Sordi e religione · 2016-06-16 · molto PIù della mera relIgIone A partire dal 1900, ......

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5 dossier segni amo - febbraio/marzo 2016 Sordi e religione Il mondo dei sordi, in Svizzera, è ormai da secoli strettamente legato alle chiese (cristiane). Il rapporto è stato a lungo unidirezionale, perché i sordi dovevano adattarsi alla lingua scritta e parlata delle chiese. Oggi, sempre più religioni si accorgono di poter trarre pro- fitto dalla cultura dei sordi. testo: Martina Raschle; foto: Thinkstock, Cronache della parrocchia per sordi di Zurigo; traduzione: Catia De Ronzis « Chi non è in grado di sen- tire bene, non può credere.» Quest’asserzione del padre della chiesa Agostino (354 – 429), ha gravi conseguenze per i sordi in Europa. Fin dentro al 20° secolo, i sordi non sono con- siderati dei cittadini a pieno titolo, perché «non hanno una lingua». Dopo aver vi- sto una persona sorda intenta a segnare, Agostino cambia la sua dichiarazione. Ammette che i sordi possono raggiungere la fede tramite la lingua dei segni. Ma è già troppo tardi, ormai si è diffusa la cre- denza che i sordi non hanno una lingua e non possono credere in Dio. I MONACI INVENTANO L ALFA- BETO MANUALE Dal momento che l’educazione dei sordi compete alla Chiesa, essa rimane a stretto contatto col mondo dei sordi. Pur es- sendo vero che la maggior parte dei mo- naci ritengono che i sordi siano poco in- telligenti, vengono comunque intrapresi singoli tentativi d’istruzione. Tali lezioni ottengono di tanto in tanto il successo sperato, in particolare se i monaci utiliz- zano l’alfabeto manuale e qualche segno come ausilio d’insegnamento. L’alfabeto manuale è utilizzato anche tra i monaci, perché spesso nei conventi vige l’obbligo del silenzio. È una situazione paradossale: da una parte, la religione cristiana discri- mina i sordi, dall’altra è proprio nei mo- nasteri che la comunicazione (silenziosa) funziona piuttosto bene coi sordi. PEDAGOGIA DEDICATA AI SORDI Nel 1760, un uomo di chiesa francese utilizza l’alfabeto manuale per istruire si- stematicamente i bambini sordi. Si tratta dell’Abbé de l’Epée. Attraverso l’alfabeto manuale e singoli segni, i bambini impa- rano a conoscere le lettere dell’alfabeto e a capire alcune nozioni. In questo modo, i bambini ottengono un accesso alla scrit- tura. L’Abbé de l’Epée è convinto del fatto che la lingua funzioni anche tra- mite i segni e che i sordi possano dunque avere una loro lingua. Grazie al suo me- todo, per la prima volta i bambini sordi riescono a raggiungere un buon livello di formazione. Essi sono in grado di leggere la Bibbia. Ma questa modalità manuale è oggetto di una controversia tra vari esperti, perché i bambini non imparano a parlare. La disputa che ha investito la pe- dagogia dedicata ai sordi viene risolta nel 1880 durante il congresso di Milano a fa- vore del metodo orale. Questo congresso segna dunque un momento fatale per i sordi: i segni sono banditi dalle aule sco- lastiche e i bambini sordi devono leggere il labiale e imparare a parlare. LA NOIA IN CHIESA Questa decisione ha ripercussioni anche nell’educazione religiosa. I sordi devono prendere posto nei banchi tra le persone udenti e sono costrette ad annoiarsi, per- ché non riescono a capire assolutamente nulla. Nel 1895, il sordo svizzero Eugenio Sutermesiter, scrive: «Eravamo costretti a trascorrere un’ora intera nella chiesa del paese, benché non capissimo assolu- tamente nulla della predica, giacché il prete era troppo lontano e troppo in alto nel suo pulpito, parlando infine troppo in fretta perché noi potessimo leggere il labiale.» Anche i preti si accorgono che i sordi vivono nella comunità in maniera isolata, subendo un’emarginazione so- ciale e privati della possibilità di capire i contenuti religiosi. MOLTO PIÙ DELLA MERA RELIGIONE A partire dal 1900, singole comunità ec- clesiastiche iniziano a tenere delle ore di studio biblico apposta per i sordi. Queste lezioni sono di grande impatto. Da una parte, i sordi riescono a capire meglio il parroco, se quest’ultimo si situa davanti a loro e parla in maniera chiara. Alcuni preti, inoltre, distribuiscono la predica anche sotto forma di testo scritto. Ma la cosa più importante è l’aspetto sociale. Durante lo studio biblico e dopo le messe, i sordi possono incontrarsi e scambiarsi I monaci hanno notato presto che i sordi comunicano tramite segni.

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Sordi e religioneIl mondo dei sordi, in Svizzera, è ormai da secoli strettamente legato alle chiese (cristiane). Il rapporto è stato a lungo unidirezionale, perché i sordi dovevano adattarsi alla lingua scritta e parlata delle chiese. Oggi, sempre più religioni si accorgono di poter trarre pro-fitto dalla cultura dei sordi.testo: Martina Raschle; foto: Thinkstock, Cronache della parrocchia per sordi di Zurigo; traduzione: Catia De Ronzis

«Chi non è in grado di sen-tire bene, non può credere.» Quest’asserzione del padre della

chiesa Agostino (354 – 429), ha gravi conseguenze per i sordi in Europa. Fin dentro al 20° secolo, i sordi non sono con-siderati dei cittadini a pieno titolo, perché «non hanno una lingua». Dopo aver vi-sto una persona sorda intenta a segnare, Agostino cambia la sua dichiarazione. Ammette che i sordi possono raggiungere la fede tramite la lingua dei segni. Ma è già troppo tardi, ormai si è diffusa la cre-denza che i sordi non hanno una lingua e non possono credere in Dio.

I monacI Inventano l’alfa-beto manualeDal momento che l’educazione dei sordi compete alla Chiesa, essa rimane a stretto contatto col mondo dei sordi. Pur es-sendo vero che la maggior parte dei mo-naci ritengono che i sordi siano poco in-telligenti, vengono comunque intrapresi singoli tentativi d’istruzione. Tali lezioni ottengono di tanto in tanto il successo sperato, in particolare se i monaci utiliz-zano l’alfabeto manuale e qualche segno come ausilio d’insegnamento. L’alfabeto manuale è utilizzato anche tra i monaci, perché spesso nei conventi vige l’obbligo del silenzio. È una situazione paradossale: da una parte, la religione cristiana discri-mina i sordi, dall’altra è proprio nei mo-nasteri che la comunicazione (silenziosa) funziona piuttosto bene coi sordi.

PedagogIa dedIcata aI sordINel 1760, un uomo di chiesa francese utilizza l’alfabeto manuale per istruire si-

stematicamente i bambini sordi. Si tratta dell’Abbé de l’Epée. Attraverso l’alfabeto manuale e singoli segni, i bambini impa-rano a conoscere le lettere dell’alfabeto e a capire alcune nozioni. In questo modo, i bambini ottengono un accesso alla scrit-tura. L’Abbé de l’Epée è convinto del fatto che la lingua funzioni anche tra-mite i segni e che i sordi possano dunque avere una loro lingua. Grazie al suo me-todo, per la prima volta i bambini sordi riescono a raggiungere un buon livello di formazione. Essi sono in grado di leggere la Bibbia. Ma questa modalità manuale è oggetto di una controversia tra vari esperti, perché i bambini non imparano a parlare. La disputa che ha investito la pe-dagogia dedicata ai sordi viene risolta nel 1880 durante il congresso di Milano a fa-

vore del metodo orale. Questo congresso segna dunque un momento fatale per i sordi: i segni sono banditi dalle aule sco-lastiche e i bambini sordi devono leggere il labiale e imparare a parlare.

la noIa In chIesaQuesta decisione ha ripercussioni anche nell’educazione religiosa. I sordi devono prendere posto nei banchi tra le persone udenti e sono costrette ad annoiarsi, per-ché non riescono a capire assolutamente nulla. Nel 1895, il sordo svizzero Eugenio Sutermesiter, scrive: «Eravamo costretti a trascorrere un’ora intera nella chiesa del paese, benché non capissimo assolu-tamente nulla della predica, giacché il prete era troppo lontano e troppo in alto nel suo pulpito, parlando infine troppo in fretta perché noi potessimo leggere il labiale.» Anche i preti si accorgono che i sordi vivono nella comunità in maniera isolata, subendo un’emarginazione so-ciale e privati della possibilità di capire i contenuti religiosi.

molto PIù della mera relIgIoneA partire dal 1900, singole comunità ec-clesiastiche iniziano a tenere delle ore di studio biblico apposta per i sordi. Queste lezioni sono di grande impatto. Da una parte, i sordi riescono a capire meglio il parroco, se quest’ultimo si situa davanti a loro e parla in maniera chiara. Alcuni preti, inoltre, distribuiscono la predica anche sotto forma di testo scritto. Ma la cosa più importante è l’aspetto sociale. Durante lo studio biblico e dopo le messe, i sordi possono incontrarsi e scambiarsi

I monaci hanno notato presto che i sordi comunicano tramite segni.

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le loro impressioni. Si forma così una co-munità al di fuori delle scuole per sordi e vengono fondate sempre più associazioni di sordi. D’altra parte, però, le chiese esercitano una grande influenza sulla vita dei sordi, anche al di fuori della reli-gione. Esse fungono da intermediarie nel mercato del lavoro, contrattato le condi-zioni con le autorità ed esercitano la loro influenza persino nella vita di famiglia. Questo stato di cose è assai delicato, per-ché molti preti sono contrari alla possibi-lità di unire in matrimonio due persone sorde e lasciarle generare dei figli. I sordi continuano a essere ritenuti incapaci di autonomia e, dunque, socialmente dipen-denti.

I sordI nel ruolo dI clIentI L’emancipazione dei sordi e la mag-giore separazione tra Stato e Chiesa in Svizzera alla fine del 20o secolo cam-biano la pedagogia dedicata ai sordi e, di conseguenza, anche l’influenza della Chiesa. L’adattamento delle fun-zioni religiose alle esigenze dei sordi per lungo tempo è rimasto un merito da attribuirsi all’atteggiamento di alcuni

preti dediti alle persone sorde. Alcuni di loro pensavano: «I sordi devono co-munque venire a messa, e allora tanto vale che almeno capiscano qualcosa». Oggi i bambini sordi non sono più istru-iti dalle suore, i sordi possono scegliere autonomamente la loro religione e la comunità sorda si è organizzata da or-mai molto tempo anche al di fuori del mondo ecclesiastico. Le chiese devono offrire delle prestazioni, affinché le per-sone sorde frequentino le loro messe. Ed è proprio quello che fanno: Già dal 1954, un coro dei mimi prende a lavorare a so-stegno delle messe e sempre più persone sorde assumono cariche di responsabilità all’interno delle chiese, contribuendo alle decisioni della comunità. Il canton Vaud ha addirittura un prete sordo, ovvero il vincitore del Prix VISIO, Jean Charles Bichet.

credere con glI occhIDa molto tempo ormai, i mezzi ausiliari tecnici (beamer, retroproiettori, etc.) o umani (interpreti di lingua dei segni) hanno fatto la loro entrata nelle chiese e appartengono all’offerta standard delle messe. I preti, per la maggior parte udenti, si adeguano alle esigenze della loro clien-tela, mentre un tempo avveniva il con-trario. Essi imparano la lingua dei segni

L‘Abbé de l’Epée ha istruito i bambini sordi con molto successo grazie

all’utilizzo dei segni.

I sordi sono stati a lungo costretti a leggere le parole dalle labbra del prete.

LE CHIESE HANNO A LUNGO INFLUITO SULLA VITA DEI SORDI – ANCHE

AL DI FUORI DELLA RELIGIONE.

e prendono parte alla cultura dei sordi. Anche altre offerte mostrano di come oggi la clientela sorda sia presa sul serio: In America e in Svizzera ci sono progetti che mirano a rendere accessibile la Bibbia su internet tramite una traduzione in lin-gua dei segni. Inoltre, alcune comunità religiose parlano ai sordi utilizzando dei messaggi visivi, nella speranza di acqui-sire nuovi membri. Ma oggi non sono solo le messe a essere più visive. Molte religioni hanno capito che la fede non passa solo dalle orecchie. Esse riprendono idee visive, come la griglia per indicare i numeri dei canti o la proiezione scritta della predica. A trarre profitto da queste conquiste visive sono tutti i membri della chiesa, non importa se sordi o udenti. ■

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Coro dei mimi: rendere visibile la religione

Dal 1954 il coro dei mimi di Zurigo rende indimenticabili le messe. Questo coro è compo-sto unicamente da persone sorde e audiolese. Esse traducono la «parola di Dio» attraverso la pantomima, così da permettere ai sordi di toccare con mano i contenuti delle messe. testo e foto di Rolf Ruf: Martina Raschle; foto del coro dei mimi: tratte dal libro «Mimenchor»; traduzione di Catia De Ronzis

«Voglio fare di voi dei pescatori di uomini!» Nel 1943, il sacerdote Jakob Stutz tenta disperatamente

di spiegare ai sordi in una messa consa-crata a loro il significato di queste parole di Gesù. Non ci riesce. I sordi leggono il labiale, ma le parole non hanno senso. E alcuni sordi sono seduti anche troppo lontano per leggere dalle labbra. In effetti, all’epoca nelle chiese non esisteva nessun tipo di retroproiettore.

la bIbbIa nella ProPrIa lInguaPer il giovane prete Eduard Kolb, quel giorno rappresenta esattamente la prima visita di una messa per sordi tenuta da padre Stutz. Nota i vani tentativi di quest’ultimo e tra sé e sé pensa che biso-gna cambiare qualcosa. A quei tempi, la chiesa protestante svizzera pretende che la messa per i sordi debba costituirsi da «preghiere e prediche». Ma a padre

Kolb viene in mente il riformatore tede-sco Martin Luther, che tradusse la Bibbia nella lingua del popolo, affinché esso po-tesse comprendere la parola di Dio. La lingua dei sordi è visiva, si dice tra sé e sé Eduard Kolb. Quindi per loro la Bibbia dev’essere rappresentata in maniera visiva. Nasce così l’idea del coro dei mimi. Nel 1945, Kolb viene ordinato sacerdote dei sordi del canton Zurigo e fonda imme-diatamente un coro di mimi, che funge da sostegno alla messa e da complemento alla predica. Il gruppo fa molti esperi-menti – segni, teatro, danza, costumi – e nel 1954, il gruppo dei mimi diventa il «coro dei mimi di Zurigo». Nei 17 anni seguenti, questo coro lavora a stretto con-tatto con l’insegnante di balletto, Max Lüem, sperimentando così un continuo miglioramento. Più tardi, il presidente del coro dei mimi, Rolf Ruf, dirà: «Eravamo ambiziosi. Per la chiesa, solo il meglio è buono abbastanza; esibirsi durante la messa significa esibirsi dinanzi a Dio.»

Recita natalizia del coro dei mimi nel 1960.

Per tuttI I sensI, Per tutte le Persone

Le esibizioni del coro dei mimi rappresen-tano a tutt’oggi un’esperienza per tutti i sensi; il prete elabora i testi e abbozza le recite, il coreografo le trasforma in movi-mento, mentre un musicista accompagna la pantomima. Attraverso la pantomima, il coro dei sordi si differenzia da altre forme artistiche visive dedicate alle per-sone sorde, ad esempio dai cori di lingua dei segni. Questi ultimi traducono il testo delle canzoni in determinati segni della lingua dei segni, seguendo il ritmo ed esprimendo il tenore della canzone. Per la gente, ciò è molto bello a vedersi, ma non tutti godono di pari accessibilità al conte-nuto, visto che non tutti padroneggiano la lingua dei segni. Il linguaggio del coro dei mimi, invece, è universale: movimento, mimica e gioia. In questo modo, il coro dei mimi realizza il sogno di Martin Luther: ovvero, che la Bibbia sia accessibile a tutti.

Recita natalizia del coro dei mimi nel 2009.

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Segni amo: Lei fa parte del coro dei mimi da ormai oltre 60 anni. Da dove prende la motivazione per an-dare avanti dopo tutti questi anni? Rolf Ruf: Per me significa svago e gioia. Nel mio lavoro di architetto dovevo sem-pre concentrarmi. In più praticavo anche balletto, acrobazia e recitazione, tutto questo insieme agli udenti. Nel coro dei mimi potevo sfruttare le mie esperienze. Il teatro e l’espressività mi affascinavano già fin da bambino. Ad esempio, quando mi trovano a fare il boy scout tra gli udenti, loro cantavano intorno al falò, ma io non sapevo cantare. Allora ravvivavo la fiamma e all’ombra delle lingue di fuoco mi dedicavo alla pantomima. Era uno spettacolo che entusiasmava tutti!

Il coro dei mimi è stato fondato per rappresentare racconti biblici. Un fattore importante per lei? Le sacre messe hanno senso solo se sono adattate ai sordi e se offrono delle pos-sibilità espressive e culturali anche per la visività delle persone audiolese. Ciò avviene con le canzoni gesticolate e con le esibizioni di pantomima. Sono con-vinto che arricchire le messe con tante idee rappresenti un sostegno ideale per il pubblico, ad esempio una predica accom-pagnata da danza, canzoni gesticolate ed esibizioni bibliche in pantomima. Credo in Dio, ma lui è invisibile, mentre la gioia è visibile. Secondo me, nel coro dei mimi non si tratta solo di religione, bensì anche di esibirsi con gioia.

Accanto alla pantomima, i sordi hanno trovato anche altre forme espressive in chiesa, come ad esem-pio le canzoni in lingua dei segni… Sì, il coro di lingua dei segni di San Gallo di Inge Scheiber. Sento però un’enorme differenza tra la canzone in lingua dei se-gni e la pantomima. Durante la canzone in lingua dei segni, il coro rimane statico, si limita a tradurre in lingua dei segni il testo e a seguire il ritmo della canzone. La

pantomima, invece, è più libera. A Berna, un tempo, c’era un altro coro dei mimi, ma purtroppo quest’ultimo si è arreso. Un coro dei mimi ha bisogno di persone valide. I mimi sono tutti volontari, non ricevono alcun compenso. Per questo bi-sogna rivolgersi a loro in maniera sensi-bile.

L’attuale recita di Natale è di padre Matthias Müller. Qual è il suo ruolo? Un rifugiato e un cameriere d’albergo.

Un rifugiato?Sì. La storia di Natale è sempre uguale: Maria, Giuseppe, i tre re magi, la man-giatoia. Matthias Müller ha sempre nuove idee, risulta sempre attuale e mo-derno. Vogliamo rappresentare Maria e Giuseppe nel contesto odierno, renden-doli persone normali come noi, ma nel ruolo di rifugiati. Innumerevoli persone fuggono dalla guerra e dalla fame. In que-sti giorni, anche nelle masse di persone in fuga nascono bambini. Alcuni di loro forse in una stalla sulla paglia!

Quindi recitate la storia natalizia «normale», ma in versione moderna? Sì, Matthias Müller ha tradotto la storia, affinché le persone possano stupirsi e af-finché possano ricordarsi che il Natale simboleggia la pace. Questo mi piace. C’è tensione, ci sono poli opposti. È un bene che il coro dei mimi cambi in continuazione. Così, anche a 80 anni non smetto di imparare a rapportarmi ai miei giovani colleghi per recitare in-sieme a loro.

Come vorrebbe veder cambiare il coro dei mimi in futuro?Le messe sono sostenute da un piccolo gruppo di mimi che recitano con pia-cere. Ma il coro dei mimi stesso dovrebbe esibirsi più spesso in pubblico, per esem-pio a teatro. È importante anche per gli udenti! Essi si lasciano entusiasmare dalla pantomima, dalla nostra combina-zione tra gioia e teatro. Questo è quanto possiamo tramandare, così sordi e udenti potrebbero incontrarsi più spesso.■

Rolf Ruf mostra la sua gioia di recitare

«Dio è invisibile – la gioia è visibile»Rolf Ruf (80) è membro del coro dei mimi sin dalla sua fondazione e dal 1974 lo presidia. In quest’intervista racconta di come anche dopo 62 anni, il coro dei mimi continui a svilupparsi.

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La Bibbia in LSF finalmente online!Benché la Bibbia rappresenti il libro più diffuso al mondo perché tradotto in un numero imprecisato di lingue e di dialetti, in lingua dei segni esistono stranamente solo delle tradu-zioni puntuali. Per fortuna che una di queste traduzioni è stata intrapresa nel 2007 in LSF e l’immissione su internet nel settembre 2015 ne facilita ora la diffusione. testo: Sandrine Burger; foto: www.bible-lsf.org; traduzione: Catia De Ronzis

Grazie all’instancabile lavoro di due gruppi di volontari con base a Ginevra e Vevey, una parte della

Bibbia è ora accessibile in lingua dei segni francese (LSF) su internet dal settembre 2015. Un lavoro titanico che continua il suo corso….

un’orIgIne InternazIonaleOriginariamente, questo progetto di traduzione della Bibbia in LSF era inter-nazionale. Sotto l’impulso dell’Alleanza biblica francese, nove gruppi di volontari provenienti da quattro diversi Paesi fran-cofoni (Francia, Svizzera, Belgio e Congo), nel 2007 si sono lanciati nella traduzione del Vangelo di Luca. Un lavoro titanico che ha visto la formazione di due gruppi in Romandia, uno a Ginevra e uno a Vevey, entrambi costituiti da volontari sordi pra-tici della lingua dei segni, di esperti della Bibbia, di cineasti per le riprese video e di persone udenti implicate in vari modi nel progetto, sia cattoliche che protestanti.

I romandI contInuanoIn occasione dell’uscita del cofanetto di DVD (3 DVD di 9 ore) del Vangelo di

Luca in LSF, i due gruppi svizzeri implicati in questa traduzione non hanno voluto fermarsi nel bel mezzo del cammino intra-preso. Forti della loro esperienza e animati dalla volontà di proseguire, si sono lanciati nella traduzione del Libro di Giona, il cui cofanetto è apparso alla fine del 2012 gra-zie al sostegno della Società biblica svizzera e dell’Alleanza biblica francese.

dIffusIone su InternetCi sono state varie ragioni che hanno spinto i responsabili del progetto a immettere que-ste traduzioni della Bibbia in rete. Il primo motivo è molto banale : il formato DVD è ormai semplicemente superato. Ma soprat-tutto, come sottolineato anche dalla sa-cerdotessa in pensione, Anne-Lise Nerfin, co-responsabile del progetto: «Mettendo queste traduzioni in rete, esse sono dispo-nibili per chiunque e ciò gratuitamente.»

Il sItoDisponibile all’indirizzo www.bible-lsf.org, il sito propone attualmente Il Vangelo di Luca e Il Libro di Giona. Ogni racconto è suddiviso in capitoli e ogni videofilmato raggruppa 3-4 versetti, il che permette a

tutti di seguire il proprio ritmo, senza es-sere forzati a guardare tutto in un colpo solo. I filmati non solo sono interpretati in lingua dei segni francese, ma sono anche sottotitolati in francese e completati da una voce fuoricampo che in francese legge ad alta voce i versetti in questione. Queste modalità vengono applicate per garantire a tutti un’autentica accessibilità ai medesimi testi. Il tutto è completato da un lessico (LSF con sottotitoli), creato non solo per presentare taluni segni poco conosciuti dai sordi stessi, bensì anche per spiegare il significato dei termini non sempre così evi-denti a prima vista.

un seguIto?Ufficialmente inaugurato il 19 novembre 2015, il sito è uno strumento prezioso, destinato a evolversi continuamente. In effetti, i gruppi di traduzione romandi continuano a riunirsi regolarmente e i loro sforzi hanno permesso di venire a capo della traduzione dei primi undici capitoli della Genesi. La realizzazione dei videofilmati è attualmente in corso e que-sto elemento supplementare della Bibbia in LSF dovrebbe essere messo in linea già nella primavera di quest’anno (2016). ■

Video: Libro di Giona Video: Il Vangelo di Luca

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Quando la manipolazione è dietro l’angolo

In Svizzera, il cattolicesimo e il protestantesimo hanno saputo aprirsi ai credenti sordi, pro-ponendo loro messe e studi biblici in lingua dei segni. Ma che ne è delle altre religioni? Non è forse vero che la mancanza d’informazioni religiose rappresenta un potenziale ri-schio di deriva verso organizzazioni ben strutturate, tipo le sette o i gruppi estremisti, in grado di trarre vantaggio da questo punto debole? testo: Sandrine Burger; disegno: Frédérik Vauthey, immagine: www.jw.org; traduzione: Catia De Ronzis

Come riferito nelle pagine pre-cedenti, in Svizzera la religione cristiana (cattolica e protestante)

ha saputo tener conto della comunità dei sordi, offrendole studi biblici e messe tradotte in lingua dei segni. Anche il servizio pubblico reso dalla televisione svizzera non manca mai di sottotitolare la trasmissione delle messe domenicali.

Ma che ne è delle altre due religioni mo-noteiste presenti in Svizzera, ovvero l’i-slam e l’ebraismo? Le persone sorde e au-diolese che crescono all’interno di queste tradizioni religiose hanno anch’esse un accesso ai corsi o alle cerimonie grazie alla lingua dei segni? E in caso negativo, è un problema tipicamente svizzero oppure è più esteso? Queste sono le domande che ci siamo posti.

gIudaIsmoStando al giro di telefonate da noi in-trapreso, sembrerebbe che in Svizzera le persone sorde di confessione ebraica non beneficino di alcun sostegno e di nessuna vita associativa che sia dedicata specifi-catamente a loro, né in generale, né tan-tomeno in lingua dei segni, che sarebbe poi la forma di comunicazione più appro-priata.

In Francia, invece, ci sono ben due asso-ciazioni (l’Associazione dei sordi ebraici di Francia e l’Associazione culturale dei sordi ebrei di Francia) che organizzano scampagnate, cerimonie e corsi religiosi a

favore delle stimate 200 famiglie sorde di confessione ebraica in Francia. In molte altre nazioni (Belgio, Germania, ecc.) e naturalmente anche negli Stati Uniti, esi-stono associazioni simili che s’impegnano a dare un’educazione religiosa ebraica in lingua dei segni ai giovani, nonché a tra-durre le cerimonie più importanti in lin-gua dei segni.

IslamCome nel caso del giudaismo, in Svizzera le persone sorde musulmane non bene-ficiano di alcuna struttura in grado di accoglierli in lingua dei segni. Pertanto, come sottolineato da Hafid Ouardidi, ex portavoce della moschea di Ginevra, il Corano dice che i musulmani hanno la responsabilità di intraprendere tutte le misure necessarie, affinché tutti possano vivere una vita decente, ivi comprese le persone disabili. Ciò sottintende che le istanze musulmane dovrebbero dunque

far di tutto pur di offrire un insegna-mento religioso e cerimonie in lingua dei segni per il bene delle persone sorde.

Senza corsi e cerimonie tradotti in lingua dei segni, i sordi musulmani in Svizzera sono abbandonati a se stessi. Alcuni tro-vano aiuto nella propria famiglia, come spiegato, per esempio, da Noha el Sadawy nella trasmissione Signes andata in onda nel gennaio 2011. Lei stessa musulmana, ha regolarmente frequentato la moschea di Ginevra e le feste legate alla sua reli-gione fino ai 20 anni. Non godendo di alcun sostegno istituzionale in lingua dei segni, la giovane si basava principal-mente sulle spiegazioni fornite in casa da sua madre, poco prima di recarsi alla mo-schea e seguire più o meno l’andamento delle cerimonie.

La situazione all’estero è diversa anche in questo caso. In Francia, i musulmani sordi hanno vissuto un lungo periodo molto simile a quello riscontrabile in Svizzera, ma da qualche anno a questa parte, è in corso un cambiamento. Ciò è dovuto principalmente all’associazione Donne-moi un signe. Creata nel 2006, quest’associazione aveva come obiettivo iniziale quello di proporre dei corsi di LSF, un insegnamento della lingua araba e dei corsi di religione musulmana per i sordi e gli audiolesi. Ma in seguito alle richieste sempre più insistenti dei fedeli sordi, esasperati di dover seguire la pre-dica senza capire nulla, l’associazione si è sempre più dedicata alla traduzione, in

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lingua dei segni, delle cerimonie musul-mane. Il tutto è cominciato nel 2012 alla moschea du Bourget (Seine-St-Denis), prima di estendersi poco a poco ad altri luoghi. Il successo è stato tale da indurre alcuni volontari all’apertura di strutture simili, tuttavia indipendenti, a Lione e a Montpellier.

rIschIo dI derIva?Indipendentemente dalla religione ac-clamata dai sordi, è importante che siano create delle strutture adatte, affinché anch’essi possano praticare liberamente la loro religione ed esprimere le loro cre-denze senza doversi sentire abbandonati. Perché in quest’ultimo caso esiste il ri-schio di deriva. Basti pensare alle persone malintenzionate, ma molto ben organiz-zate, capaci di approfittare effettivamente di questo disorientamento per attirare le persone sorde nelle sette o nei movimenti estremisti, semplicemente utilizzando la lingua dei segni.

Ciò corrisponde a quanto è notoriamente avvenuto nel caso dello Stato islamico, che lo scorso 8 marzo (2015) ha diffuso tramite YouTube un filmato di propa-ganda indirizzato specialmente ai sordi. Oltre alle tradizionali immagini di propa-ganda e messaggi anti-occidentali, si po-tevano vedere dei combattenti sordi che

si esprimevano in lingua dei segni men-tre spiegavano il loro ruolo (regolazione del traffico stradale a Mossul, in Iraq) in seno all’organizzazione. Giocando col sentimento di abbandono di taluni sordi, lo Stato islamico ha strumentalizzato la lingua dei segni nel tentativo di reclutare nuovi combattenti.

testImonI dI geovaTra i gruppi religiosi che cercano di ma-nipolare i sordi, i Testimoni di Geova sono probabilmente i più strutturati. Quest’organizzazione (classificata come setta o religione a seconda dei Paesi) è pre-sente in tutto il mondo e mira in modo particolare alle persone disabili e, ovvia-mente, anche ai sordi. Infatti, alle persone divenute sorde, essi promettevano in ma-niera molto persuasiva che aderendo alle credenze dei Testimoni di Geova, sareb-bero ben presto tornate a udire. Ancor prima di rendersi conto della fregatura, queste persone finivano con l’essere ine-luttabilmente assorbite da un’organizza-zione non più intenzionata a rendere loro la libertà perduta.

Coscienti del fatto che molti sordi sono vulnerabili perché versano in uno stato d’isolamento a causa dei loro problemi di comunicazione, i Testimoni di Geova hanno creato dei gruppi di reclutatori che

padroneggiano la lingua dei segni pur di trovare nuovi membri. E la cosa funziona! «Sono stato piacevolmente sorpreso d’incontrare degli udenti capaci di pre-dicare in lingua dei segni, confida Jean-Jacques, un sordo divenuto servitore di Geova al Nord. I cattolici o i protestanti non lo fanno.» «All’inizio, i Testimoni di Geova sono calorosi e servizievoli, rac-conta Patrick: per un sordo che si sente solo e si annoia, si tratta di un atteggia-mento molto seducente.» (L’Express)

Bisogna ammettere che per sedurre i sordi, i Testimoni di Geova sono riu-sciti a infiocchettare bene il pacco! Sul loro sito, il pulsante virtuale «lingua dei segni» è presente già in prima pagina. Premendolo, si scopre la possibilità di ot-tenere delle informazioni (di propaganda) in molte lingue dei segni del mondo (il loro elenco ne conta circa un centinaio!). Esplorando la pagina consacrata alla LSF, abbiamo potuto scoprire che non solo vengono offerti dei corsi biblici in lingua dei segni, ma che esistono addirittura decine e decine di filmati di propaganda in lingua dei segni («Obbedendo a Dio, vivrete per sempre», «I Testimoni di Geova: organizzati per proclamare la buona novella», due esempi tratti dalle tante decine). Gran parte della Bibbia (nella versione dei Testimoni di Geova) è stata tradotta e sono tuttora in corso delle traduzioni in varie lingue dei segni, tra cui ovviamente anche la lingua dei segni americana (ASL).

Di fronte a quest’offensiva molto ben organizzata da parte dei Testimoni di Geova, ma anche di altre sette, molte associazioni si battono per contra-starla. I fatti, però, illustrano soprat-tutto l’importanza di non lasciare mai nessuno ai margini della strada. Indipendentemente dalla religione, i re-lativi responsabili dovrebbero veramente indirizzarsi a tutti i loro fedeli, e ciò in maniera comprensibile (quindi in lingua dei segni per i sordi), affinché essi non si sentano abbandonati e, di conseguenza, non cedano alla tentazione di lasciarsi attirare da movimenti fondamentalisti sempre molto pericolosi. ■

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dossier segni amo - febbraio/marzo 2016

La parola ai sacerdotiIn questa sede vi presentiamo le testimonianze dei sacerdoti dediti alle messe per le persone sorde, alfine di capire insieme quali sono le loro maggiori difficoltà, ma anche le loro più grandi gioie. testimonianze raccolte da Martina Raschle e Sandrine Burger; foto: per gentile concessione; traduzione: Catia De Ronzis

Matthias Müller-KuhnSacerdote protestante della parrocchia per sordi di Zurigo«Da quattro anni fungo da parroco per le persone sorde. Mi sembra però di essere attivo da molto più tempo in questo campo, perché ogni ora e così intensa e preziosa, tanto da valere il doppio. Nella comunità dei sordi ho sempre a che fare con persone, siano esse grandi o piccole, veloci o lente. Al centro del lavoro ci sono i rapporti personali, esattamente come nelle comu-nità udenti. Naturalmente per i sordi la comunicazione rappresenta un tema molto particolare, ma se si affronta la cosa dal lato creativo, può essere un’esperienza vincente, perché la compren-sione reciproca richiede maggiore fantasia e tempo. Perciò mi capita spesso di vivere momenti di pura felicità che poi brillano alte nel cielo come stelle cadenti. Negli ultimi anni siamo riusciti a raggiungere sempre più persone della comunità sorda, e ciò è molto positivo. Avrei però ancora un desiderio: mi piacerebbe se anche i giovani sordi si interessassero al lavoro della chiesa e della comunità. Questo ci permetterebbe di percorrere insieme il nostro cammino, così da renderlo talmente variopinto, creativo e piacevole da fare in modo che magari anche il mondo udente, ogni tanto, ci guardi e prenda ad esempio lo scambio vivace tra i sordi con una punta d’invidia.»

Anita KohlerSacerdotessa protestante nei cantoni BS, BL, SO, AG e capellana della chiesa cattolica per la comunità sorda nel canton AG «Durante il mio studio di teologia ho fatto un praticantato presso Heinrich Beglinger, oggi sa-cerdote dei sordi in pensione di Basilea Città, Basilea Campagna e Soletta. Dopo tale praticantato per me era chiara una cosa: semmai si fosse liberato questo posto di lavoro, lo avrei volentieri ri-preso! Perciò, subito dopo la fine del praticantato, ho frequentato i corsi di lingua dei segni della Federazione svizzera dei sordi. Dal 2008 svolgo il mio compito di sacerdotessa per la comunità dei sordi. Qui, il radunarsi per le messe oppure per il caffè della parrocchia ha un valore aggregativo maggiore che non presso le comunità udenti. Tuttavia, i testi biblici sono formulati in maniera troppo complicata per le messe dedicate ai sordi. Per me è una vera sfida tradurre questi testi antica-mente noti in un linguaggio semplice. I bisogni spirituali sono sempre gli stessi, perché le persone sono sempre persone, non importa se con o senza problemi d’udito. La cosa più bella del mio lavoro è poter accompagnare i membri della comunità per alcuni tratti della loro vita terrena, il che significa accompagnarli emozionandosi insieme a loro, ridendo o piangendo a seconda dei casi! »

Dorothee Buschor-Brunner Diacono della diocesi di San Gallo«Da dieci anni svolgo il ruolo di diacono al servizio dei sordi. Prima di allora sono stata assistente pastorale in una comunità udente. Le persone sorde sono – come tutte le altre persone – condizio-nate dalla loro cultura e dalla loro lingua. Perciò la dinamica riscontrabile in una comunità di sordi è diversa da quella di una comunità udente. Ciononostante, non credo che le persone sorde e quelle udenti si differenzino poi molto a livello di desideri. La maggior parte delle persone, infatti, desidera appartenere a una comunità e ottenere riconoscimento in essa. Le persone vogliono riconoscere un senso e poter intuire che la loro esistenza è supportata da qualcosa di più grande di loro. Nel mio caso, la lingua dei segni è una lingua straniera, perché sono udente. Per me, la sfida più grande è quella di utilizzare questa lingua straniera per raccontare di cose invisibili (e, talvolta, per-sino indicibili) di modo da essere capita dalle persone sorde. A maggior ragione è poi molto bello sperimentare durante un colloquio spirituale il modo in cui il mio interlocutore scopre l’opera di Dio nella sua vita e, grazie a questo, torna a guardare pieno di speranza al suo futuro. »

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dossiersegni amo - febbraio/marzo 2016

Felix Weder Diacono „verstehen?!“ („capire?!“) , parrocchia cattolica-romana di Soletta, Berna e delle due Basilee «Sono in cammino con i sordi da sei anni. Ho ottenuto la parrocchia come la vergine il bambinello. I responsabili della curia sapevano che stavo cercando un nuovo posto di lavoro e perciò avevano bi-sogno di un nuovo diacono per le persone sorde. Ho iniziato al Lindehus di Münchenbuchsee, dove celebravamo anche le messe per Berna. Anita Kohler mi è stata di grande aiuto durante la fase iniziale. Tra i sordi sperimento uno spirito aperto ed ecumenico. L’importante non sono le differenze, bensì le radici che ci accomunano. E dopo ogni messa ci vuole lo scambio interpersonale accom-pagnato da un caffè. La sfida più grande è rappresentata dal dire messa utilizzando un linguaggio semplice ma non semplicistico. La cosa più bella è la fiducia delle persone sorde e il tempo dedi-cato al diaconato, ossia alla cura delle anime.»

Jean-Charles BichetSacerdote sordo della Comunità dei sordi e audiolesi del Canton Vaud «Sono membro della Comunità protestante vodese fin dalla mia infanzia. Quando compii 14 anni, ovvero l’età adatta per cominciare il catechismo (che comunque non mi entusiasmava gran-ché), mia mamma m’informò che c’era un sacerdote per persone sorde a Losanna, ossia Charles Kursner. Grazie a quest’informazione, ho iniziato a vivere la mia fede all’interno di questa Comunità. Sono un sacerdote perché ho una licenza in teologia e un certificato di consacrazione pastorale. Nel mio ruolo di sacerdote, esercito un ministero di diaconato specializzato all’interno della comunità dei sordi e audiolesi (dal 1989). In quest’ambito è importante ricorrere a tutti i mezzi visivi a disposizione per assicurare una comunicazione ottimale: la qualità della luce, l’utilizzo della LSF, la lettura labiale e l’ausilio del LPC, il supporto della scrittura, l’impiego delle illustrazioni. È altresì importante espri-mersi in maniera semplice, accessibile, concreta, cercare di concentrarsi su un argomento solo, ecc. Inoltre, occorre tempo, ossia il tempo di ascoltare la gente, dialogare con le persone, condividere cose profonde, stringere legami. Nel caso degli udenti, tutto avviene a velocità triplicata; noi sordi invece «funzioniamo» diversamente…»

Katharina Vollmer MateusSacerdotessa udente della Comunità ecumenica dei sordi e audiolesi di Ginevra«Dopo gli studi di teologia germanica, ho ricoperto vari incarichi in Germania (da dove pro-vengo) e in Francia, prima di seguire mio marito in Brasile. Sono arrivata a Ginevra il 29 dicem-bre 1999, dove sono stata subito impiegata in seno alla chiesa luterana germanofona, prima d’in-tegrare la chiesa protestante ginevrina nel 2010. Anche se all’epoca mi occupavo della parrocchia udente, non perdevo neppure una funzione di Anne-Christine Menu, dalla quale ho ripreso l’in-carico in seguito alla malattia che l’ha colpita nel 2015. A Ginevra la situazione è un po’ diversa perché la Comunità dei sordi e audiolesi di Ginevra ora condivide le sue celebrazioni con altre parrocchie, ossia con quelle delle persone disabili e dei relativi familiari, nonché la Parrocchia protestante di Montbrillant. Però la mia priorità resta l’accessibilità dei sordi, ed è per questo che ho dovuto imparare a lavorare in maniera molto più visiva, di evitare le frasi troppo lunghe e com-plesse e di andare subito al nocciolo della questione utilizzando delle parole chiave. Ammetto di apprezzare molto la presenza degli interpreti di LSF, che grazie alla loro espressività molto fisica, ai miei occhi rappresentano davvero un valore aggiunto, anche per gli udenti!»

Nota della redazione

In origine, in queste pagine avrebbe dovuto esserci un’intervista con Don Paolo Solari (attualmente operativo nella parrocchia di Massagno). Purtroppo l’intervista non è più stata realizzata per cause di forza maggiore, ma la reda-zione di Segni amo desidera ugualmente ringraziare Don Paolo Solari per essersi inizialmente messo a disposizione.

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dossier segni amo - febbraio/marzo 2016

L’ultimo salutoSono passati ormai dieci anni, da allora, ma la mia prima e unica funzione religiosa in lin-gua dei segni, dentro di me, ha lasciato il segno. Un segno importante e indelebile. testo e foto: Catia De Ronzis

Premessa

La mia migliore amica, Hedy Carra, era nata udente, ma poi era diventata sorda per via di una grave malattia. Dopo il grande choc che la colse nel fiore degli anni, decise di vivere al meglio, dando più vita ai suoi giorni anziché aspettarsi più giorni dalla vita. Fu così che s’innamorò della lingua dei segni e ne divenne anche una strenua difenditrice. Mi ricordo che la prima volta che andai a trovarla, volle farmi conoscere a tutti i costi i suoi amici sordi, di cui andava molto fiera e con i quali si sentiva a suo agio, proprio perché la lingua dei segni le permetteva ormai di comunicare senza barriere. Non fui quindi affatto stupita di vedere che al suo funerale erano presenti anche molte per-

sone sorde che l’avevano conosciuta e amata.

Il funerale In chIesa…Il funerale si svolse pro-prio nel giorno dedi-cato all’amore, ovvero San Valentino. Quel giorno, anche il prete, Don Paolo Solari, uti-lizzò spesso la parola “amore”, sia in lingua dei segni, sia in lingua parlata. Tuttavia, non lo fece subito, perché durante la messa nella chiesa di Sant’Antonio, a Locarno, c’era anche un altro parroco che officiava la funzione dal pulpito. Don Paolo si trovava invece nell’ala destra della navata, e at-torno a lui si erano rac-

colte molte persone sorde per seguire da vicino la sua traduzione in lingua dei se-gni italiana LIS. Non mi era mai capitato di seguire una messa in questa modalità e ne rimasi affascinata, trovandola una cosa davvero buona e giusta e di cui anche la mia amica sarebbe andata sicuramente fiera.

… e al crematorIo Ricordo che fu mia madre a informarmi che ci sarebbe stata una seconda parte del funerale, ovvero al crematorio. Se non fosse stato per lei, non lo avrei ca-pito, né in lingua dei segni, né in lingua italiana, perché per me non era facile seguire la messa in quei frangenti. Potei comunque contare sull’aiuto dei miei

genitori, e di questo sarò loro sempre riconoscente, perché ebbi l’occasione di raggiungere il crematorio in macchina con loro. Una volta arrivati, realizzai che la celebrazione dell’ultima parte delle esequie sarebbe toccata unicamente a Don Paolo. Al crematorio ebbi l’occa-sione di sedermi in uno dei banchi più vicini all’altare e la cosa mi permise di seguire meglio la funzione, ma questo era in primo luogo un merito da attri-buirsi a Don Paolo stesso. Dovendo lui parlare e segnare contemporaneamente in LIS, adottava un ritmo di parola più semplice da seguire, molto solerte e ras-sicurante al tempo stesso, esattamente come lo era anche il tono della sua voce. Ma nella voce e nei segni era riconosci-bile anche un altro, importantissimo ele-mento: la passione. E fu quella passione a fungere da balsamo per la mia anima in quei momenti ferita, quella passione che mi parlava di speranza e di coraggio. Di ricchezza interiore, anziché esteriore. I concetti erano semplici, ma il loro im-patto incommensurabile. E quella con-solazione era lì, a disposizione di tutti: sordi e udenti, parenti e amici, nessuno escluso. Esattamente così, come do-vrebbe sempre essere.

Il rIngrazIamentoRicordo ancora che, una volta usciti fuori, venni travolta dall’irrefrenabile impulso di andare a ringraziare Don Paolo per la sensibilità con cui aveva parlato e de-scritto la mia amica. Nel cuore, sapevo che sarebbe piaciuto anche a lei. A lei, che aveva tanto sognato di potersi sposare con una messa officiata proprio da Don Paolo, prima che la malattia le togliesse anche quest’ultima, dolcissima illusione. L’illusione di una vita vissuta comunque in maniera molto toccante... ■