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1 La legge 6 novembre 2012, n. 190 ed i provvedimenti attuativi Sommario 1 – Premesse Parte prima 2 - La Legge 190/2012 ( all’origine del c.d. “Pacchetto 190”) 3 – Il D.lgs. 235/2012 ( Divieto di ricoprire cariche) 4 – La Circolare n. 1/2013 Patroni Griffi ( Prevenzione della corruzione) 5 – Il D.Lgs. 33/ 2013 ( Accesso ai documenti amministrativi - Trasparenza) 6 – La Circolare n. 2/ 2013 D’Alia ( Trasparenza 1- Sistema sanzionatorio) 7– Il D.Lgs. 39/2013 (Inconferibilità ed incompatibilità in materia di incarichi) 8 – Il DPR 62/2013 ( Codice di comportamento) 9 – Il DPCM 18 aprile 2013 (White List) 10 - La Direttiva ministeriale dell’Azionista MEF ( Nomine alle cariche sociali) 11– Le linee di indirizzo ed il Piano Nazionale Anticorruzione 12 – Rapporti e Relazioni ANAC 13 – La Circolare n. 1/2014 D’Alia ( Trasparenza 2 – Enti economici e società controllate e partecipate) Parte seconda 14 – ANAC e MPAS/DFP (I rispettivi ruoli ) 15 – L’Organismo indipendente di valutazione 16 – Il Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione 17 – Il piano triennale per la prevenzione della corruzione 18 – La formazione “domestica” Parte terza Allegato n.1/ a : La Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 Allegato n.1/ b: La Convenzione ONU ( Mérida) sulla corruzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 Allegato n. 2: La responsabilità amministrative degli enti (il D.Lgs.231 /2001, esperienze e giurisprudenza ) Allegato n. 3 : La ” Riforma Brunetta” ( D.Lgs. 150/2009) Allegato n. 4 : Norme di diritto penale sostanziale nella L.190/2012 Allegato n. 5: Bibliografia e siti internet *Ispettore Generale Capo di Finanza a r. – Ragioneria Generale dello Stato – Ministero dell’Economia e delle Finanze. 1 – Premesse

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La legge 6 novembre 2012, n. 190 ed i provvedimenti attuativi

Sommario 1 – Premesse Parte prima 2 - La Legge 190/2012 ( all’origine del c.d. “Pacchetto 190”) 3 – Il D.lgs. 235/2012 ( Divieto di ricoprire cariche) 4 – La Circolare n. 1/2013 Patroni Griffi ( Prevenzione della corruzione) 5 – Il D.Lgs. 33/ 2013 ( Accesso ai documenti amministrativi - Trasparenza) 6 – La Circolare n. 2/ 2013 D’Alia ( Trasparenza 1- Sistema sanzionatorio) 7– Il D.Lgs. 39/2013 (Inconferibilità ed incompatibilità in materia di incarichi) 8 – Il DPR 62/2013 ( Codice di comportamento) 9 – Il DPCM 18 aprile 2013 (White List) 10 - La Direttiva ministeriale dell’Azionista MEF ( Nomine alle cariche sociali) 11– Le linee di indirizzo ed il Piano Nazionale Anticorruzione 12 – Rapporti e Relazioni ANAC 13 – La Circolare n. 1/2014 D’Alia ( Trasparenza 2 – Enti economici e società controllate e partecipate) Parte seconda 14 – ANAC e MPAS/DFP (I rispettivi ruoli ) 15 – L’Organismo indipendente di valutazione 16 – Il Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione 17 – Il piano triennale per la prevenzione della corruzione 18 – La formazione “domestica” Parte terza Allegato n.1/ a : La Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 Allegato n.1/ b: La Convenzione ONU ( Mérida) sulla corruzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 Allegato n. 2: La responsabilità amministrative degli enti (il D.Lgs.231 /2001, esperienze e giurisprudenza ) Allegato n. 3 : La ” Riforma Brunetta” ( D.Lgs. 150/2009) Allegato n. 4 : Norme di diritto penale sostanziale nella L.190/2012 Allegato n. 5: Bibliografia e siti internet

*Ispettore Generale Capo di Finanza a r. – Ragioneria Generale dello Stato – Ministero dell’Economia e delle Finanze.

1 – Premesse

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1.1 - Le considerazioni che seguono riguardano alcuni possibili risvolti del c.d. “Pacchetto 190” 1 ( in seguito anche “Pacchetto”) sull’organizzazione interna delle pubbliche Amministrazioni di cui all’art.1, co 2. del D.Lgs 165/2001 e delle Società in controllo pubblico prevalentemente anche se non esclusivamente nell’ottica del diritto amministrativo e della governance aziendale, con qualche approfondimento in tema di fattispecie penali

- la Prima Parte del presente appunto illustra, sinteticamente, il susseguirsi per circa 17 mesi dei provvedimenti di carattere regolatorio e dei documenti ufficiali inerenti e conseguenti all’entrata in vigore della Legge 190/2012 ( 28 novembre 2012), seguendone la cronologia sino al 22 aprile 2014, data sotto la quale i componenti dell’Autorità nazionale Anticorruzione ( di seguito ANAC o Autorità 2) hanno rimesso il mandato al Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione ( di seguito MPAS)

- la Seconda Parte approfondisce l’esame di alcuni aspetti cruciali della Legge 190/2012 nell’ottica dei principali soggetti del “Pacchetto”.

- La Terza Parte concerne prevalentemente la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (di seguito:” Strasburgo”) e la Convenzione ONU sulla corruzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 (di seguito:” Mérida”)

- al fine di rendere il più possibile oggettiva l’esposizione dei temi ed offrire allo stesso tempo puntuali elementi di riferimento per quanti sono tenuti ad agire nell’ambito di un sistema normativo e regolatorio particolarmente complesso, nel testo vengono frequentemente riportati stralci di norme primarie e disposizioni regolatorie

                                                                                                                           

1    Sotto  tale  espressione,  in  questo  appunto,    si  riconducono    le  disposizioni  normative  primarie  e  non  primarie    recate  dalla  Legge  190/2012,  dai  Decreti  Legislativi  che  in  quella  trovano  la  propria  fonte    di  delega  e  da  atti  di  regolazione  a  quelli  riferibili,  limitatamente  alle  attività  anticorruzione,  alla  trasparenza,  al  divieto  di  ricoprire  cariche,  nonché  alla  inconferibilità  ed  incompatibilità  in  materia  di  incarichi  nelle  pubbliche  Amministrazioni.  2 La  nuova  Autorità  si  aggiunge  alle  preesistenti:    Agenzia  nazionale  di  valutazione  del  sistema  universitario  e  della  ricerca  -­‐  ANVUR    Autorità  garante  per  l’infanzia  e  l’adolescenza    Autorità  garante  della  concorrenza  e  del  mercato  -­‐  AGCM    (  c.d.  “Antitrust”)  Autorità  per  la  vigilanza  sui  contratti  pubblici  di  lavori,  servizi  e  forniture  -­‐  AVCP    Autorità  per  le  garanzie  nelle  comunicazioni  -­‐  AGCOM    Autorità  per  l'energia  elettrica  e  il  gas  -­‐  AEEG    Commissione  di  garanzia  per  l'attuazione  della  legge  sullo  sciopero  nei  servizi  pubblici  essenziali    Garante  per  la  protezione  dei  dati  personali  Banca  d’Italia  per  gli  Istituti  di  credito    

 

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- La caratteristica costante delle disposizioni del “Pacchetto” risiede nella statuizione

dell’invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica che impone un pesante vincolo all’attuazione delle disposizioni in rassegna, stante la mancanza di un finanziamento ad hoc nella Legge e nei decreti attuativi.

1.2 - La Legge 241/1990 (“ Da sudditi a cittadini”) Non si può non accennare da subito, in sede di premesse, alla nota Legge 7 agosto 1990, n. 241, ed in particolare al suo Capo V in tema di “ Accesso ai documenti amministrativi”, al successivo Regolamento sulla disciplina dell’accesso medesimo ( DPR 12 aprile 2006, n.184) nonché, per quanto riguarda il tema dei Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture ( di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, di seguito: Codice appalti), all’art. 13 in tema di accesso agli atti e divieti di divulgazione integrante – nella specifica materia – la Legge 241/1990.

1.3 - Il D.Lgs. 231/ 2001 ( La responsabilità amministrativa degli enti collettivi) Nell’allegato 2 vengono formulate considerazioni più approfondite sulla sopra riportata Legge Delegata, attese le strette connessioni di alcune parti di essa con parti del “Pacchetto” che rendono il D. Lgs. 231/2001 ed il conseguente “ Sistema 231/2001” prezioso punto di riferimento grazie alle esperienze maturate nel suo ambito e, soprattutto, per l’ormai copiosa e matura giurisprudenza che lo contraddistingue.

1.4 – Il D.Lgs. 165/ 2009 ( “ Riforma Brunetta”) come per il precedente allegato, vengono formulate considerazioni più approfondite sulla normativa delegata di che trattasi la quale, per molti versi, si colloca “ a monte” del “Pacchetto”.

PARTE PRIMA

2 - La Legge 190/2012 ( all’origine del c.d. “Pacchetto 190 ”)

(Legge 6 novembre 2012, n. 190)

Dopo un iter molto travagliato 3 la Legge – sostanzialmente composta da un solo articolo comprendente ben 83 variegati commi che si susseguono tra loro affastellati senza soluzione

                                                                                                                           

3  L’  iter  dell’originario  Disegno  di  legge  –  iniziato  il  4  maggio  2010  –  è  proseguito  per  oltre  due  anni,  pervenendo    alla  sua    conclusione  con  un  voto  di  fiducia  nella  seconda  metà  dell’anno  2012.  Nei  diversi  passaggi  parlamentari  l’originaria  impostazione  ha  subito  profonde  modificazioni,  via  via  arricchendosi  di  ulteriori  e  variegate  misure.  

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di continuità – si presenta come un contenitore di riforme che investono diverse branche del diritto amministrativo alla luce sia di norme di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., sia di quello penale 4, introducendo, anche per il tramite delle successive norme delegate, istituti giuridici fortemente innovativi per l’Ordinamento italiano in tema di pubbliche Amministrazioni. In tutte le parti che compongono il “Pacchetto” viene costantemente ribadito che dall’attuazione della Legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L’art. 1 al co. 1 cita come incipit gli artt. 20 e 21 di “Strasburgo” e 6 di “Mérida” incentrati sul tema della prevenzione della corruzione al fine di individuare, in ambito nazionale, un’Autorità e gli altri organi incaricati di svolgere , tra loro coordinati, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica Amministrazione.

Dunque, il “Pacchetto” intende aggiornare, integrare e completare la normativa nazionale in materia di corruzione alle Convenzioni internazionali sopra riportate, ratificate con le Leggi 116/2009 (“Mérida”) e 110/2012 (“Strasburgo”).

L’ANAC in un recente (6 febbraio 2014) comunicato stampa concernente “Precisazioni su rapporto corruzione in Italia” (V. www.anticorruzione.it ed il paragrafo 12.4 del presente appunto) rileva quanto segue.

“La legge 190 e i successivi decreti legislativi hanno rappresentato un significativo passo in avanti riguardo alla prevenzione della corruzione, ma, ad avviso dell’A.N.AC., questi provvedimenti soffrono di alcune problematicità:

a) una ambigua definizione dell’ambito soggettivo che rischia di lasciare fuori dal perimetro degli interventi parti essenziali del settore pubblico come le società partecipate o le fondazioni;

b) un regime delle incompatibilità molto meno stringente per il livello statale rispetto a quello regionale e locale;

c) la previsione di moltissimi adempimenti posti in modo indifferenziato su una numerosissima platea di soggetti pubblici che rendono problematica sia la loro attuazione sia il loro controllo. A ciò si sono aggiunti nel corso del 2013 alcuni provvedimenti normativi che hanno attenuato la portata delle misure adottate, in quanto con la legge n. 98/2013 si è previsto che il regime delle incompatibilità si applichi solo agli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2013, facendo quindi salvi tutti quelli in essere. Nel contempo, la legge n. 147/2013 ha escluso dalla disciplina della trasparenza tutti i soggetti pubblici che operano nel settore fiscale e della gestione del patrimonio immobiliare pubblico.”

L’Autorità, poi, ribadisce : “ la sproporzione tra gli obiettivi assegnati dal Legislatore all’Autorità e i mezzi a sua disposizione”.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      

Il  testo  della  legge  approvato  dalla  Camera  il  14  giugno  2012  era  composto  da  27  articoli,  ma  durante  l’esame  al  Senato  ,  a  seguito  di  un  maxiemendamento  governativo,    i  primi  26  articoli  furono  accorpati  in  un  articolo  unico  composto  da  83  commi.  4  Le  norme  di  diritto  penale  sostanziale  e  sul  D.Lgs.  231/2001  si  rinvengono  nei    co.  da  75  a  83  (  V.  l’allegato  4)  dell’articolo  1  che  è  il  vero  contenitore  delle  novelle,  essendo  il  successivo  art.  2  dedicato  unicamente  a  ribadire  che  dall’attuazione  della  Legge    non  devono  derivare  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza  pubblica  (  c.d.  “  clausola  di  invarianza”).  

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Nel documento “ Problemi aperti” del 15 aprile 2014 (V. www.anticorruzione.it ed il seguente par. 12.5) l’ANAC approfondisce il tema del “Pacchetto” nei confronti della vasta categoria delle Società in controllo pubblico, osservando, tra l’altro, quanto segue.

“Attenzione particolare merita il problema dell’applicazione della normativa in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione alle società partecipate da Pubbliche Amministrazioni o in controllo pubblico. In generale, vanno chiariti i profili di applicazione della l. 190/2012, stante la genericità delle previsioni normative al riguardo, e i continui tentativi, promossi da più parti, per rimanere al di fuori dell’ambito di applicazione. E’ indicativo, al riguardo, il ricorso straordinario presentato dalla SEA Spa per l’annullamento del Piano Nazionale Anticorruzione nella sua interezza o, in subordine, nelle parti in cui indica le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni o da queste controllate ex art. 2359 del Codice civile, non in house, quali destinatari dei suoi contenuti e di ogni altro atto o provvedimento presupposto non conosciuto. In proposito, come già comunicato al Ministro dell’epoca, per garantire la più ampia dialettica sull’argomento, l’Autorità ha invitato l’Avvocatura dello Stato a richiedere il passaggio alla sede giurisdizionale davanti al TAR del Lazio”.

3 – Il D.lgs. 235/2012 ( Divieto di ricoprire cariche)

( D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235)

Il Decreto, recante: “ Testo Unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche, etc.”, prevede, tra l’altro, numerose limitazioni in tema di cariche proprie delle Autonomie locali da parte di soggetti in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.

In particolare: quella di Presidente e componente del C.d’A dei Consorzi, dei Consigli e delle Giunte delle Unioni di Comuni, Consigliere di Amministrazione e Presidente delle Aziende speciali e delle Istituzioni di cui all’art. 114 del Testo unico sugli Enti locali - TUEL ( D.Lgs. 267/2000), di Presidente e Componente degli organi esecutivi delle Comunità montane, etc..

4 – La Circolare n. 1/ 2013 Patroni Griffi ( Prevenzione della corruzione)

( 25 gennaio 2013)

Reperibile nel sito www.funzionepubblica.gov.it è sostanzialmente tutta devoluta alla prima definizione delle linee applicative delle attività anticorruzione cui, ai sensi della nuova normativa, debbono attendere le pubbliche Amministrazioni.

Formali destinatari della Circolare sono gli Enti di cui al tassativo elenco recato dall’art.1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001; non si fa riferimento alcuno ad altri soggetti – come ad esempio le società private in controllo pubblico – né la Circolare fa riserva di emanare specifiche disposizioni in un tempo successivo.

Il documento contiene la fondamentale definizione del concetto di corruzione ai sensi della Legge 190/2012, declinandolo nel seguente modo:

“ Per quanto riguarda il campo di azione della legge e delle iniziative del Dipartimento della funzione pubblica, la legge non contiene una definizione della corruzione, che viene quindi data

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per presupposta. In questo contesto, il concetto di corruzione deve essere inteso in senso lato, come comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.

Le situazioni rilevanti sono, quindi evidentemente più ampie della fattispecie penalistica che, come noto, è disciplinata negli articoli 318, 319 e 319 ter 5, c.p. e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I 6, del codice penale, ma anche le situazioni in cui – a prescindere dalla rilevanza penale – venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite.”

Da quanto precede si evince la fondamentale differenza tra il “Sistema 231/2001” ( V. allegato n. 2) ed il “Pacchetto 190” entrambi ispirati da logiche squisitamente prevenzionali.

Il primo, infatti, è riferito alla prevenzione di ben individuati ( ancorché assai numerosi) “ reati presupposto” 7 mentre il “Pacchetto” – limitatamente ad una logica anticorruzione intesa in senso molto lato – mira a prevenire i malfunzionamenti dell’Amministrazione determinati dall’uso a fini privati delle funzioni attribuite al pubblico dipendente, quindi comportamenti anche non penalmente rilevanti.

E’ indubbio, per altri versi, che i due ordinamenti presentano significative aree comuni che saranno illustrate in seguito.

5 – Il D.Lgs. 33/ 2013 ( L’accesso ai documenti amministrativi - Trasparenza)

(D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33)

Come è noto, sin dall’entrata in vigore della citata Legge 241/1990 8 seguita, tra le altre, dal pure citato D.Lgs. 150/2009( V. allegato n.3) la trasparenza delle attività delle pubbliche Amministrazioni ha assunto anche il ruolo di strumento di lotta alla corruzione, trovando, nell’art. 1, co. 35 della Legge 190/2012, un’ampia delega per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e, soprattutto, quelli di diffusione delle informazioni da parte della pubbliche Amministrazioni medesime.

Da questo punto di vista il “Pacchetto” appare come una logica evoluzione della “ Riforma Brunetta”.

E’ seguito, quindi, il D. Lgs. 33/2013 che riserva particolare enfasi al tema della diffusione delle

informazioni che verrà trattato anche in altre parti del presente appunto.

                                                                                                                           

5  Concernenti,  rispettivamente,  la  Corruzione  per  l’esercizio  della  funzione,  la  Corruzione  per  un  atto  contrario  ai  doveri  d’ufficio  e  la  Corruzione  in  atti  giudiziari.  6  Parte  del  Libro  III  –  “  Dei  delitti  in  particolare”-­‐  ,  comprendente  il  citato  Titolo  II  –  “Dei  delitti  contro  la  Pubblica  Amministrazione”  –  il  cui  Capo  I  riguarda    i  ”  Delitti  dei  pubblici  ufficiali  contro  la  Pubblica  Amministrazione”.  7  Tassativamente  individuati  esclusivamente  da  norme  primarie:  per  l’elenco  aggiornato  V.  www.rivista231.it    8  Legge  che  già  riduceva  significativamente    gli  obblighi  di  riservatezza  (  segreto  di  ufficio)  che  gravavano  sul  pubblico  dipendente  ai  sensi  del  DPR  10  gennaio  1957,  n.  3.  

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Tenendo conto delle molteplici modifiche normative introdotte dalla L. 190/2012 ed in particolare dal D.Lgs. 33/2013, in data 4 luglio 2013, l’ANAC ha adottato una importante delibera – la n. 50/2013 - recante: “Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014 2016” ( in www.anticorruzione.it ) corredato da numerosi allegati recanti nuove e circostanziate indicazioni sulle modalità che gli enti soggetti al D.Lgs. 33/2013 debbono seguire nella predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità ( di seguito: PTTI ) relativo al triennio 2014 - 2016.

In particolare il paragrafo 4 della delibera illustra le peculiarità del diritto di accesso previsto dall’art. 5 del D.Lgs. che rappresenta l’elemento di punta del nuovo e ben più ampio concetto di trasparenza.

Particolarmente dettagliati ed utili al Responsabile della trasparenza sono i 5 allegati alla delibera in rassegna.

6 – La Circolare n. 2/ 2013 D’Alia ( Trasparenza 1- Sistema sanzionatorio)

( 19 luglio 2013)

Questa Circolare del MPAS pro tempore ( in www.funzionepubblica.gov.it ) , oltre che ai soggetti di cui all’art. 1, co. del D.Lgs. 165/2001, è indirizzata anche agli enti pubblici economici, alle Autorità amministrative indipendenti nonché alle società a partecipazione pubblica ed agli altri enti di diritto privato in controllo pubblico.

Essa prende le mosse dall’intervenuta approvazione del D. Lgs. 33/2013 il cui obiettivo “ è quello di realizzare lo strumento della trasparenza che rappresenta una misura fondamentale per la prevenzione della corruzione e riordinare in un unico corpo normativo le numerose disposizioni in materia di obblighi di trasparenza e pubblicità a carico delle pubbliche amministrazioni, standardizzando le modalità attuative della pubblicazione che avviene attraverso il sito istituzionale”.

La Circolare prosegue significando che: “Gli obblighi di pubblicazione sono rafforzati da un articolato sistema sanzionatorio che riguarda le persone fisiche inadempienti, gli enti e gli altri organismi destinatari e, in taluni casi, colpisce l’atto da pubblicare stabilendone l’inefficacia”.

Chiarisce, poi, il citato concetto di accesso civico, istituto caratterizzante il “Pacchetto” - ponendo in luce la sostanziale differenza con il diritto di accesso di cui all’art. 22 della Legge 241/1990 – ed illustra i compiti e le responsabilità del Responsabile della trasparenza oltre che i contenuti del PTTI 9.

Particolarmente circonstanziato è l’allegato che, in calce alla Circolare, reca l’indicazione delle eventuali sanzioni a carico di persone fisiche, Enti ed Organismi.

                                                                                                                           

9  Nel  paragrafo  1.5  della  Circolare  vengono    anche  illustrati  i  contenuti  della  “  Bussola  della  trasparenza”  (  V.  il  sito  www.magellanopa.it/bussola  )  

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7 – Il D.Lgs. 39/2013 ( Inconferibilità ed incompatibilità in materia di incarichi)

( D. Lgs. 8 aprile 2013, n. 39)

Adottato a norma dell’art. 1, co. 49 e 50 della Legge 190/2012 reca “ Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche Amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico”.

Gli artt. 1 e 2 del Decreto definiscono molto dettagliatamente i soggetti pubblici potenziali destinatari del Decreto, le tipologie di incarichi e cariche da esso disciplinate ed altre fattispecie.

Altrettanto dettagliate sono le ipotesi di inconferibiltà ed incompatiblità previste dagli articoli successivi.

Tutte queste disposizioni - che sviluppano un sistema a vocazione fortemente preventiva nei confronti di rischi genericamente definibili di “cattiva amministrazione” ( maladministration) non contengono disposizioni a carattere penale sostanziale.

E’ anche vero, peraltro, che il contrasto ai possibili fenomeni di “ cattiva amministrazione” di per sé può anche prevenire potenziali fenomeni penalmente rilevanti.

L’ANAC nel documento “Problemi aperti” del 15 aprile 2014 ( V. www.anticorruzione.it ed il seguente par. 12.5) al riguardo osserva quanto segue.

1. “L’art. 16, c. 3 del d. lgs. n. 39/2013 come modificato dal d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013, ha trasferito al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione le funzioni consultive relativamente al d.lgs. 39/2013, originariamente di competenza dell’Autorità. Di conseguenza, numerose questioni sollevate da pubbliche amministrazioni ed enti in ordine all’applicazione dell’art. 3 in tema di inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione sono in attesa da tempo di essere risolte con direttive o circolari del Ministro.

2. Sempre con riferimento al d. lgs. n. 39/2013, come già evidenziato nel Rapporto sul primo anno di attuazione della legge. n. 190/2012, sarebbe opportuno un intervento legislativo per risolvere l'asimmetria tra le situazioni di inconferibilità e incompatibilità previste per i dirigenti statali e quelli di amministrazioni regionali e locali e di società in controllo pubblico presenti nel d.lgs. n. 39/2013. Inoltre, va segnalato il diverso ambito di applicazione della disciplina del d.lgs. n. 39/2013 al presidente e ai componenti dei consigli di amministrazione degli enti e delle società privi di deleghe rispetto a quanto previsto dal d.lgs. n. 33/2013.”

8 – Il DPR 62/2013 ( Codice di comportamento)

( DPR 16 aprile 2013, n. 62)

Il documento – approvato con Decreto del Presidente della Repubblica - definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta cui sono tenuti i pubblici dipendenti

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integrando e rinnovando significativamente un precedente analogo provvedimento risalente al 28 novembre 2000, allora approvato con Decreto del Ministro per la Funzione Pubblica.

Con questo “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici” il “Pacchetto 190” trasferisce nello specifico ambito dei codici etici i princìpi contenuti nella Legge 190/2012.

Il 24 ottobre 2013 l’Autorità ha approvato la Delibera n. 75/2013 ( V. www.anticorruzione.it ) concernente l’approvazione delle Linee Guida in tema di redazione dei singoli Codici di comportamento che devono essere adottati dalle pubbliche Amministrazioni ai sensi dell’art. 54, co. 5 del D.Lgs. 165/2001 e del Codice generale di cui al sopra citato DPR. n. 62/2013.

9 – Il DPCM 18 aprile 2013 ( White List)

L’art. 1, co. da 52 a 57 della Legge, con riferimento alle attività imprenditoriali maggiormente esposte ai rischi di infiltrazioni mafiose, per così dire, “ rivisita” la tematica dell’istituzione e dell’aggiornamento – presso ciascuna Prefettura della Repubblica – dell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazioni mafiose.

Quanto precede nei limiti delle attività ritenute “ sensibili” ai sensi del co. 53, come il trasporto di materiali a discarica per conto di terzi, noli a freddo di macchinari, noli a caldo, etc. Allo stato le suddette attività sono nove, peraltro suscettibili, annualmente, di integrazioni mediante l’adozione di Decreti interministeriali.

Anche in questo caso un DPCM - adottato il 18 aprile 2013 ai sensi della Legge 190/2012 - recepisce i princìpi recati dalla Legge medesima.

10 - La Direttiva ministeriale dell’Azionista MEF

( 24 aprile 2013) Il sito www.mef.gov.it riporta una Direttiva del Ministro dell’Economia e delle Finanze al Direttore del Dipartimento del Tesoro che, per conto del Ministero, esercita i diritti dell’azionista nelle Società controllate dallo Stato. I contenuti del documento presentano spunti di interesse nel contesto del presente appunto. La Direttiva, tra l’altro, sancisce quanto segue: “ Alla luce dei recenti provvedimenti normativi che hanno dato rilievo alla necessità di garantire l’integrità degli esponenti del settore pubblico in senso ampio”……” si ritiene opportuno integrare gli strumenti ed i Modelli di governance già in essere nelle Società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze”. In tale ottica essa dispone che, in occasione dei rinnovi degli organi di amministrazione delle Società controllate, si deliberino modifiche statutarie in conformità al testo allegato alla Direttiva medesima che, qui di seguito, si riproduce.

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1. Costituisce causa di ineleggibilità o decadenza per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, dalle funzioni di amministratore l'emissione a suo carico (i) di una sentenza di condanna in primo grado per i reati non contravvenzionali previsti: a) dalle norme che disciplinano l'attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari, di strumenti di pagamento; b) dal titolo Xl del libro V del codice civile e dal regio decreto del 16 marzo 1942 n. 267; c) dalle norme che individuano i delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria; d) dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dagli articoli73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. 2. Costituisce altresì causa di ineleggibilità la notifica di un decreto che dispone il rinvio a giudizio, di un decreto di citazione diretta a giudizio, per i reati di cui al comma 1 lettere. a,b,c,d, o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale. 3. Gli amministratori che nel corso del mandato dovessero ricevere la notifica di un decreto che dispone il rinvio a giudizio, di un decreto di citazione diretta a giudizio, per i reati di cui al comma 1 lettere a,b,c,d, o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale, devono darne immediata comunicazione all'organo di amministrazione, con obbligo di riservatezza. Il consiglio di amministrazione verifica, nella prima riunione utile e comunque entro dieci giorni successivi alla conoscenza dell'emissione dei provvedimenti di cui al precedente paragrafo l'esistenza di una delle ipotesi ivi indicate e convoca, entro 15 giorni, l'assemblea al fine di deliberare in merito all'eventuale permanenza nella carica dell'amministratore, formulando al riguardo una proposta motivata che tenga conto di un possibile preminente interesse della società alla permanenza stessa dell'amministratore. Nel caso in cui l'assemblea non deliberi la permanenza dell'amministratore, quest'ultimo decade automatica niente dalla carica per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni. 4. Fermo restando quanto previsto dai precedenti commi, la decadenza automatica per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, dalle funzioni di amministratore si applica inoltre agli amministratori con deleghe operative nei cui confronti sia stata disposta una misura cautelare tale da rendere impossibile lo svolgimento delle deleghe”

Le modifiche statutarie dovranno essere apportate su conformi delibere delle competenti Assemblee degli azionisti.

11 – Le linee di indirizzo ed il Piano Nazionale Anticorruzione 11.1 Le linee di indirizzo Con DPCM 16 gennaio 2013 è stato costituito il Comitato interministeriale per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e dell’illegalità nella P.A. ( V. Art. 1, co. 4 della Legge 190/2012). In data 19 marzo 2013, ai sensi del detto comma, il Comitato ha elaborato ed adottato le Linee di indirizzo per la predisposizione, da parte del Dipartimento per la funzione pubblica (di seguito: DFP), del Piano Nazionale Anticorruzione (di seguito: PNA) pubblicato su www.funzionepubblica.gov.it Il documento concentra in poche pagine i concetti base sia per la redazione del PNA e dei successivi aggiornamenti, sia dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione ( di seguito: PTPC) da adottarsi da parte dei soggetti a ciò tenuti ai sensi della Legge 190/2012 ( V. il par.17).

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Si tratta, dunque, di un prezioso ausilio per coloro i quali debbono procedere alla predisposizione prima ed all’aggiornamento poi dei PTPC in quanto in esso, sia pure in sintesi, è rinvenibile la ratio della Legge ai fini che qui interessano. 11.2 Il Piano Nazionale Anticorrezione ( Delibera ANAC n. 72 dell’11 settembre 2013) Il PNA è lo strumento mediante il quale – a livello nazionale - si individuano le strategie prioritarie per la prevenzione della corruzione in ambito pubblico, da affinare nel tempo in relazione agli esiti accertati dalla loro applicazione. Il documento in rassegna consta di numerose parti e di sei allegati 10.

                                                                                                                           

10  Il  testo  del  PNA  utilizza  un  rilevante  numero  di  acronimi  che  per  comodità  del  lettore  si  riportano  qui  di  seguito  :  A.N.C.I.  Associazione  Nazionale  Comuni  Italiani  A.V.C.P.  Autorità  per  la  Vigilanza  sui  Contratti  Pubblici  di  Lavori,  Servizi  e  Forniture  C.I.V.I.T.  Commissione  Indipendente  per  la  Valutazione,  la  Trasparenza  e  l’Integrità  delle  Amministrazioni  Pubbliche  C.R.U.I.  Conferenza  dei  Rettori  dell’Università  Italiana  C.U.G.  Comitato  Unico  di  garanzia  D.F.P.  Dipartimento  della  Funzione  Pubblica  GR.E.C.O.  Group  of  States  against  corruption  (Consiglio  d’Europa)  I.R.G.  Implementation  Review  Group  per  l’implementazione  della  Conv.  –  O.N.U.  M.I.U.R.  Ministero  dell’Istruzione,  dell’Università  e  della  Ricerca  O.E.C.D.  Organisation  for  Economic  Co-­‐operation  and  Development  O.I.V.  Organismi  Indipendenti  di  Valutazione  della  performance  O.N.G.  Organizzazioni  Non  Governative  P.N.A.  Piano  Nazionale  Anticorruzione  P.P.  Piano  della  Performance  P.T.F.  Piano  Triennale  di  Formazione  P.T.P.C.  Piani  Triennale  di  Prevenzione  della  Corruzione  P.T.T.I.  Programma  Triennale  di  trasparenza  e  Integrità  S.S.N.  Servizio  Sanitario  Nazionale  S.N.A.  

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Qui di seguito si riportano stralci di parti del PNA che sono apparse molto significative con riferimento alle aziende private in controllo pubblico ( ministeriale in particolare) ove poste a confronto con gli obblighi recati dalla Legge 190/2012 e con le sopra richiamate linee di indirizzo dettate, ai sensi di legge, dal Comitato interministeriale. Altri stralci sono riportati nel seguente par.18 sulla formazione Pag. 12 del PNA in ordine ai destinatari del Piano: “I contenuti del presente P.N.A. sono inoltre rivolti agli enti pubblici economici (ivi comprese l’Agenzia del demanio e le autorità portuali), agli enti di diritto privato in controllo pubblico, alle società partecipate e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. per le parti in cui tali soggetti sono espressamente indicati come destinatari. Per enti di diritto privato in controllo pubblico si intendono le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni, sottoposti a controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”. Pag. 13 del PNA dove viene data una definizione di corruzione, ai sensi del Piano in rassegna, ben più ampia di quella rinvenibile nelle fattispecie strettamente penalistiche, incluse quelle recate dalla Legge 190/2012 (V. anche la Circolare 1/2013 nel par.4): “ 2.1 Definizione di corruzione Poiché il P.N.A. è uno strumento finalizzato alla prevenzione, il concetto di corruzione che viene preso a riferimento nel presente documento ha un’accezione ampia. Esso è comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite ovvero l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo”. Pagg. 33 e 34 del PNA in cui si fanno espressi riferimenti al D.Lgs. 231/2001:

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Scuola  Nazionale  di  Amministrazione  U.P.D.  Ufficio  Procedimenti  Disciplinari  U.P.I.  Unione  Province  Italiane  W.G.B.  Working  Group  on  Bribery    

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“Al fine di dare attuazione alle norme contenute nella l. n. 190/2012 gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o regionale/locale sono tenuti ad introdurre e ad implementare adeguate misure organizzative e gestionali. Per evitare inutili ridondanze qualora questi enti adottino già modelli di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n. 231 del 2001 nella propria azione di prevenzione della corruzione possono fare perno su essi, ma estendendone l’ambito di applicazione non solo ai reati contro la pubblica amministrazione previsti dalla l. n. 231 del 2001 ma anche a tutti quelli considerati nella l. n. 190 del 2012 , dal lato attivo e passivo, anche in relazione al tipo di attività svolto dall’ente (società strumentali/società di interesse generale). Tali parti dei modelli di organizzazione e gestione, integrate ai sensi della l. n. 190 del 2012 e denominate Piani di prevenzione della corruzione, debbono essere trasmessi alle amministrazioni pubbliche vigilanti ed essere pubblicati sul sito istituzionale.. Gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o regionale/locale devono, inoltre, nominare un responsabile per l’attuazione dei propri Piani di prevenzione della corruzione, che può essere individuato anche nell’organismo di vigilanza previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001, nonché definire nei propri modelli di organizzazione e gestione dei meccanismi di accountability che consentano ai cittadini di avere notizie in merito alle misure di prevenzione della corruzione adottate e alla loro attuazione. L’amministrazione che esercita la vigilanza verifica l’avvenuta introduzione dei modelli da parte dell’ente pubblico economico o dell’ente di diritto privato in controllo pubblico. L’amministrazione e l’ente vigilato organizzano un idoneo sistema informativo per monitorare l’attuazione delle misure sopra indicate. I sistemi di raccordo finalizzati a realizzare il flusso delle informazioni, compresa l’eventuale segnalazione di illeciti, con l’indicazione dei referenti sono definiti rispettivamente nel P.T.P.C. dell’amministrazione vigilante e nei Piani di prevenzione della corruzione predisposti dagli enti pubblici economici e dagli enti privati in controllo pubblico”.

12 – Rapporti e Relazioni ANAC

12.1 – L’ANAC come punto di approdo delle attività anticorruzione

Dal 31 ottobre 2013 la Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni Pubbliche ( di seguito: CIVIT) ha assunto la denominazione di “Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni” – ANAC ( art. 5, co. 3 del D.L. n.101/2013, conv., con modif. dalla L. 125/2013).

L’Autorità è organo collegiale composto dal Presidente e da quattro componenti e dura in carica sei anni senza possibilità di successiva conferma.

L’esame dei Rapporti e Relazioni che seguono presenta un notevole interesse in quanto pone in luce il “ prendere corpo” del “Pacchetto” e le criticità emerse in questa prima fase attuativa del nuovo e complesso ordinamento.

12.2 - Il Rapporto ANAC sul primo anno di attuazione della Legge 190/2012

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In data 30 dicembre 2013 l’ANAC ha pubblicato sul proprio sito istituzionale ( www.anticorruzione.it ) il testo del Rapporto sopra indicato preceduto da un comunicato stampa che ne riassume i tratti salienti.

Di tale Comunicato, ai fini del presente appunto, merita riportare i seguenti due punti. Essi sono:

-­‐ “ Il livello politico non ha mostrato particolare impegno nell’attuazione della legge. Nonostante i reiterati solleciti dell’Autorità, non tutti i Ministeri, gli enti pubblici nazionali, le Regioni, gli enti locali hanno nominato il Responsabile della prevenzione della corruzione, che pure svolge un ruolo cruciale per l’attuazione della normativa

-­‐ Molte amministrazioni hanno mostrato di volersi “ mettere in regola” con un approccio orientato più all’adempimento che al risultato, ma ci sono anche tentativi di elusione della legge da parte di soggetti che, con interpretazioni mirate, invocano presunte specificità per sottrarsi all’ambito applicativo della legge”.

La tendenza al volersi “mettere ( formalmente) in regola” è emersa, in tutti questi anni, anche nell’area degli enti collettivi interessati dal “ sistema 231/2001” e certificata dalla giurisprudenza via via formatasi.

Si tratta della fase successiva all’approvazione del Modello di Organizzazione, Gestione e controllo previsto dalla Legge delegata in rassegna ( di seguito: il Modello 231/2001) da parte di un ente collettivo - in qualche modo assimilabile al PTPC del “Pacchetto” - che spesso non registra i dovuti aggiornamenti del Modello medesimo in funzione dell’emergere di nuovi rischi, delle modifiche dell’organizzazione aziendale ovvero anche di novelle interessanti il “sistema 231/2001” .

In tal modo molto spesso il Modello resta un episodio isolato nella vita aziendale senza entrare nel DNA dell’ente collettivo che, pure. lo ha approvato ai massimi livelli.

Sovente, alla iniziale formazione dei soggetti interessati al “ sistema 231/2001– di portata generale e valida per qualunque tipo di ente collettivo – non segue quella “ calata” nella realtà aziendale cui il Modello è riferito ed al mutare nel tempo della realtà medesima; spesso la formazione assume le modalità della lezione ex cathedra e non cura il coinvolgimento del personale da formare.

Il Rapporto ANAC vero e proprio tratta tutte le varie tematiche; merita menzione, peraltro, una considerazione riportata a pag.32 del documento in rassegna, di seguito riportata: “L’Autorità, in una logica di gradualità, ha formulato una serie di osservazioni preliminari

all’approvazione della versione definitiva del Piano. In linea con queste osservazioni per quel che riguarda l’ambito soggettivo di applicazione, il

PNA prevede l’applicazione della legge n. 190/2012 anche agli enti pubblici economici e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, considerata la rilevanza di tali enti anche in termini di utilizzo di risorse pubbliche, sia pure con accorgimenti tali da evitare duplicazioni o sovrapposizioni con modelli di intervento già operanti, come quelli previsti

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dal d.lgs. n. 231/2001, che, ove già utilizzati, dovrebbero essere opportunamente integrati alla luce dei contenuti della legge n. 190/2012”.

Per quanto riguarda le Società private in controllo pubblico particolare interesse riveste l’Appendice n. 2 al Rapporto in rassegna, concernente: “Una prima ricognizione dei sistemi di analisi del rischio e delle problematiche della trasparenza nelle società in controllo pubblico” basate su un’indagine ANAC , così descritta: essa “ è stata condotta dall'A.N.AC. allo scopo di valutare le azioni intraprese da alcune società partecipate dalle amministrazioni pubbliche per dare attuazione alle disposizioni contenute nella legge n. 190/2012 e nel PNA. L'indagine è stata svolta nel periodo di ottobre-novembre 2013 con la tecnica del questionario auto-compilato predisposto dall’Autorità ed inviato tramite e-mail al rappresentante legale di 56 società partecipate di livello nazionale (10), regionale (22) e locale (24)”. In ordine all’attuazione delle disposizioni in rassegna, tra l’altro, il Rapporto segnala quanto segue: “L'attuazione della legge n. 190/2012 e del PNA Nel corso dell'indagine si sono analizzate le modalità di attuazione della legge n. 190/2012 considerando sia le iniziative già intraprese, sia le misure che le aziende partecipate intendono adottare nei prossimi mesi per la costruzione del PTPC in coerenza con quanto previsto dal

PNA.

Alcune società hanno manifestato dubbi sul fatto che a esse si applichino le disposizioni previste dal c. 1 al c. 14 dell'art. 1 della legge n. 190/2012 e, quindi, sulla necessità di predisporre il PTPC e di nominare il Responsabile per l’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, in base alle seguenti motivazioni: • espressa disposizione contenuta nel c. 34 dell'art. 1 della legge n. 190/2012 secondo cui le prescrizioni del PNA non si applicano alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e alle loro controllate ai sensi dell'art. 2359 del Codice civile; • applicabilità delle sole disposizioni dell’art. 1, cc. da 15 a 33, della legge n. 190/2012 (per le attività di pubblico interesse), e degli esoneri previsti per le società emittenti strumenti finanziari quotati.” Sul tema dei Modelli 231/2001 in essere presso le Società campionate, il Rapporto significa che:

“L'estensione dei modelli 231 per l'analisi dei rischi di corruzione previsti dalla legge n. 190/2012

Per quanto riguarda l’analisi dei rischi, emerge la tendenza ad adottare un modello 231"rafforzato" come opzione riconosciuta dal PNA.

In particolare. • il 90% circa delle società pensa di estendere l'analisi dei rischi già sviluppata per la

predisposizione del modello 231 ai fenomeni di corruzione e di concussione, nei quali i manager o i dipendenti della società partecipata potrebbero ricevere denaro o altra utilità per compiere un atto illecito che può arrecare un danno per il patrimonio o per l'immagine della società.

• tra queste, il 42% delle società pensa di sviluppare l'analisi dei rischi considerando non soltanto i reati di corruzione “passiva” ma tutti i delitti previsti nel Titolo II – Capo I del codice penale, facendovi così rientrare anche altre fattispecie di reati, come, ad esempio, il peculato, l'abuso di ufficio o la rivelazione di segreti di ufficio, che finiscono per avere un impatto negativo sui risultati o sulla reputazione dell'azienda”.

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Da ultimo mette conto riporta re talune considerazioni sull’identificazione del Responsabile anticorruzione nell’ambito delle Società campionate: “Un altro aspetto che è stato esaminato nel corso dell'indagine riguarda le decisioni in merito all'identificazione del Responsabile per l’attuazione del piano di prevenzione della corruzione.

Al riguardo prevale un atteggiamento attendista; la Figura A.2.4. ( non riportata qui di seguito n.d.r.) evidenzia, infatti, che quasi il 60% delle società che hanno adottato un modello 231 non ha ancora assunto alcuna decisione al riguardo, mentre le altre si dividono tra quelle che pensano di identificarlo con un dirigente e quelle che con elevata probabilità lo identificheranno con l'OdV nella sua collegialità”. 11

12. 3 –“ Precisazioni” su Rapporto corruzione in Italia In data 6 febbraio 2014 sul sito istituzionale di ANAC ( www.anticorruzione.it ) è stato pubblicato un comunicato stampa avente il titolo sopra riportato. Esso prende le mosse dal Rapporto Anticorruzione 2014 della Commissione europea (Commissario Affari interni Cecilia Malmstroem). Alcune delle considerazioni del comunicato – in stralcio - sono già state anticipate nel paragrafo 2 del presente appunto. Qui mette conto riportare il seguente passaggio: “la Commissione europea propone di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’Autorità Nazionale Anticorruzione”. L’evoluzione legislativa che si è registrata negli ultimi mesi va in una diversa direzione. Il ridimensionamento delle funzioni consultive dell’Autorità operato con il d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013, nei fatti ha ricondotto all’Esecutivo funzioni interpretative i cui contenuti potrebbero limitare l’esercizio della vigilanza, se non in sintonia con l’interpretazione dell’Autorità. La previsione di un parere obbligatorio ma non vincolante da parte dell’Autorità sulle direttive e circolari del Ministro fornisce una soluzione parziale al problema. Inoltre, va sottolineata la permanente situazione di incertezza nella quale l’Autorità si è trovata ad operare in conseguenza di provvedimenti intervenuti sulla sua organizzazione e composizione”. Altro passaggio significativo, sembra il seguente: “La Commissione europea osserva che la “Civit prevalentemente svolge una funzione reattiva piuttosto che proattiva”. La novità della legge n. 190 è quella di dare enfasi alla prevenzione della corruzione attraverso l’adozione e la realizzazione da parte delle amministrazioni di misure volte a prevenire il rischio che vanno integrate nell’organizzazione e nella gestione delle amministrazioni stesse. In questa prospettiva non è compito dell’A.N.AC. svolgere una funzione di carattere investigativo e repressivo che si sostanzierebbe in una sovrapposizione con l’azione giudiziaria. La missione è di limitare la frequenza e l’intensità della corruzione indirizzando i comportamenti delle amministrazioni attraverso la diffusione della trasparenza e delle regole di condotta e vigilando sulla loro applicazione effettiva, ma non di reprimere la corruzione laddove si manifesti”. 12.4 –“ Problemi aperti” in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione                                                                                                                            

11    L’OdV  –  Organismo  di  Vigilanza  –  è  un  organo  monocratico  o  collegiale  previsto  dal  sistema  231/2001,  dotato  di  indipendenza  e  professionalità  non  assimilabile    al  Responsabile  della  prevenzione  della  corruzione  (  V  par.  16)  con  qualche  punto  di  contatto  con  l’OIV  (  V.  par.  15).  

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In data 15 aprile 2014 l’ANAC ha trasmesso al MPAS un documento concernente i “Problemi aperti” sopra citati ( www.anticorruzione.it ). Di tale documento sono stati riportati stralci nei paragrafi 2 e 7 ed uno è riprodotto nel successivo paragrafo 13 cui si fa rinvio. 12.5 – La Relazione ANAC sull’attività svolta: 1 gennaio – 22 aprile 2014 In data 22 aprile i componenti dell’originaria CIVIT, divenuta, poi, ANAC, rimettevano al MPAS pro tempore il proprio mandato. Nell’occasione producevano la Relazione sull’attività svolta dall’inizio dell’anno sino alla data sopra riportata, pubblicata sul sito www.anticorruzione.it , non senza significare che le condizioni di incertezza istituzionale derivanti dalle previsioni contenute nella Legge 125/2013 12 riguardanti la decadenza anticipata dei componenti in carica ex CIVIT, così come i vincoli derivanti dalle limitate risorse disponibili avevano condizionato l’attività ANAC dei primi mesi del 2014 anche nel senso della presenza di difficoltà di adottare decisioni di lungo periodo.

13 – La Circolare n. 1/ 2014 ( Trasparenza 2 – Enti economici e società controllate e partecipate) Il documento in rassegna – pubblicato sul sito istituzionale del DFP www.funzionepubblica.gov.it – riprende il tema della trasparenza di cui alla precedente Circolare ministeriale 2/2013 ( V. paragrafo 6 ) con particolare riferimento all’ambito soggettivo ed oggettivo degli enti economici e delle società controllate e partecipate. L’ANAC nel già citato documento “Problemi aperti” ( V. par.12.4 ) ha osservato quanto segue. “Con riferimento alle società partecipate dalle P.A. o in controllo pubblico, alcuni aspetti della circolare n. 1/2014 “Ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle regole di trasparenza di cui alla legge 6 novembre 2012 n. 190 e al decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33: in particolare, gli enti economici e le società controllate e partecipate” destano preoccupazione in quanto forniscono un’interpretazione che limita l’ambito soggettivo di applicazione delle norme sulla trasparenza a un settore che, come testimoniato anche da recenti fatti di cronaca, dovrebbe essere, invece, oggetto di particolare attenzione nelle politiche di prevenzione. Alcuni di questi contenuti offrono interpretazioni difformi rispetto a posizioni già espresse dell’Autorità che sarebbe necessario approfondire in un apposito tavolo tecnico. Il superamento delle criticità rilevate è, infatti, presupposto indispensabile per l’attività di vigilanza dell’Autorità e per l’adozione dei provvedimenti previsti ai sensi della legge n. 190/2012, in particolare l’art. 1 c.3, e del decreto legislativo n. 33/2013. Nelle more della costituzione del tavolo tecnico, l’Autorità ha, quindi, deciso di sospendere i riscontri e i controlli sull’assolvimento degli obblighi di trasparenza da parte delle società partecipate al fine di non ingenerare ulteriori incertezze applicative.

                                                                                                                           

12  Ci  si  riferisce  al  D.L.  n.  101/2013  conv.,  con  modif.  dalla  L.  125/2013  (  facente  parte  del  “Pacchetto  190”)  che  modifica  l’originaria  composizione  dell’Autorità  elevando,  da  tre  a  cinque  il  numero  dei  componenti  e  prevedendo  che  il  Presidente  non  sia  più  eletto  dagli  stessi  componenti  dell’ANAC,  ma  nominato  mediante  procedura  ad  hoc.  

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Proprio l'esperienza maturata con riferimento alla circolare prima richiamata, dei cui contenuti l'Autorità è venuta a conoscenza solo con la pubblicazione sul sito istituzionale del Ministero, mette in evidenza la necessità di definire modalità di coordinamento tra le attività del Ministero e l'A.N.AC, naturalmente nel rispetto delle prerogative di ciascuno. Tale coordinamento è necessario per l'efficace attuazione della normativa anticorruzione, per evitare condizioni di incertezza alle amministrazioni ed eventuale contraddittorietà di indirizzi e per facilitare i flussi informativi senza pregiudicare l’attività di vigilanza dell’A.N.AC. “

PARTE SECONDA

14 – ANAC e MPAS/DFP (I rispettivi ruoli ) 14.1 – I precedenti L’unione Europea, dopo l’Accordo di Strasburgo del 1999 ( V. allegato n. 1/ a ), ha chiesto a lungo ai Paesi Membri l’istituzione di Autorità specificamente deputate alla lotta alla corruzione. La Convenzione ONU - Mérida ( V. allegato n. 1 /b) con il disposto di cui all’ art. 6 prevede per gli Stati parte l’obbligo di assicurare l’individuazione di uno o più organismi con specifiche funzioni e compiti nel campo della prevenzione della corruzione. Nel 2003 l’Italia istituì l’Alto Commissariato per la prevenzione ed il contrasto alla corruzione, sostituendolo, nel 2008, con il Servizio per l’Anticorruzione e la trasparenza ( di seguito: SAET) presso il DFP. In seguito, nel 2009 veniva istituita la CIVIT contraddistinta dalla particolare enfasi data alla trasparenza nell’attività delle pubbliche Amministrazioni, Commissione per certi versi “evolutasi”, nel 2012, nell’ANAC, Autorità dove la trasparenza assume il valore di mezzo primario nella lotta alla corruzione, lotta declinata soprattutto in termini prevenzionali . 14.2 Le funzioni dell’ ANAC Per mandato istituzionale l’Autorità svolge attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica Amministrazione; promuove l’integrità, la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia delle pubbliche Amministrazioni; indirizza, coordina e sovrintende all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione. Tale missione istituzionale è il risultato di un quadro normativo che nel tempo ha visto le funzioni e le competenze evolversi progressivamente, secondo molti commentatori non sempre in modo coerente. Tralasciando le vicende precedenti ed iniziando dalle competenze originariamente attribuite dal d.lgs. n.150/2009 alla CIVIT, infatti, va osservato che queste implicano l’esercizio di funzioni consultive, di regolazione, vigilanza e controllo nell’ambito di tre settori che risultano strettamente collegati tra loro: la valutazione della performance, la qualità dei servizi, la trasparenza e l’integrità.

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Sviluppando questo collegamento funzionale, la legge n. 190/2012 e i successivi decreti attuativi n. 33/2013 e n. 39/2013, hanno attribuito nuovi compiti all’Autorità e definito nuovi strumenti di intervento con lo scopo di prevenire o sanzionare fatti, situazioni e comportamenti espressione di fenomeni corruttivi e di promuovere la trasparenza proprio in funzione di prevenzione della corruzione.

Oltre alla funzione consultiva e di accompagnamento – ridimensionata in materia di anticorruzione dal d.l. n. 69/2013, convertito con modifiche dalla legge n. 98/2013 – l’Autorità ha mantenuto le funzioni di indirizzo in materia di trasparenza già previste nel D.lgs. n. 150/2009 e ha visto rafforzate quelle di vigilanza e di controllo sul rispetto del sistema della trasparenza, proprio in funzione di prevenzione della corruzione, anche nei confronti di enti pubblici e privati in controllo pubblico in precedenza esclusi dal novero dei soggetti destinatari degli obblighi. Inoltre, per l’esercizio delle funzioni di prevenzione e contrasto della corruzione, l’Autorità dispone di poteri ispettivi – che si sostanziano nella richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti – e può giungere a ordinare alle Amministrazioni l’adozione di atti e provvedimenti richiesti dai PTPC, nonché la rimozione di atti e comportamenti con questi ultimi contrastanti. Di recente ( D .L. 69/2013, conv. con modif. dalla L. 98/2013) le competenze della CIVIT, ora ANAC, sul sistema di valutazione delle attività amministrative delle Università e degli Enti di ricerca vigilati dal MIUR sono state trasferite all’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca – ANVUR. 14.2 – Le funzioni MPAS/DFP L’ordinamento nazionale, però, sia prima che dopo l’entrata in vigore della Legge 190/ 2012, ha presentato e presenta un assetto “ bicefalo” prevedendo anche funzioni rilevanti per il MPAS – DFP senza, peraltro, perimetrare con la dovuta chiarezza le rispettive aree di attività, sicché in non poche di esse ANAC e MPAS/ DFP condividono un medesimo ruolo. In altri termini la distinzione dei ruoli, in alcuni casi, si rivela solo tendenziale e non adeguatamente definita. Ciò postula un raccordo fra i due Organismi in termini di effettiva “ leale collaborazione” ai fini della funzionalità dell’attività di prevenzione cui il nostro Paese è tenuto anche in attuazione delle Convenzioni di Strasburgo ( Consiglio d’Europa - 1999) e Mérida ( ONU 2003) . L’Autorità ha trasmesso al Ministro, e successivamente pubblicato sul proprio sito, un documento nel quale sono riportati i ” Problemi aperti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione” ( 15 aprile 2014, V. par. 12. 4 ). In quella sede è stata, tra l’altro, sottolineata l’urgenza di definire al più presto modalità di accesso da parte dell’A.N.AC. alla banca dati “Perla PA” e/o modalità alternative di acquisizione delle informazioni relative ai Piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC), la condivisione con il DFP dei contenuti delle schede di monitoraggio intermedio e di consuntivo, relativamente all’implementazione delle misure previste nei PTPC e la progettazione delle linee di intervento per l’integrazione e l’aggiornamento del PNA, previsti per settembre 2014. 14. 3 – Come già riferito nel precedente paragrafo 11.1, la Legge 190/ 2012 all’art. 1, co. 4 prevede anche le funzioni del Comitato interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dell’illegalità nella P.A. cui è demandato il compito di definire le linee di indirizzo dell’attività del DFP.

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Istituito con DPCM 16 gennaio 2013 il Comitato – terza, ulteriore figura istituzionale avente compiti in materia di prevenzione della corruzione - ha definito,allo stato, le sole linee di indirizzo del PNA citate nel par. 11.

15 – L’Organismo indipendente di valutazione ( Il nuovo ruolo)

L'Organismo indipendente di valutazione della performance ( di seguito: OIV ) è stato istituito dall’art. 14 del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 ( “ Riforma Brunetta” ), sostituendo i Servizi di controllo interno precedentemente previsti dal D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 286. L'OIV, costituito in organo monocratico o collegiale formato da 3 componenti, per certi versi non molto dissimile dall’Organismo di Vigilanza ( di seguito : ODV) previsto dal “sistema 231/2001”, è chiamato a svolgere - in piena autonomia - le seguenti attività:

• monitorare il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni

• comunicare tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonchè alla Corte dei conti, all'Ispettorato per la funzione pubblica e all’ANAC;

• validare la Relazione sulla performance e assicurarne la visibilità attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale dell'Amministrazione;

• garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonchè dell'utilizzo dei premi di cui al Titolo III “ Merito e Premi

• proporre all'organo di indirizzo politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi;

• vigilare sulla corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie e degli strumenti predisposti dall’ANAC;

• promuovere e attestare l'assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all'integrità;

L'OIV, sulla base di appositi modelli forniti dall’ ANAC, è tenuta a curare annualmente la realizzazione di indagini sul personale dipendente volte a rilevare il livello di benessere organizzativo e il grado di condivisione del sistema di valutazione nonché la rilevazione della valutazione del proprio superiore gerarchico da parte del personale, e ne riferisce all’ANAC. Esercita, altresì, le attività di controllo strategico di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1999, e riferisce, in proposito, direttamente all'organo di indirizzo politico-amministrativo.

Con l’entrata in vigore della Legge 190/2012 il baricentro dei compiti sopraindicati, in un certo senso, va a collocarsi prevalentemente tra le attività di prevenzione della corruzione divenendo quella dell’OIV una figura giustapposta a quella del Responsabile della trasparenza e della corruzione, figura centrale del nuovo assetto recato dalla Legge 190/2012.

Il D.Lgs. 33/2013, ora, definisce come segue i compiti dell’OIV.

“ Art. 44 Compiti degli organismi indipendenti di valutazione

1. L'organismo indipendente di valutazione verifica la coerenza tra gli obiettivi previsti nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità di cui all'articolo 10 e quelli indicati nel Piano della performance, valutando altresì l'adeguatezza dei relativi indicatori. I soggetti deputati alla misurazione e valutazione delle performance, nonché l'OIV, utilizzano le

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informazioni e i dati relativi all'attuazione degli obblighi di trasparenza ai fini della misurazione e valutazione delle performance sia organizzativa, sia individuale del responsabile e dei dirigenti dei singoli uffici responsabili della trasmissione dei dati.”

L’ANAC, alla luce di queste nuove esigenze, in data 27 febbraio 2013 ha adottato la Delibera n. 12/2013 ( V. www.anticorruzione:it ) definendo nuovi requisiti per la nomina degli OIV particolarmente più restrittivi rispetto a quelli previsti in precedenza.

Viene in particolar modo esaltata l’indipendenza dell’OIV formalmente introducendo, tra le altre, l’interessante prescrizione che segue.

“Art. 10. Durata del mandato e eventuale revoca dell’incarico

Il mandato ha durata triennale, con decorrenza dalla data indicata nel provvedimento di nomina o, in mancanza, dalla presa di possesso.

A garanzia dell’indipendenza dell’Organismo, non può essere prevista l’automatica decadenza dei componenti dell’OIV in coincidenza con la scadenza dell’organo di indirizzo politico – amministrativo dell’amministrazione che li ha designati.

L’eventuale revoca dell’incarico prima della scadenza deve essere adeguatamente motivata e preceduta dal parere della Commissione”.

16 – Il Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione

16.1 La Legge 190/2012 introduce nel nostro ordinamento amministrativo la figura del Responsabile della prevenzione della corruzione ( di seguito: il Responsabile) che viene definita compiutamente dai commi dell’art. 1 riprodotti qui di seguito.

“co. 7…… l'organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione e' individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione.

co. 10. Il responsabile individuato ai sensi del comma 7 provvede anche: a) alla verifica dell'efficace attuazione del piano e della sua idoneita', nonche' a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attivita' dell'amministrazione; b) alla verifica, d'intesa con il dirigente competente, dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attivita' nel cui ambito e' piu' elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione; c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione di cui al comma 11.

co. 12. In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, nonche' sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze: a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver

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osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo; b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

co. 13. La sanzione disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma 7 non puo' essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

co. 14. In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, nonche', per omesso controllo, sul piano disciplinare. La violazione, da parte dei dipendenti dell'amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare. Entro il 15 dicembre di ogni anno, il dirigente individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo pubblica nel sito web dell'amministrazione una relazione recante i risultati dell'attivita' svolta e la trasmette all'organo di indirizzo politico dell'amministrazione. Nei casi in cui l'organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest'ultimo riferisce sull'attività”.

16.2 – In capo al Responsabile sono, dunque, previste varie fattispecie e tipologie di responsabilità in campo amministrativo, peraltro disciplinate da tempo, in particolare nell’ambito del D. Lgs. 165/ 2001 più volte citato nelle disposizioni che precedono.

Qui mette conto approfondire le ipotesi di responsabilità penale in cui il Responsabile può incorrere, iniziando con l’esame del comma 12 sopra riportato.

Anzitutto deve essere notato che qui è prevista l’inversione dell’onere della prova posta a carico del Responsabile 13 che è chiamato a rispondere “salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

                                                                                                                           

13 Questa  pesante  previsione      colpisce,  nel  ”sistema  231/2001”,  l’ente  collettivo  e  non  la  persona  fisica.  In  altri  termini  all’emergere  dell’ipotesi  di  reato  determinato  dalla  colpa  di  organizzazione,  nel  “Pacchetto”  risponde  il  Responsabile  persona  fisica  mentre  nel  “  sistema  231/2001”  risponde  l’ente  collettivo,  persona  giuridica,  per  responsabilità  amministrativa  propria  (  V.  qui  di  seguito    gli  artt.  5  e  6  del  D.Lgs.  231/2001). “Articolo  5  (Responsabilità  dell’ente)    1.  L’ente  è  responsabile  per  i  reati  commessi  nel  suo  interesse  o  a  suo  vantaggio:    a)  da  persone  che  rivestono  funzioni  di  rappresentanza,  di  amministrazione  o  di  direzione  dell’ente  o  di  una  sua  unità  organizzativa  dotata  di  autonomia  finanziaria  e  funzionale  nonché  da  persone  che  esercitano,  anche  di  fatto,  la  gestione  e  il  controllo  dello  stesso;    b)  da  persone  sottoposte  alla  direzione  o  alla  vigilanza  di  uno  dei  soggetti  di  cui  alla  lettera  a).    2.  L’ente  non  risponde  se  le  persone  indicate  nel  comma  1  hanno  agito  nell’interesse  esclusivo  proprio  o  di  terzi.    Articolo  6  (Soggetti  in  posizione  apicale  e  modelli  di  organizzazione  dell’ente)    1.  Se  il  reato  è  stato  commesso  dalle  persone  indicate  nell’articolo  5,  comma  1,  lettera  a),  l’ente  non  risponde  se  prova  che:    a)  l’organo  dirigente  ha  adottato  ed  efficacemente  attuato,  prima  della  commissione  del  fatto,  modelli  di  organizzazione  e  di  gestione  idonei  a  prevenire  reati  della  specie  di  quello  verificatosi;    b)  il  compito  di  vigilare  sul  funzionamento  e  l’osservanza  dei  modelli  di  curare  il  loro  aggiornamento  è  stato  affidato  a  un  organismo  dell’ente  dotato  di  autonomi  poteri  di  iniziativa  e  di  controllo;    c)  le  persone  hanno  commesso  il  reato  eludendo  fraudolentemente  i  modelli  di  organizzazione  e  di  gestione;    

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a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 ( V. paragrafo 17 n.d.r.) e 10 del presente articolo;

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

Quanto precede pone in evidenza che il Responsabile è pubblico ufficiale 14 essendo, pertanto, soggetto alle previsioni di cui all’art. 331 c.p.p. 15

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

d)  non  vi  è  stata  omessa  o  insufficiente  vigilanza  da  parte  dell’organismo  di  cui  alla  lettera  b).    2.  In  relazione  all’estensione  dei  poteri  delegati  e  al  rischio  di  commissione  dei  reati,  i  modelli  di  cui  alla  lettera  a),  del  comma  1,  devono  rispondere  alle  seguenti  esigenze:    a)  individuare  le  attività  nel  cui  ambito  possono  essere  commessi  reati;    b)  prevedere  specifici  protocolli  diretti  a  programmare  la  formazione  e  l’attuazione  delle  decisioni  dell’ente  in  relazione  ai  reati  da  prevenire;    c)  individuare  modalità  di  gestione  delle  risorse  finanziarie  idonee  ad  impedire  la  commissione  dei  reati;    d)  prevedere  obblighi  di  informazione  nei  confronti  dell’organismo  deputato  a  vigilare  sul  funzionamento  e  l’osservanza  dei  modelli;    e)  introdurre  un  sistema  disciplinare  idoneo  a  sanzionare  il  mancato  rispetto  delle  misure  indicate  nel  modello.    3.  I  modelli  di  organizzazione  e  di  gestione  possono  essere  adottati,  garantendo  le  esigenze  di  cui  al  comma  2,  sulla  base  di  codici  di  comportamento  redatti  dalle  associazioni    rappresentative  degli  enti,  comunicati  al  Ministero  della  giustizia  che,  di  concerto  con  i  Ministeri  competenti,  può  formulare,  entro  trenta  giorni,  osservazioni  sulla  idoneità  dei  modelli  a  prevenire  i  reati.    4.  Negli  enti  di  piccole  dimensioni  i  compiti  indicati  nella  lettera  b),  del  comma  1,  possono  essere  svolti  direttamente  dall’organo  dirigente.    4-­‐bis.  Nelle  società  di  capitali  il  collegio  sindacale,  il  consiglio  di  sorveglianza  e  il  comitato  per  il  controllo  della  gestione  possono  svolgere  le  funzioni  dell'organismo  di  vigilanza  di  cui  al  comma  1,  lettera  b).    5.  E’  comunque  disposta  la  confisca  del  profitto  che  l’ente  ha  tratto  dal  reato,  anche  nella  forma  per  equivalente.      

14 “  Art.  357  c.  p.  Nozione  del  pubblico  ufficiale.    

“Agli   effetti   della   legge   penale,   sono   pubblici   ufficiali   coloro   i   quali   esercitano   una   pubblica   funzione   legislativa,  giudiziaria    o  amministrativa.  Agli  stessi  effetti  è  pubblica  la  funzione  amministrativa  disciplinata  da  norme  di  diritto  pubblico  e  da  atti  autoritativi  e  caratterizzata  dalla  formazione  e  dalla  manifestazione  della  volontà  della  pubblica  amministrazione  o  dal  suo  svolgersi  per  mezzo  di  poteri  autoritativi  o  certificativi”.    

 

15 “  Art.  331  c.p.p.  Denuncia  da  parte  di  pubblici  ufficiali  e  incaricati  di  un  pubblico  servizio.  

1.  Salvo  quanto  stabilito  dall'articolo  347,  i  pubblici  ufficiali  [c.p.  357]  e  gli   incaricati  di  un  pubblico  servizio  [c.p.  358]  che,  nell'esercizio  o  a  causa  delle  loro  funzioni  o  del  loro  servizio,  hanno  notizia  di  reato  perseguibile  di  ufficio,  devono  farne  denuncia  per  iscritto,  anche  quando  non  sia  individuata  la  persona  alla  quale  il  reato  è  attribuito  [c.p.  361,  362].  2.  La  denuncia  è  presentata  o  trasmessa  senza  ritardo  al  pubblico  ministero  o  a  un  ufficiale  di  polizia  giudiziaria.  3.  Quando  più  persone  sono  obbligate  alla  denuncia  per  il  medesimo  fatto,  esse  possono  anche  redigere  e  sottoscrivere  un  unico  atto.  4.   Se,   nel   corso   di   un   procedimento   civile   o   amministrativo,   emerge   un   fatto   nel   quale   si   può   configurare   un   reato  perseguibile  di  ufficio,  l'autorità  che  procede  redige  e  trasmette  senza  ritardo  la  denuncia  al  pubblico  ministero”.  

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16.3 - Ma, approfondendo l’esame della normativa in rassegna, il Responsabile della prevenzione della corruzione potrebbe anche rivestire una posizione di garanzia; a tale figura, infatti, la legge 190/2012 sembrerebbe attribuire precisi compiti ed obblighi che lo individuerebbero quale titolare della citata posizione, ex art. 40, co.2 c.p. 16 17

Al riguardo deve essere ricordato che il citato art. 40 c.p. sancisce la piena equiparazione tra le causalità attive e quelle passive, a condizione che sussista l’obbligo giuridico di impedire l’evento.

Per l’individuazione della fonte del suddetto obbligo non è sufficiente fare riferimento al solo principio del “neminem laedere” sancito dall’art. 2043 del codice civile, ma è necessaria una norma di legge che lo preveda specificamente, ovvero l’esistenza di particolari rapporti giuridici od ancora una data situazione in ragione della quale il soggetto sia tenuto a compiere una determinata attività a protezione del diritto altrui.

Tale obbligo giuridico di impedire l’evento fa sorgere in capo al soggetto su cui grava la c.d. “posizione di garanzia”, il dovere di porre in essere tutte le misure necessarie a tutelare il soggetto ritenuto più debole e, quindi, da garantire.

Mette conto riferire che nei documenti ufficiali ( Circolari DFP n. 2/2013 e n. 1/2014, V. supra parr. 6 e 13) inquadrando il PTTI come un “ di cui” del PTPC viene proposto, quasi come logica conseguenza, che il Responsabile della prevenzione della corruzione assuma anche il compito di Responsabile della trasparenza ( V. anche infra par. 17). 18

                                                                                                                           

16    “Art.  40  c.p.  Rapporto  di  causalità.  Nessuno  può  essere  punito  per  un   fatto  preveduto  dalla   legge  come   reato,   se   l'evento  dannoso  o  pericoloso,  da   cui  dipende  l'esistenza  del  reato,  non  è  conseguenza  della  sua  azione  od  omissione    Non  impedire  un  evento,  che  si  ha  l'obbligo  giuridico  di  impedire,  equivale  a  cagionarlo”.  

 17   Può   essere   utile   riportare   qui   di   seguito   la   massima   di   una   sentenza   della   Cassazione   Penale   che   delinea  

efficacemente    le  due  fattispecie  sopra  richiamate.”    Diverso  dalla  omessa  denuncia  di  reato  di  cui  all'art.  361  c.  p.  è  il  

concorso  nel  reato  per  non  averlo  impedito  pur  avendone  l'obbligo,  previsto  dall'art.  40    c.  p.  Nel  primo  caso  il  pubblico  ufficiale   omette   o   ritarda   di   denunciare   un   reato   di   cui   sia   venuto   a   conoscenza;   nel   secondo   caso   invece   egli   non  

omette   la   semplice   notizia,   ma   omette   il   doveroso   comportamento   positivo   (impedimento   del   reato)   che   poteva  materialmente  attuare  e  che  invece  non  ha  attuato,  concorrendo  così  al  compimento  del  reato  stesso”.  (Sez.  II,  sent.  n.  

6177  del  2/7/1984).    

 

18  La  figura  del  Responsabile  trattata  in  questo  paragrafo  16  è  stata  avvicinata  a  quella  di  Benjamin  Malaussène,  personaggio  centrale  nei  romanzi  del  ciclo  di  Malaussène  di  Daniel  Pennac.  Questi  è  di  professione    capro  espiatorio.  “  Pianga,  Malaussène,  pianga  in  modo  convincente.  Sia  un  buon  capro!»,  o  qualcosa  di  simile,  egli  si  sente  ripetere  dai  suoi  datori  di  lavoro  prima  di  ogni  nuovo  incarico:  un  uomo  buono  che  finisce  sempre  per  sembrare  responsabile  di  qualche  misfatto.  E  per  ironia  della  sorte  la  sua  vocazione  lavorativa  è  proprio  accollarsi  colpe  non  sue  portando  il  cliente  insoddisfatto  all'esasperazione  della  pietà  fino  a  fargli  dimenticare  il  motivo  della  sua  protesta.  

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16.4 – Le disposizioni del “Pacchetto” non sembrano porre adeguatamente in luce la cruciale esigenza del Responsabile di essere il destinatario di un adeguato flusso informativo da ben individuati soggetti interni alla pubblica Amministrazione, che potrebbero essere definiti come i “Referenti” del Responsabile medesimo.

Soggetti qualificati ( quindi adeguatamente formati), motivati dall’interesse aziendale, operanti nei settori “ a rischio” della specifica pubblica Amministrazione, i Referenti sono tenuti ad informare il Responsabile di tutti gli accadimenti che possono comunque interessare l’adeguatezza del PTCP e la sua efficace attuazione, con ciò postulando il suo intervento.

Della figura del Referente si trova, peraltro, un piccolo cenno nel co. 9 dell’art. 1 della Legge 190/2012 a proposito del PTCP che deve prevedere obblighi di informazione con particolare riguardo alle attività in cui è più elevato il rischio di corruzione.

Le esperienze maturate in tutti questi anni nei “sistemi 231/2001” di tanti enti collettivi dimostrano che solo un efficace sistema interno di flussi informativi dai Referenti all’ODV consente di aggiornare adeguatamente il Modello e di monitorare la sua efficace attuazione, costituendo ciò il presupposto dell’esimente dalla responsabilità amministrativa dell’ente collettivo.

Anche alla luce delle richiamate esperienze maturate nella materia disciplinata dal D.Lgs. 231/2001 la formazione, i compiti e le responsabilità dei “Referenti” vanno puntualmente previsti nel PTCP ed adeguatamente illustrati in sede di formazione.

17 – Il piano triennale per la prevenzione della corruzione La Legge 190/2012 impone alle pubbliche Amministrazioni l’adozione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione - PTCP, disciplinato dall’art.1, ai commi sotto riportati. Dovendo essere approvato all’inizio di ogni anno ( V. co. 8 dell’art.1) si deve intendere che il PTPC è, si, triennale ma “ a scorrimento annuale”, come avviene da tempo per i documenti di finanza pubblica, con ciò contemperando da un lato l’esigenza di definire - nella prevenzione della corruzione - un arco temporale congruo e dall’altro esaltare l’elemento di flessibilità di questo documento che gioca un ruolo centrale nel sistema della Legge. Le prescrizioni dettate direttamente dal Legislatore sono le seguenti: “co. 5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono Dipartimento della funzione pubblica: a) un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio; b) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

 

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particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. co. 6. Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, il prefetto, su richiesta, fornisce il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione. co. 8. L'organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile individuato ai sensi del comma 7, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. L'attivita' di elaborazione del piano non puo' essere affidata a soggetti estranei all'amministrazione. Il responsabile, entro lo stesso termine, definisce procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Le attivita' a rischio di corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale di cui al comma 11. La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilita' dirigenziale. co. 9. Il piano di cui al comma 5 risponde alle seguenti esigenze: a) individuare le attivita', tra le quali quelle di cui al comma 16, nell'ambito delle quali e' piu' elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell'esercizio delle competenze previste dall'articolo 16, comma 1, lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165; b) prevedere, per le attivita' individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione; c) prevedere, con particolare riguardo alle attivita' individuate ai sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano; d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti; e) monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni”

Rilevanti sono, altresì le innovazioni recate dal Legislatore delegato nel 2013 in tema di trasparenza nella nuova ottica di strumento primario nella prevenzione della corruzione, con particolare riferimento al PTTI.

L’ art. 10 recante “Programma triennale per la trasparenza e l'integrità” in vigore dal 20 aprile 2013, dispone quanto segue:

“1. Ogni amministrazione, sentite le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, adotta un Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, da aggiornare annualmente, che indica le iniziative previste per garantire:

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a) un adeguato livello di trasparenza, anche sulla base delle linee guida elaborate dalla Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

b) la legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità.

2. Il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, di cui al comma 1, definisce le misure, i modi e le iniziative volti all'attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, ivi comprese le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi di cui all'articolo 43, comma 3. Le misure del Programma triennale sono collegate, sotto l'indirizzo del responsabile, con le misure e gli interventi previsti dal Piano di prevenzione della corruzione. A tal fine, il Programma costituisce di norma una sezione del Piano di prevenzione della corruzione.

(omissis)

L’art. 43 concernente il “Responsabile per la trasparenza”, a sua volta dispone:

“1. All'interno di ogni amministrazione il responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, svolge, di norma, le funzioni di Responsabile per la trasparenza, di seguito «Responsabile», e il suo nominativo è indicato nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità. Il responsabile svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.

2. Il responsabile provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il Piano anticorruzione.

3. I dirigenti responsabili degli uffici dell'amministrazione garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.

4. Il responsabile controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal presente decreto.

5. In relazione alla loro gravità, il responsabile segnala i casi di inadempimento o di adempimento parziale degli obblighi in materia di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, all'ufficio di disciplina, ai fini dell'eventuale attivazione del procedimento disciplinare. Il responsabile segnala altresì gli inadempimenti al vertice politico dell'amministrazione, all'OIV ai fini dell'attivazione delle altre forme di responsabilità”.

18 – La formazione “domestica”

Sull’argomento l’art. 1 della L. 190/2012 prevede quanto segue. “co.11. La Scuola superiore della pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente,

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predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell'etica e della legalita'. Con cadenza periodica e d'intesa con le amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori in cui e' piu' elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione”. Il PNA, al par. 3.1.12 ( V. www.anticorruzione.it ), tra l’altro dispone: “ Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 debbono programmare adeguati percorsi di formazione, tenendo presente una strutturazione su due livelli: Ø livello generale, rivolto a tutti i dipendenti: riguarda l’aggiornamento delle competenze (approccio contenutistico) e le tematiche dell’etica e della legalità (approccio valoriale); Ø livello specifico, rivolto al responsabile della prevenzione, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a rischio: riguarda le politiche, i programmi e i vari strumenti utilizzati per la prevenzione e tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto nell’amministrazione. I fabbisogni formativi sono individuati dal responsabile della prevenzione in raccordo con i dirigenti responsabili delle risorse umane e le iniziative formative vanno inserite anche nel P.T.F. di cui all’art. 7 bis del d.lgs n. 165 del 2001”. “ L’adozione delle iniziative finalizzate alla realizzazione degli interventi formativi è programmata nell’ambito del PTCP e del PTF (Piano triennale della formazione n.d.r.)”. L’allegato n.2 al PNA individua ed indica come segue le aree di rischio comuni e obbligatorie sulle quali si debbono concentrare i percorsi formativi. “A) Area: acquisizione e progressione del personale 1. Reclutamento 2. Progressioni di carriera 3. Conferimento di incarichi di collaborazione B) Area: affidamento di lavori, servizi e forniture 1. Definizione dell’oggetto dell’affidamento 2. Individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento 3. Requisiti di qualificazione 4. Requisiti di aggiudicazione 5. Valutazione delle offerte 6. Verifica dell’eventuale anomalia delle offerte 7. Procedure negoziate 8. Affidamenti diretti 9. Revoca del bando 10.Redazione del cronoprogramma 11.Varianti in corso di esecuzione del contratto 12.Subappalto 13.Utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali durante la fase di esecuzione del contratto C) Area: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario

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1. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an 2. Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato 3. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an e a contenuto vincolato 4. Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale 5. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an 6. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an e nel contenuto D) Area: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario 1. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an 2. Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato 3. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an e a contenuto vincolato 4. Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale 5. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an 6. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an e nel contenuto La Scuola superiore della pubblica amministrazione ( di seguito: SSPA) di recente ridenominata Scuola nazionale dell’amministrazione ( di seguito: SNA) 19 ha articolato la propria offerta formativa per i Responsabili, i referenti anticorruzione, i componenti degli OIV, etc. proprio in funzione delle sopra riportate aree di rischio comuni ed obbligatori ( V. www.sspa.it – www.sna.gov.it ). E’ del tutto evidente, tuttavia, la difficoltà oggettiva per la SNA di far fronte ad una ingentissima domanda formativa da parte di un elevatissimo numero di Enti ed Istituzioni destinatari delle norme del “Pacchetto” senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. La risposta, per così dire obbligata, per la maggior parte delle pubbliche Amministrazioni interessate non può che essere quella della formazione “domestica”, organizzata all’interno della pubblica Amministrazione medesima utilizzando le Linee guida rinvenibili nel PNA, nell’offerta formativa della SNA anche alla luce delle esperienze maturate dagli enti collettivi di cui al “sistema 231/2001” e della relativa giurisprudenza. La formazione, da concentrare sulle aree di rischio comuni e obbligatorie prima richiamate ed eventualmente a quelle a rischio corruzione specifiche della pubblica Amministrazione interessata, deve soprattutto sollecitare la condivisione dei soggetti formandi in ordine alle finalità del PTCP e del PTTI. PARTE TERZA Allegato n.1/ a : La Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 Ratificata in Italia dalla L. 28 giugno 2012, n. 110 Prima dell’adozione della L. 190/2012 si riteneva, in linea generale, che la normativa nazionale fosse sostanzialmente già conforme al contenuto della “Strasburgo” e che non                                                                                                                            

19  DPR  16  aprile  2013,  n.  70,  recante”  Razionalizzazione  e  riordino  delle  Scuole  pubbliche  di  formazione.  

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fossero pertanto necessarie modifiche significative della normativa stessa ai fini della sua attuazione. La nozione di "corruzione" di cui all'articolo 2 della Strasburgo ha riguardo ad un concetto lato corrispondente non solo alla nozione penalistica recepita negli articoli ( ante L. 190/2012) 318, 319 e 322 c.p., ma anche a quella di concussione di cui all'articolo 317 c.p., quantomeno sotto il profilo della richiesta di denaro o altra utilità (requesting), là dove questa si traduca nel costringere o indurre taluno, con abuso della qualità o dei poteri di pubblico ufficiale, a dare o promettere indebitamente, a sé o ad un terzo, denaro o altra utilità. Allegato n.1/ b: La Convenzione ONU ( Mérida) sulla corruzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 Ratificata in Italia dalla L. 3 agosto 2009, n. 116 Con il disposto di cui all’articolo 6 della Legge si da esecuzione alla previsione di cui all’omologo articolo 6 di Mérida, laddove si prevede per gli “Stati parte” l’obbligo di assicurare l’individuazione di uno o più organismi con specifiche funzioni e compiti nel campo della prevenzione della corruzione. Inizialmente in Italia si provvide a designare quale Autorità nazionale, ai sensi del citato articolo della Convenzione, l’Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica Amministrazione, istituito con legge 16 gennaio 2003,n. 3 e le cuifunzioni, già conformi alle previsioni della Convenzione, erano state definite con successivo regolamento (n. 258/2004) garantendogli la necessaria «autonomia» ed«efficacia», nonché adeguata dotazione organizzativa. All’Alto Commissario, infatti, erano stati affidati incisivi poteri ed ampie prerogative di carattere preventivo della corruzione, sia attraverso lo svolgimento di indagini, anche di natura conoscitiva, tese ad accertare l’esistenza, le cause e le concause di fenomeni di corruzione e di illecito o di pericoli di condizionamento da parte di organizzazioni criminali all’interno della pubblica Amministrazione, sia attraverso l’elaborazione di analisi e studi sulla adeguatezza e congruità del quadro normativo, nonché delle eventuali misure poste in essere dalle Amministrazioni per prevenire e per fronteggiare l’evolversi dei fenomeni oggetto di esame. L’Alto Commissario aveva, inoltre, competenze in ordine al monitoraggio delle procedure contrattuali e di spesa. Con D.L. 25 giugno 2008, n.112, conv, dalla Legge 6 agosto 2008, n.1, l’Organismo veniva soppresso le funzioni venivano trasferite al Ministero competente ( vale a dire la PCM) inteso come DFP, nel neo istituito Servizio anticorruzione e trasparenza - SAET. Nel 2009, con la Legge 4 marzo 2009, n. 15 di delega (art. 4) ed il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n.150 ( Riforma Brunetta), da ultimo, veniva istituito la CIVIT in seguito evolutasi nell’ ANAC. Allegato n.2: La responsabilità amministrativa degli enti ( Il D.Lgs. 231/2001 esperienze e giurisprudenza) L’adozione del D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ha segnato l’introduzione, nell’ordinamento giuridico italiano, di una nuova ed inedita forma di responsabilizzazione degli enti collettivi, definita amministrativa, diretta e di stampo punitivo, volta a contrastare il preoccupante fenomeno della criminalità d’impresa. Il Decreto, attuativo della delega di cui all’art. 11, Legge 29 settembre 2000, n. 300, delinea, in sostanza, un codice della responsabilità degli enti collettivi e si preoccupa di fissare, accanto

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ai profili funzionali di carattere sostanziale, le regole di validità del sistema, le norme di natura processuale, oltre che i principi generali cui gli uni e le altre sono chiamati a rispondere. In primo luogo vengono esattamente individuati dall’art. 1 i soggetti di riferimento della disciplina in questione, individuandoli nelle persone giuridiche e nelle società ed associazioni anche prive di personalità giuridica. Sono invece esclusi, oltre allo Stato e agli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici e quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Si passa, quindi, all’insieme delle garanzie e dei principi - sostanzialmente mutuati dal sistema penale – sui quali si fonda la responsabilità degli enti; si tratta del principio di legalità e delle regole riguardanti la successione di leggi nel tempo e la commissione dei reati all’estero. La normativa delinea, a questo punto, il paradigma della responsabilità, che è al centro della nuova disciplina. Di qui, si ricava, che la fattispecie da cui discende l’assoggettabilità a sanzione dell’ente prende le mosse, sul piano oggettivo, dalla realizzazione di un reato da parte di un soggetto operante all’interno dell’ente stesso. Non vi è, pertanto, “dicotomia di condotta” tra il reato della persona fisica agente e l’illecito dell’ente: il fatto è sempre il medesimo, unico nella realtà, ma duplice nelle qualificazioni giuridiche; nel contempo l’illecito del soggetto collettivo non si identifica con il reato posto in essere che rappresenta soltanto uno degli elementi costitutivi del primo. Gli ulteriori fattori qualificanti l’illecito dell’ente vanno individuati nella esistenza di un legame funzionale tra quest’ultimo e l’autore materiale del reato e nella riferibilità del fatto all’interesse o vantaggio dell’organizzazione, ( fattispecie non presente nel “Pacchetto”) nonché nella possibilità di muovere un rimprovero all’ente in relazione al reato commesso, vale a dire nella rintracciabilità in capo ad esso di un coefficiente di colpevolezza per “ difetto di organizzazione” ( previsione analoga a quella del “Pacchetto”). Non ogni reato, pur nel rispetto dei presupposti accennati, consente poi il coinvolgimento in responsabilità del soggetto collettivo; il decreto elenca, infatti, tassativamente e puntualmente le fattispecie ( c.d. reati presupposto, V. www.rivista231.it ) da cui soltanto può derivare tale effetto. Il Decreto è corredato da un articolato ed autonomo apparato sanzionatorio, formato da sanzioni pecuniarie – le cui modalità di commisurazione rappresentano un elemento di forte novità, basandosi su un sistema “per quote” prima sconosciuto all’ordinamento italiano – sanzioni interdittive, confisca (anche nella forma per equivalente) e pubblicazione della sentenza di condanna. Il Decreto affida l’accertamento della responsabilità al giudice e al processo penale, secondo le forme e i modi del relativo codice di rito, in quanto compatibili con le espresse previsioni nella speciale materia; si prevede altresì la regola, con qualche eccezione, del processo simultaneo tra autore materiale del reato ed ente interessato. Nel corso dei tanti anni trascorsi dall’emanazione del D.Lgs. 231/2001 gli enti destinatari hanno ormai metabolizzato una vasta esperienza anche in funzione dell’ampia giurisprudenza maturatasi nello specifico settore. Il Legislatore del 2012 in materia di anticorruzione, dal canto suo, ha certamente tratto dal sistema 231/2001, facendoli suoi, taluni istituti importanti inserendoli in un contesto affatto particolare, sicché accanto ad alcuni punti di “contatto” tra il “Pacchetto” ed il sistema 231/2001 molti altri sono i punti di differenziazione.

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Resta comunque l’importanza, nell’attuazione della L. 190/2012 e per i punti di “ contatto” , di conoscere adeguatamente le esperienze maturate dagli enti collettivi e la citata vasta giurisprudenza.

Allegato n.3 : la “Riforma Brunetta” ( D.Lgs. 150/2009)

Con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 sopra indicato recante “ Attuazione della Legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni si è proceduto ad una migliore organizzazione del lavoro pubblico.

Ratio della nuova ed organica normativa è quello di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, ottenere migliori livelli di produttività del lavoro pubblico e riconoscere adeguatamente i meriti (ed i demeriti) dei dirigenti e del personale pubblici.

Chiave di volta del provvedimento è il concetto della trasparenza espresso nell’art. 11, riformulato nel contesto del D.Lgs. 33/2013 ( V. paragrafo 5) divenuto elemento chiave delle successive disposizioni in materia di prevenzione della corruzione. Allegato n. 4: Norme di diritto penale sostanziale nella L 190/2012

L’art. 1 della L. 190/2012, accanto a numerose disposizioni rientranti nel diritto amministrativo, contiene le seguenti disposizioni di diritto penale sostanziale. co. 75. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «319-bis,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»; b) all'articolo 32-quinquies, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»; c) al primo comma dell'articolo 314, la parola: «tre» e' sostituita dalla seguente: «quattro»; d) l'articolo 317 e' sostituito dal seguente: «Art. 317. - (Concussione). - Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualita' o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilita' e' punito con la reclusione da sei a dodici anni»; e) all'articolo 317-bis, le parole: «314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»; f) l'articolo 318 e' sostituito dal seguente: «Art. 318. - (Corruzione per l'esercizio della funzione). - Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per se' o per un terzo, denaro o altra utilita' o ne accetta la promessa e' punito con la reclusione da uno a cinque anni»; g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto»;

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h) all'articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dieci»; 2) nel secondo comma, la parola: «quattro» e' sostituita dalla seguente: «cinque»; i) dopo l'articolo 319-ter e' inserito il seguente: «Art. 319-quater. - (Induzione indebita a dare o promettere utilita'). - Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualita' o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilita' e' punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi previsti dal primo comma, chi da' o promette denaro o altra utilita' e' punito con la reclusione fino a tre anni»; l) all'articolo 320, il primo comma e' sostituito dal seguente: «Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio»; m) all'articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nel primo comma, le parole: «che riveste la qualita' di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio» sono sostituite dalle seguenti: «, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»; 2) il terzo comma e' sostituito dal seguente: «La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilita' per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»; n) all'articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nel secondo comma, dopo le parole: «Le disposizioni degli articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater, secondo comma,»; 2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono inserite le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilita',»; o) all'articolo 322-ter, primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»; p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; q) all'articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»; r) dopo l'articolo 346 e' inserito il seguente: «Art. 346-bis. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, e' punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente da' o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena e' aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresi' aumentate se i fatti sono commessi in

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relazione all'esercizio di attivita' giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuita', la pena e' diminuita». co.76. L'articolo 2635 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art. 2635. - (Corruzione tra privati). - Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilita', per se' o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedelta', cagionando nocumento alla societa', sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto e' commesso da chi e' sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma. Chi da' o promette denaro o altra utilita' alle persone indicate nel primo e nel secondo comma e' punito con le pene ivi previste. Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di societa' con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni. Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi». I successivi commi dal 77 all’83 contengono le necessarie modifiche di altre parti dell’ordinamento, come corollario delle novelle sopra riportate. Allegato n. 5: Bibliografia e siti internet

F. Ferraro e S. Gambacurta – Anticorruzione – Commento alla riforma - Maggioli Editore 2013

B.G. Mattarella e M. Pellissero ( a cura di ) – La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione - Giappichelli Editore 2013

www.anticorruzione.it www.funzionepubblica.gov.it www.magellanopa.it www.mef.gov.it www.perlapa.gov.it www.rivista231.it www.sna.gov.it – www.sspa.it

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