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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973 Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XXXIX - DICEMBRE 2011 - Direttore Nicola Conforti [email protected] http://www.youtube.com/periodicolasorgente facebook La Sorgente Caposele FOTO ARCHIVIO CONFORTI V enite a Caposele U na piccola “città di sorgente” ricca di storia, di religiosità e di tradizioni è qui ad attendervi: una piccola “oasi” di acqua e di verde, una natura incontaminata, un Santuario di fede e di spiritualità attendono da sempre visitatori da ogni parte d’Italia. Dopo la visita a San Gerardo, doverosa quanto obbligatoria, una miriade di piccoli negozi di ricordi e tante attrezzature di ristorazione attendono di essere visitate. E poi lo svago, la cultura ed il relax. A circa un chilometro di distanza trovate l’elemento centrale della storia di Caposele e di tutto il territorio circostante: le meravigliose Sorgenti del Sele con tutte le grandi risorse ad esse collegate. E’ qui che trovate di tutto: storia, cultura, ambiente, gastronomia. Il museo dell’acqua vi racconta tutto del Sele e delle sue implicazioni di ordine sociale e storico. Il museo di Leonardo (in fase di allestimento) con la riproduzione in scala di tutte le macchine inventate da questo grande scienziato soddisfa gli amanti della cultura. La Chiesa della Sanità con la sua storia ultracentenaria e la Chiesa di San Lorenzo, ricostruita dopo il sisma del 1980, con le sue caratteristiche architettoniche di grande opera moderna sono l’ideale per chi predilige l’arte e la fede. Ed infine, il parco fluviale e l’Oasi della Madonnina con la meravigliosa cascata a monte, per chi ama il fresco, la natura e l’aria pulita e salubre. Tante testimonianze, alcune delle quali riportate all’interno di questa pubblicazione, esprimono con franchezza ed entusiasmo il convincimento che spettacoli naturali come questi è difficile trovare altrove. Infine un invito: venite a Caposele, ”città di sorgente”, dove l’atmosfera di grande ospitalità e di cordiale amicizia saprà trasformare un breve soggiorno in una esperienza indimenticabile. Nicola Conforti "UN POPOLO DA RICOSTRUIRE" RECENSIONE DELLA RICERCA ATROPOLOGICA DI TERESA CARUSO 83 ARCHIVIO CONFORTI

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Il numero di dicembre 2011

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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973

Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XXXIX - DICEMBRE 2011 - Direttore Nicola Conforti

[email protected]://www.youtube.com/periodicolasorgente facebook La Sorgente Caposele

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Venite a Caposele

Una piccola “città di sorgente” r icca di storia, di religiosità e

di tradizioni è qui ad attendervi: una piccola “oasi” di acqua e di verde, una natura incontaminata, un Santuario di fede e di spiritualità attendono da sempre visitatori da ogni parte d’Italia.

Dopo la visita a San Gerardo, doverosa quanto obbligatoria, una miriade di piccoli negozi di ricordi e tante attrezzature di ristorazione attendono di essere visitate. E poi lo svago, la cultura ed il relax. A circa un chilometro di distanza trovate l’elemento centrale della storia di Caposele e di tutto il territorio circostante: le meravigliose Sorgenti del Sele con tutte le grandi risorse ad esse collegate. E’ qui che trovate di tutto: storia, cultura, ambiente, gastronomia. Il museo dell’acqua vi racconta tutto del Sele e delle sue implicazioni di ordine sociale e storico.

Il museo di Leonardo (in fase di allestimento) con la riproduzione in scala di tutte le macchine inventate da questo grande scienziato soddisfa gli amanti della cultura. La Chiesa della Sanità con la sua storia ultracentenaria e la Chiesa di San Lorenzo, ricostruita dopo il sisma del 1980, con le sue caratteristiche architettoniche di grande opera moderna sono l’ideale per chi predilige l’arte e la fede.

Ed infine, il parco fluviale e l’Oasi della Madonnina con la meravigliosa cascata a monte, per chi ama il fresco, la natura e l’aria pulita e salubre. Tante testimonianze, alcune delle quali riportate all’interno di questa pubblicazione, esprimono con franchezza ed entusiasmo il convincimento che spettacoli naturali come questi è difficile trovare altrove.

Infine un invito: venite a Caposele, ”città di sorgente”, dove l’atmosfera di grande ospitalità e di cordiale amicizia saprà trasformare un breve soggiorno in una esperienza indimenticabile.

Nicola Conforti

"UN PoPolo da riCostrUire"RECEnSIOnE DELLa RICERCa atROpOLOGICa DI tERESa CaRuSO

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.832

direttore Nicola Conforti

in copertina- Il SANTuARIO dI SAN GeRARdO- RICHIAmI Su AlCuNI ARGOmeNTI

83 direttoreNicola Conforti

da Vicenza : Franco Coppola

Caro direttore, Purtroppo, e me ne pento, non ho avuto

modo di visitare l’Oasi della Madonnina ma non mancherò al prossimo viaggio a Caposele. Ne ho sentito parlare e apprezzo gli sforzi che tutti insieme state compiendo per far crescere il paese. So anche che non è facile superare certe situazioni ma conoscendovi, tutto andrà per il meglio. Se posso fare qualcosa per Caposele e per la Sorgente fammi sapere.

Franco.

Da Bologna - Cettina Ciccone

Caro direttore,Mi complimento con te per le bellissime

4 foto inviate con le due e-mails di oggi.Ritengo che rappresentino un vero

miracolo della natura e considero quei luoghi come vere oasi di relax.

La ricchezza della vegetazione arricchisce ancora di più le bellezze della cascata e di tutto il corso d'acqua di cui è ricco il fiume Sele, senza il quale non si sarebbe potuto sviluppare la vita nelle nostre zone.

Spetta all'uomo salvaguardare tali meraviglie!

Riconosco anche il merito di chi ha effettuato le riprese fotografiche scegliendo inquadrature con abilità;

solo un esperto ed un appassionato,come te, poteva realizzare tali bellezze.

Salvo casi imprevedibili, penso di poter partecipare all'inaugurazione del 18 agosto, per osservare dal vivo un così grande spettacolo della natura.

da Pordenone: rocco Freda

Carissimo Nicola,Nel darti conferma di aver ricevuto la

posta che mi hai inviato, e assicurandoti di aver ricevuto anche il numero de "La sorgente", ti ringrazio infinitamente per le belle ed affettuose espressioni che mi hai rivolto (...io penso con eccessiva generosità!),confermandoti che esse parole mi hanno procurato tutto il brivido e la commozione di chi, sentendo parlare di "patria" in queste ore di particolare congiuntura politica, a maggior ragione prova grandi emozioni nel sentirsi lodare per aver donato il proprio amore in modo speciale al luogo che gli ha dato i natali! l'unica pecca è che a Pordenone i miei conoscenti provano invidia per le bellezze natur ali che io illustro per quel che esiste a Caposele,e rimangono increduli,perchè quì queste bellezze naturali(vedi l'Oasi della Madonnina,ora!), pur esistendo, ed essendo naturalmente rilevanti,non sono uguagliabili alle loro, checchè se ne dica! tanto per fare un esempio:l'acquedotto Pugliese,opera di cui "il mondo non conosce l'eguale" lo abbiamo solo noi, anche se a Pordenone le "chiari, fresche e dolci acque"con la loro genuinità leniscono la nostalgia dela vita trascorsa sul posto.

Scriverò ancora, anzi invierò una osservazione personale al "Direttore de La Sorgente" (che sei tu) su una nota di un articolo in essa contenuto, e che riguarda indirettamente un caso personale, come tu, poi, rileverai.

Niente di eclatante, comunque.Per ora approfitto dell'occasione, per

riferire a te, ancora una volta,un "grazie di esistere" per tutti i caposelesi vicini e lontani, di qualsiasi estrazione essi siano, perchè è grazie alla tua immagine che la vita comunitaria viene vissuta con rassegnazione!

Cordialità a te ed a tutti i tuoi cari.

da roma: Memmo Cagiola

Gentile direttore, con piacere le scrivo per congratularmi

con lei per il periodico LA SORGENTE da lei diretto.

Lo trovo sempre interessante e variegato perchè è sempre presente la cultura di oggi e di allora, con la cronaca sempre "pulita", i richiami al passato, ricco di foto di tutti i tempi e tutto questo, in particolare, ne sono convinto, è un piatto nuovo per i giovani, l'attaccamento alle radici. Complimenti.

Ho conosciuto Caposele in un momento bruttissimo, una ferita profonda nel cuore per quanto ho visto il 24 novembre, ferita che nonostante abbia visto la nuova Caposele, rimane: non si dimenticano certe visioni, i pianti, la disperazione.

Perchè amo Caposele! Ci sono ritornato nel decennale e nel ventennale ed ho ammirato con quanta solerzia i cittadini e le Autorità hanno mantenuto quell'impegno forte preso sotto la pioggia, tra gli ulivi dietro alla Sanità, al riparo di grossi teloni di plastica, impegno rinnovato negli incontri nella Accoglienza da noi realizzata con i giovani del Don Guanella.

Era tremendamente freddo ma si leggeva negli occhi la sicurezza con cui si impegnavano.

Ditelo ai giovani, non stancatevi perchè il terremoto ha sì distrutto la cittadina ma ha esaltato la volontà, la certezza della rinascita, la fede in se stessi, la condivisione, la vicinanza.

Non voglio stancarla Direttore però termino, me lo permetta, sottolineando il mio vivo apprezzamento per la sua iniziativa illustrata nell'articolo "CAPOSELE TURISTICA" e al riguardo le faccio i più cari auguri di successo.

Cordialmente

da Bologna: agostino saracco

Pregiatissimo dott. Ing. Conforti.Ho ricevuto, da me graditissimo, l'invito

che Lei così cortesemente mi ha voluto inviare allegandovi anche l'elenco degli articoli che costituiranno il n° 82 del de "LA SORGENTE".

I problemi di tipo logistico dovuti al viaggio che dovrei affrontare, nonchè quelli dovuti alla mia non più giovane età, mi impediscono di aderire a Suo gentile pensiero per avermi annoverato tra gli estimatori del giornale da Lei così ben diretto.

Sono quindi costretto, mio malgrado e con rammarico, a rinunciare ad una tale partecipazione che mi avrebbe consentito di conoscere Lei personalmente ed anche di poter colloquiare con qualche Suo collaboratore, specialmente con autori di articoli nei quali ho riscontrato notevoli livelli culturali.

Rinnovo pertanto il mio sentito ringraziamento per il lusinghiero invito da Lei rivoltomi ed in questa occasione Le porgo i mie sinceri e cordialissimi saluti.

da Milano: Nicola d’auria

Carissimo ingegnere,sono contento e anche sollevato nel

constatare che questa volta sono forse riuscito a farmi comprendere meglio. Soprattutto nell'esprimere il mio sentimento di gratitudine e di affetto per la Pro- Loco e le tante sue proposte eccellenti che in particolare durante gli anni settanta sembravano preannunciare a Caposele un futuro da illuminato borgo rustico , quali certi paesi della Toscana o dell'Umbria.

Quindi sono onorato di comparire sulla "Sorgente", sebbene con uno scritto e su un tema non all'altezza dei contenuti generalmente ivi trattati.

Mi piacerebbe concedermi una gratificante divagazione nella ricca aneddotica sportiva di Caposele (o su altro) e di riuscire a mettere qualcosa per iscritto, ma è un compito arduo che necessiterebbe innanzitutto di tempo, per un minimo di ricostruzione accurata dei fatti oltre che di qualità di rappresentazione. Comunque ti ringrazio per la fiducia e se dovessi riuscire a produrre qualcosa non mancherò di sottoporvela.

Anche a causa delle poche occasioni, non abbiamo mai potuto approfondire le nostre opinioni, nella prospettiva di un qualche contributo.

Il dialogo forse è stato anche reso più problematico da certe dinamiche di Caposele, che tendono a rendere estreme posizioni solo lievemente discordanti, talvolta fino a creare delle artificiose contrapposizioni.

Come quella tra la "Tre campanili" e la corsa che da 23 anni facciamo a Laceno, riservata ai soli caposelesi.

Quest'ultima venne istituita proprio per stimolare l'applicazione dei nostri concittadini (in un confronto tra partecipanti di livello inferiore, ma di provenienza omogenea; in un posto un po' nascosto, ma su un percorso agevole) anche allo scopo di meglio figurare in futuro, al cospetto di semi-professionisti provenienti da tutta la Campania.

In def in i t iva s i r iconosceva implicitamente che avevate ragione, nel sostenere che non era nè bello nè utile soffocare la "Tre campanili" nella dimensione ultralocale che sarebbe scaturita se mai si fosse accettata la richiesta di impedire la partecipazione ai forestieri. Contraddicendo la vocazione di ospitalità di Caposele (non a caso a Teora fecero una scelta diversa ...).

E quindi si fece un'altra corsa per soddisfare esigenze diverse.

Quindi, lungi dal contrapporsi, la "Stralaceno" in realtà voleva giustapporsi alla "Tre campanili" e molti partecipanti di quest'ultima, hanno incominciato a

gareggiare a Laceno. Quanto alla prossima "Tre campanili"

oltre alla mia partecipazione e ai miei consueti suggerimenti, prometto di farmi carico presso gli "Amatori R.S." di ricercare una forma praticabile di collaborazione.

Ne riparleremo a tempo debito; nel salutarti ti ringrazio ancora per questo contatto che ravviva il mio senso di appartenenza alla nostra amata comunità.

da salerno: luca di Masi

Gentile Nicola,spero di visitare entro il mese di

settembre l'Oasi della Madonnina con alcuni amici appassionati di montagna. Apprezzo e condivido Il Tuo/ Vostro sforzo per far conoscere e valorizzare il patrimonio ambientale e artistico esistente nel territorio di Caposele

Questo fermento intellet tuale mi rammenta con piacere l'opera dell'amico Nicola Filippone, un pioniere nell''archeologia del paesaggio... un convinto assertore di un apparente capitale "minore" da ammirare nella Valle del Sele. Sarebbe bello ricordarlo, come la pensi?

Ci sentiamo prossimamente

Lettere in redazione

Da Trento: Gilda Conforti

Caro Direttore,dopo averti visto e parlato con te

dell'oasi della Madonnina, devo dire che il tuo entusiasmo mi contagiò quel giorno, e così, quello stesso pomeriggio, sono stata a vedere quel meraviglioso scorcio insieme a Donata, Francesca e Olindo.

Avevi ragione tu: è un piccolo pezzo di paradiso.

Con gioia ti mando le foto che ho fatto alle mie bimbe insieme a quelle di Mariafiorenza davanti alla cascata.

Grazie per il tuo messaggio

da acerra: eugenio russomanno

Caro direttore,proprio oggi ho visitato l'Oasi della Madonnina:veramente bella, sicuramente da valorizzare.Non ho capito però cosa c'entra la madonnina...un caro saluto

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 83

Cultura

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di Gerardo CeresIL CORSO DELLE COSE

(la cuccuvaia)

Tra le figure eminenti di questa generazione di caposelesi vi era di sicuro Amerigo Del Tufo, medico

condotto, molto apprezzato anche come pediatra. Egli fu il primo sindaco eletto del dopoguerra. Dopo quell’esperienza ha sempre esercitato una forte influenza nella politica cittadina. Quasi fosse un’eminenza grigia, ascoltata e sempre tenuta in considerazione.

Di certo f igura molto acuta ed intelligente, sorniona ed ironica. Passare del tempo con lui non era mai un perder tempo. Negli anni dopo il terremoto del 1980 trascorreva molto del suo tempo libero con alcuni giovincelli capitanati da Antonio Sena. Ed io tra questi.

L’ultima volta che siamo stati insieme è stata una serata tirata fino a tardi. Serata stranamente calda di metà dicembre. Seduti sugli scalini del vecchio palazzo scolastico di piazza Dante si discuteva delle tante e solite amenità della vita quotidiana. Dal costone della pietra dell’Orco, che sovrasta il centro abitato, giungeva con sempre maggiore insistenza il canto (per meglio dire, un lamento) di una cuccuvaia.

La cuccuvaia è il sostantivo dialettale della civetta. Il canto della cuccuvaia, specie quando prolungato, è anticipatorio di cattivi presagi, almeno nella nostra tradizione popolare. La civetta veniva usata generalmente dai cacciatori come esca per le prede. Da qui l’idea che il suo canto anticipi la morte di qualcuno.

A questo pensava Amerigo Del Tufo nel commentare il canto proveniente dalla boscaglia a monte. E ci raccontò un episodio accaduto ad un suo collega di Calabritto, il medico Di Trolio. Questi fu di notte chiamato per un’emergenza. Una signora sentiva che stava per morire. Quella notte nevicava come poche altre volte. L’aria in paese era silenziosa e soffice come la neve che fuori cadeva.

Giunto al capezzale della signora, il medico fece un primo esame clinico, misurò la pressione arteriosa, auscultò i bronchi e i polmoni. Insomma non fu per nulla avaro nella valutazione complessiva. Ne dedusse che la signora non solo non stava morendo, ma che addirittura le sue condizioni potevano dirsi quasi invidiabili.

La signora non riuscì a trattenere un moto di ribellione: “ma come, ma che dite? ‘I sto murenn”.

“Signora potete dire quello che volete, ma voi state bene, non avete niente”, aggiunse il medico.

Dopo tante insistenze, la signora pronunciò finalmente la sua verità: “dottò, ma allora vuie nun vulite capì. ma la sentite la cuccuvaia? Questa stai cantann’ p’ me!”.

Di Trolio, allora, con santa pazienza tentò di spiegarle che quella era una credenza popolare che mal si conciliava con la certezza della scienza e, nel suo caso, della scienza medica. La signora non volle

sentire ragioni che fossero diverse dal suo fermo convincimento. Dopo un’ultima, faticosa resistenza, Di Trolio cedette, sopraffatto.

“Signora, sì, avete ragione, solo che c’è un però: la cuccuvaia non sta cantando per voi, ma per il vostro vicino”. La signora, quindi, placò la sua funebre ansia e pensando di averla scampata anche quella volta ringraziò il medico per averle deviato le attenzioni della cuccuvaia, a favore del vicino. Il quale, vivendo nell’appartamento adiacente ed essendo quelle abitazioni di edilizia economica e popolare, le cui pareti sono notoriamente sottili come carta velina, sentì tutta la conversazione tra la signora e il Dottore di Trolio.

Stanco per l’inatteso e fuorviante impegno notturno, quella mattina Di Trolio dormì un po’ più del solito. Peraltro, continuava a nevicare e le strade di Calabritto erano al limite della percorribilità. Uscendo di casa, prima di dirigersi verso lo studio, decise di andare al bar a bere un caffè.

Entrò, si avvicinò al bancone e ordinò il solito caffè macchiato. Nell’avvicinare la tazzina alle labbra, non capì più nulla. La tazza si infranse all’altezza degli occhi, rovesciandosi e cadendo per terra. Un dolore alla nuca si materializzò solo qualche secondo dopo aver ricevuto il colpo, che gli parve potesse essere stato causato da un sonoro ceffone.

Si girò impaurito e dietro di sé vide la figura imbronciata di Carluccio ‘r coccia, che aggiunse di soppianto: “e ‘rimmellu pur’ mo: p’ chi cantava stanott la cuccuvaia?…”

Sugli scalini del palazzo scolastico si liberò una risata vera che durò qualche minuto. Amerigo del Tufo, lusingato per l’effetto provocato dal racconto sul suo collega di Calabritto, si alzò e facendo capire che s’era fatto troppo tardi, ci lasciò con una domanda cui nessuno, ovviamente, diede risposta: “sta cuccuvaia p’ chi stai cantann?”. Sorrise e si avviò verso casa.

Fu l’ultima volta che lo vedemmo vivo. La mattina dopo sarebbe andato a Napoli, dove vivevano i figli, a vedere la partita di campionato della sua squadra del cuore. Quel fine settimana si ammalò di una banale influenza.

Quando, tra natale e capodanno, del tutto inattesa giunse la notizia della sua morte, il primo pensiero andò alla cuccuvaia che, con insistenza, cantava in quella calda notte di metà dicembre, appena due settimane prima.

(di già?)

Si è già accennato alla figura di Don Ciccio Caprio. Lo ricordo come persona sempre gentile, con modi

signorili, disponibile all’ascolto e al sorriso rassicurante. Assolutamente non snob, contrariamente a quello che poteva far intendere il suo portamento da vecchio

Lord inglese. E il fatto che fosse Sindaco di Caposele non modificava affatto questo suo atteggiamento.

Egli non disdegnava mai occasioni conviviali e quelle conversazioni che trovavano la loro piena completezza attorno ad una tavola imbandita e ad una buona bottiglia di vino.

Di tanto in tanto, giovani professionisti lo coinvolgevano in qualche tour enogastronomico tra i locali che, sul piano della qualità, godevano di buona fama. Così fu anche per quell’invito a cena, rivoltogli da Mimì Farina. L’obiettivo per quella sera sarebbe stato Muro Lucano, precisamente al ristorante “Le colline” che era, infatti, considerato tra i migliori locali del circondario. Allora non esistevano ancora le guide enogastronomiche, ma sulla qualità di quel ristorante c’era un generale e diffuso consenso.

La cena fu molto apprezzata e durò fin dopo la mezzanotte. All’uscita si misero in macchina. Alla guida Mimì Farina, mentre Don Ciccio, come all’andata, guadagnò il posto davanti. Dopo un paio di minuti Don Ciccio crollò letteralmente e si assopì pesantemente.

Mimì stesso faticò ad uscire dal centro di Muro Lucano. Tant’è che invece di imboccare la direttrice Castelgrande – Laviano (strada di montagna ma di certo più breve) si trovò a discendere fino al fondo della valle del Basento. Pensò, a quel punto, di continuare per quella direzione, passando per Contursi Terme, risalendo così la Statale 91 della valle del Sele.

Ma, anche per Mimì la cena e i fumi di quel vino, che doveva essere stato sicuramente un aglianico del Vulture, avevano lasciato il segno nella sua sfera sensoriale.

Perché solo dopo circa un’ora, in piena confusione, si accorse che stavano quasi arrivando a Metaponto. Cioè dalla parte opposta.

“Meno male – pensò Mimì – che Don Ciccio stia dormendo profondamente”. Svoltò e riprese la marcia, questa volta nella giusta direzione.

Arrivarono a Caposele che stava facendo giorno. Invece dei tre quarti d’ora, avevano impiegato, per far ritorno, quasi cinque ore. Don Ciccio ancora dormiva.

La macchina si fermò in Piazza Di Masi, sotto la casa di Don Ciccio.

Mimì Farina, temendo qualche bonaria rampogna da parte del Sindaco per quel ingiustificato ritardo, gli diede solo una leggera scossa, scuotendogli il braccio sinistro.

Quando con estrema lentezza Don Ciccio aprì gli occhi, con tono perentorio Mimì disse: “Don Cì, siamo arrivati”.

Don Ciccio accennando ad un leggero stiracchiamento, aggiunse: “Di già?...”.

(scusi, per avellino sempre dritto?)

Ci sono episodi che quando accadono ti rendi conto che neppure uno sceneggiatore o un

commediografo avrebbe potuto scriverli meglio per adattarli alla scena. Quello che segue è tra questi.

Pomeriggio caldo di primavera. Antonio Sena mi chiede di andare a Materdomini, a prenderci un caffè. Ad Antonio è sempre stato difficile dire di no. Male che potesse andare ti divertivi comunque. C’era sempre un qualcosa che potevi capitalizzare positivamente.

Bevuto il caffè al bar del nostro amico Antonio Zarra, ci intratteniamo al sole per la sigaretta di rito, con almeno un’altra ventina di ragazzotti (a ripensarla oggi quella scena mi fa tornare in mente alcune di quelle del film I Basilischi di Lina Wertmuller) che discorrono sulle facezie di una ordinaria giornata di alienazione.

Il bar di Antonio, che ancora esiste anche se con altra gestione, si affacciava sulla vecchia statale 161 (la Fondo valle Sele ancora non era stata completata). Anche nei pomeriggi noiosi di mezza stagione poteva capitare che passasse qualche autovettura con a bordo avventori che non conoscevano bene i percorsi. All’epoca i navigatori satellitari nemmeno ad immaginarseli.

Così accadde che al centro strada si fermò una Fiat 131 con a bordo due coppie di mezza età. Si abbassò il finestrino e l’autista, pur avendo dinnanzi più di venti ragazzi, a chi rivolge la domanda? Sicuro: ad Antonio Sena.

“mi scusi, per Avellino sempre dritto?”, fece il signore.

“Veramente son tutte curve…” rispose Antonio.

Si scatenò un frastuono di risate, tanto che a me parve che ne fosse una soltanto, fragorosa, roboante, che ne richiamava altre a seguire, come un’eco infinita.

Il signore, stupìto e trasecolato, non capì. Serrò il finestrino e si rimise in marcia, in direzione Avellino.

E, prima di arrivarci, di certo ne avrebbe fatte tante, di curve.

CoNtiNUiaMo la PUBBliCazioNe di qUesti BreVi raCCoNti sU alCUNi PersoNaggi Che la MeMoria di CaPosele CoNserVerà a lUNgo, ProtagoNisti UNa lUNga Fase storiCa Ma aNChe di aNeddoti PartiColari e, a loro Modo, leggeri ed iroNiCi.

SeCONdA PARTe

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.834

eventi e... ..non solo

RUBRICA FOTOGRAFICA

linda Russomanno e Gè Russo hanno esposto i loro quadri nella sala della Pro loco

la partenza della corsa dei Tre Campanili

Piccoli e grandi artisti si sono esibiti in piazza. Nell’ordine da sinistra: Giusi Russomanno, Vittorio Nesta, enzo casale, Silvio Salicone e Clelia Conforti.

la squadra dell’Avellino in ritiro a Caposele. la foto ritrae tutti gli atleti in piazza XXIII Novembre, dopo la presentazione della squadra ai tifosi

la folla assiste alla inaugurazione dell’OASI della madonnina – 18 agosto 2011

don Vincenzo assistito dal Sindaco e dal Vice Sindaco procede alla benedizione dell’OASI della madonnina.

Il Presidente dell’Avellino Calcio in una foto ricordo con il Sindaco Farina e il consigliere Gonnella

un nutrito gruppo di persone assiste alla benedizione dell’OASI della madonnina.

la mascotte della Quadriglia d.O.C. di Caposele

Alcuni componenti della quadriglia dOC

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 83

La pagina del Presidente

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di Raffaele RussomannoCAPOSELE e il SUO FUTURO

Ho atteso tanto prima di scrivere quest'articolo per evitare di fare considerazioni su quest ioni che a l

momento della pubblicazione de “La Sorgente” potessero essere ormai superate. Purtroppo così non è stato.

È indubbio che oggi non ci sia un solo caposelese che non pensi e discuta della nuova convenzione che il nostro Comune dovrebbe sottoscrivere con l'Acquedotto Pugliese, o della ripresa dei lavori della Pavoncelli bis, sicuramente perché, mai come in questo particolare momento, forti sono i timori per le prospettive della nostra vita futura.

Ancora una volta la vita di noi caposelesi viene ad essere intimamente legata al nostro fiume.

Troppe generazioni di caposelesi hanno pagato per le scelte dei loro avi, quando scioccamente si fecero attirare da facili guadagni vendendo la propria acqua, ma questa è storia di ieri.

Oggi siamo nuovamente chiamati a decidere su quale convenzione stipulare con l’Acquedotto Pugliese, convenzione che finirà per segnare, come avvenuto nel passato, il futuro delle prossime generazioni, ed è questo ciò che dobbiamo avere bene in mente. È su questa lunghezza d’onda che dobbiamo calibrare i nostri sforzi, è su quest'obiettivo che dobbiamo concentrare le nostre attenzioni.

Molto è stato scritto e detto sull'argomento, a volte in modo franco e sereno, a volte invece in modo grottesco, nascosti dietro i soliti miseri anonimati.

La Pro Loco da parte sua, che non ha e non può avere un ruolo politico, ha deciso di lasciare che fossero i partiti e le organizzazioni politiche caposelesi

a farsi promotrici di iniziative pubbliche, non mancando però, come associazione, di suggerire, nel rispetto dei ruoli, possibili soluzioni alla piattaforma della convenzione, con particolare attenzione per la parte inerente lo sviluppo turistico, che tanta parte dovrebbe avere nel futuro del nostro paese.

Sono fermamente convinto che per una problematica di così ampia portata non possano esistere soluzioni preconfezionate, né tanto meno posizioni rigide che non permettano di guardare oltre gli steccati alzati dalla politica.

Non è più tempo ormai per gli scontri, oggi è tempo di costruire, m a p e r f a r e questo dobbiamo partire dall'idea di ricostruire il tessuto sociale della nostra collettività, i n i z i ando con l’isolare quanti in questi anni hanno a v v e l e n a t o i l clima sociale con il venticello della calunnia, che tanto male ha fatto a tutti noi.

È tempo che Caposele provi a rialzarsi, ad avere la forza di ricominciare, sgombra da odi e personalismi. Non c'è altra via per la crescita.

È sotto gli occhi di tutti quanto sta avvenendo nella nostra nazione, forze che fino ad ieri si erano fronteggiate, anche violentemente, difronte al baratro a cui si stava incamminando l'Italia hanno preferito fermarsi, dandosi e dandoci un periodo di tregua, ritengo che questa sia la strada giusta anche per Caposele.

Non possiamo pensare che, su argomenti di vitale importanza per tutti noi, maggioranza ed opposizioni non riescano ad abbandonare una politica di contrapposizione, fatta di tatticismi e recriminazioni. Il tempo sta per scadere, maggio 2012 è alle porte e oggi forse siamo ancora lontani da una posizione che possa darci una convenzione che funga da volano per lo sviluppo e la crescita del nostro territorio.

Oggi quanti remano affinché nulla accada devono sapere che domani ne pagheranno un prezzo alto, peccato che insieme a loro ci saremo anche tutti noi, privi di quello sviluppo di cui tanto abbiamo bisogno.

Tutti noi caposelesi vogliamo fortemente una nuova c o n v e n z i o n e c h e permetta il rilancio del nostro territorio, poiché poco o nulla è stato fatto negli ultimi settant’anni dalla Regione Puglia e dall'Acquedotto Pugliese per il nostro Comune, nonostante gli accordi sottoscritti.

Non dimentichiamo invece quanto sviluppo e progresso ha avuto la Regione Puglia, in questi stessi anni, grazie alla nostra acqua.

Ed oggi ancora una volta i signori pugliesi vorrebbero imporci una convenzione soltanto a loro favorevole in nome del principio, a tutti sacro, che l’acqua è un bene primario per l’umanità, salvo poi farlo diventare un bene personale da rivendere ad un prezzo elevato.

È ora che chi ha tanto ricevuto decida seriamente di fare qualcosa per noi, anche riempendo di contenuti l’accordo morale che la Regione Puglia ed il Comune di Caposele dovrebbero sottoscrivere, accordo da loro stessi voluto.

Non è pensabile di proporci accordi in cui “la Regione Puglia si impegna, ….. affinché, …..., le Regioni del Distretto idrografico dell'appennino meridionale destinino una somma di denaro per la realizzazione di interventi di manutenzione e conservazione

ambientale del territorio, al fine di realizzare una forma di riequilibrio territoriale fra zone che "producono" la risorsa e zone in cui la stessa viene utilizzata.”

È ora che la Regione Puglia faccia in prima persona e non demandi a terzi ristori che solo a lei competono.

È ora che il suo Presidente, uomo dalla parola “ammaliatrice”, riempia con impegni ed atti concreti i suoi discorsi, dimostrando di non essere semplicemente un forbito parolaio, e mi si conceda qui di far osservare che la Regione Puglia, attraverso il suo Presidente, è, di fatto, l’azionista di riferimento di AQP S.p.A. con il possesso del 97% del pacchetto azionario.

Oggi è il tempo che la politica caposelese e gli uomini che la esercitano prendano decisioni rapide e coraggiose, anche se difficili e sofferte.

Come Pro Loco abbiamo, nelle dovute sedi, illustrato soluzioni e promosso discussioni tecniche, come cittadino voglio qui chiedere a quanti oggi sono chiamati a decidere di volgere il loro sguardo verso mete lontane, nell’interesse delle future generazioni, traghettandoci in mari, di questi tempi, alquanto tranquilli.

E se questo avverrà sicuramente i nostri figli, i nostri nipoti, sapranno loro essere grati.

Il manifesto delle festività estive di Caposele

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Page 6: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.836

di Salvatore Conforti e Concetta mattia

Nell’ambito del CIC (CENTRO INFORMATIVO COMUNALE) che è il nuovo strumento della comunicazione e trasparenza che l’Amministrazione Farina sta predisponendo, è da pochi giorni attivo il servizio del CANALE PUBBLICO AUDIO che insieme alle altre ramificazioni ha il compito di informare costantemente e in tempo reale i cittadini di Caposele. E’ una nuova sperimentazione che permetterà al comune di Caposele di essere il primo in Italia ad utilizzare i mezzi multimediali messi a disposizione dalla nuova tecnologia ed impiegarli al servizio dei cittadini.

L'esperimento in fase di testing durerà qualche mese, in attesa di tutte le autorizzazioni ministeriali. Dopo di che sarà possibile utilizzare a pieno il nuovo canale informativo istituzionale del Comune di Caposele

aVVISO RaCCOLta DIFFEREnZIata

Il Comune comunica che la raccolta differenziata ha subito delle variazioni nella tipologia di conferimento: nel cassone della plastica dovranno essere depositate anche l e lattine, mentre il cassone del vetro diventa monomateriale. cassone verde--- SOlO VeTRO cassone bianco/azzurro ---- PlASTICA e lATTINe cassone bianco ----- CARTA, CARTONe , TeTRAPACK cassone grigio ------ TuTTO CIO’ CHe NON e’ VeTRO, PlASTICA, CARTA, CARTONe, TeTRAPACK e umIdO

Si ricorda, inoltre, che i rifiuti devono essere depositati all’interno degli appositi cassonetti e non nelle vicinanze degli stessi.si spera in una fattiva collaborazione necessaria per garantire UN Paese PUlito.

Anche quest'anno si sono accese le luminarie a Materdomini nel periodo dedicato a San Gerardo.

Ancora un grazie ad Antimo Pirozzi che ne ha curato l'organizzazione.

ERRECCI club rivive sul web.Sul sito www.erreciclub.it e sul account

di Facebook sono individuabili tutti i links per la connessione e l'ascolto con tutti i players disponibili sui nostri pc.

Il palinsesto attuale si occupa della messa in onda solamente di eventi, spot, programmazioni musicali dell'epoca della storica emittente radio.

Tutte registrazioni passate in digitale dal 1974 al 1994 per una grande e nostalgica emozione.

Buon ascolto

Wifi; probabilmente i soliti “critici sempre e comunque” commenteranno che non era proprio un’esigenza primaria quella di avere un paese più “connesso” col resto del mondo, ma certo non si può negare l’utilità di questo servizio per la cittadinanza che rende il nostro paese una realtà all’avanguardia nel settore e in linea con molte realtà più grandi e conosciute della nostra.

Senza contare che la copertura wifi del territorio comunale rappresenta di certo anche un ulteriore tassello verso la completezza di quell’offerta turistica che si sta operando per concretizzare.

Fra poco tempo il progetto di connessione con server distributivo per account e ultimo hot spot a San Gerardo sarà completo e quindi si passerà, finalmente, alla fase del dopo testing per una connessione efficace e sicura.

serviziopubblico E’ obiettivamente un po’ più complicato

da gestire, ma l’unico modo di realizzare correttamente un servizio pubblico (soprattutto in situazioni straordinarie come durante le festività estive) per avere i migliori risultati in termini di vivibilità e valorizzazione delle attività da realizzare è quello di decidere insieme, di considerare le istanze e i bisogni di tutti i protagonisti degli eventi (istituzioni, forze dell’ordine, associazionismo e volontariato) per poterli meglio contemplare.

Questa foto rappresenta al meglio lo sforzo fatto in questo senso dalla nostra Polizia Municipale, uno sforzo che ha dato buoni risultati.

Grazie a tutti.

La 2° edizione del Presepe vivente di Caposele anche quest'anno si snoderà per i posti più tipici del Paese.

Oltre al caratteristico borgo delle Cantine, sarà possibile ammirare in un tour territoriale, una serie di presepi collocati nei posti più tipici.E' prevista la visita al Parco della Madonnina, alla mostra dei presepi dei Padri Redentoristi di Materdomini, alla mostra -concorso dei Presepi in Piazza Sanità e al Presepe della Chiesa Madre di Caposele.

Lungo il viaggio si potranno ammirare e degustare prodotti tipici locali in stands appositamente collocati per l'occasione.

Complimenti agli organizzatori.

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Page 7: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 837

Piccola cronaca

Al Presidente della Pro LocoA tutti gli associati e in particolareAll’Ing. N.Conforti

Cari amici della Pro-Loco,desidero esprimere con la presente, apprezzamento e gratitudine per la vostra

importante attività (in particolare in ambito editoriale), e sostenerla con un modesto contributo per la prossima corsa dei “tre campanili”, che quest’anno ha vissuto qualche difficoltà organizzativa legata al finanziamento del montepremi.

In quasi trent'anni di partecipazioni mi sento molto legato a questa manifestazione che testimonia quanto fosse all'avanguardia Caposele già negli anni settanta, e alla quale ho talvolta cercato di dare anche il contributo di suggerimenti e proposte.

Anche se non sono quasi mai stati accolti, ciò non ha mai costituito per me motivo di contrapposizione e la stima per chi ha dovuto nei vari anni cimentarsi nel ruolo di organizzatore è sempre rimasta immutata. Questo sia quando si eccedeva con i "fasti", sia ora che prevale una dimensione fin troppo artigianale.

Sono gli organizzatori che devono decidere e per il loro impegno vanno comunque ringraziati.

Tanto premesso, e nel rispetto dei diversi ruoli e punti di vista, mi permetto ancora una volta di dire la mia. Credo infatti sia opportuno far notare a voi tutti un aspetto che mi sembra contrasti sia con la tradizione della corsa, sia con i principi dello sport amatoriale:

E’ sbagliato finanziare il montepremi con il contributo di iscrizione che si chiede ai partecipanti. Un eventuale contributo dovrebbe essere minimo e strettamente correlato alla copertura delle spese correnti organizzative. Viceversa si verrebbe a concretizzare – a mio avviso – un antipatico e ingiustificato trasferimento monetario a vantaggio dei bravi (che per le loro qualità vanno ammirati, ma non remunerati) e a danno dei meno bravi ( che vanno comunque incentivati e non tassati, per il fatto di esporsi a una prova difficile e faticosa). Sappiamo bene che sugli organizzatori ricade un compito alquanto difficile, nel momento in cui essi devono mediare tra questi principi e le sopravvenute esigenze di cassa, che ovviamente non sono da sottovalutarsi.

E quindi ammettiamo pure che tutte le soluzioni possono in teoria essere giustificate da determinate circostanze correnti, purché però dette soluzioni vengano rese note con tempestività e trasparenza; cosa che purtroppo nell'edizione della "tre campanili" 2011 non è avvenuta. E che ci si assuma la responsabilità delle implicazioni connesse alle scelte fatte, inclusi i plausibili malumori che possono suscitare.

Nella speranza di essere riuscito a far risaltare l’intento costruttivo di queste osservazioni, e nell’augurio di ritrovarci nella “tre campanili” del 2012, porgo a tutti cordiali saluti.

Nicola d’AuriaCaposele, agosto 2011

Lo spirito e il contenuto della presente sono condivisi dagli Amatori R.S. (37 iscritti) e – a quanto ci risulta – da tutti gli altri podisti occasionali che hanno partecipato alla 3 campanili 2011.

donato Ceres, presidente degli A.R.S

Sono state ultimate le installazioni sul nostro territorio della cartellonistica di riferimento per le escursioni per i sentieri della nostra montagna. Attraverso una stretta e proficua collaborazione con Irpinia Trekking e l'assessorato all'ambiente del comune di Caposele, si sono finalmente potuti tracciare e individuare con indicazioni di direzione i percorsi di una certa rilevanza paesaggistica affinchè tutti gli appassionati della montagna e delle passeggiate naturalistiche potessero, con una certa sicurezza, poter viaggiare lungo le linee anche molto accidentate ed interne dei nostri monti godendo di un panorama mozzafiato.

Successivamente ci sarà un momento di incontro pubblico che illustrerà anche con la distribuzione di appropriata cartografia, lo sforzo fatto in questo campo.

il Comune su FacebookUn account dedicato al Comune di

Caposele sulle pagine del social network più diffuso:

Su facebook le pagine meno istituzionali gestite dal servizio informatico del Comune per diffondere iniziative, fotografie, video, indicazioni turistiche e quant'altro possa meglio coinvolgere cittadini e visitatori alla partecipazione delle cose pubbliche di Caposele.

E' un modo anche di utilizzare un altro mezzo molto più immediato ed incisivo in grado di diffondere, immediatamente, qualsiasi notizia e raggiungere soprattutto le fasce giovanili.

La pagina ufficiale da visitare è "COMUNE CAPOSELE FB"

Anche questo canale fa parte, tra le altre cose, del progetto C.I.C.

sagra imperdibile l’appuntamento fisso della sagra

dei fusilli e delle matasse. La nostra tradizione gastronomica

locale non perde di interesse e anzi è capace di rinnovarsi infatti anche quest’anno e sempre a cura dei ristoratori locali, insieme alla ricette classiche, sono state proposte ai tantissimi visitatori, altre interpretazioni succulente della nostra pasta. Sempre molte e molto operative le nostre signore che hanno preparato tutto con la solita perizia ed allegria. Un successo, come sempre!

Il Comune ha installato presso la sede del Liceo a Materdomini e presso il Polo scolastico di Caposele due impianti per la videosorveglianza a circuito chiuso.

Una serie di atti vandalici a ripetizione si sono susseguiti all'indirizzo delle scuole caposelesi,per cui è stato necessario correre ai ripari. In questo modo le strutture, la tranquillità di studenti e professori e quindi delle lezioni scolastiche sono state garantite.

è anche su FaCEBOOK

PERIODICO

http://ars.altervista.org/

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Page 8: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.838

Storia

Usanza antica quella di offrire alla divinità dei doni che fossero un segno di gratitudine e di ringraziamento per favori accordati. Così da secoli i fedeli cristiani offrono a Dio o ai Santi pegni della loro riconoscenza, spesso e volentieri in metallo prezioso; emulando, in questo, i Magi che, per primi, offrirono tra i doni l’oro, metallo regale per eccellenza. Si legge nel Vangelo, infatti, che questi saggi venuti dall’Oriente, «entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». (Matteo 2,11). Maria aveva una famiglia da portare avanti per cui quell’oro e quell’argento sicuramente, in caso di bisogno (si pensi alla fuga in Egitto, senza pane e senza risparmi) lo spese.

Anche Caposele, essendo cattolica e, quindi, inserita in questo solco della pietà popolare, non ha mancato nel corso dei secoli di offrire a Dio, in termini di oggetti preziosi, il segno del proprio attaccamento alla fede. Certo, a volte non mancano mai coloro che offrono doni solo per essere notati o ricordati: mancando, in tal caso, al tanto raccomandato silenzio evangelico. Dio però conosce le intenzioni di ognuno.

Spulciando tra le carte dell’Archivio parrocchiale della chiesa madre di San Lorenzo Martire mi sono imbattuto in alcune pagine relative all’oro che la gente del paese aveva, nel corso dei decenni, offerto ai Santi cari alla pietà popolare locale.

Di tale oro, oggidì non più esistente in quanto adoperato dagli Arcipreti per opere di carità o di finanziamento di lavori per la vetusta chiesa madre o per altre opere parrocchiali, l’Arciprete don Donato Benincasa ci ha lasciato un elenco che risale al 23 Febbraio 1949. Si era in prossimità della Visita pastorale dell’Arcivescovo di Conza il quale aveva, in linea con i dettami del Concilio, ordinato ai parroci di tutta l’Archidiocesi di redigere un elenco dei beni preziosi in possesso delle Parrocchie in vista del suo passaggio al fine di proteggerli, tutelarli e custodirli in luoghi sicuri, lontani dalle mani di malintenzionati.

Tali beni, previo permesso dell’Arcivescovo e dopo aver consultato Roma, era possibile alienarli, ecco il motivo per cui oggi non esistono più.

L’elenco riporta oggetti in oro ed argento riferiti a nove santi in particolare: la Madonna, San Donato, Sant’Antonio di Padova, San Vito, Maria SS. invocata sotto i titoli di Immacolata, Addolorata, del Carmine e della Sanità, Santa Lucia e San Rocco.

Questi oggetti d’oro e d’argento generalmente venivano attaccati ad un nastro che veniva posto poi addosso al santo durante le processioni oppure fissati su un cuscino. Usanza, questa, che (meno male) non esiste più nella nostra zona, essendo diventate le processioni oltre che minori di numero, anche più sobrie e più legate al loro genuino significato religioso.

Gli oggetti preziosi vanno dagli anelli alle collane, dai ciondoli (birlocchi) agli ex voto, dai pendagli ai “lacci”, dai pagani portafortuna alle chiavi, ai fermagli (suste). Insomma, ce n’è di tutti i tipi.

Ma analizziamo santo per santo gli oggetti preziosi donati.

ORO DI SAN DONATO: San Donato di Arezzo ha a Caposele una

enorme statua che, salvata dal crollo della chiesa madre, ora è custodita, con le altre immagini sacre che non sono state più rimesse nella nuova chiesa, in una sala della struttura

dell’asilo delle suore. Il culto lo si spiega perché l’aretino è invocato come patrono degli epilettici. L’oro di San Donato ammontava a trentacinque oggetti:

Laccio con croce per la statua.Tre orologi di cui due in argento tascabili

ed uno oro a braccio.Crocetta mezzaluna e ciondolino argento.Due mani con guerriero in argento.Birlocchi tre in oro.Conetto d’oro.Laccio oro con ciontolo cucito al nastro

rosso.Anelli numero sei attaccato al nastro.Una susta con due birlocchi cuciti al

nastro.Nocca oro cucita al nastro.Sei pezzetti incompleto cuciti al nastro.Orecchini paia due anche cuciti al nastro.Un paia di orecchini sciolti.

ORO DI SANT’ANTONIO: Nell’elenco dell’Arciprete Benincasa ci sono due liste di oggetti sacri offerti al Santo di Padova, per un totale di centodiciassette preziosi. Sant’Antonio era molto venerato a Caposele in quanto la vecchia chiesa madre altro non era, in principio, che una chiesa francescana che, seppur dedicata al Poverello d’Assisi, aveva al suo interno una statua di Sant’Antonio e un soffitto di legno dipinto che mostrava questo Santo in gloria. Ancora oggi per la festa del 13 Giugno i caposelesi accendono “li fuochi r Sant’Antoniu” in memoria del Santo padovano.

Riporto in elenco gli oggetti inventariati dal Benincasa:

Prima lista:Requiorio in argento ligato al nastro o

meglio al cordone./ Due cuori ed una gamba in lamiera di argento./ Midaglione argento filograna./ Portafortuna di argento.

Crocetta di argento./Ciontolo filograna di argento./Bracciole in argento./Chiave in argento./Anello di argento con catenina.

Anello oro numero due./Catenini oro numero due./Collana tipo corallo con cornetta numero uno./Bracciolo argento dorato uno.

Seconda lista:Collana mista coralli oro e simil corallo.Portareliquia a filograna in argento./

Cinque campanelli argento./Due croci di argento.

Catenina con birlocco uso oro./Catenina di argento pesce due campanelli e ciondolo in argento./ Una catenina in argento con meglia del Sacro Cuore./ Una catenina con ottanta pezzi varii di oro cociti con due lamini avvolto di argento. Tre pezzi di oro compreso nei ottanta che formano ottantatre.

ORO DI SAN VITO: il siciliano San Vito, insieme a Modesto

e a Crescenzia, fu martirizzato nel territorio dell’antica Eburum, odierna Eboli. Essendo il primo santo della Valle del Sele il suo culto si diffuse per tutte le nostre zone: non c’è, infatti, lungo il nostro fiume paese che non abbia o una statua, o una cappella o una località che non fosse intitolata al martire ebolitano. Caposele possiede una panoramica cappella, deturpata purtroppo

nelle sue forme primigenie dai lavori di restauro post terremoto, che sorge su un masso enorme sul quale nel Medioevo sorgeva un forte castello.

Ancora oggi la festa del martire è molto sentita a Caposele, tanto che in massa i caposelesi si recano alla Pietra per venerare il primo testimone della fede di queste contrade.

Gli oggetti preziosi di San Vito sono venti: Orecchini numero tredici assortiti di oro.Anelli quattro./ Ciontoli uno oro e l’altro

argento./ Catena di argento con collare per il cane.

ORO DELLA MADONNA: Sotto quest’unica voce vanno compresi gli

oggetti donati dai caposelesi rispettivamente all’Immacolata (tre oggetti), all’Addolorata (quarantacinque oggetti), a Maria SS. della Sanità (ben due elenchi rispettivamente di quarantasette e cinquantuno oggetti) e a Maria SS. del Carmine (quarantuno oggetti). Ma procediamo per ordine:

Oro di Maria SS. Immacolata:Laccio oro donato da Fiorinda Caprio.Laccio oro donato da Carmela Caprio fu

Rocco con susta./ Catenina oro con bussola.Oro di Maria SS. Addolorata:Una catenina oro donata da Gaetanina Sozio

maritata Pallante./ Fascia con trentatré oggetti oro varii con undici pezzi di argento.

Oro di Maria SS. della Sanità:Prima lista:Medaglina oro./ Laccio oro con susta

crocetta./ Laccio oro con susta.Catena oro con birlocco./ Catena oro.Laccio oro con susta./ Laccio oro con

birlocco./ Altra catena oro con susta.Laccio oro con berlocco./ Catena con

berlocco.Laccetta oro con susta./ Catena con cinque

birlocchi oro./ Catena con un birlocco oro.Due orecchini oro./ Berlocco oro./Venti pezzi varii di oro./ Un bottone per polso dorato.

Seconda lista:Orologi quattro in argento./Scatola con

catenina e anello di oro./ Un paia di orecchini./Tre cuori in argento./Quindici paia orecchini oro./Spilla e laccetto oro donata da Concettina Farina./Diciotto anelli oro./Stella filograna oro./Suste due di oro./Spille due oro.

ORO DI MARIA SS. DEL CARMINE:Una catenina con bussola./ Braccioli due di

oro./Fascetta collare con dodici pezzi di cui undici di oro e uno argento./Birlocco uno in oro./Fascia con 25 pezzi vari di oro.

ORO DI SANTA LUCIA: La martire siracusana è venerata a Caposele da molti secoli. Si pensi che i primi documenti del secolo XIII relativi agli edifici sacri del nostro paese citano già come esistente la cappella di Santa Lucia, ubicata, allora, nell’attuale zona del Cantiere dell’Acquedotto, laddove sorgeva (e tuttora sorge, pur essendo stata spostata dal sito originario) la Fontana di Santa Lucia.

Ben settantaquattro gli oggetti donati dalla pietà caposelese alla protettrice della vista:

Fascia con sessantatre oggetti vari di oro.Sette lamine occhi in argento./ Orologio

uno in argento./ Bustina con due birlocchi e meglione in argento.

ARGENTO: Sotto tale voce l’Arciprete Benincasa enumera oggetti di vario uso liturgico

quali pissidi, patene, incensieri ed altro. Tra questi oggetti è annotata anche una corona d’oro dell’Immacolata, messa dall’Arciprete in questa lista forse perché si era dimenticata di segnalarla nella voce propria.

Dall’elenco degli argenti si desumono anche due oggetti legati al francese SAN ROCCO DI MONTPELLIER, venerato a Caposele contro il flagello della peste che, ricordiamolo, nel 1656 lasciò in vita solo 500 dei tremila abitanti silerini.

Gli oggetti in argento ammontano al numero di ventisette (inclusa la suddetta corona) e sono i seguenti:

Cappello e bastone di San Rocco./Lampada una./Giglio di Sant’Antonio.

Due corone Madonna del Carmine./Calice e patena in argento./Calice e patena in astuccio.

Ostensorio completo in argento./Corona oro di dodici stelle di Maria Immacolata./Ostensorio.

Pissidi due di media grandezza e una piccola.

Calici in argento numero due./Tesa in argento.

Teca orologio per viatice./Ingensiera e nevicella d’argento./ Ingensiera e nevicella d’ottone./Catino ed ostensorio argento.

Catino in metallo.Come si nota, manca totalmente l’oro

offerto al patrono San Lorenzo. Non sappiamo se la lista dell’Arciprete Benincasa sia da considerarsi monca. Certo è che il martire spagnolo fin dal Settecento possedeva una preziosissima corona che veniva posta sul capo della statua a mezzobusto del Santo in occasione della processione del 10 Agosto. Corona sparita almeno da due secoli. In ogni caso sia nell’elenco che nella realtà non c’è traccia di oro ed argento laurentino. Come, ovviamente, non c’è traccia di oro o argento gerardino, in quanto Caposele, che ha visto passare per le sue strade il Santo dei miracoli, non ha mai avuto una immagine che lo rappresentasse. Inutile doppione, visto che Materdomini rientrava fino agli anni Sessanta nella Parrocchia di Caposele e i caposelesi portavano quanto volevano offrire a San Gerardo direttamente alla sua tomba a Materdomini.

Tornando all’inventario dell’Arciprete Benincasa il lettore, dinanzi a un tale elenco di quattrocentosessanta oggetti preziosi sicuramente si porrà la stessa domanda che mi son posto io allorché i miei occhi han scorso tutta la lista sopra citata: «Ma cc ffīn ha fattu tuttu st’oru?». Possibile mai che in cinquant’anni quasi cinquecento preziosi siano spariti nel nulla?

Ripeto: tutto quest’oro è stato usato per lavori, acquisti e quant’altro dagli Arcipreti che si sono succeduti nella Parrocchia. Maria spese l’oro e l’argento dei Magi, gli Arcipreti quello dei Santi: i conti evangelici tornano. Se poi qualcuno abbia anche rubato qualcosa beh, non possiamo dirlo: in dubio pro reo però. Se tutto quest’oro non c’è, e concludo scherzando, non ci venga in mente di prendercela con l’attuale Arciprete don Vincenzo Malgieri il quale, di tutto questo ben di Dio, ne sono più che sicuro, non possiede “nemmenu nu birloccu”.

di Mario sista

l’oro dei saNti

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Page 9: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 839

di antonio ruglio

Non è facile per chi arriva la prima volta a Caposele non conoscendone suf-ficientemente la storia comprendere fino in fondo il senso del suo

legame con l’acqua e si stupirebbe nel sentir parlare un giorno si e l’altro pure di concessioni, diritti acquisiti e convenzioni da rinnovare. Si ha quasi la sensazione che sia questa l’unica e la sola grande occasione di confronto nel Paese e l’unica chance per poter costruire un futuro migliore.

In verità, da come verrà affrontata e risolta la vertenza acqua con l’Acquedotto Pugliese dipenderà molto del nostro futuro perché dal punto di vista economico signifi-cherebbe comunque avere una disponibilità di risorse che oggi non c’è tuttavia, credo sia riduttivo far dipendere tutto da questo. Nel caso ci fosse una discreta disponibilità economica si porrebbe da subito il problema di come utilizzare le risorse onde evitare che possano rimanere improduttive;non basta avere i soldi a disposizione ma è necessario che essi possano produrre a loro volta nuova ricchezza e sviluppo, per immaginare e costruire occorre pensare le cose e pensarle per tempo.

C’è una questione, parlo dei rifiuti, di cui oggi si parla poco e che lungi dall’es-sere stata risolta è ancora tutta lì nella sua gravità, passata l’emergenza si è creduto erroneamente che il problema fosse stato definitivamente superato.

La domanda che mi pongo è questa: Ha senso parlare di rifiuti a Caposele laddove tutto sommato non vediamo l’immondizia per strada, il servizio tutto sommato funzio-na e non si percepisce alcunché di pericoloso e urgente per l’immediato futuro?. Secondo me, ha senso parlarne per più d’un motivo.

Innanzitutto, perché il sistema su cui poggia la raccolta e gestione dei rifiuti è molto fragile, in secondo luogo perché i costi sono troppo alti, inoltre perché non è affatto tramontata l’ipotesi sciagurata di aprire discariche in Irpinia per far fronte alle difficoltà che incontrano altri territori. Infine, perché credo che l’obiettivo di tutti debba essere quello di arrivare a una ge-stione ottimale e autosufficiente dell’intero ciclo dei rifiuti tanto più che da essa possono dipendere effettivi vantaggi economici.

Molti ci hanno provato e i risultati sono stati più che soddisfacenti.

Alla base di tutto credo debba esserci la volontà di dimostrare che anche Caposele è capace di ridurre fortemente la dipen-denza da soluzioni impiantistiche nella gestione del ciclo dei rifiuti e questo tanto più lo si potrà fare quanto più riusciremo a coinvolgere altri Comuni in un progetto complessivo unanimemente condiviso.

Proviamo brevemente a immaginare quello che potrebbe essere un progetto di raccolta differenziata porta a porta. Degli scopi ne abbiamo già parlato: Abbattere i costi di smaltimento dell’indifferenziato, tu-telare il decoro urbano evitando abbandoni di rifiuti fuori dai cassonetti, ottenere introiti economici legati al grado di efficienza del servizio.Creazione di un Consorzio Interco-munale che abbia il compito di redigere il progetto complessivo di gestione integrata del ciclo dei rifiuti dentro cui ciascuna Amministrazione comunale possa muoversi con un certo grado di autonomia e fare le proprie scelte di gestione interna.

Parlo in particolare della scelta relativa all’affidamento del servizio, a chi affidare il nuovo servizio? Ci sono varie possibilità. Affidarlo tramite appalto a una ditta privata esterna, affidarlo tramite convenzione ad un

Ente di secondo grado (tipo Comunità Montana), entrare nel capitale sociale di una società pubblica già operante, crea-re una propria società in house, a totale capitale del Comune di Caposele (i fondi potrebbero essere in parte quelli ricavati dal rinnovo della convenzione con l’Ac-quedotto Pugliese).

Quest’ultima credo possa essere la soluzione migliore.

Ovviamente la società non dovrebbe avere un consiglio di amministrazione ma un Amministratore unico con un compenso contenuto e i dipendenti della società dovrebbero essere comandati tra il personale del Comune con costi limitati con eventuali altre assunzioni di operatori esperti del settore.

In questo modo si ridurrebbero di molto i costi per i contribuenti perché il tratta-mento e smaltimento dei rifiuti in discarica costerebbe di meno e ci sarebbe l’effettiva possibilità di monitorare costantemente la raccolta.

Ma così facendo si avrebbe un migliore utilizzo del personale e la possibilità di nuove assunzioni secondo le varie tipolo-gie d’intervento assunzioni rese possibili proprio grazie alle somme risparmiate nella gestione dell’intero servizio.

Se a questo aggiungiamo l’opportunità di allestire una vera e propria Campagna di Comunicazione che sia in grado di informare correttamente la popolazione sullo svolgimento del servizio attraverso uno scadenzario dettagliato dove siano indicati i giorni e i punti di raccolta per ogni tipologia di materiale, il quadro sarebbe davvero completo.

Sarebbe anche questa l’occasione per partire con un vero e proprio progetto di educazione ambientale che abbia come

scopo fondamentale quello di abituare al rispetto della natura attraverso un diverso rapporto con la produzione e lo smalti-mento dei rifiuti.

Com’è ovvio questa è solo un’idea, un invito alla riflessione, per poterne parlare con la necessaria competenza occorrereb-be affidarsi completamente nelle mani di tecnici esperti del settore, noi vogliamo solamente ribadire che immaginare qualco-sa di nuovo e di diverso è ancora possibile persino in materie che per definizione non lasciano molto spazio all’immaginazione.

La stessa prospettiva di uno sviluppo turistico di Caposele (prospettiva che va sostenuta con forza) attraverso la valoriz-zazione del nostro patrimonio ambientale, artistico, religioso e gastronomico passa necessariamente attraverso una gestione ottimale del territorio.

Provate a immaginare che cosa sarebbe un nuovo turismo senza un corretto rap-porto con l’ambiente, provate a pensare che cosa sarebbe il passaggio di migliaia di persone sulle nostre strade senza aver preventivamente predisposto un sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti efficiente e funzionale, provate a immaginare che cosa sarebbe Caposele se in un quadro di rilancio non fosse in grado di gestirsi con uno spazio di autonomia sufficiente.

Come si vede non esistono materie e questioni che vivono per conto proprio ma sono tutte intimamente legate tra di loro soprattutto quando hanno a che fare con la tutela e la difesa del territorio.

Sono convinto che parlare di questo e di altro possa solo farci bene anche perché credo sia proprio giunto il momento di cominciare a progettare il futuro o almeno, provarci.

pROGEttaRE IL FutuRO

Attualità

Chi siaMoLa Pubblica Assistenza di Caposele

è un’Associazione di Volontariato che promuove ed organizza la diffusione di una Cultura Solidaristica intorno ai problemi socio-sanitari, assistenziali, di lotta alla solitudine e all’emarginazione e che diffonde la cultura dei Beni Comuni.

Cosa FaCCiaMo• Trasporto Sanitario in Emergenza

e Trasporto ordinario;• Incontri e dibattiti su problematiche

diversificate;• Momenti di informazione e

  sensibilizzazione socio-sanitarie;• Impegno Sociale (diversabili,

anziani, minori, persone con forme di disagio diversificato);

• Servizio Civile Volontario;• Protezione Civile;• Convenzione con Università per

Tirocinanti;• Donazione Sangue;• Segretariato Sociale (Disbrigo

pratiche ASL, etc);• Progetti vari;

Chi PUo’ diVeNtare VoloNtario?

• Il giovane che vuole crescere in umanità e disponibilità;

• Un pensionato che vuole vincere la sua solitudine;

• Chiunque vuole utilizzare un po’ del suo tempo libero per sè e per gli altri.

CoMe diVeNtare VoloNtario?

Contattandoci e iscrivendoti alla Pubblica Assistenza Caposele scegliendo tra le tante attività, quella che ti e’ più congeniale.

I soci che intendono aderire alla Pubblica Assistenza a seconda del loro modo di partecipare, sono suddivisi nelle seguenti categorie:

• SOCI ATTIVI;• SOCI ANNUALI;• SOCI BENEMERITI;ADERISCI anche TU alla Pubblica

Assistenza Caposele e tutti insieme saremo punto di riferimento per contribuire al miglioramento della Nostra Comunità

PUBBLICA

ASSISTENZA

CAPOSELE

anpaS Caposeletel. 0827 - 58422

www. anpasnazionale.orgsu FB pubblica assistenza caposele

lasciatemi cantare / Con l’organetto in manolasciatemi cantare / Sono un caposelese/ un caposelese vero. / Buongiorno Caposele, con i fusilli al dente / e un dottore come sindacoCon la borsetta sempre nella mano sinistra / E un uccello sopra la finestra/ Buongiorno Caposele con i tuoi contadini/ e con troppa Italia sui manifesti/ Con le poesie, con l’amore, con il cuore/ Con più laureati, e sempre meno contadini/ Buongiorno Caposele. Buongiorno maria/ Con gli occhi pieni di malinconiaBuogiorno fiume Sele / lo sai che ci sono anch’io.lasciatemi cantare una canzone piano piano/ Con l’organetto in mano / lasciatemi cantare una canzone piano piano / lasciatemi cantare Perché ne sono fiero/ Sono un caposelese/ Un caposelese vero./ Buongiorno Caposele che non si spaventa / e con il gel da barba alla menta/ e con il vestito glassato di rossoe con le passeggiate insieme agli amici/ la domenica sera / Buongiorno Caposele, buongiorno mariaCon gli occhi pieni di malinconia/ Buongiorno San Gerardo / lo sai che ci sono anch’iolasciami cantare / Con l’organetto in manoSono un caposelese / un caposelese vero.

IL CapOSELESE di giuseppe Casale

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8310

Attualità

di Michele CeresSembra che, da qualche mese, l’argomento di interesse pubblico, che maggiormente appassiona i Caposelesi, sia la stipula della nuova

convenzione con l'Acquedotto Pugliese. Almeno così appare dalle assemblee

convocate, dai manifesti affissi un po’ ovunque, dagli articoli di giornale e dai comunicati diffusi tramite la rete internet. Indubbiamente, la definizione della transazione intercorrente tra il Comune di Caposele e l'Acquedotto Pugliese, che sembra in dirittura di arrivo, è un fatto di capitale importanza per tutti i Caposelesi.

Certo, disporre di oltre un milione di euro l’anno potrà costituire un fatto di enorme rilevanza per la nostra Comunità, perché una tale cifra, anche se non permette la realizzazione di tutti i nostri sogni, ci consente, quanto meno, riducendo notevolmente la ristrettezza economica delle casse comunali, di poter attuare interventi nei più svariati settori della vasta problematica locale: dalla scuola all’organizzazione dei servizi alla stessa connessi; dalla creazione di strutture pubbliche all’erogazione di servizi sociali riguardanti l’assistenza, l'igiene e la sanità pubblica; dalla sistemazione della rete stradale urbana e rurale alla creazione di un arredo urbano migliorativo dell’aspetto estetico di Caposele, paese a forte vocazione turistica.

Ma tutto questo, assolutamente, non può costituire il massimo delle nostre aspirazioni, ovvero il massimo che noi possiamo pretendere da chi fruisce della nostra acqua e sulla nostra acqua ha fondato il proprio sviluppo.

A ben altro noi possiamo e abbiamo il diritto di aspirare. In questo senso, l’approvazione della nuova convenzione tra il Comune e l’Acquedotto Pugliese rappresenta, dal mio punto di vista, solo e soltanto il primo passo.

Già ne La Sorgente di agosto 2009, ho illustrato ai lettori i termini della questione, che, oggi, ripropongo per la grande rilevanza che la stessa riveste.

In primis, l'interlocutore privilegiato del Comune non può e non deve essere l'Acquedotto Pugliese, bensì la Regione Puglia, in quanto l'AQP altro non è che un ente di emanazione regionale. Probabilmente, noi di Caposele, siamo tuttora condizionati dalla rappresentazione di potenza che abbiamo attribuito all’EAAP in circa cento anni di convivenza il più delle volte conflittuale. Oggi, non è più così. Oggi, la nostra controparte si chiama Regione Puglia e non più Acquedotto Pugliese. Mi spiego meglio attraverso un breve excursus storico.

Con Legge n. 245 del 26 giugno 1902 fu istituito l’EAAP (Ente Autonomo Acquedotto Pugliese) con il compito di provvedere alla costruzione, manutenzione ed esercizio perpetuo dell’acquedotto. In seguito, furono aggiunte altre mansioni, come la sistemazione e manutenzione delle

opere di rimboschimento del bacino del Sele. Passa poco meno di un secolo, durante il quale l'EAAP si è ben guardato dal programmare ed eseguire opere di rimboschimento per la protezione delle sorgenti e del territorio circostante, e cambia la natura giuridica dell’Acquedotto Pugliese.

Il Decreto Legislativo n. 141 dell’11 maggio 1999, Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, ha trasformato, infatti, l’EAAP in una società per azioni, che ha assunto il nome “AQP SpA”.

Il capitale azionario, cioè l'insieme dei beni che concorrono al patrimonio dell'acquedotto, è stato, in un primo tempo, assegnato al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica, che nel 2002, Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’ha trasferito per l’87% alla Regione Puglia e per il 13% alla Regione Basilicata.

Il Comune di Caposele che pur poteva, com’era giusto, essere destinatario di un pacchetto di titoli azionari, è stato, viceversa, ignorato ed escluso dalla partecipazione agli utili, conseguenti al possesso delle predette quote azionarie.

Si comprende facilmente come una tale attribuzione di capitali avrebbe, di sicuro, costituito una svolta epocale per Caposele, grazie agli introiti che il Comune avrebbe potuto realizzare.

Altro che convenzione! Ma così non è stato. Il tutto è avvenuto nella totale indifferenza degli Amministratori del tempo. Tuttavia, non tutto è perduto, perché secondo il parere di eminenti giuristi, il Comune può ancora riprendere la questione, adottando i provvedimenti che il caso richiede.

Sulla convenzione con l’AQP, anzi auguriamoci che la stessa si chiuda al più presto, ma con l’impegno, in primis, dei Consiglieri Comunali, di guardare oltre questo traguardo, di andare

oltre questa tappa, anche se di per sé importante per l’economia locale.

Le probabilità di successo dipenderanno, oserei dire, dalla nostra caparbietà di saper tutelare i nostri comuni interessi. In tal senso, la riforma del Titolo V della Costituzione, approvata con Legge Costituzionale n°3/2001, che ha posto il Comune, e non la Regione o la Provincia, al primo posto nell’ordine degli enti tra i quali si distribuiscono i poteri, ci sorregge e ci spinge in tale direzione, suggerendoci, implicitamente, di intraprendere trattative dirette con la Regione Puglia.

Una siffatta iniziativa servirebbe anche a superare l’eventuale ostacolo che, paradossalmente, potrebbe essere rappresentato dalla stessa Regione Campania.

D’altro canto, la Regione Puglia non può più continuare a disattendere le nostre legittime attese.

È tempo, ormai, che con la Regione Puglia si faccia un serio e costruttivo discorso politico di promozione dello sviluppo della Comunità caposelese con interventi che, per esempio, potrebbero mirare a tutelare il territorio, promovendone anche la crescita economica, culturale e sociale. Sono tanti gli esempi che potrei addurre sulla natura di tali operazioni,

OLtRELa COnVEnZIOnE

il C.e.A.G.G. sede del museo dell'acqua

ma già la loro semplice elencazione andrebbe oltre i limiti di contenuto e di spazio di quest’articolo.

In questa fase, mi preme soltanto sollecitare gli Amministratori Comunali e tutti i Caposelesi, al di là dell' appartenenza politica, a credere fermamente nella giustezza dei nostri diritti, costituendo una volontà comune e compatta, che superi anacronistici steccati e deleteri egoismi di singoli o di gruppi.

Quadro promozionale stampato in decine di copie e donate dal Comune alle strutture ricettive turistiche di Caposele e materdomini

UNA VOLONTà COMUNE E COMPATTA, CHE SUPERI ANACRONISTICI STECCATI

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8311

Politica

Il mio spunto questa volta parte da un argomento sulla bocca di tutti ormai da tempo, la questione Acqua e la Convenzione con

Acquedotto Pugliese. Voglio però partire da qui solo

per via dell’enorme importanza e quotidianità della questione, ma ancora una volta mi soffermerò su un concetto ben diverso, rimarcando la straordinarietà del nostro territorio, le sue enormi potenzialità ancora non sfruttate e lo sviluppo difficoltoso della nostra comunità.

Il tono di queste mie parole ha un intento puramente provocatorio in ottica costruttiva senza alcuna parvenza di natura polemica.

Purtroppo o per fortuna mi trovo a vivere molte vicende dall’esterno, a sentire racconti di amici e parenti circa gli accadimenti del paese, che sempre prendono la mia attenzione, ma cerco anche di documentarmi tramite gli organi di stampa locale.

Propr io per questo mot ivo, nonostante l’enorme coinvolgimento e passione che metto nel commentare tali fatti, spero di poter avere una certa dose di equilibrio e oggettività nell’esprimere queste mie considerazioni.

Veniamo alla questione Acqua. Il tema è caldo e molti di noi non lo conoscono in modo dettagliato.

Per quanto ho potuto constatare, la questione è spinosa e fortemente influenzata a mio avviso dalla non corretta gestione negoziale fin dalle prime fasi. Anche grazie all’esperienza professionale che mi trovo a vivere, mi sento di dire che alcune trattative vanno preparate meglio (vale ancora di più per temi cosi caldi, che intaccano la pubblica utilità), con adeguati supporti e specialisti, con una chiara strategia e con un’approfondita conoscenza degli interessi in gioco, compresi quelli della controparte.

Secondo il mio modesto parere (probabilmente non corretto) questo è mancato fin dall’inizio e ora che siamo alle battute conclusive si sta cercando di rimediare con degli accordi che possono più o meno soddisfare la comunità.

Non mi permetto di sindacare sulla bontà o meno della bozza sostenuta dal Sindaco Farina, che di certo starà cercando di fare il massimo per il suo paese.

LA RICCHEZZA DEL NOSTRO TERRITORIO SFRUTTIAMOLA

Ritengo deboli le motivazioni che si sostengono oggi per l’assenza di solide basi negoziali passate, non l’impegno che ci si mette o la competenza che si ha, e non condivido chi parla di secondi fini da parte dell’attuale amministrazione comunale. Noi abbiamo sempre avuto l’idea che l’acqua fosse “nostra” semplicemente perché non la pagavamo, ma non mi risulta che fosse cosi.

Dai commenti che leggo, mi sento di dire che delle mancanze ci sono state da parte degli organi competenti e interessati alla vicenda, ma troppo spesso la speculazione informativa e la quasi totale assenza di conoscenza d i p r o c e d u r e amministrative, f a n n o t r a r r e conclusioni a dir poco utopistiche e illusionistiche.

A n c h e s u questa vicenda la nostra comunità si è trovata spaccata, divisa in tutto e per tutto, con l’unico obiettivo di non pagare l’acqua e d i a t taccare l’amministrazione comunale. Sarà per mia carenza nella ricerca di notizie e informazioni in merito, sarà perché non sono fisicamente presente sul territorio, ma non sono mai riuscito a leggere o apprendere una proposta diversa e migliorativa rispetto alla strada seguita e sponsorizzata dall’amministrazione Farina. Spesso si trattava di suggerimenti “irreali”, col solo intento di dire “questo non mi sta bene”.

Con questo mio pubblico pensiero non voglio assolutamente difendere l’operato dell’attuale amministrazione, che certamente qualche sbaglio lo ha commesso anche in questa vicenda, ma voglio spronare tutti a vivere in modo diverso e più costruttivo le problematiche, specie cosi importanti e di pubblico interesse, che ci riguardano.

L’acqua è un bene comune, i nostri diritti vanno difesi e l’amministrazione comunale ha il dovere di farlo in quanto eletta dal popolo, le idee diverse vanno sempre rispettate e il

fronte comune può solo far bene, ma tutto ciò va gestito nel modo giusto, e l’opposizione costruttiva fa solo bene ad ogni democrazia che si rispetti.

Viceversa per la semplice denigrazione politica e personale.

L’altra grande ricchezza che appartiene al nostro territorio è la presenza del Santuario di San Gerardo.

Che enorme piacere nel sentire i commenti sull’ingente affluenza di persone durante il giorno della festa del santo.

Quanto rammarico per non aver potuto vivere di persona tutta la straordinaria emozione che si prova quando vedi un fiume di gente nel paese, che si raccoglie

in preghiera seguendo la statua durante la processione.

I ricordi degli anni passati, dei momenti in cui sentivo i brividi nel vedere spettacolari attestazioni di fede da persone che macinavano chilometri pur di essere presenti durante la festa di S. Gerardo.

I l s e n s o d i appar tenenza de l la nostra comunità può solo essere agevolato da questo tipo di situazioni e il benessere generale che ne deriva, specialmente

economico ma non solo, deve essere il primo forte riconoscimento a questa nostra amata terra. La presenza del Santuario ci ha donato tanto benessere negli anni, ma come spesso accade in questi casi, talvolta c’è stato anche il rovescio della medaglia e cioè la presenza di invidie, dissapori, interessi in conflitto e malumori generali.

Venendo all’ult imo punto, non per importanza ovviamente, mi sento di annoverare tra le principali fonti di ricchezza del nostro territorio, la produzione agricola di Olio, Vino, Farina, nonché tutte le straordinarie tradizioni culinarie.

La ricchezza della nostra

terra è enorme e potrebbe essere meglio sfruttata e valorizzata, magari creando un consorzio che coinvolga tutti i produttori e che, gestendo il business in modo unitario, possa trarre enormi vantaggi economici.

La vendita di prodotti alimentari tipici non va mai fuori moda ma per sviluppare un mercato di questo tipo ci vuole impegno e coesione, abbinato ad una buona idea imprenditoriale.

Gli investimenti necessari sono minimi ma i potenziali profitti sono di indubbio interesse.

Ammetto che non è semplice sviluppare un concetto come questo dall’oggi al domani, ma il fiuto per questo tipo di opportunità potrebbe generare un profitto inaspettato per il nostro territorio.

Abbiamo tantissimi altri esempi, specie in Puglia e Lucania, di piccoli agricoltori che si sono associati in un consorzio per unire le forze e sfruttare le opportunità che con tale business si possono creare.

Questo tipo di associazione ovviamente non può prescindere da una coesione di intenti e da una cooperazione globale, pertanto vanno superate dapprima le invidie e i conflitti di interessi di cui parlavo prima.

Ma quale miglior ragione di una crescita economica personale e collettiva.

di Giuseppe Palmieridi Giuseppe malanga

 

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Recensioni

iniziavo, di questi tempi l’anno scorso, una ricerca dal profilo antropologico, nella Città di sorgente. al di là della domanda attorno alla quale avrebbe girato il lavoro, nient’altro era stato organizzato, la ricerca si sarebbe costruita strada facendo. alcuni avvenimenti li devo al caso, altri sono stati cercati. oggi ringrazio la comunità che mi ha accolto e ospitato per mesi, grazie perché ha voluto raccontarmi la

CapItOLO 1

Il paese colpito dal sisma

1.1 Caposele, origini di un comune “singolare”

Prima di addentrarci nella descrizione economica e sociale della comunità nel decennio che precede il sisma del 1980, è necessario soffermarci su due im-portanti aspetti che, ripresi nei successivi capitoli, serviranno a comprendere meglio il concetto di sviluppo locale e partecipazione collettiva quanto elementi caratterizzanti della società.

Caposele, territorio di cerniera tra le valli del Sele e del fiume Ofanto, è un pic­colo comune della provincia avellinese. Alle pendici boscose del monte Parago ne, occupa una superficie di 41.50km2.

I suoi 360554 abitanti si distribuiscono tra il nucleo centrale del comune, le quat tro contrade e la frazione di Materdomini.

Sviluppatosi attorno alle sorgenti del fiume Sele, che scorre all’interno del cen tro abitato, Caposele deve a queste acque la sua storia. È il 1905 quando, al fine di consentire l’approvvigionamento idrico della Puglia, viene stipulata una convenzione tra l’Amministrazione Centrale del Ministero dei Lavori Pubblici e il Sindaco di Caposele.

Con tale documento il comune rico-nosce la “demanialità di tutte le acque sorgenti del Sele, il diritto da parte del Ministero del LL. PP. di poter disporre liberamente di dette acque, col solo ob-bligo di lasciar defluire una certa parte della portata delle sorgenti dalle opere di presa del fiume Sele, per usi pubblici e privati del Comune e degli abitanti”55. L’anno successivo iniziano i lavori per lo scavo della galleria dell’Appennino, il tronco principale e le sue diramazioni, e proseguono per altri sette anni. Sarà questo un periodo di grandi stravolgimenti economici e sociali per la comu nità di cui si portano i segni ancora oggi: alcuni territori verranno espropriati, cambierà l’assetto urbanistico del centro abitato nella sua propaggine di nord ovest (la zona denominata Capo di fiume) e muterà l’aspetto paesaggistico e ambientale del paese. Non solo scompariranno le sorgenti che sgorgavano tra le abitazioni, ma l’artigianato fiorente di gualchiere, frantoi e tintorie, che sfrut tavano la corrente dell’acqua, verrà ben presto sacrificato. Terminati i lavori della galleria nella tratta caposelese-alto irpina, ai quali parte cipano anche i locali traendone beneficio, comincia la disillusione:

sua storia, riaprendo le ferite più intime. Ho definito i caposelesi un popolo da

ricostruire perché il ritratto che emerge è quello di una comunità basculante tra un passato perduto e un presente che non gli appartiene.

le dinamiche della ricostruzione, l’intervento statale calato dall’alto, l’assenza di programmazione e di investimenti hanno allentato le maglie che tenevano unita la collettività. la

fiducia nell’altro e nelle istituzioni non funge più da collante.

spero con questo lavoro di essere riuscita ad interpretare il pensiero delle persone che ho incontrato e di aver dato voce anche a coloro che sono rimasti in silenzio.

e se così non fosse, che sia questa un’occasione per confrontare i nostri pensieri e far nascere nuove idee.

teresa Caruso

la manodopera abbandona il paese, gli uffici provvisoriamente stabiliti vengono trasferiti (tecnici, ospedale di pronto soccorso, scuole aziendali) e, per chi resta, l’acque dotto non è una fonte d’impiego. Oggi lavorano nella Società soltanto quattro caposelesi.

La captazione delle acque provoca al contempo sentimenti di rancore e orgoglio perché tale intervento è concepito, da un lato, come privazione di una ricchezza e, dall’altro, come atto di generosità verso terre “bisognose”. Generosità che però sembra non essere ripagata. Infatti, diverse diatribe e vertenze continuano a susseguirsi tra l’allora Ente Autonomo Acquedotto Pugliese e il comune, con richieste di ulteriore captazione e imposizione di vincoli di inedificabilità per il primo e, per il secondo, la rivendicazione dì indennizzi e diritti. L’acquedotto rimane una presenza estranea al territorio, che gestisce autono mamente il bene pubblico e impone alla comunità locale le sue scelte, creando scompigli.

E rimane estraneo anche la sera del 23 novembre del 1980:

“Gli operai dell’acquedotto, da Bari, furono i primi ad arrivare quella sera e anche i primi ad andarsene. Non ci degnarono di uno sguardo, non ci chiesero nemmeno se ci servisse una mano. Vennero solo a controllare i danni all’interno della galleria. Restammo senza parole”56

Un’altra realtà caposelese che merita di essere citata è il turismo religioso di Ma-terdomini che attrae pellegrini in visita al Santuario di San Gerardo.

Per far fron te al fenomeno è nata una rete di strutture e servizi che comprende 5 strutture ricettivo alberghiere, 12 ristorative, un ostello della gioventù, 7 bar, 40 esercizi commerciali a posto fisso e 40 ambulanti, un mercatino domenicale di esercenti del settore agricolo. Tale complesso dà occupazione, anche se precaria e stagio nale, a circa 300 unità lavorative, attutendo il fenomeno migratorio soprattutto giovanile e tamponando la situazione di necessità di alcune famiglie.

La presenza dell’Acquedotto, con tutti i suoi risvolti storici e il turismo di Mater-domini, oltre che influire sull’identità economica di Caposele, ne hanno forgiato anche il carattere sodale: il confronto dei locali con le altre realtà, la rottura dei confini relazionali, che rendono i piccoli centri meridionali delle “comunità chiuse”,

fanno di Caposele una comunità singolare.

1.2. Caposele tra il 1970 e il 1980

Negli anni 70 Caposele si mostra come un centro tipico dell’entroterra ap penninico ì cui abitanti vivono una tranquilla vita rurale seguendo i ritmi e le scadenze delle stagioni. Giornate di lavoro nei campi dove gli agricoltori, princi palmente lavoratori in proprio, si dedicano alla raccolta di frutta, tipici di queste zone sono la nocciola e il fico, e alla coltivazione di olivi e grano. A fianco di questa attività agricola, primariamente di sussistenza o diretta al micro mercato circostante, si sviluppano attività artigianali che includono bot-teghe di falegnami, calzolai, sarti, bottai, fabbri, barbieri e fornai. Nel 1971 risiedono a Caposele 4185 abitanti, che diventeranno 4005 nel 1980, mentre la popolazione presente, a dieci anni di distanza, passa da 3625 a 3478”.

A differenza dei comuni circostanti, falcidiati da un’emigrazione consistente e spesso di tipo stanziale, Caposele ha un’emigrazione più contenuta di tipo stagionale o al massimo di breve periodo {due tre anni), specialmente verso la Svizzera.

È il turismo religioso di Materdomìni a frenare l’esodo introducendo qualche cambiamento nell’assetto economico della società. Il fenomeno turistico cono-sce infatti il suo boom proprio negli anni 70 tanto da incentivare la costruzione

un pOpOLODa

RICOStRuIRE

delle infrastrutture ricettive a scapito del lavoro agricolo. A conferma, i dati del censimento Istat del 1981 segnalano un dimezzamento del numero di agricol-tori, da 804 a 466, e un incremento degli addetti dell’industria delle costruzioni che, da 423 del 1971, diventano 486 nelI’SI. In questi anni aumenta anche il numero di commercianti, che passa da 135 a 160, mentre il dato degli occupati nel settore terziario raddoppia: da 76 a 162.

Il numero delle famiglie aumenta a discapito della grandezza del nucleo fami liare: da 1139 a 1260 ma, se nel 1971 sono 87 i nuclei con più di 7 componenti, nel 1981 il dato scende a 30.

In questo decennio infine, calano le nascite e la popolazione invecchia; la classe di età da 0 a 14 anni, che inizialmente conta 1159 componenti, ne perde 210 mentre la classe degli over 65 ne guadagna 116.

Per quanto riguarda la vita sociale e culturale, Caposele risulta essere partico larmente attivo e questo coincide con il miglioramento del grado di istruzione della popolazione. Gli analfabeti diminuiscono (da 467 a 326) e raddoppiano sia i laureati, 62 nel 1981, sia coloro che ottengono la licenza media, 941. Inol tre, aumentano di 70 unità i diplomati rispetto al decennio precedente che ne conta 125. La rete scolastica del comune è composta da due scuole elementari (Caposele e Materdomini) e una pluriclasse nelle zone rurali (soppressa proprio nel 1980), due scuole medie, tre sezioni di scuola materna, di cui una comunale gestita dalle suore vocazioniste, e una sede

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staccata del liceo scientifico facente capo a Sant’Angelo dei Lombardi.

È in questo clima di vivacità culturale che viene fondata l’associazione turistica Pro Loco. Siamo nell’ottobre del 1973 quando i 55 soci ne approvano lo statu-to, in concomitanza con la nascita del periodico la Sorgente che darà voce alla

prima e, in generale, alla cronaca caposelese.

L’associazione si occuperà di organizzare un doposcuola per i bambini e un piccolo conservatorio che conterà fino a 40 iscritti. Per lo sviluppo turistico , del paese invece intratterrà caposelesi e turisti con concorsi di pittura estem-poranea e di fotografia e, durante il “ferragosto caposelese” e “la festa degli emigranti”, proporrà giochi d’acqua, gare, partite a squadre e ogni sorta di divertimento. Proprio nell’occasione del ferragosto caposelese del 1977 sì dà il via all’esperimento Radio Caposele per la radiocronaca dei giochi, esperimento che poi continuerà per i primi anni dopo il sisma.

; Nel 1979 la Pro Loco raggiungerà i 200 soci e la Sorgente, il cui ultimo nume-! ro “prima del terremoto” risale a marzo, conterà una tiratura di 1300 copie a trimestre.

Altro luogo d’aggregazione è il cinema che funge anche da sede per le riunioni più importanti o per i congressi politici.

A fianco di questa attività culturale se ne delinea una politica altrettanto pro spera e caratteristica rispetto alle altre realtà locali: Caposele sceglie un’identità comunista mentre i paesi dell’area appoggiano prevalentemente la Democrazia Cristiana, rappresentata dall’irpino Ciriaco de Mita.

Secondo i ricordi di un ex sindaco di Caposele, gli anni che vanno dal 1945 al 1980 vedono un’alleanza stabile tra PCI e PSI che governano il comune, salvo la parentesi del 1970 quando una scissione del PSI determina la nascita di in dipendenti di sinistra, che si legano al PCI mentre i socialisti rimasti nel partito si alleano con la DC. La concorrenzialità tra questo partito e la sinistra, a cui si aggiungono gli equilibri interni a quest’ultima, determinarono la nascita di sezioni molto agguerrite in numero di iscritti. Se ne contano 300 al PCI, 120 per la DC e 100 al PSI62.

Gli iscritti al Partito Comunista sono, nella quasi totalità, contadini e braccianti seguiti nelle attività da gruppi di dirigenti provinciali. I socialisti invece sono per lo più artigiani e lavoratori autonomi. Di contro, ia DC ha una base sociale più disomogenea.

Le sezioni, oltre a essere strumento divulgativo del pensiero politico, luogo di incontro e confronto, offrono attività di assistenza all’iscritto, alimentando gli introiti finanziari del partito. Attorno ai tre maggiori partiti si sviluppano i rela-tivi movimenti giovanili. Dai racconti orali si evince il ricordo di un sentimento

Solidarietà e conoscenza, pregiudìzi che si scontrano e spesso non trovano fondamento.

Dopo l’esercito italiano, è quello tedesco a prestare soccorso, assieme ai sinda cati CGIL, CISL e UIL che, oltre a offrire un sostegno tecnico attraverso il lavoro degli operai, coordinano gii interventi per la divisione delle aree in cui smistare le tende e le roulotte.

Sono proprio le associazioni s i n d a c a l i a s o p p e r i r e a l l e mancanze dell’ammini strazione, momentaneamente disgregatasi a causa dei lutti che il terremoto ha portato nelle famiglie. I sindacati attraverso la gestione della fase di emergen za, che si protrarrà per tutto il 1981, ristabiliscono ordine e trasparenza, gene rando inoltre una coscienza critica e invitando la popolazione a collaborare.

Un articolo de la Sorgente n. 23 del luglio 1981, raccontando la presenza del sindacato a Caposele, spiega quanto quest’ultimo assuma un ruolo guida per la popolazione che, in presenza di un metodo organizzativo efficiente e soprattutto democratico, è stimolata alla partecipazione.

Nel giugno 1981 si organizza un comitato popolare al fine di indirizzare e in formare i caposelesi sui problemi legati alla ricostruzione e, in particolare, alle nuove assunzioni ad essa legate.

È lo stesso gruppo ad illustrare la legge della ricostruzione durante assemblee pubbliche, spiegando competenze e respon sabilità delle parti.

II p r o b l e m a a c u i b e n presto bisognerà far fronte è l a conc i l i az ione de l la l inea sindacale coordinata a livello nazionale con la realtà locale che, fortemente influenzata dalle politiche territoriali, si contrappone alla prima.

Con il tempo questo contrasto farà perdere autonomia al comitato e la sua attività verrà assorbita dalla sezione locale del PCI che in quel momento rap presenta l’opposizione. L’intervento esterno viene quindi a modificare, momentaneamente, gli equilibri sia politici che sociali.

Gli equilibri politici perché l’attività del comitato durante l’emergenza, seppur per un breve periodo, consegna alla popolazione un mo dello partecipativo diverso, improntato non più su rapporti esclusivi e verticali ma sulla consapevolezza del singolo di non essere un soggetto passivo. Tale modello partecipativo in realtà, nonostante le buone intenzioni e la predisposi zione della popolazione, intersecandosi con le dinamiche partitiche, non riesce a mettere le radici, tanto che oggi si percepisce come questo modello abbia rappresentato un’aspettativa ma risulta mnemonicamente distante.

Gli equilibri sociali perché, sebbene Caposele sia stato un paese storicamente ed economi camente aperto al confronto, la presenza esterna viene a destabilizzare gli ani mi. Ad oggi, le sensazioni di fronte al ricordo della

politico forte e combattivo.Significative infine, sono anche

le istituzioni collaterali alla politica: presenti le sedi della CGIL, Coldiretti, CIA, CNA, Confcommercio e qualche cooperativa agricola. Cosa rimarrà di tutta questa ricchezza sociale dopo il 1980?

1.3. 1980, l’interruzione storicaIl 23 novembre 1980 i caposelesi

cominciano a vivere una vita che non sembra più appartenergli. Il sisma viene a capovolgere (a loro esistenza in una maniera talmente netta e repentina da concepire questa data come una linea di demar cazione tra il prima e il dopo terremoto. E, stabilito l’anno zero, inizia una nuova scansione del tempo.

Alle 19.34 il sisma colpisce il comune di Caposele. Il giorno seguente il paese si sveglia piangendo 62 vittime e contando 2743 senzatetto63, l’80% della po-polazione.

Dichiarato “disastrato”64, il comune entra a far parte del cratere, l’area geo-grafica maggiormente danneggiata dal terremoto che quella sera scuote la Campania e la Basilicata per circa 90 secondi e, con una forza di magnitudo 6.4 della scala Richter, porta con sé 2.735 morti, 8.848 feriti e circa 400.000 senzatetto65.

A Caposele il 70% dei fabbricati è distrutto o gravemente danneggiato, di

questi i l 10% sono situati a Materdomini66. Il 29% degli edifici crollati sonofatiscenti; basti pensare che, secondo il censimento Istat del 1971, su un totale

di 1199 abitazioni, 243 non erano fornite di acqua e 152 di gabinetto (servizi igienici).

Crollano anche il comune e la caserma dei carabinieri, il cinema e la farmacia.

Le scuole sono inagibili e la rete fognaria, idrica ed elettrica vengono dichiarate distrutte.

A Materdomini la situazione è meno grave: viene danneggiato il Santuario di

S. Gerardo, la scuola dei Padri Redentoristi, la tipografia e il 13,6% delle case”.

A completare la distruzione ci penseranno poi le ruspe che interverranno nella parte storica di Caposele demolendo la Chiesa Madre di S. Lorenzo e la zona adiacente al Castello, la chiesa di S. Lucia e alcuni palazzi del XIX secolo68.

Dalle macerie tutto ricomincia. Nuovi punti di riferimento e nuove abitudini, mutati anche i sentimenti e le persone.

Arrivano i volontari, i prefabbricati e i container vengono consegnati, lo Stato stanzia i fondi e passano gli anni attendendo la ricostruzione.

1.4. “Una realtà che si apre al mondo”

I volontari arrivati a Caposele provengono da tutta Italia e dall’Europa’1.

Squa dre autonome giungono per il solo motivo di alleviare il dolore e la fatica degl interventi.

presenza dei volontari sono molteplici: c’è chi ricorda piacevolmente il tempo trascorso con loro perché portatori di allegria, dopo tanto dolore, chi ne ricorda la volontà e l’efficienza e chi invece, a causa della presenza massiccia, percepisce l’espropriazione dell’in-timità comunitaria e dà loro la colpa della diffusione di cattive abitudini. Terminata l’emergenza inizia per la comunità una nuova fase, quella della rico struzione, in uno scenario di lotte politiche, ingiustizie e diatribe tra familiari e vicinato per l’assegnazione dei fondi e i criteri della ripartizione degli stessi.

La lunga attesa per riavere quanto perduto verrà trascorsa negli alloggi provvisori ed è in questa nuova sistemazione che la popolazione darà nuovamente forma alla realtà.

Alcune immagini della devastazione del Terremoto del 1980

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8314

La natura ci offre degli spettacoli meravigliosi. E’ bello ammirare i giochi delle nuvole in un cielo azzurro, le stelle che brillano incerte

in una notte di tempesta, le ampie foreste incontaminate, i prati pieni di fiori, il grano che biondeggia al sole, o più semplicemente un campo arato di fresco che ancora profuma di terra.

Uno degli spettacoli più entusiasmanti è dato dal gioco delle acque. Le sorgenti danno luogo a panorami tutti diversi ma sempre meravigliosi, come ad esempio fiumi impetuosi, laghi pieni di bollicine o cascate imponenti.

Non tutti sanno che anche Lioni ha la sua cascata: si trova in località Civita sul fiume Ofanto a pochi chilometri dal centro. Pensate che, fino agli anni settanta, era il punto di ritrovo di molti giovani che facevano qui il loro bagno estivo, non potendosi permettere una vacanza al mare. Purtroppo, con la costruzione della strada Ofantina, la sua imponenza è stata molto ridotta. Ancora oggi, però, basta fermarsi sulla piazzola di sosta Ofanto 2, all’altezza dello svincolo per Contursi, per apprezzare un getto d’acqua in mezzo agli alberelli e agli strati rocciosi che appare e scompare come una meteora.

Quest’anno ho visto per la prima volta la cascata della Madonnina nei pressi della sorgente del Sele (di questo ringrazio l’ing. Nicola Conforti). Sono rimasto entusiasta. Le acque, precipitando dall’orlo del monte, non acquistano nella caduta una velocità molto forte.

Ciò è dovuto alla resistenza che oppone l’aria e al fatto che, nella precipitazione, la massa liquida si divide in mille spruzzi. Tuttavia ai piedi della parete, l’acqua acquista un moto vorticoso provocando, con l’aiuto di materiali solidi che essa trasporta, un’ampia escavazione, un bacino che viene tenuto sgombro da depositi dalla forza stessa dell’acqua. Il piede della parete è soggetto ad erosioni perché formato da rocce tenere che si alternano a rocce più resistenti.

Queste acque contengono poco carbonato di calcio e, nonostante l’aerazione che subiscono nella caduta, non determinano sedimento chimico o deposito.

E’ noto che la presenza delle cascate caratterizza lo stato giovanile del corso d’acqua e tale è il caso della cascata del fiume Sele.

Di recente ho visto le cascate dell’Iguazù fra l’Argentina e il Brasile, solo 70 metri di altezza ma ben 1700 metri cubi di portata. In questo tratto le masse rocciose, variamente resistenti, si alternano e danno luogo ad un approfondimento continuo ad un salto brusco che, interrompendo il profilo longitudinale del fiume, offrono uno spettacolo notevole.

Qui sono rimasto 3 giorni per vedere l’imponenza delle acque in tutti i loro particolari.

Guardato da diverse postazioni, distanti fra loro anche decine di kilometri, l’Iguazù

ha molte cose da fare ammirare. Nonostante ciò, questa cascata rappresenta un notevole ostacolo alla navigazione fluviale perciò è affiancata da canali muniti di conche e chiuse.

Il dislivello d’acqua viene utilizzato con condotte forzate per la produzione di energia elettrica.

Ancora più recentemente ho visto la gran cascata di Tivoli sul fiume Aniene le cui acque contengono in soluzione abbondanti quantità di carbonato di calcio che si depone sulla parete e sul ciglio sotto forma di travertino, roccia calcarea di sedimento chimico.

Al confine tra Campania e Molise ho visto una piccola cascata nel punto in cui confluiscono due corsi d’acqua: il più importante di esso procede nell’opera di approfondimento del suo letto così rapidamente che l’affluente non può seguirlo con un uniformità di ritmo e determina il dislivello fra i due fiumi.

Consentitemi di dire la mia: le cascate più belle sono quelle lungo i corsi d’acqua minori; presentano spettacoli a misura d’uomo che ricordano la potenza della natura. In quelli maggiori le cascate sono una sfida all’immensità e sono assai meno frequenti in quanto non hanno la possibilità di formarsi per la potenza erosiva del fiume che, a lungo andare scava e appiana gli ostacoli rocciosi.

E’ caratteristico, a questo proposito, il fenomeno dell’arretramento delle cascate, cioè del progressivo retrocedere della cascata verso l’alto corso del fiume e della sua conseguente diminuzione d’altezza. L’arretramento è più o meno sensibile in tutte le cascate ed è dovuto all’erosione superficiale del banco di rocce che ha provocato la formazione della cascata.

Il fiume Sele è ricchissimo di irregolarità nel suo profilo longitudinale e quindi la formazione di questa cascata è un evento quasi normale perché lungo il piano inclinato si verifica una serie di salti non molto alti alternati a rapide.

Il risultato è uno degli spettacoli più belli che io abbia mai visto, un angolo di paradiso appunto.

Sono rimasto incantato per minuti e minuti; qui l’animo ritrova la pace e si rasserena.

Complimenti al comune di Caposele che ha valorizzato questo spettacolo e lo ha reso visibile e god ib i l e da molti. Ancora un piccolo sforzo e può divenire, con l ’ a m p l i a m e n t o delle infrastrutture, meta di tanti turisti che vanno alla ricerca di nuove scoperte e nuove emozioni.

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UN ANGOLO DI PARADISO

da Roma: mario Sista (caposelese de Roma)

un giorno Felice

Quest’anno torno a casa più contento,vedo che il mio paese s’è svegliato,uscito fuori dall’oscuramentoche da decenni s’era congelato.Al primo dei progetti ha dato il passo,dà alla luce l’immagine nel sasso.

Ha le sembianze di una madonnina,per chi ha fede è già un pellegrinaggio,chissà se proprio lei, una mattinanon abbia messo in testa quel coraggio a chi comanda, fare il primo foro nelle risorse di miniera d’oro.

Vien fuori una cascata, ed indi poscia,dà un belvedere, tutto in bella vista,l’acqua furente che rimbalza e scroscia,si fissa nella mente del turista.Ti dà un senso di serenità,sogno un posto così per l’aldilà.

da tempo che aspettavo il cambiamento,insieme si dà vita a belle imprese,il popolo ne prova giovamentoe acquista libertà il bel paese.e’ questo un buon inizio e dà speranza,vivere insieme nella fratellanza.

Finisco con due versi di Trilussa:la libertà d’un popolo è compagnaAll’acqua che vien giù da la montagna.

uno scorcio del Parco della madonnina

una pittura dell'artista mario Sista che ritrae un angolo del nuovo Parco della madonnina

Sidigna e umberto malanga, la sig.ra Vuotto, e la dott.ssa. Cettina Ciccone, l'ing. Ferri e il dott. Giovanni Vuotto

di Giovanni Vuotto

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Page 15: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8315

da salerno: ezio Caprio

Caro Nicola,dopo una prima visita, con la coincidenza della Tua compresenza, ho avvertito il “bisogno” ed il richiamo di un “ritorno solitario”.Il fascino del luogo Ti travolge!l’irrompere della cascata, con il suo travolgente fragore, mi ha indotto a meditare sul percorso della nostra esistenza.Vi è prima una giovinezza impetuosa e troppo veloce: poi il fiume della vita scorre, dolcemente ma fatalmente, verso la foce.Questo il pensiero che Ti prende, se Ti soffermi a meditare...come tutti dovremmo.

da roma: giovanni e luisida Caprio

Caro Nicola,in Agosto, durante il nostro soggiorno a Caposele, abbiamo visitato e molto apprezzato il pregevole lavoro che è stato fatto per la costruzione del percorso pedonale che porta fin sotto la bellissima cascata generata dalle acque di Cassano non convogliate in galleria. la vaporizzazione dell’acqua e la circostante ricca vegetazione creano una straordinaria sensazione di frescura e di benessere che giustifica il nome di Oasi attribuito al luogo. Abbiamo anche visitato quella straordinaria formazione rocciosa sul lato destro del percorso che, a colpo d’occhio, da una certa distanza, richiama alla mente una figura mariana. Ci siamo avvicinati, abbiamo osservato attentamente la roccia in questione e ci è sembrato, con disappunto, che qualcuno abbia artificialmente evidenziato i contorni ed il fondo dell’immagine. Noi riteniamo che la sagoma indefinita e interessante, che la natura ha “miracolosamente” scolpito su quella roccia, non vada in alcun modo evidenziata per non darle un sapore di artefatto o strumentale e per lasciare che la fantasia di ciascuno possa liberamente interpretare ciò che vede. In ogni caso, si tratta di una passeggiata davvero invitante, che allarga i confini del Parco fluviale e ne aumenta notevolmente le attrattive.Cari saluti

da Carife: Prof. raffaele loffa

Caro Nicola,non conosco l’Oasi della madonnina e neppure la sua ubicazione...ma se piace a te e ai Caposelesi, tanto attaccati al loro territorio, alla sua storia, alla sua cultura, alla sua bellezza ed alle sue tradizioni non può non piacere anche a me! Spero di poterla visitare presto, non appena risolverò i miei seri problemi di salute.la nostra Irpinia tutta, e non solo Caposele,

“ Chiare, Fresche e Dolci Acque” (Petrarca “Il canzoniere”), tali le acque del Sele che sono il simbolo della chiarezza oltre che della freschezza, per effetto della bassa temperatura con la quale sgorga dalla sua sorgente.

E’ dolce anche perchè la sua durezza è molto ridotta tanto da formare limitati residui calcarei ed adattissima a rifornire uno dei più importanti acquedotti.

La sua dolcezza è anche espressa con il suono rilassante che ci regala il suo scorrere vivace, lasciando nell’anima grandi impressioni di sollievo.

Non conosco, nei particolari, tutto il tracciato del fiume e non posso qui commentare le bellezze delle quali ho spesso sentito parlare.

Ho avuto l’occasione di apprendere le notizie e le immagini che la rivista “La Sorgente” ha così ben diffuso tra i propri lettori e mi sovviene di ripetere: ”Laudatosi, mi Signore per sor’acqua, la quale è molto utile et umile et preziosa et casta”.

Così San Francesco d’Assisi parlava di “sorella acqua” e davanti a lei assumeva un atteggiamento di rispetto, di poesia e di fede che coinvolgeva nella lode anche gli esseri che con Lui pregavano, essendo per divina sapienza ogni cosa benefica.

Il corso del fiume Sele rievoca numerosi eventi, la storia delle generazioni che ci hanno preceduto anche con ingiusti e crudeli trattamenti di tipo sociale,come l’espropio di tanti mulini che garantivano quel piccolo ma pregevole benessere per le popolazioni residenti sia in termini di posti di lavoro che di produzioni alimentari.

A ciò è bene aggiungere altri eventi storici di carattere politico ed economico.

Questo meraviglioso corso d’acqua pur appartenendo al versante tirrenico ha dissetato numerosissime popolazioni pugliesi che, senza questo apporto d’acqua,avrebbero subito gravi danni dal punto di vista igienico, sanitario ed agricolo.

Ogni corso d’acqua possiede grandi meriti che madre natura ha elargito operando sul suo percorso.

Sono noti gli effetti benefici dei fiumi di tutti i continenti; restiamo invece ai fiumi italiani perchè gli altri grandi corsi d’acqua sparsi nel mondo hanno procurato benessere alle coltivazioni, ai trasporti fluviali e all’industria.

Esprimo ora qualche mia impressione in merito alla zona relativa all’Oasi della Madonnina con la cascata, l’annesso parco ed il verde che lo caratterizza.

Ho avuto

deve giocare l’ultima carta in suo possesso: quella del turismo!Il nostro territorio, sostanzialmente ancora integro nonostante gli innumerevoli attacchi, fa gola a molti, sopprattutto a quanti vorrebbero continuare a riempirla di immondizie...l’incombente e minacciosa soppressione dell’ente Provincia potrebbe paradossalmente accelerare proprio il degrado delle nostre stupende terre: la Regione, cui passerebbero le competenze ora della Provincia, è da tempo attestata a difesa della più ricca fascia costiera, in cui gli elettori sono più numerosi e la crisi in atto farà il resto. lo sforamento nella spesa sanitaria, l’aumento esponenziale della polizza assicurazione auto non è certo imputabile alle zone interne...dobbiamo difenderci a denti stretti e cacciare gli artigli per ottenere il riconoscimento dei nostri diritti: la questione acqua di Caposele deve insegnare a tutti qualcosa e la lezione deve servire soprattutto ai nostri rappresentanti politici a livello istituzionale e spesso latitanti. l’industrializzazione langue, se non è asfittica, stitica, rachitica e...deboluccia e la vicenda IRISBUS di Flumeri ne è la prova più evidente ed allarmante: la dice lunga anche sulle intenzioni dei nostri cosiddetti “Soloni” dell’economia e dell’industria; il resto lo fanno la globalizzazione e le difficoltà molteplici che incontra l’Euro; e dove mettiamo poi la nostra attuale classe politica, dequalificata. squalificata e priva di ideali, senza distinzione di appartenenza o di colore?mala tempora currunt...caro Nicola.Nel turismo dobbiamo crederci tutti, se vogliamo giocarci al meglio l’ultima chance in nostro possesso!Ad maiora semper a te e alla tua rivista, che dirigi tanto egregiamente e soprattutto con tanto amore...

Il Sele e la cascata dell’Oasi della Madonnina.

occasione di visitare tale Oasi in maniera sufficientemente attenta pochi giorni dopo l’inaugurazione avvenuta il 18 agosto 2011 con la competente guida da parte dell’ingegnere Nicola Conforti.

Per gli appassionati di bellezze naturali la cascata rappresenta una meta da prediligere per un’escursione in totale relax.

Ciò fa godere le meraviglie sonore provocate dalla caduta delle acque ed il magnifico scenario che abbina l’incantevole verde alla cascata, dove il dolce scorrere dell’acqua rende più viva la potenza e la bellezza della natura.

Molto suggestivo il percorso che conduce alla cascata, abbellito dalla staccionata la cui continuità contribuisce all’apprezzamento del tracciato fluviale.

Mi ha colpito molto, prima di giungere alla cascata, la presenza di una conformazione rocciosa nelle sue molteplici varianti, fornendo all’osservatore, con le sue ombreggiature un’immagine molto simile a quella della Madonna.

Certamente ho constatato l’esistenza di un grande valore per tutti gli abitanti di Caposele e di località limitrofe.

Tale parco rappresenta, oltre a un possibile incremento dell’economia locale per un potenziale afflusso turistico, una migliore conoscenza delle caratteristiche territoriali irpine.

Concludo con l’auspicio per un completamento di questa pregevole iniziativa.

Ben venga quindi la realizzazione del Parco della Madonnina e di quanto ad esso collegato.

E per chi vuol conoscere la storia delle acque delle Sele consiglio una visita a Casa Houston, sita a poca distanza dalla cascata.

Tale casa costituisce un interessante centro polifunzionale ed ospita all’interno il Museo delle Acque.

E’ il luogo ideale per conoscere l’importanza di questo corso d’acqua che per Caposele riveste una notevole caratteristica specialmente per quanto riguarda gli aspetti naturalistici, storici e culturali.

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di Cettina Ciccone

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8316

Lì siamo noi, Sidigna ed io, a Materdomini di Caposele a corso Sant’Alfonso, fare quattro passi in direzione

al bar Roma, del parente Pietro Malanga, per deliziarsi del miglior caffè preparato, diligentemente, da lui.

Accomodato su un banco, all’ombra degli stimati platani, un compaesano, tenendo al guinzaglio un cagnolino, legge attentamente il giornale la sorgente. Apprezziamo il suo compiacimento, nello spendere un pò del suo tempo, in sfogliare e interessarsi del contenuto.

È un atto di civismo il suo, incentivandone la lettura e tirarne profitto delle informazioni, mostrare la finalità a quei cittadini ancora riluttanti (peccato ch’è assai ritardante).

È di grande valore per la Comunità. In una dialettica convincente, elucida dubbi, amenizza controversie, diffonde la nostra storia, la ricca e raffinata gastronomia, le esuberanti bellezze naturali locali...

È c o o r d i n a t o e i l l u s t r a t o impeccabilmente.Vi partecipano persone capacitate, altruiste, gente che quivi vive e convive le quotidiane allegrie, le necessità primordiali del paese, e rinfranca, deliberatamente, coloro che abitano lontano.

Allora, approfittiamo del suo modo gentile di essere e azzardiamo di ingranare un dialogo, non troppo lungo, ma proficuo, raccontargli le emozioni vissute, in questo breve periodo di soggiorno, al Borgo natale: - Amico, sempre quando il tempo ci permette, facciamo una scappatina per rivedere i tanti parenti, amici, i campi, i valli, i monti. La mia consorte, Sidigna, una brasiliana che ama tanto l’Italia (e ad un italiano), è rimasta così affascinata del paesaggio, dell’accoglienza degli abitanti, le loro espressioni così originali, in quel singolare dialetto, molto difficile di comprendere per chi non vi è nato, ‘... e ch’ bbò fà’!, per cui, lei sempre mi domanda: “...che idioma è questo, Umberto?” Ed io: “...è un idioma fantastico, è ‘r’ capussules’! Ieri pomeriggio, siamo scesi per la pedonale ripida strada, da Materdomini, per calare a Caposele.

Un belvedere grandioso, per me, un gaio ritorno al passato.

Ci siamo inoltrati tra quei vicoli graziosi e romantici, ‘maronna’ quanti fiori sui balconi, cicale che urlano, un garrire di rondini, non come allora, un caldo soffocante, un continuo tintillar di tante fontanine d’un’acqua ineguagliabile, infine una breve pausa

e...‘na bella vepp’ta’. Naturalmente, ad ogni angolo, io, da cicerone, contavo ch’era via Portella, chi era Giovanni Bovio, la piazza Francesco Tedesco e tante altre... ah, dimenticavo, via Palladino?, si, quella ripida e memore stradina, dove negli anni cinquanta funzionava la Scuola d’Avviamento, in una fu opulenta dimora dell’era borbonica.

Proseguiamo 70 metri, giriamo a destra, scendiamo un piccolo scorcio e siamo in via Roma, entriamo in un snack per degustare un delizioso sorbetto, poi si continua, chè alle 18:00, alla contrada treddoge, in monte della fontana di santa lucia, sotta la ‘preta r’ Cola, si svolgerà l’inaugurazione dell’Oasi della Madonnina.

Ma che spettacolo! Un docile corso d’acqua, calmo e placido, scende, e mentre che man mano accediamo il sentiero che lo contorna, il mormorare si fa sempre più intenso, sembra di entrare in una foresta tropicale, un luogo primitivo, intoccabile, dove l’uomo non ancora...

Ed ecco che appare una limpida e scintillante cascata, con una portata di tanti metri cubici al secondo, fresca, purissima, meravigliosa, indescrivibile! Durante il percorso una grande pietra, nella cui spaccatura, è perfettamente immaginabile una grotta con una Madonnina.

È bellissimo! È un punto da trascorrere momenti gradevoli, con la famiglia.

È una preziosità, è da valorizzare, frequentare e conservare. Sono bellezze, ricchezze che gli altri paesi non posseggono.

Condivido con Sidigna queste osservazioni e, entusiasti, congratuliamo le Autorità, la Pro Loco, l’instancabile

UN PROFICUO DIALOGO

direttore del giornale la sorgente, Ing. Nicola Conforti, che tanto si è impegnato, che ha fotografato e invitato tutti; ai suoi collaboratori e a coloro che hanno lavorato e lavorano, per realizzare questa meraviglia!

Agli amanti della natura, a quelli che, frequentemente, visitano San Gerardo Majella, sul Colle, indichiamo quest’Oasi: è il luogo ideale per una giornata salutare, fisico e spirituale, è un luogo dove l’amore si rinnova! Gite scolastiche, per far conoscere questi tesori ai nostri futuri, quindi, fomentare il turismo... però, ci spaventa il pensare che, se quella candida ghirlanda gli abusivi la imprigioneranno, lasciandoci solo un vago ricordo della sua bellezza?

Sarà triste! Auguriamoci di no! È importante unirsi e difendere,

quel che ci appartiene! La cerimonia fu distinta, poi, da

un’orchestrina e vivaci voci eseguedo musiche partenopee, ed al magico scrosciare delle sorgenti del silarus, (Sele).

Una carina piazzetta e lungo il profilo, si brindava e degustavano delizie paesane, la possibilità di confraternizzarsi con la gente locale, vecchi colleghi e... amici di paesi circostanti.

L’ amico compaesano, coinvolto col nostro dialogo, mostrava contentezza, poi, accarezzando il suo prediletto, sereno, così si espressò: “Sicuramente, il giornale la sorgente sarà, sempre, il guardiano, il protettore, e noi tutti, ben attenti, cosicchè, quei soliti scontrosi, non malversino un patrimonio di

valore inestimabile!” Arrivederci compaesano, parenti,

amici, paese, borgo, campi, valli, monti, splendida Oasi della Madonnina!

Um abraço, de coração, a todos e... Boas Festas!

Un abbraccio, di cuore, a tutti e... Buone Feste!

Sidigna e umberto

Fotomontaggio curato da umberto malanga

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I coniugi malanga con Cettina Ciccone

Sidigna malanga

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Page 17: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 83

tuRIStICa

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Cettina Ciccone Con questi poli di attrazione turistico-religiosi l'interesse per il turista potrà essere certamente incrementato. Purtroppo però rimane, quale ostacolo non indifferente, il problema logistico per poter fornire accesso agli autobus al servizio dei visitatori (come avviene invece per Materdomini dove possono affluire automezzi di grande dimensione). Nel caso dell'abitato di Caposele capoluogo si costringerebbe il visitatore ad una percorrenza "pedibus calcantibus" da materdomini stessa. Si renderebbe necessario perciò un servizio navetta costituito da mezzi di ridotte dimensioni,che consenta di raggiungere il centro di Caposele e da qui svilupparsi attraverso “ i punti di forza” del capoluogo.Occorre quindi che l'amministrazione comunale esamini attentamente tale possibiltà non del tutto trascurabile.Non possedendo personalmente competenze approfondite circa viabilità, urbanistica ed altro attinente al problema.Preciso che quanto da me su esposto si riferisce alla mia opinione che non ritengo però inattuabile. Cordiali saluti

ezio Caprio

Suggerisco - a costo zero - di privilegiare i seguenti punti:1) Rispetto del prescritto divieto di segnalazioni acustiche nel centro abitato (clacson, trombe e quanto altro); fermo amministrativo ai ciclomotori con tubi di scarico NON in regola.2) Realizzazione di passaggio pedonale protetto e alberato lungo il Sele di Via S. Gerardo, con valorizzazione del mattatoio comunale, ormai in disuso, da affidare, in comodato (gratuito) ad una costituenda Cooperativa di lavoro giovanile, ovvero ad un dopolavoro bocciofilo.3) "Sponsorizzare" la casa per Anziani appena aperta in materdomini, con "apertura" agli Ospiti e loro congiunti.Ad integrazione dei tre punti già indicati, desidero segnalare un diffuso stato di degrado che si registra al bosco difesa, troppo spesso da disinvolti pseudo-turisti scambiato e, purtroppo, usato quale comodo "bivacco"!Simili bellezze naturali - da inventariare e recintare - andrebbero affidate, in concessione pluriennale, a cooperative giovanili che, incamerando biglietti di ingresso, ne garantiscano la cura e la

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sorveglianza.Il turismo infatti (troppo) di massa NON giova a nessuno!!

giovanni e luisida Caprio

_a) per lo sviluppo del turismo a Caposele occorre innanzitutto che i poli di attrazione del paese siano resi più fruibili per i turisti, a cominciare da coloro che già in gran numero sono attratti in zona dal Santuario di San Gerardo di materdomini. A tale scopo, è indispensabile non solo istituire un servizio di navetta tra materdomini e Caposele, almeno in determinati periodi dell’anno, con orari fissati e rispettati, ma anche risolvere il problema del parcheggio delle auto private, sia nella piazza della Sanità, sia in adiacenza al centro storico, in modo da creare un’isola pedonale dal “piano” alla “Sanità”.b) per incrementare il flusso turistico di Caposele si forniscono i seguenti suggerimenti:- completare il parco fluviale con interventi che ne amplino l’estensione, colleghino tra loro i vari percorsi, con la creazione di punti di sosta attrezzati, migliorino la pulizia, disciplinino gli accessi e l’illuminazione;- collegare il parco fluviale con l’area “oasi della madonnina” mediante un sentiero pedonale lungo il corso d’acqua creando una zona attrezzata per la sosta ed il ristoro (per esempio sull’esistente terrapieno) con aiuole, panchine ed un’adeguata area di parcheggio sul lato prospiciente la via per materdomini;- creare una passeggiata panoramica a metà costa, che vada dalla piazza della Sanità all’insieme delle Cantine, disposte lungo il fianco della montagna al disopra dell’abitato, da attrezzare con punti di sosta e di ristoro;- stimolare e favorire nuove iniziative per ristorazione e ricettività alberghiera in Caposele (bed and breakfast, pensioni, camere in affitto, ecc.);- incentivare l’apertura di botteghe artigianali per la vendita di prodotti caratteristici (manufatti in legno, in ferro battuto, ricami, ecc.) e di prodotti gastronomici locali (pasta fresca,olio, vini, ecc.);- fare un calendario di eventi distribuiti durante l’anno, prevedendo incontri culturali (recite teatrali, concerti per solisti, gruppi, coro), gare al campo sportivo e/o alla piscina.

A PICCOLI PASSI

Durante il percorso amministrativo mi sono spesso chiesto se sarebbe stato possibile fare qualcosa in

più rispetto a quel poco che si è mosso intorno alla materia "Turismo". Argomento che visto con occhi di chi ha viaggiato ed incorporato esperienze di luoghi ed esperimenti organizzativi, non risulta sicuramente di facile trattazione pratica.

Soprattutto poi, alla luce di poche risorse finanziarie (e questa è la difficoltà principale sulla quale "l'idea" turistica rallenta o si ferma), diventa tutto molto complicato e poco relizzabile.

Ma mi preme ricordare, a beneficio di chi ci legge e a testimonianza che è un tema localmente molto sentito, che qualcosina è stata avviata e in nuce ci sono tante piccole tessere che fra qualche anno potrebbero trasformarsi in un completo ed efficace mosaico del turismo locale.

Tra le operazioni avviate si può ricordare il completamento, in economia, del "museo dell'acqua"; la realizzazione del progetto sulla cartellonistica turistica di Caposele, di cui la prima installazione è avvenuta all'ingresso del Paese presso la fontana di Santa Lucia in loc. Tredogge;

il progetto per la realizzazione della rotonda di svincolo della superstrada;

la realizzazione del progetto di toponomastica che porterà una sorta di visibilità omogenea a tutto il territorio;

il progetto della 3.13 che dovrà essere finanziato fra poco dalla Regione Campania e sul quale si punta moltissimo per la realizzazione di una serie di operazioni di promozione turistica per San Gerardo e le Sorgenti (tra le altre cose si prevede un nuovo esperimento comunicativo "via bluetooth" per i turisti);

la realizzazione di un depliant turistico (con card elettronica inclusa) di nuova concezione, con grafica e contenuti studiati per un messaggio promozionale efficace e destinato al target dei visitatori potenziali dei nostri luoghi;

la realizzazione di un sito internet destinato esclusivamente al turismo di Caposele;

l'allestimento del Museo delle macchine di leonardo, che porterà migliaia di visitatori e scuole sul nostro territorio;

la realizzazione (inizio febbraio 2012) di un corso per guide locali turistiche che vedrà la partecipazione di enti e organizzazioni che accompagneranno i giovani protagonisti del corso in un piccolo viaggio di cultura, storia, e buone maniere turistiche, al fine di poter utilizzare ed organizzare le risorse ambientali storiche e culturali di Caposele al servizio di un turismo nuovo e più remunerativo.

Tutto questo, sembrerà poco a chi, forse dall'esterno, nota che ci sia tanto da fare per Caposele e Materdomini.

Sarà anche vero, però a parziale giustifica di quello che avremmo potuto fare e non è stato ancora realizzato,

posso dire che è veramente complicato muoversi in condizioni nelle quali si devono affrontare lotte quotidiane anche con chi ti sta affianco e che non crede che lo sviluppo del nostro Paese passa anche attraverso un modo nuovo di fare turismo dove muoversi all'unisono, uniti e verso un obiettivo unico senza pregiudizi o stupide strumentalizzazioni politiche, potrebbe essere una prima soluzione ammazzacrisi!"...UN POPOLO UNITO TRASFORMA L'ARGILLA IN ORO..." e purtroppo noi caposelesi pur avendo una miniera di metallo prezioso già disponibile la stiamo depauperando con la nostra grande capacità storica di farci male, l'uno contro l'altro.

La regola del "mutuo contrasto" che nel nostro caso non serve a sostenerci reciprocamente, come succede per i conci di un arco, è servita fin'ora a demolire gli stimoli, le speranze, le possibilità di utilizzare la famosa "unione che fa la forza". E di questi tempi se non facciamo tesoro di questo principio, siamo palesemente PAZZI!

La speranza è che tutta la negatività che ci portiamo addosso da anni, e soprattutto in questo buio frangente della storia italiana, possa essere scrollata e messa da parte senza compromessi politici o cocciutaggini di ignoranti fazioni di persone che hanno in mente tutt'altro che lo sviluppo del Paese.

L'augurio è rivolto a tutti noi e a chi con passione ed abnegazione ha sempre donato qualcosa quotidianamente al proprio Paese. Piccoli gesti che testimoniano l'attaccamento alla propria terra.

Anche la semplice pubblicazione sul web di una bella foto di un luogo di Caposele è un esempio costruttivo che ci deve servire da stimolo per tentare di incollare tutti i pezzi di una società molto cambiata negli ultimi anni.

Caposele puo' ancora trasformare la sua argilla e con il turismo può farla diventare sviluppo, lavoro, futuro per le nuove generazioni.

Salvatore Conforti

sugg

erim

entiCon l’ultimo numero de La Sorgente abbiamo evidenziato quelli che, a parer nostro,

sono i punti di forza per un vero “turismo a Caposele” e che elenchiamo di seguito:1. il santuario di san gerardo 2. le sorgenti del sele 3. il museo delle acque 4. il museo di leonardo (di prossima apertura) 5. l’artistica Chiesa di san lorenzo con la reliquia di san gerardo 6. la Cappella della sanità con la sua storia ultracentenaria 7. Il Parco fluviale 8. L’oasi della Madonnina 9. Le specialità gastronomiche (le matasse,i fusilli, il muffletto, gli amaretti)A questo punto ci chiediamo:a) Con questi poli di attrazione si può sviluppare a Caposele un turismo degno di questo nome?b) Ci aspettiamo dai nostri lettori suggerimenti utili allo scopo.le domande sono rivolte a tutti i lettori de la sorgeNte.

Ci limitiamo, per ragioni di spazio, a riportare di seguito solo alcuni degli autorevoli suggerimenti pervenutici nel frattempo. Ci ripromettiamo di dare maggiore diffusione

all’argomento, riportando tutti i suggerimenti che perverranno, sul prossimo numero della rivista.Anticipiamo frattanto la notizia che nel corso della prossima stagione estiva sarà organizzata una grande festa nei pressi dell’OASI della MADONNINA.L’Amministrazione Comunale continuerà, come ha fatto fino ad ora, ad occuparsi in maniera adeguata e decente dei luoghi che dovranno ospitare le migliaia di persone che accorreranno sul posto.

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Page 18: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8318

Resisterà Caposele all’offensiva contro i piccoli comuni? La storia dell’uomo è fatta di continue migrazioni interne

e di ripetuti andirivieni tra la città e la provincia. Nel corso dei secoli ci si è spostati dalla campagna alla città e viceversa a seconda di vari fattori quali la fame, le malattie, le guerre e così via.

Roma è passata dal milione di abitanti dell’età imperiale alle poche decine di migliaia nel Medio Evo, quando i suoi abitanti si spostarono nelle campagne e nei comuni circostanti, per poi risalire nuovamente di numero fino ad oggi. Caposele, nel suo piccolo, per decenni si è mantenuto sopra i quattromila abitanti, tranne periodi particolari di crisi, ed oggi sta attraversando un nuovo periodo di migrazione verso le città. Napoli, nel primo censimento dello stato unitario, era la città più popolosa d’Italia, mentre ora assiste ad una fase di fuga verso la provincia. La fortuna di una città o il suo decadimento hanno determinato massicci spostamenti entro i suoi confini o verso i paesi vicini e questo processo è destinato a non esaurirsi mai.

Nel dopoguerra abbiamo assistito a forti migrazioni verso le città ricche del Nord Italia, che hanno moltiplicato le proprie abitazioni ed i propri abitanti fino a diventare, per molti versi, invivibili. Dopo il terremoto dell’ottanta, nella nostra provincia, abbiamo registrato un freno a questa tendenza in virtù dell’impiego di considerevoli fondi pubblici e del conseguente rilancio dell’economia locale. Per molti diventava conveniente lasciare la città ed intraprendere un’attività nei paesi colpiti dal sisma dove si respirava una inedita frenesia economica e culturale.

Intorno al 2000 si poteva osservare in Irpinia un fenomeno del tutto nuovo: decine di famiglie lasciavano il napoletano e si stabilivano nella nostra provincia per condurre una vita più serena. La possibilità di comprare o fittare una casa a prezzi contenuti, la costruzione di arterie a scorrimento veloce e la disponibilità di comodi mezzi pubblici nella tratta Avellino – Napoli rendevano piuttosto conveniente questa scelta di vita. Caposele, alquanto lontano dalle città campane, non ha incrociato questo fenomeno e, a mio avviso, non ha incontrato nemmeno la preferenza di un significativo numero di immigrati che, soprattutto per collaborazioni domestiche, si sono invece trasferiti in molti paesi irpini. La popolazione caposelese ha ricominciato a diminuire in quel periodo e la curva si mostra tuttora in fase discendente.

Dunque, a cicli continui, le città si svuotano e si riempiono intercettando le esigenze degli abitanti dell’entroterra. E i paesi come Caposele si impoveriscono o resistono per fattori molte volte indipendenti dalla volontà di chi li amministra.

Ma cosa ci aspetta nell’immediato futuro? E quali risposte forniranno le schede del Censimento 2011 che abbiamo appena consegnato?

Pur non profilandosi pestilenze, guerre o carestie all’orizzonte, sembra che il futuro di paesi come Caposele sia invece segnato e disegnato da scelte politiche abbastanza chiare e univoche. La politica ha scelto di abbandonare i paesi dell’entroterra ed i suoi abitanti e di rivolgere le sue attenzioni interamente alle città medio-grandi. Paesi piccoli come il nostro cominciano ad essere avvertiti come un peso o addirittura come un luogo lontano dalla comunità civile, dove scaricare le inefficienze delle amministrazioni cittadine ed i loro problemi.

Gli atti concreti, al di là delle cattive intenzioni espresse a parole, sono sotto gli occhi di tutti. A pochi chilometri da noi, sul Formicoso, vogliono realizzare una mega discarica dove riversare i rifiuti che la città di Napoli non riesce a smaltire, ammorbando l’esistenza dei pochi abitanti di Andretta e Bisaccia che ancora resistono nel paese d’origine.

Il cosiddetto Piano Sanità

regionale ha stabilito che i piccoli ospedali di provincia come quelli di Sant’Angelo dei Lombardi e Oliveto Citra – per quanto interessa direttamente noi caposelesi – sono antieconomici e non hanno ragione di esistere. In caso di infarto, il cuore di chi abita nell’entroterra, per legge, è obbligato a resistere fino al trasferimento d’urgenza in una struttura distante almeno un’ora di macchina.

Un recente decreto ha disposto la chiusura degli uffici giudiziari che hanno la giurisdizione su Caposele e su tutti gli altri paesi dell’Alta Irpinia e della Valle Ufita. Dal prossimo anno le centinaia di persone che quotidianamente affollano le cancellerie e le aule dei tribunali di Sant’Angelo dei Lombardi ed Ariano Irpino dovranno raggiungere ogni mattina la città di Avellino, con tutte le conseguenze immaginabili in tema di disagi, costi per chi richiede giustizia e di perdite per il territorio che si vedrà privato di tutto l’indotto economico che scaturisce dalla presenza degli uffici giudiziari.

Alle grandi manovre descritte, che hanno fatto mobilitare centinaia di persone in difesa del proprio territorio e della propria sopravvivenza, si collegano provvedimenti subdoli, come il taglio di risorse dallo Stato centrale agli enti locali o l’imposizione di un limite minimo di alunni per la formazione di una classe. Con la conseguenza che molti servizi comunali vengono disincentivati e molte scuole nei paesi sono costrette a chiudere o

di Alfonso Sturchio

formare le multiclassi. Altre riforme come la legge sull’Unione dei Comuni sottintendono che, in futuro, non tutti i paesi avranno una propria Polizia Municipale, una propria autonomia scolastica o i servizi comunali di cui oggi riteniamo scontata l’esistenza.

Il bilancio dei paesi verrà di fatto ancora più ridotto, le opportunità di impiego per i lavoratori più qualificati – in territori senza slancio economico – non potranno che essere limitate, ed i servizi non più che scadenti. Una vita più modesta, sotto tutti i punti di vista, attende noi provinciali, figli di un Dio minore in quanto nati sull’Appennino anziché in città.

Insomma la politica ha scelto di abbandonare paesi come il nostro al loro destino e di privilegiare i grandi elettori delle città. Una classe dirigente miope che non ha mai saputo guardare oltre l’interesse proprio e dei propri clienti crede di potersi riscattare dando un valore economico a servizi essenziali come la Salute, la Giustizia o l’Istruzione.

Quello che è in gioco oggi, non è solo la sopravvivenza dei paesi dell’entroterra, ma è la democrazia come strumento di tutela, non solo di un territorio o di una parte di esso, ma della dignità delle persone e della loro storia. Non dovrebbe esserci una sola manifestazione, corteo o sollevazione popolare a cui i caposelesi possano ritenersi estranei. Oggi è in gioco il destino delle future generazioni, che una politica malata vuole trasformare in cittadini di serie B scaricando sui piccoli paesi come il nostro i propri fallimenti.

Per fortuna Caposele – a differenza di altri paesini destinati all’abbandono – può contare su importanti risorse quali le sorgenti d’acqua ed il turismo legato al santuario di San Gerardo che – gestite bene – possono compensare gli

effetti di queste politiche micidiali.

Oggi più che mai il futuro di Caposele, la sua possibilità di mantenere standard di vita non inferiori al resto del Paese, è legato alla capacità dei propri abitanti di sapersi battere per i propri diritti, di saper interagire con i paesi circostanti e di sfruttare appieno le risorse di cui dispone.

Vivere e morire in provincia

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Page 19: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8319

Attualità

di Raffaella GonnellaSpesso si sente parlare dell’acqua come ORO BLU del nostro secolo. Questa definizione nasce dal fatto che questa straordinaria risorsa

non è infinita, ma bensì limitata, soprattutto con caratteristiche di potabilità e pertanto, preziosa quanto l’oro, se non di più!

E come l’oro varia la sua purezza in funzione del numero di carati che ha, anche l’acqua varia in funzione delle sue proprietà.

In questo numero della Sorgente vorrei passare in rassegna i vari parametri da analizzare per classificare un’acqua e conseguentemente, valutare, poi insieme, le caratteristiche dell’acqua che beviamo noi a Caposele.

In realtà, analizzeremo le acque della sorgente della Sanità e quelle rinvenienti a Cassano Irpino e addotte con una galleria di valico nel territorio di Caposele in corrispondenza dell’imbocco della galleria Pavoncelli.

Infatti, come tutti sappiamo, il centro di Caposele, fino alla contrada San Giovanni, è alimentato da un serbatoio che può essere rifornito da acqua sgorgante dalla sorgente della Sanità (cosa che avviene in questo periodo dell’anno). Il resto delle contrade, invece, sono alimentate da altri tre grandi serbatoi (Materdomini, Boiara e Pasano) riforniti da acque provenienti da Cassano Irpino, per ragioni puramente altimetriche e con conseguente risparmio di energia elettrica.

Tecnicamente le caratteristiche dell’acqua possono essere raggruppate in quattro grandi categorie: organolettiche, fisiche, chimiche e microbiologiche.

Le caratteristiche organolettiche sono quelle che vengono percepite dai nostri sensi: olfatto, vista e gusto. Mi sembra banale aggiungere che per la normativa vigente l’acqua deve essere inodore, insapore ed incolore.

Le caratteristiche fisiche si riferiscono agli aspetti fisici dell'acqua, quali la temperatura (valore guida 12°C, ma non deve superare i 25°C), la torbidità e la conducibilità.

Questo parametro definito torbidità è indicativo della presenza di particelle solide in sospensione, che potrebbero essere dovute a tracce di fanghi, argille o sostanze organiche.

Il valore della conducibilità indica il grado di mineralizzazione: se è alto si tratta di un'acqua ricca di sali, se è basso si tratta di un'acqua povera di sali. In generale, in natura un’acqua ha una conducibilità compresa da 100 a 1000 µS/cm.

Le caratteristiche chimiche riguardano i parametri chimici dell'acqua. Quelli che la normativa vigente impone di controllare periodicamente e che, pertanto, ne influenzano la qualità, sono svariati. Per ragioni di sintesi riporto, di seguito, quelli che a mio avviso risultano essere i più interessanti:

• pH: ci permette di definire l'acidità dell'acqua e può variare da 0 (acidità massima) a 14 (basicità massima), passando per il valore neutro 7. Per la legge tale valore deve essere compreso tra 6,5 e 9,5.

• Durezza: esprime il contenuto di ioni calcio e magnesio, provenienti dalla presenza di sali solubili nell'acqua, oltre che di eventuali metalli pesanti. Viene generalmente espressa in gradi francesi (°f) e corrisponde a 10 mg/l di Carbonato di Calcio.

A seconda del valore dei gradi francesi,

le acque possono essere classificate da molto dolci a molto dure, secondo la tabella (tab. 1)

Questa proprietà dell’acqua è molto conosciuta. Un’acqua dura: produce incrostazioni, diminuisce le capacità dei saponi, varia il sapore dei cibi e la loro cottura, ma, in compenso, può coprire il 25% del fabbisogno giornaliero di Calcio (elemento essenziale per la robustezza delle ossa) e di Magnesio, riduce l’assorbimento dei grassi a livello intestinale svolgendo un’azione protettiva nei riguardi delle malattie cardiovascolari; il magnesio ha un effetto dilatatore sulle arterie. Inoltre, secondo la letteratura scientifica non contribuisce alla formazione di calcoli renali.

In cambio, l’acqua dolce, a fronte di un miglior sapore, risulta corrosiva per le reti e il fatto di essere molto povera di sali minerali è negativo per le funzioni vitali dell'organismo.

Per questo parametro non esiste un valore imposto dalla vigente normativa ma un intervallo consigliato compreso tra 15 e 50 °f, vale a dire: l’acqua non deve essere

né troppo dura e né troppo dolce…come al solito, la virtù sta nel mezzo!!!

• Altro parametro che tiene conto del contenuto dei solidi totali disciolti è il residuo fisso. Il suo valore viene utilizzato per definire le acque minerali (che si differenziano dalle acque potabili, in quanto sono solitamente vendute in bottiglia e rispondono a dei requisiti di legge ben specifici, quali caratteristiche igieniche e proprietà salutari, che non sono invece richiesti per definire un’acqua potabile) (tab. 2).

Un residuo fisso inferiore a 100 mg/l rende l'acqua insipida e sfavorevole alla calcificazione delle ossa e dei denti; al contrario, un'acqua con residuo fisso superiore a 500 mg/l viene considerata difficile da digerire.

• Cloro residuo libero: è il valore di cloro che viene lasciato nell’acqua a seguito del trattamento di disinfezione, necessario per distruggere completamente eventuali microrganismi patogeni ed è imposto dalla normativa vigente. La clorazione è il trattamento più diffuso ed è l'unico che garantisce l'igienicità dell'acqua nel tempo e cioè, in tutto il suo percorso fino ai nostri rubinetti. La sua presenza ci è nota in quanto ce ne accorgiamo dal sapore dell’acqua. La legge consiglia un valore massimo pari a 0,20 mg/l. In caso di notevole presenza nell’acqua di sostanza organica, il cloro può generare la formazione di alcuni sottoprodotti, tra i quali i più pericolosi sono i trialometani.

• THM – trialometani: si formano a seguito della reazione chimica tra il cloro e la materia organica presente eventualmente nell’acqua. Questi sono sospettati di creare danni al fegato, ai reni e al sistema nervoso centrale e sono considerati cancerogeni per l'uomo. La legge vigente (D. Lgs. n.31/2001) ne prevede un limite massimo di 30 µg/l.

Le caratteristiche microbiologiche, infine, sono relative alla presenza nell'acqua di microrganismi. Ovviamente, l’acqua potabile

non deve contenerne di patogeni in quanto possono rappresentare un rischio per la salute dell’uomo. Tra questi, per legge, è necessario monitorare il contenuto di coliformi, escherichia coli, enterococchi ed altri.

Fatta questa breve sintesi sulle diverse caratteristiche da analizzare, vi riporto una tabella (Tab. 3) con i valori dell’acqua della Sanità, di Cassano Irpino e ovviamente, per completezza, i valori imposti dal vigente decreto legislativo n. 31/2001 ”Qualità delle acque destinate al consumo umano”.

(tab. 3) Come si può vedere

dalla tabella, i valori dei parametri delle nostre acque (anche quelli non riportati per ragioni puramente di sintesi, ma che possono essere

consultati sul sito internet del Comune di Caposele www.comune.caposele.av.it ) rientrano perfettamente nei limiti imposti dalla normativa. In particolare, dalle prime due colonne relative alle acque della Sanità e di Cassano, si può vedere che molti valori tra di loro coincidono. Questo è dovuto all’origine calcarea similare dei due acquiferi.

Un valore che si differenzia, invece, è il cloro residuo. Ciò è dovuto al fatto che avendo il serbatoio di Caposele un impianto di disinfezione autonomo ed essendo la lunghezza della rete di distribuzione non rilevante, è stato possibile prevedere l’abbassamento della concen t raz ione d i cloro utilizzato per la disinfezione, assicurando comunque il quantitativo necessario per garantirne la purezza microbiologica (come si può desumere dalle righe delle caratteristiche m i c r o b i o l o g i c h e ) . Questo, però, non può essere fatto per le acque di Cassano, dove il Cloro deve garantire un potere di protezione per un tratto più lungo di condotta (alimenta numerosi paesi dell’alta Irpinia) e pertanto, necessita dell’uso di una concentrazione maggiore. Essendo i tre serbatoi riforniti di acqua di Cassano ubicati nelle vicinanze dell’impianto di clorazione, l’acqua

ha un quantitativo maggiore di cloro residuo, che poi man mano si va degradando lungo tutto il suo percorso.

Dai valori della durezza e del residuo fisso, invece, si può desumere che la nostra acqua è oligominerale e sicuramente non è dolce, ma neanche

eccessivamente dura. Ma quello che mi preme sottolineare, è in

generale la qualità spettacolare delle nostre acque, siano esse di Cassano o della Sanità.

Capita raramente che un’acqua ha queste caratteristiche senza subire alcun processo di potabilizzazione. Pertanto, dobbiamo sentirci fortunati ed evitare, a mio avviso, di comprare acqua minerale. Questo per due ragioni molto importanti, in primo luogo la legge per le acque minerali impone controlli solo alla fonte, cioè prima dell’imbottigliamento.

Cosa diversa per le acque potabili, dove il controllo viene fatto sia alla fonte che ai rubinetti (a Caposele si procede periodicamente a prelievi di campioni di acqua presso la sorgente della Sanità e presso numerose fontane pubbliche). Inoltre, è facile ritrovare sulle etichette delle bottiglie di acqua minerale le modalità di conservazione: “le bottiglie devono essere riposte in luogo fresco, al riparo dalla luce e da fonti di calore”. Sfido chiunque a negare di aver visto un camion che trasporta acqua esposta al sole, cumuli di bottiglie di acqua accantonati a temperatura ambiente in piena estate o cose di questo tipo.

Pertanto, per concludere, beviamo la nostra acqua…e usiamola senza sprecarla!!

MA DAVVERO SAPPIAMO CHE COSA BEVIAMO?

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Page 20: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8320

Politica

di Angelo Ceres

La famiglia del terzo millennio: sfide, ostacoli e risorse” questo il titolo del convegno tenutosi

il 24 novembre 2011 presso l’Auditorium dell’Istituto Comprensivo di Caposele. L’evento, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Campania, in collaborazione con l’Anci Campania e Federazione delle Autonomie Locali, si è svolto nell’ambito della seconda edizione della “Settimana per il Benessere Psicologico in Campania”.

L'iniziativa nasce con l'obiettivo di promuovere il benessere psicologico come valore fondante e ideale della qualità di vita di ciascuna persona, come fattore di crescita dell’individuo e di mantenimento dell'equilibrio dell'esistenza personale e sociale. Il convegno, inoltre, si è prefissato di diffondere una cultura psicologica

 

Settimana per il beneSSere pSicologico

Il territorio, il paesaggio, la cultura, la biodiversità, l’agricoltura rappresentano la nostra risorsa principale, la “materia prima”.

È il prodotto da vendere, da far conoscere ancor di più. Tanto meglio è protetto, conservato, pulito, tutelato, incontaminato, tanto più diventa appetibile per i turisti e per i consumatori.

La competizione, in questo settore e non solo, si vince puntando o sui prezzi (bassi) o sulla qualità dei prodotti. Il Comune (l’Amministrazione Comunale) ha necessariamente intrapreso la strada della qualità, requisito ottenuto coi suoi prodotti “naturali-ambientali” attraverso la protezione del territorio; logica conseguenza sarebbe che gli operatori del settore percorressero questa strada poiché le imprese sono la diretta espressione della tradizione dei territori; gli artigiani, gli agricoltori fanno conoscere la produzione locale intrisa di passione personale, un sentimento che diventa espressione delle loro idee, della creatività e della cultura del territorio.

In un mondo governato dalla globalizzazione, dall’appiattimento dei prodotti, dei gusti e anche del paesaggio, la diversità, la biodiversità diventa elemento di ricchezza naturale, economica ma anche etica.

Questi sono stati i principi, le idee su cui si è fondata e sviluppata l’azione amministrativa. Bisognava far riscattare il territorio unitamente alle sue risorse naturali dalle violenze e dagli abusi subiti, dalle arroganze, dalle depauperazioni e dalle continue violazioni alle norme

e regolamenti. Tutto ciò per dare, innanzitutto, un segnale concreto e tangibile alla tutela, ed alla messa in sicurezza del territorio. Grazie alla rimozione di rifiuti, che ostruivano lo scorrere libero delle acque, e alla drastica riduzione dei tagli abusivi, causa principale di frane e smottamenti, interventi avvenuti a monte del paese, oggi possiamo vantare una sicurezza maggiore rispetto al passato percorrendo, quella che pensiamo sia, la strada giusta per restituire qualità alle risorse della nostra terra.

Alla luce di questi capisaldi abbiamo ottenuto il riconoscimento tra i prodotti tipici e tradizionali dell’amaretto, delle matasse e del muffletto. Questo è un primo passo per rendere a questi prodotti la giusta approvazione e permettere ad una clientela sempre più vasta di godere della loro genuinità e bontà.

Ci è stato finanziato un progetto (che hanno già messo in pagamento) relativo al mantenimento degli habitat per la conservazione delle specie animali.

In attesa dell’apertura dei bandi PSR della Regione è pronto un progetto

dell’importo di circa 750.000 euro riguardante il recupero di 20 km di sentieri, aree di sosta e pic-nic e la creazione di un’area faunistica per la fauna selvatica, un pacchetto che gli operatori del turismo potranno proporre ai futuri clienti e visitatori; intanto è già stata collocata, in collaborazione con Irpinia Trekking ed il CAI, la cartellonistica per le escursioni su alcuni sentieri della nostra montagna.

Un altro progetto, presentato attraverso il Parco (PIRAP), riguarda la sistemazione idraulico-forestale dell’area montana con copertura vegetale di alcune zone che ci vede destinatari di 700.000 euro e che al momento risulta essere in attesa di finanziamento.

È stato sottoscritto il Patto di Amicizia tra il Comune di Caposele, Campagna, Civitella Alfedena, il Wwf Valle del Sele, l’Oasi del Monte Polveracchio, il Parco Nazionale d’Abruzzo e il Parco dei Monti Picentini per scambi culturali, e ciò permetterà d’avere a disposizione l’esperienza centenaria in materia ambientale del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Continua l’azione di bonifica dei rifiuti nel territorio e, per la prima volta nell’ambito

dell’area protetta dei Monti Picentini, è stato girato un video di pochi secondi che testimonia la presenza del lupo.

Da alcune persone, indicazione da prendere con beneficio di inventario e quindi da verificare, è stata notata la presenza di una coppia di cervidi. La notizia, ripeto se fondata, può essere interpretata in duplice modo: se la ricolonizzazione è avvenuta spontaneamente allora l’attività di tutela ambientale trova un’ulteriore conferma della sua efficienza (dato che nella nostra area montana oggi sono quasi del tutto scomparsi i “disturbatori”); se invece si tratta di un rilascio non autorizzato, siamo alle prese coi soliti portatori di interessi i quali, ignorando tutte le disposizioni in materia, vogliono perseguire, senza nessuno scrupolo, i loro scopi.

Un esempio lo abbiamo già avuto, su cosa significa gestire in maniera improvvisata ed egoistica la fauna selvatica, con l’immissione dei cinghiali a scopo venatorio. Specie importata dall’est Europa, molto più prolifica e più grande di quella italiana, che ha portato alle conseguenze cui oggi tutti sappiamo.

Avere un territorio sano, ricco di biodiversità significa garantire rispetto e prospettive per le future generazioni ed è elemento fondamentale per lo sviluppo economico legato al turismo escursionistico-ambientale, di cui oggi si vedono i primi timidi tentativi di crescita.

in Campania, mostrando soprattutto la professionalità dello psicologo, in relazione alla promozione del benessere e della salute, intesa come «uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non alla semplice assenza di malattia».

Il convegno è stato organizzato con la collaborazione di Cesarina Alagia, presidente del CSV di Avellino.

Ad aprire l’incontro, il Dr. Pasquale Farina, sindaco di Caposele, il Prof. Salvatore Di Napoli, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Caposele, il Dr. Giuseppe Del Giudice, Direttore del Consorzio dei Servizi Sociali Alta Irpinia di Lioni.

A seguire le relazioni di Lorenzo Savignano, Neuropsichiatra infantile,

della psicologa Roberta Piccolo e della sottoscritta.

La conferenza ha posto l’accento sul ruolo svolto dalla famiglia nei vari contesti di vita, approfondendo le dinamiche delle relazioni personali ed interpersonali, l’importanza di entrare in contatto più profondamente con i figli, a migliorare la comunicazione, senza generare confusione dei ruoli.

La discussione e il dialogo in famiglia non soltanto per sviluppare conoscenze e consapevolezze, ma anche una delle vie per creare senso di fiducia, affetto e senso di appartenenza.

L’auspicio è di offrire altre occasioni d’incontro e dibattito fra cittadini ed esperti al fine di costruire assieme una nuova cultura familiare che renda più agevole la comprensione dei problemi evolutivi dei ragazzi e consenta di organizzare delle risposte educative, intelligenti e realmente efficaci. In questa direzione, le

reti familiari acquisterebbero potenzialità al di là delle strategie di contenimento del disagio: esse divengono, così, fondamento insostituibile per lo sviluppo di individui sereni e di una società aperta e solidale. Una prospettiva psicologica, allora, può offrire una lettura educativa dei fenomeni che contraddistinguono la complessità entro cui si muove la realtà familiare, per far sì che le relazioni di coppia e quelle con i figli si mantengano solide e stabili, anche nei momenti difficili.

Pensiamo al periodo adolescenziale, momento complesso e delicato e a volte anche sofferente con il quale ogni ragazzo deve scontrarsi, misurarsi, per diventare adulto.

È sicuramente uno stato d’essere confusionale, interno alla persona, dove il ruolo dei genitori è il riferimento primario del soggetto.

In questa fase di vita il ragazzo ha bisogno di “distruggere” la figura

UN AMBIENTE DA CONSERVARE

di Rosanna martino

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Page 21: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8321

Quando vengo contattato dal Direttore per il consueto articolo de La Sorgente, è mia abitudine

chiedergli su quale argomento vuole che scriva. Questo vezzo, per me, costituisce esercizio di imparzialità: oggettiva maggiormente il mio pensiero, limitandone l’ambito di applicazione. In questa occasione, però, complice un Suo infortunio (dal quale fortunatamente si è prontamente ristabilito) la scelta l’ho dovuta operare da solo.

Forse un tempo, il titolo di questo articolo (un paese alla frutta) poteva anche essere preso alla lettera .

Ricordo, infatti, un Paese che profumava dei suoi frutti di stagione: nel periodo autunnale la raccolta delle castagne ed il profumo delle caldarroste, dell’uva e del mosto; in quello primaverile, il profumo dei ciliegi in fiore e la raccolta del carnoso e succoso frutto. Lo si avvertiva nelle strade, lo si respirava ovunque. Un Paese “lindo”, pulito, senza cumuli di immondizia e sporcizia a far bella mostra lungo le strade, negli slarghi; non incrostato dai veleni che ciclicamente sono soliti “spandere” i capi popolo di turno. I quali, anziché tendere ad una reductio ad unum (soprattutto nel loro interesse) creano, a volte artatamente, contrapposizioni che dividono. Un Paese dove l’astio, la protervia, l’arroganza dei rappresentanti istituzionali era l’eccezione, non la regola. Il saluto, il sorriso, la pacca sulla spalla erano veri e non frutto di calcolo politico. Un paese vero, insomma: con meno auto di lusso, qualche televisore in bianco e nero, ma con sentimenti veri. Un paese a misura d’uomo. Logico e naturale, quindi, che l’ambizione di noi giovani era quella di viverci per sempre, di rimanere nel posto ove eravamo nati (all’epoca, si nasceva tutti a Caposele): apprendendo un mestiere dopo le scuole dell’obbligo, continuando l’attività dei nostri padri, andando a studiare fuori paese per poi mettere a frutto e a servizio della comunità le nostre conoscenze. Tutti, con l’obiettivo di “restare”. Anche gli adulti, i nostri genitori (ma anche le menti più illuminate della nostra comunità) avevano la speranza che tornassimo al Paese. Ricordo di un incontro casuale col Notaio Corona il quale sapendo che frequentavo il Liceo e che avevo in animo di iscrivermi a giurisprudenza, mi incoraggiò dicendomi

di Giuseppe Palmieri

che dopo la laurea avrei potuto fare la pratica notarile presso il suo studio. O di quella volta, giovane laureato, che il medico Del Tufo mi incoraggiò a rimanere a Caposele e tentare in paese la strada della libera professione. La emigrazione, anche quella intellettuale, veniva vissuta come costrizione, come scelta forzata, non voluta, e comunque da contenere, se non proprio da evitare.

Ecco, noi giovani venivamo incoraggiati a rimanere, perché considerati una risorsa per l’intera comunità. Questo “sentimento popolare” che cresceva col crescere della nostra età, in qualche modo, ci stimolava a dare il meglio di noi stessi.

Lo facevamo per noi, ma anche per non deludere le aspettative della nostra comunità.

Oggi, la situazione “ambientale” si è completamente ribaltata. Il senso della comunità ha lasciato il posto ad un incomprensibile ed ingiustificato egoismo. Complice, forse, anche il terremoto, evento mai del tutto metabolizzato dalle generazioni che lo hanno vissuto, subito e patito.

Per quel che mi è dato sapere, sono veramente pochi i giovani che anelano, oggi, a rimanere qui in paese. E sono sempre meno i genitori che spingono i loro figli a farvi ritorno. Perché?

Non è solo questione di prospettive di lavoro, che resta pur sempre il problema principale. E’ anche questione di impoverimento di una comunità ormai priva di vivacità e slancio; di un livellamento verso il basso degli standard culturali, etici, morali. Un Paese che da tempo ha abbandonato la meritocrazia come metro di valutazione e che anzi vede di malocchio chi col proprio lavoro riesce ad emergere, dando lustro anche alla sua terra. Questi uomini di successo, diversamente dal passato, non costituiscono più un esempio da imitare, ma sono considerati elementi di disturbo di una comunità sempre più livellata verso il basso. Ho letto (anche sulle pagine di questo giornale) commenti ingenerosi nei confronti di esercenti attività

di ristorazione di questo Paese, che ne mettono in risalto le umane debolezze e mai i successi imprenditoriali e le oggettive ricadute positive (della loro attività) per l’economia del territorio. Logico corollario, la disaffezione dei giovani per questa realtà e la voglia di costruirsi un futuro lontano dal paese di origine.

Cosa dovrebbe indurre un giovane dei nostri giorni a restare (a parte la vicinanza con la famiglia di origine)? L’armonia dei rapporti intersoggettivi? La lealtà e la autenticità dei comportamenti? Il senso della riconoscenza e del rispetto? La mancanza di ipocrisia e pettegolezzi?

La nostra comunità, da tempo, ha smarrito questi valori, ha smesso di mettersi in gioco, rifugge le sfide del nuovo millennio e vive con rassegnazione questa dimensione di inarrestabile declino.

La consapevolezza di questo disagio ambientale coinvolge, ovviamente, anche i genitori, i quali anziché incoraggiare i propri figli a tornare (come è nella natura dell’uomo) li esortano a cercare fortuna altrove.

E questa è la spia più eloquente della condizione (disastrosa) che vive oggi il

nostro Paese. Ed allora, cosa fare? Rassegnarci e

vivere questi anni supinamente, fino alla consunzione?

La speranza (che non ci deve mai abbandonare, particolarmente in questo periodo dell’anno) è che prima o poi, presto o tardi, questo Paese riprenderà a crescere; riacquisterà il senso della comunità, dello stare insieme, della meritocrazia.

Valorizzerà il confronto dialettico quale momento di crescita individuale e collettiva.

Stimolerà le giovani generazioni a credere in un loro futuro tra le mura domestiche; si aprirà ad un pensiero nuovo e giovane, mettendosi alle spalle (definitivamente) questo periodo di grossa criticità.

Ma tutto questo, per mero incanto? Certamente, no. Ognuno di noi deve metterci del suo. A cominciare da chi ha maggiori responsabilità.

genitoriale, che fino a poco prima rappresentava un esempio da seguire, per cercare e costruire una propria identità.

Il figlio, allora, nutre la necessità di essere compreso, ascoltato e sostenuto

Questa la convinzione che ha spinto il Presidente della Pubblica Assistenza di Caposele, Cesarina Alagia, a presentare un progetto “Spazio adolescenti” rivolto a ragazzi compresi tra 13-18 anni dei Comuni di Caposele e Lioni.

L’obiettivo generale del progetto è la promozione del benessere fisico, psichico e socio-relazionale dell’adolescente, al fine di prevenire o ridurre forme di disagio e comportamenti devianti, oltre che di educazione alla gestione del proprio equilibrio mentale nel rispetto della propria individualità.

A livello individuale, l’obiettivo è di consentire al ragazzo di sentirsi accolto senza pregiudizi al fine di sviluppare sentimenti di accettazione, di sicurezza, di

fiducia in se stesso e negli altri, oltre che di acquisire la capacità di risolvere problemi interpersonali e di affrontare eventuali situazioni di stress emotivo.

A livello gruppale, l’obiettivo mira a promuovere comportamenti e atteggiamenti di collaborazione, solidarietà, mutuo rispetto e accettazione altrui.

Il progetto, inoltre, con il suo Sportello d’Ascolto Psicologico, che nasce all’interno di un percorso condiviso e di una relazione fortemente aggregante, riveste un rilevante aspetto innovativo, configurandosi come spazio teso a ri-orientare l’adolescente in difficoltà.

dott.ssa Rosanna martinoPsicologa - Psicodiagnosta

nella sua fase di evoluzione improntata ad acquisire un’autonomia di scelte, di pensiero e di indipendenza e questa comprensione spesso non la ricerca nel genitore vicino.

Ecco allora che spazi di accoglienza e di ascolto possono diventare un importante canale di accesso tale da creare fiducia nei ragazzi, accesso al suo spazio interiore, una modo per conoscere e farsi riconoscere.

Un canale, quindi, che non sia connotato esclusivamente in senso patologico e che non sia direttamente connesso a problematiche, che sia più facilmente raggiungibile, addirittura all'interno dell'ambiente di vita del ragazzo, che abbia la possibilità di farsi lentamente conoscere e quindi sia una presenza stabile e costante.

UN PAESE ALLA FRUTTA

la Basilica di San Gerardo in un immagine suggestiva

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Page 22: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8322

San Gerardo miracoloso..ma non troppo

di Rodolfo Cozzarelli

La questione è annosa quanto la storia (quella religiosa!) alla quale si accompagna. Se ne parla da anni, decenni, forse di più. Un

“difetto” che ritorna ogni volta che “ci si guarda allo specchio”. Esattamente come accadrebbe ad un uomo, mentre magari è intento a pettinarsi i capelli.

La faccenda ricompare, puntualmente, a scadenza regolare. Perché il paragone strambo, ma efficace, con il guardarsi allo specchio, equivale esattamente ai miracolosi flussi di pellegrini che, con perfetta ciclicità, intasano le strade della nostra Materdomini. Ed è nello specchio materdominese, fieramente appartenente al Comune, sia quello con la C maiuscolo che minuscola, di Caposele, che ogni volta inciampiamo specchiandoci. Perché, appunto, le strade intasate sono “soltanto” quelle materdominesi. Magari sarà anche per questo che si ingorgano: sono decisamente troppo poche.

Andiamo per ordine. Innanzitutto, la polemica non è frutto di “invidia”, ed è

di donato Gervasio

giusto precisarlo sin da subito. Non deve riguardare assolutamente il dualismo Materdomini-Caposele, appartenente, al massimo, ai nostri antenati. Il problema, questo problema, non si pone affatto. Da tempo affermo che: se provassimo a fare un esperimento, invitando a casa di uno sconosciuto salernitano (tanto per prendere uno lontano da Caposele) prima un caposelese, poi un materdominese, ad insaputa uno dall’altro, facendo comportare ognuno di loro nella maniera più libera e spontanea possibile, il salernitano non troverebbe alcuna differenza culturale, antropologica, di tradizioni e così via discorrendo. Perché differenze non ci sono.

At t raversando dunque ques to ragionamento, ci rendiamo conto che la disparità che riguarda il fattore turistico è assolutamente dissonante. Capita, come è capitato, che il 16 di ottobre di quest’anno, per celebrare l’anniversario della morte di San Gerardo, si sono riversati nella ridente frazione di Caposele migliaia di turisti. Tralasciando l’aspetto gestionale del

flusso, probabilmente non del tutto efficace, Materdomini era incondizionatamente invasa in ogni angolo da una suggestiva, quasi commuovente marea umana. Chi abita a Caposele, inteso come centro abitato, chi l’ha attraversato nella stessa giornata, eventualmente per necessità, inevitabilmente ha dovuto constatare e fare i conti con l’equivalente “flusso” che percorreva le strade cittadine. Caposele, ebbene sì, quel giorno addirittura era sgombra anche dalle solite, innocue macchine, parcheggiate durante tutti i giorni dell’anno, a bordo strada. E non pensiamo sia stata soltanto colpa (anzi, merito!) dei miracolosi dischi orari. Questo, va detto, ha soltanto confermato una tendenza ormai decennale: Caposele, in un giorno in cui, come un nido di api, Materdomini si “infesta” di turisti, resta a guardare e a guardarsi, ai piedi della collina, un chilometro più giù. Disoccupato. Con le mani vuote e la bocca asciutta.

Già le passate amministrazioni avevano provato ad affrontare la questione, spesso

liquidata però sbandierando banalmente un indotto altissimo esistente in quel di Materdomini, che avrebbe comunque “favorito e occupato decine di persone provenienti da tutto il territorio caposelese”. Sarebbe dovuto essere un motivo sufficiente per non lamentarsi, insomma. Probabilmente invece questa questione è molto più complessa, ed amministratori intelligenti ed attenti alla valorizzazione, ma più semplicemente al bene del territorio, farebbero bene a non accontentarsi ma ad iniziare a farsi due saggi conti e gettare le basi per una svolta che potrebbe essere colossale. Ciò che dimostrano le statistiche dei flussi turistici nel nostro paese rappresentano (almeno dovrebbero) un’occasione ghiotta, ghiottissima. Non siamo sciocchi, non continuiamo a lasciarla scappare. L’argomento meriterebbe perlomeno la stessa attenzione dedicata (solo) ultimamente alla querelle acqua-Acquedotto. Stranamente però, da sempre, sicuramente da molto, nessuno ne parla. Ma c’è bisogno di speranza, tante volte.

unIta'Invito all’unità

Nei momenti importanti si cerca la coesione e la partecipazione di tutti per conseguire obiettivi di

interesse comune attraverso decisioni e scelte condivise.

La convenzione con l’AQP rappresenta uno di questi momenti in cui è tempo di unità. Il nostro piccolo Paese non può e non deve presentarsi discorde su temi di tanta rilevanza per il suo futuro. Il fallimento della commissione, che doveva essere composta di politici e di esperti vista la complessità delle trattative e che doveva definire una soluzione unitaria sulla questione AQP, è stato uno smacco per l’intera comunità.

Né miglior sorte hanno avuto le adunanze popolari indette dalle minoranze consiliari nella sala polifunzionale allo scopo di spiegare e chiarire le proprie posizioni di fronte ai cittadini ed alle istituzioni in un confronto aperto a tutti.

L’assenza ingiustificata del Sindaco o di suoi rappresentanti ha evidenziato la scarsa volontà di collaborazione e la presunzione di essere l’unico vero depositario della verità.

L’ultimo incontro promosso dal nostro primo cittadino il 12 novembre scorso ha avuto l’impronta di una “conferenza stampa” senza interlocutori

in cui quindi non si sono espressi altri punti di vista o prospettare altre soluzioni.

Questo atteggiamento ha accentuato la divisione con le minoranze ed altre forze locali che avevano organizzato i loro incontri per confrontarsi ed aprirsi alla gente ed alle istituzioni. Lo scopo non era certo quello di fare guerra al Sindaco ma di avvicinare le parti e di inviare a tutti i Caposelesi un messaggio di confronto e di unità. Purtroppo le buone intenzioni non vengono facilmente recepite, vengono anzi travisate e lasciano campo libero a dubbi e sospetti che in realtà non esistono.

La conseguenza è che i cittadini non sanno più a chi credere e sono divisi su questo tema che dovrebbe invece vederli fortemente uniti.

Non si sta conducendo una campagna elettorale in cui ognuno difende la bontà della propria tesi con l’intento di conquistare consensi ma al contrario di trovare unità di intenti e di volere nei confronti dell’AQP che sa bene quello che vuole e che non può che trarre ulteriore vantaggio dalla nostra visione.

Tutti volgiamo il dialogo ma nel rispetto reciproco e nella chiarezza ed equità del patto che andiamo a sottoscrivere con un interlocutore che

non è più ente morale ma una vera e propria “azienda” con un bilancio annuale attivo di circa 37 milioni di euro. Questo dato di fatto dovrebbe facilitare il nascere di proposte più solidali e giuste verso la gente e i luoghi di origine del fiume Sele fonte della loro espansione e ricchezza. Purtroppo non appaiono così le bozze di convenzione presentate dall’AQP al nostro paese.

In esse, infatti, si offrono soldi ma in cambio il nostro Comune deve assumersi tutte le spese della gestione e manutenzione delle reti idriche, fognarie, del depuratore, gli interventi volti a salvaguardare le sorgenti ed infine l’AQP impone il pagamento dell’acqua, attraverso, contatori, agli stessi cittadini che tanto altruisticamente gliela forniscono.

Non pare siano accordi favorevoli agli interessi del paese pare piuttosto che l’AQP con una mano dia e con l’altra tolga scaricandosi di tutte le spese e acquisendosi un diritto che è stato per più di cento anni nostro.

Si vocifera di accordi pubblici e di scritture private ma mi chiedo perché non si riesce a concludere un patto ufficiale e condiviso, preparato da persone esperte che pensino a salvaguardare solo il bene comune.

L’unità è la soluzione migliore per

il paese e se le istituzioni non riescono a trovarla ci si rivolga direttamente alla gente chiedendo il loro sostegno in questa vicenda che riguarda il presente ed il futuro di tutti.

Non vorrei che una lezione di coesione ci venisse solo dalla protesta spontanea della fine degli anni “trenta” dello scorso secolo quando contestare ed “opporsi” al volere dei potenti era cosa pericolosa.

Oggi la democrazia e l’aumentato livello culturale consentono una maggiore consapevolezza della necessità di coesione tra le forze politiche e sociali nel momento del bisogno come questo e senza rischi di carcere o di carriera per nessuno.

L’unità interna del nostro paese, la collaborazione delle istituzioni provinciali e regionali, dei comuni che vivono la nostra stessa situazione e dell’informazione sembrano essere le strade più efficaci da seguire per preparare un avvenire più prospero piuttosto che una stentata sopravvivenza su questo problema come sugli altri che abbiamo e che chiedono la giusta soluzione con la partecipazione forte e decisa di tutti.

Colgo l’occasione per augurare un sereno natale ed un felice nuovo anno a tutti i cittadini di Caposele .

Politica

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Page 23: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8323

Attualità

Fr a n c e s c o M a l a n g a , p e r tutti “Ciccio”, classe 1926, propr ie tar io ter r iero , ha esercitato in passato l’attività di

imprenditore agricolo. Nel 1958, insieme alla moglie Gelsomina Cetrulo ha iniziato l’attività di gestore di una Locanda-Trattoria al n. 46 del Corso S.Alfonso, limitatamente al periodo stagionale (maggio-ottobre) in quanto all’epoca vigeva la normativa di Pubblica Sicurezza “Rapporto Limite” per la concessione delle licenze da parte della questura di Avellino.

L’attività veniva svolta principalmente dalla moglie in quanto Ciccio si dedicava ad altre attività nel campo delle costruzioni edili e contemporaneamente partecipava alle vicende politiche locali ricoprendo il ruolo di assessore, eletto più volte nella lista della “Stretta di Mano”.

Negli anni 70 realizzò il suo grande sogno: la costruzione dell’Albergo Ristorante “7 Bello”.

All’epoca l’attività era ancora di tipo stagionale pertanto risultava molto difficile reggere la concorrenza di locali come i Ristoranti Testa, Maglia e Casa del Pellegrino che lavoravano per tutto l’anno.

Finalmente, però, nel 1976 l’attività mutò da stagionale ad annuale in virtù della abrogazione della normativa sul”rapporto limite”.Da allora Ciccio cominciò a conquistare gruppi provenienti dal casertano e dalla Puglia ed a diventare sempre più richiesto ed apprezzato.

E poi venne il terremoto: quel

di Antimo Pirozzi

CONTINUA LA RASSEGNA SULLE ATTREZZATURE RICETTIVE DI MATERDOMINI: È LA VOLTA DEL 7BELLO, UNA STRUTTURA DI GRANDE PRESTIGIO CHE HA VISTO COME PIONIERE DON CICCIO MALANGA CHE NEGLI ANNI 70 INCOMINCIò DAL NULLA LA GRANDE “AVVENTURA” CHE LO HA PORTATO FATICOSAMENTE AI FASTI DI OGGI.

disastroso evento rese inagibile quasi tutte le attività c o m m e r c i a l i esistenti, mentre la struttura del 7 Bello resse alla furia devastante della natura. Fu l’unico locale a poter ospitare convegni e matrimoni.

La bravura e l ’ ins tancabi l i tà d e l l a m o g l i e Gelsomina oltre che la volontà dei figli Antonietta, Gerardo e Luciano resero l’attività sempre più competitiva.

Nel 1993 il locale, a seguito di un incendio di alcun bombole di gas rimase inagibile per un breve periodo.

Intanto i figli si diedero da fare per migliorare ed ingrandire l’attività: ristrutturarono il vecchio complesso e ampliarono i saloni a piano terra rendendo il 7Bello uno dei più belli e confortevoli Hotel dell’Alta Irpinia.

Oggi la florida e prestigiosa attività viene gestita dai figli Gerardo e Luciano, con la collaborazione dell’intera famiglia nonché dal fedele e vecchio personale.

Don Ciccio si è ritirato in buon ordine e osserva con discrezione ed orgoglio il galoppante progresso dei propri familiari.

un' immagine del vecchio e del nuovo locale

Caposele sorge alle pendici del Paflagone, contrafforte del Cervialto. Situato vicino alle

sorgenti del Sele, dedicate alla Madonna della Sanità, il centro segna l'inizio dell'Acquedotto pugliese. È proprio questo fiume, citato nelle fonti di età classica come Silarus, Silerus, Siler, ad aver dato origine al toponimo antico, perfettamente conservato nell'attuale denominazione, Caposele, e nella pronuncia dialettale "Capuséle". In epoca romana, in località Acqua delle Brecce, sorgeva un tempio dedicato al dio Silvano ("Silvano sacrum voto"). Un significativo frammento architettonico, riferibile al tempio antico, è depositato accanto agli uffici dell'acquedotto: altri blocchi sono ancora interrati nelle im¬mediate vicinanze.

Lucio Domizio Faone, ricco liberto, proprietario di numerosi fondi agricoli nella valle del Sele, donò il tempio al collegio di Silvano, dio delle acque e delle foreste, a condizione che ogni anno fosse onorato l'imperato¬re Tito Flavio Domiziano, in ricorrenza della sua nascita.

Nel suo studio sui "Castelli in Campania" Vittorio Gleijeses traccia un breve profilo della storia del comune:

"Feudo dei Balbano, dei Manzelli e di Jacopo Sannazaro, Caposele fu cinto di mura", i1 castello, che vi sorgeva, era stato costruito nell’ XI secolo.

Come scrive Gleijeses "il Muratori ci fa sapere che Folco d'Este vi tenne nel 1115 un placito nella domus dominicata. Dopo i Vespri Siciliani il maniero fu trasformato dal principe di Castellaneta in una vera for tezza . Vi [era] poi una parte aragonese, costruita da re Federico (...). In questo forte furono celebrate le nozze d i M a r g h e r i t a d'Aragona, ma il castello fu dopo abbandonato".

Il terremoto d e l 1 6 9 4 danneggiò in larga parte l 'abitato: del castello rimase solo un torrione.

da La CaMpanIaalle sorgenti del sele

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8324

DAL NOSTRO ARCHIVIO

una foto degli anni 90: si festeggia la vittoria in campionato di 1^ categoria. Presidente Gerardo Casale.

Una foto di fine anni 80: la redazione de La Sorgente

una foto degli anni 90: da sinistra Antonio matteucci, Rocco Caruso, Peppino Curcio, Fiore Tarantino, Giovanni Calluso, Peppino Grasso e Generoso Notaro.

Anno 1975: tiro alla fune su piattaforme galleggianti nel laghetto artificiale.

I giocattoli di una volta

Rallie automobilistico 1974 – ernestina melillo e Peppino Grasso sono i vincitori assoluti

“lu tuoccu” a birra da Giulio

Foto ricordo con Sante marsili medaglia d’argento alle olimpiadi di montreal. da sinistra: Angelo Sturchio, emidio Alagia, donato Conforti, Nicola Conforti, Sante marsili, Amerigo del Tufo, Giovanni Caprio, Aristide Caprio e alcuni bambini

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8325

Rallie automobilistico 1974 – l’avv. Fernando Cozzarelli, presidente della Pro loco, consegna un premio a Franco Coppola

Amici della Pro loco. una foto degli anni novanta. da sinistra: Angelo Petrucci, Pasquale montanari, Gerardo Cibellis, Salvatore Curcio, Alfonso merola, Rocco Caruso, emidio Alagia, e donato Conforti . In posizione arretrata Antonio merola e Gerardo Nesta

una foto degli anni novanta: i vincitori del palio.

Ancora una foto del 1990: le donne della sagra.

Il ritorno dalla Svizzera in occasione delle Amministrative del 1980

Una foto di fine anni settanta: in ricordo del Vescovo

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8326

Storia

Caposele è una terra generosa!Inerpicata sopra un ripiano del massiccio del Cervialto ed alle pendici del monte

Paflagone, è simile ad un paese alpestre per la sua suggestiva posizione, per essere accostata ad alte montagne da una parte e per aver sotto di se quasi a piombo l’origine del fiume Sele, nel punto ove confluisce il torrente Tredogge.

Un tempo, non dimenticato, nel posto più alto del ripiano vi era un laghetto, ove affluivano, filtrando dai fianchi rocciosi dei contorni montuosi, disposti ad arco, le felide acque. Anche dal fondo fuoriuscivano le rigogliose bolle di acque a comprovare un’esauribile fonte.

Le acque superavano una solida e naturale barriera argillosa e si riversavano fragorose, in piccola e ripida cascata, giù verso la valle formando il fiume Sele.

Il paesaggio dai monti verdi, il lago, le numerose sorgenti, la cascata, il fiume ed il torrente, fusi in serena armonia, erano per gli abitanti la pace e la vita, anche se i casolari, lungo la tortuosa strada cittadina, subivano la minaccia ed i danni dai movimenti franosi. Le sorgenti e le acque, che la tradizione e la popolare credenza dichiarava pure e salutari, tenevano tutti legati alla propria terra, ed al luogo della Sanità.

Alla fine dello scorso secolo vennero a Caposele illustri personaggi con idee sconvolgenti.

Studiarono il suolo ed il sottosuolo, le sorgenti e le acque , i rigagnoli e gli scoli. I loro progetti ed i loro calcoli impensierirono gli abitanti.

Vennero poi le imprese con le attrezzature e trasformarono i luoghi della pace e delle purificazione in

grande cantiere.Grandi opere d’arte sorsero un

anno dopo l’altro: muraglioni di contenimento, nei quali per la prima volta fu usato il cemento, grandi e piccole vasche di raccolta, canali e scoli.

La cittadina insorse per lo sconvolgimento del proprio suolo e delle sorgenti, però di fronte alla serietà ed imponenza delle opere si acquietò ed umilmente accettò l’imprigionamento delle sue acque, ed il loro incanalamento verso i lontani e sitibondi paesi delle Puglie.

La nuova realtà fu sanzionata di fatto con il nome di piazzale della Sanità dato al luogo del lago trasformato in immensa e studiata platea e di diritto della convenzione del 2 marzo 1905.

C a p o s e l e g e n e r o s a f i n s e soddisfazione con l’accettazione delle cartelle della rendita pubblica e con la riserva di una infinita parte delle acque: 363 litri al secondo, lasciati a sua disposizione.

I cittadini più intransigenti respinsero la demanialità delle acque e denunziarono come illusorio l’indennizzo di seicentomila lire sulla carta e la relativa rendita di diciottomila lire annua, data dal Governo.

Soltanto per pochi anni l’intero fabbisogno finanziario del Comune ricevette sollievo dalla rendita governativa. La lunga guerra mondiale e l’infausto regime dimenticarono Caposele, mentre la svalutazione della moneta ridusse quella rendita ad evanescente obolo.

Nella dignitosa povertà però gli abitanti di Caposele hanno sempre venerato le opere costruite sulla loro terra. Il decorrere delle acque nei maestosi canali è stato sempre ininterrotto. Nessuno ha attentato

all’integrità degli impianti.Anche se qualcuno al verificarsi

delle calamità delle frane sussurrava la colpa delle acque imprigionate , sempre prevaleva il buon senso e l’orgoglio di vedere continuamente l’unica propria ricchezza verso le popolazioni pugliesi.

Nel 1940, quando stava addensandosi l’altra tremenda bufera bellica , la città si vide defraudata dell’ultima riserva di acque lasciatale e riconosciutale per i propri bisogni. Questa volta non c’era il coscienzioso Governo del 1905.

Le agitazioni e le sommosse dei cittadini , dei montanari, dei pastori e di tutta la brava gente di Caposele ebbero tristi epiloghi. Alcuni cittadini furono confinati, altri furono costretti ad abbandonare il proprio paese natio.

Tutti coloro che strenuamente difesero la conquista dell’acqua per le primordiali esigenze delle genti pugliesi non furono mai dimenticati: lapidi e monumenti ancora oggi eternano tante illustri personalità in molte città.

L’acquedotto pugliese non a torto è stato ed è il vanto della Puglia e della nazione: il più lungo acquedotto del mondo! Tutte le città : dalle più grandi, Bari, Foggia , Lecce , Taranto , Brindisi, alle più piccole, dai villaggi alle più sperdute contrade abitate della Puglia ed anche di parte della Lucania hanno le care fontanine pubbliche anche come simbolo che quel bene primario che è l’acqua sta a disposizione di tutti.

Verso Caposele nessun ricordo, nessuna riconoscenza!!!

Eppure dalle sue sorgenti deriva tutto : il ricordo per gli illustri, il vanto delle opere grandi e piccole, l’acqua che disseta! Caposele è stata negletta, ma con il suo silenzio, il suo sacrificio costituisce il più fulgido esempio di grandezza e di generosità. Oggi l ’ E n t e A u t o n o m o Acquedotto Pugliese ed il Comune di Caposele hanno ritrovato la strada della convenzione, soddis facen te per entrambe le parti, nella consapevolezza di adempiere soprattutto a finalità altamente morali e sociali.

Per l ’Ente , s ia pure nei ristretti limiti istituzionali, non sarà

Se gli antichi Egizi adoravano il Nilo come Dio e riconoscevano la ricchezza della propria terra come un dono del fiume, come non possiamo noi Pugliesi rivolgere un grato pensiero a quella umile terra che quotidianamente e da anni dona alla già «Puglia sitibonda» la linfa vitale per il suo benessere quotidiano ?Caposele !Una terra fino al secolo scorso sconosciuta, ma ancora misteriosa per molti che pur godono dei suoi benefici !Ma è preferibile il mistero, con una conseguente ipocrita religiosità come gli Egizi antichi, oppure la migliore conoscenza dell autore di un beneficio per una doverosa concretizzazione di gratitudine e di amore?Lo scritto dell'Avv. Caruso a questa migliore conoscenza ci vuole indurre e soddisfa ad un tempo la legittima curiosità di molti e il dovere di gratitudine verso una comunità civica che ha fatto dono agli altri del meglio che possedere.Trani eleva per prima la sua voce in un coro di gratitudine che deve riecheggiare da tutti i centri serviti dagli impianti del Sele non solo verso i grandi che idearono e vollero l'acquedotto, ma anche verso gli umili e generosi cittadini di Caposele.

mai ritenuto abbastanza remunerativo quanto dato al piccolo Comune Irpino; per Caposele, invece, la portata di quattromila duecento litri al secondo, che dalle sue sorgenti sono immesse nel grande canale, sarà sempre poca anche se di più non può essere immesso per deficiente capacità, è ben lieta sarà di premere ancora di più le sue sorgenti e di trovarne altre nel destra del fiume Sele quando sarà realtà il secondo grande canale.

domani dovrà sopravvenire doverosa la pura riconoscenza di tutte le città e di tutte le genti pugliesi, verso Caposele generosa.

di Vincenzo CarusoCittadino Onorario di

Caposele

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8327

La filiera dell’olio extravergine di oliva dell’Alto Sele è ormai una realtà!Questa filiera si è sviluppata

grazie all’Associazione Irpina dei Produttori Olivicoli (A.I.P.O.) e comprende i Comuni di Caposele, Calabritto, Senerchia, Teora e Lioni.

Inizialmente è stata dura, poche aziende credevano nel decollo del nostro pregiatissimo oro giallo ma nei tre anni di vita della filiera sono stati fatti grandi passi avanti..

La città di Heimbach della Germania del nord ha dato il ben servito, premiando il nostro prodotto in occasione dei tre giorni di expo organizzat i dal l ’Associazione ITALIANSTYLE con il gruppo di Ines Frongillo (Presidente), Claudio Mauriello, Claudio Petrozziello e l’Amministratore, Ing. Andrea Marcone, nonchè proprietario del Castello d’arte che ha ospitato l’expo nei giorni 9 – 10 – 11 Settembre 2010 con la partecipazione di trenta Aziende Irpine. La Commissione era interamente tedesca e presieduta dal Sindaco della Città di Heimbach Sig. Bert Zull che ha assegnato il “primo premio qualità” all’ A.I.P.O.

Tutto ciò grazie ai nostri produttori che con passione e responsabilità hanno seguito tutte le indicazioni del

di Gelsomino Grasso

L’ OLIO DELLA VALLE DEL SELE, UN’ESPERIENZA DI QUALITà

 

 

 

gruppo tecnico dell’Associazione sulla tracciabilità, ovvero dalla produzione alla raccolta fino alla trasformazione in olio extravergine di oliva. E’ importante ricordare che per produrre un buon extravergine di oliva sono necessarie alcune caratteristiche, quali:

1. l’acidità il rapporto per un extravergine olio di oliva è da 0 a 0,8 % di acidità;

2. i perossidi da 2 a 5 meq/kg. appena prodotto, durante la conservazione non deve superare la soglia di 20 meq/kg.;

3. assorbimenti spettrofotometrici sia il valore K232 un buon prodotto il parametro oscilla da 1,40 a 1,60 nm che il valore K270 di cui il parametro per un buon olio oscilla da 0,09 a 0,12 nell’immediata produzione, mentre durante il periodo di conservazione i valori massimi per un ottimo olio sono:

2,50 per K232 e 0,20 per K270.Il nostro prodotto è in questi

parametri. Le Aziende che aderiscono all’A.I.P.O. nel territorio dell’Alto Sele Alta Irpinia aumentano costantemente (dalle 15 iniziali alle attuali 25). Tuttavia i nostri sforzi non sono ancora riconosciuti sul piano locale territoriale. Ci aspettavamo che i Comuni e le Aziende Ospedaliere avessero inserito nelle gare di appalto per le mense degli enti pubblici (ospedali, scuole) l’obbligo di somministrare i prodotti locali certificati, compreso l’olio, ripercorrendo la proposta di legge regionale dell’On. Donato Pica per una buona dieta mediterranea, sia per la genuinità del prodotto che per la salute dei nostri bambini nelle scuole e degenti negli Ospedali.

I produttori aspettano ancora una

volta un segnale da parte degli Enti preposti affinché il nostro oro giallo decolli definitivamente. Ciò potrebbe essere uno dei volani della nostra economia locale.

La Germania è stato un buon punto di partenza, infatti è in via di definizione un accordo commerciale sul nostro prodotto.

I n f i n e , r i v o l g e n d o m i a l l e Amministrazioni locali, sottolineo che è necessario che le aziende locali siano sollecitate con sostegni morali e materiali affinché possano far conoscere la qualità dei loro prodotti sul territorio di produzione e di conseguenza sensibilizzare il cittadino consumatore ad una scelta di qualità.

Non bisogna lasciar morire l’agricoltura, in quanto l’agricoltura è vita e dobbiamo viverla e difenderla!

Consigliere di Amministrazione AIPO

La raccolta delle olive è un’ attività di lavoro molto diffusa nel nostro territorio, che è ricco di questa pianta tipicamente

mediterranea.Dopo l’ esperienza della vendemmia,

abbiamo svolto questa attività concretamente e in modo piacevole nella fattoria dei genitori di Mariachiara D’ Elia, il 12 novembre 2011; più in là effettueremo una visita al frantoio di Pasano per osservare il ciclo di trasformazione delle olive.

Anche questa volta abbiamo svolto un “lavoro antico” con gli strumenti di oggi e abbiamo sentito dentro di noi un forte attaccamento alle nostre tradizioni, che abbiamo voluto vivere in un contesto di operosità scolastica.

I genitori hanno accolto con

soddisfazione l’ iniziativa e alcuni di loro ci hanno accompagnato con le auto in campagna, località Pasano, per vivere con noi le fasi di questo lavoro.

Gli alunni hanno trascorso insieme una bella giornata all’ aria aperta, hanno imparato a svolgere il lavoro della raccolta delle olive con gli adulti nel rispetto delle abitudini del nostro ambiente.

DISCUSSIONE COLLETTIVA SULLA RACCOLTA DELLE OLIVE.Questi sono i nostri pensieri sull’ iniziativa:

salvatore Cuozzo: Oggi, in classe, mi

sento felice di aver fatto questa esperienza di lavoro, che mi è piaciuta tanto.

Fabio amendola: Raccogliere le olive è importante, perché si ricava l’ olio. Io mi sono molto divertito a farlo insieme ai

miei compagni.sara Biondi: È stata la prima volta che

ho raccolto le olive e ho imparato come si deve fare. Ieri era domenica e ho messo le reti nel terreno di nonno Rocco.

LA RACCOLTA DELLE OLIVE

Il maestro Giuseppe Rosania in una foto ricordo con tutti gli alunni dell'attività

segue a pag. 28

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8328

Scuola

amiche, e non mi sentivo stanca. Mariachiara d’elia: Ero così

emozionata che venerdì notte non sono riuscita a dormire, non ho proprio chiuso gli occhi. Mi sono divertita tanto e sono stata felice di ricevere i miei compagni per lavorare tutti insieme, compreso il mio fratellino Giovanni.

Michela Colatrella: Io ero felice di lavorare con Elia, la mamma di Mariachiara, e con altre mie amiche. Noi parlavamo e ci divertivamo a raccogliere le olive.

giovanna Castagno: Alfonso, il papà di Mariachiara, ci ha aiutato tanto, ci spiegava come dovevamo fare per staccare le olive dai rami e per raccoglierle nella rete senza schiacciarle. Ho lavorato tutto il tempo con la mia amica preferita.

Claudio russomanno: Questa gita scolastica è stata molto bella e divertente. Mio papà , Toni, Anna e Alfonsina ci hanno accompagnato con le macchine. Durante il lavoro Toni ci riprendeva con una videocamera per realizzare un DVD. Io ho lavorato un po’, ma mi sono divertito tanto a correre e a giocare.

gelsomina Colatrella: È stata proprio una bella esperienza. Io avevo già raccolto le olive, ma l’ ho fatto solo con i miei genitori, invece stavolta ho trascorso una bella mattinata di lavoro con i miei compagni e le mie amiche. Sono tanto contenta.

elia ed alfonso d’elia: Per nostra figlia è stato bello ricevere i compagni della sua classe. Abbiamo visto che tutti si sono

gaia Malanga : Io ho raccolto le olive con facilità anche se qualche volta mi è sembrato difficile staccarle velocemente dai rami. Gelsomina, la nonna di Mariachiara, ha preparato tre diversi tipi di pizza, al pomodoro, al prosciutto e con la ricotta; erano proprio buone e le abbiamo gustate con in ultimo anche i bignè.

roberto guarino: Mettevamo le reti sotto ogni albero di ulivo e poi staccavamo le olive dai rami, abbiamo riempito nove cassette. Anche mia mamma ha lavorato insieme a noi, ci ha sorvegliato e ci ha dato molti consigli.

tommaso aiello: È stato bello raccogliere le olive con i miei compagni. Questo è un lavoro che io so già fare, infatti ho usato un’ asta lunga e un rastrello per far cadere le olive dai rami alti e poi ho usato anche lo sbattitore.

luigi russomanno: Ho lavorato tanto usando le mie mani e ho contribuito a riempire molti secchi di olive insieme al mio amico Roberto.

rocco Curcio: Io e Mirko abbiamo lavorato con il nonno di Mariachiara, Giovanni, che si arrampicava sulle piante degli ulivi per tagliare i rami cresciuti troppo in alto.

Mirko Castagno: Per me è stata un’esperienza divertente e la vorrei rivivere di nuovo. Più in là andremo a visitare il frantoio per osservare come le olive raccolte diventano olio.

gerarda guarino: È stato tutto molto bello e piacevole. Io ho lavorato molto senza fermarmi mai, soprattutto con le mie

Parlare del Benessere nel nostro ambiente significa dare un senso alle cose, alla nostra esistenza, senza rincorrere facili qualunquismi, senza

mettere in mostra cose effimere come una macchina all’ avanguardia, fuoriserie o jeep che sia, il rolex, il computer o il telefonino di ultima generazione, anche perché siamo in un contesto di possibile recessione dove la paura dello spread e del default non è del tutto superata.

“Default” significa fallire che per la nostra Nazione vorrebbe dire azzerare in un solo colpo tutto il progresso che nei decenni è stato reso possibile dal lavoro di intere generazioni. E vuol dire, ovviamente, un futuro che più nero di così non ci possa essere per i giovani, che non nutrono speranze in una società che si manifesta con la paura del futuro. Ed è per questo che bisogna esprimere, per un’ ennesima volta, un sentito ringraziamento al Presidente Giorgio Napolitano per aver voluto a capo del governo il professor Monti che ha ideato un esecutivo di tecnici che non hanno nulla a che vedere con il trascorso governo, anzi questi sarebbero dovuti essere licenziati, considerata la loro inadempienza e le condizioni economiche in cui hanno lasciato il nostro Paese.

Speriamo che tutto proceda per il meglio in una situazione di sacrifici da fare in maniera equa da parte di tutti senza preservare possibili caste.

Il benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano.

Questo concetto con il tempo ha subito numerose trasformazioni, oggi viene inteso come una condizione di armonia tra essere vivente ed ambiente, risultato di un processo di

IL BEN-ESSERE di Giuseppe Rosania

compor ta t i bene e hanno l a v o r a t o con mol to i m p e g n o e di questo n e s i a m o contenti.

toni Biondi: Organizzare un’ escursione lavorativa, come la raccolta delle olive, non è una cosa facile, non ci sono occhi che bastano per tenerli tutti sotto controllo contemporaneamente, ma fare queste cose a livello di classe significa vivere un’ esperienza importante che sarà ricordata per sempre.

Giuseppe Rosania : l’ iniziativa della raccolta delle olive è stato un evento molto positivo, perché tutti hanno avuto la possibilità di vivere in un contesto di operosità scolastica dei momenti di lavoro legati alle nostre tradizioni di paese.

È stato bello ammirare con quanta laboriosità e solerzia tutti si sono impegnati nello svolgimento di questo lavoro.

ai nonni gelsomina e giovanni d’elia, ai genitori elia e alfonso, alla zia anna, alla mamma di roberto, gerardina Contino, a toni Biondi, e ai genitori accompagnatori, va tutto il nostro ringraziamento per averci aiutato a vivere un’ esperienza importante e significativa che dobbiamo continuare a svolgere nel rispetto delle nostre radici.

Caposele,14/11/2011Il docente Giuseppe Rosania

adattamento a molteplici fattori che incidono sullo stile di vita. E deve comunque manifestarsi in tutti i contesti della nostra vita: a scuola, in famiglia, nel nostro ambiente di vita, dove la solidarietà è un elemento importante da cui non si può prescindere.

CHE COSA VUOL DIRE BENESSERE A SCUOLA

La prima condizione è quella della Sicurezza degli ambienti di lavoro, la seconda certamente non meno importante della prima, anzi, è l’ accettazione degli alunni in un contesto di realizzazione della cultura, dove essi devono sentirsi parte attiva di un progetto partecipato dei saperi che sappia garantire e ideare strategie e azioni mirate ad indurre cambiamenti in ogni singola individualità: il fare per capire anche al di fuori della classe e della scuola verso uno stile di cooperazione educativa rilevante; la terza è la collaborazione tra i docenti anche con altre agenzie culturali, che debbano trovare nella scuola una giusta collocazione per la presenza di alcune figure professionali importanti come quella ad esempio dello psicologo; la quarta condizione, importante e necessaria per una completa realizzazione culturale di ogni singolo allievo, è la partecipazione della famiglia nello sviluppo degli apprendimenti scolastici dei loro figli.

CHE COSA VUOL DIRE BENESSERE A CASA

Al suo interno la famiglia deve creare le condizioni di uno sviluppo educativo fondato sugli ideali della vita, allontanandosi da certi modelli televisivi di bassa leva.

Essa deve garantire cura e protezione appropriata, far acquisire soprattutto comportamenti coerenti con il “ senso del limite ” , negoziando con i propri figli conflitti e divergenze, che si evidenziano durante la loro crescita.

Nel rapporto genitori – figli i primi devono ricoprire un ruolo autorevole richiedendo agli altri, i figli, rispetto e collaborazione in un atteggiamento di comunicazione interpersonale attiva.

CHE COSA VUOL DIRE BENESSERE NEL NOSTRO AMBIENTE DI VITA

Con "Benessere negli ambienti di vita" si intendono le condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di vita (la casa, il lavoro, la scuola, gli ambienti ricreativi come la piscina o le strutture sportive ecc.) che assicurano la tutela della salute degli abitanti del luogo.

Per la realizzazione di un’ ottimale condizione di salubrità ambientale è indispensabile valutare dei parametri riguardanti il clima, il rumore, l’ illuminazione, le radiazioni, l’ inquinamento e le calamità naturali.

Non tutti questi fattori di rischio sono presenti nel nostro ambiente, ma ve ne sono alcuni come ad esempio il rumore che quasi non esistesse se non fosse per il fatto che d’ estate diventa un problema quando si pensa a quello sfrecciare assordante di motorini che circolano dappertutto fino ad ore impensate, arrecando così non certamente tranquillità e armonia come il nostro ambiente richiederebbe; poi c’ è qualcosa che sconquassa la vita a molte famiglie e ai suoi figli, che è il bere e il fumo di sostanze stupefacenti.

Si è davvero disarmati di fronte a queste piaghe, ma non si può restare indifferenti, la soluzione è da ricercare collettivamente, come comunità.

Esistono poi aspetti di “Benessere organizzativo” che possono derivare dall’ Amministrazione Comunale o da altri Enti che governano il nostro territorio.

Come non pensare alla Convenzione con l’Acquedotto Pugliese che dovrebbe portare dei benefici tali da far progredire il nostro paese e collocarlo in un contesto importante, come lo è stato quando il fiume era una ricchezza imponente del nostro territorio.

Poi ci possono essere i cambiamenti organizzativi che dovrebbero migliorare le condizioni di vita dei caposelesi, quali ad esempio: “come qualificare la vivibilità del nostro ambiente di vita e renderlo veramente recettivo, come salvaguardare il nostro territorio da possibili calamità naturali con le opportune cure, come concepire e realizzare dei parcheggi, come gestire gli impiegati comunali, che costituiscono una risorsa umana da valorizzare in maniera produttiva, come prevenire situazioni di disagi e contrasti interpersonali, come riuscire ad agire su più fronti per eliminare o cercare di ridurre tali problematicità.

Ripensiamo al “Cambiamento”. Credo che bisogna ritornare ad una vera cooperazione interpersonale, superando i possibili conflitti, nell’ interesse della nostra collettività.

Buon Natale a tutti i caposelesi.

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Page 29: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8329

di Cettina Casale

DETTI

I proverbI costItuIscono un bene culturale legato alla storIa

delle tradIzIonI popolarI.neI proverbI tuttI possono IdentIfIcarsI,

scoprendo qualcosa dI sé e rIvIsItare così, I proprI pensIerI e la proprIa

esperIenza dI vIta

Chi pazzèia cu lu mulu s’angappa nu cauciu ‘ngulu

*****

la bucìa è nu fuocuca’ nun bot’ stà accuvàtu

*****

la cambana r’ manfredonia rici:rammi ca’ ti racu

*****

la capu r’ l’omm’nuè cumm’ a’ na sfoglia r’ cipodda

*****A la casa r’ lu ‘mbisu

nun parlà r corda

*****

la cucina piccireddafaci la casa grossa

*****la femm’na cumm’ nasci

accussì pasci

*****

e’ pigliatu lu culuP’ na vrocca r’ acqua

*****

Nisciuna catena faci bbuonu lu canu

*****

Tira cchiù nu pelu r’ femm’naca’ na cocchia r’ vuòi

*****

Si nisciunu m’avàndam’avàndu ìu stessu

*****Cittu chi sap’ lu iuòcu

Si r’ gatt’ rir’n’li sùrici chiang’n’

*****Quannu la carn’ è cotta,è cchiù facil’ luvà l’uossu

*****

P’ l’addoru r’ ru lardu,si vasa n’gulu a lu puorcu

*****

Queru ca viri, pocu viriqueru ca siendiNun crer’ niendi

*****

Chi zomba parecchi pali,s’ n’ fècca quacch’runu ‘ngulu

*****

Chi nun arròbbanun ha robba

*****

Ogni strunzuten’ lu fumu suiu

*****Puorcu pulitu

nun s’ingrassa mai

*****

Vuò cambà libero e beatomegliu sulu cà malu accumpagnatu

*****

Lunn’rì fifì-fifìmart’rì puru accussì

mercuri aff’lamu la secaGiov’rì iamm’ a secàVern’rì facimu li cuntiSabb’tu ci iamu a pagà

Rumen’ca iamu a la prerr’ca

lu megliu mastru è quiru chi porta li soldi a casa

*****

lu preutu ‘nfossa li muortie faci fessa a li vivi

*****

Panza chiena cerca r’posu

*****

Puru nu càuciu ‘ngulufaci fa nu passu ‘nnanzi

*****

Quannu la callara voll’mena subb’tu li maccaruni

*****

Quantu cchiù arr’vuoti la munnezzacchiù puzza

*****

la salut’ nun è tuttuma tuttu è niendi senza la salut’

*****

l’omm’nu p’ natura guarda semb’ piettu e culu,

la femm’na p’ difettu guarda semb’ ind’a la vrachetta

*****Val’ cchiù n’acina r’ pep’ca nu strunzu r’ ciucciu

*****

Tuttu si po’ ffama sadda v’rè com’

*****

Tutti ric’n’ ca l’amor’ è amàru,ma tuti vol’n’ pruvà si è veru

una straordinaria composizione di prodotti tipici locali in esposizione durante la sagra

Peppu "lu banditore"

Franco Ilaria scalpellino-attore del Presepe vivente

Gerardo Cibellis e Gerardo Zarra;due pastorelli del Presepe vivente

Trebbia storica in esposizione

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Page 30: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8330

Politica

IntERVISta aL SInDaCO: “DELLA NATURA GIURIDICA DELLE ACQUE DEL COMUNE DI CAPOSELE”

D: Salve sindaco ci ritroviamo per il solito appuntamento semestrale con la Sorgente.

R: Un saluto a lei e a tutti i Caposelesi. Sono contento di vederla, perché sento la necessità di chiarire alcune perplessità dei cittadini di Caposele; perplessità che riguardano il futuro del nostro paese e quindi quello delle future generazioni.

D: Sindaco io invece più che “sentirla” contento la “vedo” preoccupato.

R: Si, sono molto preoccupato, perché Caposele e i suoi abitanti, per il comporta-mento poco costruttivo di alcuni, rischiano seriamente:

1) Di perdere il diritto d’uso delle acque residuali, ovvero dei 363 l/s che la transazione del 1905 destinava al Comune di Caposele e ai suoi abitanti.

2) Di pagare l’acqua.

3) Di perdere circa un milione e mezzo di euro all’anno, ed altri numerosi benefici (come ad esempio energia elettrica gratuita per gli usi pubblici, fruizione turistica delle sorgenti Sa-nità, un milione e duecentomila euro per il rifacimento di Piazza Sanità, ed altro ancora .…).

D: Sono tre cose importantissime, ef-fettivamente rappresentano il futuro per Caposele. Analizziamole una alla volta. Primo punto: Perché rischiamo di perdere i diritti d’uso sui 363 l/s?

R: Come lei ben sa, ultimamente a Caposele circolavano dei fogli con l’istanza di opposizione al rinnovo di concessione chiesto da AQP alla Regione Campania. Fare opposizione in questo caso è come dire: “Regione Campania la concessione dei 363 l/s non la devi rinnovare all’AQP perché l’acqua è nostra e la vogliamo gestire noi.”

D: Infatti alcuni sono fermamente convinti che i 363 l/s sono di nostra pro-prietà, e l’opposizione di cui sopra, ci permetterebbe appunto di poterla gestire a nostro piacimento; come ad esempio cederla al migliore offerente. Cosa mi dice a riguardo?

R: Le rispondo riportando le conclu-sioni del parere pro-veritate dell’avvocato C. Sciacca, a suo tempo interpellato in merito ai nostri diritti su queste acque:

”Poiché le Acque di cui trattasi non sono di proprietà del Comune di Caposele non gli appartengono che per l’uso cui furono destinate dall’atto transattivo e non possono essere alienate a terzi. Anche nell’assurda ipotesi che venisse meno la necessità del loro uso, risorgerebbe il diritto dello stato a disporne per altri usi di pubblico interesse, ferma rimanendo sempre la loro natura di acque demaniali provenienti dal fiume Sele.”

In parole povere ciò significa, secondo il parere, che abbiamo solo il diritto d’uso

e non la proprietà di suddette acque per cui non possiamo alienarle a terzi, cioè se la regione ce le restituisse, non possiamo cederle al migliore offerente. Ma c’è una parola in questo parere che pesa come un macigno, e cioè che noi dobbiamo avere la necessità del loro uso per averne diritto, perché l’acqua è un bene primario, cioè vitale e come tale non può essere sprecato. E come lei ben sa per legge il primo uso dell’acqua è quello potabile, per meglio dire alimentare…, come dire che noi dobbiamo dimostrare che tutti i 363 l/s ci servono per dissetarci…! Se viene meno da parte nostra, la necessità del loro uso, risorgerebbe il diritto dello Stato, cioè della Regione, a disporne, cioè ad utilizzarla per altri usi di pubblico interesse.

D: Conviene, allora alla luce di quello che mi sta dicendo, al Comune di resistere alla richiesta di concessione di utiliz-zazione delle acque di sua spettanza da parte dell’ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese o è preferibile arrivare ad una transazione? Cioè alla convenzione?

R: Corsi e ricorsi storici, questa doman-da attualissima è la stessa che fu posta a suo tempo, ad un insigne e stimatissimo giurista, cultore della materia, il Professore avvocato Fulvio Maroi, che nel suo parere pro-veritate così rispose:

“Incontestabile è il diritto del Comune di aver restituite ed immesse nell’antico alveo del fiume le acque distratte ed usurpate dall’ente Autonomo per l’Acquedotto Pug-liese e da questo arbitrariamente, fino ad oggi, utilizzate per i propri fini industriali; è anche certo che il Comune può opporsi ad ogni concessione a favore dell’ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese.

e’ da prevedersi però che detto ente si avvarrà (a norma dell’art.45 del citato T.u.) della facoltà di chiedere per se la integrale utilizzazione di tutte le acque del Sele, e, quindi, anche l’uso della residua aliquota di acque di pertinenza del Comune, potendo, evidentemente, vantare, rispetto a quest’ultimo, una più importante possibilità di utilizzazione delle acque.

Indubbia mi sembra, allo stato, la preminenza degli interessi pubblici che si riconnettono all’ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese, confermata dallo stato di fatto creatosi, sia pure arbitrari-amente, tenuto conto altresì, che essendo il Comune regolarmente fornito di acquedot-to, non può neppure opporre esigenze di pubblico interesse.

di fronte all’eventuale richiesta dell’ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese il Comune non potrebbe opporre, quindi, né la priorità della sua concessione, né a quanto sembra, esigenze di ordine pubblico di utilizzazione delle acque, superiori a quelle dell’ente.

e’ prevedibile che la richiesta dell’ente avrà prevalenza e il Comune si vedrà costretto a vedersi convertito il suo diritto

sulle acque in una semplice indennità, da determinarsi ai sensi del 3° comma del citato art. 45 testo Unico e cioè a termini della legge sulle espropriazioni per pub-blica utilità. Il che non è certo conveniente per il Comune dati i criteri restrittivi ai quali tale legge si ispira.

Su questo punto condivido, pertanto, pienamente il parere già espresso dal Prof. Forti (Settembre 1938).

In conclusione, quindi, del quesito non mi par dubbia: pur rappresentando le gel-ose ragioni per cui il Comune, facendosi eco del sentimento della popolazione, tende ad avversare ogni intesa circa la cessione delle residuali acque di cui all’utenza, ritengo che l’applicazione dell’art. 45 del citato T.u. costituisca una soluzione grave-mente pregiudizievole rispetto a quella di un accordo diretto tra il Comune e l’ente autonomo per l’acquedotto Pugliese, accordo che, è stato già avviato è anche favorito dalla Autorità Governativa.

Questo è il mio parere per la verità.”Ossia che facendo opposizione si

rischierebbe di perdere i diritti d’uso di suddette acque, vedendoseli semplicemente indennizzati con una misera somma da determinarsi (calcolare) secondo la legge sulle espropriazioni per pubblica utilità. E suggerisce al Comune di trovare un accordo (cioè di fare la convenzione) con l’Ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese. Ma questo lo avevano capito anche altri amministratori: l’avvocato Michele Farina (sindaco), il notaio Corona, l’avvocato Coz-zarelli, etc…, tutti professionisti del diritto; e costoro, Maggioranza e Minoranza, tutti insieme votarono all’unanimità in una fa-mosa delibera, la n° 18 del 13 dicembre 1952, cioè la delibera di consiglio comu-nale con la quale gli amministratori di cui sopra rifiutarono l’offerta di 50 milioni a tacitazione di ogni diritto del Comune sui 363 l/s. La stessa delibera in un suo pas-saggio così recita:

“La precedente Amministrazione ritenne necessario richiedere altro parere

legale ….. Il nuovo parere legale ha confermato nella sostanza i precedenti, ribadendo il diritto del Comune ad ottenere una conveniente indennità per la cessione del suo diritto d’uso alle acque residuali, che non è in alcun modo pregiudicato dagli atti e dalle trattative svolte in precedenza.

e’ stato confermato, altresì, che il Comune non potrebbe avere successo in un eventuale tentativo di resistenza per la cessione delle acque, data la preminenza alimentare della richiesta dell’a.P.

Il legale di fiducia consigliava pertanto di raggiungere con l’A.P. un amichevole accordo in modo da ottenere, possibilmente un miglioramento sulle condizioni stabilite in precedenza … la precedente Amminis-trazione … A tal uopo, con deliberazione del 18 ottobre 1950, del Consiglio Comu-nale autorizzava il Sindaco ad intavolare le trattative con l’A.P. ……”

Quindi molte volte la prevalenza di un esasperato campanilismo, che molti sac-centi dimostrano con la proposta assillante di fare opposizione alla richiesta di rinnovo di concessione alla Regione Campania da parte di AQP, potrà comportare la perdita dei nostri diritti sui 363 l/s e la mancata sot-toscrizione della convenzione. Tutto questo potrebbe portare di sicuro, alla distruzione del futuro del nostro paese e di quello delle future generazioni.

…. E allora la domanda nasce spon-tanea: DI CHI LA RESPONSABILITA’ DI TUTTO QUESTO…. CHI AVRA’ LA RESPONSABILITA’ MORALE… CHI AVRA’ LA RESPONSABILITA’ CIVILE…. CHI AVRA’ EVENTUAL-MENTE ANCHE LA RESPONSABILITA’ LEGALE DI TUTTO QUESTO? Non cercatelo tra questa maggioranza ma tra coloro che con la loro opposizione e i loro comportamenti distruttivi dimostrano poco amore per il nostro paese, perché pensano soltanto alle prossime elezioni.

Il decreto reale del maggio 1942 ed altri documenti storici sono scaricabili dal sito comunale www.comune.caposele.av.it

a cura della redazione

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Page 31: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8331

Politica

D: mi scusi sindaco un’altra domanda nasce spontanea anche a me: ma voi come amministrazione cosa avete fatto per sal-vaguardare i nostri diritti su queste acque residuali?

R: Noi come amministrazione per af-fermare, per salvaguardare come dice lei, e per ricordare i nostri diritti alla Regione Campania e allo Stato, li abbiamo ribaditi in tutte le sedi. Presso lo stesso Assessorato competente della Regione Campania; nella conferenza dei servizi tenutasi nel mese di luglio di quest’anno a Roma, al Ministero dei Lavori Pubblici; nella conferenza dei servizi tenutasi a Caposele nel mese di settembre sempre dell’anno in corso ed organizzata dall’Autorità di Bacino; e in numerose altre riunioni e conferenze alle quali abbiamo avuto modo di partecipare.

Lo abbiamo fatto sempre a voce alta ed a schiena diritta sbattendo i pugni sul tavolo, perché consapevoli delle nostre ragioni e forti per i nostri diritti. E da ultimo, ma non per importanza, li abbiamo difesi facendo le nostre osservazioni scritte alla Regione Campania:

“Il Comune di Caposele, nella persona del Sindaco pro tempore dott. Pasquale Farina, trasmette per quanto di compe-tenza alle SS.ll. in indirizzo, verbale della conferenza dei servizi indetta dall’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Sele in data 6 settembre 2011 a Caposele, in merito all’istruttoria della richiesta di rinnovo della concessione di 3.63 med.mod. per la derivazione e utilizzazione di acqua pubblica dalle sorgenti Sanità nel Comune di Caposele.

Come si può evincere in detto verbale, il sottoscritto dott. Pasquale Farina ha evidenziato il diritto d’uso perenne su detti 3.63 med.mod. del Comune di Caposele e dei suoi abitanti in base alla Convenzione del 2 marzo 1905, intervenendo tra il Gov-erno e il Comune di Caposele e costituente la contro partita del riconoscimento da

parte del Comune del carattere demaniale delle acque.

Per tale ragione e sulla base del suddetto atto, il diritto del Comune di Caposele e dei suoi abitanti è perpetuo e irrinunciabile; esso d’altronde risale a tempo immemo-rabile.

È attualmente in corso il rinnovo della concessione di derivazione a favore dell’Acquedotto Pugliese SpA. Il comune ribadisce l’opportunità (necessità) che il diritto di cui sopra venga evidenziato nel dis-ciplinare di concessione al fine di agevolare la trattativa con la Società concessionaria.

Caposele, 10 ottobre 2011Il Sindaco dott. Pasquale Farina’’

Questo ci sembra il modo, e questa, a nostro sommesso avviso, insieme alla sot-toscrizione della convenzione con AQP, (come hanno consigliato vari maestri del diritto interpellati in tutti questi anni: vedi avv. prof. Maroi, avv. prof. Forti, avv. prof. Scoca, ed altri ancora con i quali il rapporto continua) è la strada maestra per non per-dere i diritti d’uso sui 363 l/s. Inoltre e a tal proposito ci sembra doveroso precisare che il rinnovo di concessione chiesto da AQP, e la stipula della convenzione, erano già previsti nel disciplinare del Regio Decreto del 1942. art. 4: (Durata della concessione)

“ ………. Qualora al termine della con-cessione persistano i fini della derivazione e non ostino superiori ragioni di pubblico interesse, essa sarà rinnovata con quelle modificazioni che, per le varie condizioni dei luoghi o del corso d’acqua, si rendes-sero necessario.”

Essendo un rinnovo facendo la con-venzione, i nostri diritti continueranno ad essere tutelati anche dal Decreto Reale (ma questa è materia giuridica sulla quale è in corso ancora un approfondimento).

D: Passiamo al 2° punto. Perché noi Caposelesi rischiamo di pagare l’acqua?

R: Come lei ben sa, e come spero sap-piano tutti, l’ATO entro il 31 dicembre di quest’anno deve pubblicare il bando per affidare il Servizio Idrico Integrato (SII) a un gestore.

Che cos’è il Servizio Idrico Integrato. Il SII è costituito dall’insieme dei servizi di captazione, adduzione, potabilizzazione e distribuzione d’acqua ad usi civili e di fog-nature e di depurazione delle acque reflue, secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità.

Anche se l’acqua non si paga, perché “bene comune”, il gestore farà pagare il Servizio da lui prestato, a tutti i cittadini di tutti i paesi, Caposele e Cassano inclusi (per chi ha dubbi chiedere al sindaco di Cassano, l’avvocato Vecchia) il che è come pagare l’acqua.

D: e allora cosa si può fare perché i cittadini di Caposele non paghino il Servizio e quindi l’acqua?

R: Il Comune di Caposele (insieme a quello di Cassano) già ha depositato istanza scritta all’ATO con la quale dichiara che intende continuare ad avere come gestore l’AQP. Questo perché nella proposta di convenzione con l’AQP, c’è l’allegato della sub distribuzione, questo allegato prevede e fa risultare , cove vuole la legge,con “un giro di posta” e quindi con soldi non nostri, che il Comune, e non i cittadini, paga il Ser-vizio e quindi l’acqua. Il nostro ulteriore impegno è quello che questo beneficio per noi cittadini di Caposele sia perpetuo. Concludendo possiamo affermare che non sottoscrivere la convenzione equivale a dire che tra uno-due, al massimo tre anni noi Caposelesi andremo a pagare l’acqua.

D: Cosa ha da dirmi sul 3° punto, e cioè che rischiamo di perdere circa un milione e mezzo di euro e altri benefici - agevolazioni?

R: A questa domanda è molto semplice rispondere, perché se non sottoscriviamo la convenzione come è successo dal 1942 al 1970, anno in cui fu fatta la prima con-venzione, i 363l/s continueranno ad arrivare in Puglia e il Comune di Caposele non percepirà un euro, non avrà la fruizione turistica delle sorgenti, non avrà un milione e duecentomila euro per il rifacimento di Piazza Sanità (tutte cose previste nella con-venzione) e perderà un’occasione storica di sviluppo, di prosperità (opere e servizi per i cittadini) e si vedrà sfumare l’opportunità di creare occasioni di lavoro per i suoi abitanti. Eppure allora, nel 1942, l’art. 3 “Garanzia da osservarsi” del disciplinare del Decreto Reale così recitava: “Inoltre

l’Ente concessionario dovrà provvedere a rendere esecutivo, a mezzo di apposito contratto con il Comune di Caposele quanto venne concordato il 21 febbraio 1940 presso la R. Prefettura di Avellino. in ogni caso l’esercizio della derivazione potrà iniziarsi soltanto dopo la stipula del suddetto contratto e la sua approvazione.” Nonostante ciò come abbiamo già detto per ben 28 anni i 363 l/s continuarono ad arrivare in Puglia senza che si sot-toscrivesse la convenzione, e quindi di conseguenza senza che Caposele avesse nulla in cambio. Io penso che la storia deve servire a qualcosa, perché come diceva Indro Montanelli: “Un paese che ignora il proprio ieri, non può avere un domani”. Volevo concludere parafrasando De Gasperi: qualcuno su questa questione sta facendo politica perché pensa alle prossime elezioni, noi invece vogliamo amministrare pensando al bene del nostro paese e quindi alle future generazioni.

D: Bella quella frase di de Gasperi. Penso di averle rubato già troppo tempo, quindi la saluto e la ringrazio.

R: Sono io a ringraziarla, perché era importante chiarire la posizione dell’Amministrazione Comunale, e met-tere tutto nero su bianco. Noi ci assumiamo le nostre responsabilità, altri che ostacolano e fanno “opposizione” dovranno assumersi le loro al cospetto del Paese e delle future generazioni.

Tanto per chiarezza ed a memoria. Colgo l’occasione per augurare a tutti i

cittadini di Caposele un BUoN Natale e UN FeliCe aNNo NUoVo!!!!!!!!!

appello alla cittadinanza ed al consiglio comunaleNON C’e’ PIu’ TemPO dA PeRdeRe !!

lA NuOVA CONVeNZIONe CON l’A.Q.P. deVe eSSeRe STIPulATASuBITO SeNZA RINuNCIARe A dIRITTI e PReROGATIVe

Il PD di Caposele, dopo molteplici incontri, manifestazioni e discussioni con la cittadinanza, tra gli iscritti e con l’Amministrazione comunale in merito al rinnovo della convenzione con l’A.Q.P., è giunta, già da tempo, a formulare alcune essenziali ed imprescindibili proposte :

• I CITTADINI NON DOVRANNO PAGARE L’ACQUA CHE UTILIZZANO. Dal 1° gennaio 2012 l’ATO CALORE IRPINO diventerà il gestore unico del servizio idrico provinciale ed uniformerà i pagamenti dell’acqua per tutti i comuni che avrà in gestione. La firma della nuova convenzione con l’A.Q.P. dovrà sganciare il Comune di Caposele dall’ATO CALORE-IRPINO, evitando che ai cittadini siano addebitati i consumi sull’acqua.

• IL COMUNE DI CAPOSELE NON DOVRA’ PERDERE I DIRITTI SULLA RISERVA D’ACQUA.I diritti perpetui sui 363 litri al secondo che il Comune vanta dal 1905 devono essere fatti salvi con la stipula della nuova convenzione, prevedendo in questa un richiamo alle vecchie convenzioni e non un annullamento delle stesse.

• L’A.Q.P. DOVRA’ VERSARE UN CONGRUO CORRISPETTIVO.L’attuale convenzione, in scadenza a maggio 2012, prevede la corresponsione di una somma annua complessiva tra trasferimenti diretti e rimborsi di circa 150.000,00 (centocinquantamila) euro, importo irrisorio ed insufficiente per coprire gli ingenti tagli degli ultimi anni da parte dello Stato. La nuova Convenzione dovrà prevedere un congruo corrispettivo, di gran lunga superiore al precedente, che possa servire alla crescita del nostro paese ed al benessere dei cittadini attraverso:- l’incremento dell’occupazione, ed, in particolare, di quella giovanile; - il rifacimento della rete idrica locale, e necessariamente quella rurale;- la riattivazione di progetti ed opere pubbliche bloccati per carenza di fondi;­ la previsione di benefici per la popolazione (abbattimento delle tasse comunali, aumento e miglioramento dei servizi sociali, scolastici ed urbani).

• IL COMUNE DI CAPOSELE DOVRA’ PRETENDERE IL VERSAMENTO DIRETTO ED IMMEDIATO DELLE SOMME PER IL RIFACIMENTO DI PIAZZA SANITA’.l’A.Q.P. dovrà versare direttamente al comune di Caposele la somma, che ammonta a circa 1.200.000,00 (un milione e 200mila) euro, per l’arredo di piazza Sanità, progetto il cui finanziamento viene promesso da anni ma che in concreto non si è mai proceduto a realizzare.

• IL COMUNE DI CAPOSELE DOVRA’ GESTIRE LA VISITA ALLE SORGENTI SANITA’ .l’A.Q.P. ha sempre reso problematico l’accesso dei visitatori alle sorgenti di Piazza Sanità: gli accordi dovranno prevedere la concreta fruizione turistica dell’area delle sorgenti, anche attraverso l’affidamento della gestione delle richieste e dell’afflusso dei visitatori al comune di Caposele. Se la convenzione rispetterà questi punti …… l’appello va a tutti i consiglieri comunaliunitevi e FATE PRESTO ….

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Page 32: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8332

Sport

Non so a quale anno sia arrivata la Corsa Campestre e mi auguro che a corollario di questo mio articolo si voglia mettere qualche dato statistico sulla Corsa dei Tre Campanili, che per quanto mi riguarda ho corso per la settima volta.

Questa gara che si svolge il 15 agosto e misura oltre 5 chilometri, rappresenta una sorta di sfida a sé stessi vista la difficoltà del percorso, ma soprattutto del periodo in cui si svolge, che ti vorrebbe riposato tranquillamente a bere un bicchiere di vino rosso sotto a una “cerza” o rilassato sulla riva del mare con la fidanzata che farai certamente arrabbiare per questa tua scelta di correre a Ferragosto anziché fare altro.

Vale la pena rinunciare a questo, per partecipare a una gara tanto dura, tanto complicata sotto gli occhi di tanti caposelesi pronti a tifare per te, ma anche a gridarti "mo passi tu, quiru frastieru già è passatu ra nu quart r'ora!” da qualcuno comodamente seduto davanti ai bar di Materdomini a gustarsi una birra fresca baciato dal sole leggero che se ne va a dormire dietro la montagna di fronte?

Secondo me sì! Almeno una volta nella vita quella della Corsa Campestre è un'emozione che va provata e anche ripetuta. Cerco di spiegarvi il perché, facendola rivivere a quanti non l'hanno mai fatta ..

Siamo alla partenza, primo pensiero: ng’ l’aggia fa, so nu paru r’iuorni ca mi mantengu e m’allenu…

Partiti, primo tratto dalla Pro Loco a Piazza Sanità: quanda gent’ ca vatt’ r' man, però puru stu piezzu quà nun par' ma è salita, fammi rallentà nu zicu sinò po’… Poi la discesa che porta a Tredogge dove incontriamo i primi sostenitori e cominciano i milleseicento metri di scalata: m’ttimu la prima e speriamu ca r’cosch’ ten’n.

Il tratto iniziale di salita è certamente quello più duro della gara, sia perché la pendenza è molto elevata, sia perché ti viene da dire..chi m’ l'ha fattu fà, quasi quasi tornu arretu!

Da questo punto in poi il gruppo comincia a sgranarsi e chi viene da fuori si allontana insieme a qualche locale particolarmente allenato, ma non tanto quanto si possa credere, infatti il distacco maggiore verrà inflitto soprattutto in discesa. Arriviamo al vecchio Liceo e siamo a un quarto circa della salita e questo tratto ti mette a dura prova, soprattutto nei pressi dell’ex Campo Didattico… mamma mia, è tosta, ma aggia strengi li riendi.

A dare manforte, dalla Farmacia Agricola Colatrella e attraverso tutti i Piani, ci pensa la gente pronta non solo a incoraggiarti, ma anche a darti un po' d'acqua e qualche limone da succhiare e il loro calore insieme alla pendenza che si fa più dolce fa sì che il passo in questo tratto aumenti diventando quasi un allungo che inevitabilmente poi dovrai pagare nel tratto successivo, nella zona Dace dove riprende

CORSa DEI tRE CaMpanILI: una GaRa COn tE StESSO

la fatica c’ callu ngi’anna es’s quaranta gradi, fammi respirà, ma è mmegliu ca nun mi fermu, rallentu sulu. Finalment’ si ver l’incrocio, vai n’atu pocu….

Ultimi metri, poi eccoci arrivati a Materdomini e la prima sensazione che si ha è quella che la corsa sia finita, anche se si è solo a metà gara. Ma ora il passo si fa veloce e si corre rapidi per il Corso spinti dagli applausi dei caposelesi e sotto gli occhi un poco stupiti dei turisti che si chiedono come mai ai primi che sono passati da cinque minuti nessuno batteva le mani e ora a questi tutto sto tifo, ignari dell’origine dei concorrenti.

Ma eccoci al corso passando davanti al Bar Roma, al Fandango e in particolare davanti al 7 Bello dove i tanti amici colleghi sono pronti a darci un'altra bella rinfrescata. Poi giù per Via Santuario alla cui fine ti mettono il timbro per dimostrare che sei passato di là, si gira e si risale .Ahisc', sta salita m'l'avìa scurdata, turnamu a mett' la prima…. Risaliti sul corso si riprende il giro e passare davanti alle bancarelle è ancora molto esaltante, ma arrivati davanti al Bar Gianna c'è un altro tratto in salita che, seppur breve, si fa sentire nelle gambe. Arrivati presso il Ristorante Sale e Pepe ho una sensazione come di transizione fino all’incrocio.

Ma eccoci, comincia la discesa… evvai mo sì che mi r'vertu. Aggia iè cchiù veloci ca pozzu.

La sensazione che si ha, facendo il tratto a scendere per Caposele, o quanto meno che io ho, è quella di una grande libertà, di gioia, il classico correre a briglia sciolta che ti fa tornare bambino. Tuttavia se da questo punto di vista è certamente il tratto più bello, da un punto di vista più strettamente tecnico ritengo sia il tratto più difficile e non è un caso che i primi classificati costruiscano i loro distacchi abissali soprattutto in questa parte.

Vedere correre qualcuno di loro per questo pendio è uno spettacolo: sostanzialmente sfiorano solo l'asfalto scivolandoci sopra, a differenza di noi del pallone profanamente prestati all’atletica che affondiamo sull’asfalto creando uno scuotimento che alla fine va a sfiancarci più della salita stessa.

Tuttavia, fino all'arrivo a Tredogge è tutta una festa: il saluto di ritorno ai Piani e a tutta le persone che trovi lungo il tracciato è veramente qualcosa di bello. Arrivati sul ponte si costeggia il fiume e passare per il campo, per il Chaplin ti da la sensazione di essere un maratoneta che percorre il giro di pista finale dopo aver corso i suoi quarantadue chilometri.

Arrivati all’autoscuola Casillo si risale verso la Pro-Loco, arrivi davanti al Wake-up e sbuchi sotto la gente affacciata dai muretti o seduti sulle grate ……… Non ci sono parole per me che riescano bene a far capire l’emozione che si prova nel percorrere il tratto che ti porta fino al traguardo, correndo tra due file di persone

che ti applaudono, ti sorridono, ti sfottono e ti stuzzicano.

Chi mi conosce sa che lo sport nella mia vita è da sempre un momento fondamentale e che di emozioni ne ho vissute tante, ma tra tutte queste gli arrivi alla Corsa Campestre, quella sensazione di avercela fatta sta certamente nei primi posti.

E non conta quanto tempo hai impiegato, così come non conta essere arrivato tra i primi o tra i pochi caposelesi che ne hanno preso parte. Partecipare alla Corsa dei Tre Campanili è di per sé già un successo.

…A ch' postu si arruatu? " Quartu r' Capussel " Sì ma ngimma a quanti? " Ngimma a cingu! Sì, ma si vulimi ess' precisi, p'mme so arruvatu QuARTu NGImmA A TRe-QuATT'CIeNTu, P'CCHÉ TuTTI QuIRI CA NuN l'ANN' FATTA SO ARRuVATI AdduReTu A mme!

Potresti trovarti a dare risposte del genere dopo la gara, perché realmente alla Corsa Campestre l'importante è partecipare, arrivare, farcela. Metterti alla

 

prova perché se non hai allenamento, ma anche tanto spirito di sacrificio arrivati a un certo punto ti fermi e torni a casa.

Proprio per questo, per il valore simbolico e tradizionale che questa corsa conserva, vorrei chiedere alla Pro-Loco di metterci ancora più passione nell'organizzarla, di pubblicizzarla di più, di farla conoscere meglio anche alle nuove generazioni, di affiggere un Albo d’Oro e i cronometraggi di gara, come fa molto bene l’ARS con la Stralaceno.

A parte questo, per chiudere,ripeto che la Corsa dei Tre Campanili rappresenta non solo un continuum con il passato e con la nostra tradizione, ma soprattutto una bella emozione che consiglio di provare a quanti non si sono mai cimentati su questo tracciato: anomalo, sfiancante, fuori dalle regole, ma vero e appassionante.

di Roberto Notaro

Roberto e Gerardo Notaro all'arrivo

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8333

Gente di Caposele

La conquista del la pari tà giuridica tra l’uomo e la donna passa attraverso due tappe fondamentali, distanti quasi

trent’anni l’una dall'altra: la prima è costituita dall'articolo 3 della Costituzione repubblicana, insieme alla conquista del suffragio universale; la seconda tappa è costituita dal Nuovo diritto di famiglia (1975). Negli anni sessanta emerge il contenuto più autentico del femminismo e si compie la piena affermazione della donna nel mondo del lavoro, sancita in Italia ufficialmente nel 1971 con l’entrata in vigore della legge che tutela le lavoratrici madri. In seguito a tali riforme si avverte l’esigenza di riorganizzare la società in chiave femminile, basti pensare che negli anni cinquanta le donne occupano la fetta più grande della manodopera nelle fabbriche e sono molto richieste per svolgere la professione di impiegate nel pubblico.

Verso la fine degli anni sessanta anche Caposele, seppur in maniera più lenta, avverte i primi segnali di tali cambiamenti che si rintracciano soprattutto nella sfera dell’educazione familiare, della formazione scolastica, del lavoro e persino nei comportamenti e nelle abitudini sociali delle caposelesi.

Il primo grande cambiamento è la conquista del diritto a un’istruzione completa, obiettivo perseguito con forza e determinazione da molte ragazze di

di Tania Russomanno

Caposele proprio durante la fine degli anni sessanta. Per le fanciulle di paese finalmente si concretizza il sogno di intraprendere una carriera professionale e di aspirare a vivere un futuro diverso da quello che finora veniva pianificato dai propri padri o dalla realtà sociale e territoriale che si presentava.

In passato la donna che conseguiva un titolo di studi superiore rappresentava l’eccezione in una società locale tutta strutturata intorno ai professionisti maschi. Invece, negli anni sessanta, aumenta sensibilmente il numero delle giovani caposelesi che fanno le valigie per spingersi oltre i confini locali e andare a vivere in una città dove è possibile conseguire un diploma – non essendoci scuole superiori a Caposele almeno fino agli anni settanta – o per frequentare l’Università. Le Facoltà di studio verso le quali le ragazze si indirizzano sono generalmente quelle di lettere e filosofia, essendo l’insegnamento la professione più ambita dalle donne poiché si concilia bene con la gestione della famiglia. Le studentesse caposelesi di solito si trasferiscono a Salerno, o a Napoli, le città universitarie più vicine al nostro territorio.

Tuttavia, rispetto ai maschi, poche vanno a vivere da sole. Di solito trovano una sistemazione presso abitazioni di amici e parenti, o presso le case di studio gestite da suore: insomma si cerca una formula di alloggio più appropriata all’esigenze della fanciulla di provincia, che ancora paga una

condizione di inferiorità rispetto ai ragazzi. Se nel passato la consuetudine dei piccoli centri imponeva alle donne di stare in casa con i propri genitori fino all’età matrimoniale, in seguito alle rivoluzioni sociali degli anni sessanta anche Caposele vede la scelta di molte ragazze di abbandonare il proprio paese per andare a conquistare le metropoli, che di sicuro offrono maggiori possibilità di lavoro.

Tante sono le donne che – in questa fase storica – emigrano per andare a lavorare nelle fabbriche del nord Italia. Altre ragazze con coraggio tentano la fortuna all’estero, scegliendo destinazioni lontane, quali la Svizzera, l’Argentina, gli Stati Uniti, luoghi in cui una volta trovato un lavoro ed una buona sistemazione faranno per sempre abbandonare la speranza di ritornare a Caposele se non da emigrate in vacanza.

Attualmente come si presenta la condizione femminile nel nostro paese? Ebbene è uno scenario completamente rivoluzionato in cui la società e persino la politica locale, si tingono spesso di rosa. L’inserimento della donna nel mondo del lavoro avviene a trecentosessanta gradi. Non ci sono più professioni esclusive degli uomini, nè pubblici uffici, cariche politiche o altro.

Oggi le giovani caposelesi diventano medici, avvocati, biologi, commercialisti, ingegneri, infermiere, ostetriche ed altro. Scelgono le città di tutta l’Italia per

frequentare le Università di ogni tipo e seguono i corsi di studi all’estero con il progetto Erasmus. Girano il mondo da sole o in compagnia, fanno esperienze di lavoro e master nelle grandi città europee, conseguono borse di studio, si specializzano ed organizzano la loro vita in funzione della propria carriera.

Anche i modelli di comportamento sono completamente uniformati a quelli dei ragazzi.

La dimostrazione più evidente sono i bar del paese – che prima erano una prerogativa degli uomini – e che oggi rappresentano il punto di ritrovo di tutti i giovani.

Molte donne di Caposele sono protagoniste della vita locale, sono moderne ed emancipate, piene di idee: si inventano i giochi estivi all’aperto, le giornate della pulizia del fiume, le rappresentazioni teatrali e tanto altro.

Molte di loro sono impegnate attivamente nel sociale, organizzano attività culturali dentro o fuori la scuola, tengono lezioni di catechismo e sono promotrici di eventi politici e culturali. Passeggiando lungo le strade principali di Caposele si può notare che molte attività commerciali sono gestite dalle donne, ereditate dai propri genitori o sorte grazie alla propria iniziativa.

In definitiva oggi la donna di Caposele vive al passo con i tempi tra le acrobazie della famiglia e del lavoro e incarna perfettamente gli aspetti e le qualità della donna moderna.

IN RICORDO DI VANIA PALMIERI Non mi piace fare l’elogio funebre di una persona per evidenziare, a volte anche in modo ipocrita, le virtù, le opere e le benemerenze guadagnate in vita. Vania Palmieri ha messo in luce con i suoi scritti la sua vera indole, i suoi più intimi sentimenti verso gli amici e a favore di chi soffre. Molti articoli ha scritto per ” la sorgente”. Ne ho preso uno a caso, scritto in occasione del venticinquesimo della fondazione del giornale. in questo articolo Vania considera Caposele come l’altro suo paese e nel quale il lettore, entrando nel suo intimo, può interpretare la profondità dei suoi sentimenti e la limpidezza delle sue idee. E ciò è sufficiente per capire chi era e come era Vania Palmieri.

Nicola Conforti

L’aLtRO MIO paESE di Vania Palmieri

Tornare indietro nel tempo,quando si sono passati gli "anta" ... è malinconicamente piacevole.

Il ricordo assume le sembianze di una persona amata che ci accarezza dopo averci detto addio. Attimi magnifici, momenti luminosi, situazioni meravigliose si rincorrono. Anche gli spaccati bui fanno la loro apparizione, ma vengono subito allon¬tanati perchè, ognuno di noi è il regista, il produttore, lo spettatore del proprio passato.

Oggi il gioco della memoria si snoda nelle strade e tra la gente della Caposele di circa 25 anni fa. Era il 1973! "La Sorgente" emise il suo primo vagito. Il mitico giornale, nato con l’impegno, la disponibilità l’amore dell’ingegnere Nicola Conforti si affacciò sul palcoscenico dell'editoria e, con semplicità e con modestia, quasi in punta di piedi, occupò il posto che, ancora oggi, egregiamente conserva.

Ci fu fermento a Caposele in quel tempo. Come sempre consensi e dissensi si dettero battaglia. Ognuno ebbe qualcosa da dire. Moltissimi gli orgogliosi per quella nascita, pochi gli scontenti e i nichilisti.

Nicola si compiaceva dei commenti costruttivi, incassava con stile le demolizioni. Deformazione professionale e grande amore per Caposele si scambiavano le parti, ma l’amore era sempre il protagonista

invincibile, l’eroe indiscusso. Intanto “la Sorgente” cresceva e dissetava residenti e figli lontani. Le sue acque dolci, gorgoglianti, tumultuose, pulite, incontaminate, arrivavano in tutte le case, portando sorsate di benessere, cascate di ricordi e nostalgie.

Già il nome era un trionfo. Caposele è un paese in cui le acque

genuine abbondano e si offrono.Basti pensare al grande Acquedotto che

di Pugliese ha solo il nome, ma che in realtà è l’Acquedotto del Sele, l’Acquedotto di Caposele. Io voglio volutamente sorvolare sulla grandezza di quest’opera e voglio, invece, ricordare le sorgenti della Sanità che, sfidando terremoti e costruzioni selvagge, sono sempre lì a raccontare la vita vera di un popolo e le leggende che, ormai, sono diventate storia.

Mi affascina ricordare Spartaco, l’eroe degli oppressi, che, forse, riposa proprio in un prato verde, cullato dal gorgoglio delle acque e dal cinguettio degli uccelli.

Mi fanno ancora sognare le scampagnate nel bosco e le lunghe chiacchierate con gli amici sulle panchine della Sanità, all’ombra degli alberi che narrano la giovinezza dei caduti della prima guerra mondiale.

Erano giovani semplici e pieni di entusiasmo. Mai, passeggiando nelle strade di Caposele, avrebbero pensato che le loro belle speranze si sarebbero scontrate con la realtà. Frantumandosi.

Mi fa tenerezza ricordare Lorenzo, l’uomo-bambino dagli occhi dolci, l’amico di

tutti, che, dopo ogni uscita de “La Sorgente”, lo portava orgogliosamente in tasca, perché il giornale apparteneva anche a lui.

Mi piace soffermarmi sulla signorilità di don Ciccio Caprio, il Sindaco di un tempo, di Vincenzo Malanga, l’insegnante poeta, di Don Alfonso Farina, lo storico ricercatore, di Ferdinando Cozzarelli, il grande avvocato,di Amerigo Del Tufo, il medico amato da grandi e piccini.

Tutti gentiluomini di un tempo che, con il pensiero, l’umanità, l’altruismo, la solidarietà, la professionalità, la competenza hanno gettato le basi per le generazioni della Caposele di oggi.

“La Sorgente” li ha avuti come lettori, collaboratori, sostenitori e, nei propri archivi, conserva oltre i loro scritti, le istantanee di un attimo particolare che, insieme a scorci di paesaggi, sagre di fusilli, visi di donne, vecchi, bambini, processioni, funerali, comizi, competizioni, disastri, cortei, sono il colossal più autentico , sono il vero grande romanzo storico che narra un paese, che narra Caposele. Sono felice di parlare di Nicola Conforti, instancabile competente ed accorto

direttore che, insieme a Mimì Farina, Angelo Sturchio, Manfredi Caprio, Antonio Conforti, Gerardo Cirillo, Gennaro Casillo sono stati magnifici momenti della giovinezza. Come “La Sorgente”essa è sempre presente nella mia vita e nei miei pensieri che, spesso, ritornano alla Sanità, nel Bosco, nelle strade di Caposele, un paese che, anche se solo per un soffio, è ancora l’altro mio paese.

DAL NOVECENTO AD OGGILA DONNA CAPOSELESE NELLA STORIA

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.83

Recensioni

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«Quello che l’Italia ha fatto al Sud, la Puglia ha fatto a Caposele», dice il sindaco dell’orgoglioso e risentito paese irpino, Pasquale Farina: «Ci ha rubato la ricchezza, il nostro tesoro, l’acqua». E bisogna sentire con quali termini e quale tono ne parla. Per l’ospite (onore immeritato?: sono pugliese; o forse per mostrarmi l’entità del delitto), aprono le porte del tempio: la camera di captazione della sorgente del Sele. Non si potrebbe, sono in corso dei lavori di manutenzione. L’assessore è architetto, mostra ammirato le opere di un secolo fa, efficienti, perfette come appena costruite. L’acqua erompe subito tanta, subito fiume e fiume grande, potente e prepotente: non esce dalla montagna, la sfonda, la sventra; il Sele è fiume che usa il monte, non ne è dono.

«Sino a cinquemila litri al secondo!», si gonfia la voce dell’assessore Salvatore Conforti. E prova a dargli torto, mentre quei cinquemila litri ti esplodono a un metro sotto i piedi, dall’utero di roccia del monte Paflagone. «Questo è il colore dell’acqua; il colore vero», mormora Nancy Malanga, dell’associazione di volontari (sono una decina, guidati da Antonio Ruglio) che cura le iniziative culturali, turistiche, legate alla sorgente. È un verdino trasparentissimo, tenue-tenue, che diventa riconoscibile soltanto nei vortici.

Per me, pugliese, non è una visita, ma un pellegrinaggio: sono nel santuario dell’acqua che ci cambiò il destino e la storia. È questa vena il dio che portò la vita nella mia regione, dopo millenni di sete (la Puglia è una scheggia d’Africa migrata a Nord. Pure quella...). Le donne della Murgia raschiavano acqua dai sassi, la raccogliev-ano nelle cisterne, la riadoperavano in usi a igiene a scalare, come si fa nel deserto, dall’uomo agli animali, dall’abitazione ai campi. “Esiste una scena significativa della fiction Rai su Giuseppe Di Vittorio” (il bracciante che fondò il sindacato moderno), ricorda Michele Ceres, sul periodico di Caposele, La Sorgente, in cui si mostrano “gli abitanti di Cerignola che si affannano, durante un acquazzone estivo, a raccogliere in grossi recipienti l’acqua piovana che scorre lungo una strada in lieve pendio. È difficile per noi di Caposele immaginare che una comunità possa vivere con poca acqua a disposizione”.

Mi torna in mente un aneddoto che Carlo Levi raccontò a Salvatore Giannella, per la rivista Il Mondo, quando qualcuno sparò alla statua di Di Vittorio, negli anni Settanta: il grande sindacalista pugliese compì il suo primo viaggio a Firenze, in treno, per un congresso. Nella stazione di arrivo, ebbe bisogno di usare il bagno. C’era una catenella; la tirò, per la maledetta curiosità che tradisce pure i grandi, e fu il disastro: vennero giù secchiate d’acqua che andarono perse nella tazza, senza che nulla si potesse fare per impedirlo. Un istante

Dal libro “Giù al sud”Come i terroni salveranno l’Italia

IL FuRtO DELL’aCQuadopo, tutto era finito; sparite anche le prove del misfatto. Ma Peppino Di Vittorio era di leggendaria onestà e andò a denunciarsi al capostazione: non immaginava di procu-rare contanto danno, tirando la catena... Il capostazione, superata l’iniziale perples-sità, gli spiegò che non c’era nulla di cui scusarsi: lo sciacquone era lì apposta per ripulire, ogni volta, la tazza dopo l’uso. «Ma erano almeno dodici litri di acqua!», balbettò il sindacalista, sconcertato. «Al mio paese, è la paga di un giorno di lavoro, per un bracciante».

Una terra senz’acqua viene arsa dal sole, si sbriciola in polvere che il vento solleva e il calore mantiene a mezz’aria. Orazio (“poeta latino”, ma era lucano di Venosa; mentre il primo “poeta latino”, Quinto Ennio, era pugliese, del Salento) diceva che l’afa della Puglia arrivava alle stelle. Le case delle mie nonne, dei miei zii, in campagna e al paese, lo ricordo bene (ero bimbo, adolescente, non parlo di secoli fa), avevano il pozzo da cui si attìngeva il tesoro idrico che vi si convogliava con la pioggia, dai tetti a mandorla, dalle feri-toie dell’aia concava, nella cisterna. Noi, invece, già trasferiti in città, aprivamo il rubinetto (ed eravamo i primi pugliesi nella storia della Puglia!); anche se non sempre al gesto corrispondeva il presunto ovvio: il flusso dell’acqua; che era poca, contingentata. Solo molti anni dopo la rete fu arricchita con gli apporti di altri bacini. Abitavo a Bari, il capoluogo della regione, avevo poco meno di 30 anni, moglie, due figlie, e la mattina, quante volte!, mi toccava fare la doccia con una bottiglia di acqua minerale (non è vero che non si può, è solo questione di metodo).

Ed ero già della generazione fortunata dei pugliesi: il Sele era stato catturato da più di mezzo secolo, ma gli si chiedeva troppo: irrigare i campi, dissetare quattro milioni di persone, alimentare le aziende della montante industrializzazione della Puglia, con impianti colossali.

«La fine della nostra ricchezza segnò la nascita della vostra», mi dice il sindaco.

Non è solo cronaca, è rimprovero. Ed è vero. Ti mostrano una foto d’epoca («Ecco com’era»): già a cominciare dalla bocca della sorgente, edifici affacciati sull’acqua vorticosa. E te li enumerano: mulini, tintorie, gualchiere per l’industria tessile... Caposele era uno dei centri più industrial-izzati dell’Alta Irpinia, con Sant’Angelo dei Lombardi e Calitri. Una eccellenza figlia dell’imponente quantità di acqua che sgorga da questi monti. Ai mulini di Caposele arrivava grano da macinare sin dalla Basilicata; e così per le gualchiere, dove le stoffe artigianali (specie di lana) venivano pressate e ingentilite a colpi di magli in legno azionati dall’acqua, per essere poi tinte e dilavate. Poco distante, le ferriere trattavano il minerale inviato dall’isola d’Elba. «Eravamo ricchi», bor-botta l’assessore, «d’acqua e per l’acqua»

E, ancora oggi, qui tutto gira intorno alla sorgente. Sorgente si chiama il mensile (corposo, ben fatto) di Caposele; “Sorgente del sapere” si chiama l’associazione che organizza gli eventi culturali, appog-giandosi pure alla libreria Pergamon di Michele Cetta, a Sant’Angelo dei Lombardi (l’unica, mi dicono,) e sull’attivismo di giovanissime volontarie del Presidio del libro, come Maria Stanco e Gerardina Giammarino (scopri che son già laureate, e bene. La seconda, in organizzazione di eventi cinematografici. Qui?).

Un ampio slargo asfaltato trasuda ac-qua: «La sorgente vuole fuggire», commen-tano. Ti mostrano la prigione: «Lì», sotto la parete umida e precipite del Paflagone, «c’era il laghetto che la sorgente creava; e oggi è chiuso da una copertura di cemento armato».

Il Sele non vede più il sole: imbrigliato in galleria, appena nato, scorre per 240 chilometri, sfruttando principi idraulici, meccanici, e pendenze minime che tengono l’acqua in continuo movimento, ma che a fine percorso non arrivano a 100 metri di dislivello, dai 419 di partenza. «Se butti qui dentro una barchetta di carta», dice l’assessore Conforti, «fra tre giorni, tanto

ci mette l’acqua ad arrivarci, la vedi uscire dalla bocca di Santa Maria di Leuca»: la punta estrema del tacco d’Italia, ultimo sasso di Puglia. Lì questa straordinaria opera di ingegneria genera la meraviglia finale: la cascata dal promontorio che si affaccia sull’incontro fra Adriatico e Jonio. Le acque residue, periodicamente, vengono sversate a mare, con un salto spettacolare. È il modo di spurgare la condotta, ma produce bellezza.

«Ancora oggi», continua l’assessore, «dopo un secolo, è il più lungo acquedotto del mondo (c’è chi dice solo d’Europa, adesso; nda), il terzo per portata d’acqua». Sono passati guerra e terremoti su questa vena, senza romperla. La palazzina costru-ita a sorvegliare la sorgente fu la prima in Italia, in cemento armato: è intatta; oggi la utilizzano i carabinieri. Mentre gli opifici, le case in pietra che compaiono nelle vecchie foto, non ci sono più. A parte il campanile, rimasto lì, come un cippo, a ricordare che Caposele, una volta, era in un altro posto, proteso sulla bocca d’acqua (la chiesa è stata ricomposta altrove, sasso per sasso).

«Lo presero per un pazzo», dice l’assessore. Parla dell’ingegner Camillo Rosalba (cui è intitolata la prima galleria), quando propose il suo progetto; il primo a concepire un’impresa che sembrava impossibile: captare acque a centinaia di chilometri di distanza, per dare alla Puglia i fiumi che non ha. Vinse la gara per dissetare la regione più arida d’Italia, ma non riuscì a veder realizzata la sua idea.

Fu un facoltoso ingegnere barese a riprenderne le fila, rivisitandola, e a con-cludere un accordo con il Comune di Ca-posele («Hanno venduto e ballano!», com-mentarono i vicini dei caposelesi, quando in paese si fece festa, per la cessione della fonte); i tempi per l’avvio dell’opera, però, scaddero senza che si iniziassero i lavori. E, tanto per rispettare le buone tradizioni nazionali, si finì a causa; e dovette suben-trare lo Stato, con il ministero dei Lavori Pubblici. Era il 1905: in cambio di 700mila lire, il Comune accettava che le acque del Sele divenissero demanio dello Stato; meno 500 litri al secondo, che avrebbero continuato a scorrere nell’alveo naturale (riducibili a 200, se la portata complessiva della fonte fosse scesa a meno di 4mila litri al secondo). A questo modo, la Puglia avrebbe avuto il suo acquedotto e i mulini, i frantoi oleari, le tintorie e le gualchiere dei caposelesi non si sarebbero fermati.

Ma se la fame non guarda in faccia a nessuno, figurarsi la sete... E qui scopro la storia che non sapevo. Ha ragione il

Pino Aprile durante la presentazione di "Terroni" a Caposele

di Pino Aprile

segue a pag. 35

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8335

sindaco di Caposele: la Puglia ha fatto loro quel che l’Italia ha fatto al Sud. Né è diverso il modo in cui la cosa è stata raccontata. Il Risorgimento è una fulgida cavalcata di visionari che realizzarono un sogno con la forza dei loro ideali (pec-cato abbiano dimenticato di dirci chi calpestarono, cavalcando cavalcando); e il colossale acquedotto fu l’esaltante risultato dell’incontro di uomini capaci di pensare e agire senza limiti: dall’ingegner Rosalba, al ministro Jatta, al barone Pavoncelli, tutti convinti che quando l’impossibile diviene necessario, l’impossibile non è più tale. Suona bene narrato così, no? I lavori cominciarono nel 1906 e nel 1915 l’acqua sgorgava da una fontana nel centro di Bari, forando l’Appennino dov’è più largo, scav-alcando orridi e gravine profonde centinaia di metri: bastarono dieci anni e si stupì il mondo (oggi, nello stesso tempo, non si fa nemmeno un marciapiede)! E noi così abbiamo appreso la fine della “naturale”, “atavica” sete di Puglia. C’è di che essere tutti fieri e contenti, no?

No. Io manco sapevo esistesse un paese che si chiama Caposele e che noi pugliesi gli avessimo rubato l’acqua; e loro fossero ancora incazzati! (Che senso ha che lo siano, dopo cento anni? Il senso che sono cento anni che ti prendi la mia acqua. Che senso ha parlare, dopo 150 anni, delle stragi e dei saccheggi di cui fu vittima il Sud, per unificare l’Italia? Il senso che sono 150 anni che quello stato di subordinazione costruito a mano armata viene mantenuto con la politica e le leggi).

Ha ragione Ceres, quando scrive che i pugliesi non sembrano “coscienti del fatto che la loro crescita si basa, tutto sommato, su ciò che i linguisti chiamerebbero un ossi-moro, ovvero un furto legalizzato”. Proprio quel che i meridionalisti (da Salvemini a Dorso, a quasi tutti gli altri, sino a Viesti, ancora oggi) hanno sempre rimproverato al Nord, cresciuto a spese del Sud, sot-traendogli “legalmente” (ma anche non legalmente) le risorse: dall’oro delle Due Sicilie ai fondi europei stanziati per il Mez-zogiorno e spesi in Lombardia e dintorni da Giulio Tremonti, ministro dell’Economia padana (abusivamente detta italiana).

Il potere contrattuale del Comune di Caposele, contro il ministero ai Lavori Pubblici prima e il vorace Acquedotto pugliese, poi (spalleggiato da decisivi uomini di governo pugliesi), era ridicolo. Fra i più tenaci sostenitori dell’opera c’era il parlamentare Antonio Jatta, pugliese di Ruvo, uomo di grande competenza e autorevolezza; ministro ai Lavori Pubblici era il barone Giuseppe Pavoncelli, pugliese pure lui (e dopo, durante il fascismo, per cinque anni, lo stesso incarico sarà affidato al barese Araldo di Crollalanza).

In molti brigarono per sottrarre ai caposelesi pure la residua portata a essi ri-conosciuta dal patto di cessione della fonte.

Ci furono riunioni a Bari, a Roma, ad Avellino, si fece un sopralluogo, “cui non partecipò il Comune, perché non invi-tato (che squallore!)”, nota Ceres (ma va! Proprio come oggi, quando alle riunioni per definire le norme federaliste, con cui rubare al Mezzogiorno pure gli spiccioli, non invitano nessuno del Sud).

E sarebbe stato strano che i ladri invitas-sero il derubato alla progettazione del furto!

Il 4 maggio 1939, la decisione è presa, lo scippo è compiuto: al Comune daranno un indennizzo di un milione e mezzo; 300mila lire agl’imprenditori che vedranno sparire le loro aziende. Caposele non ha più niente: né l’acqua di cui era così fiera, né il distretto industriale. È la fine di tutto. Il 27 maggio arriva in paese il prefetto di Avellino: deve salire in municipio per la firma dell’atto. Ma la popolazione insorge, fatto inaudito, durante il fascismo, vigilia della guerra. Le donne impediscono l’arresto dei loro uomini, opponendosi ai carabinieri; prefetto e autorità sono costretti a cercare riparo nel paese vicino. Nei giorni seguenti (si può dire: …calmate le acque?), i protagonisti della rivolta vengono arrestati e processati; il più attivo, don Pasquale Ilaria, mutilato di guerra, è confinato alle Tremiti, il maestro elementare Carmine Benincasa è trasferito d’autorità, su altri piombano pene inferiori.

Caposele, metafora del Meridione an-che in questo, è spoglia e domata. Pochi mesi dopo, con l’accordo dei ministeri della Guerra e dei Lavori Pubblici, l’Acquedotto pugliese può prendersi pure le acque rimaste comunali, ma solo di notte (come i ladri); tre anni dopo, anche di giorno (come i prepotenti). Passeranno trent’anni, prima che Caposele venga “parzialmente e irriso-riamente risarcito”, scrive Ceres. E spiega: “le acque di Caposele e di Cassano Irpino sono state destinate per la quasi totalità alle popolazioni pugliesi e lucane e solo in minima parte a pochi comuni della nostra provincia; quelle di Serino all’area metro-politana di Napoli; quelle di Calabritto e Senerchia al Cilento. Non una sola sorgente alimenta attività produttive locali. Ragion-ando per paradossi, è come se i caposelesi si appropriassero di un tratto di costa del Gargano per fruire degli utili connessi al turismo”. O come se la Lombardia vedesse il proprio bilancio gonfiato dal petrolio e dal gas estratti in Sicilia, Lucania, Calabria e Puglia. Come se.

L’acquedotto pugliese fu l’opera più imponente che venne varata per risarcire il Mezzogiorno, dopo decenni di razzia e drenaggio di risorse a favore del Nord (con leggi che imponevano tasse più alte a Sud e investimenti pubblici soltanto a Nord). Fu il frutto più ricco della diversa coscienza nazionale sorta grazie agli studi, all’impegno sociale e politico dei primi meridionalisti, che erano in gran parte settentrionali.

Non fu il solo, perché altre iniziative (come la legge per Napoli, poi estesa all’intero Meridione) fecero dei primi anni del Novecento, uno dei due soli periodi, nei 150 anni di storia unitaria (l’altro fu dopo la seconda guerra mondiale), in cui si ridusse quel divario fra le due aree del Paese, sorto a partire dal 1861. A riprova che, quando si vuole, si fa, si sa come, e si riesce.

Il Sele ora dà da bere ad alcuni in Luca-nia e Molise; a molti in Puglia. Ma la sete dell’Acquedotto pugliese è inestinguibile, perché ha captato anche le sorgenti del fiume Calore, nel contiguo Comune di Cas-sano Irpino, e le convoglia, dopo un viaggio di 15 chilometri attraverso una montagna e con una cascata, a ridosso della fonte del Sele. L’ente pugliese ha catturato pure

il fiume Fortore, con la diga di Occhito; e l’Agri, con l’invaso artificiale del Pertusillo; e il Sinni, con quello di Senise; e l’Ofanto, con la diga a Conza della Campania; e il torrente Locone, con un invaso sulle Murge; e le acque della falda sotterranea, ricchis-sima, ma a rischio, per eccesso di prelievo.

«Cinquemila litri al secondo...», con-tinua a borbottare, l’assessore-architetto, mentre li vediamo prorompere, quei cinquemila litri, convinti (se l’acqua potesse avere intenzione) di essere il parto della montagna che conquista la luce. Invece, no: l’acquedotto nega la luce alla sor-gente, che viene chiusa in tubi e condotte, come se la montagna-madre fosse lunga centinaia di chilometri, perché la nascita, la via d’uscita, si riduca a un miserabile rubinetto. Cinquemila litri al secondo: provate a immaginarli: cinque metri cubi, cinque tonnellate. Ogni secondo; contate: 1 (cinquemila litri), 2 (cinquemila litri), 3 (cinquemila litri)... E valutate in quanti secondi quei cinque metri cubi al secondo riempirebbero tutti gli ambienti della vostra casa, il palazzo. Questa è la potenza del Sele. E adesso, aprite il rubinetto, contate quanti secondi ci vogliono per riempire il bicchiere; ogni dieci bicchieri, un litro; e ora moltiplicate per cinquemila quel tempo; per milioni (i pugliesi, più un po’ di lucani e molisani) il vostro gesto.

I fiumi erano dei, un tempo: quando vedi la forza di quest’onda vergine, capisci perché. E quando la vedi imprigionata, costretta al buio e offerta in sacrificio alla sete della Puglia, comprendi quanto le dobbiamo.

«È santa questa fonte», dice l’assessore Conforti, «per via dei ritardi lungo il per-corso dentro la montagna, carsica, l’acqua sgorga alla sorgente con la sua portata mas-sima, proprio quando ce n’è più bisogno: in estate!».

I pugliesi sanno che c’è Caposele e cosa gli abbiamo fatto? Solo io lo ignoravo? «L’acquedotto ci ha persino reso invisibili», rivela l’assessore. «Il nostro paese non è riportato, nelle mappe militari, perché “obi-ettivo sensibile”: un attacco terroristico qui, contaminando l’acqua, colpirebbe quattro milioni di persone in Puglia».

La mia regione dovrebbe istituire un pellegrinaggio annuale alla fonte della sua ricchezza. E restituirne una parte generosa o almeno equa a Caposele. I nostri scolari delle elementari dovrebbero apprendere la prima lezione di cittadinanza pugliese alle fonti del Sele: la vita della loro terra sorge lì. Caposele è Puglia fuori Puglia; è sua madre.

E qualcuno dovrebbe raccontare loro cos’era prima la nostra terra, che i romani chiamavano Deserta Apuliae, deserti (al plurale) di Puglia. Da appena tre-quattro generazioni, il sogno dei pugliesi per decine di migliaia di anni è un fatto quotidiano così banale, che nemmeno si immagina la vita senz’acqua. Quelli della generazione di mio padre, che lo sapevano, per averlo vissuto, non ci sono più. E il miracolo quotidiano, passa inavvertito. Ci si dimentica pure di dire grazie...

«Non sappiamo nemmeno quali diritti abbiamo sulla residua quota di 363 litri al secondo», dice Conforti, «regolati da una convenzione fra il nostro Comune e

l’Acquedotto pugliese, che scade nel 2012, dopo un secolo». Ne parliamo alla vigilia del referendum (giugno 2011) contro la privatizzazione dell’acqua. «Quello che può accadere allo scadere dei cento anni è un mistero. Abbiamo consultato luminari, scavato negli archivi alla ricerca di docu-menti… Ma è come giocare a poker, senza neanche sapere qual è la posta. Potrebbe venir fuori qualche normativa europea che cambia tutto e annullare tutte le conven-zioni come quella nostra con l’Acquedotto pugliese».

Nel dubbio, loro hanno preparato una bozza; dentro c’è un po’ di tutto: la richiesta di soldi (1,5-2 milioni all’anno, che per il Comune sarebbero tanti, visto che non ne hanno nemmeno per chiudere le buche nelle strade. «“Sono pochi, chiedetene 10”, ci dicono alcuni, in paese», riferisce Conforti. «come se la questione fosse quanti prenderne, non quanti riuscire ad averne»); di investimenti, infrastrutture («Il nostro territorio è franoso, ha bisogno di opere di consolidamento. Il gran piazzale dinanzi alla sorgente, sistemato e attrezzato, tornerebbe utile per iniziative turistiche. Sarebbe tutto lavoro per il paese»); di energia («La cascata delle acque di Cas-sano, un salto di 45 metri, a ridosso della nostra sorgente, potrebbe alimentare una centrale idroelettrica e fornire energia gra-tuita per usi civili, industriali»); di poteri («Se ci dessero la gestione della “casa” della sorgente, potremmo sfruttarla a fini turistici. Oggi è chiusa al pubblico e ogni volta, noi stessi, per farci aprire la porta e mostrare la nascita del fiume a qualche visitatore, dobbiamo chiedere il permesso all’Acquedotto pugliese, a Bari». Capisco di essere stato un privilegiato).

Per la prima volta, il Comune trova nei dirigenti dell’Acquedotto e nel presidente della Puglia, Nicky Vendola, interlocutori disponibili. Dopo cento anni.

Ha ragione il sindaco di Caposele: mentre il Sud recupera la memoria e chiede conto al Paese e al Nord di quel che gli è stato sottratto e gli ha impedito di evolversi come avrebbe potuto, Caposele riscopre la storia della sorgente rubata, di una possibilità di sviluppo che era avviata e fu distrutta. E la risorta coscienza mostra diritti negati. Nel rispetto dei quali, c’è la possibilità di futuro e rinascita. Perché, chi vuole equità, deve darla.

E poi dicono che la storia non serve a niente.

Recensioni - Pino Aprile "Giù al SUD"

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.83

Attualità

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Nanà? La ricordate la storia di una donna ghanese, raccontata qualche tempo fa da Marco Travaglio in TV? Sembra una fiaba del Terzo

Millennio. Una principessa “tribale” del Ghana, vissuta da clandestina per 18 anni in Italia (a fare la colf al Nord), dopo aver raccolto risparmi a sufficienza, ha lasciato definitivamente l’Italia e con molti di quei risparmi ha realizzato un pozzo artesiano per la sua tribù.

A parte ogni altra considerazione sull’immigrazione clandestina, Nanà rappresenta plasticamente la contraddizione di un mondo globale spaccato in due, in cui una cospicua minoranza privilegiata allegramente si disseta con acque minerali pregiate e costose ed una corposa maggioranza di diseredati tenta ancora di approvvigionarsi d’acqua scavando pozzi in territori ormai desertificati.

In entrambi i casi l’acqua è una merce di cui, purtroppo, un mercato di sei miliardi di esseri umani non può fare a meno, a prescindere dalle condizioni economiche di ciascuno.

L’immagine è indubbiamente orwelliana ma è tutt’altro paradossale, perché va spiegato come mai un bene offerto dalla Natura a costo zero debba approdare ad un “qualcosa che, comunque, è un mercato”.

Se queste sono le premesse c’è da chiedersi se nella civilissima Europa sia maturo il tempo per darsi una regolata, fermarsi per un momento e riflettere.

Questo è un obbligo innanzitutto che devono sentire i partiti europei iscrivendo all’ordine del giorno dei loro congressi la questione “Acqua” che è diventata ineludibile.

Se non si discute anche di questi problemi in congressi di partito in un’epoca post-ideologica, di cosa mai si potrebbe parlare per dare assicurazione al cittadino comune che non è per niente entusiasmato da schemi bipolari, da ingegnerie istituzionali e da leaderismi ontologici?

Ora se questo mondo (quello che conta) si attesta sulla teoria della mancanza di alternativa al consumismo, pur di non riformulare comportamenti e modelli di vita “globali”, si può almeno convenire sulla constatazione che sul Pianeta è in corso una guerra per il controllo politico delle risorse naturali in senso lato?

Qui non centra più né la Destra, né la Sinistra e nemmeno il Centro ma il solo buonsenso.

L’evidenza dei fatti, in effetti, ci svela che la società globale, intesa come comunità di possessori, produttori, commercializzatori e consumatori innanzitutto di risorse naturali, sa che queste non sono in una nostra disponibilità illimitata, per cui più si va avanti, più le regole economiche della domanda e dell’offerta tendono a problematizzarsi e a concretizzarsi come mezzo e fine di una questione.

Il caso dell’acqua è, da questo punto di vista, emblematico ed è allarmante che

di alfonso Merola

l’Occidente rimuova la specificità del problema che a tutti gli effetti, già ora evidenzia la punta di un iceberg che dovrebbe preoccupare non poco.

Noi tutti, ad esempio, viviamo in un epoca in cui i conflitti oltre ad essere quotidiani, sono esportati addirittura in nome della democrazia. Nessuno, però, si rende conto che già ora questa vilissima risorsa naturale scatena conflitti inimmaginabili.

Di questi conflitti, qui in Occidente si sa ben poco perché qui le tecniche mediatiche per mercificare una risorsa sono abilmente veicolo di un lento processo di metabolizzazione culturale che, per maturare indisturbata, deve essere depurata dalle notizie allarmanti che provengono dal Sud del mondo.

La notizia che non deve fare notizia è che altrove si muore per mancanza d’acqua, che ci si ammala per l’acqua malsana ingerita e, quel che è peggio, che a milioni di esseri umani è inibito l’accesso a questo bene.

In Africa chi tenta di accedervi lo fa a suo rischio e pericolo e, talvolta, ci rimette la pelle: lottare contro la morte per sete conduce spesso, comunque alla morte.

In Ecuador, Uruguay, Perù, India sono tuttora in corso manifestazioni violente contro i tentativi di privatizzare acqua e servizi idrici: il tutto avviene con la sponsorizzazione di un Fondo Monetario Internazionale il quale, pur di rientrare in possesso di crediti vantati, brandisce il debito pubblico come grimaldello per scassinare le risorse naturali inalienabili.

Quale meraviglia, allora, se l’Occidente è percepito in quei territori come un usuraio che spoglia sub-continenti interi delle già limitate ricchezze (e non solo), usando il braccio armato delle multinazionali dell’Acqua che hanno un nome e un cognome…?

Vivendi, Lyonnais des Eaux, Thams Water, Saur, Rwa, Bechtal, Acea, Nestle, Danone, Coca-Cola, per noi sono nomi rassicuranti ed evocano una modernità apprezzabile, ma in Africa, Asia ed America

del Sud non sono meno odiati delle Sette Sorelle del Petrolio e dei Bush, dei Rumsfeld, dei Cheney…

Anche nel caso dell’Acqua, come dice Padre Zanotelli, essi si muovono in rete, in una ragnatela di relazioni tutte negoziate da organismi le cui sigle suonano come una congiura di potenti contro i diseredati della Terra (WBD,WTO, FMI, BEI, G8, G7, etc).

Il controllo delle fonti e dei corpi idrici (sorgenti, fiumi, laghi, etc.) e dell’intero ciclo dell’acqua (accumuli, dighe, trasferimenti per scopi energetici, agricoli, industriali, civili, etc.) produce cartelli monopolistici, non diversamente da quelli del petrolio.

I burattinai di tante tensioni hanno dimora in U.S.A., U.K., Francia e i moderni luoghi dell’Olocausto si chiamano: Golan, Africa, Irak, Albania, Kurdistan…

La Bechtal americana, cacciata dalla Bolivia a furor di popolo, oggi è in Irak a smuovere le acque del Tigri e l’Eufrate con tanto di mercenari di tanto in tanto sgozzati che rientrano, da morti, con gli onori militari.

La francese Vivendi sguazza in almeno 100 Paesi del Globo e non gestisce solo l’acqua, ma telecomunicazioni, rifiuti, energia elettrica e altre cosucce. Lyonnais dei Eaux passa il tempo tra la Francia, la Padania e l’Africa a colpi di scandalo e corruzione…

Perfino la domestica Acea, da fiore all’occhiello della sinistra italiana approdata a società miste in cui c’è di tutto (Lyonnais, …….Impregilo, Caltagirone, MPS, etc.) ha come pied à terre gli ATO italiani ed i suoi paradisi in Albania, Caucaso, Perù, Equador, Honduras.

Che cosa muove questi colossi economici che ritroviamo dovunque ci sia uno sconvolgimento geopolitico in atto?

La risposta ci fu data qualche anno fa dalla italiana Enel, quando tentò sfortunatamente il matrimonio con l’ex EAAP (oggi AQP).

Disse il Presidente dell’ENEL che “quella fusione di Stato avrebbe permesso all’imprenditoria italiana di partecipare da grandi” alla conquista di un mercato

polivalente e globale…..La constatazione di Enel era pura e

semplice: l’eccessivo consumo idrico e il galoppante inquinamento indicano una crisi epocale che cambierà la nozione stessa di diritto all’acqua, tal che domanda elevatissima, offerta limitata apriranno al mercato delle vere e proprie autostrade in cui a vendite globalizzate corrisponderà necessariamente la massificazione dei profitti.

Governare la mercificazione, quindi, sembra un obiettivo a portata di mano nei paesi in via di sviluppo, per quanto accennato innanzi, ma è più problematico nell’Occidente proprio là dove è più matura la massificazione dei profitti.

E qui, allora, il progetto non può essere che di medio termine nel senso che esso va costruito in modo “soft” magari associando istituzioni e mondo economico nell’assalto al mondo e chiedendo in cambio l’avvio di una liberalizzazione consensuale…

Nei paesi sviluppati, infatti, dove è forte la memoria storica della gestione pubblica dei servizi idrici, i processi possono essere diretti solo da Stati e dalla loro Unioni supportati dai soliti organismi internazionali. L’ottica è quella della liberalizzazione totale dei mercati (inclusi quelli a privativa pubblica) in cui la concorrenza è assunta come unico “valore” di riferimento per modernizzare un sistema. La filosofia è essenzialmente scarna: modernizzazione significa prevalentemente obbligo da parte delle istituzioni (comunitarie, nazionali, regionali e locali) di ritirarsi dai ruoli imprenditoriali in quanto estranei alle loro funzioni.

Poco conta, a dire dei sostenitori della privatizzazione, se le reti infrastrutturali sono pubbliche e poco importa se le fonti di approvvigionamento, per ragioni che sono del tutto evidenti, siano demaniali. Il business si poggia su tre considerazioni.

1) Le concessioni governative a derivare risorsa idrica sono abbordabili dal punto di vista economico e tali devono restare.

2) La spesa per le opere di protezione alle aree di salvaguardia sono totalmente incluse nella tariffa a corrispettivo (se non addirittura a carico dello Stato, quando le emergenze ambientali esplodono).

3) La proprietà pubblica delle reti infrastrutturali obbliga a investimenti manutentivi ordinari e straordinari, sempre transitanti nella tariffa (e se opportunamente manovrati dà quel “quid” in più alla remunerabilità del capitale investito e profitto dell’impresa).

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Continua sul n. 84

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8337

Dall'Australia

L’Ufficio Federale Della Sicurezza Sociale e del Collocamento al Lavoro, riconosce il diritto al lavoro a ogni persona maggiore di 15 anni di età, cittadino australiano o residente in Australia. Una persona avente diritto al lavoro che rimane disoccupato per oltre 15 giorni, ha diritto al Sussidio di Disoccupazione dal sedicesimo giorno in poi e viene erogato per tutto il tempo in cui rimane disoccupato.

Per percepire i l Sussidio di Disoccupazione bisogna che lo si chieda all’Ufficiale dell’Ufficio della Sicurezza Sociale. Il disoccupato quando trova lavoro, senza l’ausilio dell’Ufficio di Collocamento, é obbligato a informare, pena severe sanzioni penali e pecuniarie, l’Ufficiale dell’Ufficio di Collocamento. Accennerò qui di seguito ad alcuni modi con cui gli italiani hanno trovato lavoro in Australia.

I nomi di persone e di località, nel seguente racconto, sono fittizi.

Il Signor Ciaciullo il giorno dopo del suo arrivo in Mos Vale, vicino Sydney, era domenica, vide un signore, ben vestito, che stava continuando lo scavo di una conduttura lungo il marciapiede di una strada comunale del nuovo paese.

Ciaciullo nota subito che quel Signore non sa adoperare bene né il piccone né il badile. Pensa che é il momento buono per iniziare a lavorare in Australia. Siccome non sapeva l’inglese, senza proferir parola, si toglie la giacca, la rivolta, la piega e la poggia su di un sasso pulito per non farla sporcare, vi poggia su il cappello, si accorcia le maniche della camicia e dei pantaloni, scende nel fosso afferra il badile e si mette a spalare il terreno scavato.

Quel Signore si gira, ringrazia il Signor X che gli sta dietro per il gesto generoso, e gli dice che non può accettare il suo aiuto. Ciaciullo lo guarda in viso con la bocca aperta, ascolta, ode tutto, non capisce niente e fa soltanto: “ Ah... “e riprende a spalare. Finito di spalare, con garbo prende il piccone dalle mani del Signore e si mette a scavare con foga; anche per dimostrare che quel lavoro lo sapeva fare molto bene.

Il Signore cerca di fermarlo dicendogli cert’altre cose ma, infine, si arrende perché capisce che stava parlando a un sordo muto o, peggio, perché Ciaciullo non essendo sordo muto, non capiva nemmeno la lingua del sordo muto.

Ciaciullo seppe poi che quel Signore era il sindaco del paese! “ ...rca Madonna.’ E si era messo a scavare perchè aveva fretta di finire i lavori di conduttura per la fornitura dell’acqua potabile alle nuove Scuole Elementari e anche per protestare contro lo sciopero, indesiderato e verso la incomprensione dell’Unione Sindacale Federale.

Il comportamento del Signore straniero gli aveva procurato molti grattacapi e che aveva dovuto lavorare duro per convincere il Sindacato che il Signor straniero era

CAP.V (in parte)appena giunto in Australia ed era allo scuro di tutto e completamente incapace di comunicare in lingua inglese. Ciaciullo si dispiacque molto, ma oltre a ciò non poté fare altro. Ora, per ciò che era accaduto, Ciaciullo era seriamente preoccupato.

Ora per lui era svanita la possibilità di trovare lavoro subito e guadagnare il danaro essenziale per vivere dall’oggi al domani. Ma il Sindaco che aveva bisogno di grandi lavoratori come Ciaciullo, riuscí anche a farlo occupare. Ciaciullo concluse che in Australia aveva trovato una ricca gatta nel sacco.

Presso le giovani Acciaierie Australiane di Port Kembla negli anni 50 inizió un periodo di Ammodernamento degli impianti siderurgici, che era stato deciso in conseguenza della Risoluzione della Politica Federale di aumentare la popolazione australiana. Per cui vi fu l’assunzione al lavoro, mi ha raccontato uno dei tanti rifugiati politici provenienti dall’Inghilterra con cittadinanza polacca, ucraina, ungherese, eccetera.

Per un certo periodo di tempo, ripeto, l’assunzine al lavoro avvenne in maniera molto singolare.

Il folto numero di lavoratori stranieri che ogni lunedí si presentava alle Acciaierie di Port Kembla per chiedere lavoro, non sentirono il bisogno di parlare in inglese e tanto meno (The Australian Bush Language) la lingua parlata dagli australiani, emigrati anche loro dal bosco in cittá.

Non avevano nemmeno bisogno di aprir bocca. Un signore, addetto, diciamo in gergo militare, al reclutamento e smistamento nello stadio di preassunzione guardava e squadrava ciascun dei richiedenti, li faceva allineare l’uno a fianco all’altro e li visitava tastando i muscoli delle loro braccia. Quelli considerati idonei al tipo di lavoro da svolgere, li affidava a un altro Signore, quelli scartati, con un segno della mano destra col palmo rivolta verso il corpo e il dorso verso l’esterno, faceva loro un gesto che tutti chiaramente capivano voler dire: “ Non idoneo. Vai via” .

Quelli idonei venivano condotti davanti all’Ufficio Assunzioni e i dati anagrafici di ciascuno di loro venivano rilevati dal passaporto.

La maggior parte degli immigrati singoli o con famiglia venivano alloggiati in Baracconi militari che consistevano in strutture di lamiere zincate corrugate in cui il tetto fa da muro e il muro fa da tetto.

Con l’arrivo in massa degli emigranti all’interno di questi casermoni per militari vennero ricavati degli ampi dormitori per singoli e piccoli appartamenti per famiglie con due camere da letto e un piccolo soggiorno.

Agli inizi furono pochi quelli che trovarono alloggio presso famiglie che abitavano in case normali dette “ Case della Commissione (Commision House); simili a

quelle dell’INA CASA in Italia. Le Case della Commisione per

la maggior parte a pian terreno, consistono in una ossatura di legno con tetto formatoper la maggior parte di lamiere zincate ed i muri consistenti pure in ossatura in legno duro coperta all’interno da pannelli in fibra di amianto impastato col cemento e l’esterno coperta con tavole di legno disposte orizzontalmente o con gli stessi pannelli in fibra. La casa poggia su pilastri in mattoni di forma quadrata con lato di (30 cm.) L’altezza standardizzata dei pavimenti dalla linea di terra é di trenta centimetri (cm.30).Tra pilastro e trave portante viene posta un lamiera zincata quadrata di cm. 35 di lato e con funzione di isolante dall’umidità dei mattoni. L’ossatura della casa, compreso il tetto, costituisce unico blocco, intero; non scomponibile; come una grossa scatola che viene poggiata su pilastri appositamente disposti.

Usualmente le case vengono costruite sul posto ma possono essere costruite anche altrove e poi trasportate sul posto. Diciamo per il novanta per cento esse sono antisismiche ma infiammabili.

Nel decennio del 1960 arrivò in Australia il tipo di casa con rivestimento esterno in mattoni ( Brick Venir). Il rivestimento in mattoni non ha funzione portante e viene stabilizzato collegandolo ogni tanto all’ossatura in legno della casa con strisce

di ferro zincato di circa un millimetro di spessore e separato dall’ossatura in legno da una intercapedine di circa cm.5.

Questo tipo di casa non é trasportabile.É anche interessante sapere che

moltissimi degli Emigranti Italiani odiavano vivere nei vecchi baracconi militari in lamiere; non soltanto per la qualità dell’alloggio, freddo in inverno, bollente in estate, ma anche e soprattutto per la qualità delle vivande di stretta tradizione australiana, che, per la maggior parte consisteva in bistecche e salsiccia di carne di pecora arrostite alla piastra di ferro rovente condita con soltanto un pizzico di sale o con una speciale salsa per carne arrostita. Eccetto per gli australiani e per alcuni italiani, gli altri, per la maggioranza, l’odore emanato da questa pietanza, veniva descritto semplicemente come stomachevole tanfo o puzza. Una pietanza decine di migliaia di chilometri lontana da quella lasciata in Italia.

ItaLIanI In auStRaLIa - aLCunI DatI StatIStICI.

I dati dell’ultimo censimento, 2001, rivelano che a quel tempo vivevano in Australia 218.718 nati in Italia e 800.256 discendenti di italiani. la popolazione nata in Italia o con origini italiane superava dunque il milione e rappresentava poco più del 20% dell’intera popolazione cattolica in Australia (5.000.451).In questo campione, 353.603 avevano indicato come lingua preferenziale usata in famiglia la lingua italiana. l’uso della lingua, per fasce d'età, era cosi’ distribuito: 5.391 (0-4anni), 10.312 (5-11 anni), 15.852 (12-19 anni), 127.178 (20-49 anni), 74.287 (50-64 anni), 89.671 (65+ anni). da notare il numero rilevante di quelli nella fascia dai 20 ai 49 anni. essi rappresentano infatti le ultime ondate dell’emigrazione italiana in Australia insieme a coloro che hanno mantenuto un uso attivo della lingua madre. Nonostante i valori, paragonati a censimenti previ, manifestino un declino in atto, la pastorale per gli Italiani di lingua italiana non è destinata a scomparire in pochi anni, come alcuni sembrano ritenere.la maggiore concentrazione di coloro che usano tuttora la lingua italiana si trova negli stati del Victoria (melbourne) con 149.140 e del New South Wales (Sydney) con 96.813. In tutti gli altri stati i livelli sono minori.

da uno studio dell'ASEI - Archivio Storico Emigrazione Italiana

la concentrazione nel mondo degli emigranti caposelesi

GLI ITALIANI EMIGRATI IN AUSTRALIA

Continua sul n. 84

di Giuseppe Ceres

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Page 38: SORGENTE N. 83

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8338

Anniversari

Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario dell’istituzione dell’Istituto Superiore “Luigi Vanvitelli” di Lioni.

Istituito come sezione staccata nell’anno scolastico 1960-61 dell’Istituto Tecnico per Geometri “Amabile”di Avellino si è, nel tempo, arricchito, a seguito di razionalizzazioni e dimensionamenti, di altri importanti indirizzi come Ragionieri e Ragionieri Programmatori, Elettronici, Meccanici ,Chimici dell’ex Professionale “Meucci” e, da ultimo, dell’Alberghiero con Cucina, Ricevimento e Turistico secondo la vecchia articolazione.

Senza cadere in facili trionfalismi, il Vanvitelli, con tutti questi indirizzi, può, a ragione, essere considerato un vero e proprio polo tecnico professionale dell’Alta Irpinia, punto di riferimento per la formazione tecnico-professionale al servizio di un vasto territorio che interessa anche le province di Salerno e Potenza.

Mi corre, inoltre, l ’obbligo di sottolineare che il Vanvitelli, unica scuola della Provincia di Avellino, risulta tra i soci della Fondazione costituita presso il Villaggio dei Ragazzi di Maddaloni con altre scuole della Campania,Università, Enti di formazioni,Aziende di livello nazionale operanti nel campo dei trasporti, per la gestione di un ITS “Mobilità sostenibile”, uno dei pochi in Italia ed il primo in Campania ad avviare l’attività didattica che nel corso di due anni dovrà portare al diploma di tecnici superiori tanto richiesti dalle aziende, il futuro della formazione tecnica in Italia, sul quale tanto sta puntando il Ministero.

Per questo, e non solo, abbiamo ritenuto opportuno ricordare l’evento del cinquantenario con un programma di appuntamenti per i quali sono mobilitate le migliori energie della scuola d’intesa e con il supporto non solo del Collegio dei Docenti, del Consiglio d’Istituto neo eletto ma anche del Collegio dei geometri di Avellino e di altre Istituzioni che hanno già dato il loro patrocinio.

Rinviando ad altra sede un ‘informativa dettagliata sul programma che si concluderà nel mese di aprile con una grande adunata di ex docenti ed ex alunni, oggi affermati professionisti, e con la costituzione di un’associazione di ex del Vanvitelli che non deve assolutamente risolversi in una nostalgica e goliardica quanto simpatica iniziativa, ma deve essere un’occasione per rinsaldare antiche amicizie, riscoprire rapporti appannati dal tempo, costruire nuove solidarietà proiettate nel futuro ma saldamente ancorate agli anni più belli che sono quelli dell’adolescenza e dei banchi di scuola.

Non posso fare a meno, però, di ricordare come il Vanvitelli nel cui organico sono passati illustri professionisti e straordinari docenti che hanno fatto la storia non solo dell’Istituto come Marinaro, Conforti, Porciello, Di Mattia, Cantabene, Persico, De Nicola, Dell’Api ( tanto per fare alcuni nomi e chiedendo scusa a tanti altri per la mancata citazione),

abbia rappresentato la fucina di tanti valenti professionisti che si sono distinti nei vari campi in Italia e che hanno contribuito alla ricostruzione dei paesi dell’Irpinia colpita dal Sisma dell’80.

Giovani, di Lioni e dell’Alta Irpinia, che senza l’opportunità formativa del Vanvitelli sarebbero quasi certamente stati destinati, nella maggior parte dei casi, a rinunciare agli studi e a ricoprire ruoli marginali.

Non mancheranno occasioni per un più puntuale ed organico intervento sull’argomento, mi limito, in questa sede, a qualche spunto di riflessione, naturalmente molto parziale e meritevole certamente di ulteriori adeguati approfondimenti, sullo stato della scuola in Italia con particolare riferimento al nostro contesto e al nostro impegno come comunità educante del Vanvitelli a dare risposte concrete non solo alla crisi che sta attraversando la scuola ma soprattutto alle attese e ai bisogni dei giovani e del territorio.

Tutte le indagini, non esclusa quelle dell’OCSE PISA e dell’INVALSi, hanno consegnato un livello culturale della nostra scuola certamente non esaltante che la collocano abbondantemente al di sotto della media europea e mondiale.

I livelli nelle competenze base di italiano, matematica e inglese nelle scuole del centro sud sono modesti e sono al centro del dibattito non solo degli addetti ai lavori perché è sempre più diffusa la consapevolezza che la competizione non è più a livello provinciale ma certamente europeo e sul piano della qualità.

D’altronde i giovani e la scuola che li accoglie, riflettono l’immagine di una società profondamente in crisi in quanto sono saltati i punti di riferimento tradizionali che sono stati alla base della crescita e del consolidamento della nostra società.

Sono in crisi le famiglie, le parrocchie, i partiti politici, le altre agenzie educative.

In particolare, tralasciando gli altri settori e concentrandoci sul pianeta scuola non possiamo non prendere atto che essa corre il concreto rischio di essere superata dagli altri mezzi di informazione, di non essere al passo dei tempi in una società in rapida tumultuosa trasformazione, di ridursi a svolgere un ruolo di retroguardia limitandosi ad una funzione, che pure nel passato poteva avere una sua giustificazione ed un suo significato storicamente comprensibile, informativa ed addestrativa.

In fondo, in una società complessa, tecnologicamente avanzata e globalizzata, caratterizzata da una eccessiva pervasività degli strumenti mass-mediali, la scuola non può certamente concorrere con gli altri agenti dell’extra scuola nell’informare di qualcosa o nell’”abilitare a far qualcosa” . In questo ruolo le tecnologie informatiche, i servizi pubblici, i giornali, la televisione, i gruppi di volontariato, le imprese riescono a dare una congerie di informazioni a cui la scuola non riesce a stare dietro.

Ma quello che l’extra scuola non riesce,

non vuole, o non può fare, è formare una coscienza critica,fornire un metodo critico.

Ed è proprio questo l’alto ed insostituibile ruolo della scuola, nuovo ed antico insieme, educare le menti dei nostri ragazzi a criticare la massa di informazioni e di abilitazioni apprese, a saper valutare la loro validità per la vita, a saperle sistematizzare, a saper governare, insomma, i processi e non essere travolti da loro.

Serve, quindi, ben altro : una scuola di qualità che abbia una progettualità formativa alta in grado di riscoprire appieno la sua missione che è quello, sempre più attuale e irrinunciabile, di fare, come scrive Morin, delle teste “ ben fatte”, di recuperare credibilità nel processo culturale e formativo dei giovani nei confronti degli stessi giovani delle famiglie e della società.

E’ questa la scuola per la quale da anni ci battiamo, nella quale crediamo, per la quale non necessitano leggi particolari, ma solo sensibilità ed entusiasmo che nessuna legge ti può dare e che non si possono acquistare a nessun prezzo.

Noi, singolarmente e, soprattutto come gruppo del “Vanvitelli”, senza iattanza e mal riposta supponenza, ma con sincera umiltà e grande senso di responsabilità siamo pronti a svolgere la nostra parte, sicuri di avere buoni

compagni in questo affascinante viaggio verso il futuro, che è la formazione dei nostri giovani.

Ce lo impone la nostra coscienza, lo richiedono i tempi e la storia che vogliamo, dobbiamo vivere con consapevolezza da protagonisti e non da semplici comparse.

Senza, però, voler minimamente sminuire il problema dei saperi e delle competenze che per gli addetti ai lavori sono sapere e saper fare,la vera emergenza è quella educativa, cioè saper essere.

Lungi da me l’idea di impancare facili processi con sentenze già precostituite, né avventurarmi in improvvisate analisi sociologiche, si può ben dire che i giovani si comportano, rasentando, se non superando, il limite della decenza e della buona educazione, ignorando, talora, addirittura la distinzione tra il lecito e l’illecito, il consentito e non consentito.

E questo fenomeno, purtroppo , riguarda tutti gli ordini di scuola.

Questo quadro, così pessimistico, può sembrare eccessivo, ma chi vive quotidianamente la vita della scuola sa che non è lontano dal vero e che naturalmente esistono ancora per fortuna splendide realtà,frutto di famiglie coese e ben presenti nella vita dei figli costantemente collegate alla scuola, che fanno ancora ben sperare.

Ma, per affrontare queste due emergenze, educativa e formativa, urge un doppio patto.

Serve, anzi si impone, un grande patto educativo tra scuola e famiglie per tentare di recuperare almeno i valori fondanti di una società civile che sono il rispetto di se e degli altri, il culto della libertà, non semplice enunciazione o magari pretesa di riconoscimento soltanto dei propri diritti pratica costante di doveri e del rispetto dei doveri altrui e dell’accettazione dell’altro.

Un patto che veda reciprocamente impegnate scuola e famiglie in questa impresa delicata e straordinaria in cui le famiglie

riconoscano in concreto alla scuola la grande funzione di centralità che deve avere nella formazione dei nostri giovani collaborando attivamente senza delegare le proprie

competenze alla scuola dalla quale si aspettano i no che non sanno o non vogliono dire determinando incomprensioni e corto circuiti certamente non utili a trasmettere messaggi certi, forti e univoci.

Serve, sul piano formativo, un grande patto territoriale che veda finalmente dialogare anzi operare insieme tutti gli attori protagonisti operanti sul territorio : scuola, mondo del lavoro, enti locali, associazionismo.

Urgono ,pertanto,interventi seri e profondi per evitare una deriva della nostra scuola verso posizioni difficilmente recuperabili. Ma al di là di interventi legislativi e massicci investimenti nel settore (allo stato problematici) serve un sussulto di professionalità con un ritrovato entusiasmo ed un supplemento di etica dell’impegno e della responsabilità.

E solo così, realizzando una grande ormai indifferibile alleanza e superando storici steccati, dannose autorefenzialità , si può arrivare ad una offerta formativa integrata non risultato sia pure di apprezzabili riflessioni e ricerche di buone professionalità interne alla scuola, ma la sintesi alta di sicure esperienze concrete tra i saperi consolidati della scuola rivisitati e

rielaborati alla luce del mondo del lavoro, in grado di rispondere ai bisogni del territorio e alle attese e alle speranze dei giovani.

E proprio ai giovani, ai nostri giovani, in entrata e in uscita dal nostro Istituto, che sono in fondo i destinatari principali di questo grande progetto, chiediamo di essere protagonisti entusiasti di questo patto, di aiutarci in questo impegno, di avere sempre sogni e speranze, di coltivarli sempre con lo studio, con la gioia della scoperta, con lo spirito di sacrificio e l’etica dell’impegno e della responsabilità, che sono il presupposto per assaporare qualsiasi conquista e per realizzare ogni progetto.

Naturalmente, in ogni conquista e in ogni progetto realizzato c’è la presenza della scuola e di chi vi opera con impegno, con sacrificio e professionalità, che, di fronte ad un nostro giovane che con la schiena dritta si realizza e costruisce con dignità il proprio futuro, oltre a provare una intima e sincera gioia immediata, ne trae conforto e viatico per la sua delicata e straordinaria missione di educatore e costruttore di futuro.

Lioni 10 dicembre 2011

Il Dirigente Scolastico Prof. Vincenzo Lucido

L’ISTITUTO GEOMETRI “VANVITELLI” DI LIONI FESTEGGIA IL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SUA ISTITUZIONE: È UN ISTITUTO CHE SENTIAMO ANCHE UN PO’ NOSTRO. TANTI E TANTI SONO I GEOMETRI, MOLTI DEI QUALI DIVENTATI INGEGNERI O ARCHITETTI, CHE USCITI DA QUESTA SCUOLA, HANNO OPERATO ED OPERANO TUTT'ORA IN CAPOSELE ED IN ALTRI PAESI DEL CIRCONDARIO. TANTI SONO STATI ANCHE I DOCENTI CHE, PROVENIENTI DA CAPOSELE, HANNO PRESTATO LA LORO OPERA AL VANVITELLI, CONTRIBUENDO IN MODO DETERMINANTE ALLA CRESCITA ED ALLA AFFERMAZIONE DI QUESTA IMPORTANTE ISTITUZIONE. SIAMO LIETI, PERCIò, DI OSPITARE UN ARTICOLO DEL SUO DIRIGENTE. E DI TANTO CI SENTIAMO ORGOGLIOSI OLTRE CHE ONORATI.

ISTITUTO PER GEOMETRI

50anniLIOnI

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 83

il volontariato

39

di Concetta mattia

Miei cari caposelesi,eccoci giunti al nostro primo appuntamento con la storia,i fatti che stò per

raccontarvi si consumarono nella vostra bella oasi,durante il secondo conflitto mondiale.

Si parlò poco o niente di quella operazione bellica, a guerra finita vennero fuori diverse verità scomode,come ad esempio il voler far credere alla popolazione l’imminente avvelenamento delle acque sorgive del sele, con l’obbiettivo di creare confusione e panico fra la popolazione, la così detta guerra psicologica, gli inglesi in queste cose sono maestri,eliminare vite umane senza fare fuoco.

Con il passare degli annimi sono appassionato sempre di più a questa vicenda, iniziai così a fare delle ricerche sempre più approfondite,venivo spinto dall’idea che un cugino di mio padre avesse fatto prigionieri un dozzina di parà inglesi, che si erano calati sulle alture di Teora per far saltare le condotte dell’acquedotto pugliese in Caposele, in questo modo si alimentava sempre di più la voglia di sapere,ed in particolar modo cosa realmente fosse accaduto

di Vincenzo Ciccone

“ CAPOSELE “ATTACCO ALL’ORO BLU

in quel lontano 12 Febbraio del 1941.Nel 1966 dopo 25 anni, ci pensò

il defunto giornalista Salvatore Ciccone, dell’allora “ TRIBUNA ILLUSTRATA“ che intervistò il macellaio del paese Rocco Renna, la cattura degli inglesi era passata come atto dovuto, ma lui appena seppe se pur dopo tantissimi anni si precipitò da Foggia a Teora, uomo di grande spessore professionale l’articolo uscì con la prima di copertina.

Negli anni novanta mi recai presso l’ufficio storico dello Stato Maggiore Marina Militare per ricerche più invasive,visto che l’attinenza era l’acqua, fu lì che trovai alcuni testi inglesi che parlavano di una certa operazione compiuta dagli inglesi, nei territori di Teora, Caposele e Calabritto più leggevo più mi incuriosivo più ero certo di aver trovato ciò che da anni cercavo,si parlava di un colosso però non riuscivo ancora a realizzare cosa fosse questo colosso, ricordo come fosse ieri, ero seduto su di uno sgabello con il testo poggiato sulle gambe, leggevo velocemente volevo capire meglio, volto la pagina è finalmente vengo a conoscenza che il nome in

codice di quella sfortunata missione inglese era operazione “ COLOSSUS“ quindi il colosso di cui parlavano era l’acquedotto pugliese.

(nel prossimo numero de la Sorgente, approfondimenti tattici militari ) [ … ]

(PRIMA PARTE )

Prima di copertina di " TRIBuNA IlluSTRATA" del 27.02.1966 (disegno di mario uggeri)

Il defunto giornalista Salvatore Ciccone con Rocco Renna (a destra nella foto )durante l'intervista

“il volontariato è un'attività libera e gratuita svolta per ragioni di solidarietà e di giustizia sociale, rivolta a persone in difficoltà, alla tutela della natura, alla conservazione del patrimonio artistico e culturale.”

Partendo da questo privilegio e credendo nella finalità che il volontariato realizza per migliorare la nostra società, alcuni ragazzi, accomunati da un grande spirito di iniziativa, con il contributo dei volontari della Pubblica Assistenza Caposele, hanno dato vita al gruppo “Ragazzi d’ANPAS”, un gruppo di giovani di età compresa tra i 14 e 18 anni che si dedicheranno alla sensibilizzazione della società giovanile del nostro paese con lo scopo principale di favorire la solidarietà, l’ aggregazione sociale e di affrontare i problemi che condizionano la nostra comunità.

Il gruppo “Ragazzi d’ Anpas” nasce ufficialmente il 28 settembre 2011 con una riunione presso la sala Polifunzionale in

a CapOSELE, IL VOLOntaRIatO CHE CRESCE RAGAZZI d’ANPAS

Caposele, che ha visto, oltre alla presenza di diversi volontari, la partecipazione del presidente della Pubblica Assistenza Caposele Cesara Maria Alagia, del responsabile della protezione civile regionale Concetta Mattia.

Non ha fatto mancare il suo contributo il presidente della Pro Loco Raffaele Russomanno.

Inizialmente il numero dei partecipanti non è stato molto elevato, ma col passare dei giorni, invogliati e incuriositi dal

volontariato, altri ragazzi stanno prendendo parte al gruppo, arrivando oggi, ad un totale di 14 componenti, di cui gran parte ha già vissuto esperienze di volontariato, partecipando a diversi eventi come i “ campi scuola” organizzati dalla Protezione Civile ANPAS, eseguendo anche vere e proprie operazioni di primo soccorso; antincendio, radiocomunicazione e altro, o come l’organizzazione di diversi eventi per promuovere assistenza o raccolte fondi.

Il gruppo si riunisce presso la sede

della pubblica assistenza vari giorni alla settimana per dare il proprio contributo agli eventi organizzati dai volontari come per il centro anziani “la nostra memoria vissuta”.

In occasione dell’anniversario del terremoto del 1980 hanno partecipato al convegno sulla Protezione Civile organizzato a Teora e alla “ 15° Giornata Nazionale della raccolta alimentare” un’iniziativa realizzata presso alcuni supermercati nel comune di Montella e finalizzata a rimuovere forme di povertà sempre più numerose, che ha visto i ragazzi operare concretamente e con grande entusiasmo.

L’obiettivo di “Ragazzi d Anpas” è quello di sensibilizzare anche altri giovani, in modo da renderli parte attiva nel sociale, favorendo la solidarietà.

Con l’augurio che, in un prossimo futuro, tutti i ragazzi di Caposele avranno maggior spazio e interesse verso la vita sociale all’ interno della comunità del nostro paese.

Storia

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8340

Rinomatissimo è stato sempre questo fiume presso gli antichi scrittori; sulle sue rive varie pagine vi ha scritto la storia.

Lievemente deformato nelle lingue dei vari popoli che si sono succeduti nella regione, il nome ha avuto pressocchè sempre il suono di quello attuale. Probabilmente glielo imposero i Siculi, in tempi protostorici, allorché furono costretti ad abbandonare il Lazio per trasferirsi nelle più sicure terre del Sud , in ricordo di altro fiume omonimo del loro paese di origine .

La denominazione più antica sembra sia ( Seila ) come si legge in una medaglia di Paestum e come pressappoco si pronuncia ancor oggi, ma i Greci dissero ( Silaris ) e i Romani Silarus o Siler 3. Gli antichi gli attribuirono la proprietà di mutare in pietra qualunque oggetto ligneo che restasse immerso nelle sue acque per qualche tempo.

Cominciò Aristotele, il sommo filosofo greco fiorito nel IV sec. A.C. , che però lo chiamò Ceto : “ dicono che questi luoghi siano tenuti dai Lucani e che vi sia in questi posti un fiume di nome Ceto, nel quale le cose che vi si gettano, in un primo momento galleggiano e poi si induriscono come pietre “Anche il geografo Strabone dice quasi la stessa cosa, chiamando il fiume col suo vero nome: “i virgulti (ramoscelli) immersi nelle sue acque sassificano pur

(Tratto dal dVd elaborato da Gerardo monteverde)

conservando la forma e il colore primitivo“. Il naturalista Plinio è più dettagliato nella sua pur breve notizia: “similmente nel fiume Sele oltre Salerno , si trasformano in pietra non solo i rami che vi si immergono, ma anche le foglie.

Con due bellissimi versi Silvio Italico volle trasmettere ai posteri questo singolare fenomeno : “ con quei che beon del Silaro che i rami , / come si narra , entro a suoi gorghi impietra “. E l’ultimo grande poeta nostro del Rinascimento, così cantò :

Quivi insiem venia la gente espertadel suol che abbonda di vermiglie rose,

là ove, come si narra e rami e frondeSilaro impetra con mirabil onde

Il geografo Raffaele Valaterrano riferisce che il fiume Sele, scorrendo dai monti Sanniti (voleva dir forse lucani) ha questa proprietà , che i rami in esso immersi, pietrificano .

Agli inizi del 700 un ecclesiastico capaccese scrisse : Il fiume Selo è quello, che dagli antichi, si Greci che Latini fu chiamato Silaro, di cui ha esperienza che

cangi in pietra ciocché in esso si gitta, avverandosi quello che da Plinio, da Silio Italico , e da Aristotele sotto il nome di Ceto si riferisce; che che ne dica in contrario il Cliverio .

L’ottimo barone Antonini non si accontentò della notizia e volle sperimentare personalmente la cosa, venticinque anni dopo.

Riuscì a spiegare, in termini scientificamente validi per i suoi tempi le reali dimensioni del fenomeno.

Non trovo di meglio che riferir per intero qui il suo discorso: Ho voluto in varie maniere sperimentare , se ancora duri nelle acque del Silaro quella qualità , che da tanti attribuita gli viene di pietrificare i legni; ed ho in ciascuna volta trovato non già pietrificarsi , ma che intorno ad essi attacchi una certa scorza, o sia crosta , che facendo più grosso il legno , niente al didentro cangia la natura di quello .

Ecco quel che in ciò io ho potuto riflettere : L’acqua del Silaro è sempre alquanto torbida; onde che seco trae un certo loto glutinoso, che attaccandosi al legno, quando poi e asciutto, lo fa parere

come se fosse di pietra. Aggiungesi che un bastone stando nel

fiume un mese di inverno (allorchè l’acque sogliano essere torbide) fa assai più che per tre mesi d’està.

Ho provato ancora a far in un luogo stesso stare uniti due bastoni , uno liscio e senza scorza , e l’altro noderoso , crespo e non levigato: Levatoli dopo alcun tempo dall’acqua, ho trovato , che al liscio s'era attaccata meno crosta dell’altro.

L’acqua di questo fiume presa in tempo d’està, e quanto per pioggia non siasi intorbidata, posta in un vaso con un pezzo di legno dentro appena v’imprime il segno di corteccia.

Quella fatta torbida per pioggia ve n’imprime moltissima, e quando depone nel fondo del vaso è cosi pesante e duro, che eguaglia i sassi, e il ferro.

Ho similmente osservato, che questi legni stati nel fiume, e cosi pietrificati, tanto più duri diventano , quanto più s’asciugano, e l’acqua con l’umido si dissipa.

Di tali cose non sono stato a credito a nessuno.

LA NOSTRA ACQUA : LE ANALISI.. ... E QUALCHE PROPOSTA di Nino Chiaravallo

segue dal n. 82 ..Dal raffronto dei dati riportati si evince

chiaramente che a Caposele, ‘città di sorgente’ di ottima acqua, addirittura oligominerale, non ha senso acquistare quella imbottigliata e che, pertanto, non dovrebbe neppure porsi il problema dello smaltimento dei vuoti di plastica.

Alcuni Comuni, (ad es. Mercato S. Severino) per contenere l’inquinamento provocato dalla plastica Pet, impiantano appositi chioschi (c.d. case dell’acqua) che offrono acqua, naturale e gasata, opportunamente depurata da sostanze nocive. Da noi non vi è necessità di installare chioschi muniti di filtri depurativi : basterebbe solo rendere possibile attingere direttamente alla sorgente l’ottima acqua che nasce, praticamente, nel paese.

La nostra ‘casa dell’acqua’ potrebbe essere realizzata subito e con poca spesa : basterebbe

Residuo fisso

mg/l

Solfati

(SO4) mg/l

Cloruri

(Cl) mg/l

Sodio

(Na) mg/l

Potassio

(K) mg/l

Calcio

(Ca) mg/l

Magnesio

(Mg) mg/l

Durezza Nitrati

NO3 mg/l

Boario 570,0 219,8 6,0 6,8 1,7 125,3 36,2 46,2 6,6 Fabia 411,0 31,7 26,6 14,5 1,4 124,2 4,8 33,0 17,0 Ferrarelle 1463,0 4,1 20,6 51,0 49,0 441,8 19,5 118,5 4,1 Fiuggi 107,7 5,1 12,5 6,5 4,6 16,3 4,9 6,1 8,2 Levissima 72,5 14,3 0,3 1,6 1,5 18,1 1,8 5,3 1,4 Panna 178,0 6,2 10,0 13,2 15,1 14,7 5,3 5,9 18,2 Recoaro 164,0 125,3 0,6 1,1 0,3 35,6 14,4 14,8 4,2 S.Benedetto 230,0 5,2 2,0 7,6 1,1 42,9 24,6 20,8 5,2 Sangemini 1010,0 60,4 21,3 21,0 3,8 322,0 19,1 88,4 1,1 S.Pellegrino 200,8 8,7 1,1 0,5 0,1 42,4 21,6 19,5 3,2 Uliveto 1092,0 166,2 119,0 103,2 10,6 231,2 41,4 74,8 7,2 Vera 162,0 15,3 2,1 2,3 0,5 33,7 13,1 13,8 3,0  

Caposele

190 2 4 6,6 3,7 51 6 15 2

 

CaPosele

Brano tratto dal libro "l'alta valle del Sele" di Amato Grisi le sorgeNti del sele Le sorgenti del Sele nascono alla quota di m. 420, nel Comune di Caposele, da una grande parete rocciosa calcarea sul fianco orientale del monte Paflagone, che fa parte del gruppo montuoso dell'Appennino compreso approssimativamente nel triangolo Avellino-Campagna-Salerno, ricco, come ben si legge in una relazione al primo progetto di massima," di abbondantissime precipitazioni acquee sotto forma di pioggie,di condensazioni di vapori e di squagliamenti di nevi a lungo permanenti". e' interessante conoscere come apparissero le sorgenti prima che vi fossero eseguiti i lavori di allacciamento e misura , che hanno tolto loro completamente l'antico aspetto.la foto mostra come apparissero le sorgenti prima che vi fossero eseguiti i lavori di allacciamento e misura, che hanno tolto loro completamente l'antico aspetto "Allo stato primitivo -scriveva un dotto ingegnere sul giornale del Genio Civile (anno 1911)-le sorgenti si presentavano come una serie quasi non interrotta di sgorghi, che venivano fuori da un arco racchiudente il bacino dov'esse finivano per riunirsi, per indi uscirne raccolte in un unico volume , stramazzando in gran parte da una pescaia di pali e sassi , che ne manteneva il pelo d'acqua ad una quota tale, che potesse aver luogo la presa per un primo opificio idraulico. Da questa pescaia le acque iniziavano il loro corso precipitoso verso il fondo della valle , formando rapide ribollenti, cascate e cascatelle pittoresche , ora suddividendosi in rami per alimentare altri opifici, ora novellamente riunendosi fino a raggiungere il fondo della valle, dopo un percorso di circa m. 40 con un dislivello di m. 30. Lungo questo percorso le acque venivano utilizzate da 16 edifici per molini, gualchiere e frantoi d'ulivi , tutti di tipo primordiale antiquato. là dove le acque di queste sorgenti raggiungono il fondo della valle ha origine il corso del Sele. la sponda meridionale del bacino di raccolta delle sorgenti era artificiale, costituita cioè da un muretto a secco arcuato, sostenente la via pubblica situata a pochidecimetri sullo specchio d'acqua, mentre la sponda nord era natuarle, formante come una piccola spiaggia alluvionale ciottolosa, allo stremo di un piazzale in fondo al quale era la cappella di S. maria della sanità, che ha dato poi il nome alle sorgenti.In fregio alla strada ed al piazzale esisteva una serie di piccoli fabbricati, quasi tutti a piano terreno e generalmente adibiti ad uso cantine. Nel pavimento di parecchie di queste cantine , costituito dal terreno detritico naturale, era praticata una buca nella quale si vedeva scorrere l'acqua che ne imbeveva la massa e che inalveata alla meglio in cunicoli a secco, sottopassava la stadicciuola, riversandosi nel bacino di riunione.dal lato della cappella , poi, le acque scaturivano in maggiore volume e con maggiore violenza,anch'esse incanalate in cunicoli al di sotto del piazzale,mostrandosi a giorno lungo l'orlo dello stesso".

infatti alimentare le fontane esistenti nella sottostante zona degli ex lavatoi, anziché con quella clorata proveniente dal serbatoio a monte del paese, dalla soprastante sorgente Sanità, come peraltro è sempre avvenuto fino a pochi anni fa. Si potrebbe, inoltre, pensare di installare un apposito erogatore per offrire all’utenza anche la possibilità di prelevarla in forma gasata.

Per promuovere, poi, il turismo a Caposele potrebbe essere molto utile, a mio avviso, valorizzare meglio la nostra principale risorsa, esibendola, e non nascondendola, a chi vi arriva.

Nell’attesa della sua risistemazione, Piazza Sanità, ovvero piazza delle sorgenti del Sele, dovrebbe già poter accogliere chi vi giunge esponendo informazioni (anche) sulle importanti proprietà chimico­fisiche dell’acqua che ivi nasce ed offrire di poterla bere da una

serie di fontane ‘Fonte del Sele’, da apporre in bella evidenza, magari sul muro di pietre a secco adiacente alla Chiesa della Sanità.

E perché, date le sue eccellenti caratteristiche, non valutare anche la possibilità di imbottigliare una parte dei 363 litri di nostra pertinenza ?

PER MERO ERRORE DI STAMPA L'ARTICOLO DI NINO CHIARAVALLO NON E' STATO RIPORTATO NELLA SUA TOTALITA' NEL N. PRECEDENTE DEL GIORNALE. PUBBLICHIAMO LA PARTE CONCLUSIVA DELLO STESSO SCUSANDOCI DELL'ERRORE.

Il fiume sele nella storiaStoria

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Page 41: SORGENTE N. 83

anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8341

Politica

A maggio del 2012 verrà a scadenza la convenzione sottoscritta nel 1970 dal Sindaco Francesco Caprio con l’allora EAAP. Come è noto, tale

intesa intervenne a distanza di ben 28 anni dal R.D. del 1942 e grazie anche ai buoni uffici dell’avv. Vincenzo Caruso, allora influente componente del consiglio di amministrazione dell’ente pugliese. Per capire meglio da dove veniamo e dove stiamo andando, come ribadito anche nel confronto tecnico promosso dal Presidente della Pro Loco Raffaele Russomanno (e dall’avv. Paola Majorana), tenutosi presso la Casa comunale la sera del 2 dicembre scorso, vale la pena di ricordare le linee portanti dell’accordo del 1970 e di quello integrativo del 1997, peraltro restato per buona parte ineseguito dall’EAAP forse anche a causa della sua avvenuta trasformazione in AQP spa.

La convenzione Caprio del 1970.Riconosce il diritto dell’ E.A.A.P. a

derivare ed utilizzare, ad eccezione però dei quantitativi necessari per le popolazioni del Comune, comprese le frazioni, e dietro corresponsione di una rendita annua da aggiornarsi ai prezzi determinati di volta in volta dal C.I.P., i 363 l/s riservati con la transazione del 1905 dal Governo Italiano al Comune di Caposele ed ai suoi abitanti e, poi, concessi ad esso E.A.A.P. col menzionato R.D. 11.5.1942 n.1896.

E’ importante evidenziare che la convenzione Caprio non stabilisce alcun limite alla riserva di tali ‘quantitativi’, ma richiede che gli stessi siano genericamente ‘necessari’ per le popolazioni del Comune e delle sue frazioni. Non essendo stata la necessità specificamente limitata al solo uso alimentare umano, dai quantitativi in questione non risultano quindi esclusi l’uso zootecnico, agricolo od industriale delle popolazioni di Caposele.

Tale conclusione è confermata anche dalla previsione dell’impegno da parte dell’Amministrazione Comunale di allora di disciplinare nel miglior modo possibile con proprio regolamento il servizio degli acquedotti urbani e delle fognature allo scopo di eliminare qualsiasi abuso o sperpero nel consumo delle acque, ma esclusivamente al precipuo fine di assicurare la stabilità dei terreni franosi e, quindi, senza riferimenti all’uso dell’acqua.

Con la stessa convenzione è stata altresì pattuita la manutenzione gratuita degli acquedotti urbani e il rimborso dell’energia elettrica per gli usi pubblici del Comune che l’EAAP si era impegnato a erogare a far data dal 1943 dalla centrale prevista nel progetto dell'allacciamento delle sorgenti Sanità e poi non realizzata.

L’impegno assunto con la convenzione Caprio ha durata settantennale, in coerenza con la durata della concessione di derivazione stabilita dal R.D. del 1942, e, pertanto, dal mese di maggio del 2012 l’uso dei 363 l/s ritorna integralmente al Comune.

La convenzione Corona del 1997. Non incide o modifica la struttura della

convenzione Caprio, della quale vuole costituire un aggiornamento alla situazione determinatasi a causa del terremoto del 1980 e, di fatto, della realizzazione della Pavoncelli bis.

Infatti, il primo obiettivo dell’appendice del 1997 è l'impegno alla predisposizione di un progetto generale di monitoraggio dei fenomeni franosi di Caposele.

Aggiunge, con decorrenza dall’1.1.1997, un supporto tecnico-economico al Comune di Caposele consistente nella erogazione, da parte dell’EAAP, di un contributo annuo pari all’intera spesa di gestione della rete fognaria nonché nella effettuazione delle analisi previste dalla legge. Si pone, altresì, l'ambizioso obiettivo di consentire la fruizione e valorizzazione delle Sorgenti, nonché la sistemazione e riqualificazione delle relative aree. L’E.A.A.P.

si impegna a renderne possibile la regolare fruizione turistica, effettuando una adeguata opera di promozione culturale.

Con una prima verifica da realizzare entro il 30.06.1997, impegna l’ ente pugliese a migliorare e valorizzare la visibilità delle opere di presa ed a realizzare gli opportuni lavori, d’intesa con il Comune di Caposele, con un intervento diretto a sistemare e riqualificare l’intera area circostante le sorgenti del Sele che prevede il ridisegno e la sistemazione della Piazza della Sanità; la sistemazione dell’area ex-lavatoio e del primo tratto del corso del Sele (ora canale di scarico) fino alla confluenza; l’apertura al pubblico del viale del “cantiere” fino al ponte; la sistemazione a parco della zona “Saure”; la valorizzazione della “palazzina”; la sistemazione degli scavi effettuati in zona “Diomartino”; la ricaptazione delle sorgenti di “S. Lucia” perché il Comune possa addurne le acque su area di propria spettanza.

Poiché, poi, era all’epoca imminente l’esecuzione della nuova urbanizzazione di Caposele, viene prevista la possibilità dell'affidamento della sorveglianza gratuita dei lavori all’EAAP che avrebbe, poi, dovuto assumere la gestione della rete idrica e fognaria. Il Comune di Caposele, al fine anche di assicurare una migliore erogazione del servizio, avrebbe provveduto ad installare i contatori dell’acqua, conservando però il rapporto diretto con gli utenti.

E’, infine, ribadita la cessione gratuita dell’energia elettrica.

La proposta di convenzione Farina del 2012

Recentemente il Sindaco ha pubblicamente illustrato i punti salienti della proposta di convenzione che intende sottoscrivere con l’AQP. Tale accordo, peraltro inopportunamente trasfuso in più atti di differente valore giuridico, intende modificare integralmente il nostro rapporto con l’AQP spa in relazione ai 363 l/s di nostra pertinenza. Per brevità di spazio, si ritrascrivono e commentano i soli punti dello stesso che si ritengono particolarmente importanti :

1)“.. che in data 23 febbraio 2011 AQP S.p.A. con nota n.22305 ha proposto istanza di rinnovo della concessione a derivare di cui al decreto Reale dell’11.05.1942 per mod. 3,63; .. aqP spa, a fronte dell’impegno del Comune di Caposele a non presentare autonoma istanza di concessione di derivazione delle acque residue di mod. 3,63 delle sorgenti sanità .. del danno derivante dall’impatto ambientale delle opere esistenti ed a realizzarsi nel territorio del Comune, ed in conseguenza dei vincoli imposti dalla normativa vigente in materia di tutela igienico-sanitaria della risorsa idrica trasportata, corrisponderà al Comune, dalla firma della presente convenzione (oppure dal 1° luglio 2011), un indennizzo annuo forfettario omnicomprensivo di € ={ /00).”

a differenza di quanto stabilito con la convenzione Caprio, la bozza Farina prevede che l’AQP non ci corrisponderà più una rendita per l’uso dei 363 l/s di nostra

pertinenza. Ci pagherà un indennizzo per non farci presentare un’autonoma istanza alla Regione Campania per la concessione di derivazione degli stessi. pattuendo ed accettando un pagamento a titolo diverso di corrispettivo per la cessione temporanea dell’utenza, il Comune finisce per affermare di non ritenere più vigente il diritto d'uso del Comune e dei suoi abitanti sull'acqua residua del Sele stabilito con la transazione sottoscritta con lo Stato Italiano nel 1905. 2 “Il Comune, inoltre, si impegna, a fronte della fornitura in essere, a sottoscrivere, dalla data di decorrenza del presente accordo, apposita convenzione di approvvigionamento per sub distribuzione secondo quanto stabilito dal vigente Regolamento del Servizio Idrico Integrato di AQP S.p.A. ed a corrispondere il costo all’ingrosso del relativo servizio determinato in base alla tariffa vigente per tempo ed agli eventuali adeguamenti successivi, costo all’ingrosso che attualmente ammonta ad euro 0,36/mc. …” “la lettura del consumo di tale acqua fornita per sub distribuzione ai quattro contatori meccanici di Caposele, materdomini, Boiara e Buoninventre, sarà effettuata congiuntamente dalle due parti Comune e A.Q.P.”

Conseguentemente sarà Caposele che, riconosciuta l’inesistenza dei suoi diritti d'uso sui 363 l/s della Sorgente Sanità, dovrà acquistare dall’AQP spa l’acqua per le necessità dei suoi abitanti, peraltro, assumendo in proprio anche il gravoso onere della sub distribuzione che le precedenti convenzioni ponevano a carico dell’AQP.

1) “II Comune si impegna ad utilizzare le somme di cui ai precedenti commi 1 e 2 anche per la salvaguardia delle sorgenti Sanità; nel primo triennio dalla decorrenza della presente convenzione una parte di tali somme potrà essere utilizzata per le seguenti finalità: interventi infrastrutturali connessi con la gestione del Servizio Idrico Integrato nel Comune di Caposele, volti prioritariamente al risparmio di risorsa idrica…”

Vengono, quindi, introdotti dei vincoli di destinazione di spesa all’indennizzo corrisposto dal l ’aQp, fatto questo assolutamente non contemplato dalla convenzione Caprio del 1970.

Con questa era possibile anche l’uso agricolo delle acque residue, avendo il Sindaco Caprio, come sopra evidenziato, limitato l'impegno del Comune ad eliminare l'abuso e lo sperpero nel consumo delle acque solo per assicurare la stabilità dei terreni franosi.

°°°Il ragguardevole prezzo della transazione

del 1905, stabilito in 600.000 lire in titoli di Stato, i cui interessi di 20.000 lire l’anno erano all’epoca sufficienti a coprire l’intero fabbisogno del bilancio comunale, oltre a divenire nel tempo una cifra irrisoria, non sono stati mai corrisposti al nostro Comune.

La somma di 12 milioni l’anno della convenzione del 1970, pure agganciati al prezzo

Cip dell’acqua, si è poi rilevata un corrispettivo inadeguato.

Oggi ci viene chiesto di accettare un pagamento a fronte dell’impegno a non proporre istanza di derivazione all’AQP quando gli eminenti legali interpellati hanno ribadito che “il Comune non ha da presentare alcuna istanza di concessione per l’acqua che gli spetta in base alle convenzioni sopra citate”.

Considerato che stiamo attraversando un periodo di gravissima crisi economica, ridurre la questione a un pagamento annuo, fino al 2018, e dover riacquistare la nostra acqua dall’AQP spa non può essere certamente ritenuta una buona idea.

Va ricordato, peraltro, che al Comune di Cassano Irpino (di circa 1.000 abitanti) sempre con convenzione è stata riconosciuta una propria riserva di 70 l/s sui circa 2.000 che l’AQP deriva dalla sue sorgenti.

E’ fin troppo evidente che si vuole perseguire l’estinzione del nostro diritto sulle acque residuali del Sele, anche in vista della imminente realizzazione della Pavoncelli bis, al cui progetto si è dato un frettoloso assenso e senza alcuna doverosa discussione consiliare; al contrario, tale favorevole circostanza poteva costituire un’ottima occasione per definire i tanti aspetti della complessa vicenda, anche relativamente all’inadempimento degli accordi del 1997.

A riprova di quanto sopra, basta considerare che l’AQP spa (che ha chiuso il proprio bilancio 2010 con utile di circa 37 milioni di euro) non ha voluto accettare la bozza predisposta dal Comune, che prevedeva un corrispettivo per la cessione dell’utilizzo di 300 l/s delle acque residuali e la chiara specificazione che al 31.12. 2018 il Comune sarebbe ritornato in possesso dei suoi diritti relativi a tutti i 363 l/s.

Perché, allora, non pensare di riaffermare la convenzione Caprio del 1970, con prezzo adeguato ai nuovi tempi, e proporre la trasfusione in unico atto pubblico della stessa e di quella Corona del 1997, con la pattuizione di un adeguato risarcimento per gli annosi inadempimenti dell’AQP ?

Insistere, viceversa, nel voler attuare la bozza Farina implica, a mio avviso, il doveroso ricorso allo strumento referendario, introdotto dall’art. 15 del vigente Statuto comunale, visto che si intende disporre del diritto al“volume di acqua sufficiente a sopperire agli usi pubblici e privati del Comune stesso e degli abitanti di esso” di cui alla transazione del 1905.

Decidere, infatti, la rinunzia all’antico diritto sui 363 l/s “degli abitanti di esso” spetta ad ogni caposelese e si colloca ad di fuori del mandato elettivo sicché non può ritenersi appannaggio di una semplice maggioranza consiliare.

L’auspicio, pertanto, è che ci si fermi prima che sia troppo tardi, si ponderi meglio ogni scelta e, con il contributo di tutti, ci si impegni al massimo per tutelare e garantire, in modo trasparente e condiviso, i giusti diritti delle future generazioni di Caposele.

LE ACQUE RESIDUALI DEL SELECONVENZIONI A CONFRONTO di Nino Chiaravallo

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8342

Storia e Immagini

Italia Caprio

la fundana ru "lu Cirasulu"

Agnese malanga e Pino melchiorre50 anni di matrimonio - AuGuRI

donatello Cirillo e Gelsomina monteverde

elisabetta, la piccola Rosa Castagno e maria mossucca

Fiume in piena

emidio , Ant imo Pirozzi , Roset ta Frannicola, l'ing. Gerardo luongo e la moglie

Antonio Calluso e consorte

I fratelli Russomanno e Antimo Pirozzi

Cett ina Boniel lo, Rita Russomanno e Rosa Triggiano

luciano Rapuano insieme al Sindaco

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8343

Turismo Storia e Immagini

Anna Biondi e Angelo Sturchio linda e Rosetta del Guercio

Cettina Casale e Teresa Caruso

monica Galdi

Gilda e Pinì Caprio

Tiruccio Curcio, Alfonso Gonnella, Rocco Caruso e Alfonso Ceres

Il gruppo storico del comitato festa San lorenzo - madonna della Sanità

Il Sindaco e la mamma Gerardina

Annunziata ConfortiPietro Cetrulo

Faluccio Sturchio

Rocco Ruocco, Francesco e Gerardo Ceres

Rosa Russomanno,

Raffaelina Zarra e

Angioletta Casillo

michele Cuozzo, Tiziana damiano e milena Farese

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8344

Giorni Lieti di antimo Pirozzi

Tantissimi auguri a nonna Margherita per i suoi 60 anni e alla sua nipotina Ilenia che compie 2 anni. Con amore Elena ed Annamaria

In data 29/09/2011 Carmela Cuozzo ha conseguito la laurea magistrale in "Intermediari, Finanza Internazionale e Risk Management” presso Sapienza - Università di Roma, discutendo la tesi in Risk Management delle banche dal titolo “Novità di vigilanza prudenziale in materia di capitale. Conparazione fra istituti di credito internazionali" e pervenendo ad una votazione di 110 e lode.

 

giovanna Palmieri in data 26/10/2011 ha conseguito la laurea quinquennale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l’università LUISS Guido Carli di Roma, ottenendo il punteggio massimo di 110/110.Ha discusso una tesi sperimentale in Diritto Penale delle scienze mediche su “Il problema della medicina difensiva”, analizzando un fenomeno assai studiato in America e, sebbene grandemente diffuso, ancora poco conosciuto in Italia.La prima parte dello studio ha avuto ad oggetto un’indagine empirica sul territorio, condotta mediante questionari anonimi su un campione di medici di varie strutture sanitarie pubbliche e private della Provincia di Avellino, che ha confermato la preoccupante diffusione e l’elevata incidenza del fenomeno causato dal forte disagio che sta vivendo la classe medica, sempre più di frequente sotto accusa.Il cuore dello studio è rappresentato dalle riflessioni sulla responsabilità professionale del medico oggi, e dall’analisi critica delle maggiori problematiche sulle categorie dogmatiche penali più importanti affrontate dalla recente giurisprudenza e dalla più attenta dottrina.L’indagine ha sondato un terreno assai complesso, dato che il diritto penale della medicina si muove su un campo poco battuto dal legislatore che dà spazio a continue creazioni da parte degli operatori del diritto.Contestat i e cr i t icat i a lcuni arrest i giurisprudenziali, il lavoro si conclude con proposte di soluzioni alternative del problema che tendono a maggiormente circoscrivere le ipotesi di responsabilità medica.

gerarda russomannoLaurea specialistica in economia aziendale, indirizzo Management delle piccole e medie imprese. Univesità degli studi di Napoli Parthenope. Tesi in economia e gestione delle imprese Agro-industriali. Titolo tesi: la sicurezza alimentare. Il caso dell'azienda monticchio Gaudianello S.p.A. Prof.ssa Debora Scarpato.25-10-2011.Voto:110/110 con lode.

Congratulazioni vivissime a teresa Melillo per la laurea conseguita il 28/10/2011 presso l’Università Federico II di Napoli in BIOTECNOLOGIE DEL FARMACO con 110 e Lode e Menzione alla carriera. Felicitazioni per il lodevole risultato dal nonno Italo Rosalia, dal padre Gerardo, dalla madre Angela e dal fratello Pietro.

reginella Bottiglieri di Gerardo e Carmela Della Polla nata il 15 agosto 2010

luca gallo e rosetta Bottiglieri sposi - 3 settembre 2011

A nonno Mino per i suoi 73 anni. Con affetto i nipoti Giada, Enzo, Gessi, Nico, Valentina, Clelia; un augurio infinito.

Francesco Palladino di Gerardo e di Gerarda Lombardi - 26.08.2011

Lorenzo e Serena Corona felici per l'arrivo della loro cuginetta Marta

davide e gerardina damiano

Marta Paolercia di Giovanni e di Anna Sena nata il 30.09.2011

Carmela con i genitori e i fratelli

giusi e Concetta Meo neo laureate lo stesso giorno rispettivamente in "Conservazione dei Beni Culturali" indirizzo Deams, Suor Orsola Benincasa e in "Biotecnologie per la salute". Un grandissimo augurio a loro e ai loro genitori Andrea e Antonietta.

laura guarino si è laureata. Auguri a lei e ai suoi genitori

Pasquale Cuozzo e - italia PasquarielloSposi - 10.12-2011

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 8345

Il Ritratto

Giuseppe Ilaria

elsabetta Ceres

Gerardina damiano

Paola Colatrella

linda Russomanno, Gè Russo

Alfonso Ilaria

le sette cuginette: Francesca, Nicole, elodia, Fiorenza, Rosamaria, Giulia e donata

daniele Caprio, michele Notaro, Felice di Trolio, Giusi e Concetta meo, in attesa del "Volo dell'Angelo"

Gianni e dino Cetrulo

Fiorenza Gullo di Alessandro e di mariassunta Conforti

Alfonso Nesta

Angelo Calvanese di luigi e di Olivia Petrucci

Raffaele malanga, Gessi, enzo e massimo Casale

al campo di tennis del centro sportivo Palmenta

Simone ed emanuele Galdi con la zia mina

Tonuccio Corona

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8346

Recensioni

Prefazione Michele Ceres regala ai possibili

lettori un racconto di stupendo e singolare fascino.

Ricostruisce, in un aureo “libretto”, la vicenda dell’altra metà del cielo, ossia della figura femminile nella storia dell’Occidente. Lo fa con lucentezza impressionante e con uno stile davvero ammirevole. L’Autore procede attraverso un duplice registro di lettura e un corrispondente duplice dispositivo narrativo: quello della ricostruzione storica e quello della galleria di ritratti capaci di rendere onore al genere di appartenenza femminile e, per conseguenza, all’umanità intera, che in qualche modo ne esce potenziata nell’immagine e nell’assunzione di una ragione sacrificale che garantisce la prosecuzione della vita umana.

Michele Ceres è un professore della scuola secondaria, ma è anche una figura di intellettuale polivalente, in grado di cogliere lucidamente la complessità del contesto storico in cui la questione femminile si è posta a partire dalla modernità. Condizione umana, quella della donna, a lungo negata attraverso i secoli (quelli pre-moderni antecedenti alla scoperta della figura universale della persona e dell’umanità intesa come coniugazione di libertà e uguaglianza), essa emerge nella pienezza della modernità e ne contrassegna l’anima profonda.

Il libro di Ceres fornisce ai lettori anche squarci inediti sulle vicende, tragiche e tormentose, della lenta, progressiva liberazione femminile.

Ad esempio, mostra come alcune stereotipie, nel rappresentare la condizione femminile nel Medioevo, siano in contrasto con le risultanze storiche, le quali vedono nei secoli successivi l’avvento catastrofico di vere e proprie regressioni (basti pensare alla tragedia della caccia alle streghe).

L’altro registro (quello dei ritratti di donne celebri) è, anch’esso, un approccio di sicura e originale fascinazione. Mostra il sacrificio delle donne italiane e di tante altre donne in altri paesi per la conquista non solo della loro sacrosanta parità in quanto persone a pieno titolo, ma anche della loro centralità in vicende storiche e in eventi di enorme portata (dalle figure femminili insigni del Risorgimento italiano a quelle della Repubblica partenopea, alle donne della Rivoluzione francese a quelle della Resistenza in Italia e in Europa). Michele Ceres mostra acutamente anche alcune storture di linee storiografiche che sovrappongono vettori progressisti a dispetto dei fatti: ad esempio, fa vedere come la Rivoluzione francese non mette nelle mani delle donne risorse che possano essere riconosciute quali forme di cittadinanza politica compiuta.

Il libro è bello. Scritto con stile impeccabile. È aperto anche a una pedagogia umanistica e civile importante. È un libro che rende omaggio a più di metà dell’umanità, che oggi emerge sotto il cielo in tutta la sua bellezza intelligente.

Oggi, specie nei paesi avanzati dell’Occidente, c’è sicuramente una compat ta umanizzazione e realizzazione della condizione femminile in molteplici campi (ad esempio, in Italia ci sono più laureate che laureati).

Resta un gap da colmare in campo imprenditoriale e, soprattutto, politico; sono settori in cui si registra una vera e propria insufficienza di rappresentanza democratica e istituzionale.

Le nostre sorelle più giovani e le

Presentazione

“Quando la donna ha preso coscienza della inviolabilità dei propri diritti? Quando sono cominciate a cadere le incomprensioni e gli ostacoli al suo riconoscimento di soggetto pensante alla pari dell’uomo? In che misura le donne hanno contribuito allo sviluppo dell’umanità? michele Ceres risponde a questi interrogativi su una materia complessa con padronanza linguistica e stilistica che ha il suo esito più felice in una scrittura, limpida, essenziale, senza stridori.

l’analisi del ruolo della donna nella società delle diverse epoche storiche, dall’età del fuoco ai giorni nostri, che spazia nel più ampio panorama intercontinentale, senza essere ancorata soltanto nei confini della patria di appartenenza, obbedisce ad una logica narrativa rigorosa che si sviluppa organicamente senza imporre a chi legge acrobazie fastidiose di tempi e di luoghi. I personaggi noti e meno noti risultano connotati concretamente, non prettamente dal punto di vista etico ma da quello storico –sociologico, e catalogati in una inedita galleria di

ritratti quali pedine di una tremenda partita umana che giocano sulla scacchiera della storia. una storia fatta non più da grandi protagonisti, bensì da inermi creature che hanno spinto ad agire per combattere, ancora nel presente, le ingiustizie perpetuate attraverso i secoli. le eroine di ogni tempo, con le loro passioni, le proprie speranze e il proprio dramma, costituiscono il tema delle “ donne nella storia”.

la casta lucrezia, l’eroica Clelia, Caterina Sforza, lucrezia Corner, Arcangela Tarabotti, emilj dickinson, George Sand, Camille Claudel, eleonora de Fonseca Pimentel, Anita Garibaldi, Cristina di Belgjoioso, Anna maria mozzoni, Anna Kuliscioff, solo per citarne alcune, nonché le varie donne martiri della resistenza e le parlamentari della Costituente, come Nilde Jotti, sono figure talvolta rapidamente schizzate, altre volte particolarmente tratteggiate che si ritrovano nell’unico alveo del tempo. e, forse, è proprio il tempo il vero motivo conduttore del prezioso lavoro di sintesi di michele Ceres, sorretto da una profondità di pensiero e da una ricerca ad ampio respiro. Parlare di donne e di relative rivendicazioni sociali, gridate da tempi

immemori, non è cosa facile. l’autore è riuscito egregiamente nel suo intento. Seguendo l’evoluzione storica di un tema poco trattato, è giunto a suggerire anche ipotesi di politiche sociali e soluzioni ai conflitti tra i ruoli che continuano, ancora oggi, a mantenere asimmetrie di potere nella famiglia, nel lavoro e nella politica.

Il lavoro di Ceres scuote la coscienze e rende consapevoli dell’inefficienza delle politiche di pari opportunità soprattutto nel mezzogiorno d’Italia, dove si avverte di più l’ansia di cambiare, di rivendicare la propria dignità, dove purtroppo le speranze per concretizzarsi hanno ancora bisogno delle decisioni degli uomini, dove mancano urgenti misure che siano forze trainanti dello sviluppo territoriale, dove, ancor più, le donne esprimono l’anelito di vincere le tenebre che accecano la ragione ed iscuriscono il cuore.

Dora Garofalo Preside

nostre figlie, comunque, ce la faranno. E non solo perché noi tutti (genere umano maschile) siamo comunque i loro figli.

Michele Ceres va letto, quindi, per questo libretto aureo anche nella scuola italiana. Lo dico da pedagogista. La sua è pedagogia umanistica e civile di grande nobiltà. Ed è la nobiltà dello spirito.

Giuseppe Acone(Professore ordinario di Pedagogia generale dell’università di Salernodirettore del dipartimento di Scienze dell’educazione)

umberto malanga ancora una volta ci ha stupiti con una pubblicazione, ed è la terza, che fa onore a chi, avendo lasciato l’Italia oltre cinquant’anni fa, riesce ancora ad esprimere “affettuosi RICORdI e Teneri PeNSIeRI” in una lingua che ha imparato da piccolo e che non ha mai dimenticato. I ricordi ed i pensieri scorrono come in un romanzo d’amore: tanto è il sentimento che traspare e trasuda da ogni verso di poesia e da ogni sua “nostalgica reminiscenza”: ricordare è vivere, ci ricorda l’autore. “indimenticabile culla della mia infanzia” quando parla del paese natio, “parola mistica colma di magia” quando ne ricorda il nome. Tante poesie e tanti componimenti poetici fanno di questa pubblicazione una antologia ricca di preziosismi fatti di epigrammi, lettere, ritratti, riflessioni.Basta elencare alcuni titoli per comprendere il significato di tutto il libro: Caposele dei miei sogni – Ode per una rosa- Caro amico:l’usignolo – Vicoli del mio paese – un dolce rimpianto – e tanti altri.Il libro apre con una meravigliosa lode alla "mamma". un libro tutto da leggere!

mICHele CeReS è AllA SeCONdA eSPeRIeNZA COme SCRITTORe. dOPO lA PuBBlICAZIONe del lIBRO “Il Sud, uN PROBlemA APeRTO”, PReSeNTATO CON SuCCeSSO l’eSTATe SCORSA, mICHele SI è CImeNTATO Su uN ARGOmeNTO RIVOlTO eSCluSIVAmeNTe Al mONdO FemmINIle, Alle “dONNe CHe, ANCORA OGGI, SOFFRONO I dISAGI dI CulTuRe emARGINANTI e dISCRImINANTI”. dI SeGuITO RIPORTIAmO PeR INTeRO lA PReFAZIONe del PROF. GIuSePPe ACONe e lA PReSeNTAZIONe dellA PROF.SSA dORA GAROFAlO.

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anno XXXIX- Dicembre 2011 N. 83

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AlmanaccoGiorni Tristi

Antonetta Cione 14.06.1928 - 20.09.2011

maria Cetrulo Sanità 12.08.24 - 10.08.2011

P. Gabriele Parisi 29.02.36 - 11.08.2011

Pietro Ceres 21.04.32 - 09.09.2011

Pietro maglia 28.04.33 - 12.10.2011

Pasquale Russomanno 21.03.1925 - 30.11.2011

a zio rocco.

Queste brevi riflessioni non vogliono essere un vero e proprio elogio funebre; né un panegirico per zio Rocco, Padre Rocco; e però non si possono sottacere alcuni aspetti della sua personalità che hanno caratterizzato la sua vita.

Ne parlo con assoluta serenità: la stessa con la quale ha aspettato questo momento.

L’ho conosciuto in occasione della

cordialità e gentilezza di comportamento.Sempre sorridente, non lasciava

trasparire mai lo sconforto e la sofferenza per i tanti mali patiti. E’ come se il Signore avesse continuativamente messo a dura prova la sua incrollabile fede.

Ha accettato sempre con serenità gli accadimenti della sua vita.

La sua immensa fede gli ha fatto vivere serenamente i tanti eventi luttuosi della sua famiglia: la morte della mamma, del papà, dei fratelli più giovani.

Una fede vissuta con semplicità ma con grande rigore nel segno della castità, povertà e obbedienza.

Rigore che veniva fuori nelle sue prediche, fatte di certezze e di amore infinito nei confronti di Maria.

Rigore e semplicità che conservava

anche nelle occasioni vissute in famiglia.Amava la sua terra. Era solito fare

lunghe passeggiate anche in montagna, fino a quando il fisico glie lo ha consentito.

Una volta, lo accompagnai in macchina in montagna.

La natura, il creato lo avvicinava al Signore. E questo nel solco di Sant’Alfonso che era innamorato della bellezza.

Ci lascia un grande insegnamento, una grande eredità: la serenità nell’affrontare le cose della vita, anche quelle più amare; la semplicità dell’essere come regola di vita; la fede come certezza inconfutabile.

Grazie, zio Rocco per tutto questo. Sei stato un dono di grazia, per noi. E di questo non smetteremo mai di ringraziare il Signore.

Giuseppe Palmieri

UN UOMO CI HA LASCIATO

festa che i confratelli gli organizzarono in occasione dei 25 anni di sacerdozio. Una festa sobria come era nella personalità di Padre Rocco.

Incuriosito volli sapere da mio suocero come era da ragazzo, prima che fosse chiamato dal Signore. Mi disse che era un ragazzo normale. Quelli erano anni in cui si cominciava a lavorare e duramente da ragazzino. Un giovane come tanti; che di certo non preferiva il lavoro nei campi ad una dolce dormita. Poi d’improvviso la chiamata. E nulla fu più come prima. Quando tornava dal seminario non era più lo stesso. Completamente votato alla preghiera. E loro, i fratelli, faticavano a riconoscerlo. Pretendeva da loro la stessa fede. Ricordo che mio suocero ne parlava con grande ammirazione.

La possanza della sua figura tradiva una

L’1 luglio scorso un iscritto al Partito ci ha lasciato. Un uomo che con la sua storia, con la sua saggezza, con

il suo vigore ha dato, negli anni della sua vita, esempi di civiltà, di socializzazione di unità. La sua umiltà, il suo pragmatismo e la sua continua ricerca della soluzione dei problemi della gente, ha fatto sì che ogni amministrazione comunale ne avocasse la disciplina ed il metodo.

Io l’ho conosciuto nel 1968. Ero al mio primo anno di iscrizione al Partito Socialista. La Sezione era ubicata in Piazza Dante. In un vicolo della medesima piazza c’era la Sezione del P.C.I., la Sezione di Donato dove, al primo piano, espletava l’attività sindacale per i diritti dei suoi concittadini. Nonostante la nostra militanza in due Partiti di sinistra eravamo avversari politici. Malgrado le liste contrapposte a livello locale, io seguivo sempre e con molta attenzione l’attività politica e sindacale di Donato per la sua bontà ed il suo altruismo. Da contadino esemplare, dopo aver espletato la attività nella propria azienda, Donato arrivava in paese con la sua vecchia seicento trasportando latte fresco, appena munto, per distribuirlo ai concittadini che ne facevano richiesta. Subito dopo si recava presso la Sezione comunista per dedicarsi al partito, o al sindacato oppure si recava al Comune dove espletava le mansioni di vice-sindaco o consigliere o Assessore. Era un attivista di primo piano col quale avevo un rapporto personale e familiare di reciproca stima e amicizia. Proprio per questo buon rapporto che esisteva tra noi nel mio partito venivo

definito socialista filo­sovietico (d’altronde sono sempre stato un Lombardiano). Infine, come Donato auspicava, la politica, con la nascita del P.D. ci ha uniti. Con il congresso del Febbraio 2010 dove fui eletto Segretario, proposi Donato a Presidente del Partito. Donato rinunciò a tale proposta in quanto, l’età e la malattia non gli davano più quella grinta che lui avrebbe desiderato avere. Ora, con il ruolo che, con onore copro quale Segretario di Sezione, ho raccolto alcune testimonianze tra i Sindaci dal 1980 ad oggi: Corona, Merola, Montanari e Farina, e tra altre persone che lo hanno ben conosciuto come il suo successore del sindacato CGIL Generoso Notaro, il Direttore del giornale “La Sorgente” Ing. Nicola Conforti ed infine la testimonianza illustre dell’On Rosetta D’Amelio. Queste testimonianze, tutte fortemente elogiative circa l’attività politica di Donato Mazzariello, saranno trasmesse in un fascicolo a parte e portate alla conoscenza di quanti lo conobbero e gli vollero bene.

Ciao Donato, chi ti ha conosciuto ha avuto il piacere di conoscere un uomo.

Gelsomino Grasso Segretario Sezione Pd Caposele

Padre Rocco di masi - 25.10.27 - 09.12.2011

 

Gerardina Peccatiello n. 13.05.25 - m. 22.11.2011

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anno XXXIX - Dicembre 2011 N.83

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I LuOGHI Da VISItaRE

anno XXXIX - Dicembre 2011 N.8348

Il Bosco Difesa

La cascata del Parco della Madonnina

La Chiesa Madre

La Basilica di San Gerardo

Via Santuario

Il fiume Sele

Tutte le più belle immagini, i video e gli approfondimenti degli articoli pubblicati sono scaricabili liberamente su :FACEBOOK : periodico la sorgente

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