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1 2 3 6 7 9 11 12 17 19 Anno XII N° 3 (149) 31 marzo 2010 SOMMARIO VALLI DEL NATISONE Imbrattati i cartelli stradali Le organizzazioni slovene presentano denuncia contro ignoti e rigettano le insinuazioni VALLI DEL NATISONE Tabelle imbrattate, le Liste Civiche si esprimono sui recenti fatti di cronaca CAPODISTRIA-KOPER Danilo Türk: una soluzione sistematica per i finanziamenti alla minoranza Nell’intervista rilasciata al quotidiano Primorske novice, il presidente sloveno si sofferma sulle questioni attuali della minoranza slovena TRIESTE-TRST La provincia di Trieste ha approvato lo statuto I consiglieri sloveni potranno esprimersi nella propria lingua ROMA Lingue minoritarie e scuola Convegno organizzato dal Ministero per l’Istruzione a dieci anni dall’approvazione della legge 482/99 L’INTERVENTO La legge 482 e la comunità slovena La relazione del presidente della Confederazione delle organizzazioni slovene-Sso, Drago Œtoka SAN PIETRO AL NATISONE-ŒPIETAR Cercasi ampio immobile per la scuola bilingue Il consiglio comunale ha preso in esame la situazione creatasi dopo lo sgombero della vechia sede MEMORIA STORICA Riconosciuto il valore storico del lager di Visco RESIA-REZIJA Il comune deve rilasciare la carta d’identità bilingue Lo ha stabilito il Ministero dell’Interno, rispondendo alla richiesta di un cittadino VAL CANALE-KANALSKA DOLINA Un centro culturale per la rinascita di Ugovizza ISSN 1826-6371

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Anno XII N° 3 (149) 31 marzo 2010

SOMMARIO

VALLI DEL NATISONEImbrattati i cartelli stradaliLe organizzazioni slovene presentano denuncia contro ignoti e rigettano le insinuazioni

VALLI DEL NATISONETabelle imbrattate, le Liste Civiche si esprimonosui recenti fatti di cronaca

CAPODISTRIA-KOPERDanilo Türk: una soluzione sistematicaper i finanziamenti alla minoranzaNell’intervista rilasciata al quotidiano Primorske novice, il presidente sloveno si sofferma sulle questioni attuali della minoranza slovena

TRIESTE-TRSTLa provincia di Trieste ha approvato lo statutoI consiglieri sloveni potranno esprimersi nella proprialingua

ROMALingue minoritarie e scuolaConvegno organizzato dal Ministero per l’Istruzionea dieci anni dall’approvazione della legge 482/99

L’INTERVENTOLa legge 482 e la comunità slovenaLa relazione del presidente della Confederazione delleorganizzazioni slovene-Sso, Drago Œtoka

SAN PIETRO AL NATISONE-ŒPIETARCercasi ampio immobile per la scuola bilingueIl consiglio comunale ha preso in esame la situazionecreatasi dopo lo sgombero della vechia sede

MEMORIA STORICA Riconosciuto il valore storico del lager di Visco

RESIA-REZIJAIl comune deve rilasciare la carta d’identità bilingueLo ha stabilito il Ministero dell’Interno, rispondendoalla richiesta di un cittadino

VAL CANALE-KANALSKA DOLINAUn centro culturale per la rinascita di Ugovizza

ISSN 1826-6371

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SLOVIT N° 3 del 31/3/10 pag. 1

Le organizzazioni slovene della provincia di Udine con-dannano senza riserve il raid di ignoti imbrattatori chedi recente hanno danneggiato le tabelle stradali nei

comuni delle Valli del Natisone-Nediœke doline, ma nellostesso tempo rigettano con fermezza insinuazioni appar-se sulla stampa che collegano gli atti vandalici alle orga-nizzazioni stesse ed auspicano che i responsabili venga-no individuati e perseguiti a norma di legge.Sono questi i contenuti della denuncia che i rappresentantidi tre associazioni della minoranza – Bruna Dorbolò, pre-sidente dell’Istituto per la cultura slovena di San Pietro alNatisone, Iole Namor, vicepresidente per la provincia diUdine della Skgz – Unione culturale economica slovena eGiorgio Banchig presidente dell’associazione don EugenioBlanchini di Cividale del Friuli – lo scorso 13 marzo hannofatto contro ignoti per i danneggiamenti e gli imbrattamenti«di svariati cartelli bilingui e non, con la cancellazione ditoponimi italiani». I firmatari della denuncia rilevano che sitratta di «gesti di inciviltà e di intolleranza che vanno con-tro la convivenza di lingue e culture di questo territorio» ericordano che «alcuni dei cartelli stradali imbrattati sono statirealizzati con i finanziamenti previsti dalla legge 482/1999sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche in Italia».I rappresentanti delle organizzazioni slovene della provin-cia di Udine, si legge ancora nella denuncia presentata alcomandante della stazione dei carabinieri di San Pietro alNatisone, maresciallo Elio Romito, rigettano «le insinua-zioni recentemente apparse sulla stampa su eventualiresponsabilità delle organizzazioni della minoranza slove-na di cui facciamo parte. Ci riserviamo di adire le vie lega-li contro i responsabili di tali dichiarazioni». A documenta-zione di quanto affermato i tre firmatari hanno allegato copiadi due articoli apparsi sul Messaggero Veneto dal titolo«Cartelli stradali imbrattati a Stregna e San Leonardo« (10marzo 2010) e «Cartelli stradali imbrattati vandali anche aSavogna» (12 marzo 2010).Nei due articoli incriminati il raid degli imbrattatori viene piùo meno velatamente accostato alla minoranza slovena ealle organizzazioni culturali, che operano per la tutela dellacultura e dei dialetti sloveni delle Valli del Natisone. Il sin-daco di San Leonardo , Beppino Sibau, non esclude la pos-sibilità, suggeritagli da alcuni abitanti, «di indire un refe-rendum per quantificare il numero per le persone che siritengono appartenenti alla minoranza slovena».Più gravi le dichiarazioni del consigliere regionale RobertoNovelli del Pdl il quale si spinge ad affermare che l’azio-ne deplorevole «oltre a produrre un danno economico nonfa bene nemmeno alle cause che questi teppisti sosten-gono. Fatti simili rischiano di alimentare uno scontro asso-lutamente inopportuno. È utile ricordare – aggiungeNovelli – che la minoranza slovena, in forza di disposizio-ni normative italiane, gode di finanziamenti non indifferenti».Anche Novelli non esclude «l’ipotesi, formulata dal sinda-co di San Leonardo, di indire un referendum potrebbe esse-re una strada da percorrere».

L’accostamento dell’azione vandalica alla minoranza slo-vena non è andata giù alle organizzazioni culturali che ope-rano in provincia di Udine e così i presidenti dell’Istituto perla cultura slovena di San Pietro al Natisone, Bruna Dorbolò,della Confederazione delle organizzazioni slovene - Sso,Giorgio Banchig, e dell’Unione culturale economica slovena- Skgz, Luigia Negro, al fine di tutelare il buon nome delleassociazioni da loro rappresentate si sono rivolte all’av-vocato Rino Battocletti di Cividale, il quale ha inviato unalettera al Messaggero Veneto ed a Roberto Novelli.Quanto dal quotidiano udinese riferito il 12 marzo scorso,il consigliere regionale, si legge nella lettera, «accosta irra-gionevolmente l’increscioso episodio dell’imbrattamentodella cartellonistica italiana alla tutela della minoranza edelle associazioni slovene. Ciò induce un suggestivo col-legamento fra gli episodi criminosi e le associazioni da merappresentate, che risulta gravemente diffamatorio e nonscriminato dal diritto di cronaca e di critica politica (…). Conla presente le mie mandanti richiedono mio tramite al sig.Roberto Novelli l’espresso riconoscimento dell’assolutaestraneità delle stesse ai fatti occorsi e le scuse per averaccostato il doveroso sostegno pubblico alle associazioniche svolgono attività di tutela della minoranza slovena aivili atti di ignoti teppisti».

SLAVIA FRIULANA-BENE#IJA

Gli sloveni vogliono vivere in pace

e nel rispetto della costituzione

Provocatori e imbrattatori al lavoro

Se fino ad ora mai sono stati trovati dalle forze dell’ordinegli imbrattatori dei cartelli bilingui quando era il turno dellescritte slovene, ora è l’occasione buona, per la Benemerita,di muoversi! Non è possibile che non ci siano connivenzee che, pertanto, venga superata l’omertà di subdoli fian-cheggiatori. Vorremmo proprio conoscere il gruppetto diprovocatori, perché di questi si tratta, che si diverte a man-tenere scottante, ad arte, il conflitto tra le due anime delcittadino beneciano: la sua italianità e la sua slovenità, chein sé non hanno nulla da contrapporsi secondo la letteradegli art. 3 e 6 della Costituzione. È una manifestazionedi pura schizofrenia l’arte untoria dei codardi che se la sonopresa con i cartelli, bilingui o solo italiani, nei comuni diStregna, S. Leonardo, S. Pietro e Pulfero. Cui prodest? Achi giova questa farsa? Ai cittadini italiani che lavorano perconservare la propria identità e cultura slovene? Essi voglio-no solo vivere in pace, da cittadini che rispettano le rego-le e i dettami costituzionali. Volerli far passare come nemi-ci, che tramano contro non si sa che cosa, è criminale edi insensata turbativa della pacifica convivenza. I cittadini

L’azione vandalica ad opera dei soliti ignoti che operano contro la convivenza VALLI DEL NATISONE

Imbrattati i cartelli stradaliLe organizzazioni slovene presentano denuncia contro ignoti e rigettano le insinuazioni della

stampa

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di lingua slovena non hanno bisogno di queste manife-stazioni stupide e provocatorie, vogliono solo che vengarispettato il loro diritto umano e costituzionale di essere erimanere se stessi nell’Europa dei popoli.È offensivo proporre estemporanei referendum come sesi volesse “isolare” gli “sloveni” a cui affibbiare colpe di cuinon si sono trovati gli autori e gridare allo scandalo, quan-do sono perfino alcuni amministratori ad opporsi al rico-noscimento dei diritti sanciti da specifiche leggi italiane. Solomenti malate possono pensare come antiitaliano uno slo-veno della Slavia.

R. G.(Dom, 15. 3. 2010)

SLAVIA FRIULANA – BENE#IJA

Gabrovec deplora l’imbrattamento dei cartelli

Il consigliere regionale della SSk: i vandali non hannocolore politico e nazionalità

«Imbrattare i cartelli stradali è un atto incivile e quindi deplo-revole sotto ogni punto di vista. I vandali non hanno colo-re politico e nazionalità, sono semplicemente degli idioti chepiù o meno incoscientemente colpiscono il patrimonio pub-blico e, nel caso specifico delle scritte in italiano cancel-late, innescano risentimenti di altro tipo con effetti ben piùgravi».Condanna senza mezzi termini gli atti vandalici di que-st’ultimo periodo che hanno visto danneggiati parecchi car-telli stradali (con la cancellazione dei toponimi italiani) neicomuni di Stregna, San Leonardo e Savogna, il consiglie-re regionale del PD-SSk, Igor Gabrovec.«Sono azioni alle quali a Trieste e Gorizia, in tutti i decen-ni del Dopoguerra, siamo ben che abituati – annota il rap-presentante della Slovenska skupnost – e che hanno vistosostanzialmente sempre imbrattate le versioni slovene deitoponimi, come anche i monumenti ai caduti, le targhe diintitolazione delle scuole con lingua d'insegnamento slo-vena, i portoni delle sedi delle organizzazioni slovene. Maiè successo che qualcuno sia stato preso con le mani nelsacco, anche se le firme sotto i misfatti erano spesso benchiare e politicamente leggibili, continua il consigliere».«Questi atti vanno quindi condannati senza alcuna reticenzaperché inaccettabili a prescindere da chi li commette. Nonva accettata nemmeno – annota ancora – una qualche pos-sibile ricerca del rapporto causa-effetto: chi offende la lin-gua, la cultura e la storia altrui dimostra semplicemente lapropria incapacità di accettare e relazionarsi con l’altro. Adire il vero un dubbio si pone ed è quello di veder affiora-re alcune vecchie abitudini riconducibili ai tempi della cosid-detta strategia della tensione, quando le provocazioni veni-vano non solo tollerate, ma addirittura stimolate».Un ultimo appunto Gabrovec lo rivolge al collega del Pdl,Roberto Novelli, rispetto ad alcune sue affermazioni sullastampa. «La presenza della comunità linguistica slovena– sottolinea – non si può in alcun modo numericamenteequiparare ai voti ottenuti dal solo partito Slovenska sku-pnost, che è peraltro come la sola formazione politica sto-ricamente radicata nella provincia di Udine».«È infatti risaputo a tutti (o quasi) – conclude Gabrovec –che a differenza di quel che accade per la Svp in Alto Adige,gli appartenenti alla comunità slovena hanno da semprevotato per tutta una serie di formazioni politiche perlopiù

del centrosinistra o moderate, anche se ultimamente si rile-vano alcuni spostamenti del consenso elettorale ancheverso i partiti del centrodestra».

(www.fvg.it )

VALLI DEL NATISONE

Tabelle imbrattate, le Liste Civiche

si esprimono sui recenti fatti di cronaca

I recenti atti vandalici sulle tabelle bilingue nelle Valli delNatisone incontrano la ferma condanna del sindaco diPulfero Piergiorgio Domenis e dei gruppi di minoranza neiconsigli comunali di Drenchia, San Leonardo, San Pietro,Savogna e Stregna. È bene tuttavia considerare l’atto perciò che ai più appare, ovvero l'iniziativa isolata dei soliti per-sonaggi che hanno sempre agito e agiscono vigliaccamenteal solo fine di instaurare un clima teso da guerra fredda.Simili azioni vandaliche denotano la mirata volontà di semi-nare odio e disprezzo nella comunità delle Valli delNatisone, creando forzatamente un nemico che non c’è,se non nelle cupe e malate ideologie degli imbrattatori, ora-mai però segnate dal tempo. Fa poi riflettere la straordinaria celerità con cui i sindaci diStregna e San Leonardo prima, e il consigliere regionaleRoberto Novelli subito dopo, si siano espressi sulla stam-pa indicando, di fatto, quelli che per loro – e solo per loro– risultano essere i colpevoli: lascino alle forze dell’ordineil delicato compito di individuarli e si scusino con tutta lacomunità slovena, allusivamente indicata quale respon-sabile degli imbrattamenti. La stessa comunità slovena, infatti, non ha mai operato perla sostituzione dell'identità italiana con quella slovena, comeasserisce con assoluta pochezza il referente della FiammaTricolore del Cividalese e Valli del Natisone, WalterQualizza, ma ha solo rivendicato, nelle forme più demo-cratiche, il legittimo riconoscimento di diritti che laCostituzione italiana sancisce, e questo a sostegno dellapropria dignità, oltre che per la crescita socio-economicae culturale di tutta la comunità delle Valli del Natisone. Latutela è oggi assicurata da leggi nazionali e regionali, ci sichiede quindi che senso abbia continuare con lotte che pro-vocano unicamente divisioni e fanno disperdere importantienergie a favore del conflitto anziché del confronto e dellacrescita.Inoltre la ventilata e sostenuta ipotesi di referendum, ver-gognosa ed inutile operazione di schedatura della popo-lazione, ha un forte sapore acre-discriminante di periodi pas-sati come negli “anni bui della Slavia”, ai quali evidente-mente qualcuno è ancora molto affezionato: notiamo infat-ti una certa affinità fra le scritte cancellate oggi e quelle chevenivano cancellate pochi anni fa.Tali proposte referendarie pensavamo non fossero senti-te come necessarie, in questa Europa unita dei popoli,soprattutto da chi ha responsabilità di amministrare edovrebbe favorire una vera integrazione: si sa, anche certiepisodi portano consenso, e strumentalizzarli fa comodoalla causa, in particolar modo quando latitano pesantementele idee e le proposte di governo del nostro territorio.Le Liste civiche – ora in opposizione – dei consigli comu-nali di Drenchia, San Leonardo, San Pietro, Savogna eStregna assieme al sindaco di Pulfero Piergiorgio Domenisritengono che oggi i cittadini delle Valli del Natisone che

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vivono la montagna legittimamente vogliono altro per riscat-tare la propria storia e proporsi per il proprio futuro eco-nomico, culturale e sociale, quindi se il consigliere regio-nale Novelli come altri consiglieri regionali e taluni Sindacisi sentono in dovere di fare qualcosa di utile, questo è ilmomento e speriamo, come spesso succede, di non doverrimpiangere un domani il tempo perso oggi .

(Comunicato stampa)

FAEDIS-FOJDA

Cristiano Shaurli: il vandalismo non ha

matrice linguistica

Il consigliere regionale Novelli si occupi, invece, deiproblemi della scuola bilingue di San Pietro

Il sindaco di Faedis, Cristiano Shaurli, condanna tutti gliatti vandalici sui cartelli stradali dei nostri Comuni ma nellostesso tempo legge con grande preoccupazione le paro-le del sindaco di San Leonardo e soprattutto, consideratoil ruolo, del consigliere regionale Roberto Novelli.Ritenendo assolutamente sbagliato oltre che irresponsa-bile da parte di un esponente dell'istituzione regionale col-legare e riportare questi atti alla minoranza slovena nelsuo complesso, come se i vandali e la stupidità del gestoavessero una matrice etnica o linguistica, fino a spinger-si, nell'ardita analisi del consigliere, a definirli comportamentisbagliati per la causa che sostengono.L'ignoranza ed il vandalismo non hanno matrice identita-ria così come il poco rispetto per il denaro pubblico, baste-rebbe vedere ciò che accade a livello nazionale e richie-dere censimenti della minoranza come se questo servis-se a trovare immediatamente i colpevoli non fa altro cheenfatizzare divisioni e paure anacronistiche che evidente-mente il consigliere non ha superato o strumentalmentevuole mantenere in vita.Sperando che tutti condividano l'idea di un’Europa unitabasata sul reciproco rispetto e non sul reciproco sospettocolpisce e preoccupa ancor più invece il contestuale silen-zio del consigliere regionale sul difficile momento che stavivendo la scuola bilingue di San Pietro al Natisone, pas-sata l'emergenza grazie all'impegno di tutta l'amministra-zione locale e soprattutto di tanti volontari fra genitori e sem-plici cittadini sarebbe importante sentire delle risposte o per-lomeno delle proposte sul futuro di una realtà di eccellen-za, che interessa molti comuni e che per numero di iscri-zioni è in netta controtendenza rispetto ad altre realtà delnostro territorio. C'è l'impegno e la volontà a reperire i fondiper una nuova struttura efficiente e sicura? C'è la consa-pevolezza che dislocando in vari plessi l'esperienza dellascuola bilingue si creerà un disagio a bambini e famigliee soprattutto in prospettiva si rischierà di perdere quel-l'eccellenza riconosciuta a livello intercomunale e non solo?Rimango convinto che queste siano le risposte importan-ti che il territorio si attende da un suo rappresentante piut-tosto che superficiali e pericolose prese di posizione cheidentificano l’intera minoranza slovena con dei vandali alsolo scopo di rilanciare ed enfatizzare nostalgiche ma, ormaiin Europa, incomprensibili divisioni.

Cristiano ShaurliSindaco di Faedis

(Comunicato stampa)

KOPER - CAPODISTRIA

Türk: una soluzione sistematica

per i finanziamenti alla minoranza

Nell’intervista rilasciata al quotidiano slovenoPrimorske novice, il presidente sloveno Danilo Türksi sofferma sulle questioni attuali della minoranza slo -vena

In una recente intervista, rilasciata al quotidiano slovenoPrimorske novice, il presidente sloveno Danilo Türk si sof-ferma su questioni attuali della minoranza slovena, sullastoria del passato e sui rapporti tra Italia e Slovenia.Il presidente crede molto nell’importanza del centro multi-culturale a San Pietro al Natisone, nella Slavia friulana,attualmente in fase di progettazione. Per quanto riguardai problemi finanziari delle istituzioni culturali della minoranzaslovena crede che la questione vada risolta in modo siste-matico e nell’ambito dei rapporti bilaterali tra Italia eSlovenia, che attualmente sono piuttosto freddi a causa dialcuni nodi irrisolti.«Non è bene — sottolinea il presidente — che ogni annosia necessario l’intervento della Slovenia per garantire allaminoranza slovena l’assegnazione dei finanziamenti daparte del governo italiano, regolata da norme legislativevigenti in Italia ed in ambito internazionale. A questo pro-posito va trovata una soluzione sistematica e sarebbeopportuna un’azione più decisa in questo senso da partedella Slovenia, dopo aver consultato la minoranza slove-na e sulla base delle sue proposte».Al presidente Türk piace il progetto del centro multicultu-rale attualmente in fase di progettazione a San Pietro alNatisone, nella Slavia friulana. Sottolinea, inoltre, come inquest’area negli ultimi tre decenni siano stati fatti grandipassi in avanti con l’istituzione della scuola bilingue.Secondo il presidente Türk a San Pietro al Natisone sipotrebbe costruire un centro di interesse europeo, attra-verso il quale promuovere la cooperazione interculturale.Türk fa poi riferimento al Teatro stabile sloveno quale col-lante interculturale. Una visione strategica alla quale dovreb-be essere improntato il sostegno finanziario.Il presidente Türk ritiene che i tentativi di criminalizzare lalotta per la liberazione nazionale non rappresentino un pro-blema solo per il Litorale, ma per tutta la Slovenia. «La cri-minalizzazione della lotta per la liberazione nazionale – hadetto Türk – va combattuta in modo molto deciso. Nel con-tempo è necessario continuare a sottolineare che il primototalitarismo del ventesimo secolo è stato il fascismo, cheha causato tanta sofferenza al popolo sloveno e che duran-te l’occupazione della Slovenia nel corso della secondaguerra mondiale, si è macchiato di crimini brutali».«Nel Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo degli ita-liani – aggiunge il presidente Türk – si sottolinea sempreche il fascismo rappresenta la questione primaria. Ma ènecessario anche il dialogo. Nell’intervento che ho tenutoquest’anno nel Giorno del ricordo, lo scorso 10 febbraio,ho richiamato l’attenzione su quattro punti. In primo luogoche il trattato di pace rappresenta una costante dell’ordi-namento europeo e il fondamento per tutto ciò che è acca-duto in seguito, ivi compresa l’istituzione dell’Unione euro-pea. In secondo luogo che parlando del passato non dob-biamo mai dimenticare i crimini commessi dal fascismo.

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L’anno scorso il presidente italiano Napolitano avevaespressamente riconosciuto la responsabilità del fascismoverso il popolo sloveno, il che è degno di nota ancora oggi.In terzo luogo ho sottolineato l’importanza del dialogo chedev’essere improntato al rispetto e alla pari dignità. In quar-to ed ultimo luogo ho detto che in occasione delle com-memorazioni dobbiamo essere attenti ai problemi attuali,soprattutto a quelli che riguardano la minoranza slovena».Questi, secondo il presidente sloveno, sono gli ingredien-ti che in futuro dovrebbero alimentare il dialogo tra Sloveniaed Italia. Un dialogo che Türk ritiene necessario e ricordache queste questioni vengono sempre toccate nel corsodei suoi incontri con Napolitano. Ad ogni modo Türk non crede che si potrebbe ottenere qual-cosa con una sola manifestazione di riconciliazione. «Loscorso anno ho dichiarato pubblicamente – afferma Türk– che non mi sembra necessario convocare un incontropubblico trilaterale. Abbiamo piuttosto bisogno di un dia-logo bilaterale ponderato ed efficace, attraverso il qualemigliorare la comprensione reciproca».Il presidente Türk reputa buoni i rapporti tra Slovenia e Italia,ma li ritiene al di sotto del livello necessario. Crede, inol-tre, che siano le barriere mentali ad ostacolare la collabo-razione.«Sembra – ha detto Türk – che per il governo ita-liano la Slovenia non sia tra le priorità della politica este-ra italiana. Anche in Slovenia lasciamo irrisolta qualche que-stione relativa ai rapporti italo-sloveni. Si tratta di un puntonon facile da affrontare per la Slovenia, dal momento chela differenza in grandezza tra i due Paesi è notevole. LaSlovenia deve costruire contemporaneamente buoni rap-porti con l’Italia e con la regione Friuli-Venezia Giulia».

(Primorski dnevnik, 6. 3. 2010)

ITALIA - SLOVENIA

Impegno per la stabilità finanziaria della

minoranza

Lo ha promesso il premier sloveno Borut Pahor nelcorso di un incontro con la senatrice slovena TamaraBla¡ina e i presidenti di Sso ed Skgz, Œtoka e Pavœi@

Il presidente del governo sloveno, Borut Pahor, ha avutorecentemente un breve incontro, a Opicina-Op@ine, con lasenatrice slovena Tamara Bla¡ina, e con i presidenti dellaConfederazione delle organizzazioni slovene-Sso, DragoŒtoka, e dell’unione culturale economica slovena-Skgz,Rudi Pavœ[email protected] rappresentanti della minoranza slovena hanno ringrazia-to Pahor per l’impegno profuso dalla Slovenia perché fosserestituito il milione di euro dal governo italiano alla comu-nità slovena. Hanno, inoltre, sottolineato che nonostanteil provvedimento del presidente del Consiglio, SilvioBerlusconi, l’anno prossimo, nel 2011, la minoranza si tro-verà con gli stessi, se non peggiori, problemi finanziari. Gliinterlocutori hanno convenuto sulla necessità di risolverein modo sistematico la questione del finanziamento dellaminoranza da parte dello Stato. A questo proposito Pahorha promesso ulteriori interventi da parte slovena presso ilgoverno italiano. Probabilmente la questione verrà tocca-ta nel corso dell’incontro tra Pahor e il presidente del Friuli-Venezia Giulia, Renzo Tondo, che dovrebbe tenersi pocodopo Pasqua a Lubiana.

Nel frattempo, ad oggi la Gazzetta ufficiale non ha anco-ra pubblicato il decreto del presidente del Consiglio, in baseal quale il governo assegna il milione di euro alla regioneFriuli-Venezia Giulia ad uso della minoranza slovena.Secondo quanto dichiara il sottosegretario al Ministero degliesteri, Alfredo Mantica, Berlusconi ha approvato questoprovvedimento lo scorso 22 febbraio.Qualche giorno fa l’amministrazione regionale del Friuli-Venezia Giulia ha registrato, nei suoi documenti del bilan-cio finanziario, il milione di euro per gli sloveni. A questoproposito l’assessore regionale competente, RobertoMolinaro, ha già avviato il procedimento per la distribuzionedi circa cinque milioni di euro per l’anno 2010. Un compi-to questo che è di competenza della giunta regionale, chedovrebbe pronunciarsi in merito forse già entro marzo. Lecosiddette organizzazioni primarie della minoranze sonolegittimate ai contributi statali. Il loro elenco quest’anno nonha subito variazioni ed è stato allegato al bilancio della regio-ne per il corrente anno.

(Primorski dnevnik, 23. 3. 2010)

ITALIA - SLOVENIA

Deputati sloveni in visita a Roma e Trieste

Una delegazione di deputati sloveni, facenti parte della com-missione per i rapporti con gli sloveni d’oltre confine e nelmondo, guidata dal presidente della commissione per i rap-porti con gli sloveni d’oltre confine e nel mondo, Mirko Petek(Partito democratico sloveno) e composta anche dal vice-presidente Mirko Brulc e da Janja Klasinc (entrambi espo-nenti dei Socialdemocratici, la Klasinc presiede anche ilComitato parlamentare per la politica estera), è stata recen-temente ricevuta a Trieste ed a Roma da rappresentantidella minoranza slovena, della regione Friuli-Venezia Giuliae del governo.A Trieste la delegazione slovena ha dapprima incontrato,presso la sede del consolato generale, i rappresentanti dellaminoranza slovena, poi presso il Narodni dom di via Filzi,quelli delle istituzioni culturali slovene e, infine, nel palaz-zo del Consiglio regionale i consiglieri regionali sloveni IgorGabrovec e Igor Kocijan@i@ e il presidente del consiglioregionale, Eduard Ballaman.Secondo il presidente dell’Unione culturale economica slo-vena-Skgz, Rudi Pavœi@, le questioni della minoranza, iviinclusa quella finanziaria, potranno essere risolte solo semiglioreranno i rapporti tra Italia e Slovenia. A questo pro-posito ha sottolineato la necessità di promuovere il dialo-go sia a livello governativo che parlamentare e di eviden-ziare il ruolo della regione Fvg. Oltre a sottolineare cheormai da tre anni non vengono convocati tavoli di confrontotra Italia e Slovenia, Pavœi@ ha richiamato l’attenzione suldisinteresse degli ultimi tempi da parte della regione Fvgverso la comunità slovena. La regione ha infatti tagliato aglisloveni addirittura i contributi minimi, che le spettano in basealla legge di tutela per la minoranza slovena. Pavœi@ ha quin-di aggiunto che nel frattempo la regione ha formalizzato ilruolo di lingue nuove nella Slavia friulana, «il che è in con-traddizione con le leggi e la logica».Il presidente dello Sso, Drago Œtoka, ha trattato la questioneminoritaria in un contesto internazionale più ampio. «La visi-ta della delegazione a Roma cade nel momento giusto –ha detto Œtoka – perché se è vero che il milione di euro ciè sto restituito, è anche vero che sono ancora molte le que-

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alla conferenza che si terrà il prossimo 20 marzo a Brdopri Kranju), i rapporti generali tra Italia e Slovenia, che, adetta degli interlocutori, necessitano di incontri più frequentia livelo locale e nazionale. A questo proposito la Klasincha invitato Stefani, Dini e la senatrice Tamara Bla¡ina aduna visita in Slovenia, a Lubiana, dove visitare il parlamento,Capodistria e Nova Gorica e conoscere meglio la realtàlocale. L’invito è stato accolto ed è stato promesso che verràorganizzato in tempi ragionevoli, forse già entro l’anno.

(I. ˘., Primorski dnevnik, 13. 3. 2010Novi glas, 18.3.2010)

MINORANZA

Sso: sui finanziamenti alle attività culturali

Riunito a Cividale il direttivo della Confederazione

Nel corso dell’ultima riunione il direttivo dellaConfederazione delle organizzazioni slovene-Sso si è sof-fermato sulla distribuzione dei finanziamenti che sono desti-nati dalla Slovenia alla comunità nazionale slovena in Italia.Si tratta di un contributo importante, utile nel garantire con-tinuità all’attività della minoranza slovena nell’ambito dellasocietà civile. A questo proposito è stato sottolineato che,in considerazione delle difficoltà emerse con l’assegnazionedei contributi da parte del governo italiano, lo Sso, e in par-ticolare alcune delle sue organizzazioni, nutriva maggioriaspettative sui finanziamenti assegnati dalla Slovenia attra-verso l’Ufficio per gli sloveni d’oltre confine e nel mondo.L’importo assegnato dalla Slovenia per il 2010 è, infatti, infe-riore a quello dello scorso anno. Per questo motivo lo Ssoavverte la necessità di tenersi maggiormente in contattocon l’Ufficio, diretto dal ministro Boœtjan ˘ekœ, al fine di adot-tare delle soluzioni adeguate.Il presidente Drago Œtoka ha, quindi, informato il direttivosulla questione dei finanziamenti regionali per le organiz-zazioni ed i circoli regionali. A questo proposito ha sotto-lineato che le tendenze ad introdurre alcune modifiche sonogiustificate, anche se va considerata la realtà poliedrica dellasocietà civile slovena. Accanto al lavoro dei dipendenti delleprincipali organizzazioni e istituzioni slovene, va conside-rato e giustamente premiato anche l’apporto prezioso datodal volontariato.Œtoka ha poi riferito sul recente simposio, che ha avutoluogo a Roma, dal titolo «Lingue minoritarie e scuola. Adieci anni dall’approvazione della legge 482/99» e al qualeè intervenuto con una relazione sull’attuazione della leggenella regione Fvg. Tra i molti intervenuti il presidente delComitato paritetico, Boan Brezigar, e gli ex parlamentariche hanno contribuito alla stesura del testo di legge. A que-sto proposito Œtoka ha sottolineato come sia interessanterilevare che i tre più grandi partiti dell’epoca, con il loro atteg-giamento molto dubbio se non contrario nei confronti dellalegge, hanno rallentato notevolmente l’intero iter di appro-vazione ed hanno influito sul contenuto del testo della legge.Il presidente dello Sso per la provincia di Udine, GiorgioBanchig, ha richiamato l’attenzione sull’imbrattamento deicartelli stradali bilingui, che si è recentemente verificato nellaSlavia friulana-Bene@ija. Un atto deprecabile, secondo loSso, che è stato sfruttato dagli oppositori degli sloveni, iquali attraverso i media hanno chiesto un censimento dellapopolazione slovena sul territorio ed hanno additato nelleorganizzazioni slovene i responsabili di questi atti vanda-

stioni irrisolte». Anche Œtoka ha sottolineato che il dialogotra Italia e Slovenia è carente su più fronti. «A tutti è chia-ro – ha detto Œtoka – che l’attuazione della legge di tute-la è a un punto morto. Non si parla infatti più dell’istituzio-ne, presso il conservatorio di Trieste, della sezione auto-noma slovena di musica e tutto tace anche sulle tabellebilingui. Si tratta di questioni importanti per l’attività dellenostre organizzazioni». «Per questo motivo – concludeŒtoka – la commissione ha il compito di richiamare l’at-tenzione sulla realtà della minoranza slovena, che è tute-lata da impegni internazionali tra Italia e Slovenia».La necessità di un contributo anche da parte della regio-ne Fvg alla promozione del dialogo tra Italia e Slovenia èstata sottolineata anche nel corso dell’incontro con i rap-presentanti del Consiglio regionale, Gabrovec, Kocijan@i@e Ballaman. Gabrovec ha sottolineato soprattutto il ruoloprezioso che in passato ha rivestito la commissione bila-terale Ialia - Slovenia, nell’ambito della quale operava ancheil tavolo per le minoranze. Nonostante la promessa fattadal presidente della regione Fvg, Renzo Tondo, nel corsodella sua visita dell’anno scorso a Lubiana, di riportare inauge la commissione bilaterale, ad oggi non è stato fattoancora nulla.«La crisi economica generale – ha aggiunto Gabrovec –costringe i governi ad occuparsi perlopiù dei problemi cheriguardano la politica interna e delle emergenze socioe-conomiche, il che è comprensibile. Però è necessario capi-re che dalla cooperazione transfrontaliera e in generale dabuoni rapporti di vicinato possono scaturire nuove oppor-tunità per lo sviluppo globale di un territorio, grazie al qualesuperare i momenti di crisi». Gabrovec si è poi detto con-corde con la proposta di Kocijan@i@ di riprendere la colla-borazione con il club dei deputati del Litorale.A Roma la delegazione slovena, è stata ricevuta dai pre-sidenti delle commissioni per la politica estera della Cameradei deputati e del Senato, Stefano Stefani (Lega nord) eLamberto Dini (Popolo della libertà). Ad essi la delegazio-ne ha sottolineato soprattutto la questione dei finanziamentiassegnati dal governo italiano alla minoranza slovena.Nonostante sia stato restituito il milione alla minoranza slo-vena, nel bilancio per il 2011 e 2012 si prevede tagli benpiù drastici pari a due milioni di euro all’anno.Come ci è stato riferito dall deputato Petek la delegazio-ne slovena è riuscita a mettere a fuoco la questione deifinanziamenti e spera di aver trovato degli alleati soprat-tutto nel presidente della commissione per gli esteri delSenato, Lamberto Dini, che nel 2001, quando fu approva-ta la legge 38 di tutela per la minoranza slovena, era mini-stro degli Esteri nell’allora governo di centrosinistra. Dinireputa che la legge di tutela, che come hanno sottolinea-to i deputati sloveni, non viene rispettata integralmente, con-tribuisce in modo rilevante a migliorare la condizione dellaminoranza slovena. Nel corso dell’incontro Dini ha pro-messo che, nei limiti delle sue possibilità, cercherà di impe-dire il taglio dei finanziamenti per gli sloveni in Italia inter-venendo presso il governo e chiedendo che si mantengainalterato l’importo di cinque milioni di euro. Dini ha chiesto alla delegazione slovena informazioni sullasituazione della minoranza italiana in Slovenia, la quale,da quanto sostengono i deputati sloveni riceve circa 15milioni di euro all’anno. La delegazione, inltre, sostiene chela Slovenia non ha diminuito i finanziamenti, mentre Dinisostiene che l’importo è inferiore al passato.Nel corso dell’incontro con Dini e Stefani sono state affron-tate anche altre questioni, come la situazione nell’area occi-dentale dei Balcani (a questo proposito l’Italia è interessata

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lici. A loro volta, le principali organizzazioni e istituzioni slo-vene della Slavia friulana, alle quali lo Sso esprime appog-gio e solidarietà, hanno presentato una denuncia controignoti e contro le vili insinuazioni nei loro confronti.Il presidente dello Sso per la provincia di Gorizia, WalterBandelj, ha sottolineeato l’importante attenzione che ilcomune di Nova Gorica manifesta verso gli sloveni dellaprovincia di Gorizia. In questo contesto è iniziato uno scam-bio più approfondito di informazioni tra Nova Gorica e ledue organizzazioni slovene più rappresentative, lo Sso el’Unione culturale economica slovena-Skgz. Non è esclu-so che in futuro si giunga all’istituzione di un organo con-sultivo, ad ulteriore arrichimento dei rapporti transfronta-lieri fecondi, che negli ultimi anni intercorrono tra i due ter-ritori.Il presidente dello Sso per la provincia di Trieste, Igor Œvab,ha riferito degli incontri sui preparativi dell’assemblea gene-rale dell’Istituto di ricerca sloveno-Slori e della CooperativaPrimorski dnevnik.

(Comunicato stampa)

UDINE

Il governo italiano privilegia gli sloveni

a scapito dei friulani?

Strane insinuazioni da parte di ragguardevoli politicifriulani

Nell’ultimo periodo in Friuli sono sempre più numerose leinsinuazioni e le dichiarazioni di quanti sono convinti chei governi italiano e regionale privilegiano in qualche modola minoranza slovena a scapito dei friulani. È quanto affer-ma già da tempo il presidente della provincia di Udine esegretario regionale della Lega nord, Pietro Fontanini, ilquale è evidentemente riuscito a convincere il Comitato perl’autonomia del Friuli. Alcuni ragguardevoli esponenti delComitato hanno, infatti, iniziato a confrontare i finanziamentiil governo e la regione assegnano alla minoranza slovenacon quelli che i friulani percepiscono dalle stesse fonti.Questo confronto insostenibile è emerso nel corso dell’in-contro che il citato Comitato ha avuto con alcuni parla-mentari friulani, con esponenti di amministrazioni locali,dell’Università di Udine e della Chiesa friulana.Nel corso dell’incontro la questione dei finanziamenti sta-tali per la minoranza slovena è stata introdotta da ArnaldoBaracetti, che per lungo tempo è stato deputato del Pci eche è un gran sostenitore dell’autonomia friulana. «Le mino-ranze linguistiche, compresa quella friulana, – ha detto –si lamentano, a ragione, del fatto che il governo continuaa tagliare i contributi finanziari stanziati in base alla leggedi tutela 482. Sappiamo, inoltre, che il governo Berlusconiha restituito il milione di euro agli sloveni. Non ho nientecontro la minoranza slovena, che può peraltro contare sul-l’aiuto da Lubiana. Vorrei solo che in futuro il governo ita-liano tenesse conto delle richieste di tutte le minoranze enon solo di una».Ancora più esplicito è stato il professore Guglielmo Cevolin,che insegna diritto costituzionale all’Università di Udine.Secondo le sue stime, dal 1999 ad oggi, il fondo finanzia-rio che riguarda la legge 482 è sceso da 20 a 2 milioni dieuro, mentre il contributo annuale del governo per la mino-ranza slovena ammonta a 5 milioni di euro. Cevolin ha sot-

tolineato come alla notizia del milione di euro tolto alla mino-ranza slovena dal governo Berlusconi, sia immediatamenteseguito l’intervento di Lubiana e, di conseguenza, la resti-tuzione del milione di euro. Ha quindi concluso afferman-do che «mentre Lubiana per gli sloveni è una mamma, pernoi Roma è tuttalpiù una matrigna».Da queste ed altre dichiarazioni ha aprofittato il consiglie-re regionale del Popolo della libertà, Roberto Novelli, il qualechiede il censimento di tutte le comunità linguistiche delFriuli-Venezia Giulia, a cominciare da quella slovena.Mentre Cevolin se la prende con il governo, Novelli è cri-tico soprattutto nei confronti della regione Fvg, che è giàda qualche tempo bersagliata dalle critiche di Fontanini inmerito ai rapporti tra sloveni e friulani. A suo dire il mag-gior colpevole per la «discriminazione dei friulani a favoredegli sloveni» sarebbe l’assessore regionale alla cultura,Roberto Molinaro.Come già Cevolin, anche Novelli si è abbandonato a stimematematico-finanziarie. Sulla base della legge di tutela l’an-no scorso i friulani hanno percepito da Roma 300.672 euro,gli sloveni 135.703 e i tedeschi 16.227. Secondo Novelliquesta distribuzione dei finanziamenti è fortemente discri-minante perché non tiene conto del numero degli appar-tenenti alle tre minoranze linguistiche. I friulani, infatti, sareb-bero circa 600mila, mentre gli sloveni appena 80mila, fanotare Novelli.Nelle sue stime Novelli prende spunto da una dichiarazionedel presidente sloveno Danilo Türk, il quale avrebbe dettoche in Friuli-Venezia Giulia vivono circa 80mila appartenentialla comunità nazionale slovena. Novelli chiede all’asses-sore regionale Molinaro di verificare l’attendibilità del datonumerico fornito da Türk. Una verifica che, secondo Novelli,prevede un censimento delle tre minoranze linguistiche pre-senti sul territorio friulano. Un censimento che, secondoNovelli, rappresenta la base per una giusta distribuzionealle minoranze dei contributi statali e regionali. Prima peròsarà necessario “verificare” l’attendibilità delle affermazio-ni del presidente sloveno, il che non è proprio di compe-tenza dell’amministrazione regionale.

S. T.(Primorski dnevnik,26.3.2010)

TRIESTE-TRST

La provincia di Trieste

ha approvato lo statuto

I consiglieri sloveni potranno esprimer si nella proprialingua madre

In Consiglio provinciale i consiglieri sloveni potranno espri-mersi nella propria lingua madre. Il diritto all’uso della lin-gua slovena viene, infatti, sancito dal nuovo statuto recen-temente approvato dal consiglio provinciale di Trieste.A favore del nuovo statuto hanno votato 14 rappresentantidella maggioranza di centrosinistra (accanto alla presidenteprovinciale Maria Teresa Bassa Poropat, e al presidentedel consiglio provinciale, Boris Pangerc, quelli dei consi-glieri Liza Slavec, Elena Legiœa, Carla Melli, Fabio Vallon,Massimo Veronese, Emilio Coretti, Sandy Klun, MarizaŒkerk, Maria Monteleone, Zoran Sosi@, Paolo Salucci eMichele Moro). Contro hanno votato sette consiglieri del-l’opposizione di centrodestra (Claudio Grison, Luisa

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«Lingue minoritarie e scuola. A dieci anni dall’ap-provazione della legge 482/99», è questo il tito-lo del simposio, che ha avuto luogo l’11 e il 12

marzo negli spazi dell’istituto scolastico “V. Emanuele II”,in via Monte Grappa, a Roma, e che è stato organizzatodal ministero per l’Istruzione. Il simposio prende spunto dal-l’ampia ricerca sugli attuali effetti della legge 482, che èstata fatta da un gruppo di ricercatori dell’università Bicoccadi Milano, sotto la guida del professor Gabriele Iannacura.Si tratta di quasi 400 pagine, che sono state pubblicate dalministero, e che rapparesentano una base per tutte le futu-re attività legate all’attuazione, nel settore della scuola, dellalegge quardo per le minoranze.La legge 482 è sta approvata nel 1999 e oggi è possibileeffettuare un primo bilancio del lavoro fatto. Nonostante siastata oggetto di tanti ripensamenti e critiche, resta il fattoche con questa legge sono state riconosciute in Italia leminoranze linguistiche. Solo 50 anni dopo l’approvazionedella costituzione italiana, che obbliga lo Stato a tutelarele minoranze, l’Italia ha iniziato ad applicare questo fon-damentale principio costituzionale. Il simposio è stato introdotto dal direttore generale per l’or-ganizzazione della scuola presso il ministero per l’Istruzione,Mario Dutto, il quale ha sottolineato i cambiamenti inter-venuti negli ultimi dieci anni in Italia, dove non è possibiledelimitare il plurilinguismo alle minoranze, dal momento cheè parte integrante della quotidianità nel Paese. Ha, inol-tre, sottolineato come il simposio offra ai cittadini l’occa-sione di convincersi che oggi la diversità è una condizio-ne essenziale per un ingresso a pieno diritto nella societàcontemporanea. Il plurilinguismo però, ha aggiunto, nondeve essere solo un principio, ma necessita anche di risul-

tati concreti.La rappresentante dell’Ufficio per le regioni presso la pre-sidenza del Consiglio, Cinzia Zaccaria, ha richiamato l’at-tenzione sul fatto che la legge 482 non riguarda solo lascuola, ma anche le competenze delle amministrazioni loca-li, gli sportelli e le scritte bilingui e la formazione profes-sionale. Ha anche sottolineato la necessità di un utilizzoefficace degli esigui finanziamenti a disposizione, dalmomento che in dieci anni, la presidenza del governo hainvestito quasi 70 milioni di euro per finanziare più di 1600progetti. Il direttore generale del ministero, Mario Marconi, ha richia-mato l’attenzione soprattutto sui grandi cambiamenti inter-venuti negli ultimi dieci anni in Europa, dov’è cambiato ilnostro rapporto con i confini e il concetto di cittadinanza.«La legge 482 – ha evidenziato – riconosce la pluralità dellelingue e delle culture presenti in Italia» ed ha ricordato cheanche il Ministero degli Interni ha incentivato le iniziativeper l’attuazione della legge.«Le minoranze sono un fattore di collaborazione e di inte-grazione», ha detto. Ha poi espressamente sottolineato cheil parlamento ha integrato la legge 482 con la 38, di tute-la della minoranza slovena, con l’intento di garantire unuguale trattamento a tutti gli appartenenti della minoranzaslovena, dal momento che prima una parte di essa gode-va della tutela in base all’articolo 8 del Trattato di Osimo,con il quale si confermava i dettami del Memorandum diLondra.La sua valutazione dei dieci anni di attuazione della 482è, ad ogni modo, positiva, dal momento che «nello spiritodelle direttrici impartite dal Consiglio d’Europa – ha con-cluso Marconi – l’Italia ha ratificato la convenzione quadro

Convegno organizzato dal ministero per l’Istruzione a dieci anni della legge 482/99 ROMA

Lingue minoritarie e scuolaSolo 50 anni dopo l’approvazione della Costituzione, l’Italia ha adottato una legge di tutela

Stener, Mario Vascotto, Paolo de Gavardo, MassimoRomita, Piero Degrassi e Marco Vascotto).Per la minoranza slovena sono importanti soprattutto duearticoli del nuovo statuto: il quarto e l’ottavo. Nel quarto arti-colo si afferma che la provincia valorizza le diversità cul-turali, linguistiche e religiose, presenti sul territorio e chericonosce e tutela soprattutto il diritto all’uso della linguaslovena. Nell’ottavo, invece, si autorizza l’uso della linguaslovena nell’ambito dell’attività del consiglio provinciale,come previsto da un’apposita normativa.«Due articoli che – ha sottolineato la presidente della pro-vincia Maria Teresa Bassa Proropat – rappresentano dueassi portanti dello statuto. In essi viene sottolineata sia lamulticulturalità, il plurilinguismo e l’osservanza di più reli-gioni, che caratterizzano il nostro territorio, sia la tutela deidiritti delle comunità e dei singoli individui».«Altri temi importanti evidenziati nello statuto – concludela Proropat – sono la collaborazione attiva dei giovani, latutela dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro, la cultura dellapace, il diritto all’utilizzo delle fonti idriche e la loro salva-guardia».Per la definitiva approvazione dello statuto ci sono voluteben 16 sedute, dovute al fermo ostruzionismo dell’oppo-

sizione di centrodestra, la quale, per rallentare il procedi-mento di approvazione dello statuto con il quale si auto-rizza l’uso della lingua slovena in consiglio provinciale, hapresentato ben 411 emendamenti.La maggioranza di centrosinistra si era pronunciata a favo-re del nuovo statuto già durante la seduta dello scorso 3marzo, quando non venne definitivamente approvato perinsufficenza di voti. Per questo motivo è stato necessarioripetere la votazione dopo 15 giorni. L’approvazione dello statuto non rende automatico l’usodella lingua slovena già dalla prossima seduta del consi-glio, dal momento che per il riconoscimento formale del-l’uso della lingua slovena è necessaria l’approvazione delnuovo regolamento sull’attività del Consiglio provinciale.Regolamento sul quale i consiglieri devono pronunciarsientro 120 giorni dall’approvazione dello statuto. Non è anco-ra chiaro se essa verrà adeguato al nuovo statuto o se saràstilato ex novo.In ogni caso l’approvazione del nuovo statuto provincialerappresenta un nuovo passo sulla strada del riconoscimentodella minoranza slovena in provincia di Trieste.

M. K.(Primorski dnevnik, 4-26.3.2010)

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per la tutela delle minoranze nazionali e si impegna adattuarla nel migliore dei modi».

Tullio De Mauro, «padre morale» della leggeNon è esagerato affermare che la legge 482 non ci sareb-be senza l’intervento determinante del noto linguista TullioDe Mauro. La sua fama la deve soprattutto al fatto di averscritto, per primo, un libro sulle minoranze in Italia, che èstato citato in molte occasioni. Di fatto la preoccupazioneper le minoranze in Italia emerge già dall’assemblea costi-tuente. È interessante che nella prima stesura della costi-tuzione non c’era l’articolo sulle minoranze, che è stato inse-rito solo nella seconda stesura su proposta del deputatodel Partito d’azione, Tristano Codignola, che diversi annidopo è entrato a fare parte del Partito socialista, dopo lasoppressione del Partito d’azione e l’esclusione dal Partitosocialdemocratico.Con la Costituzione l’interesse per le minoranze ristagnò.L’Italia prese alcuni provvedimenti per le minoranze nellezone di confine, soprattutto sulla base dei trattati interna-zionali. A questo proposito De Mauro ha citato alcuni fattimeno noti, per esempio il fatto che nel 1970 è stata com-missionata ai carabinieri una relazione sulle minoranze inItalia. «In merito alle minoranze serbocroate nella regioneMolise – ricorda De Mauro – i carabinieri scrivevano del-l’impegno nella tutela e nell’insegnamento della lingua daparte di un certo insegnante e ne esprimevano un giudi-zio negativo mitigandolo con la sottolineatura che si trat-tava di un buon cattolico».I primi ad occuparsi delle minoranze in parlamento furonoi deputati Andrea Lizzero, del Partito comunista, e il repub-blicano Francesco Compagna. Questi ottennero dalla pre-sidenza della Camera dei deputati i dati fondamentali sulleminoranze in Italia, che presentarono poi a De Mauro,«forse – sottolinea quest’ultimo – perché nel 1963 avevoscritto un libro sulla storia linguistica dell’Italia unita». Fuimmediata la reazione della presidenza del governo, laquale sosteneva che il parlamento non era autorizzato atrattare queste questioni, che considerava prerogativa del-l’ufficio di statistica Istat. L’allora presidente della Cameradei deputati, Sandro Pertini, non diede ascolto al governoe la ricerca potè, quindi, procedere e nel 1977 fu pubbli-cato il primo studio in forma sintetica. A questo propositoDe Mauro ha richiamato l’attenzione sull’atteggiamento cheall’epoca vigeva verso le minoranze. Ha detto che nel 1974l’amministrazione provinciale di Trieste organizzò nel capo-luogo giuliano una conferenza internazionale sulle mino-ranze. Allora il presidente del governo italiano, Aldo Moro,vietò al presidente Michele Zanetti la divulgazione del mate-riale della conferenza, che fu pubblicato solo cinque annipiù tardi.In quel periodo furono presentate anche le prime bozzedella legge. Il primo testo, sottoscritto da Loris Fortuna eda Giuseppe Chiarante, fu bocciato da tutti i maggiori par-titi, Dc, Pci e Psi. Neanche le minoranze “forti” ne eranoentusiaste. Gli sloveni chiedevano una legge per sé, i sud-tirolesi temevano che con questa legge avrebbero persoparte della loro forza.In quel periodo Gaetano Arfè presentò la sua risoluzionenel Parlamento europeo, che fu approvata, non senza dif-ficoltà, nel 1981. Lo stesso Arfè fu bersagliato dalle criti-che dei linguisti francesi, i quali negavano la presenza diminoranze in Francia.Alla fine degli anni Ottanta venne approvata la legge dallaCamera dei deputati. Tuttavia la legge incorse in una fermaopposizione, con in testa il presidente del Senato,

Giovanni Spadolini. Gli oppositori vedevano nella legge unaminaccia all’unità della lingua italiana e dell’Italia. Una tesisostenuta da grandi testate italiane, soprattutto dalCorriere della Sera e dalla Stampa. Lo storico GiuseppeGalasso raccolse firme contro la legge, tra queste figura-vano i nomi di autorevoli intellettuali. «Anch’io iniziai a rac-cogliere firme a favore della legge. Oltre a me firmaronoUmberto Eco, Aldo Visalberghi e Renzo Titone», ha con-cluso De Mauro, che ha così illustrato il clima che regna-va all’epoca. Fu necessario attendere ancora dieci anniprima della definitiva approvazione della legge.

Il traguardo esistenziale di Domenico MaselliQuando nel 1994 Domenico Maselli fu per la prima voltaeletto in parlamento, gli si affidò il compito di occuparsisoprattutto di tutte le questioni inerenti la libertà. Lo ha potu-to fare solo al suo secondo mandato, che ha avuto inizionel 1996. Si è occupato di tutte le leggi, che in qualsiasimodo riguardano la libertà. Come ha detto lui stesso al sim-posio, si è dedicato in larga parte alle minoranze.Conosceva la storia delle minoranze, molte delle quali sonocaratterizzate da un forte intreccio tra lingua e religione.«Gli albanesi – ha detto Maselli - hanno potuto conserva-re la lingua perché sono riusciti a preservare la religione,che poggiava sulla tradizione ortodossa; gli occitani nelcomune di Guardia Piemontese hanno rinunciato alla reli-gione, ma hanno mantenuto la lingua». In parlamento lalegge sulle minoranze linguistiche era vista come ‘porta-sfortuna’. Per vent’anni se ne sono occupati e non vennemai approvata: per questo motivo questa legge rappre-sentava per Maselli un’ulteriore sfida.Iniziò ad occuparsene nel gennaio del 1997. Poco dopo illavoro in commissione fu sospeso e venne nominato uncomitato ristretto. Presero il via le riunioni, i convegni, laraccolta di dati e di comunicati. Ci è voluta molta pazien-za, ma alla fine la legge è stata approvata. Con la suaapprovazione, almeno in linea di principio, l’Italia ha ottem-perato agli obblighi previsti dall’articolo 6 della costituzio-ne.Per quanto riguarda il contenuto della legge, al simposioMaselli ha detto che si dispiace soprattutto per alcune lacu-ne, che non si è riusciti a colmare. La prima riguarda i rom:la legge non contempla la comunità rom, dal momento cheè inventrata sulla territorialità. Caratteristica questa estra-nea alla condizione dei rom in Italia. «In tutta Italia – hadetto Maselli – non c’era neanche un comune dove alme-no il 15 per cento della popolazione fosse costituito da rom.Era questa, infatti, almeno in linea di principio, la condizioneminima perché fosse riconosciuta la presenza della mino-ranza in un comune». Maselli ha poi aggiunto che, in unsecondo momento, egli stesso aveva presentato un dise-gno di legge per la tutela di Rom, ma non fu accolto.La seconda lacuna riguarda la questione delle lingue ita-liane ovvero dei dialetti, che hanno alle spalle una ricca sto-ria ed una tradizione millenaria. A questo proposito vale lapena sottolineare che per secoli la Repubblica di Veneziaaveva fatto valere una lingua, che oggi conosciamo comedialetto veneziano e che veniva parlato anche in Turchia,con la quale Venezia aveva rapporti economici. I dialettiitaliani hanno alle spalle una ricca tradizione letteraria e perquesto motivo sarebbe necessario fare qualcosa per pre-servarli. A questo proposito Maselli aveva presentato unarisoluzione, che il governo accolse, ma poi non se ne fecenulla.La terza questione, che Maselli avrebbe voluto risolvere,riguarda il nesso tra la legge 482 e la legislazione per le

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minoranze che hanno già usufruito di altre norme di tute-la. Stiamo parlando del Sud Tirolo, della Val d’Aosta e diparte della minoranza slovena in Friuli-Venezia Giulia. Ilnesso non è stato ancora trovato e così in Italia si conti-nua a trattare queste questioni separatamente.A questo importante simposio sono intervenuti, tra gli altri,trattando temi diversi e nell’ambito delle varie commissio-ni, Domenico Morelli, il presidente del Comitato paritetico,Bojan Brezigar, il presidente della Confederazione delleorganizzazioni slovene-Sso, Drago Œtoka.Di notevole interesse l’illustrazione, nel corso del simpo-sio, dei 13 progetti preparati dalle scuole sull’insegnamentoe la valorizzazione delle lingue di tutte le minoranze, adeccezione del catalano. Tra i lavori presentati il progettodella scuola con lingua d’insegnamento slovena, diVermegliano-Romjan, nel comune di Doberdò del Lago-Doberdo, attraverso il quale, tra l’altro, viene offerto aiutoa quei bambini che frequentano la scuola slovena, ma chenon vivono nell’ambiente sloveno. Hanno presentato i loroprogetti anche la direzione didattica di Monfalcone-Tr¡i@,inserita nella rete scolastica che comprende, tra le altre,la scuola di Resia-Rezija e le bilingue di San Pietro alNatisone-Œpeter. (…)

(Primorski dnevnik, 12. 3. 2010Bojan Brezigar, Primorski dnevnik, 21. 3. 2010)

L’INTERVENTO

La legge 482 e la comunità slovena

La relazione del presidente della Confederazione delleorganizzazioni slovene – Sso, Drago Œtoka

Pubblichiamo di seguito l’intervento del presidente dellaConfederazione delle organizzazioni slovene-Sso, DragoŒtoka, presentato al simposio «Lingue minoritarie e scuo -la. A dieci anni dall’approvazione della legge 482/99», inmerito alla situazione delle scuole slovene nella regioneFriuli-Venezia Giulia, all’attuazione della legge 482/99 e allenorme non attuate della legge di tutela 38/2001 per la comu -nità nazionale slovena in Italia.

PremessaLo stato, l'uso e la tutela della lingua slovena in Italia sonolegati sia ad accordi internazionali (vedi il memorandum diLondra 1954 che ha tutelato l'uso della lingua slovena nellaprovincia di Trieste dopo il 1954 e l'accordo di Osimo del1975), che però hanno lasciato ancora molte incertezze eombre sia sull'utilizzo della lingua slovena al di fuori dellaprovincia di Trieste che nel rapporto con le istituzioni ancheall'interno della provincia stessa, mentre alcuni diritti acqui-siti con il memorandum non sono mai stati applicati allacomunità slovena che è presente a ridosso del confine tral'odierna Slovenia (allora Jugoslavia) e l'Italia e che geo-graficamente si estende da Tarvisio sino a Muggia. Con l’approvazione della legge n. 482, del 15 dicembre1999, «Norme in materia di tutela delle minoranze lingui-stiche storiche», è stato fatto un passo in avanti per quan-to riguarda una legge generale di tutela delle minoranzelinguistiche in Italia derivante dal diritto di pari dignità socia-le per tutti i cittadini già previsto dal primo coma dell'art. 3della Costituzione italiana e dell'art. 6 che recita «La repub-blica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche».L'art. 2 della L 482/99 elenca le minoranze «la Repubblica

tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, cata-lane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle par-lanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino,l'occitano e il sardo».L'art. 3 definisce nel primo comma «L'ambito territoriale esubcomunale in cui si applicano le disposizioni di tutela delleminoranze linguistiche storiche previste dalla presente leggeè adottata dal consiglio provinciale, sentiti i comuni inte-ressati, su richiesta di almeno il quindici per cento dei cit-tadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni stes-si, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesi-mi comuni».La legge concede ai comuni designati in questo articolo l'usodella lingua minoritaria nell'amministrazione pubblica.Nell'aprile del 2001 è stato varato il Regolamento attuati-vo della legge 482/99, che stabilisce: «Il presente regola-mento disciplina altresì l'attuazione della legge alla mino-ranza linguistica slovena, con riferimento alle disposizionidella legge medesima che trovano ancora applicazione aisensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 23 febbraio 2001,n. 38, recante “Norme per la tutela della minoranza lin-guistica slovena dalla regione Friuli-Venezia Giulia”».È stato fatto un passo in avanti per quanto riguarda il rico-noscimento pubblico dello sloveno specialmente nelle pro-vincie di Udine e di Gorizia anche grazie al meccanismodi determinazione della presenza delle lingue minoritariesul territorio che la legge prevede. I comuni stessi si sono,infatti, espressi evidenziando la presenza sul territorio dellacomunità slovena, cosa che ha aperto nuovi orizzonti perl'utilizzo dello sloveno con le amministrazioni pubbliche. Questo cammino è stato poi continuato nel 2001 con l'ap-provazione della legge 38 (legge specifica di tutela dellacomunità slovena sul territorio nazionale) e infine nel 2008con l'approvazione della legge regionale 26 in cui la regio-ne Fvg cerca di regolare ancora in modo più chiaro il rap-porto tra l'amministrazione regionale e la comunità slove-na.Risulta chiaro, dunque, sin dall'inizio di questa relazioneche la legge 482/99 è solo un segmento di un quadro nor-mativo più ampio che riconosce alla comunità slovena inItalia la possibilità di utilizzare la propria lingua.

Situazione e stato di attuazione a 10 anni dall’emanazio-ne della leggeDopo dieci anni dall'entrata in vigore della legge non esi-ste a tutt'oggi uno studio generale che sia in grado di valu-tare lo stato di attuazione della legge su tutto il territorioregionale in cui si applica. La consulta per la comunità slo-vena di Gorizia ha in mente di promuovere insieme all'am-ministrazione provinciale di Gorizia uno studio in questadirezione, per avere una visione quanto più chiara e glo-bale su tutti i meccanismi della legge che comunque è appli-cata in tre provincie con modalità diverse. Qui di seguito un'analisi, per sommi capi, di ciò che è statofatto e di come è stato fatto, nonché di cosa sia ancora dafare.

Delimitazione del territorio(articoli 2 e 3)Innanzitutto per quanto riguarda la delimitazione territorialein cui la legge si applica va detto che i tempi sono stati gros-somodo rispettati e che i seguenti comuni nella provinciadi Trieste, Gorizia e Udine hanno deciso di rientrare nellezone in cui la legge si applica per la lingua slovena. Per la provincia di Trieste si tratta dei comuni di: Dolina,Muggia, Monrupino, Trieste, Duino Aurisina, Sgonico.

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prare cabine di traduzione simultanea sono state fatte damolti enti tra i quali anche la Provincia di Gorizia, ma ancheda comuni minori. La possibilità poi di poter usufruire di una persona impie-gata allo sportello linguistico ha dato la opportunità ai comu-ni del Triestino e ad alcuni nel Goriziano di redarre gli attiufficiali, che vengono pubblicati anche in sloveno.

Lo sloveno nel rapporto con il pubblico(articolo 9)Per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 9 le istitu-zioni più grandi si sono attrezzate ben presto con l'aper-tura di sportelli linguistici in modo da offrire alla popolazionela possibilità di utilizzare la lingua slovena nel rapporto conle istituzioni. Il primo Comune sembra sia stato quello diTarvisio, che è stato seguito a ruota dal Comune di Goriziae dalla Provincia di Gorizia. Gestire però questo servizio risulta oggi sempre più diffi-cile in quanto il finanziamento di tali uffici è discontinuo dianno in anno e non concede alle amministrazioni di poterstabilire un contatto duraturo con gli impiegati nella mag-gior parte Co.co.co. Il turn over è alto e interventi legisla-tivi di carattere nazionale hanno provocato una serie di dif-ficoltà. In questo contesto va ribadita la scelta coraggiosadella Provincia di Gorizia che ha stabilizzato e dunque messiin organico gli sportellisti 482/99 perdendo però così il finan-ziamento previsto dalla legge per questo progetto. La provincia di Gorizia si è, inoltre, attivata ad organizza-re corsi di lingua slovena per il proprio personale e per ilpersonale dei comuni.

Toponomastica(articolo 10)Per quanto riguarda l'adozione di toponimi in lingua slovenava detto che si sono attivate molte amministrazioni, sianell'Udinese, dove prima ciò non era possibile, che nelGoriziano dove molte amministrazioni hanno segnalato conappositi cartelli luoghi specifici. Oltre alla segnalazione deitoponimi nella provincia di Gorizia è stato messo in piediun progetto di segnaletica stradale bilingue su tutte le stra-de provinciali che prevede in ultima istanza anche l'assi-stenza per i comuni nel posizionare la segnaletica bilinguesulle strade di competenza comunale. A Trieste invecemolto di ciò era presente già prima dell'entrata in vigoredella legge.

Ripristino dei nomi(articolo 11)La possibilità offerta di ripristinare la forma originale delnome senza oneri per il cittadino è sempre più presa in con-siderazione da singoli, seppur nelle procedure continuinoad esserci delle difficoltà. Sembra, ed è confermato da testi-monianze di molti, che i problemi maggiori nascano pres-so la motorizzazione civile.

Programmazione Rai in lingua slovena (articolo 12)Grazie ad un accordo antecedente la 482/99 alla comu-nità slovena è stato concesso una programmazione dia-ria di mezz'ora in lingua slovena. Presso la Rai di Triesteha sede, dunque, una redazione in lingua slovena che oltrea programmi radio produce anche un tgr sloveno. A que-sto proposito è stata concessa in regione la frequenza ditrasmissione Rai tre bis, ma ahimé queste frequenze noncoprono tutto il territorio dove vive la comunità slovena.Grosse difficoltà si registrano presso la provincia di Udine,

Per la provincia di Gorizia si tratta dei comuni di: Savognad'Isonzo, Doberdò del Lago, Monfalcone, Ronchi deiLegionari, Sagrado, Gorizia, Cormons, San Floriano,Dolegna del Collio Per la provincia di Udine dei comuni Attimis, Drenchia,Faedis, Grimacco, Lusevera, Malborghetto-Valbruna,Prepotto, Pulfero, Resia, S. Leonardo, S. Pietro alNatisone, Stregna, Savogna, Taipana, Tarvisio.La delimitazione dell'ambito territoriale fu fatta in modo rela-tivamente rapido in tutti i casi attraverso la richiesta di unterzo dei consiglieri comunali.Per quanto riguarda il comma 3 dell'articolo 3 che preve-de la costituzione di organi di consultazione interprovincialeinvece non si è provveduto ancora ad istituirli. Esiste peròa tutt'oggi un coordinamento della società civile slovena cheè riconosciuta anche nella legge regionale 205/07 che fungein molti casi da interlocutore per gli enti locali interessati. Al di là di ciò che prevede la legge, già prima dell'entratain vigore della stessa, la Provincia di Gorizia ha previstonel suo statuto (1997) un organismo di coordinamento edi proposta che è la Consulta per la comunità slovena. Lostesso è stato fatto dal comune di Ronchi dei Legionari emolto prima ancora, verso la fine degli anni 60 dal comu-ne di Gorizia.

Scuola (articoli 4 e 5)Relativamente agli articoli 4 e 5 della legge va ribadito chegià prima dell'entrata in vigore della legge 482/99 esiste-va un sistema scolastico pubblico con lingua di insegna-mento slovena che ha funzionato ininterrottamente dallafine della seconda guerra mondiale nelle provincie di Goriziae Trieste. Questo sistema è stato integrato nell'ambito delsistema scolastico nazionale con la legge n. 1012 del19.7.1961 ed è stato poi oggetto di altri specifici interven-ti legislativi.È perciò ovvio che in questo caso gli strumenti normativiofferti dalla legge 482/99 sono stati relativamente poco inte-ressanti per le scuole slovene in queste due provincie.Anche le scuole con lingua d'insegnamento italianahanno fatto ben poco in questo ambito. Ben diversa è statainvece in questo contesto la situazione nell'udinese.A partire dal 2003 – passaggio della gestione dallo Statoalla Regione – si è registrato un forte e progressivo calodei fondi erogati a valere sulla legge 482/99 (Fonte:Provincia di Udine).

Corsi di lingua(articolo 6)La promozione dell'uso della lingua con specifici corsi pres-so le università regionali in special modo per promuoverecorsi per insegnanti che entrano in servizio (le ex sis e icorsi in scienze della formazione) presso la scuola slove-na non sono stati ancora attivati. Si tratta di un tasto dolen-te a tutt'oggi in quanto da quando specialmente per le ele-mentari non basta più il diploma del liceo pedagogico perpoter svolgere concorsi abilitanti ed entrare in ruolo, la for-mazione dei futuri maestri avviene quasi esclusivamentein lingua italiana.

Traduzione simultanea e uso della lingua minoritaria nelleamministrazioni(articolo 7)Molti enti locali si sono attrezzati per poter offrire la pos-sibilità di utilizzare la lingua slovena nelle proprie sedute.Richieste di finanziamento specifico sulla 482/99 per com-

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ma anche nella provincia di Gorizia. Il consiglio Provincialegoriziano ha votato all'unanimità una mozione in questosenso promossa dalla consulta slovena, ma concretamentenon si è mosso niente. (…)

TRIESTE-TRST

«Scuola slovena, un'opportunità per tutti»

Seganti: i bambini imparano facilmente

L'integrazione con la numerosa comunità presente in tuttala provincia. La conoscenza di una lingua chiave di voltaper affacciarsi con più facilità verso il mondo dell'Est euro-peo e di parte dei Balcani. Le opportunità lavorative chepotranno derivare in un futuro troppo lontano.Sono questi i tre comuni denominatori che sintetizzano lalungimirante e coraggiosa scelta di alcuni genitori di madre-lingua italiana che hanno deciso di iscrivere i propri figli allescuole con lingua d'insegnamento slovena. Un dato che èstato sottolineato durante l'incontro pubblico intitolato«Genitori italiani nella scuola slovena» e organizzatodall'Unione culturale economica slovena-Skgz.L'incontro, che si è svolto al Narodni dom di via Filzi, aTrieste, nel palazzo che ospita la Scuola superiore di lin-gue per traduttori e interpreti, ha visto la presenza di geni-tori più o meno noti, tra i quali anche l'assessore regiona-le, Federica Seganti, e la vicepresidente degli Industrialidi Trieste, Michela Cattaruzza Bellinello. Erano presenti ilsegretario regionale della Skgz, Livio Semoli@, e la psico-loga Susanna Pertot. La prima a prendere la parola è stata proprio la Seganti.L'assessore ha un figlio che frequenta l'ultimo anno del-l'asilo di Prossecco e una figlia che, da settembre, andràin una scuola materna slovena. «Spesso le turbative adapprocciarsi ad una lingua che non si conosce sono piùinsite nel genitore che nei bambini stessi, i quali, invece,dimostrano, chi prima e chi dopo, un facile apprendimen-to anche di una lingua che non viene parlata nel contestodomestico», ha detto la Seganti, aggiungendo che in futu-ro «desidero che i miei figli frequentino le scuole slovenealmeno fino alle medie».L'imprenditrice Cattaruzza Bellinello, invece, ha posto l'ac-cento sul fatto che il futuro dei bimbi può anche essere cam-biato in corsa: «Mio figlio ha iniziato a frequentare la scuo-la americana. Poiché non ci trovavamo bene, abbiamo cam-biato istituto e in seconda elementare ha iniziato a fre-quentare la scuola con insegnamento di lingua slovena, conottimi risultati anche grazie al supporto degli insegnanti».Interessanti poi le storie di Livio Cenzon, con quattro figliinseriti in varie scuole slovene, dalle superiori all'asilo; equella di Daniela Levi che, invece, ha evidenziato il suotimore iniziale nell'avvicinarsi ad una lingua sconosciutaavendo «una figlia di 7 anni che ha fatto l'asilo italiano epoi le elementari slovene, per fortuna senza incontrare osta-coli di sorta».E infine il racconto di Lara Zacchigna, che assieme allamamma Alida, ha raccontato dell'ottima accoglienza rice-vuta da parte della comunità slovena nel contesto scola-stico e non, che hanno permesso a Lara di apprendere per-fettamente lo sloveno pur provenendo da una famiglia dimadrelingua italiana.

Riccardo Tosques(Il Piccolo, 30. 3. 2010)

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SAN PIETRO AL NAT.-ŒPETER

Cercasi ampio immobile

per la scuola bilingue

Il consiglio comunale ha preso in esame la situazio -ne creatasi dopo lo sgombero della vecchia sede

La scuola statale bilingue di San Pietro al Natisone deveessere ospitata, già dal prossimo anno scolastico, in unastruttura unitaria, mettendo fine all’attuale forzata “diaspora”dovuta alla chiusura e allo sgombero della vecchia sede,giudicata insicura dal punto di vista sismico; al fine di tro-vare una stabile soluzione in questo senso il comune di SanPietro apra un tavolo allargato agli enti pubblici e ad altrecomponenti interessate a questa realtà scolastica, che rap-presenta un fiore all’occhiello e non solo della Slavia friu-lana sia dal punto di vista numerico (221 alunni!) che didat-tico.Sono questi i contenuti emersi dal consiglio comunale diSan Pietro al Natisone, che ha avuto luogo sabato 20 marzocon all’ordine del giorno le comunicazioni del sindaco,Tiziano Manzini, sulla chiusura e lo sgombero dell’edificiocomunale che ospitava la scuola bilingue e la convenzio-ne con la provincia di Udine per l’utilizzo dell’istituto magi-strale e della casa dello studente per il trasferimento dellascuola materna ed elementare bilingue (le tre classi dellemedie sono ospitate presso la sede della comunità mon-tana).Poche volte una seduta del consiglio comunale del capo-luogo delle Valli del Natisone ha registrato una così foltae attenta partecipazione. Ad assistere al consiglio comu-nale, convocato su proposta del gruppo di opposizione,hanno partecipato numerosissimi genitori degli alunni dellabilingue, insegnanti ed operatori culturali che hanno a cuorela scuola bilingue, che in 25 anni ha registrato uno svilup-po incredibile e non preventivato dagli stessi fondatori.Il sindaco, Tiziano Manzini, ha fatto una puntuale rico-struzione dei passi che hanno portato all’ordinanza di chiu-sura della struttura di viale Azzida. Gli esiti dell’indaginesulla struttura, condotta dallo studio tecnico dell’ing. Barrodi Udine e partita già nell’autunno scorso su iniziativa del-l’amministrazione comunale, hanno portato alla conclusioneche l’edificio non presenta le sufficienti condizioni di sicu-rezza.Ma alla direzione della scuola, al consiglio di istituto e aigenitori sta a cuore soprattutto la futura sistemazione dellascuola. Il sindaco Manzini ha ricordato che l’amministra-zione comunale ha in progetto la costruzione, presso il cen-tro studi, di una struttura scolastica nella quale ospitare lascuola bilingue e le elementari monolingui di San Pietro.Ma, ha sottolineato lo stesso sindaco, l’edificio, che ver-rebbe a costare 7 - 8 milioni di euro, non potrebbe esse-re funzionante prima di 4 - 5 anni. Nel frattempo e nell’at-tesa, con esiti non certi in questi tempi di crisi, per il repe-rimento dei fondi necessari e la realizzazione dell’opera,che fare? Dove e come trovare una struttura che raccol-ga tutti i 221 alunni?Dal dibattito, nel quale sono intervenuti i consiglieri di mino-ranza Simone Bordon, Fabrizio Dorbolò e Firmino Marinig,è emersa chiara la necessità di mantenere unita la scuo-la e a tale fine è stata sollecitata l’amministrazione comu-nale ad individuale le soluzioni possibili e realizzabili prima

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dell’inizio del prossimo anno scolastico. Il consigliereDorbolò ha ricordato che sono tanti gli edifici scolastici, men-tre Marinig ha avanzato la proposta di mettere in sicurez-za la struttura di viale Azzida ed ha bocciato l’idea di unprefabbricato in quanto, ha sottolineato, in Italia le soluzioniprovvisorie durano per sempre. Una soluzione nel quadrodelle strutture scolastiche esistenti o anche l’idea di un pre-fabbricato non dispiacciono ad altri e in questa situazionedi emergenza risponderebbero all’esigenza di sicurezzaantisismica e al fine di tenere unita la scuola, elemento que-st’ultimo essenziale per garantire agli alunni continuità eserenità nell’affrontare i loro impegni.

(Dom, 31. 3. 2010)

MEMORIA STORICA

Riconosciuto il valore storico

del lager di Visco

Il consigliere regionale del Pd-Slovenska skupnost,Igor Gabrovec, esprime soddisfazione per l’importantericonoscimento da parte del ministero per i Beni e leattività culturali e ringrazia il prof. Ferruccio Tassin peril suo fondamentale intervento.

Il ministero per i Beni e le attività culturali ha riconosciutoil valore storico e culturale della ex caserma Sbaiz, doveera stato allestito durante l’occupazione italiana dellaSlovenia tra il 1942 e 1943 un campo d'internamento perla popolazione civile. Nel lager furono rinchiuse più di tre-mila persone, tra le quali almeno un centinaio tra donne ebambini, con venticinque vittime in soli pochi mesi di pri-gionia. Da notare che la decisione, arrivata a distanza didiversi anni dalle prime richieste di vincolo, è in netta con-trotendenza a quelli che erano gli auspici e le attese del-l'attuale amministrazione comunale di Visco, che avevainvece ritenuto l’area priva di ogni valore storico.Esprime soddisfazione per l'importante riconoscimento ilconsigliere regionale del Pd-Slovenska skupnost IgorGabrovec, che già a fine 2008 aveva portato all'attenzio-ne dell'Aula la preoccupazione di veder spazzata via un'im-portante traccia del travagliato passato della nostra regio-ne.La direzione dei Beni culturali e paesaggistici del Friuli-Venezia Giulia, che fa capo al ministero, ha ritenuto di giu-dicare storicamente fondamentale il patrimonio rappre-sentato dal campo di prigionia fascista, che è al contem-po una delle poche tracce di questo tipo rimaste sul terri-torio nazionale. Si era speso a favore della tutela storico-culturale dell'ex caserma Sbaiz anche Boris Pahor, vivotestimone di una delle pagine più oscure del Novecento,che visitando il campo un anno fa diede eco nazionale alprogetto di valorizzazione. Il timore maggiore era di vede-re trasformata tutta l’area in un'enorme speculazione urba-nistico-edilizia, facendo così piazza pulita di un luogo dellaMemoria.Se oggi possiamo parlare di valorizzazione storica e musea-le del campo di concentramento di Visco – aggiungeGabrovec – lo dobbiamo sopratutto alla caparbia insistenzadi Ferruccio Tassin, che in tutti questi anni si è dedicatoanima e corpo a sostenere la necessità di elevare i rude-ri dell'ex caserma a monumento di valenza nazionale.Innumerevoli sono, infatti, i suoi interventi sulla stampa, il

coinvolgimento di politici e intellettuali, i richiami alle auto-rità slovene e non da ultimo il pressing pressoché costan-te sull'Amministrazione comunale di Visco.Il riconoscimento storico del ex campo di concentramen-to di Visco – conclude Gabrovec – resta comunque solo ilprimo passo verso la sua effettiva trasformazione in strut-tura museale da dedicare sopratutto all’informazione e all'e-ducazione delle giovani generazioni. Per far maturare que-sto progetto ci vorranno finanziamenti di una certa consi-stenza, da ricercare sopratutto a livello europeo. Va inte-sa anche in questo senso la recente visita dell'eurodepu-tato Debora Serracchiani, che si è impegnata a verificarela possibilità di accedere a qualche bando o programmacomunitario.

(Comunicato stampa)

L A R I F L E S S I O N E

La memoria di Visco va conservata

e trasmessa al futuro

«…A conclusione di quanto fin qui esposto, si ritiene cheil complesso della Caserma L. Sbaiz, […] costituisca un rife-rimento significativo e stringente ad alcune pagine fra lepiù drammatiche della storia del nostro Paese, in quantotestimonianza di eventi la cui memoria va conservata e tra-smessa al futuro. Per questi motivi si ritiene che il com-plesso della Caserma “Luigi Sbaiz”, nel suo nucleo stori-co, con particolare riferimento agli edifici in questa sededescritti, rivesta un notevole interesse culturale e dunquesia degno di particolare tutela, secondo quanto previsto dalDecreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42».È questo il succo della corposa relazione allegata al decre-to di vincolo emesso dalla direzione regionale per i Beniculturali e paesaggistici del Friuli - Venezia Giulia, il 29 gen-naio. Così viene salvata la memoria del campo di con-centramento fascista di Visco (Udine), che dal febbraio alsettembre del 1943 vide rinchiusi dietro il filo spinato 3.500-4.000 jugoslavi (anche vecchi donne e bambini)Significa che circa 68.000 mq, su 117.000, più di metà delleex caserme, in funzione dal 1947 al 1996, (il 58%), il cuorelogistico dell’ex campo di concentramento, sono sottopo-sti a tutele, per le quali sarebbe ragionevole una valoriz-zazione che contemperi necessità di memoria dell’ospe-dale 0.35 della Croce rossa italiana (1000 posti letto, in unprimo tempo in tenda, il più grande d’Italia nel suo gene-re), che vi fu ospitato dal 1915 al 1917; del campo profu-ghi del Piave (gli venne dietro dal 1917 al 1923), del campodi concentramento per Jugoslavi (febbraio-settembre1943). Il decreto, insieme con quello che vincola la ex doga-na austriaca (tutti i 2.500 mq. fra dogana, annessi e spaziverdi), è giunto in municipio il 4 febbraio, e viene incontroa una serie di richieste e auspici espressi da intellettuali(tra essi il candidato al premio Nobel per la letteratura, prof.Boris Pahor), personaggi politici italiani e stranieri, tanto damuovere l’interesse di grandi riviste e giornali in Italia e all’e-stero (dello scorso mese gli ampi servizi su “FamigliaCristiana” e “Mladina”, in Slovenia). Soddisfazione per labuona notizia (è l’unico campo fascista in Italia sostan-zialmente integro nella sua parte logistica) è stata espres-sa, tra gli altri, dal direttore della Scuola Normale di Pisa,prof. Salvatore Settis e dal corrispondente del “Corriere dellaSera” a Gerusalemme, dott. Francesco Battistini. La sal-

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vaguardia di questo complesso risulta di valenza interna-zionale, non solo perché coinvolge nella memoria gli slo-veni, i croati, i bosniaci, i montenegrini, i serbi, gli herze-govini che vi furono rinchiusi, ma anche per la sua posi-zione. È sito nei luoghi che per cinque secoli furono con-fine (nel senso di cum fines territori che s’incontrano) frala cultura latina a ovest e a est le culture tedesca, slava eungherese.

Ferruccio Tassin

LA TESTIMONIANZA

Il mio periodo di prigionia a Visco

Lo sloveno Milan Œkerlj racconta il suo periodo di pri -gionia nel campo d’internamento fascista a Visco

Milan Œkerlj aveva sette anni quando, nell’agosto del 1942,i soldati italiani lo prelevarono nella sua casa natia, nellaregione Dolenjska nell’attuale Slovenia, insieme allamadre Marija, alle sorelle Ana e Mima, di 17 e 18 anni edal fratello Ivan di 5, e lo rinchiusero prima nel campo d’in-ternamento fascista a Monigo, presso Treviso, e poi, nelmarzo del 1943, in quello di Visco. Poco tempo dopo, dalcampo di concentramento di Rab, dov’era rinchiuso con ilpadre Ivan, si unì a loro il fratello Jo¡e.Oggi, Milan Œkerlj, farmacista in pensione, vive a Lubianae da poco tempo è tornato a vedere quel che resta delcampo di Visco. Ha accolto con un misto di soddisfazioneed amarezza la notizia che il ministero per i Beni e le atti-vità culturali ha riconosciuto il valore storico e culturale dellaex caserma Sbaiz di Visco. «L’Italia avrebbe dovuto farlogià nell’immediato dopoguerra – commenta Œkerlj –. Ormaiè tardi, ma forse non troppo perché i giovani possano sape-re ciò che succedeva tra quelle mura». Œkerlj sottolinea poiche se non fosse stato per il prof Tassin il campo di con-centramento di Visco sarebbe stato completamente dimen-ticato.«A Visco – ricorda Œkerlj – le famiglie potevano stare insie-me nonostante le donne ed i bambini vivessero separatidagli uomini. Tra le baracche cresceva il frumento e noibambini osservavamo le spighe e raccoglievamo i chicchi.Ricordo la gioia che provammo quando da Rab, dov’erastato rinchiuso, ci raggiunse a Visco il fratello Jo¡e. Quandol’abbiamo visto, era pelle e ossa, scoppiammo in lacrime.Con l’aiuto di un conoscente la mamma gli procurava il panee poi fece in modo che Jo¡e fosse trasferito nella nostrabaracca. La nostra famiglia era di nuovo riunita, mancavasolo mio padre che era rinchiuso a Rab. Dopo poco tempoJo¡e si rimise in forze e la mamma lo aiutò a farsi “assu-mere” come aiutante in cucina, da dove ci faceva averedel cibo».A Visco Milan si ammalò di pleurite e ricorda come, intor-no a lui, morivano i prigionieri.«Nonostante il divieto tassativo – ricorda ancora – i pri-gionieri si riunivano e amavano cantare, soprattutto il cantosloveno “Nabrusimo kose ¡e klas dozoreva” (Affiliamo lefalci, il frumento è già maturo, ndt.) e l’italiano “Bandierarossa”».Con la mamma e con il fratello Ivan, Milan lasciò Visco il20 agosto 1943 e alla capitolazione dell’Italia, l’8 settem-bre 1943, li raggiunsero anche le sorelle e il fratello Jo¡e. Dal momento che la loro casa era stata incendiata dagliitaliani, trovarono ospitalità dallo zio e poco dopo l’8 set-

tembre si unì a loro il padre. La famiglia Œkerlj sopravissea diversi campi di concentramento e ancora oggi Milan ricor-da di aver sognato più volte, nel dopoguerra, il frumentogiallo di Visco…

S. T.(Primorski dnevnik, 19. 3. 2010)

PUBBLICAZIONE

«Chi avrà Trieste?»

Presentata la traduzione italiana del volume diNevenka Troha sulla questione di Trieste tra il 1945e il 1947

È stata recentemente presentata presso la LibreriaMinerva, a Trieste, la pubblicazione «Chi avrà Trieste?Sloveni e italiani tra due Stati». Si tratta della traduzionein lingua italiana della pubblicazione scritta in lingua slo-vena dalla storica Nevenka Troha ed edita undici anni fa.Nella traduzione italiana, in versione ridotta per i lettori ita-liani, Nevenka Troha offre una lettura critica sulla posizio-ne jugoslava o meglio slovena riguardo ai fatti accaduti nellazona A del Friuli-Venezia Giulia, dalla fine della Secondaguerra mondiale, nel maggio del 1945, all’entrata in vigo-re del Trattato di pace, nel settembre del 1947, e cioè nelperiodo della lotta per i confini e Trieste. L’autrice si sof-ferma anche sull’atteggiamento delle autorità jugoslave eslovene di allora. Nel corso della presentazione, che è stataintrodotta dallo storico Samo Pahor, Nevenka Troha ha sot-tolineato di aver intenzionalmente evitato un approccio diplo-matico alla storia della questione di Trieste e di aver rivol-to la propria attenzione alla politica nella Venezia Giulia,alla gente ed alla società dell’epoca. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, il presidentedell’Istituto per la storia del movimento di liberazione,Giancarlo Bertuzzi e gli storici Raoul Pupo e RobertoSpazzali.Secondo Bertuzzi la pubblicazione rappresenta un ulteriorecontributo alla comprensione dei fatti accaduti a Trieste esul confine orientale italiano nel periodo prima, durante edopo la Seconda guerra mondiale. Pupo ha aggiunto chel’asse portante del lavoro è costituito dal riassunto siste-matico e critico delle azioni delle autorità jugoslave e cioèdelle forze projugoslave e proslovene, viste dal punto divista di queste ultime. L’autrice ha cercato, infatti, di imme-desimarsi nella mente delle cerchie decisionali slovene diallora ed ha analizzato il meccanismo in base al quale veni-vano assunte le decisioni sul fronte jugoslavo e sloveno.Pupo ha richiamato l’attenzione su alcuni punti della pub-blicazione, a suo parere molto interessanti, come per esem-pio la «grande illusione» del Fronte di liberazione e delPartito comunista della Slovenia, che alla fine della guer-ra erano convinti di dominare la situazione sul Litorale eda Trieste. La pubblicazione si sofferma anche sull’imma-gine delle forze italiane che si erano creati i servizi infor-mativi sloveni. L’autrice descrive anche le dinamiche inter-ne alla popolazione slovena nell’ambito dell’allora zona Adella Venezia Giulia, soprattutto nella valle dell’Isonzo, doveall’iniziale esiguo appoggio del Fronte di liberazione, ani-mato dalla diffidenza delle autorità comuniste, fece segui-to l’allontanamento di una parte della popolazione dalleautorità jugoslave e l’esodo dalla patria, ma anche la nasci-ta di forze politiche anticomuniste.

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Come ha detto in ultima istanza Pupo, la pubblicazione diNevenka Troha offre un ampio sguardo sulla realtà delLitorale di allora e rappresenta un forte antidoto alle gene-ralizzazioni. Dello stesso parere il collega Roberto Spazzali,al quale dalla lettura della pubblicazione ha avuto l’im-pressione di un conflitto latente, di una sorta di guerra traStati, che è proseguita dopo la fine ufficiale della secon-da guerra mondiale ed ha interessato, anche se in formediverse, il periodo successivo al Trattato di pace del 1947.Spazzali ha detto di essere rimasto impressionato dal-l’imponente organizzazione sul territorio della rete infor-mativa jugoslava, al contrario di quella italiana, la quale,afferma lo storico, non aveva considerato la disaffezioneverso la patria da parte di una fetta della popolazione ita-liana. Ha, poi, aggiunto che la parte italiana sentiva anchela necessità di rinnovare lo spirito democratico. Impresaquesta difficile, dal momento che i principi democratici eranoestranei alla popolazione, al contrario della componente slo-vena nella quale l’eredità democratica era ben più radica-ta.L’autrice, Nevenka Troha, ha sottolineato, inoltre, che cisono ancora temi interessanti da analizzare, come peresempio l’attività dei vari servizi segreti a Trieste e nellaVenezia Giulia. Questo tema ed in particolare i periodoimportante della rottura tra Jugoslavia ed Unione sovieti-ca in occasione della risoluzione dell’informibor nell’anno1948 è stato parzialmente trattato nel corso della discus-sione seguita alla presentazione.

I. ˘.(Primorski dnevnik, 17. 3. 2010)

LA RIFLESSIONE

Con quale diritto Spadaro mi fa una

ramanzina?

Sul quotidiano “Il Piccolo” è stata recentemente pubblica-ta una lettera in cui Stelio Spadaro mi definisce un’irridu-cibile nazionalista. E per quale motivo? Perché in uno deimiei ultimi articoli ho criticato la sua lettera al presidenteNapolitano, nella quale esaltava il patrimonio culturale istro-veneto e affermava che la Slovenia avrebbe dovuto farloproprio? Nel suo intervento dello scorso 10 febbraio,Napolitano aveva accennato a questa richiesta. Nell’articoloin cui commentavo questa questione mi chiedevo se nonsi trattasse di un atto paternalistico che guarda dall’alto lacultura slovena nella convinzione che essa debba attingereda quella istro-veneta. Sottolineavo, inoltre, che oggi laSlovenia è ben integrata nel tessuto del mondo globbaliz-zato contemporaneo; che essa attinge da svariate fonti intel-lettuali e che non trascura l’attività di ricerca sul territorioistriano sotto l’aspetto politico, economico e culturale. Attivitàdi ricerca che, citavo nel mio articolo, è particolarmente viva-ce presso l’università di Capodistria, dove, tra l’altro, è usci-ta recentemente la ristampa del libro di Darko Darovec sullastoria dell’Istria. Dal momento che ho osato dubitare sullarazionalità del suggerimento di Spadaro, secondo lui sonodiventato un sostenitore della “cacciata” degli italianidall’Istria nel dopoguerra, in quanto si è trattato di una sortadi opera di “decolonizzazione”.«Gli Istriani, dunque, di lingua italiana non erano diversi daicoloni italiani in Libia o di quelli francesi in Algeria. Leggereper credere», afferma il prof. Spadaro. Vorrei sapere dove

sta scritta questa affermazione nei miei articoli e libri, acominciare da quella su Niccolò Tommaseo tra Italia eSlavia. È vero, però, che nell’ultimo libro sulle foibe, cheha fatto tanto clamore, cito il defunto amico Guido Miglioe la sua affermazione secondo la quale la presenza vene-ta ed italiana sulle coste istriana e dalmata fu un’operazionecoloniale. «Al popolo slavo – cito le testuali parole di Miglio–, che fu forza lavoro utile alla Serenissima, non è mai statariconosciuta la dignità di interlocutore. Da allora siamo giun-ti ai nostri, ai miei giorni. Fino a quegli anni Quaranta quan-do gli italiani dell’Istria non sapevano quasi nulla delle comu-nità croata e slovena, che vivevano a pochi chilometri didistanza».È forse errata questa diagnosi di uno degli esuli istriani piùacuti e più autorevoli? Non è forse vero che attraverso isecoli sulle coste dalmate ed istriane Venezia ha messoin atto una politica coloniale, che è valsa il titolo eloquen-te «Le tasse ci stanno dissanguando» ad uno dei libri diDarovec. E non è vero che già nel 1747 in un comunica-to al Gran consiglio della Repubblica, il “nobiluomo” vene-ziano Marco Foscarini richiamava l’attenzione sul gover-no tiranno dei territori citati da parte di alcuni funzionari tiran-ni e accusava la generale trascuratezza in cui erano costret-te quelle povere province? E questo indipendentemente daquella che era l’amministrazione veneziana.Che cosa dire sulla cultura, che si era chiusa in se stessacome una conchiglia e non seppe rispondere con la forzacreativa del dialogo, nella seconda metà del diciannove-simo secolo, all’ascesa intellettuale e politica degli slove-ni e dei croati? Se c’è qualcosa in cui è riuscita ad affer-marsi quella cultura, è il sistematico tentativo di impedirequell’ascesa. È forse il caso di meravigliarsi che una simi-le cultura era destinata ad estinguersi? De Castro rilevagiustamente che l’aristocrazia istriana non sapeva una paro-la di sloveno o croato, ed anche se l’avesse saputa ci avreb-be pensato due volte prima di pronunciarla. E non era solol’aristocrazia a comportarsi così.Dal momento che la situazione era questa, mi chiedo conquale diritto Spadaro mi faccia una ramanzina. Gli farei nota-re che io parlo la sua lingua e ci scrivo anche i miei libri.Lui, invece, non riesce a pronunciare neanche qualcheparola nella mia lingua. Non mi è chiaro allora come fac-cia ad affermare che nazionalisti del mio stampo minac-ciano il pluralismo delle culture italiana, slovena e croata.

Jo¡e Pirjevec(Primorski dnevnik, 4.3.2010)

LA RIFLESSIONE

Al posto di Ballarò un documentario

sui crimini fascisti

La terza rete Rai ha recentemente messo in onda, al postodel programma di attualità politica “Ballarò”, sospeso tem-poraneamente in periodo di campagna elettorale, un docu-mentario storico, del ciclo La grande storia, di Enzo AntonioCicchin, dal titolo «Dittatura», inerente il lungo periodo sto-rico tra il 1919 e il 1943. Attraverso l’immagine e la paro-la, il documentario illustra dettagliatamente la nascita delpartito fascista, la sua ascesa al potere in Italia, la gradualesoppressione della libertà di stampa, di espressione e tuttigli altri provvedimenti che precedettero l’avvento del regi-me dittatoriale di Mussolini fino alla sua caduta nel 1943,

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ivi compresi i crimini di guerra in Libia, Etiopia, Jugoslaviae Grecia. Argomenti di cui nel documentario si parla moltoesplicitamente anche con l’ausilio di filmati d’archivio, chemostrano per esempio le operazioni e le rappresaglie del-l’esercito italiano in Slovenia ed in Croazia, e con la cita-zione delle dichiarazioni dei generali italiani su come rispon-dere alle azioni partigiane fedeli al principio «occhio perocchio e dente per dente» e delle lettere private dei sol-dati, nelle quali le stragi vengono descritte con toni eufo-rici. Il documentario, che era già stato trasmesso l’annoscorso – sempre in polemica con il governo per la sospen-sione delle trasmissioni a sfondo politico – contribuisce asfatare il mito degli “italiani brava gente” ed è stato vistoda circa due milioni di telespettatori. Certo gli spettatori diBallarò sono molti di più, ma comunque una buona fettadi italiani ha potuto conoscere un periodo della propria sto-ria di cui si parla poco. E così ha saputo che durante laseconda guerra mondiale non sono stati solo i tedeschi acommettere crimini. Di fronte alla miriade di film e trasmissioni, che mostranocon un approccio acritico i fatti della storia italiana, ben-venga la trasmissione di questo documentario.La Rai ha, quindi, più facce. Una parte della televisione pub-blica trasmette il film “Il cuore nel pozzo” e nasconde nelcassetto il documentario della Bbc “Fascist Legacy”, men-tre l’altra parte ripropone il documentario “Dittatura”, cheè possibile vedere sul nostro sito internet www.primorski.eu

Ivan ˘erjal(Priorski dnevnik, 4. 3. 2010)

TRIESTE-TRST

In italiano i fondamenti

della lingua slovena

È stata recentemente pubblicata dall’Editoriale stampa trie-stina la versione in lingua italiana del manuale di gram-matica «Fondamenti della lingua slovena». L’originale inlingua slovena è stato scritto da Rada Le@i@, mentre la tra-duzione in lingua italiana è opera di Martina Clerici sottola supervisione di Miran Koœuta e di Martina O¡bot.Come sottolinea l’autrice nell’introduzione, si tratta di unmanuale, che riassume i fondamenti della lingua slovenanell’ambito della fonetica, della morfologia, della lessico-logia e della sintassi e che espone le regole fondamenta-li di ortografia. Particolare attenzione è rivolta proprio allamorfologia, la parte più difficile per gli stranieri che impa-rano la lingua slovena. Nel manuale si cerca di esporre,nel modo più comprensibile possibile, attraverso tabelle edesempi, i fondamenti che riguardano la declinazione deisostantivi, degli aggettivi e la coniugazione dei verbi.Il manuale in lingua italiana ha 24 pagine in più rispetto all’o-riginale in lingua slovena, dal momento che comprende ilcapitolo sulla punteggiatura, l’elenco e la descrizione di ben181 fotografie, le note ed i chiarimenti della traduttrice.Attraverso le foto, illustrate nel manuale, si vuole condur-re il lettore nell’ambiente naturale e culturale in cui si è svi-luppata la lingua slovena.Il libro è rivolto agli italiani o meglio a quanti sono interes-sati alla grammatica slovena spiegata ed esposta in linguaitaliana. Si tratta di un volume che funge da base per unulteriore studio ed approfondimento della lingua slovena.

(Primorski dnevnik, 28. 3. 2010)

ITALIANO E/O SLOVENO

Una discriminazione semantica

basata sull’equivocità

La trappola di Gigi Marzullo a Tanja Romano

Non occorre essere di lingua slovena, appartenere a que-sta comunità marginale in Italia per conoscere la cam-pionessa di pattinaggio artistico su pattini a rotelle, la plu-ridecorata Tanja Romano, triestina Doc, orgogliosamenteappartenente alla comunità slovena della città. Domenica7 gennaio è stata ospite di Gigi Marzullo su Rai 3, nellatrasmissione «Sotto voce». Personalmente non avevoseguito quella messa in onda ma ne ho seguito attenta-mente ogni scena ed i dialoghi nella registrazione rintrac-ciabile in rete internet. È stato il Primorski dnevnik ad accen-dere la mia curiosità, dove si riportava una breve intervi-sta rilasciata dalla campionessa all’articolista del giornalesloveno di Trieste, a commento della sua performance tele-visiva. Una frase mi aveva colpito in modo particolare.Diceva, in libera traduzione: «Nel complesso te la sei cava-ta bene per tutta la trasmissione, tranne che alla conclu-sione. Per due volte il conduttore Marzullo ti ha chiesto:Sei molto italiana? Al cento per cento italiana? Per due voltehai risposto: sì».Mi ha fatto un certo effetto l'implicito contesto verbale didenuncia, di rimprovero, come se il riconoscimento dell’i-talianità, evidente ed evidenziata, fosse un atto di cui ver-gognarsi. E, di fatto Tanja si è scusata con rassegnata ver-gogna, come se avesse tradito se stessa e la comunità cuiappartiene. «Ero completamente nel pallone, in trance...cercate di capirmi». Per capire ho visto e rivisto lo spez-zone marzulliano; e ho capito molte cose. Otto medaglied’oro, riconoscimenti mondiali di tal fatta non sono pochiper una ragazza... Ma essa è slovena, di Trieste. Lo sape-va bene Marzullo! Presentarla come slovena, nel suo “buoncuore” di navigato intrattenitore avrebbe tolto qualcosa all’e-vento mediatico. Ma egli voleva qualcosa di più. E, infat-ti, è impeccabile la trama della trappola congegnata perottenere lo scopo da parte dell’affabile e un po’ cinico rai-man. Dopo discorsi, che più volte tendevano a invadere lasfera privata della campionessa, un breve percorso foto-grafico, dall’infanzia all’esultanza dell’oro olimpico... qual-che cenno di commento di lei, non un attimo per prende-re fiato. Eccola a Trieste con sullo sfondo la magnificen-za di piazza Unità a farle da cornice. «La mia città!» sus-surra Tanja. Ed ecco la trappola: «Si sente molto triesti-na?». Che cosa potrebbe rispondere la ragazza? No? Unsemplice: sì. Ma Marzullo sa dove vuole arrivare: «Italiana?Molto italiana?». Possibile una risposta complessa?Italiana lo è di certo e Tanja risponde con una nota di timi-dezza: sì. «Al cento per cento italiana?» insiste il furbastro.La risposta estorta non poteva smentire le altre: sì. Secco.Appena un’ombra negli occhi e Tanja si rende conto di averingoiato in un sol boccone esca ed amo. Non c’è tempoper una precisazione, è già partita la musica della canzo-ne preferita e il dialogo s’è concluso. Marzullo è fiero d’a-ver consegnato definitivamente e totalmente all’Italia –quella allergica ai diversi, a qualsiasi gruppo o razza appar-tengano – gli ori olimpici di una cittadina italiana, più chedegna di questa definizione.Ed ecco il “giudice” sloveno che si sente autorizzato a giu-

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dicarla: te la sei cavata, ma... Il rimprovero è implicito, cosìcome scontato il rossore della campionessa, che è statacostretta a dichiarare la sua appartenenza o meno ad unacomunità, di cui gran parte dell’Italia xenofoba preferireb-be zbarazzarsi una volta per tutte. D’altronde la matrignale aveva provate tutte, già da quando è andato a fuoco ilNarodni dom a Trieste. Qualcosa di questo arriva alla pub-blica opinione tramite la coraggiosa figura di Boris Pahor,l’autore di Necropoli, il quale rifiuta l’onorificenza pelosadella Trieste odierna, che nasconde ancora le verghe e lascure.No, non aveva alcun diritto il sig. Marzullo a fare quelledomande dirette a Tanja Romano; non aveva alcuna ragio-ne umana, culturale, politica o altra di chiederle quantoitaliana si sentisse, perché Tanja, mai aveva rinnegato omessa in dubbio la sua italianità. Mi dispiace per lui, ma èstata l’ignoranza, condita da voluta equivocità a falsifica-re i connotati chiari e limpidi di un’italianità corretta e matu-ra, quella scritta nella Costituzione. Se il signor Marzullone avesse letto e compreso il senso non dico di tutti i 139articoli, ma anche solo dei 12 articoli dei principi fonda-mentali, non avrebbe pronunciato quelle richieste se nonin malafede. Non avrebbe sottinteso con esse la negati-vità di un’appartenenza slovena della campionessa. Se leavesse dato il modo, Tanja gli avrebbe spiegato, pacata-mente, che la totalità del suo essere italiana non contrad-dice, non esclude, non altera la su profonda identità slo-vena. Leggano Marzullo, e tutti quelli che hanno in testa ilconcetto bacato di un’italianità intollerante e discriminato-ria: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono egua-li davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni per-sonali e sociali, per credo, sesso, politica e lingua». Questo art. 3 è in vigore dal 1.1.1948, ma pare che ogginon vada di moda.

Riccardo Ruttar(Dom, 14. 2. 2010)

GORIZIA-TRIESTE

Il governo italiano appoggia il Gect

Nel corso della sua recente visita a Gorizia e Trieste, il mini-stro degli esteri, Franco Frattini, ha sottolineato l’appoggioda parte del governo italiano al Gruppo europeo di coo-perazione territoriale-Gect, recentemente istituito daicomuni di Gorizia, Nova Gorica e Œempeter /Vrtojba ed haillustrato la politica estera italiana nei Balcani.A Gorizia Frattini è intervenuto al forum internazionaleInternational desk, il simposio sullo sviluppo dell’area bal-canica e dell’Adriatico, al quale hanno preso parte duecentodelegati provenienti da dodici Paesi. Un forum, ha sottoli-neato il sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, ospitato dalla cittàisontina da sempre multiculturale, che fu tra i primi testi-moni del conflitto che portò alla caduta della Jugoslavia eche per lungo tempo ha convissuto con un confine che ogginon c’è più. Romoli ha sottolineato che grazie al forumGorizia può recuperare il suo ruolo storico di punto di incon-tro tra culture, popoli e lingue e così diventare protagoni-sta nel processo di internazionalizzazione, che sempre piùcaratterizzerà il nostro territorio. Nel suo intervento al forum, il ministro degli Esteri ha sot-tolineato come l’iniziativa transfrontaliera del Gect sia unesempio per l’Italia e per l’Europa. Ha, poi, rilevato che

Gorizia, per la sua posizione geografica strategica, dovreb-be diventare la sede permanente del forum dei Balcani, aiquali l’Italia guarda con grande interesse.Soddisfatto per le parole del ministro il sindaco di Gorizia,Ettore Romoli, il quale ha anche ricordato il sostegno datoal Gect dal presidente sloveno Danilo Türk. Romoli ha dapprima ricevuto in municipio il ministro degliEsteri, Frattini, il presidente della regione Fvg, Renzo Tondo,il deputato e rappresentante dell’istituzione Ince, RobertoAntonione, ed altri ospiti. Successivamente li ha portati invia Alviano, dove Frattini ha rivolto un saluto agli studentidi Scienze politiche dell’Università di Trieste ed ha sotto-lineato come il Gect tra Gorizia, Nova Gorica e Vrtojba rap-presenti un evento storico perché si tratta del primo grup-po territoriale in Europa siglato tra città. Nei prossimi mesi i governi italiano e sloveno dovrannoesprimersi sulla convenzione e sullo statuto del Gect, chei tre comuni costitutivi hanno recentemente firmato.

Aleksija Ambrosi(Primorski dnevnik, 9.3.2010)

IL COMMENTO

Gorizia salva una cattiva impressione

Negli ultimi anni il nostro territorio è stato interessato dagrandi cambiamenti, alcuni positivi ed altri negativi. Tra ipositivi rientra sicuramente la caduta del confine tra Italiae Slovenia, mentre tra quelli negativi il fatto che a questoevento epocale non siano seguiti gli attesi effetti benefici.Di questo sono in egual misura responsabili Roma eLubiana. Ma è anche vero che il Friuli-Venezia Giulia haperso il suo ruolo geopolitico di centro dell’ex società lavo-rativa dell’Alto Adriatico.Per fortuna ci sono delle eccezioni che, forse, preannun-ciano tempi migliori. Stiamo pensando al Gruppo europeodi cooperazione territoriale-Gect, che è stato recentementecostituito dai comuni di Gorizia, Nova Gorica e Œempeter-Vrtojba. L’iniziativa è stata recentemente salutata con favo-re dal presidente sloveno Danilo Türk e dal ministro degliEsteri italiano, Franco Frattini.È interessante che a Gorizia il principale promotore dell’i-niziativa sia il sindaco di centrodestra del capoluogo ison-tino, Ettore Romoli. L’amministrazione comunale di cen-trodestra di Trieste non è, invece, capace di instaurare rap-porti normali con Capodistria e Se¡ana, figuriamoci con gliStati dell’ex Jugoslavia.La visita di Frattini a Gorizia ed a Trieste è stata interes-sante anche per comprendere la politica italiana verso l’a-rea balcanica d’occidente, come viene definito eufemisti-camente il territorio dell’ex Jugoslavia dopo l’ingresso dellaSlovenia nell’Unione Europea. Le cose stanno cambian-do alla Farnesina e sarebbe bene che questi cambiamentivenissero accolti attentamente anche a Lubiana.

Sandor Tence(Primorski dnevnik, 9.3.2010)

SLOVIT N° 3 del 31/3/10 pag. 16

La Cooperativa Mostpubblica anche il quindicinale bilingue

Dom.Copie omaggio sono disponibili

allo 0432 700896

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KOBARID

Un Gect anche per la Benecia e la Valle

dell’Isonzo

Basterebbe rispolverare e aggiornare la Lettera d’in -tenti sottoscritta a Castelmonte nel 1999

Al tradizionale incontro di inizio anno a Kobarid/Caporettotra gli sloveni della provincia di Udine e quelli dell'alta valledell’Isonzo, presente il presidente della Slovenia, DaniloTürk, è emersa a chiare lettere l'esigenza di un salto di qua-lità nei rapporti a tutti i livelli tra il versante italiano e quel-lo sloveno. Lo strumento normativo c’è. È il “Gruppo euro-peo di cooperazione territoriale” (Gect) che consente aglienti locali e regionali degli Stati membri dell’Unione Europeal’istituzione di gruppi di cooperazione, aventi personalità giu-ridica, e fornisce il supporto per l’organizzazione e la gestio-ne della cooperazione territoriale europea.Il compito del Gect è stimolare e sostenere la cooperazioneterritoriale in tutti i settori legati allo sviluppo regionale e ilrafforzamento della coesione sociale ed economica.Consente, infatti, alle diverse istituzioni di area transfron-taliera di rapportarsi come unico soggetto con l’UnioneEuropea e i rispettivi Stati, agevolando e velocizzando cosìtutti i progetti transfrontalieri legati allo sviluppo del terri-torio a cavallo dell'ex confine.Il primo Gect tra Italia e Slovenia è stato creato recente-mente dai comuni di Gorizia, Nova Gorica e Œempeter /Vrtojba allo scopo, come hanno sottolineato i sindaci pro-motori, di passare da una fase volontaristica, quasi arti-gianale di collaborazione, a uno strumento riconosciutodall’Unione Europea. L'evento è stato salutato con entu-siasmo dallo stesso ministro degli Esteri italiano, FrancoFrattini. «È un grande risultato – ha affermato il capo dellaFarnesina – e credo che questo sia il segnale per tanti grup-pi analoghi».È un segnale da cogliere in primo luogo nella Slavia.Le sollecitazioni a una forte collaborazione transfrontalie-ra espresse dallo stesso presidente Türk e dal prefetto diTolmin/Tolmino, Zdravko Likar, lo scorso 16 gennaio aKobarid/Caporetto sembrano avere sortito effetto. Lo si evin-ce da una grande apertura e disponibilità manifestata nelledichiarazioni dei sindaci delle Valli del Natisone al nostrogiornale (cfr. Dom del 14 febbraio). «Le opportunità per unacollaborazione sono molteplici», ha sottolineato il sindacodi San Pietro al Natisone, Tiziano Manzini. «Bisogna intra-prendere un percorso che tenga conto delle due realtà con-finanti, la valle dell'Isonzo e la Benecia, e considerarle comeun'unica area da sviluppare», ha puntualizzato il collegadi Pulfero, Piergiorgio Domenis.E che la volontà di imboccare questa strada sia reale, lotestimoniano i diversi incontri che gli amministratori localidei due versanti hanno avuto nelle scorse settimane.Si tratta, allora, di seguire l'esempio di Gorizia e di rispol-verare il documento firmato a Castelmonte il 18 dicembre1999 dai sindaci dei 10 comuni allora compresi nella comu-nità montana «Valli del Natisone» più Dolegna del Collio,dai presidenti delle ex comunità montane «Valli del Torre»e «Valli del Natisone», dal presidente della Provincia diUdine e dai sindaci dei comuni sloveni di Bovec, Brda, Kanalob So@i, Kobarid e Tolmin. Grande promotore dell'iniziati-va fu l'allora presidente della comunità montana Giuseppe

Firmino Marinig.Nella lettera d'intenti i firmatari concordavano che «per poterportare a soluzione i problemi economici e sociali dell'a-rea è indispensabile un approccio unitario delle comunitàdi confine; la politica europea per le aree di confine è sem-pre più orientata a riconoscere alle comunità locali un ruolofondamentale nello sviluppo locale; la collaborazione di fron-tiera è lo strumento insostituibile per far uscire le aree con-finarie di entrambi i paesi dalla marginalità». In particolare sostenevano «la crescita e lo sviluppo delleaziende specie attraverso la formazione; la creazione diposti di lavoro e lo sviluppo del suo mercato; l'utilizzo dellericchezze e potenzialità del territorio; lo sviluppo del turi-smo e delle attività connesse; la difesa dell'ambiente e deivalori culturali locali».La carta di Castelmonte è rimasta nel cassetto per più di10 anni, ma mantiene tutta la sua attualità. Nel frattempola Slovenia è entrata nell'Unione Europea e il confine è statocancellato. Ora c'è anche lo strumento giuridico-istituzio-nale per dare contorni certi alla collaborazione. Dunque,qui ci vuole proprio un Gect.E, considerato che la legislazione slovena vigente non con-sente la sua sede in Slovenia, San Pietro al Natisone puòcandidarsi a diventarne il capoluogo.

(Dom, 15.3.2010)

RESIA-REZIJA

Il comune deve rilasciare

la carta d’identità bilingue

Lo ha stabilito il ministero dell’Interno, che ha invia -to una lettera al Comune di Resia

L'ho incontrato diverse volte assieme agli amici della ValResia e mai avevo sospettato che non fosse resiano, per-ché in lui si percepisce amore e vero e proprio orgoglio perla cultura resiana, in particolare per il suo folklore, il più ori-ginale e prezioso in Italia, come ama dire, ed anche per isuoi tratti somatici. Invece Gabriele Cherubini non è resia-no, o meglio non lo è di nascita ma lo è per scelta.La sua è una bella storia di condivisione nel momento buiodella distruzione e del bisogno e di amicizia. GabrieleCherubini infatti è arrivato in Val Resia da Bologna nel 1976,all'indomani del terremoto, assieme ad un nutrito gruppodi volontari della sua città. Hanno dato tutto l'aiuto possi-bile, poi sono tornati alle loro occupazioni e alla loro vita.Ma il legame di amicizia è rimasto, e soprattutto GabrieleCherubini ha continuato a coltivarlo ed alimentarlo. Del restolui che aveva militato per anni nel movimento non violen-to e antimilitarista di Bologna, dove è stato per otto annianche segretario della Loc (Lega obiettori di coscienza),era molto sensibile ai temi della solidarietà e della pace,che non può esserci senza il rispetto delle differenze cul-turali, delle minoranze e senza lo sviluppo dei popoli. E illegame con Resia è diventato profondo.Negli anni sono state frequenti le sue visite in valle, fino aquando due anni e mezzo fa vi si è stabilito definitivamente.Ed ha iniziato a collaborare con il circolo culturaleRozajanski dum e soprattutto con il gruppo folkloristico.Sono molti anni ormai che sta raccogliendo il materiale regi-strato e la documentazione sulla danza e sulla musicaresiana. Inoltre è responsabile del centro culturale di Prato,

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Ta rozajanska kulturska hiœa, che è sede del gruppo. Lotiene aperto in occasione di mostre e delle visite dei grup-pi, si occupa della parte tecnica, anzi ha messo a dispo-sizione del gruppo la sua attrezzatura audio. «Amo tan-tissimo questa valle e la sua cultura» ci ha detto «e perquesto ho fatto anche una scelta al contrario, dalla cittàverso la valle». Gabriele Cherubini è convinto che si possano fare grandicose a Resia, ma bisognerebbe superare le divisioni ed icampanili ed aprirsi. Aprire per esempio un tunnel tra Zamline Uccea, dice. Puntare sulla cultura e pensare in grande.Resia potrebbe vivere di turismo e dare nuove opportunitàai suoi giovani. A Bovec, aggiunge, hanno cinque alber-ghi e stanno costruendo il sesto, a Resia uno solo. Ma conle divisioni non si riesce a fare niente. E ultimamente anche lui, come tutti quelli che sono con-siderati filo-sloveni, non è ben visto da più di qualcuno, per-ché ha sposato la causa della tutela della specificità cul-turale e linguistica resiana e insieme dell'apertura.Poco dopo il suo arrivo a Resia, Cherubini ha richiesto lacarta d'identità bilingue. La risposta, era sindaco Barbarino,fu che l'amministrazione comunale non poteva rilasciarlaperché «non in possesso dei programmi e delle apparec-chiature informatiche indispensabili». Cambiata l’ammini-strazione comunale, il 13 gennaio scorso ha presentato unanuova richiesta. Il sindaco Sergio Chinese a quel punto hainoltrato una lettera al ministero dell'Interno in cui scrive-va che il comune di Resia è sì compreso nella tabella all'art.4 della legge 38, inerente la minoranza slovena, ma chela lingua usata in valle è il resiano e non lo sloveno e cheanzi «le due parlate sono tra loro sostanzialmente incom-prensibili» ed ha richiesto al ministero dell'Interno «un con-gruo numero di modelli di carta d'identità in italiano e resia-no». Ma Gabriele Cherubini avrà la carta d'identità bilingue ita-liano-slovena. Lo ha comunicato lo stesso sindaco SergioChinese nel corso dell'ultimo Consiglio comunale, il 18 feb-braio scorso. Il ministero dell’Interno ha infatti risposto alsindaco a stretto giro di posta ed in modo inequivocabile.E qualche giorno più tardi ha comunicato anche aCherubini che «in ordine al rilascio della carta d'identità bilin-gue italiano-sloveno, si comunica che il Comune di Resiaè tenuto a redigere le carte d'identità cartacee in forma bilin-gue italiano-sloveno a chi ne fa richiesta. Pertanto potràrecarsi presso il Comune per la richiesta».

J. N.(Novi Matajur, 11. 3. 2010)

IL COMMENTO

Stavolta una buona notizia da Roma

Anche gli abitanti della Val Resia hanno il diritto alla cartad’identità bilingue. Lo stabilisce la legge e lo afferma la let-tera che il ministero degli Interni ha recentemente inviatoal sindaco di Resia, il quale, pur non avendo nulla controil documento bilingue, ha chiesto che al posto della linguaslovena sulla carta d’identità fosse usato il resiano. Unarichiesta dietro la quale si nasconde la palese intenzionedi dimostrare che il resiano non ha niente in comune conlo sloveno.Il fatto è emblematico e s’inserisce negli episodi che giàda qualche tempo si manifestano a Resia e nella Slaviafriulana in generale. Episodi che hanno avuto inizio sotto

l’amministrazione regionale di Riccardo Illy, nell’ambito dellaquale anche alcuni esponenti di centrosinistra sosteneva-no la necessità di separare i resiani dagli sloveni della Slaviafriulana, di Gorizia e di Trieste. La questione è diventatapreoccupante dopo la vittoria in regione e in provincia diUdine del centrodestra.I “difensori” dei resiani e dei beneciani hanno scoperto l’ac-qua calda quando hanno rilevato che la popolazione chevive alle pendici del monte Kanin usa una “strana parlata”e che è necessario tutelare nella Slavia friulana il dialettonatisoniano e una nuova parlata detta “po nasin”. I lingui-sti seri hanno scoperto tutto questo molto tempo prima diquesti moderni “difensori degli slavi”, che sono animati soloda calcoli politici o meglio elettorali.In conformità al suo ruolo, per quanto riguarda Resia il mini-stero dell’Interno ha solo fatto il suo dovere, rispettando lalegge e il decreto del presidente della Repubblica, in baseai quali questo comune è stato inserito nel territorio a popo-lazione mista italiano-sloveno. Una decisione normale quel-la del ministero che, alla luce dei fatti noti rappresenta unabuona notizia.

Sandor Tence(Primorski dnevnik, 12.3.2010)

SE˘ANA

Il futuro di Resia passa attraverso la col-

laborazione transfrontaliera

La recente serata a Se¡ana del Circolo Rozajanskidum si inserisce in una lunga serie di rapporti traResia, enti ed associazioni della Slovenia

Sempre più di frequente la comunità della Val Resia chevive storicamente in un territorio che confina con la Slovenia,collabora con le genti che vivono ed operano a est del ilCanin. Di recente il Circolo culturale Resiano/Rozajanskidum è stato ospite della biblioteca comunale di Se¡ana cheha organizzato una serata culturale ed una mostra espo-sitiva di testi ed immagini dedicate a Resia. L'associazioneresiana ha presentato le peculiarità culturali della valle adun pubblico numeroso ed attento alle particolarità della pic-cola comunità.Il circolo culturale Rozajanski dum si è sempre impegna-to per la valorizzazione del dialetto resiano coadiuvato dailinguisti, molti operanti anche presso l'Accademia delle artie delle scienze di Lubiana, che facevano ricerca etnogra-fica a Resia quando ancora il resiano e la sua cultura nonvenivano apprezzati né dagli intellettuali italiani né dai demo-logi resiani. Solo grazie a quel lavoro abbiamo oggi a dispo-sizione un voluminoso corpus di testi dialettali dai quali attin-gere per le moderne ricerche etnografiche.I legami con la Slovenia, consolidati negli anni soprattut-to dall'associazione sopra menzionata e da altre presentiin valle, risultano importanti.Per fare alcuni esempi: l'associazione Vivistolvizza, nataper rivitalizzare il piccolo paese di Stolvizza, ai piedi delMonte Sart, per le sue iniziative può contare sempre su unanumerosa presenza di visitatori provenienti dalla Sloveniache animano il paese e garantiscono la riuscita delle ini-ziative. Il Gruppo folkloriostico Val Resia, autentica perlanel panorama folkloristico internazionale, viene spesso invi-tato in Slovenia ad esibirsi in prestigiosi festival. Il Comitato

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associativo per il monumento all'arrotino, sopprattutto attra-verso l'esposizione etnografica dedicata all'antico mestie-re, ha più volte avuto la possibilità di esporre presso isti-tuzioni slovene numerose mostre e far così conoscere que-sto umile mestiere molto diffuso fra i resiani. L'Associazioneculturale Museo della gente della Val Resia propone ai turi-sti sloveni che visitano la valle una panoramica sulle pecu-liarità culturali creando così occupazione ed indotto eco-nomico. Anche i poeti resiani, più volte invitati in Sloveniaa presentare le loro opere, sono stati premiati con impor-tanti riconoscimenti. Possiamo ricordare le iniziative con glisloveni nate dall'attività istituzionale del gruppo alpinisticoi Ghiri di Resia che organizzò anche la prima festa dell'a-micizia a Sella Carnizza coinvolgendo numerosi abitantidella Valle dell'Isonzo. Degni di nota sono gli scambi cul-turali tra il Coro Monte Canin ed in passato il coro Ro¡emajave con i “colleghi” sloveni che attraverso il canto hannosuggellato durature amicizie.Anche i locali di ristorazione, i cui gestori hanno parteci-pato ai corsi di lingua slovena organizzati da molti anni aResia, beneficiano di tali buoni rapporti che permettono aivisitatori sloveni di trovare a Resia un ambiente accoglienteed ospitale.Queste collaborazioni sono state formalizzate, sul pianodella politica gestionale del territorio, anche dagli enti chehanno sede sul suolo resiano.Il Parco naturale delle Prealpi Giulie, che intrattiene fin dallasua istituzione contatti con il Parco sloveno del Triglav, orga-no governativo della vicina Repubblica, ha attivato progettitransfrontalieri Italia-Slovenia i cui fondi sono serviti per laristrutturazione della sede dell'Ente parco, con centro visi-te e foresteria gestiti dallo stesso.Tali buoni contatti sono stati riconosciuti al Parco anchedalla Federazione europea dei parchi - Europarc Federationche ha consegnato, di recente, il certificato di parco tran-sfrontaliero al Parco regionale delle Prealpi Giulie insiemeal Parco nazionale sloveno del Triglav e alla Riserva slo-vena della biosfera delle Alpi Giulie. Il titolo di Parco tran-sfrontaliero, attribuito da Europarc, è il primo ufficialmen-te conferito in Italia, anche se non mancano altri casi esem-plari di consolidate collaborazioni transfrontaliere. Con que-sto titolo, Europarc desidera premiare il contributo dato allaconservazione del patrimonio naturale e culturale europeo,alla pace e alla comprensione reciproca.Anche il comune di Resia ha attivato collaborazioni impor-tanti con la Slovenia. Possiamo ricordare i progetti tran-sfrontalieri Italia-Slovenia: per la viabilità transfrontaliera(sistemazione di parte della strada che collega Resia conla Valle di Uccea e di conseguenza miglioramento della via-bilità verso e dal confine di stato) e per il progetto“Conosciamoci / Spoznajmo se”.L'obiettivo base di quest’ultimo è stata soprattutto la volontàdi stabilire una cooperazione nella cultura, nella comuni-cazione, nella ricerca e tra le istituzioni pubbliche ai fini diun'armonizzazione dei sistemi. La Slovenia oggi è uno stato europeo, uno stato modernoe gli abitanti delle nostre valli hanno nuovamente, dopo moltianni di "guerra fredda", la possibilità di collaborare con essasul piano culturale e sopprattutto sul piano economico,nonostante qualcuno continui a seminare odio contro lapopolazione slovena con lo spauracchio dell'assimilazio-ne.Lo Stato italiano, includendo il territorio del comune di Resiatra i comuni dove è storicanente insediata la minoranza lin-guistica slovena, ha fornito a questa comunità un ulterio-re privilegiato strumento di tutela del patrimonio culturale

e di sviluppo economico. Infatti, come si evince da questenormative (che qualcuno definisce “nefaste”), sono previ-ste delle risorse ecomiche per lo sviluppo di un territorioaltrimenti destinato a morire. Queste opportunità in ValResia sono state già sfruttate sia da privati che da enti edassociazioni.Oggi il governo regionale intende accorpare i comuni conmeno di 5000 abitanti, chiudere le scuole con pochi alun-ni, centralizzare i servizi. Cosa ne sarà della piccola comu-nità della Val Resia? Con queste premesse quali sarannole prospettive senza la tutela che lo stato italiano ci ha rico-nosciuto?Dobbiamo cominciare seriamente a cogliere le opportunitàche le leggi dello stato italiano ci offrono per continuare avivere nelle nostre valli: non dobbiamo scandalizzarci sesentiremo parlare sempre più spesso di comunità di mino-ranza o di scuola bilingue, già modello di insegnamento qua-lificato. La strada della collaborazione transfrontaliera con laSlovenia per le nostre comunità è appena iniziata.L'Unione Europea ci supporta in questo mettendoci a dispo-sizione nuovi strumenti come i Gruppi di cooperazione ter-ritoriale (Gect) che hanno il compito di stimolare e soste-nere la cooperazione territoriale per sviluppare gli ex ter-ritori di confine.

Sandro Quaglia(Dom, 31. 3. 2010)

VAL CANALE-KANALSKA DOLINA

Un centro culturale

per la rinascita di Ugovizza

Aperto il centro polifunzionale ricavato nei locali della vec-chia latteria consortile dove troveranno posto anche le atti-vità del Centro culturale sloveno PlanikaA sei anni e mezzo dall’alluvione, che il 29 agosto del 2003ha colpito il comune di Malborghetto - Valbruna ed ha pro-vocato ingenti danni alla maggior parte delle strutture abi-tative del paese di Ugovizza, un altro importante tassellodella ricostruzione viene ad arricchire il senso della rina-scita. Il 1° marzo è stata richiamata all’attenzione della stam-pa l’apertura e la messa a disposizione della comunità delcentro polifunzionale che è stato ricavato nei locali ristrut-turati della vecchia latteria consortile. Al tavolo della pre-sidenza Daniele Zelloth, presidente del Consorzio vicina-le di Ugovizza e Rudi Bartaloth presidente del Centro cul-turale sloveno Planika – Stella alpina, hanno illustrato ilsenso di questo centro di cultura nella realtà locale e nehanno tracciato la fisionomia ed il ruolo che intende assu-mersi per il futuro.La furia dell’alluvione aveva distrutto dalle fondamenta ilpossente campanile che sorgeva sulla riva destra del tor-rente e nel quinto anniversario del disastro il 31 agosto 2008con una grande manifestazione civile e religiosa se n’erainaugurato il ripristino. Nel frattempo il paese è rinato e l’i-naugurazione del centro si pone come coronamento del-l’opera di ricostruzione. Il Consorzio vicinale di Ugovizzaha una storia secolare, da quando, secondo le parole delpresidente, 116 famiglie si riunirono per curare gli interessicomuni già dai tempi dell’impero austroungarico. La vec-chia latteria era frutto del loro lavoro. Ma i tempi sono cam-biati ed il fabbricato anche per giustificarne la ristruttura-

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zione doveva trovare un’adeguata destinazione d’uso. Oltreche divenire centro polifunzionale per ogni esigenza cul-turale del territorio aveva bisogno di un’anima, di una suavita, di una presenza istituzionale che non fosse sporadi-ca ed occasionale. Qui sono venute a sposarsi due esi-genze che hanno trovato nei due interlocutori, il Consorzioe Planika la copertura di interessi comuni.Non va dimenticato, infatti che per ristrutturare e renderefunzionale il fabbricato l’impegno finanziario era rilevantee che comunque era opportuno trovare una giusta collo-cazione ai fondi che generosamente erano stati raccolti davarie istituzioni slovene in Italia, in Carinzia e in Slovenia,da aggiungere a quelle istituzionali forniti dalla Protezionecivile, dalla Caritas e dalla Cassa di risparmio di Udine. Ilpercorso per giungere ad una soluzione soddisfacente èstato lungo e per certi versi non privo di tensioni. Che oggivi sia una sala disponibile per tutte la manifestazioni cul-turali e che si stia lavorando alacremente per metter a dispo-sizione del circolo Planika i circa 80 mq. del sottotetto perle sue attività istituzionali, è frutto della buona volontà delleparti per rendere un concreto servizio alla comunità loca-le.Planika, trasferendo qui le sue molteplici attività che spa-ziano dall’insegnamento della lingua slovena a varie mani-festazioni culturali legate alla tradizione, dalle pubblicazioni,frutto di puntuali ricerche etnografiche e storiche, alle oppor-tunità offerte dal centro informatico e dalla ricca bibliote-ca, ha l’occasione di divenire l’anima di questo nuovo luogodi vitalità paesana, secondo l’auspicio ribadito dal presidenteBartaloth e dallo Zelloth.In una visione prospettica questo centro si presenta comeemblematico proprio per l’implicita apertura che offre a tuttele possibili iniziative di aggregazione che le varie espres-sioni sociali locali intendessero porre in atto. Esse posso-no spaziare dal religioso al civile, proporre un convegno,aprirvi una scuola di musica, di canto corale, ma anche fareuna festa insieme con la classica bicchierata. Secondo leparole del presidente Zelloth, qui potranno trovare occa-sione di collaborazione e integrazione le diverse anime cul-turali e linguistiche che convivono su questo territorio, ilquale rappresenta anche fisicamente il punto geograficodi incontro delle tre matrici linguistico-culturali europee.La presenza della console generale della Slovenia VlastaValen@i@ Pelikan, dei rappresentanti della Confederazionedelle organizzazioni slovene-Sso, Riccardo Ruttar e dellaUnione culturale economica slovena-Skgz, Luigia Negro,ha dato l’implicita conferma della volontà del mondo slo-veno nel suo complesso di stare accanto a questo centro,il quale, accogliendo l’associazione Planika, offre nuoveopportunità di presenza attiva e collaborativa alla comu-nità slovena, nell’ottica di un’Europa sempre più apertasecondo la lettera e lo spirito del trattato di Schengen.

R. R.(Dom, 15.3.2010)

UGOVIZZA-UKVE

Il giorno della cultura slovena in Val Canale

La Giornata della cultura slovena viene festeggiata in ValCanale già da circa vent’anni e per la prima volta ha avutoluogo quest’anno ad Ugovizza-Ukve, protagonisti gli alun-ni della locale scuola elementare, dove quest’anno è statoattivato, per un’ora alla settimana, l’insegnamento della lin-

gua slovena, tenuto dall’insegnante Alma Hlede in colla-borazione con Eva Gregor@i@, quest’ultima incaricata dallocale centro culturale sloveno Planika. La partecipazionedegli alunni, che hanno cantato, ballato, giocato e recita-to, ha riscosso molto successo. Bravi sono stati anche glialunni del corso di sloveno presso il centro Planika, tenu-to dall’insegnante Katarina Kej¡ar.La festa ha avuto luogo negli spazi ristrutturati dell’ex lat-teria ora adibita a centro culturale e recentemente inau-gurata.Alla manifestazione, che ha riscosso un’ampia partecipa-zione di pubblico, hanno, inoltre, preso parte il sindaco diMalborghetto-Valbruna, Alessandro Oman, e di Tarvisio,Renato Carloantoni, il ministro sloveno Boœtjan ˘ekœ e ilsegretario di Stato sloveno Boris Jesih. Vi hanno preso parteanche il presidente della Confederazione delle organizza-zioni slovene-Sso, Drago Œtoka, la presidente dellaGlasbena matica, Nataœa Paulin, la presidente provincia-le dell’Unione culturale economica slovena-Skgz, LuigiaNegro, la presidente dell’Istituto della cultura slovena, BrunaDorbolò, e il presidente della comunità locale (vaske sku-pnosti), Daniel Zelloth.Nel suo intervento di saluto il presidente del centro cultu-rale sloveno Planika, Rudi Bartaloth, ne ha illustrato l’atti-vità nell’ambito della cultura, della valorizzazione e affer-mazione della lingua letteraria slovena e l’impegno per losviluppo del territorio. Bartaloth ha, inoltre, sottolineato l’im-portanza della cooperazione transfrontaliera e gli sforzi com-piuti per la creazione di un comune spazio culturale slo-veno. Ha sottolineato, inoltre, la necessità di coinvolgerel’area di confine nei progetti europei e di assicurare paridignità ed opportunità di sviluppo agli sloveni della ValCanale. È seguito l’intervento bilingue, italiano e sloveno, del sin-daco Oman, il quale ha ringraziato quanti hanno contribuitoall’organizzazione della manifestazione e quanti hannoofferto il loro aiuto per la ripresa del territorio dopo l’allu-vione, che ha colpito la valle nel 2003. Ha, inoltre, sottoli-neato l’importanza del plurilinguismo e del clima positivoche, a questo proposito, si respira in Val Canale.Anche il ministro sloveno ̆ ekœ si è congratulato per il climadi tolleranza, plurilinguismo e multiculturalità che haavvertito in Val Canale. Ha, inoltre, promesso che laSlovenia starà al fianco degli sloveni in Val Canale.In val Canale ˘ekœ e Jesih hanno visitato il centro cultu-rale Planika, sono stati ricevuti dal sindaco Oman pressoil palazzo veneziano a Malborghetto ed hanno incontratoanche il presidente della comunità di Ugovizza, DanielZelloth.

N. M.(www.planika.it)

PUBBLICAZIONE

Una “bussola” per un viaggio culturale

in Friuli e nella Slavia

La provincia ha pubblicato la guida «Musei e colle -zioni presenti nella Provincia di Udine – Percorsi distoria e arte»

La Provincia di Udine negli anni ha profuso un impegnosempre maggiore nel settore dell'offerta culturale musea-

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le. Di recente ha realizzato, a cura di Valentina Piccino, unanuova guida dal titolo «Musei e collezioni presenti nellaProvincia di Udine – Percorsi di storia e arte» che rappre-senta una sorta di “bussola” per un viaggio culturale in un’a-rea straordinaria qual è il Friuli. Nel 2008 l’assessorato alla Cultura, come spiega l’asses-sore Elena Lizzi nell’introduzione al volume, ha istituito ungruppo di lavoro con il compito di svolgere una indaginecompleta sul vasto patrimonio museale provinciale esistentee base di partenza è stata una precedente guida ai museie alle collezioni, promossa dallo stesso Assessorato nel2001. È interessante osservare come in soli nove anni, inun territorio come il Friuli, il numero di tali luoghi aperti alpubblico e liberamente visitabili sia raddoppiato arrivandoa contare 116 realtà.In tutta la Provincia di Udine, l’arte può essere ammiratain ogni sua forma: da quella più antica, preziosa testimo-nianza dei secoli passati, e quella dei giorni nostri, dimo-strazione della vitalità di questi luoghi, sia plasmata dal-l’uomo che scaturita dal prodigio della natura.L’intero patrimonio ambientale del Friuli fa da sfondo, conla varietà dei suoi paesaggi, a questi racconti, in cui unaparte importante spetta all’agricoltura e alle sue tradizionie dove trova spazio l’arte sacra accanto a quella contem-poranea, permettendo una visione culturale a tutto tondodelle caratteristiche di questi luoghi.Pressoché in ogni comune della Provincia è ospitata alme-no una struttura espositiva. Ciascuna, non sempre rego-lata da norme specifiche, rappresenta uno spazio in cuiviene raccontata la storia di quel frammento di terra e dellasua gente. È il caso della Val Resia dove, come si evincedalla guida, sono visitabili tre realtà espositive. A Prato-Ravanca si trova il Centro visite del Parco naturale dellePrealpi Giulie, che costituisce la base per l’approccio agliaspetti naturalistici che caratterizzano l’area protetta. È illuogo di incontro di quanti vogliono avvicinarsi alla realtàcomplessa e meravigliosa del Parco, e vi conoscono l’a-rea attraverso gli allestimenti espositivi che riproducono idiversi ambienti naturali. In questa struttura vi è anche l’op-portunità di soggiornare in una accogliente foresteria. AStolvizza-Solbica si trova il Museo dell’arrotino, anticomestiere tradizionale dei resiani. In esso sono esposti gliattrezzi indispensabili e caratteristici per lo svolgimento diquesta attività prettamente artigianale: le biciclette adattateper l’arrotatura e le antiche macchine di legno con la molaabrasiva azionata a pedale, che veniva trasportata sullaschiena in tutta Europa. A San Giorgio/Bila si trova laRaccolta museale etnografica che illustra la vita in Val Resiaprima e dopo i sismi del 1976, attraverso la ricostruzionedi ambienti tipici, il recupero di strumenti legati al mondodel lavoro agricolo e dell’abbigliamento tradizionale loca-le. L’esposizione, caratterizzata dall’uso di tre lingue (resia-no, sloveno letterale ed italiano) per le didascalie, permetteal visitatore l’approfondimento e la conoscenza anche deltessuto culturale locale.Nel comune di Resia sono presenti altre due strutture conpotenzialità turistiche: la latteria turnaria di San Giorgio, ubi-cata proprio nel centro del paese e da poco ristrutturata afini espositivi, e l’Ecomuseo della Val Resia che mette inrete tutte le esposizioni sopra ricordate con i suoi sentieriche si articolano in quattro grandi percorsi che raggiungonoaltrettanti luoghi particolarmente significativi. La Val Resiaha dunque scelto lo strumento del camminare, del condurrei visitatori ad esplorare ogni angolo della valle ricca di tra-dizioni che si discostano dal Friuli e rientrano nell’ambitodella minoranza linguistica slovena. In Provincia di Udine

essa è storicamente insediata in diciotto comuni, dieci deiquali, come evidenziato nella guida sopra menzionata,hanno sul proprio territorio almeno una realtà espositiva.È pertanto importante che l’amministrazione provincialeabbia pensato alla realizzazione di un sistema museale con-cretizzatosi nella rete museale della Provincia di Udine, cheha voluto accrescere e promuovere la missione educativadi ogni singolo museo e di ogni singola struttura epositi-va, attraverso una gestione culturale condivisa e coordi-nata a livello territoriale.L’obiettivo è quello di razionalizzare l’offerta espositiva edi potenziare la produzione culturale, creando sinergie conil turismo, l’ambiente, l’istruzione e la formazione profes-sionale.In questo modo l’ente Provincia ha voluto dare più valoread ogni “pagina” del prezioso racconto della terra friulanafornendo come orientamento la guida ai Musei e collezio-ni, intendendo rendere un servizio utile non solo ai turistiche visiteranno la Provincia di Udine ma anche a tutti colo-ro che ci vivono e che potranno così conoscere, o approfon-dire i percorsi che caratterizzano il «piccolo compendio del-l’universo».

Sandro Quaglia(Dom, 15.3.2010)

SAN PIETRO AL NAT.-ŒPIETAR

La proibizione dello sloveno nelle chiese

La lezione di Faustino Nazzi ai Beneœki kulturni dnevi

La proibizione dello sloveno nelle chiese delle Valli delNatisone e la scuola durante il Ventennio fascista nel ter-ritorio sloveno venuto a far parte del Regno d’Italia dopola prima guerra mondiale, sono stati i temi della settimaserata dei Beneœki kulturni dnevi che il 25 febbraio scor-so ha ancora una volta richiamato nella sala consiliare diSan Pietro al Natisone un folto pubblico a testimonianzache gli argomenti e la formula adottata dall’Istituto per lacultura slovena per la serie di incontri sulla storia locale siè rivelata indovinata.Ad affrontare il tema della proibizione è stato il prof.Faustino Nazzi, autore di due volumi fondamentali sullaBenecia in epoca fascista: Il duce lo vuole (Coop. Lipa, S.Pietro al Natisone 1995) e Chiesa e fascismo nella Slaviafriulana (Glesie furlane, Villanova di San Daniele 2004),mentre un documentario di Jadran Sterle ha dimostrato pla-sticamente l’imposizione dell’italiano nelle terre slovene«redente» attraverso una scuola di stampo colonizzatore.Nel suo intervento Nazzi ha basato le sue argomentazio-ni sui documenti e sugli scambi epistolari tra gli attori dellatriste e tragica vicenda dell’imposizione dell’italiano nellechiese: il clero sloveno, con in testa mons. Ivan Trinko, l’ar-civescovo di Udine, mons. Giuseppe Nogara, il Vaticano,le autorità fasciste. Il diktat di Mussolini venne annuncia-to e preceduto da interventi sempre più pesanti dell’auto-rità civile nella vita della Chiesa locale e dai contrasti tra isacerdoti sloveni e la curia udinese.Uno dei segni premonitori dei futuri drammatici avvenimentifu la polemica sulla gestione del santuario di Castelmontenell’immediato dopoguerra. Nel 1920 sul giornale in linguaslovena »Goriœka stra¡a« apparve un articolo severamentecritico sulla gestione del santuario, affidato dall’arcivesco-vo di Udine ai Cappuccini della provincia veneta, e sulla

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mancata assistenza religiosa in lingua slovena. «ICappuccini sono venuti – si legge nel giornale –, ma i pel-legrini non sono aumentati. Perché si capisce da sé che iCappuccini conoscevano soltanto la lingua italiana». Nellarisposta al giornale sloveno, che fu, a dir poco sgarbata,la Rivista diocesana udinese denunciò una scarsa cura nel-l’organizzazione dei pellegrinaggi. I preti della Slavia si sentirono profondamente offesi da tantavolgarità e inviarono all'arcivescovo, mons. AntonioAnastasio Rossi, una protesta collettiva con 34 firme, sot-tolineando la grave scorrettezza commessa nei loro con-fronti e chiedendo una ritrattazione ufficiale, rivelarono che«ci siamo sentiti in dovere di ricorrere alla Sacra congre-gazione concistoriale, affinché con un documento ufficia-le provveda in merito», cioè alla salvaguardia dell'uso dellalingua parlata nella Slavia.Il Segretario di stato, card. Gaetano De Lai, comunicò amons. Rossi il pensiero del papa Benedetto XV sulla que-stione avanzata dal clero sloveno. «Ora è mente del S.Padre – si legge nel lettera che ha il crisma dell’ufficialitàdella Segreteria di stato –, e da sua parte devo racco-mandare la S. V. di essere largo nell'uso della lingua nellechiese dei paesi sloveni. È questo il criterio fermamentetenuto dalla Santa Sede ed inculcato in tutti i luoghi di idio-mi diversi e misti. La Chiesa non deve servire a propagandadi lingue e di nazionalismi». Dopo aver ricordato il congressoeucaristico foraniale, che si svolse il 24 giugno 1923 conuna partecipazione massiccia della gente (8 mila fedeli!)e definito come «il momento più alto che la Benecia abbiavissuto nella sua lunghissima storia», Nazzi si è soffermatosulle «ultime avvisaglie» che precedettero la proibizione diMussolini e cioè la lettera nella quale il prefetto di Udine,Riccardo Motta, chiedeva all’arcivescovo di Udine, mons.Giuseppe Nogara, «d'impartire disposizioni» perché nelleValli del Natisone «sia usata dai sacerdoti la lingua italia-na sia nell'insegnamento del catechismo che nelle predi-che».Mons. Trinko, vigile custode della sua Slavia, venne a cono-scenza «dell'incredibile invito» fatto dal prefetto e scrissea mons. Nogara: «L'iniziativa non può che aver origine loca-le e ha carattere più di anticlericalismo che altro, se purenon si tratta di una malvagia intemperanza di nazionalismo.Se la proposta fosse attuata verrebbe dato un colpo mor-tale alla forte religiosità della nostra gente, la quale avrà isuoi difetti, ma in quanto a fede può servire da modello…Qui si andrebbe contro la disposizione del Diritto canoni-co, che vuole che i fedeli siano istruiti nella lingua che èloro più familiare e che quindi meglio conoscono».La proibizione formale avviene nell’agosto del 1933. Il 7agosto il prefetto Temistocle Testa, comunicò a mons.Nogara la seguente disposizione del governo: «S. E. il Capodel Governo (Benito Mussolini, ndr), desidera che V. E. pro-ceda energicamente nei riguardi dei sacerdoti che anco-ra si mostrino non sufficientemente compresi dei loro dove-ri verso la Nazione e verso il Regime e che non sia per-messa la ristampa del catechismo sloveno, e che anzi, sedetto catechismo è in circolazione, sia sequestrato».L’ukaze gettò nello sconforto i sacerdoti sloveni che pro-testarono con l’arcivescovo. Don Giuseppe Cramaro diAntro e don Natale Zufferli si recarono a Roma e inoltra-rono una missiva al papa stesso. Mons. Nogara, pressa-to dal prefetto e ossessionato dal silenzio di Roma, deci-se che «in attesa di quanto disporrà la Santa Sede, allaquale si sono chieste istruzioni, disponiamo che intanto siusi la lingua italiana e si faccia seguire un riassunto espli-cativo nel dialetto locale». In pratica l’arcivescovo dispo-

se proprio quello che voleva il Duce.In questa stato di completo disorientamento e di smarri-mento dei princìpi, che regolano la vita all’interno dellaChiesa e dei rapporti tra essa e lo Stato, si erge la figuradi mons. Ivan Trinko al quale i sacerdoti sloveni si rivol-gono per trovare consigli e conforto.Il 6 novembre 1933, scrise a mons. Nogara: «I nostri sacer-doti sloveni, ancora terrorizzati dalla poco benemerita, nonavendo il coraggio né di presentarsi, né di scrivere all’E.V. per paura di ulteriori vessazioni, mi pregano d'interve-nire presso di Lei, perché solleciti una soluzione favore-vole alla grave questione della predicazione ed istruzionedella nostra chiesa. Pensi, Ecc.za, che se viene impeditala predicazione slovena, la grandissima parte della presentepopolazione resterà priva per tutta la vita di nutrimento spi-rituale e la gravissima responsabilità di ciò cadrà non sol-tanto su chi ha provocato od incoraggiato ed approvato l'i-niqua campagna contro la Slavia religiosa, ma anche suchi non ha saputo tener duro davanti all'Autorità civile, checosì sfacciatamente continua a soppiantare la religione nellenostre chiese. … È necessaria la resistenza assoluta, comesi fece in altre Diocesi. Per una volta, Ecc.za, creda pureanche a me e non lasci in abbandono ai lupi una parte nondisprezzabile del suo gregge. C'è chi dice che noi preti slo-veni facciamo nazionalismo. È la solita favola del lupo edell'agnello. Non è nazionalista chi difende la propria nazio-nalità, specialmente se la difende per ragioni religiose, malo è chi ingiustamente aggredisce l’altrui!».

G. B.(Dom, 15.3.2010)

SAN PIETRO AL NATISONE-ŒPETER

La prima guerra mondiale sul campo

e nei paesi sloveni

Conclusi i Beneœki kulturni dnevi sulla storia dellaSlavia friulana

La serie di Incontri culturali della Benecia – Beneœki kul-turni dnevi «Scopriamo la nostra storia - Odkrivajmo naœozgodovino« si è conclusa lo scorso 4 marzo nella sala con-sigliare messa a disposizione dal comune di San Pietro alNatisone. L’iniziativa è stata promossa ed organizzatadall’Istituto per la cultura slovena con la collaborazione diGiorgio Banchig, che ne ha impostato la struttura cultura-le, curato le otto tappe, scegliendo i docenti e gli espertiche si sono succeduti dal primo incontro del 5 novembre2009. Che formula, contenuto, a partire dal titolo, ed avvi-cendamento dei relatori siano stati azzeccati è stato dimo-strato dalla presenza interessata e costante del numero-so pubblico presente in sala a scadenza bisettimanale. Siè iniziato dalla preistoria, per passare poi all’età romana,all’alto Medioevo, al Medioevo, all’epoca veneziana ed alRisorgimento. Per motivi contingenti la tappa riservata allaPrima guerra mondiale fu quella conclusiva, anticipata, quin-di da quella riservata al Ventennio fascista. Non serve specificare che l’oggetto di ricerca e di studioera la Benecia, appunto, che in questa panoramica dia-cronica ha dimostrato di essere stata, già dalla preistoria,un luogo tutt’altro che chiuso e marginale nell’intero ambi-to europeo. Il tracciato del Natisone / Isonzo, quale via dicomunicazione transalpina, ritrova un suo particolare signi-

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ficato nella storia più recente, basti ricordare quanto vieneevocato dal termine «Caporetto» nel primo conflitto mon-diale.È su alcuni particolari di quelle battaglie, che hanno con-dotto allo sfascio dell’esercito italiano ed allo sfondamen-to del fronte, che si è soffermata la relazione dello storicoPaolo Gaspari nell’incontro del 4 marzo. Egli, con uno stu-dio dei particolari quasi maniacale, ha ricostruito, si potreb-be dire minuto per minuto, le fasi della battaglia sullo œpiknei pressi di Castelmonte, esprimendo valutazioni tattichedelle forze in campo, proponendo addirittura riferimenti astrategie belliche collaudate da antichi condottieri. Nel nostrocaso sarebbe arduo entrare nei particolari evidenziati dalrelatore sulla consistenza, la dislocazione, l’armamentodelle forze in campo ed il loro gioco tattico. Quanto di tuttociò sia stato memorizzato dagli attenti ascoltatori rivesteuna relativa importanza, ma essi hanno potuto farsi un’im-magine plastica di quanto è successo sui versanti dei montidella Slavia, tenendo sempre presente che al centro di tuttoc’era il soldato, l’uomo, che era costretto a sfidare la mortein ogni istante. I presenti hanno però potuto ascoltare, suargomentazioni documentate, come la battaglia sia stataimpari in quello storico confronto militare e come i com-battenti sul fronte italiano abbiano lottato con estremo corag-gio e siano stati sconfitti con onore; rigettando, quindi, l’im-magine di armata Brancaleone che spesso viene data aifanti del regio esercito. Non si è parlato delle responsabi-lità dei vertici di comando, ma questa è un’altra “storia“.In campo c’erano l’enorme superiorità numerica dell’eser-cito austro-tedesco e la lunga e meticolosa preparazionestrategica dell’offensiva che aveva localizzato con preci-sione le postazioni belliche difensive delle forze italiane,tanto da non dover neppure sparare cannonate di provaper aggiustare il tiro. Senza contare la dotazione di nuovearmi dell’esercito nemico, contro cui ben poco potevano ilcoraggio e l’abnegazione dei soldati italiani. Le pesanti edarretrate mitragliatrici italiane, che abbisognavano di un inte-ro plotone per poter essere piazzate e messe in funzione,potevano contrastare ben poco quelle dell’avversario, chedisponeva, ad esempio, di mitragliatrici più efficaci e leg-gere, tali che un solo uomo poteva trasportare, assistito dauna paio di portatori di munizioni. Impressionanti, poi, inumeri dell’incredibile schieramento di cannoni che pre-paravano la strada agli assalitori, devastando ogni metrodi terreno... Le immagini evocate dalle parole rendevanopalpabile l’incubo di quella che Benenedetto XV aveva defi-nita “l’inutile strage”.Alla fine della guerra, col trattato di Rapallo il regno d’Italiaallargò definitivamente i suoi confini al territorio di Plezzo/ Bovec e Tolmino / Tolmin, ma già pochi giorni dall’iniziodella guerra le divisioni italiane avevano occupato parte deiterritori sloveni, inglobandovi complessivamente circa28.000 abitanti. Quale sia stato il senso di quella occupazione militare ita-liana nel biennio 1915/17 è stato esposto in forma preci-sa e documentata dalla dottoressa Petra Svoljœakdell’Istituto di storia “Milko Kos”, presso l’Accademia slo-vena delle scienze e delle arti. Ad ascoltare, ma soprat-tutto a rileggere la dozzina di pagine della sua relazione,si ha chiaro e netto il disegno nazionalistico di italianizza-zione forzata della popolazione annessa. Limitandoci allezone a ridosso della Slavia, furono occupate dalle truppeitaliane le attuali località di Bovec, Breginj, #ezso@a,Dre¡nica, Idrsko, Kobarid, Kred, Libuœnje, Livek, Sedlo,Srpenica, Trnovo ob So@i, Vol@e e ˘aga. Per la gestionedegli stessi fu insediato un segretariato generale retto dal

prefetto Agostino D’Ama, ma la vita della popolazione scor-reva sotto l’attento controllo del commissariato civile consede a Caporetto. Se, da un lato, il generale Achille Papaannotava: «Dobbiamo accattivarci queste popolazioni,senza cozzare coi loro sentimenti, con la loro lingua, chegli è tanto cara», di fatto, denuncia la relatrice Svoljœak: «Icommissari civili si sono premurati, già dai primi giorni, dipredisporre i sistemi di sicurezza. Ragione per cui hannoarrestato e internato in Italia tutti i maschi dai 18 ai 50 anni,tutti i sacerdoti sloveni, gli insegnanti, i sindaci ed i respon-sabili di singoli paesi e le persone di rilievo, i quali veni-vano accusati di spionaggio a favore dell’Austria. Hannoaccusato innocenti d’aver sparato contro militari italiani,che in realtà stavano disertando, tanto da arrestare neipaesi sotto il Krn / Monte Nero 61 uomini, per poi fucilar-ne uno su dieci, la famigerata decimazione, il 4 giugno del1915, per far capire alla gente il destino di chi si fosse ribel-lato allo strapotere italiano. Fu imposto l’italiano come lin-gua ufficiale; tale la lingua dei proclami, della scuola conl'italianizzazione di nomi, cognomi, toponomastica e deno-minazioni stradali». E pretendevano di essere riconosciuti come “liberatori” dalgiogo austriaco! Lo aveva constatato lo stesso futuro Duce,al suo ritorno a Caporetto il 15 febbraio 1916 dopo la visi-ta precedente del 15 novembre1915 scrivendo: «La gentenon è cambiata. Entro nei negozi e vedo ancora volti scuri.No, questi sloveni non ci vogliono bene. Ci sopportano conrassegnazione e tacita avversione. Sono convinti che siamosolo di passaggio e non vogliono compromettersi in atte-sa del ritorno dei padroni di ieri».Ovviamente, come per esperimentare future annessioni ter-ritoriali, la forzata italianizzazione era accompagnata da unnotevole sforzo organizzativo della vita civile e nella costru-zione di infrastrutture. Particolari attenzioni venivano riser-vate all’infanzia vista, però, come elemento cardine del pro-cesso di sostituzione dell’identità nazionale. La retorica delmessaggio “Italiani brava gente” ha mostrato il suo verosenso un quarto di secolo più tardi, quando l’esercito ita-liano invase un’altra parte di Slovenia, al comando di gene-rali che sadicamente richiamavano all’ordine i sottopostiosservando che «qui si ammazza troppo poco!». Questo...parlando di Patria!R. R.(Dom, 31. 3. 2010)

SE˘ANA

La Benecia di Toffoletti

per la prima volta in Slovenia

Si inaugura il 7 aprile la mostra fotografica alKosovelov dom

Un nuova occasione di incontro tra Riccardo Toffoletti e laSlovenia, dopo la recente pubblicazione sulla rivista di cul-tura Perimmagine – da lui diretta – della corrispondenzainedita tra Tina Modotti, Vittorio Vidali e l'amico Ivan Regent,custodita negli archivi di stato di Lubiana.In questa occasione, tuttavia, non si tratterà della celebrefotografa udinese, al cui riconoscimento internazionale hadato un fondamentale contributo con la sua pluriennale atti-vità proprio Toffoletti – fondatore del comitato che porta ilsuo nome – ma del reportage fotografico sulle Valli del

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Natisone che lui stesso realizzò nel 1968.A dispetto degli anni trascorsi, si tratta di immagini di bru-ciante attualità, riproposte nel 2007 a Cividale del Friuli (perla prima volta dopo quarant'anni) a cura del Centro studiNediÏa di San Pietro al Natisone: dopo essere state pre-sentate presso importanti istituzioni in Italia, approdano oraper la prima volta in Slovenia, al Kosovelov dom di Se¡ana.Nel 1968 il reportage strappò il velo di colpevole indiffe-renza che copriva la piaga aperta delle Valli del Natisone:zone arretrate e marginali, schiacciate dalla cortina di ferro,dove gli amministratori locali – incapaci o disinteressati afar fronte concretamente al degrado e allo spopolamento– si adeguavano alle direttive delle segreterie dei partiti algoverno, non certo benevole verso queste popolazioni“sospette”, incuranti di assicurare una vita dignitosa allacomunità slovena che da secoli viveva in simbiosi con unterritorio ordinato dallo sfiancante lavoro dell'uomo. Toffoletti allora non voleva restituire di quei luoghi le vedu-te da cartolina tanto care ai benpensanti, cultori dell'idilliocontadino (operazione peraltro resa ardua dai diktat impo-sti dai comandi militari, che proibivano severamente diriprendere in qualsiasi forma il paesaggio a ridosso del con-fine con l'allora Jugoslavia), e per questo entrò nei paesi,a contatto con gli abitanti e la loro vita quotidiana fatta distenti e di mancanza di qualsiasi prospettiva. Oltre a ripren-dere le misere case, la fatica che segnava il volto deglianziani e gli attoniti sguardi di grandi e bambini, ne regi-strò anche le testimonianze, che raccontavano di un'agri-coltura di sussistenza, priva di ogni avanzamento tecno-logico, dell'abbandono degli amministratori ad un destinodi sconfitta, della condanna all'emigrazione che svuotavaintere vallate dei loro giovani.Nel novembre 1968 la mostra venne presentata a Udine,sollevando un acceso dibattito la cui eco rimbalzò sullastampa locale e nazionale: l'asciutto bianco e nero diToffoletti e il suo approccio neorealistico avevano fatto cen-tro, non volendo essere un puro esercizio estetico, ma docu-mento di denuncia politica e sociale.Questo episodio “non secondario nel '68 friulano” come loha definito l'antropologo Gian Paolo Gri nel testo introdut-tivo del volume che oggi accompagna la mostra, a distan-za di anni non ha perso la sua urgenza: immutata è la ten-denza all'abbandono della Benecia, il suo essere in manoad amministratori inadeguati quando non in malafede, il suoessere ancora sotto scacco rispetto a rivendicazioni iden-titarie particolaristiche e contrapposte, spesso fumose estrumentali, cui di questi tempi, con la caduta del confine,si sperava di non sentire più parlare. Per tali motivi il Centrostudi NediÏa, che ha curato la realizzazione della mostrae l'edizione del volume in cui il reportage compare nellasua interezza, ha ritenuto importante riproporre l'esposizionea distanza di anni: non uno sguardo compiaciuto e nostal-gico verso il passato, dunque, ma un'occasione per riflet-tere ed interrogarsi sul futuro della Benecia e della suacomunità.La mostra resterà aperta fino al 1° maggio con il seguen-te orario: dal lunedì al sabato 10.00-12.00 e 15.00-17.00.

(Comunicato stampa)

PULFERO-PODBONESEC

La magia delle parole a Calla in poesia

Il comune organizza la settima edizione del Concorso

internazionale di poesia

Il Comune di Pulfero indice la settima edizione del ConcorsoInternazionale di Poesia denominato “Calla in poesia – artesenza confini”. Il concorso è nato per rafforzare l’unionetra le genti e divulgare, attraverso la poesia, la comunio-ne di sentimenti e sensazioni che superano ogni barrieralinguistica.La prima edizione, nel 2004, prevedeva la partecipazioneal concorso di poesie inedite in lingua italiana o slovena,anche nelle versioni dialettali tipiche della zona, per ono-rare l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea. Negli annisuccessivi, in omaggio a tutti i conterranei che nel tempohanno percorso le strade del mondo e che anche lontanohanno formato considerevoli e vivaci comunità la manife-stazione è stata dedicata alla lingua francese nel 2005, allalingua inglese nel 2006 e 2007, alla lingua tedesca nel 2008ed alla lingua friulana nel 2009.Per l’edizione del 2010, che ha come tema «La magia delleparole», la lingua ammessa al concorso, in aggiunta all’i-taliano e allo sloveno, è lo spagnolo, lingua familiare a moltivalligiani emigrati in diversi paesi dell’America del Sud.Secondo una ormai consolidata consuetudine il concorso,oltre ad incoraggiare le molte persone adulte che amanodar voce ai loro sentimenti e alle loro sensazioni attraver-so i versi, esprimendosi in una delle tre lingue ammesse,dà particolare risalto alla partecipazione degli alunni dellascuola primaria e secondaria di primo grado, ai quali vieneriservata una sezione.Le poesie, redatte ciascuna in due copie di cui una solasottoscritta e completa di dati anagrafici, indirizzo e reca-pito telefonico, unitamente alla scheda di partecipazioneed alla ricevuta di versamento della quota di iscrizione di15 euro (sono esenti i minori di 18 anni), devono perveni-re al comune di Pulfero entro le ore 12.00 di lunedì 10 mag-gio. Per ulteriori informazioni rivolgersi al comune di Pulferoo consultare il sito internet www.comune.pulfero.ud.it

(Dom, 31.3.2010)

SLOVIT/SLOVENI IN ITALIA

Quindicinale di informazione

DIRETTORE RESPONSABILE: GIORGIO BANCHIG

EDITRICE: most società cooperativa a r.l.PRESIDENTE: GIUSEPPE QUALIZZA

DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE:

33043 CIVIDALE DEL FRIULI, BORGO SAN DOMENICO, 78

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