SOMS 150 - Appunti Per Una Memoria Condivisa [Pubblicazione realizzata per il 150° compleanno della...

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Una pubblicazione collettiva per ricordare i 150 anni (!) della SOMS, la mitica Società di Mutuo Soccorso di Corridonia e provare a riscoprire il senso della parola "mutualismo". La pubblicazione è stata da curata da Gabriele Mastroleo e contiene brani realizzati da 38 diversi autori, mentre il progetto grafico è opera di la copertina del libro è stata realizzata da Umberto Nooz Tombesi

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S.O.M.S. 150

Appunti per unamemoria condivisa

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Stampato e impaginato in proprio da

S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso

“Eugenio Niccolai” di Corridonia

nel mese di marzo 2013

in occasione del 150° anniversario dalla fondazione

In copertina: Progetto Grafico di

Ugo Nooz Torresi

foto all'interno: Mauro Capozucca & Sara Grassetti

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Coraggio, forti giovani,

non vi arrestate sulla via intrapresa,

e quando vi sentirete per poco venir meno il coraggio,

di fronte a queste deplorevoli insidie,

ricordate i vostri ideali ed il motto del De Amicis:

Sempre avanti!

(stralcio di articolo apparso su

La provincia maceratese, Anno 8 n. 402, 9 aprile 1902)

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Sala eventi S.O.M.S., particolare del palco,tela tecnica mista, fine XX secolo

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Sesto di otto fratelli

Sesto di otto fratelli, nato in una casa di terra in tempo

di guerra, alla morte del Quinto, di nome e di fatto e Se-

sto di conseguenza.

La luce negli occhi da eterno bambino, l’entusiasmo ed il

vigore di chi sorride alla paura, la coerenza e la tenacia

di chi sa credere, la sua umanità, il suo sorriso giovane

tra i giovani, lui non sarebbe mai diventato vecchio, per

principio.

C'entra poco in questa circostanza che fosse mio padre. Era

padre per tutti e in ogni momento, per ogni problema e

ogni soluzione, con la discrezione e l’efficacia di chi fa

prevalere i fatti alle parole, di chi sa essere certezza e

riferimento.. il più affidabile degli amici.

La sua bottiglia di Lucano e il bicchiere, quello largo,

adatto al suo naso, sempre pronti prima della “bionda”,

quasi si offendeva se non lo lasciavi pagare.

Lo si vedeva apparire dalla porta a qualsiasi ora, fosse

giorno, sera o notte fonda e parlare con chiunque, forse

per alcuni rappresentava una presenza anomala, poi ci si

accorgeva che quel luogo fosse per lui, nel più caldo sen-

so, più d’una “casa”.

Da proteggere, da custodire.

Non c’è centimetro della “Società” che non abbia conosciuto

la sua mano, il suo sudore e la consueta, probabile bestem-

mia.

Pensava potesse esistere un luogo dove allegria, condivi-

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sione e rispetto potessero coesistere, un posto alla porta-

ta di tutti e per tutti, dove spendere e spendersi… senza

fini di lucro.

Custodiva questo sogno ed aveva trovato espressi tra quel-

le mura spesse e polverose, quasi fossero uno scrigno, i

nobili intenti delle antiche Società Operaie di Mutuo Soc-

corso.

Era una memoria di bambino e di giovane uomo.

Fece copia dell’atto costitutivo della Società Operaia di

Mutuo Soccorso, allora Pausula, datato 1863, ne fece un

grande quadro e lo fissò al muro. Incastonato. Irremovibi-

le. Era il suo obiettivo, ora nostro, giungere al 150° Anni-

versario.

Come una premonizione, volle a tutti i costi festeggiare

in grande stile i 145 anni dalla fondazione.. nell’attesa

del grande evento.

Naturalmente predisposto alla resistenza, ha guidato e so-

stenuto il suo piccolo manipolo, attraverso controversie

e difficoltà.

Oggi siamo qui, testimoni e promotori, sostenitori, avven-

tori di un’idea, di un’esperienza e di un’eredità preziosa

che porta indelebile il suo segno, la sua passione.

Grazie Sesto

Eva Luciani

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A me l'(in)degno ruolo

Luglio 2012. Spaghetti alla carbonara (e come potrebbe es-

sere altrimenti) e riunione preparatoria in vista dei

lunghi festeggiamenti per il 150° anniversario dalla fon-

dazione della nostra Società Operaia di Mutuo Soccorso,

nata dalla volontà di alcuni notabili pausulani il 18 gen-

naio 1863. Tante le idee messe in campo, grande la voglia

di dimostrare che siamo vivi, più vivi che mai, che questa

Storia, iniziata un secolo e mezzo fa, ha ancora ragione di

esistere e di essere raccontata. Al banchetto della cospi-

razione, qualcuno sottolinea la necessità di mettere nero

su bianco questa Storia, la nostra Storia, quella di uomi-

ni e donne che in questo Paese hanno ancora tante cose da

dire e molti diritti da rivendicare. Sarà stato il vino

cotto che accompagnava il dessert, sarà stato il vino rosso

che aveva inebriato le menti dei miei sodali, mi ritrovavo

vittima di una decisione unanime: sarei dovuto essere io a

rendere concreta quella voglia di dimostrare la nostra

vitalità, di raccontare quel nostro Sentire comune, sen-

tirci in comune. A me dunque l'(in)degno ruolo di racco-

gliere il materiale che sarebbe poi andato a finire in

queste pagine, che a vederle così piene, oggi, mi si riempie

il cuore di una Gioia antica.

La prima difficoltà incontrata ancor prima di iniziare la

stesura della pubblicazione è stata rappresentata dall'as-

senza di un archivio storico che permetta di risalire alle

origini della Società Operaia di Mutuo Soccorso dell'allo-

ra Pausula. Scrivono, a proposito, Valeria Cavalcoli e Ma-

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ria Palma:

L’archivio di una società ancora attiva è stato

censito a Corridonia (Società operaia di mutuo soccorso

«E. Niccolai»), dove la scarsa documentazione, costituita

in tutto da cinque fascicoli di statuti e regolamenti,

adunanze consiliari, corrispondenza, domande di ammissio-

ne, attività finanziaria, bollettari, attività assistenzia-

le, risalente solo al 1940 (anche se la società appare nata

nel 1863) è stata recuperata da rischi di dispersione e de-

positata, con il consenso del presidente, presso l’Archivio

di Stato di Macerata.1

Da qui, la necessità di integrare a dei brevi contributi

storici, realizzati avvalendosi di pochi frammenti estrat-

ti per lo più da vecchie e polverose pubblicazioni, scovate

in gran parte presso la Biblioteca Comunale “Mozzi Bor-

getti”, scritti inediti che provino a raccontare quello che

è oggi il contesto nel quale si muove la Società Operaia di

Mutuo Soccorso di Corridonia.

Riuscendo nell'impresa di fare di necessità virtù, abbiamo

ottenuto lo straordinario risultato di mettere insieme un

nucleo eterogeneo di avventori, animatori, frequentatori,

simpatizzanti che hanno impedito l'assopimento della

S.O.M.S. nell'ultimo decennio.

Tengo a precisare che, come molti tra coloro che orbitano

intorno ai locali dell'attuale Società, non sono mai stato

1 V. Cavalcoli, M. Palma, Gli archivi delle società di mutuo soc-corso marchigiane, in Le società di mutuo soccorso italiane e i loro archivi, Ministero per i beni e le attività culturali, Roma 1999, pag. 94

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un grande cultore del mito risorgimentale, al contrario

di quanto è avvenuto con la Resistenza, limitandomi alle

conoscenze scolastiche di base su Garibaldi, Cavour, Savo-

ia, spedizione dei Mille, Breccia di Porta Pia e guerre

d'indipendenza varie.

Il mio approccio alla S.O.M.S. di Corridonia invece mi ha

portato ad approfondire, negli ultimi tempi, la storia del

Risorgimento e il significato del termine “mutualismo”,

del quale questa è stata nel tempo una delle più importan-

ti sostenitrici e sulla cui attualità è in atto ancora oggi

una discussione interna, che scaturisce dalla necessità di

trovare nuovi percorsi per uscire dalla crisi globale.

Inoltre quest'esperimento di scrittura creativa, così come

altri progetti portati avanti negli ultimi anni, dai labo-

ratori autogestiti alle rassegne cinematografiche che ho

avuto il piacere di realizzare, identificano la nostra So-

cietà come principale motore e centro di cultura “altra”

della cittadina di Corridonia, in sinergia con il collet-

tivo di nostri sodali che gravitano intorno a Sciarada.

Quello che segue è, dunque, un piccolo omaggio che la

S.O.M.S. vuole offrire ai propri soci, alle consorelle e

alla cittadinanza, in un viaggio ideale alla (ri)scoperta

di valori identitari che hanno contribuito alla crescita

laica, culturale e morale della nostra Nazione.

Gabriele Mastroleo

Macerata, febbraio 2013

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Memorie: un ricordo per il 150°

Quelle che seguono sono le riflessioni e i ricordi di un

socio “anziano” (soltanto all'anagrafe, si intende) della

nostra S.O.M.S., che ha voluto donare il proprio contribu-

to, ricostruendo da un punto di vista soggettivo, gli ul-

timi quarant'anni del sodalizio, a partire dall'inaugura-

zione dell'attuale Sede sociale, avvenuta in occasione del

110° anniversario, nel 1973. (G.M.)

In occasione del 150° anniversario della fondazione della

Società Operaia di Mutuo Soccorso di Corridonia, provo a

ricordare qualche aspetto della mia partecipazione al so-

dalizio.

Ricordo la mia presenza al 110° anniversario nel 1973, coin-

cidente con l'inaugurazione della nuova e attuale sede di

via Procaccini in qualità di consigliere comunale vicino

all'Associazione, in quanto frequentatore occasionale an-

che della precedente sede di via Gioacchino Giustini.

L'impegno però di iscritto e coinvolto nella gestione in

qualità di membro del direttivo è iniziato con la presi-

denza di Bruno Cesca negli anni Ottanta, proseguita poi a

fine anni Ottanta/inizio Novanta con la presidenza di

Odoardo Bellesi prima e di Alvaro Gironella poi; tale im-

pegno è stato sospeso per qualche tempo, nel corso della

presidenza di Giancarlo Fava, per riprendere con Giuseppe

Compagnoni negli ultimi anni Novanta, seguito da Vittorio

Renzi e dalla breve parentesi della presidenza di Aldo

Montecchiari, dall'ottobre 1999, fino all'attuale di Eva Lu-

ciani.

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Dopo avere ricordato i presidenti (scusandomi con chi ho

sicuramente e involontariamente dimenticato) di questi

ultimi decenni con i quali ho condiviso impegno e tempo,

superando difficoltà di ogni genere, non posso non fer-

marmi per “celebrare” il contributo determinante per la

sopravvivenza della S.O.M.S. del socio Sesto Luciani, dal-

l'ultimo periodo della gestione Compagnoni fino al giorno

della sua improvvisa scomparsa (febbraio 2011), contributo

inimmaginabile per chiunque non lo abbia condiviso: nella

sistemazione dei locali della sede, nell'organizzazione e

nella gestione, nelle battaglie contro una delle Ammini-

strazioni comunali che ha cercato in tutti i modi di farci

chiudere l'attività.

Vanno invece sinceramente ringraziate tutte le altre Am-

ministrazioni comunali: quelle del primo ventennio dal-

l'insediamento nei locali attuali e le ultime, fino all'at-

tuale del sindaco Nelia Calvigioni.

Per concludere l'argomento si può senz'altro affermare che

senza Sesto oggi la S.O.M.S. non ci sarebbe più, salvo qual-

che eventuale tentativo in chissà quale sede, certamente

lontano dalla attuale e intensa attività, notevole sia per

le molte iniziative di carattere culturale, ricreativo e

di socializzazione, sia per l'elevato numero di iscritti e

sostenitori che mette insieme.

Non va inoltre dimenticato l'apporto e la competenza in

materia di normative, gestione e amministrazione di circo-

li, qualità messe sempre a disposizione da moltissimi anni,

da parte del socio Remo Matassoli.

Negli anni, la S.O.M.S. ha subito aggiornamenti e modifica-

zioni rispetto ai fini e alle attività iniziali, nonché al-

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l'età e alla composizione sociale dei propri iscritti; in-

fatti 150 anni fa, in assenza di quello che oggi chiamiamo

“stato sociale”, operai, contadini, lavoratori in genere,

insieme a borghesi illuminati, dettero vita a questo soda-

lizio per praticare il “mutuo soccorso”, con il sostegno

anche economico ai soci in difficoltà; pur avendo io stesso

memoria di questa attività di fraterno sostegno, con lo

scorrere degli anni, essa si è sempre più ridimensionata,

fino a quasi scomparire oggi, per lasciare spazio ad atti-

vità dopolavoristiche, sociali e culturali.

Ricordando alcuni aspetti specifici della nostra Società

Operaia, occorre dire che essa ha sempre partecipato con

dedizione alle ricorrenze istituzionali e ha sempre rice-

vuto i giusti apprezzamenti e la giusta considerazione da

parte delle istituzioni stesse; ha condiviso, per tutta la

sua storia fino a oggi, con moltissime altre consorelle di

città vicine e lontane momenti di vita comune, di compar-

tecipazione, di ritrovi anche conviviali; è stata vissuta

con grande passione dai propri iscritti, animati sempre da

profondi sentimenti di fratellanza e di forte convinzione

nella partecipazione e nel contributo al Sodalizio; cosa

diversa è invece stata la frequenza dei locali, che in al-

cuni momenti è stata limitata e, specie in passato, quando

gli iscritti erano per lo più anziani e poco spendevano al

bar, al biliardo o nel gioco delle bocce, è stato a volte

difficile mantenere le strutture e assicurarsi un gestore:

ciò ha portato anche a momenti saltuari di chiusura dei

locali.

Oggi, come sopra ho accennato, oltri agli scopi fondativi

della S.O.M.S., è cambiata anche la composizione degli

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iscritti: in larga maggioranza giovani, in parte studenti,

molti provenienti da fuori Corridonia; grazie a loro e

alla loro attivissima presidente Eva Luciani, la S.O.M.S.

di Corridonia svolge attualmente molte iniziative in di-

versi settori culturali, si occupa di problemi sociali e

storici, promuove la comunicazione fra le persone, che, a

mio avviso, è essenziale per una vita più soddisfacente,

più consapevole e per la crescita reciproca.

L'impegno e la dedizione di questi giovani, iscritti e di-

rigenti, sicuramente contribuiranno a realizzare program-

mi sempre più interessanti per la comunità cittadina, ad

affrontare e risolvere i non sempre facili problemi orga-

nizzativi e ci farà sentire soddisfatti e onorati di par-

tecipare al Sodalizio e ad eventi come questo che stiamo

celebrando.

Corridonia, anno 2013

Nello Flora

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Ciao Biondo…

Lo scritto che segue è stato realizzato attraverso un mes-

saggio audio-video dal nostro socio, amico e cospiratore

Andrea Baggio, che per motivi lavorativi si trova in Sco-

zia e che ha accompagnato l'invio del testo da una breve

precisazione in cui sottolinea: “Siccome io parlo di voi

anche con persone che non sono italiane e non sanno cosa

siano le S.O.M.S., allora m'è venuto in mente che io vorrei

far conoscere la nostra realtà a quanta più gente possibi-

le per questo (e non per presunzione) ho scritto in ingle-

se”. Condividendo il suo intento, abbiamo deciso di lascia-

re di non tradurre lo scritto di Andrea. (G. M.)

Ciao Biondo!

I am a traveller who started from the place that you are

visiting right now. If you've come this far, you are a

traveller like me and if you're reading this message it

means that someone told you about this place or you found

this message on the web. This message will finish in 7

minutes, enough to tell you what the Soms is and how to

enjoy its spirit when you arrive here, so read it with

care. The trip you're making is not just physical, but men-

tal as well, in this place you will travel through the

memory of many people who have preceded you here.

The place you are visiting is called "La SOMS", an acronym

of SocietàOperaiaMutuoSoccorso.

Its history goes back nearly 150 years, when the Voluntary

Mutuality was a form of solidarity, a means to answer so-

cial needs that unfolded through the Workers Society of

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Mutual Aid, a non-profit economic association created by

workers from the second half of the nineteenth century

The association was born as an aid for workers who could

not afford the professional services of doctors, lawyers,

engineers and bankers who voluntarily offered their time

to provide the lower class with the same treatment as the

upper class.

Unfortunately, over the years, a large part of the

archive has been lost, and the historical and human value

of this institution has been forgotten. This place has re-

gained life since the end of the nineties thanks to the

initiative of a man called Sesto Luciani who slowly and

stubbornly re-founded this place. Sesto is usually greeted

by this expression “Ciao Biondo!” which is the same as how

I greeted you. He gave me a chance, he welcomed me as a

son, and showed me how people can change with his own ex-

ample with his life with his happiness. Sesto is not here

anymore, but I want to do for you the same as he did for

me, maybe in another form, but the result will remain the

same and the story can be repeated. Now SOMS is a group.

It's a flock, It's a friend, and you are welcome. The people

who lead this place are volunteers of an idea. The project

is based on the possibility of providing experience, shar-

ing, participation, and collaboration. I am a witness of

its change during the last years and I'm writing this so

that its memory will not be lost over the years as has

happened in the past. Probably you will not find me here

when you come to visit this place, but you will find other

people, different, damn younger, and damn more proactive

than me. One thing we will have in common is that we'll

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both have spent a small part of our life loving and liv-

ing the Mutuality idea. If all goes as it should,

you're reading this letter accompanied by background mu-

sic It was recorded in Aberdeen (in Scotland) in November

2012 in a beautiful place, where I breathed the same air

of family, the same snippets of conversation in the air,

the same desire to have a good time in the music.

That music, far from my home, reminded me of my friends

in the Soms. As a book, continually open before my eyes,

tells the story of friendship, of human and cultural emo-

tions. I hope that here you can live the same emotion that

I felt during my voyage because those memories were a

precious things to carry with me. In one of his songs a

famous Italian singer says: "Two traveling companions

should not ever leave each other". If you carefully weigh

and understand the meaning behind these words,

you will probably have a wonderful time and remember

this place as one of the best you've ever visited

and you can also take it away with you as I did. I think

you and I can feel privileged, because not all of people

are able to have this experience. If there's one thing the

world really needs now it’s giving opportunities and that

is all that we do here. Take my advice and spend some time

at Soms, take away a beer for your trip, buy a T-shirt,

talk with the guys, for a brief moment of your life SOMS

is a great fellow traveller.

Happy Birthday SOMS and Cheers…

Andrew Begs

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Si, l’ho conosciuta…

e sottolineo lei. Non può essere che donna, la Società Ope-

raia di Mutuo Soccorso.

È donna perché ha ascoltato storie e racconti ed

ha accolto sorrisi e lamenti. È donna perché è stata invi-

diata a morte e desiderata alla follia. È donna perché è

stata bistrattata e talvolta anche screditata. È donna

perché è sempre un po' complice, ma difende la propria in-

nocenza con energica dolcezza. La S.O.M.S. è una donna vis-

suta, con lo “zigomo forte”; non è più una ragazzina e nei

suoi 150 anni di vita si è conquistata la stima e il ri-

spetto di molti. Ciò che da sempre la contraddistingue è il

suo temperamento: risoluta e travolgente, sa essere passio-

nale e istintiva. È appassionata di fotografia e pittura e

cerca sempre in tutti i modi di coinvolgerti nei suoi in-

teressi: ti porta con sé a mostre fotografiche o a teatro,

ti racconta dei concerti che ha visto e di quelli che ha

organizzato. Con lei puoi parlare di musica per ore, gior-

ni, per poi tornartene a casa con una sbornia di suoni e

di nomi. Quando sei con lei potresti ritrovarti nel mezzo

di una animata discussione sul cinema che si trasforma in

dibattito politico misto a gossip con picchi di elevata

dottrina enogastronomica.

Alla S.O.M.S. piace la storia, piace parlare di

storia e raccontare la sua, di storia. E con le sue parole

riesce a far rivivere quelle scene di cui parla: luoghi e

persone, volti e discorsi, feste, lotte, momenti di condivi-

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sione e di partecipazione. È come se dalle sue descrizioni

trasudassero gli odori dei luoghi che ricorda, e sembra di

sentire quei suoni che riempivano i momenti di cui rac-

conta.

La S.O.M.S. si circonda di tante persone, da sem-

pre, non può farne a meno. Se la frequenti, subito conosci

tutta la “cricca” di personaggi che le girano attorno, di-

versi tra di loro ma che insieme condividono idee e sogni.

C'è chi le sta sempre dietro e chi solo ogni tanto, chi vor-

rebbe starci più spesso e chi oramai non può più fare a

meno di lei.

Centocinquant'anni e sentirli tutti, cosciente-

mente, fino all'ultimo. Sentire di averli vissuti, ricor-

darli perfettamente, nitidamente, intensamente. Centocin-

quant'anni di presenza nel territorio, di mutualità e bat-

taglie, cultura e forti momenti di condivisione. Auguri,

signora S.O.M.S..

Fabio Tordini

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Non dormiamo più

Non dormiamo più. Noi che abbiamo conosciuto le promesse

della notte, non dormiamo più. Ci circondiamo d'oscrità, ma

non riposiamo. In fondo, ci piace essere stanchi.

Al mattino, con occhi asciutti attraversiamo l’a-

ria, e ci sembra acqua verde e salmastra. Le mani ferite di

chi sogna all’improvviso, senza proteggersi. Per tutto il

giorno restiamo all’erta, come vecchi cani pazzi che aspet-

tano sempre qualcuno e non ne ricordano più il profilo e

l’odore. Parliamo con gli assenti, ma siamo pronti a sorri-

dere a chiunque non avanzi pretese.

Non abbiamo abbastanza tempo, e non ne vogliamo.

Armati di sveglie e nemici degli orologi, continueremo a

sederci dappertutto. Trasparenti e profondi.

Mauro Peroni

Un pezzo roots

S.O.M.S.

ingranaggio fuori dal sistema

congegno vitale e organismo dinamico

che rompe le maglie distorte

della quotidianità.

S.O.M.S.

mutualità, partecipazione

condivisione di idee, parole e

sensazioni che

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sollevano emozioni.

S.O.M.S.

conglomerato di persone

solidarietà di anime e di cuori

che battono nella stessa direzione

alimentando quel calore

che protegge dal gelido rigore

dell’odierna società.

Laura Nocelli & Michele Calamanti

DE LOTTA E D'AMORE

Posto più funesto non trovammo

Di gente strana che perdea lo senno

Nello locale se facea baccano

scherzi rutti e giochi da villano

Tra musica, canti, balli et allegria

le brocche l'abbacchio li color de le genti

lo valor de li musici assai alto era certo

tra lo foco et le fiamme se facea lo concerto

di vesti sudate et colmo lo bicchiere

l'esperto avventore parea non aver sosta

demenaa lo corpo suo senza perder veemenza

che sì bella cosa dacea resistenza

era lo canto che a una voce intonava la folla

de la bella lo fiore e l'ardir de lo eroe

che pugnando avea fatto fuggir l'invasore

se levava assai in alto come li astri et lo sole

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lo comandante s'ergea in lo mezzo sicuro

e sapea che li tempi eran neri de fora

ma tanta gaiezza glie colmava lo core

a la S.O.M.S. ch'era posto de lotta e d'amore

L'ARMATA BRANCALEONE

Sezione Operativa Missioni Strategiche

Ho cinquantanove anni e combatto questa Guerra da non so

più quanto e a questo bancone ci lascerò le penne.

Sputo per terra.

Una volta c’era una sputacchiera poi l’hanno usata per uc-

cidere un Nemico che era riuscito ad entrare.

Da allora nessuno ha più voluto usarla e l’hanno levata.

Ci penso e mi viene da ridere. I Nemici ci fanno talmente

ribrezzo che solo sputare dentro qualcosa che li ha tocca-

ti ci fa vomitare.

Non fu un bella scena.

Fu quando perdemmo il Nord.

-Grazie.

E’ arrivata un’altra birra.

Ogni tanto mi chiedo come facciano ad avere ancora della

birra ma non domando. È meglio.

Prendo il boccale e, da dietro al banco, mi arriva un’oc-

chiataccia.

Ha ragione. Ancora non mi sono abituato a questa protesi e

ho già rotto quatto bicchieri.

Scusate. “Arto cibernetico”. Così si chiama. Ottimo per spa-

rare. Ha un sistema di mira integrato e centra quei ba-

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stardi in mezzo agli occhi praticamente da solo.

Basta che non siano troppo vicini.

O troppo lontani.

E sempre che quelli siano gli occhi.

Ma pare che sollevare un boccale sia un’operazione più

difficile che sparare.

Per gli uomini è sempre stato così.

Uso la sinistra.

Ho perso il braccio durante una battaglia.

Fu quando perdemmo il Sud.

Fui trattato come un eroe ma di quelli non ce ne sono più.

A parte questi qui dietro al bancone, intendo.

Loro tengono la posizione.

Da centocinquant’anni.

Quando sono stato qui la prima volta, più di vent’anni fa,

non era ancora scoppiata la battaglia ma loro erano ugua-

li ad oggi.

Io pensavo che questo fosse solo un bar mentre loro erano

già in Guerra.

Da sempre pronti per la rivoluzione.

Fu per quello che quando i Nemici attaccarono non riusci-

rono a prendere questo posto.

Vennero di notte come fanno gli assassini ma qui era an-

cora pieno di gente. Dal bancone spuntarono le molotov e

facemmo un bel flambé di invasori.

Questi diavoli che mi servono da bere avevano davvero

delle molotov già pronte!

Gli strateghi Nemici avevano preparato un piano di inva-

sione perfetto nei minimi dettagli. Avrebbero conquistato

il pianeta in una sola notte ma quando salirono questa

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scalinata e spalancarono il portone rimasero fermi. Il

loro piano non funzionò perché si trovarono di fronte al-

l’unica cosa che non avevano previsto.

Gente.

Gente unita.

Gente che lottò fianco a fianco. E poi furono barricate e

sassi e fuoco. Le loro armi super tecnologiche servivano a

poco e dovevano indietreggiare.

Dovevate vedere la faccia di quei bastardi.

Sempre che quella sia la faccia.

Tutto il mondo soccombeva e noi li facevamo indietreggia-

re.

Era stata la battaglia più importante di tutta questa

Guerra futuristica e si era combattuta con forconi e sam-

pietrini come centinaia di anni fa.

Così scoprimmo che questo gli fa paura.

Tutti i Nemici, di tutte le epoche e di tutti i mondi ne

hanno paura.

Gente che si unisce formando un unico individuo, che

avanza spalla a spalla e si sostiene l’un l’altro.

Ha tanti nomi.

Marcia del Popolo, Mischia Ordinata, Rivoluzione Contadi-

na, Falange Macedone.

Qui lo chiamano Mutuo Soccorso.

Ora devo andare a spaccare qualche testa nemica.

Sempre che quella sia la testa.

Mirko Montesissa (Musica Per Bambini)

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Note per una ricerca storica

Come già accennato, mancano molte fonti e il poco materia-

le a disposizione è giunto fino ai giorni nostri grazie

all'interesse e alle ricerche personali di alcuni soci sto-

rici, in particolare dell'ex presidente Pietro Molini.

Quella che segue è dunque soltanto una brevissima ricerca

caratterizzata anche da materiale recuperato in diversi

mesi di ricerche e di contatti con appassionati di storia

locale. (G.M.)

La nascita della S.O.M.S. di Pausula si colloca all’interno

del grande fermento che ha investito l’Italia nella secon-

da metà dell’800. Stimolate dall'estensione del principio

di associazione contenuto nello Statuto Albertino, divenu-

to legge fondamentale del nascente Stato italiano, si era-

no sviluppate migliaia di realtà associative, di vario ge-

nere, dal Piemonte, inizialmente, al resto del territorio

nazionale2. A proposito delle Società Operaie, nella sola

provincia maceratese, sul finire del secolo ne erano cen-

site 27 (1878).

Le associazioni “dimostravano una grande vitalità della

società civile ed erano manifestazione di vera

democrazia”.3

2 Articolo 1 Statuto Sociale S.O.M.S. Pausula 1902: “Lo Statuto del regno proclama il diritto di associazione, ed è sotto la tutela dello Statuto, e per godere dei benefici effetti, che è costitui-ta in Pausula una Società, che prende il nome di Società di Mu-tuo Soccorso degli operai in Pausula”

3 Paola Olivelli, All’origine della previdenza: le società di mu-tuo soccorso, contenuto in “La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Colmurano: 125 anni di attività”, Casa Rurale ed Artigiana di Colmurano, 1992

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La Società di Mutuo Soccorso di Pausula si costituiva il 18

gennaio 1863 nei locali dell'ex convento di S. Francesco e

fin da subito si comprendeva la sua importanza all'interno

del tessuto cittadino, sottolineata anche dall’epilogo del-

l’atto costitutivo:

Artieri ed Operai, su voi, che deste mano a co-

stituirvi in comunanza fraterna, onde sovvenire nella

sventura i nostri compagni di lavoro. Voi che concorreste

in tanto numero a gettare le fondamenta del grande edi-

fizio dell’Associazione di Mutuo Soccorso, sì che fu supe-

rata la nostra aspettazione, ascoltate la parola di con-

forto, che a voi dirigono i nostri fratelli4

In un opuscolo commemorativo pubblicato in occasione dei

primi 110 anni di attività, si legge che essa era “un indi-

spensabile strumento all’umana solidarietà e salvaguardia

dei diritti delle classi più diseredate”5.

Il suo obiettivo è riassunto nell’articolo 3 dello Statuto

emanato nel 1902 e revisionato nel 1973:

La Società ha per iscopo la fratellanza ed il

mutuo soccorso dei Soci fra loro: tende a promuovere l’i-

struzione, la moralità e il benessere, affinché tutti pos-

sano cooperare al bene pubblico. […] promuovere le svaria-

te applicazioni della cooperazione fra le classi lavora-

trici ed in generale tutte quelle istituzioni che si pre-

4 Stralcio dell'Atto Costitutivo originale

5 Opuscolo per la celebrazione del 110° Anniversario della Fonda-zione e Inaugurazione della Nuova Sede

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figgono di migliorare le sorti dei lavoratori; col proteg-

gere e facilitare il lavoro; col diffondere l’educazione e

l’istruzione popolare e col cooperare allo svolgimento dei

principi di solidarietà e di fratellanza tra tutti gli

operai.

L’attività della S.O.M.S. era gestita attraverso le dona-

zioni economiche dei soci. Il contributo sociale annuale

serviva per organizzare conferenze istruttive, acquistare

giornali e libri che garantivano un’istruzione ai lavora-

tori iscritti, erogare un sussidio straordinario ai soci

malati, finanziare borse di studio ai figli dei soci e

prendersi cura della famiglia dei membri defunti.

Oltre alle quote sociali, la S.O.M.S. cercava i fondi da de-

stinare al soccorso dei propri soci in altri modi, ricor-

rendo, ad esempio, a momenti di autofinanziamento. Le com-

memorazioni di eventi risorgimentali ne rappresentavano

un esempio. Il 20 settembre del 1895 ricorreva il venticin-

quennale della Breccia di Porta Pia ed a Pausula la ri-

correnza sembrava essere molto sentita.

23 settembre (Fiorello) – Grande animazione,

grande risveglio di tutti i sentimenti patriottici.

La festa del XX settembre dimostrò che qui i clericali

sono impotenti.

Avemmo una corsa di cavalli a fantino e una grandiosa

fiaccolata che attraversò il paese in mezzo agli evviva

entusiastici.

La banda comunale allietò la festa con scelte melodie in-

sieme al... suono del campanone municipale.6

6 La Provincia Maceratese, anno 1 n. 32, 25 settembre 1895

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Qualche tempo dopo, i locali della S.O.M.S. ospitavano un

evento più “disimpegnato”:

9 dicembre (G. Procaccini) Al caffé del Sonno

avemmo un banchetto dato dalla Società Operaia. – Brinda-

rono applauditissimi il presidente della società Sig. Pie-

tro Marcelletti, l'egregio nostro sindaco Francesco Nobili

Benedetti ed il valentissimo sanitario Dott. Tullio Botti.

– Si passò una mezza giornata fra l'allegria.7

La composizione dei membri era in ogni caso eterogenea e

interclassista, come riportato nell'opuscolo per il 110° an-

niversario, una copia del quale è conservata presso la Bi-

blioteca Mozzi Borgetti di Macerata, in cui si legge che

“la Società di Pausula ha nel proprio comitato promotore

vari dottori, un benefattore e un poeta amico di Mazzini,

Concetto Procaccini”8, e come si denota dalla lettura dei

nomi dei soci fondatori, noti esponenti delle élite locali

(medici, notabili, esponenti politici): Giuseppe Dott. Vico,

David Firmani, Concetto Procaccini, Aristide Lauri, Luigi

Dott. Firmani, Marino Dott. Marini, Achille Dott. Giri,

Vincenzo Dott. Narcisi, Enrico Manardi. Questa composizio-

ne eterogenea era un fattore che accomunava molte Società

di Mutuo Soccorso del maceratese.

Per sopperire alla crisi economica di fine Ottocento, che

aveva colpito soprattutto le classi subalterne, all'interno

7 La Provincia Maceratese, anno 1 n. 43, 12 dicembre 1895

8 Opuscolo per la celebrazione del 110° Anniversario della Fonda-zione e Inaugurazione della Nuova Sede

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delle Società operaie, venivano resi operativi, intorno

alla fine dell'Ottocento, dei magazzini che ospitavano ge-

neri alimentari e si attivavano le cosiddette “cucine eco-

nomiche”, una di queste, molto partecipata, aveva sede pro-

prio a Pausula.

(G. Procaccini) PAUSULA – Il giorno 21 febbraio

furono aperte da noi le Cucine economiche, tanto sospirate

dal popolo che stante la pessima stagione soffriva quasi

la fame. Si dispensano minestre buonissime. Si sono di-

stribuite circa 560 razioni al giorno.

Interprete de' sentimenti di tante povere madri di nume-

rosa famiglia, ringrazio vivamente tutti coloro che si

adoprarono per strappare tanti poveri figliuoli dagli

atroci artigli della fame. Speciale encomio va tributato

agli egregi signori Giuseppe Pampinoni, Rocchetti Candido

e Giulio Nicolai.9

Il grande fermento mutualistico permetteva la creazione

di un’Associazione di mutuo soccorso e d’istruzione fra le

artigiane, nel 1867, trasformata poi, nel 1872, nella So-

cietà Operaia Femminile di Mutuo Soccorso, che rimaneva

poi attiva fino agli anni Settanta del Novecento.

L’appartenenza alla S.O.M.S. creava un rapporto molto

stretto tra socio e associazione, che andava oltre il mu-

tualismo e i principi operai: “Avvenendo la morte di un

socio effettivo od onorario, l’associazione accompagnerà il

cadavere al Cemetero preceduta dalla bandiera sociale,

9 La Provincia Maceratese, anno 1 n. 3, 27 febbraio 1895

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portata a lutto”10.

Nella cittadina di Pausula alla fine dell’Ottocento ini-

ziavano a consolidarsi posizioni che osteggiavano i prin-

cipi mutualistici e solidaristici della S.O.M.S. Il 30 giu-

gno 1896, si costituiva infatti a Pausula una società ope-

raia di natura cattolica, il Circolo di San Pietro. La no-

tizia veniva ripresa da “La Provincia Maceratese”11, che

sottolineava come questi circoli provassero a influenzare

l'opinione popolare, imponendo forme di solidarismo di ma-

trice cattolica.

All’inizio del Novecento, poi, i rapporti con l’Amministra-

zione comunale non erano dei migliori, per via delle idee

progressiste portate avanti dalla S.O.M.S. Tutto sembra

nascere da una contestata conferenza:

(X) Nonostante gli attacchi più o meno onesti di

noti avversari il nostro Consiglio sta al suo posto e fa

il suo dovere.

Intanto domenica si tenne la prima conferenza istruttiva

asseconda di quanto vuole l'art. 4 dello statuto: parlò il

nostro amico Alfredo Mangini su: Artigianato e Società

operaie.12

In un altro articolo della “Provincia Maceratese” è ripor-

tato il clima di scontro tra le due realtà:

10 Articolo 68 Statuto S.O.M.S. Pausula 1902

11Il periodico socialista venne fondato nel 1895 ed è indubbia-mente la più importante testimonianza del fiorire dell'associa-zionismo operaio nella nostra provincia.

12 La Provincia Maceratese, Anno 8 n. 397, 5 marzo 1902

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Paese forcaiolo

(Chicco di panico) In questo paese il compagno nostro Ga-

stone Giunti doveva tenere oggi una conferenza di propa-

ganda. Però, per il forcaiolismo del sindaco, che non ha

voluto concedere alcuna sala, e per la paura di altri che

quella sala potevan concedere, la conferenza non si è po-

tuta tenere, nemmeno in forma privata!

Evviva dunque il forcaiolismo pausulano, quel forcaioli-

smo che ancora non si è potuto dar pace per la conferenza

tenuta dal compagno Mangini, per il quale si è ancora in

corrispondenza con la prefettura Maceratese!

Però stiano certi questi lividi musi di forcaioli paesani

che se non questa volta un'altra di sicuro il Giunti, il

Mangini o chicchessia terrà, e in piazza, una pubblica

conferenza di propaganda socialista.

Hanno inteso?

– 7 aprile – In mezzo a tutti gli ostacoli, che si vogliono

frapporre sul retto cammino della nuova Amministrazione

della Società Operaia da <<pochi facinorosi>> essa proce-

de sicura nell'adempimento dei suoi doveri, e domenica,

nell'adunanza dell'Assemblea, ebbe uno dei migliori voti di

fiducia.

Coraggio, forti giovani, non vi arrestate sulla via intra-

presa, e quando vi sentirete per poco venir meno il corag-

gio, di fronte a queste deplorevoli insidie, ricordate i

vostri ideali ed il motto del De Amicis: Sempre avanti! 13

La S.O.M.S. di Pausula restava comunque attiva fino agli

anni Venti. Ad essa si affiancavano la Società dei reduci

13 La Provincia Maceratese, Anno 8 n. 402, 9 aprile 1902

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e dei militari in congedo, della grande guerra (1920) e la

Società di Mutuo Soccorso fra Calzolai (1924). Va anche sot-

tolineato che nel settembre 1915, nel mezzo del conflitto

mondiale, si costituiva un Comitato per la mobilitazione

Civile, che all'art. 1 del proprio Statuto si impegna a

“prestare assistenza durante la guerra alle famiglie biso-

gnose dei cittadini, che si trovano sotto le armi”14. Del

Comitato facevano parte molti sodali attivi nella S.O.M.S.,

esponenti socialisti e tanti enti anche a carattere reli-

gioso, come la Confraternità del SS. Sacramento e la Con-

gregazione di Carità di Pausula.

Gli anni del fascismo rappresentavano invece un periodo

buio per la S.O.M.S. di Pausula, la cui gestione era affi-

data ad un commissario imposto dalla federazione provin-

ciale del partito fascista. Secondo uno studio fatto dal-

l’ex-presidente della S.O.M.S. Pietro Molini, nel periodo

fascista c'era la dispersione, e a volte persino la distru-

zione, di molti documenti. La dittatura comportava anche

la sostituzione dell’originale emblema delle mani che si

stringevano fraternamente con l’introduzione di un fascio

littorio. Negli anni della seconda guerra mondiale la

S.O.M.S. operava poi nella clandestinità. Non si riesce a

fare una ricostruzione storica precisa di quel periodo

perché l’archivio documentale presenta forti lacune, per i

motivi detti evidenziati poc'anzi. Non si è in grado nemme-

no di individuare l’anno preciso in cui la S.O.M.S. è stata

intitolata a Eugenio Niccolai, giovane intellettuale di

Corridonia alla cui memoria veniva concessa, al termine

14 Statuto e atto costitutivo del Comitato per la mobilitazione Civile sono conservati presso la Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti di Macerata.

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del primo conflitto mondiale, la medaglia d’oro al valor

militare; presumibilmente dobbiamo l'intitolazione della

sede all'eroe di guerra all'impegno dei genitori, Ermete e

Pia, attivi nella vita cittadina attraverso cospicui atti

di beneficenza verso enti e associazioni.

Gli unici elementi giunti fino a noi sono soltanto il ves-

sillo originale, con l’icona delle mani che si stringono

impressa nel tricolore, l’atto fondativo e lo Statuto, sep-

pur nella revisione del 1973. Sono altresì conservati

presso l'Archivio di Stato di Macerata numerosi elenchi

dei soci tesserati tra gli anni Cinquanta e gli anni Set-

tanta.

La rinascita avveniva nel secondo dopoguerra, quando la

S.O.M.S. di Corridonia mostrava “una vitalità che si può

spiegare soltanto con la saldezza e la funzionalità della

sua organizzazione interna e con l’utilità, la fermezza e

la continuità della sua azione benefica”15.

Gli anni Settanta vedevano l’inizio di un dibattito sulla

mutua assistenza che prevedeva un aggiornamento in chia-

ve moderna del concetto. Si organizzavano inoltre, sotto

la presidenza di Pietro Molini, anche molte attività ri-

creative e culturali. È del 1973 l'inaugurazione della sede

odierna della S.O.M.S. presso i locali di Via Procaccini, di

proprietà comunale.

Riguardo agli anni Ottanta e Novanta non ci sono rile-

vanti tracce storiche dell’attività della S.O.M.S.; nel 2000

la sede di via Procaccini chiudeva addirittura i battenti

per circa tre anni. Grazie alla passione e alla dedizione

del socio Sesto Luciani, i locali riaprivano, nel 2003, av-

15 Opuscolo 110 anni

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viando in una nuova direzione la S.O.M.S., resa più vicina

alle esigenze invocate da molti giovani, che prendevano

attivamente parte alla gestione.

Nell’ultimo decennio si sono succedute diverse attività che

hanno animato i locali di Via Procaccini e che hanno visto

il coinvolgimento di molte persone e associazioni cultura-

li. Dall’organizzazione di corsi di pittura, fotografia,

regia cinematografica, ad eventi più ludici, come concerti,

in cui si sono proposti progetti underground e indipen-

denti, pranzi sociali e spettacoli teatrali, senza mai per-

dere di vista l’obiettivo originale contenuto nel Manife-

sto fondativo.

L’evoluzione sociale e il cambiamento del lavoro hanno

portato ad avviare, nel 2012, una riflessione, ancora in

corso, sulle nuove possibili forme di mutualismo.

Nadia Bertini

Concetto Procaccini,

le cospirazioni di un esule pausulano

La figura più complessa e rappresentativa del Risorgimen-

to locale è indubbiamente quella di Concetto Procaccini,

nato a Pausula nel 1828, la cui esperienza politica è stata

segnata da numerosi arresti in quanto fervente sostenito-

re dell'Unità nazionale prima, delle idee repubblicane e

anticlericali in seguito.

Laureatosi in Giurisprudenza presso l'Università di Mace-

rata, veniva arrestato una prima volta il 30 aprile 1858,

su mandato dello Stato Pontificio, rinchiuso nel carcere

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di Ascoli, per aver aderito a un'associazione denominata

Apostolato Dantesco, considerata società segreta, e condan-

nato insieme ai suoi sodali per lesa maestà a diversi anni

di carcere. “Questo Apostolato [...] funzionava come una so-

cietà segreta e ne aveva tutto il carattere [...] Gli inten-

dimenti nascosti di tale associazione erano politici, di

agguerrire cioè, con gli studi civili, l'ingegno ed il cuo-

re, quelli manifesti non potevano che dirsi letterari.”16

In ogni caso, quattro anni prima era stata mossa nei suoi

confronti l'accusa di aver collaborato all'evasione del

frate domenicano Giuseppe Frigeri, considerato Maestro

della Setta Carbonica di Corinaldo e per questo condanna-

to al carcere a vita.17

Successivamente si arruolava nelle truppe garibaldine,

con le quali partecipava alle campagne del 1860 e del 1866.

Filippo Mariotti, deputato tra il 1867 ed il 1892, nonché

sottosegretario alla Pubblica Istruzione e poi senatore,

nato ad Apiro e già collega di studi del Procaccini, oltre

che suo sodale nell'Apostolato Dantesco, ricordava di aver-

gli ceduto nella battaglia di Milazzo (luglio 1860), i gradi

di furiere. Il ruolo di Concetto Procaccini è esaltato an-

che in alcune pubblicazioni che documentano le campagne

romane del 1866-67; scrive Luigi Polo Friz: “Fra i nomi

nuovi emersero Adamoli, il conte folignate Benedetti Ron-

calli, il ternano Faustini, alla testa di cento giovani,

16 T. Mariotti, Aneliti di libertà nello Stato pontificio, in Nuova Antologia, settembre 1910, p. 126

17 Tribunale supremo della Sacra Consulta, Commissaria Anconetana ossia II parte della processura ascolana di gravissime delinquenze comprese tutte nel titolo di lesa maestà, Roma 1861, pag. 35

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Gattorno, Mileto, Pescatori e Procaccini”.18 Negli anni a

cavallo tra le campagne di Sicilia e quelle romane, Pro-

caccini prendeva parte alla fondazione della Società Ope-

raia di Mutuo Soccorso di Pausula.

Di lui scriveva Domenico Spadoni: “Persona colta e dottore

in legge, fu redattore del giornale mazziniano Il Dovere

di Genova. Il Mazzini, quando si trovava a Londra, scrive-

va ai suoi amici in Italia: <<Tutto ciò che dovete mandar-

mi fatelo recapitare a Concetto Procaccini a Genova; egli

sa il mio indirizzo>>.”19 Il rapporto fiduciario con Giu-

seppe Mazzini è confermato dal frequente scambio episto-

lare tra l'aprile 1865 e l'agosto 1871. In particolare, Maz-

zini scriveva a Procaccini circa la necessità di mettere

in campo qualsiasi iniziativa atta ad espandere la parte-

cipazione della città di Napoli, dove l'esule pausulano si

era stabilito, alle lotte per la democrazia in Italia.

Inoltre, Mazzini invitava i cospiratori per la causa a

mettersi in contatto con il Procaccini, durante la perma-

nenza napoletana di quest'ultimo.20 I cospiratori che gra-

vitano intorno al Procaccini cercavano “di fare propagan-

da nell'esercito e di diffondere pubblicazioni clandestine,

preparando un'insurrezione, d'accordo con Mazzini. Indivi-

duati dalla polizia, nella primavera del '69 molti di loro

vennero arrestati, ma furono rimessi in libertà dopo po-

chi mesi per mancanza di prove”.21

18 L. Polo Frit, La Massoneria Italiana Nel Decennio Post Unitario: Lodovico Frapolli, Franco Angeli Editore, Milano 1998, pag. 193

19 D. Spadoni, Garibaldi e garibaldini nelle Marche, Tipografia operaia romana, Roma 1907, pag. 59

20 Autori vari, Rassegna storica del Risorgimento, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Roma 1972, pag. 385

21 M. Toda, Errico Malatesta da Mazzini a Bakunin, Guida Editori,

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Un precedente arresto di Procaccini e di altri patrioti,

tra cui la contessa Giulia Cicala Caracciolo e l'avvocato

Marziale Capo, era ripreso con enfasi anche dal Macchi nel

suo Almanacco istorico d'Italia: “Il Procaccini fu preso

mentre stava al Municipio, ove era impiegato al corso pu-

blico, distribuendo permessi ai padroni delle carrozze o

dando multe ai cocchieri delle carrozzelle. Fu fatta una

perquisizione del suo tavolo, ove venne trovato un testa-

mento politico al figlio, in senso tutto repubblicano. Del

resto le prove, a quanto dicono, della sua complicità nel

complotto, si avevano già da molto tempo e per deposizione

di alcuni delli arrestati che confessavano ogni cosa”.22

Lo spirito repubblicano lo aveva legato ad un vincolo di

amicizia con Giorgio Asproni, fervente repubblicano ed

autonomista sardo, inviato a Napoli da Mazzini a dirigere

il quotidiano Il Popolo d'Italia. Asproni nel suo Diario

Politico, opera in sette volumi sulla propria attività

parlamentare nell'arco di un ventennio, descriveva dei

momenti di convivialità con il Procaccini, facendo riferi-

mento anche ad un pranzo domenicale con la moglie dell'e-

sule pausulano ed il figlio Washington.

In rappresentanza della Società dei Reduci di Macerata,

nel 1869 Procaccini partecipava ai lavori dell'Anticoncilio

di Napoli, nato in contrapposizione al Concilio ecumenico

convocato da Pio IX e che si sarebbe aperto a San Pietro

nel dicembre di quell'anno. L'iniziativa, promossa dal con-

te Giuseppe Ricciardi, andava incontro a molte reticenze

della massoneria inglese, antipapalina ma cristiana, ed

Napoli 1988, pag. 622 M. Macchi, Almanacco istorico d'Italia vol. 1, Gaetano Brigola

Editore, Milano 1867, pag. 72

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italiana, oltre che del governo e del sindaco di Napoli, ma

trovava comunque l'entusiastico appoggio di intellettuali

di fama mondiale, tra cui ad esempio Victor Hugo.23

L'attività democratica di Concetto Procaccini andava

avanti anche dopo lo scioglimento dell'Anticoncilio, difat-

ti nell'estate del 1871 “si dimette il Comitato napoletano

dell'ARU, formato da Lepiane, Bresciamorra e Procaccini, si

ricompone nell'autunno con gli stessi Lepiane e Procacci-

ni: si tratta di agitatori già noti”.24

Pur non abiurando mai la propria fede repubblicana, Con-

cetto Procaccini ha continuato a svolgere la propria fun-

zione di segretario comunale a Napoli, fino alla propria

morte, avvenuta nel 1893.

Gabriele Mastroleo

Sul filo della memoria

Per provare a ripercorrere la Storia della S.O.M.S. di

Corridonia, ci siamo affidati ai ricordi di due ex presi-

denti del Sodalizio, Piero Molini e Aldo Montecchiari, che

con grande disponibilità hanno accettato di rispondere

alle domande di un intervistatore d'eccezione, C.Nat. Le

due presidenze, distanti nel tempo di circa vent'anni,

hanno contribuito, in momenti diversi e con diverse moda-

lità, alla riscoperta del Sodalizio sul territorio corri-

doniano. (G.M.)

23 Una ricostruzione critica dell'iniziativa del Ricciardi in Sergio Romano, Giuseppe, l' antipapa che scomunicò Pio IX, Corriere della Sera, 2 agosto 2005, pag. 29

24 C. Dotto, in Autori vari, Rassegna storica del Risorgimento, op. cit., pag. 348

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C.Nat. Partiamo dall'inizio del tuo rapporto con la

S.O.M.S. di Corridonia. Quando e perché hai iniziato a far-

ne parte? Pietro Molini Intorno alla metà

degli anni Sessanta, girando per cantieri a causa della

mia attività di geometra dialogavo con gli operai, ed en-

trai in contatto una grossa impresa edile. Su questa im-

presa, c'era un capo cantiere di Corridonia, Luigi Ciccioli,

con il quale avevo un rapporto di simpatia e di collabora-

zione. Lui una sera mi invito in sede, che allora si trova-

va vicino Piazza delle Erbe, di fronte al mercato coperto,

ed era gestita da Pietro Morici e sua moglie, Florinda. Mi

appassionai subito e iniziai a fare delle ricerche; per

prima cosa ritirai fuori lo statuto che il Morici conser-

vava gelosamente. Scoprii così che la nostra S.O.M.S. è

nata nel 1863 ed è una delle prime sorte nelle Marche.

Cominciai a frequentare questo locale, pieno di gente che

aveva ricordi nitidi della prima o della seconda guerra

mondiale e iniziai a raccogliere le loro testimonianze.

Hai parlato di cambio di identità. Poi è arrivato il cam-

bio di sede, anche fisico. Ci puoi raccontare com'è andata?

Diventando socio attivo mi trovai ad affrontare

le elezioni per il direttivo. Presidente all'epoca era un

certo Gerardo Mei, persona simpaticissima, il quale non se

la sentiva più, essendo avanti negli anni, di rappresenta-

re questa associazione. Fu così che il direttivo propose il

mio nome. Io mi sentivo inesperto, all'epoca avevo meno di

trent'anni. Però mi affascinava l'ambiente e decisi di ac-

cettare la candidatura alla presidenza. Venni eletto e de-

cisi di impegnarmi in questa carica, togliendo tempo al

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lavoro e alla famiglia. Avevo all'epoca già una figlia e

lavoravo ad Ancona, quindi ogni mattina mi dovevo sve-

gliare presto, ma trovavo in questo ambiente distensione e

serenità. Questo entusiasmo crebbe talmente che mi posi la

necessità di una sede nuova, anche perché a Corridonia

questa associazione era ben vista, sia per la sua storia

che per i suoi componenti. Ti premetto che nel 1970, con le

elezioni amministrative, divenni anche assessore comunale

e venni a conoscenza di magazzini inutilizzati sotto al

teatro Velluti, con accesso da Via Procaccini. Mi feci dare

la chiave di questi magazzini e una domenica pomeriggio

invitai il nuovo direttivo in carica a visitarli. Subito

ho visto nelle facce dei componenti del direttivo una cer-

ta titubanza, per lo più a causa del degrado dei locali.

Che era utilizzato originariamente per? Che c'era lì den-

tro? Niente, vi erano depositate cose stranissime, an-

che importanti, che sono sparite poi al termine dei lavori.

Ti faccio un esempio: c'era uno stemma in marmo scolpito

raffigurante Pio IX che si trovava sulla facciata del Pa-

lazzo Comunale, che prima dell'avvento del Fascismo si

trovava in Piazza del Popolo, e che fu tolto nel 1861, con

l'Unità d'Italia: non si è più trovato. C'era, cosa meno sto-

ricamente importante, il cartellone della tombola, con i

numeri che si rigiravano ed è sparito. C'era una barella

di proprietà della Croce Verde dell'epoca risorgimentale,

sparita pure quella. Comunque, andammo a vedere questi

locali e il primo problema fu reperire i fondi per ri-

strutturarli. Feci il progetto di ristrutturazione, un

preventivo di spesa e lo presentai al Comune. Veniva fuori

una spesa complessiva di otto milioni di lire. Per suppor-

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tare la spesa, la domanda venne fatta congiuntamente da

S.O.M.S. e Avis, che poi si ritirò. Faceva parte della

S.O.M.S. Crescentino Rosati, muratore e mio caro amico, il

quale si dichiarò disposto ad affrontare i lavori. Il Con-

siglio Comunale deliberò l'approvazione dei lavori nel

marzo 1972, ma la S.O.M.S. doveva anticipare i soldi. Per

chiarire un attimo, all'epoca lo stipendio medio mensile di

un operaio era di 120mila lire. Fu un'odissea.

La sede venne finalmente inaugurata il 21 ottobre 1973.

Chi partecipò all'inaugurazione? Venne l'on. Danilo

De' Cocci, sottosegretario al ministero del Lavoro, poi il

vescovo di Fermo, Mons. Norberto Perini, che benedì la Sede

nuova, composta dal bar all'ingresso, dall'ufficio con l'ar-

chivio e dalla sala ricreativa. Fu fatto anche un lavoro

esterno, concordato col proprietario del cortile, il dott.

Enrico Manardi, che ci diede la possibilità di fare delle

“gance” di bocce. Il Comune fece poi dei lavori di allinea-

mento del muro di sostegno che teneva questo cortile per

allargare via Colombari. Con questa nuova Sede, il numero

dei soci passò da meno di cento a circa 400. Poi diminuiro-

no, non scendendo però mai sotto i 300. Soprattutto d'esta-

te, la gente vedeva nella S.O.M.S. un punto di riferimento.

A quel punto, cos'era diventata la S.O.M.S. all'interno del

tessuto sociale della città? Soprattutto un circolo ri-

creativo, ma non doveva limitarsi a quello, secondo le mie

intenzioni, per cui adeguammo lo Statuto, lasciando inal-

terato lo spirito essenziale, quello della mutualità, del

sostentamento reciproco, della fratellanza fra operai,

persone con problemi di famiglia, ecc. Quando furono sana-

ti tutti i debiti, con le quote sociali avevamo un fondo,

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che su mia iniziativa e con l'accordo del direttivo, venne

utilizzato per ripristinare, anche simbolicamente, l'assi-

stenza, tant'è vero che individuammo nell'organico della

S.O.M.S. due medici, Alessandro Alessandroni e Sandro Ca-

raceni, che avevano il compito di compilare dei referti

diagnostici in caso di malattia dei soci e il direttivo a

quel punto, valutata la gravità, dava un contributo sim-

bolico ai soci che avevano bisogno. Si provava così a tor-

nare allo spirito fondativo. Nel tessuto cittadino si or-

ganizzavano anche conferenze e convegni e si garantiva la

propria presenza agli eventi celebrativi organizzati dal-

le consorelle, non solo nei dintorni. Mi ricordo che una

volta ci organizzammo per andare a San Felice sul Panaro,

in provincia di Modena. Si creava questo legame con le al-

tre S.O.M.S. e ci si scambiavano pareri su come gestire

queste associazioni, che benché decadute dal punto di vista

storico, non potevano certo cadere nell'oblio. Il ruolo

ponte che le S.O.M.S. svolsero tra beneficenza, mutualismo,

volontariato e stato sociale è una cosa che va sempre più

diminuendo nel corso del nuovo millennio, però è rimasto

sempre quello spirito di unità tra lavoratori e ceto so-

ciale medio, che resiste anche alla crisi delle ideologie.

Lo spirito dei fondatori era molto diverso da quello che

stiamo attraversando, ma questo non deve inficiare quanto

sancito dallo Statuto, vale a dire la solidarietà e l'aiuto

reciproco fra i soci che rappresentano il sodalizio. Se an-

diamo a basare un'associazione, un sodalizio, un circolo

culturale e ricreativo sulla diversità di ideologie, questo

può causare un disfacimento. Lo abbiamo evitato.

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C.Nat. Innanzitutto mi piacerebbe sapere cosa rappre-

sentava nel tessuto sociale di Corridonia la S.O.M.S. all'e-

poca in cui hai avuto i primi contatti. Aldo

Montecchiari La Società Operaia in quel periodo ve-

niva da una gestione passata in cui era un locale vissuto

dai ragazzi delle scuole. Quando Sesto ha iniziato la ri-

strutturazione della S.O.M.S. e ci siamo trovati insieme a

gestire i primi anni, non c'era più quel tipo di utenza

prettamente adolescenziale, ma tornavamo allo spirito del

passato, divenendo un luogo di discussione, di incontro, di

condivisione di idee. È stato un periodo per noi pionieri-

stico, abbiamo riportato la S.O.M.S. ad avere un certo nu-

mero di persone che la frequentavano, con le quali passa-

vamo le serate parlando dei vari problemi. È stato un mo-

mento importante, impegnativo, ma anche molto divertente.

Sotto la tua presidenza si apre una fase totalmente nuova,

che adesso è nella piena maturità, però voi siete stati i

fautori di quella che è stata questa transizione, non è

stata un'operazione leggera. Com'è andata? Ci sono

stati tre o quattro passaggi, ognuno significativo. Il pri-

mo periodo è stato quello della ristrutturazione fisica

dei locali, attraverso la ricostruzione, la restaurazione,

la messa a norma per renderli agibili al pubblico. Poi c'è

stata la prima campagna tesseramenti, che ha riportato le

persone a vivere questi locali, con le prime iniziative e

con il coinvolgimento della popolazione. Successivamente,

la gestione è stata tenuta da gente che hanno sempre più o

meno disatteso lo scopo, chi per mancanza di introiti, chi

per mancanza di interessi, chi per mancanza di stimoli e

chi per mancanza di principi. Ogni fallimento però ripor-

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tava l'entusiasmo nel voler raggiungere l'obiettivo del

nostro progetto: ridare credibilità allo scopo sociale del-

la S.O.M.S. Con l'impegno di tutti, si è arrivati a dover

prendere delle decisioni traumatiche per recuperare la

credibilità perduta. È cambiato completamente il consiglio

direttivo, dando la responsabilità a persone nuove, molto

giovani e molto determinate, che con metodi magari criti-

cabili, ma degni di stima, hanno portato avanti quel pro-

getto che è ancora oggi vivo e sta dando buoni risultati,

da un punto di vista di presenza, riconoscibilità e promo-

zione di certe attività.

Secondo te, quindi, la S.O.M.S. è tornata ad essere qualcosa

di concreto, tangibile, importante nel tessuto sociale cit-

tadino? Siamo sicuramente sulla buona strada. Non credo

che ogni tipo di iniziativa proposta sia giusta, ma è enco-

miabile lo spirito con il quale stanno lavorando. È indub-

biamente necessario aiutarli, per quanto possibile, a tutti

i livelli, perché meritano, fino a oggi hanno dimostrato

di aver fatto molto bene. Corridonia non è una piazza fa-

cile, siamo sempre molto critici verso tutti: progettare

qualcosa è sempre difficile, quello che stanno facendo

questi giovani da qualcuno è visto come fumo negli occhi.

Occorre dargli la possibilità di sbagliare per poi poter

ricominciare, per poter ripartire. Occorre aspettare e

aiutarli nel raggiungimento di uno scopo che potrebbe es-

sere molto importante per la Società Operaia.

Voi avete voluto avviare questo processo di transizione,

prendendo in mano la S.O.M.S. Perché lo avete fatto?

Un po' per incoscienza, un po' per ritornare a

vedere qualcosa che potenzialmente poteva essere impor-

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tante. Probabilmente per l'altruismo di Sesto, per il suo

voler fare tutto ciò che era possibile fare per la comuni-

tà. Il modo per farlo non era molto importante, per noi

era importante metterlo a disposizione. Lo abbiamo fatto

nel più assoluto menefreghismo di quello che pensavano

gli altri e i risultati ci hanno dato ragione. Non ci sen-

tiamo dei Don Chisciotte, ma delle persone comuni animate

dalla voglia di fare. Siamo stati notti intere insieme a

far quadrare i conti, per cercare di dare un'impronta e

lasciare qualcosa di chiaro a chi è venuto dopo di noi.

Penso sia stato importante averlo fatto.

Questo lavoro immane che avete fatto, che cosa ti ha la-

sciato dentro? Io credo che immane non sia un termi-

ne giusto, perché abbiamo fatto un lavoro ma ci siamo di-

vertiti, è stato pesante ma non lo abbiamo sentito come un

peso. Dentro di me è rimasto un senso di condivisione e di

partecipazione, un voler vedere le cose dal punto di vista

della convivialità. Una delle cose che ricordo forse con

più piacere è il momento conviviale che si viveva in occa-

sione delle commemorazioni e delle cene sociali, con perso-

ne con un profilo culturale diverso che si confrontavano

con noi e capivamo che la nostra era un'esperienza comune,

che nasceva dal voler bene a un sodalizio che noi abbiamo

avuto la presunzione di non far morire. Non possiamo dire

certo di essere quelli che abbiamo fatto rinascere la

S.O.M.S. riportandola al proprio scopo originario, ma ab-

biamo contribuito a non farla morire.

È rinata in un'altra forma, più vicina alla sensibilità

dei tempi... Esatto. Sono cambiate sicuramente le

condizioni, però sotto un'altra forma, ci sono cose molto

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interessanti, perché se ieri mutualismo poteva essere la

possibilità di poter consumare un pasto caldo, oggi po-

trebbe essere, anche guardando a nuove realtà come quella

dei migranti, dei lavoratori precari, di persone che si ri-

trovano a rappresentare nuove sacche di povertà, un'espe-

rienza che potrebbe aiutare queste nuove fasce sociali e

sicuramente sono contento di aver partecipato, lo ripeto

ancora una volta, a non farla morire, non a renderla più

efficace, perché forse a quello ci penseranno altri.

INTERVISTE A CURA DI CARLO NATALI aka C.NAT.

Una sola, grande unione

Il 18 gennaio scorso, abbiamo ospitato nei locali della

S.O.M.S. il giornalista e blogger Roberto Ciccarelli, che

delle nuove forme di mutualismo è un attento osservatore.

A distanza di qualche giorno, ci ha dedicato alcune righe

sul proprio profilo Facebook; eccone un estratto: “Sono

stato invitato a parlare in occasione del 150esimo anni-

versario della S.O.M.S. di Corridonia, una delle più anti-

che in Italia. Mi sono commosso quando ho percepito l'orgo-

glio e la fierezza di appartenere a una storia comune,

quella della mutualità operaia, da parte di giovani donne

e uomini, caso unico in Italia che la gestiscono [...] Si

sono ritrovati insieme in questo antico spazio del futuro,

insieme percepiamo una forza che serpeggia segreta in

Italia, e che si sente a Palermo e a Milano, da Bologna a

Alessandria a Roma e a Napoli. E altrove dove si manife-

sta, tra intermittenze e negli anfratti, la forza liquida

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del Quinto Stato”. Divenuto in pratica un nostro sodale,

Roberto Ciccarelli ha voluto inviarci un lungo articolo,

scritto a quattro mani con Peppe Allegri, con cui collabo-

ra da anni, che è un estratto, una sorta di anteprima, del

volume sul Quinto Stato che verrà a breve pubblicato per-

l'editrice Ponte alle grazie. Per noi, ciò è motivo di orgo-

glio e indice del buon lavoro che stiamo portando avanti.

(G.M.)

L'Europa percorsa da correnti dell'autorganizzazione

ha stimolato mescolanze tra una religione collettiva, la

coscienza di classe (o delle classi), l'esodo dalle corpora-

zioni e le pratiche della condivisione. Su queste basi sono

nate le prime istituzioni mutualistiche, filantropiche,

assistenziali che si trasformarono in coalizioni della re-

sistenza attiva delle nuove classi lavoratrici. Queste coa-

lizioni furono represse dalla legge Le Chapelier del 1791 e

dal successivo Code Pénal, ma troveranno cittadinanza ne-

gli stati liberali europei nel XIX secolo, per poi essere

soppresse durante la dittatura nazi-fascista.

Queste istanze sono state considerate anche dagli Stati,

specialmente durante le crisi economiche e i periodi di

disoccupazione di massa e sommovimenti sociali. Ad esempio

quel socialismo di Stato professato nella Commissione del

Luxembourg da Louis Blanc e criticato, oltre che da Marx,

dallo stesso Proudhon addirittura come “comunismo di Sta-

to”, che porterà l'effimera creazione degli ateliers natio-

naux in Francia nei tre mesi che annunciano la parabola

discendente del 1848 francese, nel lungo quarantennio che

va dalle gloriose giornate del luglio 1830, alle rivolte

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che accompagneranno gli anni Trenta, con lo sciopero in

rivolta dei tessili (i canut) a Lione nel 1831 e poi nel

1834, quindi la “potenza dei giovani repubblicani ed operai

armati che faranno cadere due monarchie e un impero”25.

In questi ateliers nationaux furono realizzate gigan-

tesche concentrazioni di lavoro operaio, seguendo il mo-

dello di Louis Blanc il quale formulò questa idea nel 1839

nel suo L'organisation du travail, uno dei libri fondatori

del socialismo di Stato alla francese26. Blanc aveva pensa-

to gli atelier sociaux come vere e proprie cooperative di

produzione, finanziate dallo Stato, capaci di sostituirsi

all'impresa privata, con un'autonoma capacità di intrapre-

sa e di organizzazione da parte dei lavoratori. Questa

idea ha fondato il movimento cooperativo, nutrendo l'aspi-

razione di coniugare il potere dei lavoratori sulla pro-

duzione con quello politico, i soviet nella versione di Le-

nin.

La realtà degli atelier era molto più modesta, osservò

Marx, e generò una serie di equivoci degni di una commedia

spagnola. Era legata principalmente all'esigenza di aiuta-

re i lavoratori colpiti dalla disoccupazione. Gli stessi

disoccupati, una volta assunti, si ribellavano alla disci-

plina imposta dai capi, cioè dagli operai più anziani, fun-

zionari dello Stato oppure membri delle cooperative27. La

vita infelice degli atelier si spiega perché ai loro mem-

bri vennero imposti lavori di pubblica utilità, dallo sca-

vo dei canali alla riparazione delle strade.

25 A. Badiou, La Comune di Parigi, cit., p. 33.

26 Cfr. L. Blanc, L'organisation du travail, V edizione rivista e corretta dall'autore, 1847.

27 Cfr. J. Rancière, La nuit des prolétaires, cit., pp. 336 e ss.

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Gli operai erano organizzati militarmente in squadre,

brigate e compagnie. Le donne e gli uomini venivano messi

davanti alla scelta: morire di stenti disoccupati, o rice-

vere una paga miserabile dallo Stato passando per le armi.

Quello francese è stato un tentativo, sabotato dagli stessi

operai, di organizzare la miseria come fecero gli inglesi

con le Workhouses, le case di lavoro, istituite nel 1834 per

rinchiudervi i poveri. Per lungo tempo la propaganda li-

berista ha spacciato questi luoghi come unico esempio rea-

lizzabile di socialismo.

Marx racconta il conflitto che oppose i lavoratori in-

dipendenti al sottoproletariato in queste istituzioni

create dallo Stato. Fu una guerra fratricida. I ladri, e i

delinquenti, i vagabondi, gens sans feu et sans aveu, “che

non perdono mai il carattere dei lazzaroni” scrive Marx,

quelli che Gauny aveva incontrato sulle sue strade, furo-

no reclutati per sparare contro il proletariato in rivol-

ta a Parigi nel 1848. Come comandanti, in parte vennero

dati loro ufficiali dell'esercito regolare; in parte si

scelsero essi stessi dei giovani figli di borghesi, le cui

spacconate di morte per la patria e di sacrificio per la

repubblica li attiravano.

Mentre Blanc arringava le folle ai giardini del Lu-

xembourg, auspicando che l'autonomia operaia si organiz-

zasse in un governo, l'eterogeneità delle condizioni che

componevano lo “stato” del Quarto Stato si irrigidivano al

punto da implodere. Parigi era una città dove Blanqui, il

capo dell'insurrezione operaia, aveva a disposizione un

esercito di 200 mila persone armate. Quella operaia era

una classe di mestieri dove la maggioranza è composta da

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40 mila pantalonai, e poi sarti, artigiani, carpentieri,

stampatori, insomma lavoratori autonomi che svolgevano

un'attività salariata, vivendo in una condizione sospesa

tra i poli della servitù e dell'autonomia.

L'odio per il sottoproletariato, e la difficoltà di di-

stinguerlo dal lavoro indipendente o non affiliato da

parte della sinistra, nasce da questo racconto di Marx. Il

sottoproletariato è il risultato di una deiezione dell'ori-

ginaria condizione dell'indipendente che non ha alterna-

tiva se non quella di farsi reclutare per uccidere i pro-

pri simili. Questa frattura sanguinosa, e irrimediabile,

non permise a Marx di soffermarsi sull'elemento costituti-

vo del conflitto, com'è stato chiarito successivamente28.

Ciò che ha spinto le persone ad accettare di lavorare in

luoghi tanto squallidi, così come a boicottarli fino a co-

stringere lo Stato a chiudere queste sentine della violen-

za, è stata la difesa della propria autonomia. Gli eserciti

sottoproletari sparavano contro questa idea, nutrendo la

diffidenza per l'autonomia di una parte maggioritaria

delle organizzazioni operaie che dura fino ad oggi.

Eppure proprio intorno al 1848 Pierre-Joseph Proudhon,

nella sua critica radicale alla proprietà e allo Stato,

sviluppa idee utili sul mutualismo come possibilità di au-

togoverno della forza lavoro, coniugando la sperimenta-

zione di un federalismo radicale con la messa in discus-

sione degli statuti proprietari. È il cuore di due deriva-

zioni fondamentali e strettamente connesse della nascente

autorganizzazione delle nuove e vecchie forme del lavoro.

Da una parte questa è una prima definizione moderna

28 Cfr. Ivi.

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della “costituzione sociale” che organizza il “diritto eco-

nomico” e si realizza nella “democrazia industriale”, che

completa e controbilancia la democrazia politica; «secondo

Proudhon, la democrazia industriale ha parecchi aspetti.

Non solo essa subordina tutto il potere sociale “delle or-

ganizzazioni economiche al diritto, ma penetra all'interno

stesso dei rapporti di proprietà, istituendo una proprietà

mutualistica e federativa”, che rende tutti gli operai

“comproprietari”; perciò essa si rivela una “accomandita

del lavoro per il lavoro o mutualità universale”»29.

Sono i primi passi di un embrione di organizzazione so-

ciale: il diritto economico fonda la costituzione sociale

capace di rimettere in discussione i rapporti proprietari

e gli assetti istituzionali dell'autogoverno dei lavorato-

ri, mettendo in comunicazione virtuosa self-government,

mutualismo federativo, cooperazione sociale, forme di au-

togestione territoriale, autonomia individuale e colletti-

va. È l'intuizione di un costituzionalismo sociale e demo-

cratico, artefice di nuove istituzioni, creatore di mecca-

nismi in grado di fare a meno della sovranità dello Stato

e della rappresentanza politica e sindacale. E proprio ac-

canto a questa diramazione si situano le pratiche insor-

genti della Comune di Parigi della primavera del 1871, che

tentano di dare forma politica all'emancipazione sociale

delle classi lavoratrici, sperimentando autogoverno citta-

dino con la riappropriazione e gestione comune delle ric-

29 Così G. Gurvitch, La nascita dell'idea di "diritto economico" e di "democrazia industriale" in Proudhon, cit. in R. Supek, Socialismo e autogestione, La Pietra, Milano, 1978, pp. 74-77. Georges Gurvitch, tra i fondatori della sociologia del diritto, è forse tra i primi e più rilevanti studiosi del pluralismo giuridico e del diritto sociale, tradizione di studi giuridici tuttora feconda, seppure minoritaria nell'Accademia italiana.

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chezze ad opera delle forme del “lavoro libero e

associato”.

Sul lato maledetto della storia europea si sono speri-

mentate le nuove istituzioni dell'autogoverno operaio e

cittadino. È stato questo anche il caso del “Decreto sulla

requisizione delle fabbriche chiuse” adottata dalla Comune

parigina il 16 aprile 1871 per riaprire le fabbriche – ab-

bandonate dagli imprenditori in fuga da Parigi – “da par-

te dell'associazione cooperativa degli operai occupati in

queste stesse fabbriche”30. Spazi, sempre combattuti e re-

pressi dalle strutture della sovranità statale e della sua

rappresentanza prima politica e poi sindacale, dell'auto-

nomia sociale di forme di vita e del lavoro irriducibili

alle pratiche burocratiche dello Stato dei partiti e dei

sindacati che verrà. Perché la Comune “non ha avuto come

conseguenza la distruzione del gruppo dominante e dei

suoi politicanti, ma ha distrutto qualcosa di più impor-

tante: la subordinazione politica operaia e proletaria”31.

La subordinazione si combatte creando autonomia. Per

questo bisogna ben delineare la radice di questa condizio-

ne che nel corso del XIX secolo, e fino agli anni Venti in

Italia, ha nutrito la storia del mutualismo, del movimento

cooperativo. Una corrente sotterranea che riemerge oggi

in Europa , quando si riscopre la scienza triste dell'eco-

nomia come governo morale della povertà. L'autonomia si

esprime in maniera doppia: come rivolta contro l'ingerenza

dello Stato, come del Capitale, tanto nella gestione di

un'impresa, quanto nella tutela dei diritti di chi ci lavo-

30 Documento pubblicato in R. Supek, Socialismo e autogestione, cit., p. 85.

31 A. Badiou, op. ult. Cit., p. 65.

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ra; e, infine, come costruzione di spazi pubblici o occasio-

ni politiche dove la cooperazione tra i molti non è certo

riducibile alla concentrazione delle povertà in una Wor-

khouse.

A quel tempo l'autonomia si espresse nei sodalizi mu-

tualistici, da non confondere con le semplici “mutue” a so-

stegno della carità o della beneficenza. Nei sodalizi si

incontravano società operaie, associazioni di maestri e

insegnanti, militari, medici, chirurghi, farmacisti, vete-

rinari, avvocati, ingegneri, architetti, impiegati comuna-

li e sacerdoti. In Italia, come in Inghilterra, Francia o

Germania, le società operaie erano associazioni cumulative

che raggruppavano lavoratori con professionalità e condi-

zioni diverse, lavoratori dipendenti e indipendenti, e an-

che piccoli imprenditori e associazioni professionali. E

poi c'erano le associazioni locali: società di un comune,

borgata o quartiere.

Restava netta la differenza tra sodalizi urbani e ru-

rali. C'era la distinzione tra i sodalizi mazziniani, demo-

cratici e moderati, un solco che si approfondirà con la

trasformazione di una parte di essi in società di miglio-

ramento o di resistenza. C'erano i cattolici incoraggiati

dall'enciclica Rerum novarum a percorrere la strada del-

l'associazionismo mutualistico, creando una secessione su

base confessionale tra le società di mutuo soccorso.

La funzione generale delle società di mutuo soccorso la

delineò l'ispettore generale del credito e della previdenza

Vincenzo Magaldi nel 1904:

“associazioni formate di più persone che si obbligano

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di versare in una cassa comune e periodicamente contribu-

zioni fisse destinate a sovvenire quei soci che vengono

per caso colpiti da una disgraziata evenienza della vita:

e questa è la definizione più comune delle società di mu-

tuo soccorso, secondo quasi tutti gli scrittori di economia

sociale”32.

Finché durò la schiavitù delle classi laboriose non po-

teva esservi che l'associazione legale, forzata e mostruosa.

Vigeva un sistema autoritario e paternalistico nei con-

fronti dei beneficiati, mancava l'uguaglianza e però dove-

va mancare l'equa distruzione dei vantaggi, primo concetto

della moderna mutualità per cui venivano distribuiti

fondi non versati dai soci. In maniera tardiva, la svolta

si realizzò in Italia con il riconoscimento del diritto di

riunirsi che si estende a quello di associarsi liberamente,

sancito dall'articolo 32 dello Statuto Albertino che però

affidò allo Stato la possibilità di regolare l'attività di

queste associazioni con apposite leggi. Ne nacque un con-

flitto destinato a segnare la storia dell'associazionismo

mutualistico. La libertà concessa venne intesa dai sodali-

zi come autonomia, nel senso di una completa indipendenza

dallo Stato e dal mercato.

Il mutualismo interessava senz'altro i poteri pubblici

perché era considerato uno strumento utile per la gestio-

ne della povertà economica. La disciplina che aiutava a

diffondere nel proletariato, il senso per la legalità e

l'auspicio di un moderatismo nelle passioni politiche era-

no salutate positivamente dalle istituzioni dello Stato

32 Cfr. R. Allio, Società di mutuo soccorso in Piemonte 1850-1880, Deputazione subalpina di storia patria, Torino 1980.

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liberale. Veniva colto un aspetto importante del mutuali-

smo, la mediazione sociale. Ma il moderatismo liberale, e

cattolico, consideravano la mediazione solo rispetto allo

Stato, e non rispetto al conflitto di classe o al governo

del territorio e della città, terreni dove l'estensione del

mutualismo, come delle case del popolo, fu considerevole in

tutta Europa. Con l'ascesa elettorale dei partiti sociali-

sti, le mutualità permisero la generalizzazione dei con-

flitti di classe al di fuori delle fabbriche, portando

nelle fabbriche le istanze di civilizzazione presenti nel-

la società. Per questa ragione, molte società di mutuo soc-

corso furono chiuse d'autorità.

L'ultimo ventennio dell'Ottocento, dalle paludi centra-

listiche della Terza Repubblica francese emerse un movi-

mento di consiglieri municipali socialisti. Insieme speri-

mentarono il “socialismo municipale”. Nel 1892 nacque una

Fédération des conseilleurs municipaux socialistes de

France che raggruppava alcune amministrazioni locali so-

cialiste, a partire da quelle intorno a Edouard Vaillant,

ex comunardo e ammiratore di Blanqui, dapprima consiglie-

re comunale nel XX arrondissement parigino, quindi parla-

mentare socialista33. Questa nuova forma di municipalismo

cercava di tenere insieme le conquiste del mutualismo, con

la sperimentazione di nuove tutele a sostegno dei lavora-

tori. E promuoveva la loro cooperazione, l'impresa collet-

tiva. Nacquero le prime Borse per il lavoro, furono orga-

nizzati i servizi pubblici territoriali, e poi forme di as-

sistenza tra municipi. In questo contesto si organizzarono

33 P. Dogliani, Un laboratorio di socialismo municipale. La Francia (1870-1920), Franco Angeli, Milano, pp. 44 e ss.

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movimenti dei consumatori al quale parteciperano i movi-

menti sindacali. Venne ripensato il problema abitativo,

perché l'aumento del costo degli affitti fu una delle cau-

se della Comune di Parigi34.

Erano tentativi ibridi per creare nuovi rapporti isti-

tuzionali, dosando pratiche cooperative e mutualistiche

dei movimenti sociali protagonisti delle lotte repubblica-

ne. L'idea era quella di organizzare questo incontro,

creando nuove pratiche e nuovi habitus nei gruppi e nei

singoli negli spazi a disposizione delle amministrazioni

locali. Grazie a questa intuizione nacquero le case del po-

polo e le camere del lavoro. Le prime vennero adottate dai

partiti socialisti, e poi da quelli comunisti, le seconde

dai sindacati nascenti. L'idea originaria del socialismo

municipale è che la funzione della solidarietà mutuali-

stica e quella della tutela dei diritti dei lavoratori po-

tessero svolgersi nello stesso luogo, insieme alla fonda-

mentale esigenza di socializzare al di fuori della fabbri-

ca, tra classi sociali diverse. Ciò che è più importante ai

nostri occhi è che in queste sperimentazioni emergeva una

razionalità politica estranea a quella liberale, come a

quella capitalistica, e le sue principali caratteristiche

erano già presenti nei sodalizi mutualistici settecente-

schi.

E non bisogna dimenticare che il mutualismo cooperati-

vo permise a operai, artigiani e contadini di creare le so-

cietà del mutuo soccorso, le leghe di resistenza, le camere

del lavoro per garantirsi l'istruzione, le tutele sociali,

l'assistenza sanitaria e i fondi contro la disoccupazione.

34 Ibidem, pp. 223 e ss.

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In Italia c’erano 6700 mutue (800 mila soci effettivi). In

Inghilterra c’erano oltre 24 mila società (oltre 4 milioni

di soci), in Francia 6200 (per 842 mila soci). Nonostante

quest'opera di regolarizzazione di società che da tempo

agivano sul terreno dell'assicurazione, della previdenza e

del sostegno, allo Stato continuarono a sfuggirne altret-

tante. Le società temevano un disciplinamento e una neu-

tralizzazione della loro opera che germogliava in virtù

della richiesta di autonomia.

A loro favore non giovava la frammentazione crescente

di insediamenti che non racimolavano fondi a sufficienza

per garantirsi la sopravvivenza. L'assenza di uno Stato

sociale, poi lentamente introdotto a partire dai primi

anni del XX secolo sull'esempio tedesco, non rallentò la

crescita di queste società che, anzi, ampliarono la gamma

degli interventi: erogazione di un sussidio in caso di ma-

lattia, invalidità, della morte o del funerale di un socio,

un reddito in caso di disoccupazione involontaria e soste-

gno in caso di sciopero prolungato nelle fabbriche. E poi

assistenza nell'organizzazione delle cooperativa, nell'af-

fitto delle macchine per avviare un'impresa auto-gestita,

il prestito ai soci per l'affitto.

I sodalizi prospettavano ai soci una serie di servizi

che unirono una parte della classe intellettuale, in par-

ticolare i maestri di scuola, alle famiglie operaie: l'i-

struzione e la formazione professionale, e poi la lettura,

l'acquisto di alimenti – come i gruppi di acquisto contem-

poranei, le materie prime per il lavoro agricolo e arti-

giano, persino la dote per le figlie in predicato di ma-

trimonio. Era l'invenzione di una nuova società che par-

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tendo dal vuoto lasciato dagli stati liberali, organizzava

il contatto attraverso l'associazione, promuoveva il pro-

tagonismo femminile nella trasmissione dei saperi, nel la-

voro di cura e nell'organizzazione politica oltre che nel-

l'assistenza e nell'auto-tutela.

Le differenze di classe, così come quelle ideologiche,

erano messe in secondo piano. Per iscriversi a una asso-

ciazione di mutuo soccorso non occorreva una fede comune,

né la condivisione di un patrimonio. Veniva condiviso un

certo numero di impegni ispirati ad una necessità comune,

quella della tutela, o meglio dell'autotutela da perseguire

mediante la solidarietà. Nascevano così comunità che con-

cepivano l'autonomia come esercizio attivo e quotidiano

della solidarietà e dell'autosufficienza.

Ciò che distingueva l'associazionismo mutualistico dal-

l'assistenza statale, dalla beneficenza o dalla carità era

la libera previdenza35. I soci pagavano contributi periodi-

ci fissi, e per questa ragione ricevono in cambio i servi-

zi. Ciò permise di creare un habitus condiviso, ispirato

alla solidarietà dei soci che, rispetto a quello delle so-

cietà massoniche, mirava ad estendersi alla società, al ri-

cambio o all'integrazione dei soci, all'attività pubblica di

formazione e sostegno, alla diffusione della cultura del-

l'autonomia dallo stato e della persona. Il pagamento del-

la quota periodica poteva rappresentare una discriminante

ai danni dei poveri, dei lavoratori non qualificati e co-

munque non inseriti in una rete comunitaria o professio-

35 Cfr. D. Marucco, Il mutuo soccorso fra tradizione corporativa e cultura solidaristica, in Cent'anni di solidarietà le società di mutuo soccorso piemontesi dalle origini, Torino 1989, vol. I, pp. 61 e ss.

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nale, dei disoccupati non aderenti alla società. Questo è

un limite del mutualismo. E tuttavia il pagamento della

quota costituiva l'elemento caratterizzante del contratto

che legava gli affiliati ad una società, garantendo a tut-

ti gli stessi diritti: eleggibilità, diritto di voto, suf-

fragi spirituali, sussidi temporali.

Questa tradizione risale alla London Corresponding So-

ciety che disseminò in Europa l'idea che la solidarietà

escludeva l'aristocrazia, le élite, le distinzioni di classe,

evocando la pratica del collegio democratico. Un costante

timore preme i confratelli, quello di un governo arbitra-

rio. Essi hanno scongiurato il pericolo attraverso l'elet-

tività, l'annualità delle cariche, la collegialità e il con-

trollo36.

L'autonomia è una condizione che si ottiene in base a

una scelta e ai comportamenti coerenti, ma anche con il

consenso. Tutto l'universo del mutuo soccorso è proteso a

fornire un'immagine rispettabile e rassicurante dei soda-

lizi che fa leva sulla funzione moralizzatrice esercitata

direttamente, e non imposta dall'alto. Le norme che rego-

lamentano l'ammissione, il controllo dei comportamenti dei

soci, le severe regole per l'espulsione denotano quanto

tale preoccupazione fosse viva. Le condizioni per l'ammis-

sione riguardano età, salute, condotta morale per cui ge-

neralmente ci si affida alla garanzia dei soci presentato-

ri o all'autorevolezza dei singoli nella sua comunità di

provenienza. Il controllo dei comportamenti è manifesto

36 Per la descrizione del funzionamento, oltre che della storia e dello spirito del mutualismo italiano cfr. D. Marucco, Teoria e pratica dell'autonomia nel mutualismo dell'Ottocento, Parole Chiave, Roma 1991, pp. 45-61.

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quando si tratta di sussidiare le malattie, mentre i com-

portamenti rissosi, l'ubriachezza o il malcostume venivano

sanzionati. Tra le cause più frequenti di espulsione ci

sono la morosità nel pagamento delle quote, le truffe, il

furto, l'attentato ai costumi e i mille raggiri frequente-

mente denunciati tra i soci.

La fratellanza restava comunque un malinteso. L'auto-

controllo delle comunità degenerava talvolta in un ecces-

so moralizzatore oppure in un abuso dell'autonomia. Diffi-

cile mantenere un equilibrio in una comunità che viene

spesso limitata dalle proprie ambivalenze rispetto ai due

fattori costituenti: la moralità pubblica dei soci e l'au-

tonomia dei singoli, la necessità di una sicurezza sociale

e il desiderio di mantenersi autonomi rispetto agli altri.

L'intera vicenda del mutualismo, così come dell'associazio-

nismo operaio, risentirà di questo malinteso e qualcuno

penserà di averlo risolto siglando un patto tra i singoli,

i sindacati o le loro categorie professionali e lo Stato.

Il contratto tra i diversi, tipico della stagione del primo

mutualismo, diventò un contratto tra le organizzazioni

dei corpi intermedi e lo Stato, relegando il ruolo del sin-

golo alla sua posizione sociale rispetto all'assistenza

pubblica.

L'idea di una libera provvidenza, e di un'adempienza re-

ciproca, tra soci di una comunità è stata relegata ai mar-

gini rispetto alla solidarietà universale garantita dallo

Stato. Il vincolo statale, con la sua promessa di universa-

lismo, e di tutela sindacale, ha sostituito l'idea dell'auto-

nomia con quella della rappresentanza. O meglio, l'autono-

mia esisteva solo in virtù della sua capacità di farsi

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rappresentare in un corpo autonomo dello Stato: un sinda-

cato, un'assicurazione, un partito, un'associazione profes-

sionale.

Oggi la prima radice torna a germogliare quando la

crisi fiscale dello stato, l'austerità, la burocratizzazione

dei sindacati hanno trasformato l'orizzonte della nostra

vita. Il Quinto Stato procede incalzando in un viaggio, di

scoperta, e commozione, e di comprensione di una forza.

Nel 2013, all'entrata della Società operaia di mutuo soc-

corso di Corridonia, in provincia di Macerata, una di

quelle che hanno mantenuto nei primi 150 anni di vita il

profilo dell'autonomia sociale, accompagnata dall'idea del-

la libera provvidenza dei soci, c'è una scritta grande, le

cui origini risalgono al gennaio del 1863:

"Artieri e operai di Pausula! Proseguite con altrettanta

alacrità l'opera intrapresa: stringetevi tra voi e sarete

forti, e l'opera vostra sarà dai venturi benedetta".

Noi venturi, la benediciamo, perché questa forza è la no-

stra stessa forza.

Oggi, come ieri, noi siamo una sola, grande, unione.

One Big Union.

Giuseppe Allegri & Roberto Ciccarelli

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Ci sono posti che ti lasciano un segno

Di quelli che non appena ne attraversi la soglia ti danno

la sensazione di luoghi noti, come quelli che ti sono cre-

sciuti dentro durante la tua infanzia.

Posti che hanno il sapore delle pareti consumate dai so-

spiri.

Posti che avverti familiari come la cucina di casa, quando

la mattina mamma ti preparava il caffellatte prima di

andare a scuola.

Ci sono posti che riescono a donarti il calore di un ab-

braccio quando ne desideri uno; è quello della gente, quel-

lo del comune sentire,quello del confronto.

Ci sono posti che ti danno il senso del perché sei al mon-

do, per essere uno fra gli altri, un universo complesso e

multiforme che ha bisogno del suo sistema solare per avere

una ragion d’essere.

Ci sono posti in cui un bicchiere di vino è molto più di un

contenitore, ma un testimone. Di dolori, di allegria, di

sconforto o spensieratezza; di impotenza o di ambizione….…

…di Vita.

Ci sono posti in cui nessuno può sentirsi solo,per il solo

fatto di trovarsi a condividere il Suo nel Tutto.

Il Proprio nell’Altrui.

Posti come questi, devono avere una Storia alle spalle, a

poterla raccontare.

150 anni, sono solo l’inizio.

Fidelia

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Centocinquanta di questi giorni

Non sono portato per la scrittura, l’ultima volta che l’ho

fatto era per un tema alle medie, forse, ma ci provo lo

stesso. Sarò breve, scriverò male, ma ho voglia di dare il

mio contributo per quest'anniversario.

La S.O.M.S... io la vedo come una specie di macchina della

verità, poi dirò perché.

I primi anni che ci ho passato l'ho fatto da semplice socio

consumatore (e che consumatore!) Erano gli anni dell’assen-

zio, che andava per la maggiore e dei bicchieri di vetro

rotti per lo sbalzo di temperatura quando ci mettevi l’ac-

qua fredda, delle serate infinite a parlare di politica e

di musica, a ridere come scemi, a scambiarsi idee e pro-

getti rivoluzionari, a sensibilizzare i “non sensibili” su

vari temi sociali legati al territorio, all’etica e a tutto

quello che, insieme al cuore, occupa la parte sinistra del

nostro organismo. A divertirsi. A conoscere una marea di

gente.

Ci spostavamo in massa da Tolentino per andarci, tre o

quattro macchine piene ed al ritorno, a notte fonda ov-

viamente, i tempi di rientro si allungavano inesorabil-

mente. In fondo era come andar via da casa per la seconda

volta nella stessa sera, perché tutti la sentivamo come

una casa: quelle mura spessissime, i sorrisi dietro e da-

vanti il bancone e quell’ambiente oserei dire “semi-pro-

fessionale” ed al contempo caldo, accogliente e familiare,

forgiato dalle mani di Sesto, come facevi a non sentirlo

tuo!?

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Poi un bel giorno, ho avuto la chiamata. Mauro mi viene a

trovare a casa per chiedermi se avessi avuto piacere a en-

trare nel gruppo di gestione. La prima cosa che risposi fu:

“Ma sei sicuro? Guarda che io sono un po’ rompicoglioni

eh!”. Col tempo mi sa che ha capito cosa volessi dirgli.

Però pare che lui, come tutti gli altri, abbia un elevato

spirito di sopportazione, se a distanza di anni sono anco-

ra qua.

Insomma, da quel giorno non ho più potuto fare a meno di

'sto posto.

Nel senso fisico proprio. L’aria è diversa lì dentro, lo

scambio di energie, le emozioni, il sapere che quello che si

fa non è per noi stessi, ma c’è ancora gente che, seguendo

inconsciamente il mio esempio, parte da molto lontano, da

Tolentino, da Civitanova, da Camerino, perché ritiene la

nostra proposta valida. Sono le sensazioni che ti spingono

ad andare avanti ed a sentirti orgoglioso di quello che

stai facendo per tutti.

Non ci sono parole per tutte queste cose, basta solo il mo-

mento in cui prendi coscienza di tutto quello che sei e che

fai a farti balzare la glicemia dell’emozione a mille. Ol-

tre lo stadio dell’euforia. Non so se rendo l'idea...

Dicevo all'inizio che credo che la S.O.M.S. sia una macchina

della verità. Perché ti fa guardare dentro, se un dentro

ce l’hai, non come Mignottò (ma questa è un’altra storia) e

ti inchioda a te stesso. Ma bisogna volerlo fortemente. Ti

analizza senza dire una parola e ti guida verso le cose

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veramente importanti. Ti da una possibilità, poi sta a te

sfruttarla, come dice giustamente la nostra Presidente

Eva, che ne ha visti di tizi passare per quel posto ed an-

dare oltre, spaventati dal “carico” di responsabilità che

la storia delle società operaie si porta dietro.

Oppure no?

Oppure ti rende parte di un cambiamento, di un anticon-

formismo sociale vero, non stereotipato e radical chic,

lontano dai comuni cliché. Un cambiamento nel quale sei tu

che decidi come dovrebbe essere e come non sarà mai. Di-

pende da te e da cosa ci vedi dentro, ma la Società Operaia

di Corridonia, così per come noi e voi oggi la conosciamo e

la facciamo, è ancora tutto questo e resiste, nello spirito

dell’accoglienza, la volontà di far sentire a casa chi ci

passa, perché siamo un'associazione per tutti, in cui quel

“tutti” sta a significare tutti coloro che vogliano con-

tribuire al miglioramento.

Non è cambiato niente, dunque, da quando ci ho messo piede

per la prima volta, ma sicuramente sono cambiato io, mi ha

cambiato lei, e fra tutte le rose che vedo nella S.O.M.S., ci

sono anche le spine, ma quant’è buono il profumo del fiore,

ogni volta che mi fermo a pensare, per me che, da piccolo

animaletto, ho scalato il gambo fin qui.

Buon compleanno dunque cara Società, centocinquanta di

questi giorni.

FantaRasta

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Nella magica cucina S.O.M.S.

La S.O.M.S. ha tante anime, ma un solo cuore, la cucina:

piccola, nascosta, veramente tosta.

Una cucina un po’ magica a cominciare dagli elettrodome-

stici: c’è la cappa indemoniata che dal rumore sembra ave-

re dentro il motore di un OM Lupetto del '61 e invece aspi-

ra quanto la cappa della cucina Fischer Price. Poi l’in-

credibile lavastoviglie che lavastoviglie non è; si tratta

infatti di un semplice contenitore in metallo, il cui mo-

tore è fuggito da tempo, ma la teniamo lì per affetto, o

per l'affettato, dal momento che sopra è appoggiata l’af-

fettatrice.

In questo luogo la magia si compie ogni volta che si ac-

cendono i fornelli, da qui infatti incredibilmente escono

gli aperitivi, i pranzi sociali e le cene, ogni volta per

quasi cento persone. Con un budget ridotto all’osso, ovvia-

mente.

Come facciamo? E’ un mistero per tutti noi. Eppur ce la

facciamo.

La cucina si anima quando la sala è ancora vuota. Arri-

viamo in ordine sparso: Mauro con la spesa, poi io, Giulia,

Cinzia e tutti gli altri. Sparsi. Si inizia con il classico

“che facciamo?”, poi piano piano, tra un campari ed una

birra, qualcuno si mette in moto e i piatti prendono for-

ma.

Ognuno è specialista in qualcosa: Cinzia con le sue supe-

rinsalate, Fidelia con la cucina che la fa sentire a casa,

Giulia, pasticcera pasticciona, si occupa dei dolci, io mi

complico la vita con ricette elaborate. Ogni tanto entra

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Mauro, per dirmi che uso troppo olio, poi Andrea che pro-

pone cene improponibili ma che alla fine riescono alla

grande. Eva da buon presidente ci infonde fiducia a colpi

di birra (o campari).

Poi arriva gente e il lavoro diventa supersonico: non sono

rare le ondate di panico quando i piatti in sala si svuo-

tano velocemente e la materia prima inizia a scarseggiare,

poi sale in cattedra Cinzia che propone le frittatone e

l’allarme generale rientra. Le frittatone: la risposta

S.O.M.S. alla fame nel mondo. Frittatone con tutto quello

che il frigo (una sorta di borsa termica di proprietà del-

la signora Mary Poppins) butta fuori.

Il peggio inizia quando si finisce di preparare da mangia-

re e bisogna lavare i piatti (ricordo per i meno attenti

che non esiste più lavastoviglie). La cucina sembra un

campo da battaglia, piatti e pentole sono i caduti. A turno

ci prestiamo alla pietosa opera di recupero, mentre il pa-

vimento tenta di trattenerci con il suo potere appiccica-

ticcio. Iniziano i turni al lavandino e come nel ciclismo

ognuno tira finché può, poi si stacca e quando si stacca

precipita nel gorgo della sala finendo spesso al bancone

con una sana grappa in mano. E come in una gara di cicli-

smo nel finale vengono fuori gli specialisti, quelli che

riescono a pulire lo sporco impossibile. Nello specifico si

tratta di pentoloni enormi e incrostati, come i mostri fi-

nali nei videogame degli anni Ottanta.

Quando il lavoro è finito, la sala è ormai piena e la cuci-

na si trasforma nel sancta sanctorum, diventa un angolo

di pace, il luogo dove staccare, dove parlare e confidarsi.

Qui si fanno le riunioni d’emergenza, o i discorsi avvi-

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nazzati di fine serata. Si fa il bilancio della serata, e si

organizza già la successiva.

Certe volte in cucina, mentre siamo lì che parliamo ci

guardiamo tutti, il dubbio diventa certezza e qualcuno

chiede: “Ma chi c’è al bancone?”. Ovviamente nessuno, ma a

quel punto è deserta anche la sala… chi è rimasto è li con

noi in cucina, magari sta mangiando gli ultimi avanzi che

in perfetto stile “mutuo soccorso” restano a disposizione

di chi vuol portarseli a casa per il giorno dopo. Non si

spreca nulla!

Negli anni, questo piccolo angolo del locale ci ha regalato

grandi soddisfazioni riuscendo a portare a termine mis-

sioni che sembravano impossibili. Tra le più riuscite ce ne

sono alcune che vale la pena citare: la cena dell’est Euro-

pa con la zuppa nelle scodelle di pane e il goulash, ad

esempio; poi c'è quella volta che Andrea per la cena di

“M’Illumino di meno” ha proposto la pasta fresca fatta a

mano e per una settimana tutti a darci sotto con i ravioli

alle ortiche.

Da tenere negli annali anche quella cena in cui alla fine

c’erano dieci prenotati in più e abbiamo allungato il bro-

do per completare tutte le porzioni. Credo che ci sia stato

un nuovo caso di moltiplicazione dei pani e dei pesci,

quella sera.

Indimenticabile anche la volta in cui ci siamo lamentati

di non sentire la musica in cucina e Fanta ci ha portato

direttamente una cassa dell’impianto.

Tra le ultime invece mi piace ricordare quella sera in cui

sono riuscito a far mangiare alla gente in sala le cose

che di solito avrebbe schifato come il battuto di neretti e

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la trippa. Succede solo nella magica cucina S.O.M.S..

Ci sono anche piatti che negli anni hanno fatto la nostra

storia: gli immancabili fagioli, le già citate frittatone,

le insalatone, o la mitica vellutata di zucca. Peppe li de-

finiva “piatti compagni”, figli del “proletariato alimen-

tare”.

Un ultimo pensiero va a chi per tanti anni ha fatto in

modo che il S.O.M.S. e la sua cucina restassero in piedi no-

nostante tutto: Sesto, lui c’era sempre, quando qualcosa si

rompeva, quando c’era da faticare e sporcarsi le mani,

quando la situazione sembrava ormai disperata arrivava

lui e in poco tempo tutto tornava in ordine. Guardando la

cucina oggi, il vuoto di Sesto lo sento ancora di più.

Festeggiamo i 150 anni con il solito mix di speranza, pro-

getti, inconsapevolezza, e il solito timore reverenziale

per la tenuta generale ma sono sicuro che anche grazie

alla magia della nostra cucina ce la faremo.

Non mi resta che augurarvi buon appetito.

Luca Tombesi

Ricettario segreto S.O.M.S.

Quando si pensa ad una famiglia non può non venire in

mente una scena tipo in cui tutti sono riuniti intorno a

un tavolo per gustare dei piatti genuini. Per me la

S.O.M.S. è anche questo, una grande famiglia e come tutte

le grandi famiglie è necessario organizzarsi per “sfamar-

la”.

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Ecco allora che entriamo in scena noi della cucina pronti

a soddisfare i nostri commensali con un occhio al gusto e

uno alla spesa…

Ed è proprio questa la sfida: riuscire a fare felici tante

persone con poco, basta metterci un po’ d’amore e tanta

sana fatica.

È con questo spirito che nascono molte delle “Ricette della

S.O.M.S.”, piatti poveri ma apprezzati da tutti; sarà anche

merito di quell’atmosfera particolare che si respira nei

nostri locali e che rende tutto speciale: qui anche il

piatto più semplice, degustato con la giusta compagnia, ti

rende parte di un’esperienza unica.

Ecco alcune ricette che hanno fatto la fortuna di tanti

aperitivi e cene con i nostri soci e amici:

Fagioli S.O.M.S.

Ingredienti:

2 scatole di fagioli borlotti

1 cipolla

1 bottiglia di passata di pomodoro

Paprika dolce q.b.

Peperoncino q.b.

Olio extravergine di oliva q.b.

Sale q.b.

Tagliate a fette la cipolla e rosolatela in padella, aggiunge-

te i fagioli scolati e la salsa di pomodoro, lasciate bollire

per circa 20 minuti e aggiungete sale, paprika e peperoncino

a piacere.

Cavoli e patate in padella

Ingredienti:

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1 Cavolo

3 Patate

Aglio

Rosmarino

Origano

Pepe

Bollite il cavolo e le patate, fateli a dadi grossolani e sal-

tate in padella con l’aglio e il rosmarino, aggiungete un po’

d’origano e pepe a piacere.

Vellutata di zucca gialla

Ingredienti:

1 Zucca Gialla

1 Patata

1 Costa di sedano

1 Carota

1 Cipolla

Olio

Sale grosso

Brodo granulare

(Panna a Piacere)

Sbucciate la zucca e la patata e tagliatele a pezzi grossola-

ni.

Tagliate a pezzi sedano cipolla e carota e fateli soffriggere

in una pentola con l’olio.

Aggiungete i dadi di zucca e patata e versate un cucchiaino

di brodo granulare e il sale grosso.

Versate acqua fino a coprire il tutto e lasciate bollire per

circa 20-25 minuti finchè la zucca risulterà morbida.

Lasciate raffreddare e frullate con un frullatore a immer-

sione.

Servire alla temperatura preferita aggiungendo panna a pia-

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cere.

Spaghetti all’Amatriciana (quelli veri)

Ingredienti:

Spaghetti o bucatini

Polpa di pomodoro

Guanciale (non pancetta)

Pecorino romano secco

Olio

Sale

Pepe

Tagliate il guanciale a fette sottili e fatelo soffriggere in

una padella antiaderente con il suo stesso grasso in modo da

renderlo croccante.

In un’altra padella fate bollire la passata di pomodoro con

un filo d’olio.

Quando la passata di pomodoro è pronta, salate e aggiungete

circa 2/3 del guanciale croccante.

Terminate la cottura e aggiungete pepe a piacere.

Fate bollire gli spaghetti, scolateli e uniteli al condimento,

cospargete il tutto con il pecorino romano.

Impiattate cospargendo il tutto con il restante guanciale

croccante.

Cous Cous di verdure

Ingredienti:

Cous cous

1 Peperone

1 Zucchina

1 Melanzana

Aglio

Burro

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Olio

Curry

Sale

Tagliate a pezzetti le verdure e cuocetele in padella con uno

spicchio d’aglio. Salate e a fine cottura aggiungete abbondan-

te curry.

In una pentola preparate il cous cous con un po’ d’acqua e il

burro, il sale e un po’ di curry.

Impiattate mettendo le due preparazioni separate.

Insalata di verza (alla Cinzia)

Ingredienti:

1 cavolo verza

2 arancie

1 barattolo di olive

Sale

Pepe

Origano

Olio extravergine d’oliva

Tagliate la verza a strisce sottilissime, sbucciate le arance

e tagliatele a pezzetti.

In una ciotola unite la verza, le arance, le olive e aggiunge-

te a piacere sale, pepe, origano e olio.

Giulia Salvi

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Crotonia vive, Viva Crotonia!

Tre giorni fa sono arrivati i risultati delle mie prime

analisi del sangue dopo 4 anni.

La nostalgia si è manifestata in forma di flashback, subi-

to dopo la voce “trigliceridi”. In questi momenti, oltre a

capire la struttura di Memento, ripensi alla S.O.M.S..

Innanzitutto, i cessi. Di certi viaggi fatti da piccolo in

famiglia ricordo solo quelli. Quando hanno chiuso il bar

dove siamo cresciuti, a Ripe San Ginesio, la nostra cele-

brazione è stata abbattere water, lavandini e canterti dei

bagni con gambe, braccia e spirito di gruppo. Come a dire

che il discorso, lì, era chiuso per noi. E quindi pure per

gli altri (...'ssi vardasci...).

Più di una volta entrando nei bagni della S.O.M.S. mi sono

scordato di pisciare. In quell'angolo, con Jarmush alla pa-

rete, vengono fuori le parole con dentro le idee. C'è un'in-

timità rara, che poi ti porti appresso per tutto il locale.

In genere, il confine tra pubblico e privato si fa labile

quando non ci si sente giudicati. Mutualità, come dice 'lla

pòra Eva. Condizione necessaria e sufficiente per parlare

di sostenibilità e Lebowski col pisello in mano.

Senza Mutualità, di questo progetto resterebbe un SOS. E

sei anni di associazionismo mi hanno fatto constatare una

cosa: una combriccola di gente con le idee chiare deve po-

ter lottare in altro modo rispetto a un tizio che si ar-

rampica su un palazzo perché ha perso il lavoro. La sua è

disperazione. Noi dobbiamo già pensarci come una potenzia-

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le soluzione.

Di SOS culturali è piena questa regione. Di festival, asso-

ciazioni e locali che scelgono solo in funzione della sicu-

rezza economica, sacrificando sistematicamente la speri-

mentazione culturale, che da sempre ha bisogno di tempo

per pagare. Ma dal ventennio dei telecomandi non si esce

con un altro ventennio telecomandato, in direzione inver-

sa. Se ne esce solo dal basso, dando voce alla sconcertante

vivacità della pluralità... facendo sì che il valore por-

tante sia il mutuo soccorso tra queste tante deliberate,

impellenti minoranze.

Questo per me rende notabile l'esperienza della S.O.M.S. di

Crotonia. E sono contento di esserci stato.

Damiano Giacomelli

S.O.M.S. E IO

La prima volta che ci misi piede mica me la ricordo un

granché. Non rammento nemmeno che gruppo suonasse. Ricor-

do però lo stupore. Quello sì. Ai tempi ero già un bel pez-

zo di adolescente capace di superare, pur a stento, l'imma-

ginario che avevo coltivato da fervido bimbetto (le scuole

tristemente medie, i libri di storia volutamente approssi-

mativi, le amicizie simpaticamente bislacche, le ore e ore

davanti alla docenza della maestra tv...), immaginario gra-

zie al quale le rare volte che sentivo pronunciare l'e-

spressione “società operaia mutuo soccorso” si visualizzava

nella mia mente una tavolata di attempati trotskisti alla

prese coll'elaborazione di piani quinquennali. Eppure, no-

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nostante mi avessero avvertito che si trattava di un loca-

le e che qualcuno vi suonava dal vivo, quando varcai per

la prima volta quel portone dinanzi al quale ero passato

decine di volte provai un piacevole straniamento. Ma che

è? Davvero Corridonia, la bistratta Corridonia – da me e

da tanti altri – vantava un posto così? Cosi capace di

farmi a sentire a mio agio intendo, dove con agio non mi

riferisco a comodità e comfort, non propriamente virtù

della S.O.M.S. di Corridonia, né il fin troppo accomodante

benvenuto che altri posti sanno dare. Il tipo di agio che

dico io è il sentirsi in profonda sintonia con l'ambiente,

con l'odore, con le luci, e soprattutto con la gente dietro

e oltre il bancone. Ecco, tra me e la S.O.M.S. fu subito

agio. E negli oltre 10 anni che la bazzico 'sto agio è anda-

to crescendo, negli ultimi tempi soprattutto. Il fatto è

che questa cosa della Società Operaia di Mutuo Soccorso di

Corridonia mi ha preso proprio. Mi piace la squadra. Tifo

per lei. Perché quei ragazzi che mi spillavano (e mi spil-

lano) la birra e che creavano (e creano) coraggiosi aperi-

tivi ora li conosco per bene e conosco anche i motivi che

li spingono ai sacrifici che fanno per portare avanti

questo progetto, fatto non solo di ricercate serate musica-

li e sperimentazioni culinarie, ma anche di impegno poli-

tico e sociale e di tentativi di formazione culturale e

pratica.

La S.O.M.S. è posto di conflitto e convivialità, di pro-

grammazione e improvvisazione, di sforzo e di festa. Lo è

ora, sono convinto lo sia stata in tutti i suoi 150 anni di

vita (auguri!) e che lo sarà in quelli che verranno. A pat-

to che noi che tifiamo per lei proviamo a darle concreta-

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mente una mano non limitandoci a celebrarla a parole. Ma-

niche da rimboccare, menti da spremere. Impegno e idee.

Mutuo soccorso.

Francesco Spé

Piccoli semi, cucinati, crescono

Esco di casa con cinquemila Lire. Per andare a caccia di

supergommose e nascondermi nelle salette dei videogiochi.

Passando da un fumoso bar all'altro, mi rendo conto che

sui muri si aggrappano, soltanto, poster di muse con ve-

stiti succinti. E le pubblicità del Campari.

Nel serendepico cammino sui ciottoli del centro, entro in

un locale che ha muri dipinti di suoni diversi. Pareti

frastagliate da montagne di bucciato, dove riposano polve-

rose targhe di società lontane. Artieri. Operai. E conso-

relle.

Figure e sensazioni che evocano un passato fiero ed ami-

chevole. Un immaginario desueto che riesce a scaldare, an-

cora, questo presente. Come se fosse trasportato sulle onde

del tempo dal ligneo bancone a forma, almeno nella mia

mente, di vascello.

E tra il bancone e le targhe, gallerie profumate a cantina

sfociano in una mostra temporanea e perenne di quadri

d'arte che neanche fossimo in un museo. Arte strana per lo

più, uomini di latta con forchette al posto delle gambe,

un'acatodica televisione in cartone e foto di paesaggi

ignoti impressionate in un colorato bianconero.

Mi preme riportare il lettore di questa passeggiata di pa-

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role vissute che, nella Corridonia degli infiniti accani-

menti calcistici ai bar e delle balorde scorribande di gio-

vani allegri col cinquantino, queste cose non andavano e

non vanno per la maggiore.

I primi passi nella S.O.M.S. erano felicemente ballati. Con

i vecchi compagni di merende e di bevute, e i Mauri e le

Eve gaiamente al bancone. Il tutto in un susseguirsi di

concerti di musica che risuonava alle mie orecchie, tal-

volta, bizzarra per davvero, di economiche ma abbondanti

cene sociali, di mostre e d'incontri (anche di Quarto

Stato). In quello che appare uno sgabuzzino di via Procac-

cini 50, vedevo un porto culturale riempire di Idee, Emo-

zioni e Persone la mia cittadina appiattita nella dramma-

turgica sequenza casa-bar-lavoro-chiesa.

Scrutavo con gli occhi di un alieno idee e metodi di tanti

corpi che preferivano, consapevolmente o meno, avvicinarsi

ad una collettività con lo sguardo rivolto alla stagione

del mutualismo, piuttosto che abbandonarsi alla totaliz-

zante logica del capitale e al suo appiattimento all'impe-

rante dicotomia profitto-non profitto.

Osservavo, in movimento, emozionanti parole sonore e vi-

suali. Che solleticavano la mente con lampi di riflessione

e luci di pensieri, laici per intenderci. Ed alimentavano

il vivere sociale corridoniano con bagliori di molteplici

forme ed intensità.

Bado nel dare a tutti loro un colore eccezional rivoluzio-

nario. Ma, tutti loro sono semplicemente altri rispetto al

disarmante contesto immerso nella trappola della quoti-

dianità. Per non menzionare la realtà illuminata dall'ac-

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cecante e veloce paga dell'individualismo.

Guardavo, con sguardo ammaliato, una distesa di persone,

intendo quelle che sanno la differenza tra una Società

Operaia ed un circolo di canasta, legate in una trama di

mani solidali, fitta in alcuni momenti e lunga infiniti

chilometri in altri. Una rete di relazioni, talvolta divi-

se dalla contingenza e dalla spinta ad emigrare alla ri-

cerca di un maledetto lavoro, ma comunque profonde e vive.

Allacciate alla rassicurante pratica del mutuo soccorso. O

alla parola operaio. Sicuramente a quella calda di Socie-

tà.

Qualità e quantità insomma. Perché i numeri apparente-

mente possono sembrare esigui nella perpetua saga dei

rapporti di forza, ma sono in grado di reggere l'urto, in

un variopinto affresco che collega Colbuccaro con Torino

con l'Australia. Dagli esiti incerti, ma, scusate se poco in

questi anni grigi di crisi, pittoreschi.

E così, a forza di sbarchi, i messaggi si sono catalizzati.

Lentamente e confusamente si sono sedimentati con altri

affluenti in un profumato strato di humus. Si sono tra-

sformati, scontrandosi in improbabili pensieri, in una

fiorita e strana alchimia di vecchie amicizie e nuovi bi-

sogni. È nato il cantiere aperto SciArAdA. Un ricettacolo

di idee popolato dai tarli del dubbio che disegnano un pa-

sticcio di stili.

O almeno ci provano. Lentamente ovviamente.

Partendo dalla figura dell'Altro.

Il nuovo aggregato ha sentito l'esigenza, insieme all'imma-

ginario d'idee ed emozioni degli attori S.O.M.S.ici, di pro-

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fumare come un alieno sociale nell'intestino di una città

che non ha il libretto delle istruzioni di questo Altro. E

non sembra intenzionato a procurarselo.

L'Altro, Corridonia, volge lo sguardo, nell'infinita co-

struzione di cerchie sociali in cui abitare, verso un ulte-

riore ed immancabile Altro. I migranti per adesso.

L'Altro che da sempre delimita spazi simbolici, determina

un Noi con la semplice evocazione del voi ed impone un pe-

renne interrogarsi. Indubbiamente riconoscendo l'impor-

tanza prioritaria di creare e sostenere un Noi dentro ad

un luogo. Immancabilmente generando ulteriori alterità

che caratterizzano, frammentando, la vita della città in

un microcosmo di piccoli e grandi alveari.

Oltre all'Altro c'è, dannatamente e amabilmente un Altro.

E con una strutturata idea sognatrice, SciArAdA sta pro-

vando a far incontrare due dei tanti altri. Due parti che

talvolta si respingono senza mezzi termini o peggio senza

proferir parola con la facile scappatoia dell'inerzia. Fe-

steggiando, umilmente e sommamente, la giornata madre

dell'essenza democratica e repubblicana: la Liberazione dal

nazifascismo. Unendo il Noi, Antifascisti, con la copiosa

schiera degli Altri disinteressati e degli Altri indiffe-

renti che non parteggiano.

Tramite una continua ricerca di approcci di discussione

che collegano ogni nuovo 25 aprile con quello originario.

Usando pratiche comunicative che avvicinano i corpi e le

idee del Noi con quelle distanti degli Altri. Riappro-

priandosi dal basso di spazi pubblici con l'intenzione di

ricoprirli, nel tempo, di una spessa patina identitaria

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che raffigura l'alto contenuto dei principi della Libera-

zione.

È proprio una liberazione festeggiare la Liberazione. Spe-

cialmente con un Noi supportato dalla prodigiosa compagi-

ne della S.O.M.S., nella giornata del 25 aprile e nella sua

preparazione oliata dalla mutualistica trama relazionale

e dall'aiuto tecnico-morale. Ulteriormente conditi da due

Cene SciArAdiCHE nella mensa culturale S.O.M.S.ica.

Nella prima cena, il quattro giugno duemiladieci, abbiamo

ringraziato coloro che in natura spontanea o gentilmente

forzata hanno dato forma materiale alla festa, mentre si

condivideva con gli altri presenti il passaggio del gruppo

sciaradico da entità metafisica ad associazione di fatto.

Quest'ultimi, i passanti, sono stati spinti a far capolino

nel labirinto di tavolini di via Procaccini dalla curiosi-

tà della nuova aggregazione in movimento nella terra del

sodalizio. Ai primi, volontari, invece, premeva di più,

giustamente, essere riveriti, iniziando così un'auspicabile

lunga collaborazione sulla base di un straordinario do ut

des. Volontariato in cambio di un caloroso ringraziamento

che riempie i cuori. In nome di un qualcosa materialmente

non scambiabile che ci rende uniti. E felici.

E con questo condito antipasto di umori d'intenti, poi, il

corpo della cena veniva messo a tavola dalla sapienza del

mastro cuoco Slash e alacramente bagnato da succhi d'uva

di ogni color rosso che hanno condotto i commensali fino

al tripudio finale di torte e crostate. Che neanche fossi-

mo ad una festa per bambini.

Molti bambini ed aspiranti tali, prevalentemente autocto-

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ni, invece, son piacevolmente venuti alla scoperta di una

S.O.M.S., luogo generalmente classificato come Altro che

poi, alla fine, così tanto alieno non è.

E continuando con gli spruzzi di vino in ogni direzione,

il concerto dell'autore civitanovese Francesco Bigoni con

la sua compagine ha mosso, essenzialmente in maceratese ma

anche in una lingua incomprensibile da queste parti, l'i-

taliano, le danze dei tanti che festeggiavano la nascita

nel grembo della S.O.M.S. della nuova associazione.

Anche nella seconda Cena SciArAdicA, in un fragorosamente

bagnato tredici aprile duemiladodici, il leitmotiv dell'au-

tofinanziamento per i festeggiamenti del 25 aprile ha po-

polato la Galleria in Via Procaccini. Con una classica

cena economica, come l'operaia tradizione del luogo vuole,

a base di panzarotti ripieni fatti a mano, polpette e spie-

dini anch'essi fatti a mano e pasta al forno scultorea del

solito immancabile segretario pasticciere Slash.

L'aria conviviale, pregna di un allegro profumo d'aglio,

veniva all'uopo accesa da un esagerata lotteria condotta

dall'artiere Mirco Moriconi. Arrampicamenti concettuali e

risa sparpagliate accompagnavano i vincitori dei premi

proto-culturali ed etilici. <<Cominciando dal decimo pre-

mio, come se dice in inglese chain workers? ... Lavorare

nelle cattedrali del consumo?!...........>>.

Un silenzioso allargamento delle braccia espanse l'ironico

momento.

<<'Rganizzatori, qual'è il nono premio?>>, << 'natru

libru???........>>. <<Ammò so capito perché la jente non

comprava li viglietti!>>.

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<<Comunque è “L'orto della zingara”>>. E tra le mascelle

in compressione arrivava uno spassionato e sincero <<que-

sto ve lo consiglio vardasci...>>.

Poteva mancare, ma poi ne avremmo sentito la necessità,

quindi c'è stato, il premio della giuria “Palma condizione

becera”: una bottiglia di Gotto d'Oro bianco, apprezzato

soltanto dagli intenditori. Non sto qui a dilungarmi sulle

sue indiscusse proprietà tanniche. A buon intenditor, po-

chi bicchieri.

Così nel finir che ha iniziato le danze, il condimento mu-

sicale veniva assicurato da Paolo Jacoponi, selector non

improvvisato ma col tempo, ed anche nella S.O.M.S., auto-

formato.

E al calar di questa breve novella, fatta di cucina, pen-

sieri e storielle, è bene ritornare al prologo con un sob-

balzo.

Avrei dovuto spiegarvi che non sapevo cosa fosse una so-

cietà operaia di mutuo soccorso. Ora, ho la sensazione di

non aver sbagliato porta. Lasciamola sempre aperta.

Andrea Germondari

IL FUTURO È DIETRO LE SPALLE

Stare insieme a fare cose …forse è così che semplicemente

nasce e forse è così che semplicemente cresce… per il pia-

cere di stare insieme, per il piacere di fare le cose che

piacciono, per il piacere di riuscire ad esprimere le pro-

prie piccole o grandi unicità e riuscire ad essere in

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qualche modo protagonisti o per il piacere di essere ti-

midamente partecipi.....

C’è chi ci è arrivato per caso, chi è stato invitato, chi c’è

stato “portato”, chi c’è da un sacco di tempo… c’è chi ci sta

sempre, chi ci passa ogni tanto, chi è “diversamente” as-

sente, e chi…. anche se non lo vediamo… è sempre lì con

una mano appoggiata al bancone del bar… chi risuona nel

nostro parlare comune con le sue frasi ironiche e incisi-

ve.

Si fanno le cose, sempre le stesse, a volte diverse, a volte

nuove… ci si interroga sul cosa fare, sul come farlo, sul

perché farlo… e poi ci si chiede se ci riesce a farle, certe

cose, se ce la facciamo, se c’è chi le fa… allora sale l’en-

tusiasmo e altrettanto spesso la preoccupazione, l’ansia e

la stanchezza. A volte non si è pienamente d’accordo sul

come fare determinate cose, c’è chi le avrebbe fatte in

modo diverso o chi non le avrebbe fatte affatto. C’è chi fa

tutto e chi fa poco, chi fa solo alcune cose e non altre,

chi parla tanto e chi dice solo poche cose giuste al momen-

to giusto, chi vorrebbe dire e non dice… chi ti sorprende

e chi si da per scontato.

Spesso è ingombrante questo sentirsi addosso il dovere di

un impegno che, a volte, brutalmente toglie spazio ed

energia al proprio preziosissimo tempo di vita.

Ma poi semplicemente e naturalmente le cose si fanno… e

oltre la pigrizia e gli impegni personali, ci si incontra…

gli affetti si consolidano, si creano e si ricreano e… nel

fare, nella condivisione e nel senso di appartenenza si

rinnova un senso comune.

Un senso comune che va costantemente realizzato, o piut-

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tosto riaffermato… perché già c’è, c’è sempre stato, è pro-

prio lì… chi lo aveva concretamente compreso nelle paro-

le, nei fatti e nello stile di vita lo aveva già tanto tem-

po fa incastonato alla parete… a nostro monito e a soste-

gno:

ARTIERI E OPERAI DI PAUSULA

Domenica 18 Gennaio sorge un giorno solenne, giorno che

farà brillare una nuova luce di civiltà, e di progresso su

di voi, o Artieri ed Operai, su voi, che deste mano a costi-

tuirvi in comunanza fraterna, onde sovvenire nella sven-

tura i vostri compagni di lavoro. Voi che concorreste in

tanto numero a gettare le fondamenta del grande edifizio

dell’Associazione di Mutuo Soccorso, si che fu superata la

nostra aspettazione, ascoltate la parola di conforto, che a

voi diriggono i vostri fratelli. “Proseguite con altret-

tanta alacrità l’opera intrapresa: stringetevi fra voi,

sarete forti: costituitevi, e l’opera vostra sarà dai ven-

turi benedetta.” Accorrete pertanto in detto giorno alle

ore 2 pomeridiane nel locale di S. Francesco, onde venire

alla scelta del Consiglio generale composto di Venti Indi-

vidui. Questi siano tali da rispondere ai vostri desiderj,

che sono di render forte, ed incrollabile la rocca della

vostra difesa, l’Associazione Operaia. Accorrete a ricevere

in consegna dal Sindaco della Città il Gonfalone della

vostra Associazione, sotto l’ombra del quale voi vi strin-

gerete unanimi e fermi in un sol pensiero. Il patrio Con-

certo concorrerà con le sue melodie a render più brillante

quel giorno di letizia. Il prossimo lunedì poi 19 corrente,

nel teatro dei Sigg. Condomini avrà luogo un piacevole

trattenimento a totale beneficio della vostra nascente

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Associazione.

Artieri ed Operai

Santa è l’impresa, perché santo ne è lo scopo. Se nell’in-

traprenderla impegno e zelo ad dimostrate, forza e costan-

za ponete nel proseguirla.

Pausula 15 gennaro 1863

Parole che urlano tutto l’orgoglio e la passione dell’esse-

re partecipi della costituzione della Società Operaia di

Mutuo Soccorso… l’orgoglio e la passione dell’essere parte-

cipi del vivere sociale… principi e ideali che guidano il

senso del fare “le cose” perché queste “cose” sono di tutti

e per tutti.

Parole potenti, chiare, semplici, incisive, parole antiche

di un secolo e mezzo fa, parole di una modernità sconcer-

tante…

Allora mi viene da pensare al titolo di un convegno di un

po’ di tempo fa che mi aveva colpito.

“il futuro è dietro le spalle!?”

una domanda, un’affermazione… non so… diverse possono es-

sere le interpretazioni… quello che però so, è che il fu-

turo che voglio è quello che nei principi e negli ideali

mantiene vivo e presente quello che c’è dietro le spalle……

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Illustrazioni e testo Ugo “Nooz” Torresi

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La S.O.M.S., una piccola storia comune

Sono passati tanti anni, circa sette credo, da quando mi

sono stati presentati quei ragazzi ed ora miei grandi ami-

ci: Mauro, Paolo ed Eva. Sono stati proprio loro che mi

hanno introdotto nella realtà della S.O.M.S., fino ad allo-

ra per me sconosciuta.

I ricordi sono molti e le emozioni anche. I primi risalgo-

no alle settimanali telefonate di Mauro ed a quando, con-

tenti e spensierati, giravamo per Macerata intenti ad ap-

pendere in punti strategici le locandine dei futuri con-

certi e laboratori che si sarebbero svolti alla S.O.M.S.. E

niente ci fermava... né il freddo né la neve.

Quello che ho sempre ammirato all’interno dell’associazio-

ne sono stati lo spirito di cooperazione tra i soci nel

portare avanti le varie iniziative, la passione, la voglia

di fare, l’altruismo e l’apertura all’ascolto e a nuove pro-

poste, in sostanza la fiducia negli ideali originari su cui

si basa la Società Operaia.

E soprattutto ammiro la forza e il coraggio che hanno mo-

strato alcuni soci nell’affrontare e superare seri momenti

di difficoltà, senza mollare mai e perseverando nei valori

in cui si credeva.

Purtroppo negli ultimi due anni non ho potuto partecipare

in prima persona alle iniziative della Società e vorrei

cogliere l’occasione per dire a Eva e agli altri soci che,

nonostante la distanza fisica, un mio pensiero va sempre a

loro e al loro grande lavoro.

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Il mio più grande augurio per questi 150 anni è che tutti

all’interno della Società Operaia seguitino così, con vo-

lontà e spirito di iniziativa, continuando a lavorare sul-

le orme di Sesto Luciani. E vorrei un augurio anche per

me... sperando di poter essere più partecipe e offrire mag-

gior collaborazione nelle iniziative future, consapevole

che si tratta di un luogo dove posso far sempre ritorno, e

dove ritorno appena posso, che ritrovo ogni volta acco-

gliente e sereno, dove ho sempre conosciuto persone inte-

ressanti e piene di energia… la mia seconda casa.

Amici, con stima e affetto buon anniversario a tutti!

Gilda Picchio

Lettera aperta dalla terra dei koala

Carissimi miei,

mi sono appena svegliata 7 a.m., DOWN UNDER, dopo una pia-

cevole serata con una mia amica finlandese e l'altra giap-

ponese .. un bel mix. Qui è normale.

Anyway... abbiamo cenato e poi ci siamo dirette in un dei

locali che preferisco, il Bowery... assomiglia un pò alla

S.O.M.S., sono sicura vi piacerebbe e potrebbe darvi qual-

che spunto e nuova idea.. è un posto che come la S.O.M.S. ha

il uno suo stile e dei particolari che lo caratterizzano.

Il magico e il solido compagno BANCONE del S.O.M.S. e la

magica compatta PARETE del Bowery, tutta in legno massic-

cio, dove puoi trovare ogni sorta di distillato, liquore,

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anche quello che non avresti mai immaginato potesse nem-

meno esistere.

Proprio questa parete mi ha portato alla mente quel caro

signore che mi chiamava BIONDA... sono sicura che lui l'a-

vrebbe amata quella parete e l'avrebbe forse voluta co-

struire con le sue magiche mani. However... keep going, il

locale era abbastanza pieno, gente che iniziava a ballare

di fronte al dj dove solitamente c'è il gruppo jazz, solita-

mente cool, che suona. Tavoli occupati lungo il corridoio

che costeggia il lungo bancone di legno.. troviamo final-

mente un posto dove imbucarci per chiedere la nostra be-

vuta... stylish everywhere, perfino i camerieri dietro il

bancone tutti rigorosamente in gilè e coppola in testa...

italia mia!!

La mia amica finlandese è una appassionata di whiskey,

nonché fine intenditrice ed ogni volta che chiede il suo

whiskey finisce sempre che raccogliamo buoni consigli su

qualche nuovo distillato che dovremmo provare...

Ed è qui che finalmente posso trovare e gustare una buona

grappa (per quello che puoi trovare da queste parti )...

quella che ti serve per digerire dopo che hai fatto una

bella cena con gli amici... Sapete cosa intendo, no?? Ovvia-

mente non c'è paragone con la grappa barricata importata

dal compagno intenditore mr. Baggio Begs dal Trentino e

gustata nella calda atmosfera CorridonienZe di casa Lu-

ciani o nei fine serata della S.O.M.S.... ma questa è com-

pletely an other story...

Erano ERE che non provavo quella sensazione di calore e

di relax.

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Grazie per avermi fatto conoscere e prendere parte della

magica avventura della S.O.M.S. che continua, nonostante

la lontananza, a riflettere le mie radici e scaldare i

miei ricordi (grappa apart).

"DON`T LEAVE ANY STONES UNTURN"

See you soon

Francina

Serata tipo

Chiuso in casa, come al solito, ad aspettare il

momento giusto per uscire.

Si sente, lo si percepisce quando arriva.

E’ un attimo, un sussulto, un accendino che cade, un grido,

una nota stonata, il levarsi del vento.

E’ inverno ed il freddo è pungente. Mi avvio

camminando verso la Società Operaia di Mutuo Soccorso. È

un buon locale ed inoltre così facendo eviterò di farmi

fermare dagli sbirri, di soffiare e di farmi ritirare

nuovamente la patente; il S.O.M.S. è solo a poche centinaia

di metri da dove abito.

Non c’è molta gente ed il gruppo ha già comin-

ciato a suonare. Come al solito, uno dei tanti ritardatari

cronici.

Sguscio subito al banco già pregustando in bocca il sapore

di un buon Bushmills ….prevedo una notte di eccessi.

C’è anche una bella energia nell’aria; una di

quelle sere dove sembra che qualcuno sia volato in cielo

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ed abbia cosparso amorevolmente polvere magica per tutti.

Ci si sente più allegri, più fratelli.

Me ne vado un po’ ad ascoltare i musici. Vengono

da Bologna, suonano rock lento, sono bravi, ma non ho nes-

suna voglia di fissarmi ed ascoltare, bensì di parlare, di

confrontarmi e bere, si, bere sicuramente.

C’è anche Sesto in giro, che al solito mi saluta

con il suo classico grido di battaglia “Biondoooo, è la

fine”. Cerco di offrirgli inutilmente qualcosa da bere; è

impossibile riuscire a pagargli un drink, è sempre un pas-

so avanti.

Dopo l’ennesimo cicchetto, l'ennesima birra e

quantità di sigarette mai numerate, coi minuti che diven-

tano secondi, i bolognesi finiscono di suonare ed io mi ri-

trovo risucchiato in un vortice di situazioni assoluta-

mente poco gestibili.

In qualche strano modo ho un piccolo incontro

ravvicinato con una ragazza che rifiuta l’invito di veni-

re a bere un bicchiere da me. Beh, peccato, non sono certo

io a rimetterci, baby...

Mi avvio verso casa sospirando ad un’altra nottata in

bianco, solo e con il sole già in faccia.

Alfio Barovi

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A Jigsaw Text for S.O.M.S.150

La S.O.M.S. è stato il primo posto in cui abbiamo scoperto

il Cuore Italiano in tutta la sua grandiosità. Come previ-

sto eravamo eccitati da Roma, ma eravamo ancora alla ri-

cerca di ciò che costruisce il cuore delle città. La gente.

Ed è stato solo quando siamo stati accolti alla S.O.M.S. che

lo abbiamo finalmente trovato. Così, intanto l'innamora-

mento con la gente, le città e il loro significato si è ra-

dicato in noi. Ecco perché il nostro album Drunken Sailors

& Happy Pirates ha 3 canzoni che parlano di personaggi

italiani. C'era qualcosa quella prima sera al S.O.M.S. che

mai ci ha lasciato. Poi, la seconda volta che siamo stati

invitati da S.O.M.S. abbiamo suonato in un famoso giardino

con una vista meravigliosa [Il Sasso d'Italia, n.d.r.]. La

gente veniva da tutto intorno e così mi hanno spiegato che

ciò non era solito. Nel mezzo dell'esibizione, ricordiamo,

mentre stavamo raccontando la storia dell'album "Like The

Wolf", in cui improvvisamente ci rendiamo conto della no-

stra vecchiaia, che il lupo non è altro che un cane, è ve-

nuto fuori dal nulla un cane che si è fermato davanti al

palco. E siamo rimasti in silenzio in vista di quella vi-

sione. Tutto il palco e la gente intorno era rimasta in si-

lenzio a guardarlo passare. Era come se la poesia avesse

avuto la propria metamorfosi in carne e ossa.

E per questo, la S.O.M.S. non sarà mai troppo distante dai

nostri cuori. Perché contiene le radici di cìo che siamo

oggi.

Grazie,

Jo o Rui – A Jig Sawã

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La nobiltà carbonara di un popolo

La nobiltà carbonara di popolo

mani consuma su mestieri d’ieri

ma il campo è un mentale assolo

nostri attrezzi schiavi e consiglieri

il tramandare e tramar avvenire

prendeva tangente schiene e sudore

si sparan ora alti i motti del tradire

purché automatici ungano il motore

dar il fianco al terrore vigliacco

svuota quel di onestà simulacri persi

non c’è soluzione adatta d’opposto

vagheggio dissolto di rime e versi

tra rughe d’ansia e guardo stracco

ch’il giusto a tempo suo ha un costo

Alice nel paese delle bottiglie

Quando vorresti barricare

una molotov in petto

ma ora l’unica bottiglia

che t’accende sono favole incompiute

d’annata e le tiri fuori

per rigirarle nelle mani

per la tradizione

che l’oste novella

lasci che la polvere si posi

Alberto Fiastrelli

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Pills, Love and Understanding...

Seguono brevi ricordi ed auguri di amici della S.O.M.S. di

Corridonia, che hanno voluto rendere omaggio al 150esimo

dalla fondazione con poche parole d'affetto. (G.M.)

Cara S.O.M.S., tanti auguri, sei sicura di avere già 150

anni? Io ti vedo sempre giovane, con tante idee nuove e

mantenendo le vecchie e buone tradizioni. Anche se sono

lontano ti ricordo sempre, mi hai dato tanto da racconta-

re: quante serate, quanti sabati, buona musica, bella gente

e quanta birra rossa!!! La maggior parte delle volte seduto

sullo sgabello proprio dietro la spillatrice, qualche volta

anche dietro al bancone facendo finta di lavorare. I mon-

diali del 2006, i pomeriggi di studio e come ogni fine sta-

gione la cena di chiusura, si inizia con la birra e si fi-

nisce con Aperol e Amaro Lucano, rendendo complicatissimo

il ritorno a casa. Una dedica speciale va a Sesto, uno che

la S.O.M.S. ce l'aveva nel sangue. Grazie S.O.M.S. perché

sempre mi sono sentito come a casa tra le tue forti mura.

Luigi De Ritis, migrante in Spagna per amore

Io alla S.O.M.S. ci ho suonato 4 volte. Ci è talmente pia-

ciuto che la foto di profilo della mia band, su Facebook, è

proprio una foto scattata lì.

È un posto magico, piccolo e buono. Uno di quei posti ra-

rissimi, che si trovano sparsi qua e là in giro per l'Ita-

lia.

Se penso alla S.O.M.S. penso a Mauro ed al suo sorriso, a

Cinzia ed ai suoi meravigliosi fagioli con le cipolle (un

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toccasana per noi veggies), a Fanta e ai suoi Varnelli not-

turni, bevuti con Vinz davanti al bancone alle 3 di notte.

Buon anniversario S.O.M.S..

Matteo Dicembrio, musicista di Tccwomr, Eveline,

A Toys Orchestra

In quanto Marco Bernacchia ho frequentato la S.O.M.S. in

più occasioni, per suonare (con M.A.Z.C.A., Above The Tree e

Above |The Tree & E-Side) e per piacere personale... In tut-

ti i casi mi sono divertito ed ho apprezzato la capacità di

aggregazione del collettivo. Spero di incontrare presto

situazioni simili in tutto il mondo.

Marco Bernacchia, cantautore mascherato

DEFINIZIONE DI CALORE:

calore[ca-ló-re] s.m.

1 fis. Forma di energia che fluisce tra due corpi a tempe-

ratura diversa: conduzione del c. || fig. al calor bianco,

stato, momento di estrema tensione

2 estens. Nel l. com. indica la sensazione prodotta da un

corpo o da un ambiente a temperatura più elevata di quel-

la corporea e anche la temperatura stessa: c. della stufa,

del sole, della stanza || colpo di c., complesso di sintomi

prodotti dall'esposizione prolungata a temperature elevate

3 fig. Sentimento di affettuosa disponibilità verso il

prossimo, generosità d'animo; cordialità: c. umano; essere

accolto con molto c.

4 Nelle femmine degli animali, periodo di fertilità: anda-

re, essere in c.

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5 pop. Infiammazione di una parte del corpo con manife-

stazioni spesso di tipo cutaneo, come brufoli o rossori

della pelle: il bambino ha un po' di c.

dim. calorino• agg.rel. non derivati dal lemma: (1) termico• sec. XIII•

Ogni volta che sono entrato alla SOMS ho percepito che il

mio calore veniva innalzato da un calore più elevato. Per

certe questioni siamo come i metalli, assorbiamo le varia-

zioni del mondo esterno. Il vostro microclima oramai mi

appartiene nel profondo.

Gabriele Ciampichetti

The Crazy Crazy World Of Mr. Rubik/Eveline

Scale a ritmo di danza. L'ombra che passa. Voci spallate brindisi. Si apre il sipario. Più sangue nelle vene e il volto si distende.

Gianluca Savi (Gialluchittu)

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L'appartenenza (...questo è solo un arrivederci)

“L'appartenenza/non è lo sforzo di un civile stare insie-

me/non è il conforto di un normale voler bene/l'apparte-

nenza/è avere gli altri dentro di sé.”

Prendo in prestito parole per aderenza, contenuti e senti-

mento, comuni.

…chiamata in causa, testimone, custode e parte integrante

degli ultimi 15 anni di vita di questa esperienza che ha

attraversato un secolo e mezzo e ritrova oggi una nuova

attualità nel suo valore originario..e con l’arduo compito

del futuro. Incerto.

Le origini sono sempre, o quasi, certe. Comunque fondative.

Le evoluzioni e i cambiamenti aprono a possibilità e de-

stinazioni sconosciute… il nostro è stato un bel viaggio,

un percorso evolutivo a ritroso.

Nel mentre si è combattuto, così come si lotta per crescere

e maturare consapevolezze che non sempre facilitano le

imprese... di certo arricchiscono, non le tasche. Trattasi

di beni, non materiali... in qualche modo immortali.

Già, perché questo è difficile da far passare, conoscere,

comprendere... la relatività dei numeri,la condivisione

delle esperienze, il valore delle azioni ‘gratuite’… il che

poco centra col gratis. Cela la pretesa della libertà.

“L'appartenenza/è assai di più della salvezza personale/è

la speranza di ogni uomo che sta male/e non gli basta es-

ser civile/E' quel vigore che si sente se fai parte di

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qualcosa/che in sé travolge ogni egoismo personale/con

quell'aria più vitale che è davvero contagiosa”.

All’inizio fu un po’ per gioco, un po’ per caso... ed un po’

sul serio... complice l’umana fragilità, complice il senso

di umanità.

Complice un piccolo grande uomo ed i valori dell’acco-

glienza e della generosità.

Complice la complicità.

“Uomini/uomini del mio presente/non mi consola l'abitudi-

ne/a questa mia forzata solitudine/io non pretendo il

mondo intero/vorrei soltanto un luogo un posto più since-

ro/dove magari un giorno molto presto/io finalmente possa

dire questo è il mio posto/dove rinasca non so come e

quando/il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il

mondo”.

...e diventa complicato discernere dalla vita personale, in

essa si insinua, con essa si intreccia, si fonde…dentro

mille volti, anime e sorrisi, infinite notti e giorni e

passaggi, parole, suoni, immagini, emozioni che indelebili

stratificano nel tempo, che incurante scorre.

“L'appartenenza/non è un insieme casuale di persone/non è

il consenso a un'apparente aggregazione/l'appartenenza è

avere gli altri dentro di sé”.

Così, nel corso naturale del tempo si definiscono, si dis-

solvono e si riscoprono valori intenti e sentimenti.

Un luogo può divenire uno spazio, dove la fisicità perde

il suo confine e si cerca di andare oltre, un insieme.

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“L'appartenenza/è un'esigenza che si avverte a poco a poco/

si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obietti-

vo o di uno scopo/è quella forza che prepara al grande

salto decisivo/che ferma i fiumi, sposta i monti con lo

slancio di quei magici momenti/in cui ti senti ancora

vivo”.

Se dovessi soffermarmi a descrivere le difficoltà, gli

ostacoli, le vicissitudini e gli accadimenti potrei scrive-

re un romanzo, quel che mi sono prefissa non è una narra-

zione, ma il desiderio di trasferire e condividere un mes-

saggio. Senza la pretesa né della specialità né dell’unici-

tà, né di vecchio né di nuovo.

Un poco eterno forse sì, ma per sua natura... quasi come

una storia d’amore.

“Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare

a dire noi”.

Grazie,

grazie a tutti quelli che hanno dato un contributo grande

o piccolo che sia stato, a tutti quelli che ci hanno dedi-

cato parole e riesumato ricordi, attimi, emozioni... a tutti

quelli che con noi hanno creato un legame... affettivo, ca-

suale, emotivo, temporaneo, fugace, funzionale, costante...

grazie a coloro che si sono impegnati per questa piccola

grande impresa...

grazie di ogni momento.

Eva

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Hanno collaborato alla realizzazione di questa pubblicazione

e contribuiscono quotidianamente a tenere viva la Storia

della S.O.M.S. di Corridonia (in rigoroso ordine alfabetico):

Fidelia Avanzato – Socia pesto ai pistacchi e zibibbo.

Andrea Baggio – Socio sostenitore e animatore dalle grandi

potenzialità.

Nadia Bertini – Socia venuta da Colbuccaro, con un po' di Sto-

ria da raccontare.

Cinzia Bonifazi – La zia. Senza la sua passione, le cucine

S.O.M.S. non sarebbero la stessa cosa.

Marco Buschi – Socio sostenitore residente sotto il Colle del-

l'Infinito.

Michele Calamanti – Spirito roots della S.O.M.S.

Mauro Capozucca – L'anima fiammeggiante della S.O.M.S. E ab-

biamo detto tutto.

Carlo Cesca – Socio metalmeccanico, quello delle chiacchiere

al bancone e della lotta armata davanti a una birra.

FantaRasta – Giovane uomo senza più un nome ed un cognome,

socio animatore,(ri)animatore di una provincia spenta.

Nello Flora – Tra i soci più longevi come anzianità di tesse-

ramento, amico e compagno della S.O.M.S..

Andrea Germondari – Socio(logo) operaio, fomentatore di tu-

multi, sciaradico, col sogno di una Corridonia migliore.

Damiano Giacomelli – Regista e sceneggiatore marchigiano,

deus ex machina di molteplici iniziative culturali.

Gialluchittu – Socio disfatto, solitamente addetto al bancone.

Finché regge.

Peppe Lanfranco – Socio compagno, anima migrante.

Sara Lattanzi – Socia benemerita a corrente alternata.

Eva Luciani – Presidentessa della Società Operaia di Mutuo

Soccorso di Corridonia. Tutto il resto è noia.

Chiara Malatini - Bella donna che (non) veniva dal mare.

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Francesca Marchetti – Socia esule in Australia, amante delle

grappe e del buon vino.

Gabriele Mastroleo – Socio e curatore della pubblicazione.

Remo Matassoli – Segretario storico.

C.Nat. - Musicista e sodale della S.O.M.S., intervistatore uf-

ficiale per la pubblicazione.

Laura Nocelli – Socia la cui capacità organizzativa è inver-

samente proporzionale a quella del suo uomo.

Mauro Peroni – Socio filosofo, poeta, pescatore.

Elena Pit Pettinari – Socia sciaradica dalle mille idee.

Gilda Picchio – Esule spagnola, forzatamente rimpatriata, at-

tivista.

Giulia Renzi – Il futuro della S.O.M.S.

Paolo Ruani – Socio con un passato glorioso.

Giulia Salvi – Socia esperta culinaria.

Francesco Spé – Socio sciaradico e cultore del mito di Wu

Ming, noto frequentatore dell'universo Twitter.

Vinz Tesei – Il bell'uomo venuto dal mare.

Luca Tombesi – Socio animatore, grande esperto di enogastro-

nomia, la cucina S.O.M.S. è fatta su misura per lui.

Fabio Tordini – Socio animatore e innamorato, attivo in Scia-

rada ed ovunque ve ne sia bisogno.

Sara Tota – Socia enciclopedica.

Ugo Nooz Torresi- Socio multitasking, il cui impegno è diret-

tamente proporzionale alla buona riuscita delle idee.

Un ringraziamento particolare va ai docenti dei corsi:

Sara Grassetti, Michele Senesi, Paolo Ojetti, Max Lisi, Silvia

Branchesi, Marco Gatta, Alessandro Ruggeri, Francesco Pergo-

lesi, Mamadou Mbaye, Oberdan Cesanelli.

Si ringraziano inoltre per il proprio contributo:

Gli ex presidenti della S.O.M.S. e membri storici del diretti-

vo Pietro Molini e Aldo Montecchiari per la disponibilità di-

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mostrata nel voler condividere in questa pubblicazione le

proprie esperienze e i propri ricordi.

Peppe Allegri e Roberto Ciccarelli, perché il loro contributo

è un importante riconoscimento alla nostra attività.

Alfio Barovi, dietro al cui pseudonimo, si nasconde un avven-

tore abituale della S.O.M.S.

Marco Bernacchia, cantautore mascherato, autore di folli e

ambiziosi progetti discografici.

Luigi De Ritis, socio storico costretto a emigrare in Spagna

per amore della sua lei.

Matteo Dicembrio, musicista di Tccwomr, Eveline, A Toys Or-

chestra.

Alberto Fiastrelli, poeta, santo e bevitore.

Mirko Montesissa, componente aggiunto di quel folle progetto

musicale che sono i “Musica per bambini”, con i quali ha dona-

to alla S.O.M.S. due serate indimenticabili.

Jo o Rui, musicista del gruppo portoghese A Jig Saw, con ilã

quale si è esibito alla S.O.M.S., lasciandoci un pezzo del pro-

prio cuore.

Un grazie particolare a associazioni, enti e singoli che sen-

tiamo particolarmente vicini (in ordine sparso):

Tutta la NoiseCrew di Onlyfuckingnoise, i “progettisti” Ales-

sandro Ciak Zucconi e Marco Burini, i benemeriti operai del

Comune Matteo e Domenico, la Molotov Booking, i fratelli e le

sorelle dell'associazione culturale Sciarada, tutti gli arti-

sti che si sono esibiti davanti alla Madonna, Giampiero Cin-

golani, Lara Cerioni, l'Anpi di Corridonia, Giulio Pantanetti,

Federico Marinelli e il Centro Culturale Fonti San Lorenzo,

Borgo Futuro, l'amministrazione comunale di Corridonia, il

circolo Arci Terminal di Macerata, il Csa Sisma di Macerata,

il Loop di San Biagio di Osimo, Weikap! Festival e tutti i soci

e le socie che ci hanno accompagnato in questi anni.

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Ovviamente il più grande ringraziamento va a chi più di

chiunque altro ha contribuito a tenere viva la storia re-

cente della S.O.M.S. di Corridonia, con passione e tenacia,

senza mai chiedere nulla in cambio.

A lui è dedicata questa pubblicazione.

Grazie Sesto!

È la fine...

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