SOMMARIO - Tempo - Tempo.net · disegnare/incollare immagini o quant’altro suggerisca la fantasia...

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SOMMARIO

Pag 3 ] Conoscere per capire

Pag 3 ] Il Big Bang:

un’esplosione di energia

Pag 5 ] Pianeta Terra: pan per…

thalassa!

Pag 7 ] I continenti visti da vicino

Pag 12 ] Dimmi che clima hai…

Pag 14 ] Una “fabbrica”

che non chiude mai!

Pag 17 ] Non solo agricoltura

Pag 19 ] Che il cielo ci aiuti

Pag 19 ] Tutti i colori dell’Italia

Affrontare argomenti ritenuti importanti per le generazioni future è uno degli obiettivi dell’insegnamen-to scolastico. Affrontarli in modo ludico e divertente è ciò che il brand Tempo ha scelto di fare anche quest’anno: da anni, infatti, si rivolge a insegnanti e alunni con progetti scuola che affrontano tematiche

come, ad esempio, l’ecosostenibilità e l’importanza di una sana e corretta alimentazione, argomenti che sono stati i “protagonisti” dei progetti scuola degli anni scorsi. E quest’anno chi sarà il “protagonista”? Partendo da molto lontano, nello spazio come nel tempo, il protagonista di quest’anno sarà... il pianeta Terra! Attraverso il progetto scuola “Allacciate le cinture: destinazione pianeta Terra” faremo un “viaggio nel tempo” per sco-prire, facendo un salto di miliardi di anni, come si siano formati l’universo e i pianeti per poi “concentrare” le energie e partire per un’altro viaggio alla scoperta del nostro pianeta, la Terra. Come è nata? I suoi continenti sono sempre stati così come li vediamo ora? Perché sarebbe molto difficile coltivare un ananas al Polo Sud? A queste e a molte altre domande verranno date delle risposte, naturalmente in modo semplice e divertente ma non per questo meno scientifico. In questo sussidiario verranno inoltre introdotti argomenti come i fattori climatici e si analizzeranno le produzioni mondiali delle principali fonti dell’alimentazione umana nonché delle risorse del sottosuolo.Vorranno essere solo un piccolo spunto e strumenti di lavoro che tu, insegnante, potrai sviluppare e integrare alle materie scolastiche, modulandoli alle differenti età degli alunni. Per coinvolgere ancor più la tua classe, oltre al sussidiario in questo kit troverai un planisfero fisico sul quale, per ogni continente, disegnare/incollare immagini o quant’altro suggerisca la fantasia delle materie prime trattate nei vari capitoli del sussidiario. E per avere sempre sott’occhio “il luogo di nascita” degli alimenti che più frequentemente troviamo a tavola ci saranno le memocard “Da dove vieni?”. Ma non è tutto: per i tuoi alunni è stato ideato un concorso che metterà in palio premi per la classe: per partecipare basterà inviare un elaborato artistico inerente ai temi trattati all’interno del sussidiario.Ti auguriamo buon lavoro e... buon viaggio (nel tempo)!

Per gli insegnanti

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CONOSCERE PER CAPIRE

Intraprendere un viaggio nel tempo alla ricerca delle origini dell’universo e del nostro pianeta non è solo un viaggio decisamente affascinante ma può aiutarci a capire come il passato, ancora una volta, abbia influenzato pre-sente e futuro. Come degli esploratori galattici, siamo partiti da molto lontano, dagli spazi infiniti della Via Lattea e, attraversando tempo e spazio, siamo “atterrati” sulla Terra, che sarà il nostro “campo base”. Da qui partiremo per un viaggio alla scoperta dei continenti, tra montagne, colline, pianure, climi e correnti e cercheremo di capire, ad esempio, come lo scioglimento dei ghiacci, tra una glaciazione e l’altra, abbia creato grandi e fertili pianure. Pronti? Allacciamo le cinture e facciamo un salto temporale a ritroso di 14 miliardi anni...

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IL BIG BANG: UN’ESPLOSIONE DI ENERGIA!

Immaginate una bollicina migliaia di volte più piccola di una capocchia di spillo. Immaginatela mooooolto calda e densa, più densa della... cioccolata che bevete con tanto gusto nelle fredde giornate invernali: è questa, secondo gli scienziati, l’immagine dell’universo più di 14 miliardi di anni fa! All’improvviso, però, questa bollicina esplose, il famoso Big Bang, scagliando nello spazio circostante i suoi frammenti: nacque così l’universo come oggi noi lo conosciamo. In una frazione di secondo ecco che spazio, tempo e materia ebbero inizio, e l’universo cominciò a crescere (e continua tutt’oggi a farlo) ad un ritmo incredibile. L’energia prodotta dall’esplosione si trasformò in particelle di materia chiamate protoni, elettroni e neutroni che, unendosi, formarono i primi nuclei di idrogeno ed elio che, aggregandosi nell’arco di milioni di anni, diedero vita alle prime stelle e dunque alle prime galassie. Ma le galassie, come la Via Lattea di cui fa parte la Terra, non sono composte solo di stelle: ci sono gas, polveri, asteroidi e pianeti. Per capire l’origine dei pianeti dobbiamo fare un passo indietro e tornare alla nascita della stella: attorno ad una nuova stella si trovano dei... dischi di gas e polveri. Queste polveri, costituite per lo più di roccia e ghiacci, fondendosi tra loro, danno luogo ai pianeti terrestri, di cui la Terra fa parte.

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Si fa prestoa dire pianeta…

Il sistema solare è costituito da una varietà di corpi celesti che vengono mantenuti in orbita dalla forza di gravità del Sole. I pianeti che fanno parte del sistema solare fino ad oggi conosciuti sono otto. Eccoli in ordine di distanza dal Sole: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Ma i pianeti non sono tutti uguali: esistono pianeti “terrestri” e pianeti “gassosi”. I primi, a cui appartiene la Terra insieme a Mercurio, Venere e Marte, sono per lo più composti da roccia e metalli e han-no una struttura molto simile tra loro: un “cuore” metallico, un mantello di silicati e una crosta. Sulla loro superficie si trovano crateri, montagne, canyon e vulcani. I pianeti gassosi, Giove, Saturno, Urano e Nettuno, sono chiamati così perché non hanno una superficie solida bensì sono costituiti da una combina-zione (liquida e gassosa) di idrogeno, elio e acqua. Non sarebbe bello avere in classe un sistema solare in 3D? Ecco come fare: procuratevi cartoncini di diversi colori, compasso, filo da pesca, righello, un bastone, forbici. Disegnate con il compasso e con il righello 2 cer-chi dello stesso colore per ogni pianeta con il seguente diametro: Mercurio 1 cm, Venere 2,5 cm, Terra 2,6 cm, Marte 1,5 cm, Giove 29,5 cm, Saturno 25 cm, Urano 10,5 cm, Nettuno 10 cm, Pluto-ne 0,5 cm. Ritagliateli e con le forbici fate un taglio ad ogni cerchio dal bordo al centro. Attraverso il taglio, “incastra-te” i due cerchi di ogni pianeta e fate un forellino sul bordo superiore anno-dando il filo che servirà ad appendere (facendo in modo che i pianeti non si tocchino) il vostro “sistema sColare” al bastone!

a dire pianeta…Il sistema solare è costituito da una

Il bosone di Higgs, la particella più famosa dell’universo

Sembra il nome più adatto per un orsacchiotto ma in realtà è quello della particella più famosa del momento: è di pochi mesi fa, infatti, la conferma della sua esistenza da parte dei fisici ricercatori, fra cui ben 600 italiani, del CERN di Ginevra. L’intuizione della sua esistenza, però, si deve al geniale fisico teorico e professore emerito dell’Università di Edimburgo Peter Higgs durante, pare, una gita tra le Highlands scozzesi nel lontano 1964. Fino agli inizi del XIX secolo, si pensava che l’atomo fosse, con neutroni, protoni ed elettroni, il più piccolo, e indivisibile per definizione, costituente elementare della materia. Si scoprì poi che in realtà l’atomo era a sua volta costituito da particelle ancora più piccole, dette particelle subatomiche, che si distinguono in composte ed elementari.

Le particelle elementari, dunque, sono i costituenti elementari della ma-teria, sono uniche, indivisibili e non composte da particelle più piccole. Nasce così la teoria delle particelle elementari, conosciuta anche come teoria standard. Ma torniano nelle Highlands: il prof. Higgs si rese conto che la teoria standard non spiegava perché mai le particel-le elementari avessero una massa (per esempio, anche il nostro gatto è composto di particelle elementari raggruppate in atomi e decisamente di massa ne ha!). Ci doveva quindi essere una particella, il “bosone di Higgs” appunto, non ancora identificata, che “assicurasse” la massa a tutte le particelle subatomiche della materia, quelle da cui tutto deriva e da cui è nato l’universo. Ci sono voluti cinquant’anni per identificarla, e migliaia di menti pensanti al lavoro, ma alla fine l’intuizione del prof. Higgs è stata confermata: nell’acceleratore del CERN si sono scontrati miliardi di protoni che hanno riprodotto le condizioni dell’univer-so pochi secondi dopo la sua nascita.

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Sapete quanti anni ha la Terra? Non molti, in realtà, visto che ne ha “solo” 4,57 miliardi. E come si sono formati i suoi continenti? Fu il tedesco Wegener ad avere la geniale intuizione: guardando le carte geografiche notò come i profili del continente sudamericano e africano combaciassero. Secondo Wegener nel Paleozoico le terre emerse for-mavano un unico “supercontinente”, la Pangea (dal greco antico pan, tutto, e gea, terra) ed esisteva un unico “superoceano”, la Pan-thalassa (dal greco antico pan, tutto, e thalassa, mare) che si insinuava nella Pangea all’altezza della fascia equatoriale formando un grande golfo, chiamato mare della Tetide. Al di sopra di questo mare c’era la Lau-rasia, che frantumandosi diede origine all’America del Nord, all’Euro-pa e all’Asia; al di sotto del mare della Tetide, invece, vi era la Terra di Gondwana, da cui nacquero l’America del Sud, l’Africa, l’India, l’Australia e l’Antartide. Semplificando la sua teoria, conosciuta come deriva dei continenti, possiamo dire che le terre emerse si siano spostate gal-leggiando come gli iceberg nell’acqua. Osteggiato dalla comunità scien-tifica, negli anni Sessanta ottenne la “rivincita”: la sua geniale intuizione divenne parte integrante della teoria della tettonica a placche.

La Terra è come una CIPOLLA…Per poter spiegare la teoria della tettonica delle placche o a zolle (dal greco antico tekton, “costruttore”) dobbiamo capire di quanti “stra-

ti” è fatta la Terra. Possiamo immaginarla come una grande cipolla: se iniziamo a sbucciarla, lo strato più

esterno è costituito dalla litosfera, formata dalla crosta e dal mantello superiore, l’astenosfera,

la mesosfera, il mantello inferiore, il nucleo esterno e il nucleo interno. La litosfera è

suddivisa in una ventina di frammenti rigi-di e di dimensioni diverse: le placche o zolle. Assomi-

PIANETA TERRA: PAN PER... THALASSA!

Se la Terra ha 4,57 miliardi di anni, quanti “anni” hanno le catene montuo-se più famose del pianeta? Cercate di mettere in ordine cronologico crescen-te (dalle più vecchie alle più giovani) le seguenti catene montuose: il Giura, le Ardenne, i Vosgi, le Alpi, le Mesete, i Carpazi, i Balcani, le Alpi scandinave, gli Appennini, il Gran Paradiso, l’Adamello, la Sila, la Cordigliera delle Ande, i Pire-nei, la catena himalayana.

Risposte: le Ardenne, i Vosgi, le Mese-te, le Alpi scandinave, il Gran Paradiso, l’Adamello, la Sila, la Cordigliera delle Ande, i Pirenei, la catena himalayana, le Alpi, gli Appennini, i Carpazi, i Balcani, il Giura.

Sei vecchiocome una montagna!

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gliano alle tessere di un mosaico ma non sono ferme, e il movimento avviene tra i margini di separazione tra una placca e l’altra spingendosi, scontrandosi, separandosi, accavallandosi l’una sull’altra. È proprio que-sto ultimo “movimento” a scatenare il fenomeno dell’ OROGENESI (o nascita di sistemi montuosi): nello scontro tra 2 croste conti-nentali, infatti, le due placche si sovrappongono e si accavallano l’una all’altra, dando così origine a catene montuose interne ai continenti. Ne sono un esempio le Alpi, la catena dell’Himalaya, i Pirenei e i Balcani.

Se le montagne nascono dalle croste…... come nascono le colline e le pianure? A differenza delle montagne, che superano anche gli 8.000 metri, le colline non superano i 600. La loro origine è varia: possono essersi formate da materiali trasportati dal vento, da materiali alluvionali, da antichi vulcani ora spenti modellati dal tempo e dagli agenti atmosferici o, come le colline moreniche, essere costituite da detriti, ghiaia, sassi e terriccio che gli antichi ghiacciai hanno trascinato a valle.Le pianure, a seconda della loro origine, possono dividersi in:

• alluvionali, cioè formate da detriti (o sedimenti) come ciottoli, ghiaia, argilla e sabbia, erosi e trasportati dai fiumi (fiumi che si formavano con lo scioglimento dei ghiacciai tra una glaciazione e l’altra) in bacini occupati dalle acque.

• vulcaniche: che nascono in seguito alla fuoriuscita e al raffredda-mento della lava e della cenere dei vulcani. Meno estese delle alluvionali, sono molto fertili.

• da bacini sedimentari o di sollevamento: nell’era mesozoica c’è stata una progressiva sedimentazione marina che ha dato origine a pianure sul fondo dei mari che, nelle ere successive, si sono innalzate a causa delle forti spinte provenienti dall’interno della Terra.

Delta non è solo una lettera dell’alfabeto greco

I fiumi che sfociano nel mare o nell’oceano hanno una foce a delta quando sfociano creando depositi di sedimenti “a ventaglio” e hanno una foce a estuario quando sfociano in un unico canale o ramo. Ma i principali fiumi del mondo che foci hanno? Scopritelo insieme! Ecco un breve elenco. Mississippi, Po, Congo, Danubio, Mekong, Gange, Indo, Senna, Tevere, Lena, Danubio, Nilo, Rodano, Tamigi, Yukon, Mackenzie, Paranà, Rio de la Plata, Niger, Rio delle Amazzoni, Don, Volga.Un aiutino: i fiumi con le foci ad estuario sono 4, due in Europa, uno in Sudamerica e uno in Africa.

Costruiamo la Terra

Prendendo spunto da “La terra è come una cipolla” provate a realizzare un modellino di Terra in cui siano ben visibili gli strati che la costituiscono. Per realizzarlo costruite, con la cartapesta, una sfera da cui rimuoverete “mezzo spicchio”. I tre lati interni, su cui verranno evidenziati i vari strati, dovranno essere colorati ognuno con un diverso colore. Sarà così più facile identificarli. Ecco pronta la vostra Terra… a cipolla.

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Impariamo ora a conoscere i continenti, prima dal punto di vista generale poi dal punto di vista “cromatico”. Voi direte: perché? Osservate il planisfero fisico e ve-drete che le zone di colori diversi dell’emisfero nord della Terra formano delle “fasce” di colore uniforme e parallele fra loro che nella parte sud dell’emisfero sono le stesse ma viste riflesse... come in uno specchio! Per semplicità, con il verde indichiamo le pianure, col beige i deserti e le zone aride, col marrone le catene montuose e con il bianco i ghiacciai e le zone polari.

Il più grande!L’ Asia è il più grande fra i conti-nenti. Guardandola, è simile ad un grande quadrato in cui il colore dominante è il verde delle pia-nure: siberiana a nord, cinese a est, indocinese, del Gange, dell’Indo e della Mesopotamia a sud mentre in centro troviamo la pianura dell’Uz-bekistan. L’Asia si estende, in senso orario, dal Mar Glaciale Artico a nord all’oceano Pacifico a est, dove troviamo l’arcipelago del Giappone e delle Filippine, dal Tropico del Can-cro a sud con l’arcipelago dell’Indo-nesia e penisole come l’ indocinese, l’indiana e l’arabica e la catena de-gli Urali a ovest. In Asia tutto è “grande”: lo sono gli altipiani del Tibet e del Pamir così come le ca-tene montuose dell’Himalaya (con il monte più alto del mondo,

l’Everest, di 8.848 metri), del Karakorum e del Tian Shan. E i fiumi? Con altipiani e catene montuose così importanti non possono nascere che al centro del conti-nente: lo Jenisej, l’Ob, l’Amur, lo Huang He, il Chang Jiang, il Mekong, l’Indo e il Gange. Ultimi ma non per questo meno importanti, in Asia ci sono quasi 200 vulcani, di cui 50 ancora attivi. In un continente che si estende dal Circolo Polare Artico all’equatore non può mancare una grande varietà di climi. Partendo dall’estremo nord: continentale freddo con tundra e taiga, arido e semiarido con deserti di sabbia e roccia, temperato ma con inverno ed estate secchi, monsonico, caratterizzato da sei mesi di intense piogge e sei mesi “asciutti”, ed equa-toriale. Quasi la metà della popolazione mondiale si concentra in Asia; i gruppi principali sono tre: gli asiatici dalla pelle gialla, come cinesi e giapponesi, quelli di pelle bianca, a ovest e a sud e di pelle scura, come filippini e indiani. Nonostante i gruppi siano tre, però, per molti di noi gli asiatici sono associati agli “gli occhi a mandorla”. Vi siete mai chiesti perché? Ecco la spiegazione che ne danno gli scienziati: pare che durante l’ultima glaciazione, 35.000 anni fa circa, in Siberia vivessero gli “antenati” delle odierne popolazioni asiatiche. Per prevenire i danni causati dal vento e dal freddo pungente tipici della tundra siberiana e delle steppe centro-asiatiche, nonché dal bagliore accecante delle distese di neve e ghiaccio, queste popolazioni svilupparono nella loro evoluzione una “protezione” dell’occhio. Come? Aumentando lo strato adiposo (cioè di grasso) della palpebra superiore che fa sembrare l’occhio più stretto e allungato. Questa peculiarità si diffuse quando, 25.000 anni fa, questi antenati co-minciarono delle migrazioni che li portarono in tutta l’Asia centrale e orientale.

I CONTINENTI VISTI DA VICINO

colore uniforme e parallele fra loro che nella parte sud dell’emisfero sono le stesse

bianco i ghiacciai e le zone polari.

troviamo l’arcipelago del Giappone

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Africa, la culla dell’umanitàÈ così che viene chiamata visto che i più antichi reperti umani sono stati trovati nella zona al di sotto del de-serto del Sahara. Secondo continente per estensione, l’Africa può essere “divisa” in tre parti. La zona settentrionale, di colore beige: è quindi un deserto, il più grande al mondo, quello del Sahara,”interrotto” nel suo centro dai massicci montuosi dell’Hoggar e del Tibesti, mentre a nord troviamo la catena dell’Atlante. Il suo fiume principale è il Nilo, che sfocia nel nostro mar Mediterraneo. Proprio al di sotto del Sahara c’è la zona centrale, di colore verde e quindi pianeggiante, che si estende dal golfo di Guinea fino al bacino del Congo e agli Altipiani Orientali: è in questi altipiani che troviamo le due montagne più alte dell’Africa, il Kili-mangiaro (5.895 metri) e il monte Kenya (5.200 metri). Due fiumi la attraversano: il fiume Niger, che sfocia nel golfo di Guinea, e il fiume Congo, che sfocia nell’oceano Atlantico. Al di sotto troviamo la zona meridionale, beige al centro e verde sul lato est, con l’Altopiano Meridionale, il deserto del Kalahari, la pianura del Mozambico e i Monti dei Draghi. Il fiume principale è lo Zambesi che sfocia di fronte al Madagascar. Quat-tro i suoi ambienti naturali, che nascono dai suoi 4 climi: mediterraneo, localizzato in piccole zone a nord e a sud; arido, vicino ai due tropici, dove non piove mai, è il regno del deserto; equatoriale, dove piove molto e fa sempre caldo, essendo l’Africa “tagliata a metà” dall’equatore e delle savane, con due sole stagioni, una arida e secca e una delle piogge. L’Africa, a causa del suo clima, non è densamente abitata. La popolazione si distingue in due gruppi principali. Nella parte settentrionale, chiamata anche Africa bianca, vivono popoli a pelle chiara, come gli arabi, mentre nella parte centrale e meridionale, chiamata anche Africa nera, a pelle scura. Quest’ultima presenta diversi gruppi etnici, che vengono suddivisi in nilotidi, occupanti il bacino del Nilo, congolidi, in Guinea e in Congo, sudanidi, nel Sudan centrale e occidentale, e cafridi, abitanti il sud del continente. Inoltre, non possiamo dimenticare due gruppi etnici come i boscimani, abitanti del deserto del Kalahari, e i pigmei, diffusi in gran parte dell’Africa equatoriale. Il loro nome, all’apparenza buffo, deriva dal gre-co pygmaios (“alto un cubito”), nome dato dai greci ad un leggendario popolo di nani: mai nome fu più calzante in quanto i pigmei hanno un’altezza di molto inferiore ai 150 centimetri. Queste ridotte dimensioni, però, sono ottimali se si vive come loro (o come gli indios dell’Amazzo-nia) in regioni molto umide come la foresta tropicale: avere un corpo piccolo richiede un minor dispen-dio di energia per muoversi, che implica anche una minore produzione di calore interno. Inoltre, essere piccoli vuol dire avere più superficie e meno volume, con-sentendo quindi una miglio-re evaporazione del sudore (che avviene in superficie) e consente al corpo di raffred-darsi. Una piccola curiosità: vi siete mai chiesti perché quasi sempre i capelli delle popolazioni africane sono crespi? Con le temperature torride africane è facile che si possa incorrere in un pe-ricoloso “colpo di calore”: i capelli crespi mantengono meglio l’umidità della testa, consentendo così che il ca-lore evapori lentamente, evitando così che la testa si “surriscaldi”!

in quanto i pigmei hanno un’altezza di molto inferiore ai 150 centimetri. Queste ridotte dimensioni, però, sono

nia) in regioni molto umide come la foresta tropicale:

dio di energia per muoversi, che implica anche una minore produzione di calore interno. Inoltre, essere piccoli vuol dire avere più

darsi. Una piccola curiosità:

è quindi un deserto, il più grande al mondo, quello del Sahara,”interrotto” nel suo centro dai massicci montuosi dell’Hoggar e del Tibesti, mentre a nord troviamo la catena dell’Atlante.

la zona meridionale,

con due sole stagioni,

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Chi fa da sé fa per tre:

le Americhe.Considerata un unico continente, l’Ame-

rica in realtà viene suddivisa in tre parti: l’America settentrionale, dal Mar Glaciale

Artico al Golfo del Messico; l’America cen-trale, dal Golfo del Messico ai Caraibi e l’A-merica meridionale, dal mar dei Caraibi

alla punta estrema della Terra del Fuoco. Guardandole sul planisfero, il colore dominante è il verde, e quindi le pianure, tutte create da grandi fiumi: a nord il Mississippi-Mis-souri con le Grandi Pianure mentre a sud il Paranà e il Rio delle

Amazzoni con l’Amazzonia. Queste immense distese pianeggian-ti sono “arginate” a ovest per tutta la latitudine (da nord a sud)

nel Nordamerica dalla fascia di colore marrone di alte e “giovani” Montagne Rocciose mentre nel Sudamerica dalla cordigliera del-le Ande (con cime come l’Aconcagua di 6.962 metri). Sul lato ovest una fascia di montagne più “vecchie”, con la catena degli Appalachi a nord e l’altopiano del Mato Grosso e del Brasile a sud. Se per il continente africano “bastano” 4 climi, la grande estensione in latitudine di quello americano ne necessita di molti di più. All’estremo nord, c’è il clima polare; nelle regioni pianeggianti del centro degli Stati Uniti il clima

è temperato mentre nella parte meridionale è deser-tico. Nel Golfo del Messico il clima è tropicale secco

grazie alla Corrente del Golfo. Nella zona nord dell’America meridionale, vicino al Rio delle Amazzoni, il clima è tropicale

umido mentre al di sotto del Tropico del Capricorno il clima è temperato. All’estremo sud, la Terra del Fuoco, nonostante il nome, ha un clima freddo con estesi ghiacciai. Anche se può sembrare

strano, la popolazione di “tutte” e tre le Americhe supera di poco quella euro-pea. Questa bassa densità è determinata dal clima: è difficile vivere in alcune zone

dalle temperature estreme.Tre sono le principali etnie: gli europei, cioè fran-cesi, inglesi, spagnoli e portoghesi discendenti dei conquistatori arrivati dopo

la scoperta dell’America, gli afroamericani, discendenti degli schiavi africani portati in America con la tratta degli schiavi dagli europei e gli amerindi, cioè i

discendenti delle popolazioni autoctone delle Americhe. Vengono chiamati indiani quelli dell’America settentrionale e indios quelli dell’America centrale, del Messico e

meridionale.

Europa, penultima in classificaPenultima per dimensioni fra i continenti (la “batte” solo l’Oceania), l’Europa si trova interamente nell’emi-sfero boreale. Le sue terre più “antiche” si trovano nella zona settentrionale, con vaste pianure e rilievi “arro-tondati” dalle erosioni di centinaia di milioni di anni. È quasi tutta di un bel colore verde brillante, e sono quindi le vaste pianure le vere protagoniste. Queste pianure hanno due diverse origini, alluvionali e sedimentarie: nel nord si può vedere un’unica e “lunghissima” fascia pianeggiante che parte dalla Francia per proseguire, interrotta solo dagli Urali, fino all’oceano Pacifico. Il sud è invece caratterizzato dal colore marrone delle catene montuose “giovani” (formatesi “solo” qualche decina di milioni di anni fa!) come le montagne del sistema alpino-himalayano che “parte” dalla Sierra Nevada e i Pirenei in Spagna, prosegue con

l’America settentrionale, Artico al Golfo del Messico; trale,

sul planisfero,

ti sono “arginate” a ovest per tutta la latitudine (da nord a sud) nel Nordamerica dalla fascia di colore marrone di alte e “giovani” Montagne Rocciose mentre nel Sudamerica dalla cordigliera delle Ande (con cime come l’Aconcagua di 6.962 metri). Sul lato ovest una fascia di montagne più “vecchie”, con la catena degli Appalachi a nord e l’altopiano del Mato Grosso e del Brasile a sud. Se per il continente africano “bastano” 4 climi, la grande

temperato.

pea. Questa bassa densità è determinata dal clima: è difficile vivere in alcune zone

le Alpi e gli Appennini in Italia, avanza verso est con i Balcani, i Carpazi e poi, tra il Mar Nero e il Mar Caspio, il Caucaso. L’Europa è ricca di fiumi: a nord quelli che sfociano nell’Atlantico, nel Mar Baltico e nel Mar Glaciale Arti-co sono ricchi d’acqua, con foci ad estuario e spesso navigabili, nella regione mediterranea i corsi d’ac-qua hanno meno portata, un cor-so breve e la foce a delta, nella regione del Mar Nero e del Mar Caspio i fiumi sono ricchi d’acqua, lunghi e con la foce a delta. E i laghi? Non dimentichiamo che l’Europa ne ha quasi 80.000, soprattutto di origine glaciale. Grande la varietà di climi del continente eu-ropeo che vengono non solo influenzati dalla la-titudine ma anche dalla vicinanza degli oceani. Possiamo distinguere:- un clima oceanico, dove grande è l’influsso della Corrente del Golfo; gli inverni sono miti, le estati fresche, le precipitazioni sono abbondanti tutto l’anno- un clima mediterraneo, con estati calde e inverni miti e piovosi- un clima continentale temperato nell’area centrale, con inverni freddi, estati calde e abbondanti preci-pitazioni; un clima continentale arido, in prossimità del Mar Nero e del Mar Caspio, con scarse piogge ed escursione termica stagionale più marcata; un clima continentale freddo, nelle zone più a nord, con scarse precipitazioni, lunghi e gelidi inverni, estati fresche.

Una terra d’acqua!Isole circondate da oceani: è così che si presenta l’Oceania, il più piccolo dei continenti. Macroscopica-mente, possiamo suddividere l’Oceania in tre zone: l’Australia, che è la sua isola più grande, con la Nuova Guinea e la Nuova Zelanda, sempre isole ma più piccole; tre gruppi di isolette che formano l’arcipelago della Micronesia, Melanesia e Polinesia; due grandi oceani, l’Indiano e il Pacifico. I fiumi più importanti sono il Murray e il Darling che, per ragioni di “lunghezza” non possono che essere in Australia, l’isola con la maggior superficie. Tre i climi dell’Oceania: tropicale umido vicino all’equatore e nel nord dell’Australia, tropicale arido vicino al Tropico del Capricorno e nell’Australia centrale, caratterizzato da deserto (di un bel colore beige sul planisfero!) e temperato in Nuova Zelanda e nel sud dell’Australia. Anche se l’Australia è un’isola veramente grande, l’Oceania ha solo trenta milioni di abitanti in quanto in molte sue zone fa troppo caldo (e c’è pochissima

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Ma perché l’Europa si chiama Europa? Molte ipotesi si fanno sull’origine del suo nome: una delle più “romantiche” si rifà alla mitologia greca che ci racconta come Europa fosse la bella figlia del re di Tiro, antica città fenicia del Medi-terraneo, Agenore. La sua bellezza fece innamorare Zeus che decise di rapirla: trasformatosi in uno splendido toro bianco, avvicina Europa mentre lei è intenta a raccogliere fiori. Spaventata in un pri-mo momento dall’animale, la fanciulla si tranquillizza quando questi si fa accarezzare e sale sulla sua groppa: Zeus si getta in mare e la conduce a Creta, dove riprende le sembianze umane e le rivela il suo amore. Insieme ebbero tre figli: Sarpedonte, Radamanto e Minosse, che divenne re di Creta e diede il la alla civiltà cretese, culla della civiltà europea. Da allora le terre a nord del mar Mediterra-neo presero il nome di Europa.

le Alpi e gli Appennini in Italia, avanza verso

Caspio i fiumi sono ricchi d’acqua,

terraneo, Agenore. La sua bellezza fece innamorare Zeus che decise di rapirla: trasformatosi in uno splendido toro bianco, avvicina Europa mentre lei è intenta a raccogliere fiori. Spaventata in un primo momento dall’animale, la fanciulla si tranquillizza quando questi si fa accarezzare e sale sulla sua groppa: Zeus si getta in mare e la conduce a Creta, dove riprende le sembianze umane e le rivela il suo amore. Insieme ebbero tre figli: Sarpedonte, Radamanto e Minosse, che divenne re di Creta e diede il la alla civiltà cretese, culla della civiltà europea. Da allora le terre a nord del mar Mediterra

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acqua) per viverci. Le popolazio-ni principali si possono suddivi-dere in tre gruppi: i “bianchi”, discendenti dei primi europei sbar-cati sulle isole (sono circa il 95%), i maori, antichi abitanti della Nuova Zelanda e gli aborigeni, antichi abitanti dell’Australia.

Un continente… da brividoMolto spesso quando parliamo di Artide ed Antartide facciamo l’er-rore di pensarli praticamente uguali per territorio, clima, vegetazione e diversi solo per le popolazioni e la fauna che vi abitano. In realtà solo l’Antartide è un continente: l’Artide, infatti, è formata dal Mar Glaciale Artico e dalle “porzioni” settentrionali di Russia, Alaska, Canada, Groenlandia, Islanda, Finlandia, Svezia, Norvegia nonché dalle isole che le fronteggiano. Il suo oceano costituisce una fonte di calore per i continenti circostanti che sono ricoperti da foreste di conifere e dalla tundra. Nell’Artide l’e-state è breve e fresca mentre l’inverno è lungo e freddo: dal 22 dicembre al 21 giugno ha infatti sei mesi di buio. Nonostante le temperature estreme, anche l’Artide è abitato: ci sono gli Inuit, da sempre abitanti delle regioni costiere artiche dell’America settentrionale e della Siberia, e gli Yupik, una popolazione dell’Alaska. Gli Inuit, che si alimentano cacciando foche, balene, trichechi e renne, riescono a sopravvivere alle temperature e condizioni estreme delle terre in cui abitano grazie a degli stratagemmi frutto dell’evoluzione: hanno una corporatura tozza, arti inferiori corti e la faccia “piatta” (per avere una superficie inferiore da cui possa essere disperso il prezioso calore corporeo), labbra e naso piccoli (quest’ultimo ha narici larghe e sottili per far sì che l’aria si riscaldi e umidi-fichi prima di arrivare ai polmoni) e occhi lunghi e stretti con palpebre “appesantite” da uno spesso cuscinetto di grasso che protegge dai rigori del freddo l’occhio. L’Antartide è un vero e proprio continente: è coperto da una spessa calotta di ghiaccio, profonda in media più di 2 kilometri, con montagne come il monte Vinson alto 4.897 metri. Viene considerato il luogo più freddo del pianeta (la sua media annua è di - 50° mentre in gennaio, che è il suo mese più “caldo” è di - 29°), con il periodo di buio invernale che va dal 21 giugno al 22 dicembre, e quello con le maggiori riserve di acqua dolce. L’Antartide non ha una “sua” popolazione ma è popolato dai cir-ca 4.000 ricercatori di varie nazionalità delle sue 80 basi scientifiche. Sul nostro perso-nale planisfero il colore di Artide e Antartide sarà bianco.

invernale che va dal 21 giugno al 22 dicembre, e quello con le maggiori riserve di acqua dolce. L’Antartide non ha una “sua” popolazione ma è popolato dai cir

gli aborigeni,

Cinque o sei?Abbiamo “visto nascere” la Terra e abbiamo scoperto come dalla Pangea si sia arrivati ai continenti di oggi. Ma sono cinque o sei? Se contiamo i cerchi olimpici, che consi-derano continenti solo le terre abitate dall’uomo, diciamo cinque, e cioè Africa, America, Europa, Asia, Oceania, ma se ci basiamo sulle grandi estensioni di terre emerse che hanno un proprio nome (al singolare), allora diciamo sei, e c ioè Africa, America, Antartide, Asia, Europa e Oceania.

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DIMMI CHE CLIMA HAI…

Facciamo ora un piccolo riassunto di quanta “strada” abbiamo percorso fino a questo momento: abbiamo visto “esplodere” una calda bollicina che ha dato il via al nostro universo, abbiamo assistito alla “nascita” della Terra, l’abbiamo vista “dividersi” per dare vita ai continenti che abbiamo imparato a conoscere. Ma i “colori” del nostro planisfero sono influenzati da un importantissimo fattore: il clima. Cos’è il clima? È l’osservazione delle condizioni atmosferiche di un certo luogo per un lungo periodo di tempo, in media per trent’anni. Molti sono i fattori che possono influenzarlo: i venti, le variazioni di temperatura e pressione, l’umidità dell’aria e le precipitazioni. Insieme formano gli elementi climatici che, a loro volta, sono strettamente legati ai fattori climatici. In una determinata regione, infatti, sono importanti la latitudine, l’altitudine, la circolazione atmosferica e la localizzazione di masse d’acqua. La latitudine influenza molto l’incidenza dei raggi solari sulla superficie terrestre: possiamo quindi individuare, in base alla latitudine:• una fascia tropicale, che va dal Tropico del Cancro al Tropico del Capricorno, con clima caldo tutto l’anno in quanto i raggi solari la colpiscono quasi perpendicolarmente

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• due fasce temperate al di sopra del Tropico del Cancro e al di sotto del Tropico del Capricorno, dove i raggi solari hanno una maggiore inclinazione. Questo determina estati mediamente calde e inverni mediamente freddi• due fasce polari, dove l’inclinazione dei raggi solari è massima e determina basse temperature anche in estate.

L’altitudine sul livello del mare determina un abbassamento della temperatura dell’aria di 6,5° ogni 1.000 metri. La circolazione atmosferica, cioè i venti, spostano grandi masse d’aria, ridistribuendo calore e umidità per tutto il pianeta. La localizzazione di mari, laghi e oceani influisce sulla temperatu-ra di un territorio; la temperatura dell’acqua, infatti, influenza quella dell’aria: ciò è dovuto in molti casi alla presenza di correnti oceaniche che lambiscono i vari continenti; possono essere calde (che interessano il lato ovest dei continenti) o fredde (che interessano il lato est dei continenti) e le principali sono: la Corrente del Golfo (calda) che, nascendo nel golfo del Messico mitiga il clima dei paesi europei che si affacciano sull’oceano Atlantico: Portogallo, Spagna, Francia, Irlanda, Gran Bretagna e Scandinavia, la

corrente del Brasile (calda) che lambisce le coste dell’America meridionale, la corrente di Agulhas (calda) che “circola” nell’oceano Indiano e lungo le coste dell’Africa, la corrente del Labrador

o dell’Alaska (fredda), che dal sud del Mar Glaciale Artico costeggia il Labrador, Terranova e Nuova Scozia, le correnti di Kuroshio (calda) e Oyashio (fredda), che costeggiano il Giappo-ne e unendosi formano la corrente delle Aleutine.

Che genio quel Köppen!Se volete fare il giro del mondo, non dimenticate di mettere in valigia capi di abbigliamento adegua-ti ai molteplici climi che caratterizzano la Terra. L’idea di formularne una catalogazione venne a metà dell’Ottocento ad un climatologo tedesco, Vladimir Köppen, che li classificò non solo in base a temperatura e precipitazioni ma anche per asso-ciazioni vegetali, ovvero in base a gruppi di piante che hanno esigenze simili di temperatura, umidità e irraggiamento solare. Secondo Köppen, cinque sono i gruppi climatici principali, elencati dall’equa-tore ai poli:- climi tropicali umidi, con temperatura media mag-giore di 18°, abbondanti precipitazioni e stagione invernale assente. Possono essere equatoriali, monsonici e tropicali con inverno secco, che ha piogge concentrate in una breve stagione e una maggiore escursione termica- climi aridi, con temperatura media maggiore di 15°, precipitazioni quasi assenti e frequente carenza d’acqua. Si dividono in desertici caldi, con escursioni termiche estreme (dai 50° diurni si passa agli 0° notturni), e desertici freddi con una importante escursione termica annuale- climi temperati caldi, con temperatura media del mese più freddo inferiore a 18° ma superiore a -3°, precipitazioni annue medie. Possono suddividersi in subtropicali umidi, con estati calde e inverni miti, temperati freschi umidi (o oceanici), tipici delle aree lungo le coste e climi mediterranei, con inverni dalle abbondanti piogge ed estati con temperature elevate- climi temperati freddi, che alternano inverni rigidi a estati con temperature elevate. Il clima temperato freddo-umido è tipico dell’A-merica del Nord e dell’Eurasia, quello temperato freddo secco ha corte estati calde e asciutte e inverni dove la temperatura scende spesso sottozero - climi nivali, con assenza della stagione estiva e temperatura del mese più caldo inferiore a 10°. Sono tipici delle estreme latitudini nord e sud, dove le giornate estive sono lunghe mentre in inverno sono le notti ad essere perpetue. Si dividono in subpolare e polare, caratteristico della Groenlandia e dell’Antartide, dove in nessun mese dell’anno la temperatura risale sopra lo zero!

(calda) che “circola” nell’oceano Indiano e lungo le coste dell’Africa, la corrente del Labrador o dell’Alaska (fredda), che dal sud del Mar Glaciale Artico costeggia il Labrador, Terranova e Nuova Scozia, le correnti di Kuroshio (calda) e Oyashio (fredda), che costeggiano il Giappone e unendosi formano la corrente delle Aleutine.

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UNA “FABBRICA” CHE NON CHIUDE MAI!

Capiti i climi e i colori del planisfero è arrivato il momento di “unirli”: non basta infatti un’ immensa pianura per poter coltivare ciò che si vuole! Partiamo quindi alla scoperta delle risorse del nostro pianeta: grazie a quanto abbiamo imparato finora, sarà più facile capire perché, ad esempio, sarebbe difficile coltivare ampie distese di grano in Groenlandia o ananas in Gran Bretagna!

Le grandi pianure e il clima temperato…... amano i cereali: milioni di persone ogni giorno li utilizzano: sotto forma di pane, focacce, pasta e riso costituiscono la base dell’alimentazione umana. Frumento, granturco, soia, miglio, orzo, sorgo, avena e segale sono infatti ricchissimi di sostanze preziose per la dieta: carboidrati, proteine, sali minerali, grassi e vitamine. Fin dalla preistoria, l’uomo ha iniziato a coltivare cereali dopo aver “assaggiato” casualmente alcuni chicchi di piante selvatiche e aver intuito che, interrandoli, avrebbero dato vita a nuove piantine, dando così il via ai primi passi dell’agricoltura. Queste preziose piante si dividono in cereali della stagione fredda (frumento, segale, avena, orzo e farro) che preferiscono climi temperati e, seminati in autunno, dopo il “letargo” invernale maturano all’inizio dell’estate, e cereali della stagione calda, che crescono nelle zone temperate in pri-mavera e tutto l’anno nelle pianure tropicali: ne è un esempio la soia che utilizzata nell’alimentazione umana

e animale, può essere coltivata sia nei climi temperati che subtropicali. Ne sono maggiori produttori Stati Uniti, Brasile, Argentina, Cina, India e Russia. Un caso particolare è il sorgo, che tollerando bene la siccità viene coltivata soprattutto in Africa. In Europa, dunque, i cereali “regna-no” in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Italia e Federazione russa, mentre oltreoceano lo fanno nelle Grandi Pianure dell’America del Nord (dove esiste una corn bell, una cintura del granturco, che comprende gli Stati dell’Indiana, Illinois, Iowa e Nebraska) del Canada, dell’Australia e dell’Argentina.

Il riso non è tutto uguale: può essere tondo, semifino, fino, superfino, bianco, nero e avere nomi particolari come Vialone nano, Balilla, Venere o Baldo. Provate a dare un’occhiata nel super-mercato sotto casa a quante tipologie di riso ci sono. A scuola poi, toccate con mano i chicchi, guardateli contro-luce, confrontatene le forme e scoprite le peculiarità e gli impieghi in cucina di ciascun tipo.

Chicchi di bontà e salute

Il riso non è tutto uguale: può essere

Chicchi di bontà

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Le grandi pianure e il clima caldo umido…... amano il riso, che è il loro “incontrastato re”. Coltivato da tempi antichissimi, è il principale alimento di più della metà della popolazione mondiale. È un cereale a cui piace “stare a mollo”: il suo regno infatti sono le zone umide dell’Asia sud-orientale (Cina, India, Indonesia, Thailandia e Vietnam), a clima monsonico, dove l’acqua è abbondante, ma è coltivato anche negli Stati Uniti, in Brasile e, prima in Europa per produzione, in Italia. Ma cambiamo... chicchi! Vi siete mai chiesti quanta strada fanno tè, caffè o cioccolata prima di arrivare nelle nostre tazze? Il tè, per esempio: le sue delicate foglioline crescono “coccolate” nelle regioni dal clima tropicale e subtropicale del sudest asiatico (la temperatura ideale è tra i 10° e i 30°) dove le precipitazioni sono abbondantissime ma anche nelle pianure assolate del Kenya, che è il maggior produttore mondiale di tè nero. Corto, forte e dall’aroma squisito, è così che noi italiani vogliamo il caffè: la bontà rac-chiusa in un chicco che arriva da zone lontanissime con un clima caldo umido, tipico della fascia equatoriale di Africa, Asia e America. Necessita infatti di una temperatura tra i 15° e i 25° e deve essere riparato dal vento. In Brasile, Colombia, Costa d’Avorio, Costa Rica è coltivato tra i 200 e i 1.900 metri di altitudine, mentre in Ecuador e Giamaica viene coltivato anche a 2.400 metri. Ultimo ma non meno gustoso il cacao, che in realtà è il seme contenuto all’interno del frutto dell’albero del cacao: anche lui è “ospite” della fascia tropicale, dove le regioni hanno clima caldo umido: Costa d’Avorio, Brasile, Ghana e Messico sono i maggiori produttori. Ne-cessita di una temperatura costante e piogge non eccessive: pur “amando” il caldo, teme però i raggi diretti del sole ed è per questo che viene fatto crescere all’ombra di alberi più alti come banani e palme.

Cacao preziosoGli Aztechi e i Maya apprezzavano tal-mente il cacao da utilizzarne i suoi semi come moneta di scambio. Una leggen-da azteca narra che il dio Quetzalcoatl donò il cacao agli uomini per poterne realizzare una bevanda che alleviasse le loro fatiche: veniva chiamata xocoatl e si preparava schiacciando semi di cacao con semi di altre piante. I Maya, invece, riservavano la “cioccolata” ai guerrieri, avendo consacrato il cacao a Ek Chuah, un dio munito di lancia e quindi belli-coso, protettore dei coltivatori di cacao.

Cacao prezioso

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Le grandipianuree il climatropicale…... vedono protagoni-sti ananas, banane

canna da zucchero e barbabietola. Gustosi e

profumati, ananas e banane sono ormai degli “ospiti fissi”

delle nostre tavole. Originario dell’America Latina, l’ananas preferisce climi tropicali

e subtropicali: la sua tempera-tura “ideale” è tra i 22° e i 30°, ama la luce. Grandi piantagioni sono lo-calizzate alle Hawaii, in America Latina, a Cuba e in Florida. La banana è il frutto della pianta del banano. Il banano viene coltivato e fruttifica nei Paesi con clima tropicale del Centroamerica, Sud-Est asiatico e Africa tropicale. È il frutto più consumato al mondo e con il termine “banana republic” si identificano spesso Costa Rica, Honduras e Panama, i tre Stati la cui economia è guidata dal commercio di questi gustosi frutti. Ma l’America centrale e meridionale, nonché l’Asia, con il loro clima caldo-umido, sono il luogo ideale anche per la canna da zucchero da cui si ricava, come indica il nome, lo zucchero di canna.

Un ananas in classeNon siamo in America Latina o in Oriente ma non per questo non possiamo “coltivare” un ananas (o un avocado) in classe! Basta pochissimo materiale: un ciuffo d’ananas, un seme di avocado (grosso e nero, che troviamo proprio al centro del frutto), un vasetto in vetro, vasi in coccio e un po’ di terra. Per l’ananas: fate asciugare ben bene la base del ciuffo d’ananas (almeno per 5/6 giorni) e poi appoggiatelo (non interratelo) sul terriccio umido con cui avrete riempito il vaso. Ponetelo in luogo luminoso e con una temperatura di 20/23°: in breve tempo appariranno le radici e nascerà una nuova piantina. Per l’avocado: lavate il grosso seme e appoggiatelo a punta in su nell’acqua. Dopo pochi giorni spunteranno le prime radici: a questo punto è pronto per essere trapiantato in un vaso con del terriccio che dovrà essere mantenuto sempre umido. Ben presto dal seme spunterà un giovane germoglio che diventerà una piantina dalle foglie lanceolate e di un bel verde brillante!

Mosaici curiosiTutti sanno che l’ananas venne portato in Europa dalla lontana America del Sud dopo i viaggi di Cristoforo Colombo. Cosa ci fa allora un ananas in un cesto di frutta “ritratto” in un mosaico di epoca romana del I secolo d.C. conservato al Museo Nazionale Romano? È un bel mistero, visto che la sua riproduzione non può dare adito a dubbi o errori: uguali sono il colore, la caratteristica infiorescenza (il famoso ciuffo) e anche le scaglie.

Un ananas in classe

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NON SOLO AGRICOLTURA

Allevare è…… avere a disposizione grandi spazi, ottimo foraggio, granaglie e acqua. Due delle principali fonti di proteine dell’alimentazione umana sono la carne (di origine bovina, ovina, caprina e suina) e il latte con i formaggi, suoi derivati. Avendo un’unica “origine” (solo i maiali non fanno un latte utilizzato per l’alimentazione umana), le due cose, si capisce, vanno spesso di pari passo. Per quanto riguarda gli animali da carne e da latte, le grandi pianure dal clima temperato sono il posto ideale per allevarli all’aperto, con grande beneficio in primo luogo per gli animali, che non sono costretti in spazi angusti e di conseguenza hanno minor rischio di ammalarsi, ma anche per la qualità della carne e del latte, decisamente migliore. Grandi pascoli forniscono erba sempre fresca e gli animali possono muoversi come facevano una volta i loro “antenati”. Troveremo quindi grandi allevamenti negli Stati Uniti in Texas e a ridosso delle catene occidentali, dove le praterie sono sconfinate e a nord-est, a ridosso dei monti Appalachi e della regione dei Grandi Laghi ma anche nella pampa, cioè quella vasta pianura che si estende tra Argentina, Uruguay e la parte sud del Brasile. L’Australia e la Nuova Zelanda sono invece famose in tutto il mondo per i loro allevamenti di pecore (pare che siano più di 100 milioni di capi!) che for-niscono una delle lane più pregiate al mondo, la merino.

Un mare di risorseFresco, congelato o inscatolato, il pesce sulle nostre tavole sta vivendo una “seconda giovinezza” grazie alla sua bontà e alla ricchezza di sostanze benefiche come gli omega 3. Ma quali sono le zone più pescose del pianeta? È qui che entrano in gioco le correnti oceaniche che abbia-mo già imparato a conoscere: la pesca è più abbondante in prossimità dei mari freddi o dove scorrono correnti superficiali fredde. Il perché è presto

Quasi sempre recandoci in pescheria o al supermercato non facciamo caso a quanto riportato sui cartellini o sulle etichette delle confezioni di pesce. Ma se ci soffermassimo, noteremmo che non ci sono solo la sua denominazione commerciale, se pescato o allevato, il prezzo, l’indicazione se fresco o decon-gelato: abitualmente ci sono dei numeri che indicano la zona di pesca e quindi di provenienza. È stata la FAO (acronimo di Food and Agriculture Organization of the United Nations, cioè Organizzazio-ne delle Nazioni Unite per l’Alimenta-zione e l’Agricoltura) che... ha dato i nu-meri! Ha infatti suddiviso i grandi mari e oceani del mondo in diverse zone di “cattura”, attribuendo a ciascuna un numero identificativo in base al quale è possibile rintracciare l’esatta area di provenienza del pesce. Ad esempio, l’o-ceano Indiano è identificato con i nume-ri 51 e 57 mentre l’Oceano Pacifico con 61, 67, 71, 77, 81 e 87. Portate in classe le etichette/cartellini applicati sulle va-schette di pesce e provate a “leggerli” insieme: sicuramente diventerà un inte-ressante “giro del mondo in 80... pesci”!

Tutti i numeri del pesce

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detto: l’ossigeno, a temperature più basse, aumenta, favorendo la vita negli oceani. Le zone più pescose del mondo sono localizzate quindi:- nell’oceano Pacifico vicino alle coste del Giappone e della Siberia orientale, di Canada ed Alaska, e lungo le coste del Cile e del Perú. Il Giap-pone, primo produttore di pesce al mondo, deve la pescosità delle sue ac-que “all’incontro” nella baia di Tokyo tra la calda corrente di Kuroshio e la fredda Oyashio: la combinazione di acqua calda e fredda, ricca di ossigeno, favorisce lo sviluppo del plancton, principale alimento di moltissime varietà di pesce. Lungo le coste dell’Alaska, tra le più pulite al mondo, troviamo la corrente fredda delle Aleutine, che crea l’habitat ideale per i pesci selvaggi come salmoni e pollock mentre le coste occidentali di Cile e Perú, lambite dalla fredda corrente di Humboldt, sono il regno della famosa anchoveta, la sardina. - nell’oceano Atlantico lungo le coste canadesi tra i bassi fondali dei Grandi Banchi di Terranova e il Labrador, dove l’incrocio tra la calda cor-rente del Golfo e la fredda corrente del Labrador solleva dal fondale sostanze nutrienti che attirano enormi banchi di pesce. Ultima ma non meno importante la Norvegia, la cui pescosità è data dall’essere lambita dalla calda corrente del Golfo che, da gennaio a marzo, dà il via alla grande stagione di pesca del merluzzo, familiarmente definito “manzo di mare”.

A caccia di minierePiccole o grandi, le miniere sono da sempre ricche di fascino specialmente per chi, come noi, ... non ci deve lavorare in condizione estreme e proibitive. Nel buio della miniera e nelle profondità della Terra si può trovare di tutto, dai pipistrelli al... filone d’oro. La miniera più famosa al mondo è sicuramente quella di Chuquicamata, in Cile: a cielo aperto e dalla forma ellittica, è profonda 1.000 metri e la sua estensione è di 4,5 km x 2,5 km! Anche in Italia ci sono delle miniere ancora in attività: provate insieme a scoprire in quali regioni siano e cosa vi viene estratto. Un piccolo aiuto: le regioni più ricche di miniere sono la Sicilia e la Sardegna, ma ci sono attività estrattive anche in Piemonte, Lombardia, Toscana e Val d’Aosta.

Antiche miniereLa più antica miniera conosciuta si chiama “Grotta del Leone”, è nel Re-gno dello Swaziland, una piccola nazio-ne dell’Africa del Sud e 43.000 anni fa gli uomini del Paleolitico vi estraeva-no l’ematite, un minerale ferroso che, macinato, veniva utilizzato per realiz-zarne un pigmento rosso. Ben più a Nord, nella penisola del Sinai e nella miniera di Wady Maghareh, gli antichi egizi estraevano il turchese, che veniva anche “scavato” nella miniere preisto-riche di Mount Chalchihuitl vicino a Cerrillos nel New Mexico e di Hachita ed Orogrande nel sud del New Me-xico e utilizzato per realizzare manu-fatti preziosi dalle popolazioni di nativi americani Pueblo e Navajo.

A caccia di minierePiccole o grandi, le miniere sono da sempre ricche di fascino specialmente

meno importante la Norvegia, la cui pescosità è data dall’essere lambita dalla calda corrente del Golfo che, da gennaio a marzo, dà il via alla grande stagione di pesca del merluzzo, familiarmente definito “manzo di mare”.

ancora in attività: provate insieme a scoprire in quali regioni siano e cosa vi viene estratto. Un piccolo aiuto: le regioni più ricche di miniere sono la Sicilia e la Sardegna, ma ci sono attività estrattive anche in Piemonte, Lombardia, Toscana e Val d’Aosta.

E sotto in nostri piedi cosa si nasconde?Le ricchezze del sottosuolo si sono formate nell’arco di milioni di anni: sedimenti, detriti, eruzioni, hanno “costruito” i materiali che oggi l’uomo ricerca, estrae e commercia. Il “primato” di ricchezza del sottosuolo va si-curamente all’Africa, forse per “bilanciare” la povertà delle risorse della sua superficie penalizzate dalle condizioni climatiche estreme. In tutte le sue regioni si trovano materiali ferrosi mentre tre quarti dell’oro mondiale proviene dal Sudafrica, come diamanti, cromo, amianto, carbone. Il 20% delle riserve mondiali di rame sono concentrate in Zambia mentre in Congo troviamo cobalto, piombo e zinco. L’Africa, inoltre, è ricchis-sima di idrocarburi (petrolio e metano): in tempi antichissimi i fondali che costituivano antichi mari o laghi ricevevano un continuo apporto di detriti e di sostanza organica da parte dei fiumi: queste sostanze, in assen-za di ossigeno (e con un tempo a disposizione che va da 10 a 100 milioni di anni) “maturano” trasformandosi in idrocarburi; li troviamo quindi nei bacini centroafricani del delta del Niger e del Congo. Ma è nelle aree in cui due placche continentali si “scontrano”, formando catene montuose, che troviamo i giacimenti più grandi: nel Medioriente, nel Nordafrica, in Sudan, in Venezuela e nel grande bacino della Siberia occidentale.

Antiche miniereLa più antica miniera conosciuta si

Famosa in tutto il mondo per le sue bellezze naturali, artistiche e per la varietà della sua dieta mediterranea, l’Italia è in una “situazione privilegiata” per quanto riguarda le caratteristiche fisiche del suo territorio e il cli-ma. “Incoronata” dal marrone scuro delle Alpi e attraversata per tutta la sua “lunghezza” dagli Appennini, è un’apoteosi di “verdi” pianure dove abbondano cereali, ortaggi e frutta. Se per tutte queste “verdi pianure” dobbiamo “ringraziare” glaciazioni e fiumi, è solo all’abilità e alla genialità degli italiani, nonché al favorevole clima mediterraneo, che dobbiamo la varietà e la ricchezza delle nostre risorse. L’agricoltura, per esempio: tutti gli ortaggi, nessuno escluso, possono essere e sono coltivati nel nostro Paese. Peperoni, cavolfiori, patate, zucchine,

spinaci, legumi crescono grazie ai caldi raggi del “nostro” sole, quello stesso sole che fa maturare le succose pesche in Romagna, le dolci arance in Sicilia e, perché no, gli esotici

kiwi tra le colline moreniche del lago di Garda. E che dire delle immense distese di spighe punteggiate dalle rosse corolle dei papaveri (che hanno valso, per esempio, alla

provincia di Foggia il soprannome di “granaio d’Italia”) da cui si ricava la farina di grano duro utilizzata per fare pane e pasta, da “condire” magari con l’olio fragrante delle “terraz-

ze” liguri o col dolce pomodoro di Pachino? Se l’agricoltura ci dà grandi soddisfazioni, compresa quella di coltivare al Nord, senza “essere agevolati” dal clima monsonico,

anche risi pregiati, la pesca non è da meno: le calde acque del Mediterraneo che lambiscono i 7.500 kilometri delle nostre coste sono l’habitat ideale di

pesci, crostacei e molluschi che, pescati da paranze e piccoli pescherec-ci, arrivano freschi ogni giorno sulle nostre tavole. E per finire, largo

a carni e formaggi: la Pianura Padana è il “regno” degli allevamenti suini e bovini da cui, con maestria, tradizione e tanta passione si ricavano gustosi salumi e l’inimitabile Parmigiano, che contende lo

scettro di “più buono d’Italia” alla dolce mozzarella. Non basterebbe un’enciclopedia per descrivere le risorse (e bontà) della nostra bella

Italia. A voi il compito di scoprirle e di saperle apprezzare... con il cuore.

TUTTI I COLORI DELL’ITALIA

Se alziamo gi occhi al cielo non li vediamo ma sopra le nostre te-ste orbitano decine di satelliti. I loro utilizzi sono molteplici: dalle telecomincazioni alla sicurezza mondiale, dalle osservazioni della tettonica al monitoraggio delle attività vulcaniche, questi strumenti tecnologici sono sempre più preziosi. Negli ultimi anni, però, sono diventati anche dei validi e preziosi alleati per quei popoli la cui prin-cipale risorsa è il riso. Avere informazioni aggiornate sulla crescita delle piantine permette loro di piantare le varietà più adatte nel corso della stagione, utilizzando la terra in modo più “intelligente”. Le immagini radar, infatti, possono mostrare con precisione le di-verse fasi di crescita del riso. Ma come “funziona”? È presto detto: il radar del satellite emette un segnale che, “rimbalzando” contro una superficie (nel nostro caso la risaia), viene riflesso. Il satellite capta l’eco di questo raggio riflesso, eco che cambia con il mutare de-gli ostacoli che incontra. La registrazione delle variazioni di segnale permette al radar di ricostruire un’immagine delle superficie presa in esame: semplificando, misura “dall’alto” le piantine!

CHE IL CIELO CI AIUTI

mediterraneo, che dobbiamo la varietà e la ricchezza delle nostre risorse. L’agricoltura, per esempio: tutti gli ortaggi, nessuno escluso, possono essere e sono coltivati nel nostro Paese. Peperoni, cavolfiori, patate, zucchine,

spinaci, legumi crescono grazie ai caldi raggi del “nostro” sole, quello stesso sole che fa maturare le succose pesche in Romagna, le dolci arance in Sicilia e, perché no, gli esotici

kiwi tra le colline moreniche del lago di Garda. E che dire delle immense distese di spighe punteggiate dalle rosse corolle dei papaveri (che hanno valso, per esempio, alla

provincia di Foggia il soprannome di “granaio d’Italia”) da cui si ricava la farina di grano duro utilizzata per fare pane e pasta, da “condire” magari con l’olio fragrante delle “terraz

ze” liguri o col dolce pomodoro di Pachino? Se l’agricoltura ci dà grandi soddisfazioni, compresa quella di coltivare al Nord, senza “essere agevolati” dal clima monsonico,

anche risi pregiati, la pesca non è da meno: le calde acque del Mediterraneo che lambiscono i 7.500 kilometri delle nostre coste sono l’habitat ideale di

pesci, crostacei e molluschi che, pescati da paranze e piccoli pescherecci, arrivano freschi ogni giorno sulle nostre tavole. E per finire, largo

a carni e formaggi: la Pianura Padana è il “regno” degli allevamenti suini e bovini da cui, con maestria, tradizione e tanta passione si ricavano gustosi salumi e l’inimitabile Parmigiano, che contende lo

scettro di “più buono d’Italia” alla dolce mozzarella. Non basterebbe un’enciclopedia per descrivere le risorse (e bontà) della nostra bella

Italia. A voi il compito di scoprirle e di saperle apprezzare... con il cuore.

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