antimicrobici che l’industria impiega negli alimenti è rappresentata da

composti a carattere acido. Queste sostanze hanno uno spettro microbicida che è specifico di ogni

sostanza e viene espressa come MIC (concentrazione inibitrice minima) che indica la più bassa

concentrazione di una sostanza antimicrobica capace di inibire la crescita di un batterio. La MIC è

ricavata secondo un gradiente che causa un alone di inibizione la crescita. La MIC registrata deve

essere compatibile con quella ottenuta con microorganismi della stessa specie o con quelli di pari

sensibilità. Sono state perciò sviluppate diverse tecniche che permettono di paragonare lo spettro

d'azione, la potenza, l'attività battericida o batteriostatica dei diversi antimicrobici. Tra questi

criteri, la determinazione della minima concentrazione inibente (MIC) e l'analisi dei valori delle

MIC-50 e MIC-90 nonché del range di attività permette di stabilire l'attività intrinseca sulle varie

specie batteriche.

Se si tiene conto di quanto varia sia la composizione degli alimenti e dei vari gruppi di

microrganismi che possono contaminarli, si comprende come sia necessario, per l’industria

alimentare, poter disporre di vari additivi antimicrobici, fra i quali scegliere, di volta in volta, quello

più efficace.

Gli additivi antimicrobici, impiegati in Italia, sono quelli autorizzati nei Paesi della UE e

comprendono, per esempio:

• alcuni acidi organici deboli, con i relativi sali (per esempio, acido benzoico e acido sorbico);

• para-idrossi-benzoati;

• nitrati;

• nitriti;

anidride solforosa (solfiti).

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Criteri di valutazione tossicologica che precedono l’impiego Rigorosi protocolli tossicologici sono previsti per la valutazione di un additivo alimentare.

JECFA ha disciplinato un protocollo tossicologico che deve essere adottato, per disporre dei

dati necessari alla valutazione del rischio connesso all’uso di un additivo.

Tale protocollo prende in considerazione studi sperimentali, in vitro ed in vivo quali:

• studi di tossicità acuta: singola somministrazione della sostanza in esame, in dose elevata, ad

animali da laboratorio. Da tali prove si estrapola la stima della LD50 (Letal Dose, che provoca

la morte del 50% dei soggetti esposti);

• studi di tossicità subcronica: somministrazioni ripetute (giornalmente o per 5 giorni la

settimana) per un periodo che corrisponde a circa il 5-10% della vita dell’animale trattato

nell’esperimento;

• studi di tossicità cronica: somministrazioni ripetute per l’intero arco di vita dell’animale;

• studi di farmacocinetica: ADME (assorbimento, distribuzione, metabolizzazione ed

eliminazione);

• studi di mutagenesi: prove di alterazione del DNA;

• studi di cancerogenesi: prove di induzione tumorale;

• studi di teratogenesi: prove che tendono a perovocare grandi anormalità anatomiche,

conseguenza dell’effetto del composto sull’embrione.

E’ molto importante la conoscenza della composizione chimica di una sostanza per poter

valutare la sua sicurezza. Anche senza prove tossicologiche sperimentali si può classificare una

molecola in base a studi SAR (struttura attività). Questi studi mettono in relazione la struttura

molecolare del composto con l’attività biologica, perché è noto, alcuni gruppi funzionali hanno una

tossicità specifica, - ad esempio i furanoditerpeni, presenti in alcune piante, provocano epatiti

tramite attivazione del CYP3A4 trasformando tali sostanze in epossidi, veri responsabili della

tossicità epatica. La conoscenza della composizione chimica è anche molto importante, in un

additivo alimentare, per consentire il suo giusto impiego negli alimenti, le eventuali impurezze che

possono essere presenti dovute al processo tecnologico di produzione.

Le sostanze, candidate ad additivi, non possono presentare positività in studi di cancerogenesi e

di mutagenesi, tali sostanze sono escluse dalla produzione alimentare. Le sostanze che non

presentano positività alla cancerogenesi e alla mutagenesi si possono dividere in due grandi gruppi:

• sostanze senza un ADI (Acceptable Daily Intake) definito (quantum satis);

• sostanze con un ADI definito.

Le sostanze che non presentano un ADI definito non sono sottoposte a studi di intake perché

sono ritenute sicure, le sostanze che hanno un ADI definito sono valutate da studi di intake che si

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articolano in tre fasi. Se nella prima fase di valutazione i dati di intake ottenuti superano l’ADI si

passa alla seconda fase; se, anche in tale fase, c’è un superamento dell’ADI si passa alla valutazione

della terza fase. La prima fase prevede studi di intake che utilizzano dati teorici di consumo

combinati con i livelli massimi d’uso consentito per la sostanza in esame. La seconda fase prevede

studi di intake che utilizzano dati reali di esposizione combinati con i livelli massimi d’uso

consentito per gli alimenti per la sostanza in esame. La terza fase prevede studi di intake che

utilizzano dati reali di esposizione combinati con i livelli reali di impiego per la sostanza in esame.

L’ADI è un parametro utilizzato in tossicologia alimentare derivato da studi cronici di tossicità,

basato sull’uso prolungato nel tempo e per generazioni della sostanza in esame, da parte di animali

da laboratorio. Si giunge a fissare la dose giornaliera più alta di una sostanza senza che si

manifestino effetti tossici per la durata di tutta la vita. Il NOAEL (No Observable Adverse Effect

Level), espresso come mg di composto per kg di peso corporeo pro die (mg/kg pc/die) è l’indice

tossicologico utilizzato da cui si deriva l’ADI. Per gli additivi non-nutritivi, fino al 5% della dieta

totale se non si osservano effetti negativi, questa dose deve essere considerata NOEL (No

Observable Effect Level). Dosi superiori al 5% non dovrebbero essere testate, perché possono

produrre un significativo squilibrio nutrizionale nell’animale (JECFA).

Il NOAEL o NOEL, diviso per un fattore di sicurezza prudenziale dà l’ADI (Acceptable Daily

Intake). Il fattore di sicurezza impiegato da JEFCA è 100 ed è comprensivo di variazioni nel calcolo

degli indici sia farmacocinetici sia farmacodinamici (FAO/WHO, 1957, ex WHO, 1987). Si ottiene

così l’ADI, “Acceptable Daily Intake”, accettabile per l’uomo, ossia la quantità di additivo che può

essere ingerita, giornalmente, dall’uomo, per tutta la vita, senza alcun danno:

ADI = NOAEL (NOEL)/SF = NOAEL (NOEL)/100

L’ADI è espresso nelle stesse unità del NOAEL (mg/kg pc/die).

Un additivo alimentare è considerato sicuro, per l’uso al quale è destinato, se l’esposizione

umana ad esso è inferiore, o circa uguale, alla ADI. Nella maggior parte dei casi, i dati sono ottenuti

per estrapolazione da studi su animali, che hanno la durata della loro vita, l’ADI, quindi, è riferito

ad un utilizzo in tutto l’arco della vita dell’uomo e consente un margine di sicurezza ampio da non

far sussistere motivi di preoccupazione tossicologica, nell’eventualità che, per un breve periodo di

tempo, si faccia uso della sostanza in oggetto a livelli di esposizione superiori alla ADI. Ciò vale, se

la quantità mediamente assunta, nell’arco di un più lungo periodo di tempo, non eccede

l’assunzione prevista dalla quella fissata dall’ADI.

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A livello comunitarioi diversi paesi hanno la responsabilità di verificare il corretto impiego

degli additivi, in modo che il consumo di queste sostanze non ecceda gli ADI. In questo contesto

l’ISS ha predisposto un sistema per la sorveglianza dei livelli di esposizione della popolazione

italiana mediante periodici programmi di monitoraggio sugli additivi.

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Aspetti tossicologici Benzoati

L’acido benzoico è un acido aromatico; può essere chiamato in tanti modi diversi; per esempio,

alcuni sinonimi sono (Lewis,1993): acido benzenformico; acido benzenmetanoico; carbossi-

benzene; acido dracilico; acido fenilformico; acido benzencarbossilico; acido fenilcarbossilico.

ADME ed ADI

I benzoati sono assorbiti, a livello del tratto gastrointestinale, e tramite la vena porta,

raggiungono il fegato, vengono coniugati alla glicina formando l’acido ippurico, che viene

eliminato con l’urina (75-100% entro le 6 ore). Il fattore limitante l’escrizione è quindi la

disponibilità epatica di glicina; minori escrezioni si hanno come coniugato glucuronile (FASEB,

1973). La biotrasformazione di acido benzoico in acido ippurico è un processo saturabile, con

cinetica di Michaelis-Menten (Kubota & Ishizaki, 1991).

JECFA, ha fissato, nel 1974, per i benzoati (espressi come acido benzoico), una ADI,

accettabile per l’uomo, pari a 5 mg/kg p.c./die (WHO, 1974, ex Tfouni & Toledo, 2002).

Il Comitato scientifico dell’alimentazione umana (1994), ha riportato una sintesi dei dati di

tossicità, riguardanti l’acido benzoico ed il suo sale di sodio; gli studi sperimentali, in cui sono stati

ottenuti risultati significativi, comprendono:

• studi di tossicità subcronica e cronica, sui ratti, veniva somministrato l’1,5% di acido

benzoico nella dieta; gli studi hanno dimostrato una significativa riduzione nell’assunzione

di cibo e nel peso corporeo;

• l’acido benzoico è risultato positivo in tests per aberrazioni cromosomiche in cellule di ratto

in coltura in vitro ed in una prova di ricombinazione (REC). Ha, inoltre, causato effetti

citologici in cellule di radice di Vicia faba in mitosi, compresa l’inibizione della sintesi del

DNA, l’induzione di ponti anafase e dei conseguenti micronuclei.

• Nell’uomo, i sintomi di tossicità acuta, da ingestione di dosi elevate, sono:

• irritazione gastrointestinale;

• effetti sul sistema nervoso centrale;

• convulsioni.

Tali effetti sono rapidamente reversibili ed attribuibili allo squilibrio tra acidi e basi (WHO,

1997).

Il sodio benzoato ha causato effetti citologici in cellule di protozoo (Tetrahymena pyriformis),

in cui si è verificato un aumento significativo del contenuto di DNA, dovuto alla stimolazione del

processo mitotico (Stefanidou et al., 2003).

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Solfiti

Il solfito viene ossidato nel corpo a solfato. Il bisolfito reagisce con aldeidi e chetoni, compreso

lo zucchero aldeidico. Questa è una reazione reversibile; le concentrazioni di equilibrio dipendono

dalla temperatura. Gli effetti acuti di solfito nei prodotti alimentari sono legati alla quantità e la

concentrazione di anidride solforosa libera e la velocità con cui i composti additivati riescono a

liberare il biossido di zolfo legato. Il solfito può anche reagire in modo reversibile, con legami

disolfuro di proteine. Il disolfuro è suddiviso in una parte che contiene un gruppo tiolo e un'altra

parte con un S-gruppo acido solfonico (Swan, 1957).

In uno studio a quattro ratti sono state somministrate dosi orali di metabisolfito di sodio in

soluzione allo 0,2%, è stato eliminato il 55% dello zolfo, come solfato, nelle urine entro le prime

quattro ore (Bhagat & Locket, 1960). Una rapida eliminazione quantitativa dei solfiti come solfati è

stata osservata anche nell’uomo e nel cane (Rost, 1933). Il solfito è un potente inibitore di alcune

deidrogenasi, ad esempio, la lattato deidrogenasi (cuore) e la malato deidrogenasi; l’inibizione del

50% entro il circa 10-5M di solfito (Pfleiderer et al., 1956).

È stato suggerito che l'ingestione di SO2 tramite le bevande può efficacemente ridurre il livello

di tiamina nel resto della dieta (Hotzel, 1962). E’ stato notato che il solfito, eliminato

metabolicamente come solfato, può aumentare la perdita di calcio nelle urine e nelle feci dell'uomo.

In studi di tossicità a due gruppi di topi di due mesi di età (50 maschi e 50 femmine / gruppo) è

stato somministrato l’1% (1500 mg / kg / die) o il 2% (3000 mg / kg / die) di potassio metabisolfito

ad libitum, in una soluzione formata da acqua distillata, invece di acqua potabile, per un periodo di

24 mesi.Nessuna differenza significativa è stata osservata in entrambi i casi di ciascun gruppo e

nessuna incidenza di tumori è stata riscontrata tra i gruppi esposti e quelli di controllo o tra i due

gruppi esposti (Tanaka et al., 1979).

Studi di tossicità cronica

Vari gruppi di ratti (18-24 a gruppo) sono stati nutriti con sodio bisolfito a dosaggi di 0,0125,

0.025, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5, 1 o 2% nella dieta per periodi che vanno da uno a due anni. I ratti

alimentati con bisolfito di sodio 0,05% (307 ppm (0,0307%) come SO2) per due anni non hanno

mostrato sintomi tossici. I solfiti in concentrazioni dello 0,1% (615 ppm (0,0615%) come SO2) o

più nella dieta inibiscono la crescita dei ratti, probabilmente attraverso la distruzione di tiamina

nella dieta (Fitzhugh et al., 1946). Tre gruppi di ratti Weanling (18, 13 e 19) hanno ricevuto acqua

potabile contenente metabisolfito di sodio a livelli di 0 ppm (0%) SO2, 350 ppm (0,035%), SO2 e

750 ppm (0,075%) SO2. L'esperimento è durato due anni e mezzo e si è esteso nell'arco di tre

generazioni di ratti. Non sono stati osservati effetti sugli alimenti consumati, sull'assunzione di

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liquidi, sull’evacuazione delle feci, sulla riproduzione, sull'allattamento, o sull'incidenza di tumori

(Locket & Natoff, 1960).

NOEL e ADI dei solfiti

Ratti: 0,125% (1250 ppm) metabisolfito in equivalente a una dieta di 70 mg/kg di peso corporeo

al giorno, calcolato come SO2. La stima della dose giornaliera accettabile per l'uomo 0-0,7

mg/kg peso corporeo. L'ADI è un ADI di gruppo per l'anidride solforosa e solfiti sono espressi

come biossido di zolfo, che considera il sodio e il potasio metabisolfito, il sodio solfito, il

potassio e il sodio idrogeno solfito e il sodio tiosolfato. In questo momento l'ADI del gruppo

non può essere esteso al metabisolfito di calcio perché non ci sono dati specifici disponibili.

Aspartame

L'acido aspartico e il glutammato di sodio sono entrambi amminoacidi neuroeccitatori hanno un

effetto additivo tossico sui neuroni ipotalamici. Questo può essere particolarmente dannoso per i

bambini, che hanno nella loro dieta già il glutammato di sodio, l'aspartame non dovrebbe

generalmente essere aggiunto agli alimenti per bambini (Reynolds, 1982).

Quando l’aspartame è consumato a livelli entro l’ADI 40 mg/kg pc, non ci sono significativi

rischi per effetti neurotossici indotti nel cervello delle persone normali o persone portatrici

eterozigoti della fenilcheturia. Le concentrazioni plasmatiche di fenilalanina sono entro il normale

intervallo, aumenti delle concentrazioni sono associate ad effetti avversi. Le persone che soffrono di

fenilcheturia (omozigoti) devono evitare il consumo di aspartame e devono essere messe al corrente

del contenuto di fenilalanina presente nell’aspartame. Sono carenti, invece, gli studi a lungo termine

sugli effetti cognitivi e comportamentali dell’aspartame sugli esseri umani (Janssen, 1988).

Uno studio in doppio cieco è stato effettuato in gruppi di bambini in età prescolare e scolare,

per valutare se tale sostanza sia responsabile di disturbi quali iperattività e problemi

comportamentali, ma non sono state trovate differenze tra i gruppi di controllo e quelli che

assumevano la sostanza (Wolraich, 1994).

Studi di tossicità evolutiva sono stati condotti per valutare l’influenza dell’aspartame nello

sviluppo del sistema visivo dei topi. Sono stati somministrate dosi di asprtame di 500, 1000, 2000 e

4000 mg/kg pc mediante sonda gastrica alle madri nel 15° e 18° giorno di gestazione. Lo studio ha

evienziato che l’esposizione di dosi elevate di aspartame non influenzano lo sviluppo del sistema

visivo nei topi (McAnulty, 1989).

Per valutare la tossicità dell’aspartame sono stati condotti tre esperimenti comportamentali sui

ratti. Nei primi tre esperimenti l’aspartame è stato iniettato per via intraperitoneale (esperimento 1),

per via intragastrica (esperimento 2), per soluzione salina (esperimento 3). I ratti del primo e

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secondo esperimento hanno mostrato forti avversioni al gusto, mentre i ratti del terzo esperimento

non hanno mostrato avversioni al gusto. Nel complesso,i risultati indicano che l’aspartame può

avere effetti negati quando iniettato per via intrsperitoneale, ma non quando la via di

somministrazione è quella orale (Holder, 1989).

ADME e ADI

L’aspartame è idrolizzato dall’intestino nei suoi composti costitutivi metanolo, acido aspartico e

fenilalanina, l’ingestione di dosi di 16 o 60 mg/kg per 10 giorni non modificano il metabolismo

della fenilalanina non incidono nella conversione di fenilalanina in tirosina. La maggior parte

dell’aspartame viene introdotto nel corpo e solo il 20% circa viene escreto (Oppermann, 1973).

Uno studio condotto su ratti maschi adulti che ricevevano una dose orale di 10 mg/kg pc di

aspartame marcato C14 venivano osservati. La radioattiità riscontrata nel plasma >98% e nel fegato

>78% era leagta alle proteine. Il carbonio marcato c14 trovato nel plasma, nel fegato e nei reni era

l’1-2% del totale somministrato. I ratti a distanza di 6 ore ritenevano il 5% del carbonio marcato

metà del quale era residente nel fegato e la radioattività delle proteine del tessuto (RNA e DNA) era

praticamente uniforme. Le proteine marcate erano concentrate in amminoacidi, differenti dalla

metionina, e si formavano dei legami con la formaldeide. Il trattamento di ratti a 200 mg/kg pc per

10 giorni dava un accumulo del bolo radioattivo suggerendo che la quantità di addotti con la

formaldeide proveienti dall’aspartame nelle proteine tissutali e negli acidi nucleici poteva essere

cumulativa. E’ stato concluso che l’assunzione di aspartame può costituire un rischio perché forma

degli addotti con la formaldeide (Trocho, 1998)

L’EFSA ha formulato una opinione riguardo la cangerogenità dell’aspartame, prendendo spunto da

un recente studio di Soffritti et al. (2007) che ha messo sotto inchiesta l’aspartame responsabile, ad

avviso degli autori, di provocare lesioni neoplastiche. L’autorità per la sicurezza alimentare Europea

ha valutato che le osservazioni di incidenze tumorali osservate dagli autori non avevano un

approccio scientificamente valido. Nel complesso, l’EFSA ha concluso, sulla base di tutti gli

elementi attualmente disponibili, da i risultati degli studi pubblicati, e da valutazioni precedenti, che

non vi è alcuna indicazione di alcun potenziale genotossico o cancerogeno per l’aspartame e che

non vi è alcun motivo per rivedere il precedente limite ADI stabilito per l'aspartame di 40 mg/kg

pc/giorno.

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Acesulfame

L'esposizione acuta di ratti maschi Wistar all’acesulfame (iniezione di 150 mg/kg di peso

corporeo) ha aumentato la concentrazione di insulina plasmatica a 5 minuti dal 27,3 microU/ml a

58,6 microU/ml senza alcun cambiamento significativo del glucosio nel sangue. L’acesulfame

stimola la secrezione di insulina in modo dose-dipendente. L'effetto dell’acesulfame sulla

secrezione di insulina è stata simile a quella osservata per l'iniezione o infusione le stesse dosi di

glucosio (150 mg/kg di peso corporeo) per l'iniezione e 20 mg/kg di peso corporeo/min per

infusione endovenosa.

Quattro gruppi di maschi (100) e di femmine (100) di topi sono stati nutriti con diete contenenti

0, 0.3, 1.0, o 3.0% di acesulfame per 80 settimane. Tutti i sopravvissuti sono stati sacrificati e

sottoposti ad autopsia, e il peso del fegato e reni sono stati registrati. L'alimentazione di acesulfame

non ha causato effetti negativi sull’aspetto generale, sul comportamento o sulla sopravvivenza in

nessuno dei livelli della dieta adottata nello studio, ma, il peso corporeo è leggermente diminuito al

livello 3% in entrambi i sessi. Il peso del fegato è stato ridotto a tutti i livelli, solo nei maschi. I

decessi che si sono verificati durante il corso dello studio sono stati attribuiti alla nefropatia cronica,

alla degenerazioni gravi del fegato, alle infezioni respiratorie e ai tumori polmonari. L’esame

microscopico rivela una varietà di tumori sia negli animali test sia in quelli del controllo, ma la

valutazione dei dati sul tipo di tumore, la localizzazione e l'incidenza non ha indicato che la

sostanza in esame è risultata cancerogena nella dieta dei topi fino al livello del 3% per 80 settimane

(WHO, 1990).

ADME e ADI

Il metabolismo dell’acesulfame è stato studiato nelle urine e nelle feci di ratti e di cani che

hanno ricevuto dosi orali singole di 10 mg/kg di peso corporeo, e nelle urine e nella bile di suini

trattati per via orale con 5 mg/kg pc di acesulfame. I metodi analitici utilizzati hanno rilevato solo

l’acesulfame in questi campioni. La separazione cromatografica degli estratti urinari dei ratti

utilizzati nello studio ha evidenziato un solo picco che è identico a quello dell’acesulfame. Non

sono stati rilevati metaboliti nel controllo degli animali pretrattati. Allo stesso modo, nessun

metabolita è stato rilevato negli animali che erano stati pretrattati con l'1% di acesulfame per 7

giorni. Anche nei volontari umani, sottoposti a somministrazione di 30 mg di acesulfame, è stata

riscontrata l’assenza di metaboliti (WHO, 1990).

L'assorbimento, la distribuzione e l'escrezione di 14C-acesulfame è stato studiato mediante

autoradiografia in ratti in gravidanza che ricevevono una dose di 10 mg/kg di peso corporeo al 19°

giorno di gestazione. La radioattività nei feti a 0,5 ore e 2 ore dopo la somministrazione, quando i

livelli nel sangue materno sono al loro stadio più alto, era bassa, il rapporto tra attività nel feto e nel

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sangue materno era 1:14 (dopo 0,5 ore) e di 1:3 (dopo 2 ore). La placenta conteneva concentrazioni

superiori a quelle del feto e la radioattività nel liquido amniotico non era diverso dal fondo. La

distribuzione nel feto era uniforme.

In tre volontari umani, peso corporeo 70-80 kg, è stata somministrata una singola dose orale di

30 mg di 14C-acesulfame con il tè alla menta. L'assorbimento era rapido e praticamente completo, la

concentrazione massima nel sangue era di 0,28 mg/ml dopo 1-1/2 ore dalla somministrazione.

L’eliminazione è stata rapida con una emivita plasmatica di 2-1/2 ore. Oltre il 99% della dose era

escreto nelle urine e meno dell’1% nelle feci; il 98% era eliminato nelle prime 24 ore. Dai dati

farmacocinetici era calcolato che dosi ripetute di 30 mg ad intervalli di 3 ore potevano incrementare

i livelli sierici per un massimo di 1,7 volte, mentre ad intervalli di 2 ore i livelli massimi sierici

potevano essere incrementati di 2,4 volte rispetto a una singola dose.

Nel 1994, la Direttiva Europea 94/35/CE ha autorizzato l'uso come additivi alimentari di cinque

edulcoranti per i quali sono stati fissati le dose giornaliere ammissibili (ADI). La stessa direttiva

stabilisce che gli Stati membri dovrebbero organizzare un sistema di monitoraggio per

determinare il consumo di queste sostanze (aspartame, saccarina e acesulfame). E’ stato

dimostrato che tre dei cinque edulcoranti autorizzati sono utilizzati a livelli particolarmente

elevati in alimenti senza zucchero e sono molto comunemente utilizzati come edulcoranti.

Tenuto conto di tutti gli studi su questo additivo il gruppo di esperti del JECFA ha fissato un

ADI per l’acesulfame di 0-15 mg/kg pc/die (JECFA, 2001).

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Valutazione dell’assunzione alimentare dell’acido benzoico, dell’anidride

solforosa e degli edulcoranti sintetici La presenza di una sostanza chimica, potenzialmente nociva, deve essere accuratamente

valutata, al fine di individuare idonee strategie di protezione della popolazione.

In questo ambito, le organizzazioni sanitarie e gli Istituti di ricerca hanno, a seguito di ampie

discussioni scientifiche, codificato un percorso di valutazione del rischio associato alla presenza di

tossici negli alimenti.

Per rischio si intende la: “funzione della probabilità che si verifichi un effetto avverso sulla

salute e, la severità di questo effetto, come il risultato dell’esposizione al pericolo alimentare” .

L’analisi del rischio è un processo che include tre fasi:

1. valutazione del rischio, ossia la valutazione scientifica di effetti dannosi per la salute, noti o

potenziali, che derivano dall’esposizione a pericoli veicolati dagli alimenti;

2. gestione del rischio, cioè il processo di valutazione del piano di azione alternativo, per

accertare, minimizzare o ridurre i rischi stimati e, quindi, scegliere e mettere in atto le scelte

opportune;

3. comunicazione del rischio, processo interattivo di scambio di informazioni e di opinioni sul

rischio tra valutatori del rischio, gestori del rischio ed altre parti interessate (consumatori).

La valutazione dell’esposizione si colloca all’interno della prima fase descritta e consiste nel

valutare, per un determinato pericolo, il quantitativo che viene a contatto con il consumatore,

attraverso il consumo di alimenti, e il suo confronto con i livelli di sicurezza stabiliti.

Le stime delle assunzioni alimentari degli additivi in esame con la dieta richiedono:

• dati relativi alla presenza, derivanti da determinazioni analitiche dei livelli di benzoati,

solfiti, edulcoranti in singoli prodotti alimentari e/o in campioni rappresentanti gruppi di

alimenti o duplicati di porzioni;

• dati sul consumo alimentare, basati su specifici programmi di rilevamento.

• Il calcolo dell’assunzione delle sostanze, potenzialmente nocive, si basano sulla

combinazione tra i livelli di additivi negli alimenti con le quantità di quegli stessi

alimenti consumate dalla popolazione in esame.

E’opportuno sottolineare che la determinazione di additivi come i benzoati, solfiti ed

edulcoranti sintetici in matrici complesse, come quelle alimentari, rende necessario l’impiego di

tecniche altamente sensibili e affidabili.

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Studi sul consumo alimentare I dati sul consumo degli alimenti possono essere classificati come diretti (metodi basati

sull'indagine) o indiretti (utilizzando indicatori economici derivati così come il consumo familiare).

Gli approcci indiretti possono essere presunti (ipoteticamente) o attuali. Un esempio di un

approccio indiretto ipotetico/teorico è il metodo budget (di raccolta). Le stime dei metodi indiretti

attuali utilizzano dati di raccolta dei consumi familiari o delle coperture di alimenti bilanciati. I

metodi indiretti non sono costosi e provvedono a trends di tempo attendibili, ma forniscono dati non

individuali e non solo dati del consumatore e sono valori limitati nella misura dell'intake

dell'additivo alimentare. I metodi DIRETTI possono essere classificati come quantitativi e

qualitativi. Il metodo qualitativo più spesso utilizzato è il questionario di frequenza dell'alimento

FFQ (Food Frequency Questionnaire), poiché non è costoso e si può adattare a larghi campioni.

FFQ è limitato nella sua applicabilità agli studi di intake degli additivi e può essere utilizzato per

determinare la proporzione della popolazione che è consumatrice. Studi quantitativi diretti possono

essere condotti retroattivamente (richiamo nelle 24-ore) o nel futuro (intake pesato, dieta registrata).

L'utilità dello studio del consumo alimentare per stimare l'intake di additivi alimentari è influenzato

dalla durata dello studio ed anche dal grado di dettagli conservati dentro il database. Così studi, per

esempio, a 14 giorni devono comprendere più di un FFQ, ma, sono molto cari e se sono utilizzati

per la valutazione dell'escursione dell'ADI, dovrebbero essere costruiti intorno ad una progettazione

accuratamente pianificata. Il prof. Gibney propone di tenere uno studio a 3-giorni come un

approccio di compromesso, lui consedera che uno studio appropriato dovrebbe avere la dimensione

di almeno 200 soggetti. Il FFQ a 3-giorni può essere utilizzato per stimare la vera dimensione dei

consumatori.

Lo studio a cui si è fatto riferimento è quello pubblicato su Public Health Nutrition 2008 della

dr. C. Leclercq. Lo studio di sorveglianza sul consumo alimentare è stato condotto su un campione

casuale della popolazione italiana di 1300 famiglie, obiettivo, è stato considerato quello di

caratterizzare il consumo alimentare medio nelle quattro principali aree geografiche d'Italia (Nord-

Ovest, Nord-Est, Centro e Sud e Isole). Il censimento eseguito nel 2001 dall'Istituto Italiano

Nazionale di Statistica (ISTAT) è stato utilizzato dall’INRAN per la suddivisione dei campioni in:

quattro aree geografiche; in tre province della popolazione (bassa, media e grande), in due comuni

della popolazione (grandi medi e piccoli), e in quattro famiglie (un membro inferiore a 65 anni di

età, un membro di età superiore ai 65 anni, due o tre membri, quattro o più componenti). Un totale

di quaranta comuni delle ventitré province sono stati coinvolti nell'indagine. In ciascun comune le

famiglie sono state selezionate in modo casuale dalla guida telefonica TELECOM (edizione 2005) e

sono state contattate diverse volte durante il giorno.

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Quattro banche dati sono state utilizzate per trasformare i dati riportati dai soggetti in peso delle

singole materie prime in quantità di nutrienti consumati.

Dati antropometrici della popolazione italiana

I dati sul consumo alimentare sono espressi in g/capita/giorno. Negli studi di intake i dati

devono, preferibilmente, essere espressi in g/kg pc/giorno, si devono quindi conoscere i dati

antropometrici della popolazione che si è presa in considerazione. Nello studio precedente, 2001,

l’Istituto Nazionale della Nutrizione non aveva fornito questi dati, gli studi di valutazione

dell’intake dovevano utilizzare dati antropometrici tabulati validi per la popolazione mondiale. Il

nuovo studio che è stato pubblicato dall’INRAN, nel 2008, ha fornito questo tipo di dati per le varie

fasce di età della popolazione italiana sottoposta ad indagine.

Grafico 1 – Dati antropometrici della popolazione italiana. Pesi medi corporei calcolati nello studio dell’INRAN 2008.

Dati antropometrici della popolazione Italiana

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i M e

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Aolesc

enti M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

Peso

med

io in

kg

kg

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Materiali e metodi

Campionamento

Premessa

Il campionamento è una delle fasi delicate di tutto il sistema di analisi alimentare. I campioni

devono essere rappresentativi dell’intero lotto o derrata e le numerose variabili che possono

condizionare il risultato finale devono guidare le scelte operative da attuare. L’alimento, nella

stragrande maggioranza, non garantisce una omogenea dispersione dell’analita da analizzare, difatti

le sue caratteristiche reologiche disperdono difformemente le sostanze all’interno. La omogeneità

all’interno dell’alimento dipende anche dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’analita che può

distribuirsi in particolari parti dell’alimento (le diossine si accumulano nel tessuto grasso). A livello

europeo è stato affrontato e risolto questo problema con l’emanazione di alcune direttive rivolte al

campionamento di alcuni particolari prodotti alimentari per l’analisi di particolari analiti

(contaminanti). L’attenzione è posta sulla validità del processo analitico che prevede un percorso di

validazione in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 e la stima dell’incertezza di

misura non può, in ogni caso, prescindere da un corretto approccio nella fase di campionamento per

evitare che vizi procedurali inficino la qualità del dato analitico.

Piano di campionamento

Il campionamento è stato condotto prelevando i campioni presso la rete di distribuzione

commerciale prevedendo per ogni categoria merceologica il prelievo degli alimenti o bevande più

significativi sotto il profilo del consumo di ogni gruppo di alimenti. Conseguentemente sono stati

collezionati un totale di 209 campioni di bibite analcoliche contenenti acido benzoico, 168 prodotti

addizionati di anidride solforosa, 50 prodotti addizionati di aspartame e 50 prodotti addizionati di

acesulfame ripartiti come indicato nelle tabelle 3, 4, 5 e 6:

Tabella 3 – Campionamento dei soft drinks in Italia per la ricerca dei benzoati

Provenienza Quantità Aranciate Limonate Bevande a

base di cola

Bevande

aromatizzate

Bevande a

ridotto

contenuto

calorico

Nordovest 54 13 13 2 13 13

Nordest 38 9 9 2 9 9

Centro 40 10 9 2 10 9

Sud 77 18 19 3 18 19

Totale 209 50 50 9 50 50

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Tabella 4 – Campionamento degli alimenti in Italia per la ricerca dei solfiti

Provenienza Quantità Gamberi,

scampi,

mazzancolle

congelati

Gamberi,

scampi,

mazzancolle

cotti

Carne,

bovina con

verdure

Vini, bianchi

e rossi

Frutta secca

Nordovest 49 9 13 3 20 4

Nordest 31 6 8 2 13 2

Centro 31 6 8 2 13 2

Sud 57 11 15 3 23 5

Totale 168 32 44 10 69 13

Tabella 5 – Campionamento degli alimenti in Italia per la ricerca dello aspartame

Provenienza Quantità Bevande

aromatizzate

varie

Caramelle

ipocaloriche

Microconfetti

ipocalorici

aromatizzati

Chewing-gum

ipocalorici

Yogurth

ipocalorici

Nordovest 15 3 3 3 3 3

Nordest 10 2 2 2 2 2

Centro 10 2 2 2 2 2

Sud 15 3 3 3 3 3

Totale 50 10 10 10 10 10

Tabella 6 – Campionamento degli alimenti in Italia per la ricerca dello acesulfame

Provenienza Quantità Bevande

aromatizzate

varie

Caramelle

ipocaloriche

Microconfetti

ipocalorici

aromatizzati

Chewing-gum

ipocalorici

Yogurth

ipocalorici

Nordovest 15 3 3 3 3 3

Nordest 10 2 2 2 2 2

Centro 10 2 2 2 2 2

Sud 15 3 3 3 3 3

Totale 50 10 10 10 10 10

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Metodi di analisi

Premessa

La diversificazione delle matrici alimentari e degli analiti ha reso necessario approcci

differenziati per la effettuazione delle determinazioni analitiche.

Tutti i metodi di analisi utilizzati sono stati validati al fine di garantire la qualità delle misure.

Validazione

Con il termine validazione si intende: “la conferma, sostenuta da evidenze oggettive, che i

requisiti relativi ad una specifica utilizzazione o applicazione prevista sono stati soddisfatti” (ISO

9000-2000). Il processo di validazione ha quindi l’obiettivo di dimostrare la validità per l’utilizzo di

un metodo, mediante la valutazione di tutti i parametri utili a tale scopo (caratteristiche tecniche,

applicabilità, performance analitiche, ecc.). La validazione (nel senso ISO 9000) si applica anche ai

metodi di misura, i parametri del metodo (precisione, accuratezza, …) sono unicamente definiti in

base alle caratteristiche dello strumento di misura utilizzato. I parametri ricavati dalla validazione si

possono ritenere caratteristici del “bene-servizio” che il laboratorio è in grado di fornire.

Affrontando un problema analitico il laboratorio si può trovare a dover effettuare una scelta tra

metodi diversi per uno stesso parametro.

Durante la validazione di un metodo, si prendono in considerazione tutti i requisiti che devono

essere soddisfatti.

Le caratteristiche del metodo devono essere definite in termini di parametri tecnici (campo di

applicazione, campo di prova, accuratezza, limite di quantificazione, precisione), ma anche di

parametri economici (disponibilità di adeguate risorse umane e strumentali, costi, tempi).

Su questa base si ritiene che ogni metodo vada sottoposto a validazione, individuando quali

sono i parametri da valutare, per verificare se le caratteristiche del metodo soddisfano i requisiti. Per

i metodi normalizzati e non normalizzati, alcuni parametri tecnici sono già stati valutati dalla

commissione dell’ente che li ha pubblicati. Occorre comunque prendere in considerazione quanto

si conosce del metodo, valutare se sono disponibili tutti i parametri tecnici necessari (per valutare se

il metodo soddisfa i requisiti), procedere alla stima dei parametri non conosciuti e, comunque,

sempre, valutare anche i parametri economici.

I metodi analitici vengono solitamente valutati sulla base di tre caratteristiche: affidabilità,

applicabilità e praticabilità. Quando vi sia la possibilità di scegliere diversi metodi, l’applicabilità di

una determinata prova su un ampio spettro di matrici e la praticabilità del metodo all’interno del

laboratorio, possono diventare preponderanti sulle caratteristiche di affidabilità del metodo.

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L’affidabilità del metodo riguarda più da vicino il contenuto di questa linea guida e prende in

considerazione i parametri caratteristici (accuratezza, precisione ecc.) dei metodi analitici che

verranno discussi successivamente. Pertanto, il laboratorio dovrebbe innanzitutto chiarire gli

obiettivi e i risultati attesi in modo da individuare i parametri da valutare ai fini della validazione.

I risultati ottenuti costituiscono le specifiche del prodotto offerto dal laboratorio al cliente. In

quest’ottica, un metodo interno è il risultato di una progettazione specifica: la validazione

costituisce l’ultimo passaggio di tale processo.

Questa valutazione è sempre più spesso esigenza non soltanto del cliente, quale usufruitore dei

servizi laboratoristici, ma risulta indispensabile anche per l’analista, quando deve scegliere una

procedura analitica rispetto ad un’altra in funzione di prescrizioni riportate dalle normative vigenti.

Infatti, recenti norme italiane hanno stabilito indicazioni precise circa le metodiche da seguire e,

in taluni casi, sono fissate le caratteristiche di performance che i metodi devono avere.

In definitiva non sempre si può derogare da tali indicazioni e quando si può, spesso sono fissate

condizioni precise per i metodi alternativi. Il dibattito alimentato in questi ultimi anni dalle critiche

ai metodi ufficiali e il sempre maggior peso che viene dato ai metodi interni, purché validati, ha

portato anche l’autorità giudiziaria, in sede dibattimentale, a sensibilizzarsi a questo tipo di

problematica. Un metodo interno, opportunamente e correttamente validato, coinvolto in un

procedimento giudiziario, viene ritenuto valido tanto quanto un metodo riportato su una norma

ufficiale. Da quanto precedentemente esposto, si comprende l’importanza della validazione quale

requisito indispensabile nella pratica comune dell’analisi. Per l’applicazione della metodologia, gli

analisti impegnati devono possedere una ottima padronanza della tecnica analitica, devono essere

dotati di elevata esperienza professionale ed essere adeguatamente formati sull’utilizzo e sul

significato delle tecniche statistiche coinvolte nella determinazione dei parametri caratteristici del

metodo. Questi sono requisisti di fondamentale importanza per comprendere il significato intrinseco

dei parametri di validazione.

Le grandezze caratteristiche che definiscono le prestazioni di un metodo analitico sono quelle

comunemente accettate ed utilizzate dalle più prestigiose organizzazioni scientifiche europee ed

internazionali.

Il percorso di validazione di un metodo all’interno del laboratorio di prova deve prevedere la

presa in considerazione dei parametri qualificanti le caratteristiche della prestazione analitica

tenendo conto dei criteri di rendimento previsti dal Regolamento 882/2004 che definisce i livelli di

prestazione minima per l’analisi degli additivi. I parametri, che sono trattati in questo lavoro, sono

pertanto:

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• esattezza;

• applicabilità (matrice e gamma di concentrazione);

• limite di rilevazione;

• limite di determinazione;

• precisione;

• ripetibilità;

• riproducibilità;

• recupero;

• selettività;

• sensibilità;

• linearità;

• incertezza delle misurazioni;

• altri criteri a scelta.

Le definizioni dei parametri sono state quelle delle norme ISO e quelle riportate nei documenti

ufficiali delle varie commissioni europee ed internazionali. I parametri indicati, dopo essere stati

determinati, descrivono dettagliatamente le “performance” del metodo analitico.

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Preparazione dei campioni La preparazione del campione per le analisi è stata condotta diversamente in fuinzione delle

caratteristiche reologiche delle diverse matrici alimentari. Le bevande gassate sono state

previamente degassate mediante filtrazione sotto vuoto. Gli alimenti solidi sono stati omogeneizzati

e due aliquote del campione così ottenuto sono state analizzate con le tecniche cormatografiche e

volumetriche.

Il metodi utilizzati sono stati validati (Arpa, 2003; AOAC, 1994) in conformità con la

normativa UNI CEI EN ISO/IEC 17025/2005. I parametri considerati nel piano di validazione sono

applicabilità, LOD, LOQ, precisione, recupero, specificità e inceretezza di misura (UNI CEI ENV

13005) come indicato nelle tabelle 7, 8, 9, 10, 11.

Tabella 7: Parametri di Validazione del metodo di determinazione dei benzoati

PARAMETRO VALORE/COMMENTO Applicabilità Bevande analcoliche

LOD 1.1 mg/kg su prodotto non filtrato

0.8 mg/kg su prodotto filtrato

LOQ 3.5 mg/kg su prodotto non filtrato

2.5 mg/kg su prodotto filtrato

Precisione 7,8% al livello 150 mg/kg

Recupero 95% su prodotto non filtrato

71% su prodotto filtrato

Specificità Senza interferenze rilevate

Stima dell’Incertezza U = 19,6% (Stimata su livello di 150 mg/kg)

Tabella 8 – Parametri di validazione del metodo analitico per la determinazione dell’anidride

solforosa nei prodotti alimentari a base proteica Parametro Valore/Commento

Applicabilità Prodotti alimentari a base proteica specificati nel DM

209/96

LOD 2,5 mg/kg

LOQ 5 mg/kg

Precisione 6.9% al livello 50 mg/kg

Recupero 96.2%

Specificità Senza interferenze rilevate

Stima dell’Incertezza U = 19.6% (Stimata su livello di 50 mg/kg)

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Tabella 9 – Parametri di validazione del metodo analitico per la determinazione dell’anidride

solforosa nei vini

Parametro Valore/Commento

Applicabilità Vini

LOD 2,5 mg/L

LOQ 5 mg/L

Precisione 8% al livello 50 mg/L

Recupero 90.5%

Stima dell’Incertezza U = 18% (Stimata su livello di 50 mg/L)

Tabella 10 – Parametri di validazione del metodo analitico per la determinazione dell’aspartame

Parametro Valore/Commento

Applicabilità Bevande analcoliche

LOD 1.1 mg/kg su prodotto non filtrato

0.8 mg/kg su prodotto filtrato

LOQ 3.5 mg/kg su prodotto non filtrato

2.5 mg/kg su prodotto filtrato

Precisione 0.78% al livello 150 mg/kg

Recupero 95% su prodotto non filtrato

71% su prodotto filtrato

Specificità Senza Interferenze Rilevate

Stima dell’Incertezza U = 19,6% (Stimata su livello di 150 mg/kg)

Tabella 11 – Parametri di validazione del metodo analitico per la determinazione dell’acesulfame

Parametro Valore/Commento

Applicabilità Bevande analcoliche

LOD 2,5 mg/kg su prodotto non filtrato

1.9 mg/kg su prodotto filtrato

LOQ 7.5 mg/kg su prodotto non filtrato

6.0 mg/kg su prodotto filtrato

Precisione 0.85% al livello 200 mg/kg

Recupero 92% su prodotto non filtrato

75% su prodotto filtrato

Specificità Senza interferenze rilevate

Stima dell’Incertezza U = 17,2% (Stimata su livello di 200 mg/kg)

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Conservazione del campione

La matrice alimentare, per la sua complessità è soggetta a rapidi processi di deterioramento che

possono comportare sostanziali modifiche dei livelli di concentrazione degli analiti considerati.

I campioni oggetto di questo studio, sono stati collezionati e opportunamente conservati, a

seconda della loro tipologia, in ambienti protetti dalla luce e a temperatura e umidità controllata.

L’analisi della anidride solforosa richiede dei tempi di analisi rapidi poiché tale additivo con la

conservazione può degradarsi. I campioni da sottoporre ad analisi sono stati conservati in frigorifero

un tempo massimo quindici giorni prima di essere analizzati.

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Principio del metodo per i benzoati

L’ acido benzoico viene estratto dalle bevande e dagli alimenti poveri di grassi semplicemente

mediante diluizione con una miscela a base di acetato di ammonio/acido acetico/metanolo.

Eventuali sostanze interferenti vengono allontanate mediante defecazione e filtrazione. La

determinazione quantitativa della presenza dell’acido negli estratti avviene mediante analisi HPLC

con rivelazione UV.

Per la determinazione dei benzoati nei campioni si è operato in conformità al metodo di prova

tedesco LMBG, L 00.00-9. L’acido benzoico viene estratto dalle bevande e dagli alimenti poveri di

grassi semplicemente mediante diluizione con una miscela a base di acetato di ammonio/acido

acetico/metanolo. Eventuali sostanze interferenti vengono allontanate mediante defecazione e

filtrazione. La determinazione quantitativa della presenza dell’acido negli estratti avviene mediante

analisi HPLC con rivelazione UV. Il metodo è applicabile alle bevande ed a tutti i prodotti

alimentari poveri di grassi in un campo di misura compreso tra 10 e100 mg/l.

Reattivi e Materiali per i benzoati

Tutti i reattivi si intendono puri per analisi, salvo diversamente specificato. Quando si fa

riferimento all’acqua, ai fini della dissoluzione, della diluizione o del lavaggio, deve intendersi

acqua deionizzata di qualità 2 o superiore (vedi norma UNI EN ISO 3696), come quella prodotta

mediante il sistema di purificazione “Elix 10/MilliQ” della Millipore, apparentemente alla D7 o

sistemi equivalenti, salvo diversamente specificato.

• acido acetico glaciale p.a.

• Metanolo p.a.

• Metanolo per HPLC

• Soluzione di acetato di ammonio 0,01 M, preparata nel modo seguente: pesare 0,778 g di

acetato di ammonio p.a. e scioglierli con acqua in un pallone tarato da 1000 ml

• Soluzione tampone a base di ammonio acetato/acido acetico, preparata nel modo

seguente: miscelare 1000 parti di soluzione con 1,2 parti di acido acetico

• Soluzione estraente, preparata nel modo seguente: miscelare 60 parti di soluzione

tampone con 40 parti di metanolo

• Soluzione madre di acido benzoico, detta SM1, da 1 mg/mL, preparata nel modo

seguente: pesare 100 mg di acido,scioglierlo con ca 40 mL di metanolo e portare a

volume con acqua, in un matraccio tarato da 100 mL

• Miscela acqua/metanolo per la preparazione delle soluzioni di riferimento: miscelare 60

parti di acqua con 40 parti di metanolo

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• Carrez I: utilizzare quello reperibile in commercio oppure prepararlo nel modo seguente:

sciogliere 106 g di K4[Fe(CN)6] 3H2O (ferrocianuro di potassio triidrato) in un pallone

tarato da 1000 mL e portare a volume con acqua

• Carrez II: utilizzare quello reperibile in commercio oppure prepararlo nel modo seguente:

sciogliere 219 g di Zn(CH3COO)2 2H2O (acetato di zinco biidrato) in un pallone tarato

da 1000 mL, aggiungere 30 mL di acido acetico conc. e portare a volume con acqua

• Fase mobile: tampone acetato/metanolo, (60/40) v/v

Apparecchiatura e vetreria

• Bilancia di precisione con risoluzione 0,0001 g

• Matracci da 10 e 100 mL di classe A; becker da 150 mL

• Pipette di vetro da 5 e da 10 mL di classe A

• Colonna cromatografica C8

• Micropipetta variabile da 100-1000 µL

• Filtri a pieghe extra rapidi del tipo Whatman 01 o Schleicher & Schuell – fascia nera

• Sistema HPLC con detector UV e colonna C8 da 150 × 4,6 mm, riempita con octilsilano

(C8),avente particelle di diametro 5 µm, munita di precolonna 4 × 4 mm

• Filtri a membrana da 0,45 µm

Preparazione del campione

• Estrazione e purificazione

• La preparazione del campione per analisi è leggermente diversa a seconda che si tratti di

bevande o matrici alimentari complesse.

• Bevande gassate vanno previamente degassate mediante filtrazione su filtro di carta a

pieghe.

• Per quanto riguarda le bevande limpide, tipo coca cola, limonata, ecc., pipettare 10 mL di

campione in un matraccio tarato da 100 mL portare a volume con la soluzione estraente e

porre in bagno ad ultrasuoni per 10 minuti. Filtrare, prima dell’iniezione in HPLC,

attraverso un filtro da 0,45 µm.

• Nel caso di bevande torbide, tipo succhi di frutta, latti aromatizzati, ecc., è necessario

effettuare anche una defecazione nel modo seguente: pipettare 10 mL di campione in un

matraccio da 100 mL contenente ca 50 mL di soluzione estraente, aggiungere 2 mL di

Carrez I, mescolare bene, aggiungere altri 2 mL di Carrez II e mescolare bene. Lasciare a

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riposo per 10 minuti, portare quindi a volume con soluzione estraente e filtrare attraverso

un filtro a pieghe, eliminando i primi 10 mL.

• Prima di iniettare in colonna filtrare nuovamente attraverso un filtro da 0,45 µm.

Campione

Sono state analizzate bibite analcoliche, addizionate di CO2, confezionate in lattine di alluminio

da 330 ml oppure in bottiglie di PET da 1,5 l, reperibili nei supermercati locali. Per alcune di esse

era dichiarato l’utilizzo del sodio benzoato come conservante.

Calcolo della concentrazione analitica di benzoati

Per quanto riguarda le bevande, il contenuto di acido benzoico, espresso in mg/L e riportato con una

cifra decimale. La determinazione del tenore di sodio benzoato nei campioni viene eseguita mediante la

tecnica della retta di calibrazione esterna. Il segnale (area del picco) ottenuto, viene confrontato con la retta

che correla il segnale con la concentrazione di soluzioni di benzoato preparate da opportuna diluizione della

soluzione madre concentrata, con acqua bidistillata milliQ.

A questo scopo si preparano 5 soluzioni a concentrazione crescente di analita scelte in modo

tale che la loro media sia il più possibile prossima al tenore di benzoato del campione incognito da

analizzare.

Inoltre i punti curva devono essere proporzionali e ben distribuiti nel range di lavoro prescelto,

in modo da non sbilanciare la linearità della retta in prossimità di un range di concentrazione

confinato e non rappresentativo dell’intervallo d’indagine selezionato.

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Principio del metodo per i soltiti

Il campione viene solubilizzato in acqua e metanolo, viene aggiunto acido cloridrico che libera

l’anidride solforosa e in presenza di acqua ossigenata si trasforma in acido solforico titolabile con

idrossido di sodio. Il numero di equivalenti di idrossido di sodio è uguale al numero di equivalenti

di anidride solforosa presenti nel campione.

Eventuali sostanze interferenti vengono allontanate mediante distillazione a ricadere. La

determinazione quantitativa della presenza della anidride solforosa avviene mediante l’analisi

volumetrica utilizzando l’indicatore fenoftaleina per cogliere il punto di viraggio acido-base.

Il metodo è applicabile alle bevande ed a tutti i prodotti alimentari in un campo di misura

compreso tra 5 e100 mg/l o mg/kg.

Reattivi e Materiali per i solfiti

Tutti i reattivi si intendono puri per analisi, salvo diversamente specificato. Quando si fa

riferimento all’acqua, ai fini della dissoluzione, della diluizione o del lavaggio, deve intendersi

acqua deionizzata di qualità 2 o superiore (vedi norma UNI EN ISO 3696), come quella prodotta

mediante il sistema di purificazione “Elix 10/MilliQ” della Millipore, apparentemente alla D7 o

sistemi equivalenti, salvo diversamente specificato.

• Acqua ossigenata 120 volumi.

• Acqua ossigenata diluita

• Metanolo p.a.

• Acido cloridrico p.a.

• Soluzione di idrossido di sodio 0,01N.

• Soluzione indicatrice di fenoftaleina

Apparecchiatura e vetreria

• Bilancia di precisione con risoluzione 0,0001 g

• Apparecchiatura da distillazione a ricadere con due ampolle di raccolta del gas.

• Pipette di vetro da 50 mL di classe A

• Cilindro graduato da 50 ml

• Buretta da 50 ml classse A divisione 0,5 ml.

Preparazione e analisi del campione

• Omogeneizzazione del campione mediante omogeneizzatore Turbo Homogenaizer

HMHF (pbi).

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40

• Una aliquota del campione viene pesata e aggiunta di metanolo e acido cloridrico.

• Si riscalda per ottenere la liberazione dell’anidride solforosa legata.

• Si esegue una distillazione a ricadere utilizzando un gas di trasporto (azoto)

• Il gas liberato viene raccolto in due ampolle contenenti acqua ossigenata.

• Il contenuto delle due ampolle è riunito.

• Si esegue una titolazione con idrossido di sodio 0,01N in presenza di fenoftaleina.

Calcolo della concentrazione analitica

L’analisi e la determinazione dei solfiti nei campioni analizzati viene eseguita mediante il

calcolo degli equivalenti. Dall’idrossido di sodio consumato si ricava la quantità di equivalenti di

anidride solforosa presenti nell’aliquota campione.

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Principio del metodo per l’aspartame

Il metodo è applicabile alle bevande e ai prodotti da confetteria. Il campione viene

omogeneizzato e polverizzato (se solido), l’aspartame viene portao in soluzione con una miscela di

tampone e metanolo, filtrato aggiunto dello standard interno e iniettato in HPLC.

Reattivi e materiali per l’aspartame

Tutti i reattivi si intendono puri per analisi, salvo diversamente specificato. Quando si fa

riferimento all’acqua, ai fini della dissoluzione, della diluizione o del lavaggio, deve intendersi

acqua deionizzata di qualità 2 o superiore (vedi norma UNI EN ISO 3696), come quella prodotta

mediante il sistema di purificazione “Elix 10/MilliQ” della Millipore, apparentemente alla D7 o

sistemi equivalenti, salvo diversamente specificato.

• Alcool metilico per HPLC.

• Tampone fosfato 0.1 M a pH 4.

• Soluzione standard di aspartame.

• Fase mobile, a 600 ml di tampone fosfato vengono aggiunti 400 ml di metanolo.

• N-acetil-L-tirosina etilestere monoidrato

Apparecchiatura e vetreria per la determinazione dell’aspartame

• Cromatografo liquido ad alta risoluzione con rivelatore UV a 210 nm.

• Colonna HPLC C 18 25 cm x 4 mm.

• Filtri a membrana da 0.45 ,um.

• Bilancia analitica.

• Matracci tarati.

Preparazione e analisi del campione

Si preleva una aliquota di campione contenente circa 30 mg di aspartame, si introduce in un

matraccio tarato, si solubilizza si aggiunge lo standard interno, si porta a volume con la fase mobile

e si filtra. Il campione così ottenuto viene portato all’analisi cromatografica. Si calcolano i fattori

correttivi per lo standard interno utilizzando due standard di aspartame da 250 e da 350 mg/l.

Calcolo della concentrazione analitica

Per quanto riguarda le bevande, il contenuto di aspartame, è espresso in mg/l. La

determinazione del tenore di aspartame nei campioni viene eseguita mediante la tecnica dello

standard interno, confronto diretto su standard.

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42

Principio del metodo per l’acesulfame

Il metodo è applicabile alle bevande e ai prodotti da confetteria. Il campione viene omogeneizzato e

polverizzato (se solido), l’acesulfame viene portao in soluzione con una miscela di tampone e

metanolo, filtrato e iniettato in HPLC.

Reattivi e materiali per l’acesulfame

Tutti i reattivi si intendono puri per analisi, salvo diversamente specificato. Quando si fa

riferimento all’acqua, ai fini della dissoluzione, della diluizione o del lavaggio, deve intendersi

acqua deionizzata di qualità 2 o superiore (vedi norma UNI EN ISO 3696), come quella prodotta

mediante il sistema di purificazione “Elix 10/MilliQ” della Millipore, apparentemente alla D7 o

sistemi equivalenti, salvo diversamente specificato.

• Alcool metilico per HPLC.

• Tampone fosfato 0.1 M a pH 4.

• Soluzione standard di acesulfame.

• Fase mobile, a 950 ml di tampone fosfato vengono aggiunti 50 ml di metanolo.

Apparecchiatura e vetreria per la determinazione dell’acesulfame

• Cromatografo liquido ad alta risoluzione con rivelatore UV a 210 nm.

• Colonna HPLC C 18 25 cm x 4 mm.

• Filtri a membrana da 0.45 ,um.

• Bilancia analitica.

• Matracci tarati.

Preparazione e analisi del campione

Si preleva una aliquota di campione contenente circa 200 mg di acesulfame, si introduce in un

matraccio tarato, si solubilizza e si porta a volume con la fase mobile e si filtra. Il campione così

ottenuto viene portato all’analisi cromatografica.

Calcolo della concentrazione analitica

Per quanto riguarda le bevande, il contenuto di acesulfame, espresso in mg/l. La determinazione del

tenore di acesulfame nei campioni viene eseguita mediante la tecnica della retta di calibrazione esterna. Il

segnale (area del picco) ottenuto, viene confrontato con la retta che correla il segnale con la concentrazione

di soluzioni di acesulfame preparate da opportuna diluizione della soluzione madre concentrata, con acqua

bidistillata milliQ.

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43

A questo scopo si preparano 4 soluzioni a concentrazione crescente di analita scelte in modo

tale che la loro media sia il più possibile prossima al tenore di acesulfame del campione incognito

da analizzare.

Inoltre i punti curva devono essere proporzionali e ben distribuiti nel range di lavoro prescelto,

in modo da non sbilanciare la linearità della retta in prossimità di un range di concentrazione

confinato e non rappresentativo dell’intervallo d’indagine selezionato.

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44

Risultati e valutazioni dell’intake Benzoati

I dati ottenuti dalle analisi effettuate mostrano un contenuto di benzoati entro i limiti di legge

per la quasi totalità dei campioni analizzati (D.M. 209/96 allegato XI parte A). I campioni analizzati

hanno i seguenti contenuti medi di benzoati: aranciate 129 mg/l, limonate 121 mg/l, bevande a base

di cola 0 mg/l, bevande aromatizzate 116 mg/l, bevande light 42 mg/l. Le bevande a base di cola

non hanno evidenziato presenza di benzoati.

In tabella 11 sono riportati i risultati delle analisi dei benzoati presenti nei soft drink analizzati.

Tabella 11 – Risultati delle concentrazioni di benzoati riscontrate nei soft drink commercializzati in Italia

Prodotto n. campioni Media

mg/l

Scarto tipo della

media

Valore min.

mg/l

Valore max.

mg/l

Aranciata 50 128,90 5,80 50,00 215,00

Limonata 50 120,8 9,69 45,00 215,00

Bevande a base

di cola

9 0,00 0,00 0,00 0,00

Bevande

aromatizzate

50 116,20 7,12 45,00 164,00

Bevande light 50 41,90 11,07 4,00 147,00

La concentrazione media di benzoato riscontrata nei 209 campioni è pari a 97 mg/l, mentre la

mediana è di 122 mg/l. Nella tabella 12 sono riportati i valori di intake, dovuti all’assunzione

attraverso la dieta dei soft drink, per la popolazione media italiana dei soli consumatori e di alcune

fasce di popolazione.

Il calcolo delle assunzioni è stato effettuato moltiplicando il livello medio di benzoati (mg/l)

nell’alimento per il consumo (g) dell’alimento e dividendo il prodotto per il peso medio corporeo

delle diverse fasce di popolazione considerate (dati al consumo e antropometrici ricavati

dall’indagine condotta dall’INRAN).

Si riportano nei grafici 2, 3 e 4 l’intake di benzoati dei soli consumatori in Italia,

rispettivamente media, 95th percentile e 97th percentile.

Il termine “soli consumatori” (only consumer) si riferisce alla porzione di popolazione che

consuma regolarmente le bevande analcoliche.

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45

Tabella 12 - Intake dei benzoati “soli consumatori” per categorie di età e sesso (mg/kg pc/die)

Solo consumatori Tipo Tutte le

età Bambini Adolescenti

maschi Adolescenti femmine

Adults maschi

Adults femmines

Anziani maschi

Anziani femmine

Media 0,18 0,32 0,35 0,26 0,18 0,18 0,10 0,20

%ADI media 3,65 6,47 6,92 5,24 3,64 3,56 2,06 4,01

95th percentile 0,46 0,74 0,93 0,67 0,46 0,42 0,26 0,53

% ADI 95th percentile 9,19 14,88 18,70 13,45 9,25 8,33 5,30 10,55

99th percentile 0,82 1,04 1,81 1,05 1,00 0,75 0,26 0,58

% ADI 97th percentile 16,35 20,83 36,28 21,09 20,26 14,99 5,30 11,55

Grafico n.2 – Intake di benzoati in Italia - medie

Intake di benzoati in Italia

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% Medie

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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46

Grafico n.3 – Intake di benzoati in Italia - 95th percentile

Intake di benzoati in Italia

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

16,00

18,00

20,00

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 95th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato. Grafico n.4 – Intake di benzoati in Italia - 97th percentile

Intake di benzoati in Italia

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 97th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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47

Solfiti

Per l’anidride solforosa, sono state condotte analisi sui prodotti freschi (tal quale) e su alimenti

sottoposti a processo di cottura. Ciò in quanto le caratteristiche chimico-fisiche dell’anidride

solforosa determinano modifiche delle concentrazioni di additivo in base al trattamento termico del

prodotto alimentare.

Essendo la valutazione dell’assunzione con la dieta lo scopo principale dello studio è necessario

conoscere i livelli di presenza dell’additivo nell’alimento pronto al consumo. I campioni analizzati

sono stati prelevati allo scopo di rendere rappresentativo il prelievo degli alimenti da sottoporre ad

analisi, la selezione dei campioni è stata condotta tenendo conto della diffusione dei prodotti

nell’ambito della rete di distribuzione commerciale prevedendo per ogni categoria merceologica il

prelievo di campioni dell’articolo più significativo sotto il profilo del consumo. Sono sotto riportati

le tipologie e il numero dei campioni analizzati.

Tabella 13 – Risultati della ricerca dell’anidride solforosa in alcuni campioni sottoposti ad analisi

Tipologia di prodotto Numero di campioni

mg/kg o mg/l anidride solforosa

(valore medio)

Intervallo (mg/kg o mg/l)

Gamberi, Scampi e Mazzancolle congelati 32 165 0-458

Gamberi, Scampi e Mazzancolle cotti 44 112 0-238

Carne bovina più verdure 10 13 0-36

Vini rossi e bianchi 69 62 16-121

Frutta secca 10 31 5-70

I risultati sono stati ottenuti mediante analisi volumetrica per distillazione con metodo validato secondo la norma ISO 17025, i campioni sono stati ripetuti in doppio.

Le medie pesate di solfiti erano: nel vino di 62 mg/l; nei crostacei congelati (gamberi,

mazzancolle e scampi) di 165 mg/kg; nei crostacei cotti (gamberi, mazzancolle e scampi) di 112

mg/kg; nella carne bovina addizionata di verdura di 13 mg/kg; nella frutta secca di 31 mg/kg.

I dati al consumo forniti dall’INRAN per i pesci congelati e conservati sono stati corretti in base

ai consumi reali di queste tre specie di pesce analizzati. Sono stati utilizzati i dati forniti da

Assoittica dell’anno 2003, da cui risulta che a fronte di un totale di 62148 tonnellate di pesce di

mare consumate in Italia, solo 3762 tonnellate sono delle tre specie analizzate. Nelle tabelle 15 e 16

sono riportati i valori di intake, dovuti all’assunzione attraverso la dieta di tutti gli alimenti

analizzati, per la popolazione media italiana, per i soli consumatori, e per alcune fasce di

popolazione.

Per il calcolo delle assunzioni è stato utilizzato lo stesso approccio descritto precedentemente

per il calcolo dei benzoati.

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48

Si riportano nei grafici 6, 7 e 8 l’intake di solfiti in Italia, rispettivamente media, 95th percentile

e 97th percentile.

Il termine “soli consumatori” si riferisce alla porzione di popolazione che consuma

regolarmente gli alimenti presi in considerazione.

Tabella 14 - Intake dei benzoati “soli consumatori” per categorie di età e sesso (mg/kg pc/die)

Solo consumatori Tipo Tutte le

età Bambini Adolescenti

maschi Adolescenti femmine

Adults maschi

Adults femmines

Anziani maschi

Anziani femmine

Media 0,104 0,051 0,035 0,031 0,127 0,082 0,172 0,105

%ADI media 14,90 7,30 5,00 4,40 18,1 11,8 24,60 15,00

95th percentile 0,341 0,123 0,120 0,074 0,371 0,278 0,433 0,315

% ADI 95th percentile 48,70 17,60 17,20 10,60 52,9 39,70 61,9 45,00

99th percentile 0,560 0,203 0,161 0,104 0,553 0,382 0,569 0,519

% ADI 97th percentile 80,00 29,00 22,90 14,90 79,00 54,50 81,30 74,2

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49

Grafico n.5 – Intake di solfiti in Italia - medie

Intake di solfiti in Italia

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% Medie

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

Grafico n.6 – Intake di solfiti in Italia – 95th percentile

Intake di solfiti in Italia

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 95th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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50

Grafico n.7 – Intake di solfiti in Italia – 97th percentile

Intake di solfiti in Italia

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 97th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato. Grafico n.8 – Contributo dei vari alimenti analizzati all’intake dei solfiti in Italia

Contributi all'intake di solfiti in Italia

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I%

VinoPesce fresco e congelatoPesce conservatoCarne bovina + verdureFrutta secca

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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51

Edulcoranti sintetici

Per gli edulcoranti sintetici, sono state condotte analisi su bevande aromatizzate, prodotti dolciari, e

yogurth ipocalorici.

Aspartame

Tabella 15 – Risultati conclusivi della ricerca aspartame (prodotti alimentari nei quali la presenza dell’aspartame è dichiarata in etichetta)

Tipologia di prodotto Numero di campioni

mg/kg aspartame

(valore medio)

Intervallo (mg/kg)

Bevande aromatizzate varie 10 485 340-558

Caramelle ipocaloriche 10 732 650-896

Microconfetti ipocalorici aromatizzati 10 5080 4660-5700

Chewing-gum ipocalorici 10 4380 3574-5300

Yogurth ipocalorici 10 670 335-990

I risultati sono stati ottenuti mediante il metodo HPLC-DAD con validazione secondo la norma ISO 17025, i campioni sono stati ripetuti in doppio.

Le medie dei risultati analitici ottenuti sono state correlate con i dati al consumo per ogni tipologia

di prodotto in modo da ottenere l’intake della popolazione italiana per quel prodotto alimentare. Gli

intake per ogni prodotto alimentare sono stati sommati per ottenere il dato finale di intake totale per

l’additivo preso in esame. L’intake totale reale per ogni additivo è stato confrontato con l’ADI per

valutare la percentuale media di assunzione giornaliera dell’additivo rispetto al limite fissato.

L’elaborazione è stata eseguita anche per le fasce di popolazione vulnerabile e per gli alti consumi

95 e 97th percentile.

Per il calcolo delle assunzioni è stato utilizzato lo stesso approccio descritto precedentemente

per il calcolo dei benzoati.

Si riportano nei grafici 9, 10 e 11 l’intake di aspartame in Italia, rispettivamente media, 95th

percentile e 97th percentile.

Il termine “soli consumatori” si riferisce alla porzione di popolazione che consuma

regolarmente gli alimenti presi in considerazione.

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52

Tabella 16 - Intake di aspartame in “soli consumatori” per categorie di età e sesso (mg/kg pc/die)

Solo consumatori Tipo Tutte le

età Bambini Adolescenti

maschi Adolescenti femmine

Adults maschi

Adults femmines

Anziani maschi

Anziani femmine

Media 1,371 2,408 2,070 1,667 1,345 1,416 1,199 1,519

%ADI media 3,4 6,0 5,2 4,2 3,4 3,5 3,0 3,8

95th percentile 3,594 6,183 5,433 4,299 3,574 3,459 3,526 4,028

% ADI 95th percentile 9,0 15,5 13,6 10,7 8,9 8,6 8,8 10,1

99th percentile 6,128 7,982 9,983 7,281 7,782 5,826 3,860 4,975

% ADI 97th percentile 15,3 20,0 25,0 18,2 19,8 14,6 9,6 12,4

Grafico 9 – Intake di aspartame in Italia - medie

Intake di aspartame in Italia

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% Medie

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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53

Grafico 10 – Intake di aspartame in Italia – 95th percentile

Intake di aspartame in Italia

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

16,0

18,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 95th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

Grafico 11 – Intake di aspartame in Italia - 97th percentile

Intake di aspartame in Italia

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 97th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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54

Grafico 12 – Contributi dei vari alimenti analizzati all’intake di aspartame in Italia

Contributi all'intake di aspartame in Italia

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I%

Caramelle, microconfetti,chewing gum e yogurthipocaloriciBevande aromatizzate

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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55

Acesulfame

Tabella 17 – Risultati conclusivi della ricerca acesulfame (prodotti alimentari nei quali la presenza dell’acesulfame è dichiarata in etichetta)

Tipologia di prodotto Numero di campioni

mg/Kg acesulfame

(valore medio)

Intervallo (mg/kg)

Bevande aromatizzate varie 10 240 188-340

Caramelle ipocaloriche 10 392 288-490

Microconfetti ipocalorici aromatizzati 10 1880 1500-2228

Chewing-gum ipocalorici 10 1680 1050-1990

Yogurth ipocalorici 10 270 221-340

I risultati sono stati ottenuti mediante il metodo HPLC-DAD con validazione secondo la norma ISO 17025, i campioni sono stati ripetuti in doppio.

Tabella 18 - Intake di acesulfame in “soli consumatori” per categorie di età e sesso (mg/kg pc/die)

Solo consumatori Tipo Tutte le

età Bambini Adolescenti

maschi Adolescenti femmine

Adults maschi

Adults femmines

Anziani maschi

Anziani femmine

Media 0,629 1,107 0,988 0,787 0,619 0,645 0,520 0,697

%ADI media 4,2 7,4 6,6 5,2 4,1 4,3 3,5 4,6

95th percentile 1,640 2,797 2,607 2,027 1,634 1,565 1,511 1,845

% ADI 95th percentile 10,9 18,6 17,4 13,5 10,9 10,4 10,1 12,3

99th percentile 2,815 3,654 4,842 3,389 3,556 2,661 1,640 2,239

% ADI 97th percentile 18,8 24,4 32,2 22,6 23,7 17,7 10,9 14,9

Per il calcolo delle assunzioni è stato utilizzato lo stesso approccio descritto precedentemente

per il calcolo dei benzoati.

Si riportano nei grafici 13, 14 e 15 l’intake di acesulfame in Italia, rispettivamente media, 95th

percentile e 97th percentile.

Il termine “soli consumatori” si riferisce alla porzione di popolazione che consuma

regolarmente gli alimenti presi in considerazione.

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56

Grafico 13 – Intake di acesulfame in Italia - medie

Intake di acesulfame in Italia

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

8,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% Medie

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

Grafico 14 – Intake di acesulfame in Italia – 95th percentile

Intake di acesulfame in Italia

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

16,0

18,0

20,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 95th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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57

Grafico 15 – Intake di acesulfame in Italia – 97th percentile

Intake di acesulfame in Italia

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I% 97th percentile

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

Grafico 16 – Contributi dei vari alimenti analizzati all’intake di acesulfame in Italia

Contributi all'intake di acesulfame in Italia

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

16,0

18,0

Tutte l

e età

M e F

Tutte l

e età

M e F so

lo co

nsum

atori

Bambin

i Me

F

Bambin

i M e

F solo

cons

umato

ri

Adoles

centi

M

Adoles

centi

M so

lo co

nsum

atori

Adoles

centi

F

Adoles

centi

F solo

cons

umato

ri

Adulti

M

Adulti

M solo

cons

umato

ri

Adulti

F

Adulti

F solo

cons

umato

ri

Anzian

i M

Anzian

i M so

lo co

nsum

atori

Anzian

i F

Anzian

i F so

lo co

nsum

atori

Fasce di età

AD

I%

Caramelle, microconfetti,chewing gum e yogurthipocaloriciBevande aromatizzate

Legenda - M = maschi, F = femmine. Solo consumatori = popolazione che consuma l’alimento considerato.

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58

Discussione e conclusioni

Lo studio condotto ha consentito di valutare i livelli di assunzione di alcuni additivi alimentari

con la dieta sia nella popolazione generale che nella popolazione ripartita per sesso e in base all’età.

E’ stata verificata altresì la necessità di utilizzare metodologie ed approcci possibili che

consentono di acquisire dati sui livelli reali di esposizione a queste sostanze.

In particolare per i benzoati la stima è stata effettuata considerando esclusivamente le bevande

analcoliche che risultano l’unica tipologia di alimenti con impiego diffuso di tale additivo e che

rientrano nelle abitudini di consumo alimentare di segmenti di popolazione vulnerabile quali

bambini e adolescenti. I dati per tutte le ipotesi di esposizioni prese in considerazione non hanno

evidenziato superamenti della dose giornalieria accettabile. Le percentuali, nei soli consumatori,

oscillano da 6,92% dell’ADI negli adolescenti maschi a 2,06% dell’ADI negli anziani maschi.

Per i solfiti la diversificazione dei prodotti alimentari in cui trova impiego l’additivo ha reso

necessaria la stima dell’intake sull’intera popolazione.

E’ inoltre necessario sottolineare che le caratteristiche chimico-fisiche dei solfiti comportano

perdite anche significative dell’additivo durante i processi di manipolazione (cottura) domestica. Il

vino, che viene assunto direttamente, determina anche il contributo più rilevante all’intake dei

solfiti.

Nel caso dei solfiti è stato verificato che per alcuni gruppi di popolazione le assunzioni stimate

sono prossime alla DGA. In particolare risulta in prospettiva necessario monitorare l’esposizione

derivante dal consumo di frutta secca nel contesto di prodotti per la prima colazione (fasce di

popolazione bambini/adolescenti). Le percentuali riscontrate, nei soli consumatori, hanno un

intervallo dai 24,60% dell’ADI negli anziani maschi ai 4,40% dell’ADI nelle adolescenti femmine.

L’utilizzo degli edulcoranti nei prodotti alimentari risulta in crescita costante. Alimenti come

bevande, prodotti della confetteria, chewing gum, risultano oggi caratterizzati dall’impiego

preponderante di edulcoranti in sostituzione dello zucchero.

I livelli di esposizione stimati nello studio mostrano per tutte le fasce di popolazione quantità

che rientrano nelle dosi raccomandate. Per quanto riguarda l’esposizione all’aspartame i livelli

riscontrati hanno un intervallo dai 6,6% nei bambini ai 3,0 negli anziani maschi, mentre i livelli do

esposizione all’acesulfame hanno intervalli dai 7,4% dell’ADI dei bambini ai 3,5% dell’ADI nei

maschi anziani.

Tale scenario sarebbe errato valutarlo con approccio totalmente ottimistico in quanto le

modifiche di attitudine al consumo di tali alimenti sono molto rapide e non sono registrate con la

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59

tempistica dovuta nell’ambito dei dati al consumo disponibili. A questo si aggiunge la crescente

attenzione della tossicologia a valutare la sicurezza d’uso di tali additivi.

L’EFSA è infatti chiamata ad una continua rivalutazione di tali sostanze (vedi il recente caso

dell’aspartame) alla luce delle nuove informazioni scientifiche disponibili.

Anche in questo caso l’approccio metodologico utilizzato fornisce un modello che il sistema

nazionale di sorveglianza potrebbe usare per rispondere agli obblighi che la normativa comunitaria

prevede in merito ai sistemi di sorveglianza sull’uso degli additivi alimentari.

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