Søren Kierkegaard-giornalismo

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Søren Kierkegaard LIBERTÀ DALLA STAMPA (testi dal diario sulla stampa, il giornalismo, le chiacchiere ecc.) Guai, guai, guai ai giornali! Se Cristo ritornasse al mondo, Egli - come è vero che io vivo - prenderebbe come bersaglio non i sommi Sacerdoti, ma i giornalisti

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Scritti di Soren Kierkegaard sul giornalismo

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Søren Kierkegaard

LIBERTÀ DALLA STAMPA

(testi dal diario sulla stampa, il giornalismo, le chiacchiere ecc.)

Guai, guai, guai ai giornali! Se Cristo ritornasse al mondo, Egli - come è vero che io vivo - prenderebbe come bersaglio non i sommi Sacerdoti, ma i giornalisti

Direzione inversa

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Ancora ci si muove sempre in direzione del perfezionare i mezzi di comunicazione, perché la comunicazione delle chiacchiere possa avere una diffusione sempre maggiore. E a nessuno viene in mente che il compito sarebbe piuttosto di cercare se non si potessero scoprire delle macchine assorbenti, per aspirare il fumo delle chiacchiere e cose simili che mandano in malora gli stati.

X3 A 723 [1850]

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Il cambiamento di giudizio nei riguardi della stampa porterà ad abbandonare la distinzione giuridica fra il lecito e l'illecito, quasi che i giornali non potessero fare del male anche stampando o diffondendo notizie che in nessun modo si possono dire false o proibite. Si deve insistere sulla sproporzione insita nel mezzo di pubblicità, considerato in se stesso. Riportando, per esempio, in un giornale che una ragazza (con tanto di nome e cognome…che può benissimo essere esatto!) ha avuto un vestito nuovo (e la cosa può essere verissima!), a voler ripetere questa storia un paio di volte si rischia di gettare quella ragazza nell'infelicità per tutta la vita. E questa è una cosa che un uomo può coi giornali fare in cinque minuti. Perché? Per la ragione che la stampa è un mezzo di comunicazione in sé sproporzionato. Se uno inventasse uno strumento, un comodo e piccolo altoparlante, tanto potente da farsi sentire in tutto il paese, la polizia allora, per paura che la società non fosse presa dal panico, non lo proibirebbe? Così si proibiscono anche i fucili. I libri, preferibilmente quelli grossi, si potrebbero tollerare, perché a causa della loro mole non hanno alcun rapporto col «momento». Di solito il male nei giornali sta nel fatto che essi son fatti apposta per gonfiare e rendere la situazione del mondo centomila volte più importante. Ma ogni educazione morale consiste anzitutto e soprattutto nello svezzare gli uomini dalla suggestione di ciò che è momentaneo. Certamente io non farò in tempo a vederlo, ma son sicuro che ci si arriverà. Come la Cina si arrestò a un certo grado di sviluppo, così l'Europa si fermerà alla stampa: resterà ferma come un «memento», e rammenterà che il genere umano ha fatto qui una scoperta cui finì per essere sopraffatto.

IX A 378 [novembre 1848]

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Il mezzo di cui si serve la stampa per agire è la «diffusione». Ma la diffusione è la forza della menzogna, una forza fisica come quella dei pugni. Vengono in mente le parole di Goethe: «Si è abolito il diavolo e si sono avuti i diavoli» [Faust 1, 8].

IX A 468 [1848]

La tirannide dei giornali è la più abietta, la più infame di tutte: una tirannia «accattona», simile a quella di un mendicante a cui si dice di no, che continua a

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inseguirvi di strada in strada e alla fine ottiene per forza qualche cosa. Anche se si immaginasse un polemista quale mai è esistito e di opporgli un giornale, pure dovrebbe perdere. A meno che anche lui non pubblicasse un giornale: ed anche in questo caso ha perduto, in quanto si è abbassato da scrittore a giornalista (il che equivale a diventare sofista). Quindi la battaglia comincia; quel polemista eminente colpisce, e allo stesso giornalista non sfugge che il colpo è mortale e decisivo. La risposta a spizzico del giornalista mostra quale abissale distanza dell'infinità ci sia tra loro. Nondimeno il giornalista si mantiene del tutto sicuro, perché egli ragiona così: è al di sotto della dignità di uno scrittore ritornare sempre daccapo sulla stessa cosa, e pertanto egli dovrà smettere - e allora comincerò io. Intanto io continuo ogni sera od ogni settimana, e la cosa certamente prenderà piede. Più tempo passa, più l'affare sarà preda della confusione e della chiacchiera, ed il pubblico avrà a poco a poco dimenticato del tutto l'articolo dello scrittore. Così io avrò partita vinta. Dopo tanto tempo è indegno per uno scrittore ritornare sul medesimo argomento con un nuovo articolo e così io lo tengo in mio potere. Ecco la strategia che tiene a galla tutti questi ciabattini, questi portabandiera in congedo, questi arrotini e studenti di mezzo calibro. La cosa divertente in fondo è che ogni giornalista per suo conto e nel suo giornale parla sempre con grande importanza; ma se non vanno d'accordo tra di loro, allora non si lasciano addosso neppure una briciola di onore e di abilità. E perché? Perché i giornalisti sanno benissimo quali capacità si nascondono dietro il groppone enorme del pubblico, dell'opinione pubblica.

VII1 A 122 [1846]

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Ciò che corrompe e demoralizza nella comunicazione dei giornali non sta ancora tanto ch'essa comunica qualcosa di falso, ma nella garanzia guasta ch'essa offre, ossia che facilmente chi dice e chi giudica sono gli stessi: perché il fatto che ciò si trova scritto su un giornale è già una garanzia sufficiente per questo. Ma ciò che gli uomini temono di più non è tanto se ciò che i giornali scrivono sia vero o non vero, ma se dovesse accadere di trovarsi soli con un'opinione. Quelle garanzie (dei giornali) sono perciò le dande demoralizzanti che rendono gli uomini sempre più miserabili, e quest'infelicità è di gran lunga maggiore della falsità che la stampa propina. I giornali, come ogni stampa, sono una comunicazione più o meno impersonale e fatta apposta per spacciare la garanzia che molti sono della stessa opinione. Questa non ha bisogno infatti di stare nel giornale, poiché la garanzia è il fatto stesso che la comunicazione sta nel giornale.

X1 A 409 [1849]

È la vecchia storia. Si fa una scoperta - il genere umano trionfa, sull'onda dell'entusiasmo si fa di tutto per perfezionarla sempre di più. Il genere umano giubila

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e adora se stesso. Dopo molto tempo il movimento ha un arresto - ci si arresta - ma se questa invenzione è un bene, specialmente la sua straordinaria perfezione! E poi le teste più eminenti devono arrabattarsi per inventare valvole di sicurezza, freni ecc., per impedire che questa incomparabile e incomparabilmente perfezionata invenzione non finisca per distruggere e mandare in polvere il mondo intero. Si pensi all'invenzione dell'arte della stampa, perfezionata fino alla Linotype la quale ci assicura che nessuna mascalzonata o gesto di società passi inosservato. […]

X2 A 505 [1850]

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Il governo non può proibire le forze naturali di cui l'uomo è in possesso, ma può proibire di avere un fucile, perché questo è cosa troppo forte, ed è cosa più che umana. Così il governo non può proibire la parola che è un dono di Dio; ma potrebbe proibire i giornali, perché sono un mezzo di comunicazione troppo enorme. Nei giornali si dovrebbe permettere la stampa degli avvisi economici, ma in nessun modo le critiche e le argomentazioni.

VIII1 A 136 [1847]

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[…] L'arte della stampa è quasi una trovata satirica: poiché, Dio mio, ciò non ha mostrato abbastanza quanto son pochi quelli che hanno veramente qualcosa da comunicare? Così tutta questa enorme scoperta ha favorito la diffusione di tutte quelle chiacchiere che altrimenti sarebbero morte sul nascere. […]

VII1 A 186 [1846-47]

Quando una verità vince per opera di diecimila uomini in agitazione, anche supponendo che ciò che vince sia una certa verità, per la forma e il modo in cui vince, vince una falsità ancora più grande.

VIII1 A 605 [1848]

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In ogni campo, per ogni soggetto ecc., sono sempre le minoranze, i pochi, i rarissimi, i Singoli, quelli che sanno: la Folla è ignorante. Ciò è chiaro come il sole, perché, se fosse altrimenti, ogni uomo saprebbe tutto. E proprio perché le cose non stanno così, ogni uomo ha o dovrebbe avere un proprio oggetto, piccolo o grande, complesso o difficile o meno difficile di cui conosce qualcosa, così che egli è il

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maestro e gli altri (la Folla, la pluralità), quelli che imparano, e così tutti in questa o quella cosa, ognuno avrà il proprio oggetto. Ma che fa ora il giornale? Esso comunica tutto ciò che comunica (l'oggetto è indifferente: politica, critica ecc.), come se fosse la Folla, la pluralità a saperlo. Per questo i giornali sono il sofisma più funesto che sia mai apparso. Ci si lamenta perché qualche volta appare qualche articolo falso: - ahimè, che inezia! No, è l'intera forma della comunicazione nella sua essenza che è falsa. Nell'antichità si lusingava la folla in modo puramente materiale per via di danaro e panem et circenses…: ma la stampa ha spiritualmente adulato la classe media. Noi abbiamo bisogno di silenzio pitagorico. […]

VIII1 A 134 [1847]

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[…] Vogliono avere la «Folla» dalla loro parte e, se non ci riescono, si scagliano contro di essa. Non capiscono che proprio nella Folla sta il male.

VIII1 A 611 [1848]

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Il rapporto fra i giornali e gli scrittori è il seguente: uno scrittore sviluppa con chiarezza e coerenza un certo pensiero - frutto forse di molti anni di lavoro: nessuno lo legge. Ecco che un giornalista in una mezz'ora abborraccia quattro chiacchiere quasi spacciandosi per autore del libro - questo lo leggono tutti. Tutta l'importanza dell'esistenza di uno scrittore è di offrire a un giornalista l'occasione di scrivere quattro chiacchiere che tutti leggono. Se non ci fosse lo scrittore, al giornalista mancherebbe questa occasione - ergo è importante che lo scrittore esista!

VIII1 A 140 [1847]

16 marzo. - Così com'è adesso la situazione mondiale, essere scrittori dovrebbe rappresentare il compito straordinario nella vita, un compito che si sottrae alla dialettica del generale (impieghi, prebende e cose simili). La produzione di uno scrittore deve quindi non solo portare testimonianza dell'idea, ma l'esistenza dello scrittore deve corrispondere all'idea. Ahimè, di tutte le categorie quella della «realtà» è diventata la più mediocre, essere scrittore è diventato appartenere a un ceto e condizione ingolfata nella temporalità non meno di qualsiasi altra. Ci si deve adoperare gli uni per gli altri, recensire gli scritti reciprocamente, chiacchierare di quel che si pensa di fare adesso ecc. Soprattutto i più vicini devono trarre qualche vantaggio dalla relazione, avere qualche notizia da smerciare…: che essi stessi hanno visto il manoscritto, che è stato loro letto qualche brano, che hanno parlato con l'autore. […]

VII1 A 104

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[1846]

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Un po' alla volta la critica giornalistica si estenderà agli argomenti più sorprendenti. L'altro giorno ho letto in un giornale di provincia che un condannato era stato giustiziato dal boia N.N. il quale assolse il suo compito con «molta precisione». Similmente il boia F.F., che era presente a una fustigazione, assolse il suo compito «alla perfezione»!

VII1 A 37 [1846]

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Cercare l'applauso del «momento» è come correre dietro alla propria ombra. Essa fugge da colui che le corre appresso. Mi viene in mente un'illustrazione di un libro devoto: un bambino corre dietro alla sua ombra, ed è l'ombra precisamente che corre con lui.

VII1 A 38 [1846]

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Un ironista, che ha dalla sua la maggioranza, è «eo ipso» un ironista mediocre. Poiché avere la maggioranza è l'aspirazione dell'«immediatezza», l'ironia è sospetta tanto per le destre quanto per le sinistre. Un vero ironico non ha quindi mai avuto dalla sua la maggioranza, il buffone sì.

VII1 A 101 [1846]

Passerà ancora molto tempo prima che la storia del mondo arrivi davvero a possedere il concetto del Singolo. Prima bisognerà frantumare gli Stati: più grande è il progresso, più piccolo sarà lo Stato. Se tutti avranno da partecipare al Governo, lo Stato dovrà essere piccolissimo.

VIII1 A 552 [1848]

***[…] … i più non riescono a pensare: per ritenere un'idea devono riunirsi in cricche dove si confermano a vicenda e asseriscono che quel che pensano è giusto, altrimenti non oserebbero pensarlo. Stando così le cose è impossibile concepire il Singolo: perché il Singolo è impossibile pensarlo «en masse», per la ragione che lo si pensa appunto per disperdere la massa.

VIII1 A 551

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[1848]

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Che tremenda sproporzione! La scrittura afferma che l'uomo nell'eternità dovrà «rendere conto di ogni parola superflua» [Mt. 12, 36]. Ma è anche la consolazione più grande, perché almeno non vi avremo più la seccatura dei giornali. Si pensi soltanto a quel che altrimenti sarebbe il rendiconto!

IX A 478 [1848]

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[…] … che un uomo solo possa ogni settimana od ogni giorno ottenere che in un attimo da 40 a 50.000 persone dicano e pensino la medesima cosa, ciò è orrendo. Ed il colpevole non si può mai afferrare di persona; e le migliaia che egli aizza contro qualcuno sono in un certo senso innocenti.Guai, guai, guai ai giornali! Se Cristo ritornasse al mondo, Egli - come è vero che io vivo - prenderebbe come bersaglio non i sommi Sacerdoti, ma i giornalisti.

X1 A 258 [1849]

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Il fatto che ogni comunicazione si faccia con la stampa, ha portato la confusione dappertutto. Tutto è diventato impersonale. Perciò gli Stati hanno raccolto una scoria inorganica, un'enorme scoria: la folla, che nessuno riesce ad accostare, perché i maestri non sono persone ma scrittori i quali, nascosti agli occhi di tutti, inviano alcuni pensieri fuori del mondo.

X1 A 356 [1849]

Anche se la mia vita non avesse avuto altro significato, di una cosa mi terrò ben soddisfatto: di aver scoperto con precisione l'esistenza assolutamente demoralizzante dei giornali. È la stampa, più precisamente i giornali e tutta la vita moderna che vi corrisponde, ciò che in fondo rende impossibile il Cristianesimo. Prendiamo per es. il caso di Cristo. Pensare che egli dovesse servirsi di un giornale per predicare la sua dottrina, è per 17 ragioni un controsenso, una bestemmia: anche per la ragione che ogni parola che egli dice deve dare l'enfasi della personalità, dell'Io che la dice. La comunicazione della stampa è un'astrazione che pretende di essere più alta della personalità singola; ma con Cristo si ha, mi sembra, esattamente il contrario. […]

X2 A 17 [1849]

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[…] La stampa può ad ogni momento far oscillare l'esistenza fino a renderla pazzesca. Si potrebbe dire: può succedere la stessa cosa con le conversazioni, come se ora qualcuno si sforzasse di raccontare ai quattro venti in tutta la città che la signorina Hansen si mette il rossetto. No, nient'affatto. Infatti, perché le parole si diffondano e si fissino in capo, occorre molto più tempo e molti più intermediari per fare circolare la chiacchiera. E quanti sono poi quelli che ci trovano gusto a parlare di queste cose? Ma con la stampa la cosa si può fare , basta uno solo e poi la cosa è fatta ed il fatto che ciò è stampato giustifica che se ne chiacchieri a piacimento. Superbo! Di una cosa di cui non si oserebbe neppure parlare - ecco che si può usare la stampa per diffonderla e così se ne chiacchiera a piacimento perché si trova sul giornale. E questo come accade? Molto semplicemente: quando due parlano insieme, si tratta di due uomini reali, di qui un certo pudore di chiacchiere di simili cose, se ne vergognano. Ma la stampa - che non è «nessuno», non c'è nessuno quindi che possa vergognarsi. E quando qualcosa è detto sui giornali, allora c'è materia per chiacchierare, poiché ora c'è qualcosa di stampato: se sta sui giornali, ne possiamo chiacchierare.

Fin quando sussiste la stampa , il Cristianesimo è impossibile. Se si deve introdurre realmente il Cristianesimo nella realtà (quindi che non sia declamato da un prebendato o da un impiegato in una chiesa con questa riserva che naturalmente costui non è così incolto né così personale da pensare di colpire i presenti o principalmente i contemporanei come se volesse obbligarli o giudicarli), ecco che è inevitabile che il predicatore attirerà una notevole attenzione su di sé. Senza paludarsi di qualche illusione (ciò che è necessario per predicare in verità il Cristianesimo), egli deve attirare l'attenzione sulla sua persona. Nello stesso secondo ecco che i giornali l'acchiappano. Non c'è bisogno che essi dicano una sola parola di male su di lui: no, bastano le chiacchiere, quelle cose indifferenti che si dicono fra loro marito e moglie in camera da letto - ed egli in pochissimo tempo sarà divorato. Basta che un giornale esca due volte al giorno con 5000 abbonati e per 14 giorni due volte al giorno con la sua caricatura e si scrivano le cose più indifferenti sulla sua persona ed ecco ch'egli è indebolito. Per sopportare questo trattamento si esige eroismo. Ammettiamo che l'abbia, ma non sarà questo che impedirà la sua sorte. Ma si esigerà anche qualcosa di più; si esige quasi l'eroismo nei contemporanei per mantenere intatta l'idea che hanno di lui. Leggendo sulla stampa tutte quelle chiacchiere sul suo conto, sentendole circolare per la città tutto il giorno, questo si pianta senza volerlo nel cervello ed in ogni generazione sono pochi, molto pochi coloro che, in simile circostanza, sono in grado di mantenere l'idea di lui; anche senza volerlo la chiacchiera esercita il suo potere su di loro - ed eccolo diminuito. Ma in un altro modo il Cristianesimo non può in verità essere introdotto nella realtà se non da una personalità tale che osi marcare così a lungo: ergo il Cristianesimo è impossibile fin quando sussiste la stampa. Poiché il fatto che un predicatore del Cristianesimo voglia usare anch'egli i giornali, sarebbe un'autocontraddizione […].

X2 A 634

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[1850]

L'avversione e l'orrore che ispirano oggi i gesuiti e cose simili (perché col nome gesuita si pensa subito a quell'abominevole degenerazione), si sentirà un giorno per i giornalisti. È certamente possibile trovare della brava gente tra i macellai, ma una certa brutalità è inseparabile dal loro stesso mestiere e ne fa parte. Peggio ancora coi giornalisti: un certo grado di disonestà è inseparabile anche dal giornalista più onesto. La caduta più profonda dell'umanità è caratterizzata dal giornalismo: esso è un tentativo empio di voler fare di un astratto la forma assoluta. L'anonimato giornalistico è il trionfo completo della menzogna. Se io fossi padre e avessi una figlia che è stata sedotta, non dispererei, avrei ancora speranze nella sua salvezza; ma se avessi un figlio che avesse fatto il giornalista per cinque anni, lo abbandonerei. È possibile che nel caso concreto ora accennato, io mi sbagli e che proprio la figlia si perda e il figlio ritorni; ma alla luce dell'idea la mia osservazione è esatta. Servire la politica con i giornali, è per un uomo qualcosa di eccessivo. Chi potrebbe dire di non avere una sola volta, forse molte volte, fatto ricorso a una piccola bugia? Ma usarne tutti i giorni con migliaia e migliaia di lettori…, questa è una cosa tremenda! - Si ha orrore della brutalità con cui il macellaio usa il coltello; ma questo è nulla di fronte alla leggerezza orrenda e alla durezza di cuore con cui un giornalista, rivolgendosi magari alla nazione intera, spaccia il falso!

X2 A 314 [1849-50]

I giornali

L'effetto demoralizzante dei giornali lo si può vedere anche nel modo seguente. Chissà se in ogni generazione si trovano una decina, i quali - socraticamente - temano più di tutto di avere un'opinione sbagliata; ci sono invece migliaia e milioni che anzitutto hanno paura di starsene soli, anche se lo starsene soli fosse l'opinione più giusta. Basta che una cosa sia scritta in un giornale e si può eo ipso essere sicuri che c'è sempre un buon numero che avranno o manifesteranno la stessa opinione: ergo puoi benissimo anche tu avere quest'opinione. In verità, se i giornali dovessero, come gli altri negozianti, mettere fuori un'insegna, essa dovrebbe portare la scritta: Qui si demoralizzano gli uomini nel più breve tempo possibile, secondo la più grande misura e al prezzo più basso possibile!

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X5 A 138 [1853]

I giornali

hanno in fondo lo scopo di rendere impossibile la personalità. Perché essi agiscono come un immenso astratto, il genere umano, che soverchia infinitamente il Singolo. È un mezzo che l'antichità non conosceva: nell'antichità la lotta tra una personalità e un astratto non era così sproporzionata come ai nostri tempi, dove un singolo (cioè in modo impersonale, canagliesco) può usare quest'arma contro il Singolo.

XI1 A 25 [1853]