SOMMARIO - Figlie di San Giuseppe di Genoni...ne al rimanere neghittosi di fronte alla vita di tutti...

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SOMMARIOu CARI LETTORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3 Madre M. Luciana Zaruu SPIRITUALITÀ DEL FONDATORE . . . .4 Siamo figli della luce, comportiamoci come figli della luce Don Antonio Donghiu PAROLA E CELEBRAZIONE . . . . . . . .8 Vita Consacrata: Essere un fuoco che accende altri fuochi e «accende il cuore» Don Carlo Caniu ATTUALITÀ E FORMAZIONE . . . . . .10 Formare all’empatia Marco Cardinaliu RIFLETTIAMO SU... . . . . . . . . . . . . . .12 Antropologia del limite Mons. Ignazio Sannau VITA DELL’ISTITUTO ITALIA Le comunità raccontano . . . . . . . . . .15 Traslazione dei resti mortali di Padre Felice da Pisa a Genoni . . .17 J.M.J.: Suor Guglielmina Masia . . . .20

Suor Maria Grazia Mereu . . . . . . . . .21 Suor Linet Kunnel . . . . . . . . . . . . . . . .22 Suor Teresiana Palliparambil . . . . . .24 Genoni: Momenti di festa . . . . . . . .26 Isili: Semi di missionarietà . . . . . . . .27 Lanusei: Alla scoperta delle stagioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28 Torregrande: Festa dei Nonni . . . . .30 Torregrande: Festa di Natale . . . . . .31 Solanas: Un piccolo ricordo al ritorno dalla nostra vacanza . . . . .32 Agrigento: Sig.ra Anna compie 105 anni! . . . . . . . . . . . . . . . .33

AMERICA LATINA Brasile: Un sogno, una reatà . . . . . .38u PREGHIAMO PER... . . . . . . . . . . . . . .40u RIFLETTERE E… SORRIDERE . . . . . .42 La Principessa u SCELTI PER VOI... . . . . . . . . . . . . . . . .43 Libri

LE FIGLIE DI SAN GIUSEPPEBOLLETTINO BIMESTRALE

Una voce libera che propone:w la spiritualità di San Giuseppe e del Ven. Padre Felice Prinetti;w espressa nella vita dell’Istituto;w operante nella Chiesa.Direttore Responsabile: ............Dr. Marco CardinaliResponsabili di Redazione: ......Suor Paoletta Meloni - Suor Antonia DeiddaUfficio Abbonamenti: ...............Suor Maria Lucis ScemaRedazione: ...............................Le Figlie di San Giuseppe - Via Carmine, 34

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HANNOCO L L A BORATO

Mons.Ignazio Sanna

Madre MariaLuciana Zaru

Marco Cardinali

Don Carlo Cani

Don Antonio Donghi

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SPIRITUALITÀcorrendo le pagine di questo numero della Rivista è bello notare come i diversi

articoli, a partire dal primo che sottolinea il valore del tempo come luogo dimanifestazione dell’amore di Dio, a quello sulla consapevolezza del limite che apre

al bisogno di lui, a cui segue quello sulla necessità di vivere relazioni costruttive, libere erispettose della unicità dell’altro, ai necrologi che proiettano nel pieno compimento dellavita, siano la narrazione dell’azione di Dio nell’uomo, nella storia e nel mondo, come unaforza dinamica, con il potere di unificare, armonizzare, dare senso pieno e valore dieternità a tutto, anche a quello che per sua natura è fuggevole, limitato, e destinato aperire, per essere recuperato in un progetto di salvezza universale destinato a ricapitolarein Cristo tutte le cose.

Una realtà in cui l’azione divina e quella umana si intersecano nel misterodell’Incarnazione che, innestando l’umano nel divino, trasforma e trasfigura tutto alla lucedell’infinita compassione di Dio per ogni uomo.

In questa dimensione trova spazio e senso la vita consacrata come profezia dei benifuturi, che nella varietà dei carismi, diventa ornamento della Chiesa, testimonianza di unavita completamente realizzata nella scelta delle beatitudini evangeliche che, mentreorientano il cuore a Dio, lo aprono all’amore ai fratelli, espresso nella molteplicità diservizi che ogni famiglia religiosa rende alla luce del proprio carisma.

In questa dimensione anche i fatti storici hanno sapore di cielo. Quello che accadenon è mai cieco destino, casualità o fortuna ma è sempre compimento di un progetto,talvolta dalle linee umanamente incomprensibili perché appaiono storte o confuse mache, sotto la mano sapiente di Dio, si raddrizzano e prendono colore e alla luce del suoamore, i colori brillano con una molteplicità di sfumature, lasciando intravedere uncapolavoro perfetto.

È bello vedere come una pennellata d’amore il dono che le Figlie di San Giuseppestanno ricevendo con la traslazione dei Resti Mortali del Venerabile Fondatore dallaToscana in Sardegna. Una pennellata d’amore che mentre realizza storicamente quello cheda sempre si desiderava, avvicina i cuori, crea nuovi stimoli per una maggiore coerenza divita con il carisma dell’Istituto e con quanto la Chiesa si aspetta.

Un carisma rappresentato dalle pagine che descrivono diversi momenti di vita delleComunità e del servizio che rendono, espressione di una vitalità interiore profonda che,come un cerchio d’onda si allarga e raggiunge tutti quelli che hanno la possibilità diricevere il servizio d’amore che il Padre Prinetti chiedeva alle Figlie di San Giuseppe.

Una realtà bella, di fronte alla quale nasce spontanea la gratitudine, la speranza, lafiducia e il sereno abbandono nelle braccia di Dio, per sperimentare, come diceva ilnostro Venerabile Fondatore, la tranquilla confidenza e vivere nella santa allegrezza, chenon è assenza di fatica o di sofferenza, che non puòmancare a chi è associato al Mistero Pasquale di Cristo, madiventa certezza nella fede, forza nella speranza, esperienzanella carità.

Madre Maria Luciana Zaru

DIDA

CARI LETTORI

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apostolo Paolo con similiespressioni ci aiuta a com-

prendere il valore del tempo per su-perare ogni accidia, che non è al-

tro che il non vivere il dono del tempio se-condo l’oggi misterioso di Dio. La creaturaumana nel suo vissuto incarna l’attività divinasempre in atto nel suo divenire esistenziale.La fecondità della vita sta tutta nel cammina-re all’infinito che si ritraduce nella sequelainesauribile e gaudiosa dei centoquaranta-quattro mila dell’Apocalisse che seguono l’A-gnello ovunque vada.

Come il Padre e il Figlio vivono una me-ravigliosa comunione che rende creativo loSpirito Santo, così la nostra esistenza si co-struisce una dinamica vita di comunione chefa nuovi i nostri rapporti e i contesti nei qualilo Spirito ci colloca ogni giorno perché semi-niamo e comunichiamo la vita trinitaria cheè vivace e fraterna. Su questo sfondo, che nondobbiamo mai dimenticare, si rivela molto in-teressante come p. Prinetti associ nelle istru-zioni (vol 1) il tema del valore del tempo conil vizio dell’accidia.

È lo stile che la chiesa ci offre ogni matti-na nella lettura breve delle Lodi nella Liturgiadelle Ore, perché attraverso la parola dellaScrittura possiamo costruire con linguaggioevangelico il concreto del quotidiano. Il tem-po è un dono che siamo chiamati a rendereluogo dell’amore e della benevolenza divina,è sacramento feriale della gioia di sentirciamati, è una viva e vivace scuola per desidera-re la pienezza della vita nella gloria della Ge-rusalemme del cielo. Ogni mattina il Verboincarnato si fa tempo perché attraverso la fe-condità della nostra esistenza possiamo ren-dere il nostro quotidiano un vivo e fecondosacramento della concreta esperienza del dia-logo con Dio, con i fratelli, con il cosmo,con gli avvenimenti della storia. Dio ama dia-

logare attentamente con ogni uomo, e perchél’uomo viva nel tempo e con il tempo nellostile della gratitudine e della fecondità divine,Dio ha voluto venire tra noi per parlare connoi e per stimolarci a valorizzare il tempo co-me segno vivo e fecondo del quotidiano dia-logo tra l’eternità e storia.

Il dramma dell’accidiaUna duplice testimonianza ci pungola a leg-gere in modo positivo il nostro percorrere lastoria della vita ordinaria, dando un profon-do valore alle nostre persone e vincendo ogniforma di accidia.P. Prinetti, nella sua congenita rilettura mora-le di questo vizio capitale, così si esprime:

Siamo avvertiti che avremo da rendereconto di ogni parola oziosa; che sareb-be, dunque di una vita oziosa? Ora sipuò sprecare il tempo in due modi:con l’oziare, stando, come suol dirsi,con la mano alla cintola, oppure colnon occuparlo bene, cioè non secondola volontà di Dio. (p.40)

L’attività non è altro che un imparare a co-noscere noi stessi, il senso delle relazioni fra-terne, l’orientamento delle nostre scelte. L’ac-cidia ci impedisce di vivere, di sognare, di co-struire quel futuro che è la grande aspirazioneall’interno del nostro cuore. La creatura acci-diosa sopporta la vita, perde ogni entusiasmocreativo, non sa affrontare il rischio della no-vità, si addormenta in un feriale senza senso,si rinchiude nella corazza dell’io e impediscea se stessa di vivere. L’accidioso non si sentepiù in armonia con il cosmo e non sa entrarenella bellezza del creato, come i salmi ci ricor-dano ogni giorno con le loro immagini lumi-nose e “canore”. L’accidioso diventa schiavo

Siamo figli della luce,comportiamoci

come figli della luceDon Antonio Donghi

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SPIRITUALITÀ DEL FONDATORE

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conduce ad una maggiore fiducia, a ri-maner saldo nella costanza. (n.2733)

La vita nello Spirito è intrinsecamente di-namica, poiché si costruisce quotidianamentenell’accogliere come ospite luminoso il Cri-sto con tutta la sua vitalità, con tutta la suavibrante umanità, con la sua semplice gestua-lità che imprime la forza divina che ci per-mette di guarire dalle staticità e dalle paure

nelle quali potrebbe affossare la nostravita. La vita interiore è un volare so-gnando e un sognare volando, respi-rando la pienezza della vita che èAmore.

È l’uomo in preghiera che nel silen-zio della sua persona si lascia invaderedalla luminosità divina per dare alla lu-ce un mondo nuovo, ad imitazionedell’eccomi di Maria al momento del-l’annunciazione.

Il valore del tempoLa ricetta per ovviare alla condi-

zione di accidia sarà la riscoperta del-la bellezza e della fecondità del dono

di un pensiero triste che non sa più cantare egustare il fascino del bello.

Il recupero di una profonda vita spiritualeaiuta ad aprire orizzonti di serena operosità.Qui noi incontriamo una profonda, creativae nuova lettura della nostra storia per supera-re progressivamente il dramma della tentazio-ne al rimanere neghittosi di fronte alla vita ditutti i giorni. Il Catechismo della Chiesa Cat-tolica colloca l’accidia non solo nel-l’ambito dei vizi capitali (n.1866), masoprattutto nel contesto delle tentazio-ni a riguardo della preghiera.

Un’altra tentazione, alla quale lapresunzione apre la porta, è l’ac-cidia. Con questo termine i Pa-dri della vita spirituale in-tendono una forma di depres-sione dovuta al rilassamentodell’ascesi, ad un venir menodella vigilanza, alla mancata cu-stodia del cuore...Quanto più sicade dall’alto, tanto più ci si famale. Lo scoraggiamento, dolo-roso, è l’opposto della presun-zione. L’umile non si stupiscedella propria miseria; essa lo

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SPIRITUALITÀ DEL FONDATORE

Il peggiorpeccato contro inostri simili, non è

l’odio mal’indifferenza:

questa è l’essenzadell’inumanità.

George Bernard Shaw

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del tempo. Esso non è semplicemente il luo-go in cui avvengono tante cose, come se fos-se un semplice calendario di diverse ricor-renze, e si ricordano tanti avvenimenti acca-duti nel passato. In questa prospettiva sa-remmo degli archeologi che non sanno re-spirare il futuro.

La bellezza del tempo sta tutta nella con-vinzione che ognuno di noi non vive senzail tempo, mentre nel e con il tempo costrui-sce ogni giorno la propria esistenza. Potrem-mo quasi definire il tempo come il respirodella nostra esistenza terrena. Un simile do-no è intrinsecamente collegato con quelloche noi facciamo, con l’ispirazione che gesti-sce la nostra presenza nel feriale. Dio nellasua provvidenza ogni giorno, in ogni fram-mento del nostro vivere, ci regala il cammi-no nella vita, dando un significato concretoed evangelico al dono del tempo per costrui-re la nostra identità umana.

Non esiste un tempo vuoto, perché nonavrebbe senso; sarebbe come un accogliere ildono del respiro e non voler respirare. Il si-gnificato del tempo d’essere un dono cheviene dall’alto coinvolge tutta la nostra per-sona con tutto l’insieme delle sue caratteri-stiche, per dare un volto sempre rinnovatoalla storia personale, comunitaria e cosmica.Gesù stesso si è fatto tempo nell’incarnazio-ne per condividere, nella varietà dei suoi lin-guaggi, con ogni creatura umana il desideriodi bramare sempre più l’eternità beata, quel-la vita eterna che possedeva presso il Padre,seminando speranza nel cuore di ogni uo-mo.

Qui riscopriamo ogni giorno la verità delmistero della vita che si costruisce progressi-vamente. Purtroppo noi qualche volta nonsappiamo dare un significato umano-divinoa quello che facciamo, perché siamo così

drammaticamente chiusi nel nostro istanteche non ci proiettiamo in avanti verso unmistero di pienezza, che non è altro che larealizzazione dell’uomo secondo il progettodivino. Il Signore risorto abita in noi con loSpirito Santo per vivere l’oggi meraviglioso emisterioso del Padre. Egli è attivo nella no-stra esistenza e, sotto l’azione creatrice delloSpirito e la grammatica creatrice delle nostreoriginali personalità ci divinizza attraverso ilnostro essere che ama, pensa, opera, si rela-zione, dilata i suoi desideri. A tale riguardop. Prinetti così si esprime nelle sue rif lessio-ni.

Non basta non perdere il tempo inozio; è stretto dovere non solo di occu-parlo interamente, ma anche di occu-parlo bene, e non lo si occupa bene senon nel fare la volontà di Dio”(p. 45)

Ognuno di noi è un oggi vivente dell’amoredivino per esserne l’incarnazione in una mira-bile esperienza di comunione con ogni fratel-lo. Infatti egli ancora ci suggerisce:

Non basta occupare il tempo intera-mente, e occuparlo in quello che Diovuole da noi. La volontà di Dio per suanatura perfettissima richiede che da noisi tenda continuamente alla perfezionedelle nostre azioni, sia nell’esterno chenell’interno, quindi non solo nel lorooggetto ma ancora nel fine e nel modo(p.58)

L’anima del nostro agire nel tempo e con iltempo potrebbe elaborarsi progressivamenteattraverso questi quattro possibili parametri:– l’intensa gratitudine di amore nei confrontidel Padre,

– l’imitazione quotidiana della umanità diCristo che in parole ed opere ha dato inizioalla costruzione della vera identità di ogniumana creatura,

– la docilità alla creatività libera e liberantedello Spirito Santo,

– il desiderio di dare progressivamente alla lu-ce quel volto di Chiesa nella quale ogni uo-mo ritrova se stesso.

Animare alla luce del divino la nostraumanità ci permetterebbe di combattere vit-toriosamente ogni minima forma di accidia,perché vivremmo nei vari momenti della no-stra giornata la creatività trinitaria.

La bellezza dell’istanteUn simile percorso di vita ci porta a far

crescere nella comunione con Gesù, in un

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SPIRITUALITÀ DEL FONDATORE

Il mondo è quel disastro

che vedete, non tanto

per i guai combinati dai malfattori,

ma per l’inerzia dei giusti

che se ne accorgono

e stanno lì a guardare.

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La perfezione interiore richiede puritàd’intenzione, e fervore di spirito, ope-rando per Dio alla presenza di Dio, inunione a Gesù Cristo (p.59)

L’istante, che la Provvidenza ci offre ognigiorno, è un dono che viene dall’alto, perchéla nostra sequela di Gesù non si fermi mai,ma ci proietti sempre in avanti.Ogni frammento di vita diviene il luogo nelquale noi ritraduciamo nella storicità quoti-diana la meravigliosa comunione con le trePersone divine e l’ebbrezza di condividerecon i fratelli tale dono in una intensa dina-micità che porta a rendere sempre più solidala volontà di una fraternità che conduce allaedificazione comune. In tal modo nell’istan-te maturiamo nella progressività della vitateologale, come ci richiama molto bene l’a-postolo Paolo all’inizio della lettera ai Co-lossesi.

Noi rendiamo grazie a Dio, Padre delSignore nostro Gesù Cristo, continua-mente pregando per voi, avendo avutonotizia della vostra fede in Cristo Ge-sù e della carità che avete verso i santi,a causa della speranza che vi attendenei cieli. (1,3-5)

Qui rinveniamo quel sapore di eternità,che ci impedisce d’essere statici o oziosi, e ciproietta verso la pienezza della nostra trasfi-gurazione in Cristo Gesù nella quotidiananovità che viene dall’alto e nell’operositàumana che ci permette quell’attrazione dellanostra umanità verso il suo compimento e ilgenuino appagamento esistenziale.

ConclusioneL’esortazione paolina a rimanere svegli comefigli della luce e figli del giorno ci stimolacontinuamente a non addormentarci mai nelcammino del quotidiano, a seguire la luce chevince ogni tenebra e a lasciarci inebriare dalcalore dell’amore.Lo Spirito ci guida, nel suo respiro rigenera-tore e consolatore, a concreare alla luce delvolere del Padre, una continua novità nellastoria degli uomini, specie in una storia cari-smatica come è quella dei discepoli del Signo-re. L’entusiasmo nel tempo dello Spirito cidovrebbe rendere persone che non sanno maistancarsi nell’annunciare nel concreto la bel-lezza della vita evangelica, come ci insegnal’inno mattutino delle lodi del lunedì:

Sia Cristo il nostro cibo, sia Cristo l’acquaviva, in lui gustiamo sobri l’ebbrezza delloSpirito.

intenso processo di divinizzazione, che nonè altro che lo sviluppo d’essere figli nel Fi-glio di Dio. Le scelte della vita rendono sem-pre più vera la nostra identità e ci stimolanoulteriormente le nostre volontà ad immerger-ci nell’avvento del Mistero, nascosto in Dioe rivelatosi in Cristo Gesù, e ad avere uncuore così libero e docile da rendere la vitaconcreta un ‘universale apertura a tutti gliuomini per elaborare percorsi di feconda fra-ternità.

Davanti alle paure che aff liggono conti-nuamente l’umanità circa il futuro, la sapien-za evangelica ci stimola a vivere nell’istantecon fiducia e coraggio per essere semprepronti e vigilanti nell’attesa perfezione del-l’uomo nuovo, seminato in noi nel processosacramentale di iniziazione a Cristo Gesùnel mistero della chiesa. Tutto ciò diventa ef-fettivamente possibile, vivendo ogni fram-mento della nostra storia con un profondodesiderio di gratitudine per restituire allaFonte di ogni dono, in sincerità di cuore, lanostra esistenza, in modo da rendere la no-stra persona, in comunione con ogni fratel-lo, un sacrificio a Dio gradito, come ci inse-gna la Divina Liturgia. Ciò comporta chesappiamo valorizzare ogni istante del quoti-diano come un atto creativo divino che po-stula necessariamente una grande aperturainteriore e una intensa sete di accoglierne ilmistero per potergli dare un volto autenticonel concreto della storia. P. Prinetti ci offrequeste suggestioni a tale proposito.

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L'accidia ci impedisce divivere, di sognare, di costruirequel futuro che è la grandeaspirazione all'interno delnostro cuore. La creaturaaccidiosa sopporta la vita,perde ogni entusiasmocreativo, non sa affrontare ilrischio della novità, siaddormenta in un ferialesenza senso, si rinchiude nellacorazza dell'io e impedisce ase stessa di vivere.

SPIRITUALITÀ DEL FONDATORE

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a vita consacrata è varia, e inquesta pluralità risiede la sua

ricchezza. Tale pluralità deriva dai di-versi carismi, che sorgono come ri-

sposta a determinate esigenze della vita cristia-na e da “un profondo ardore dell’animo diconfigurarsi a Cristo per testimoniare qualcheaspetto del suo mistero”. Carismi che sonofrutti “dello Spirito Santo, che sempre agiscenella Chiesa” (Paolo VI, Evangelica Testifica-tio 11), doni dello Spirito al Popolo di Dio, eche la Chiesa è chiamata a saper accogliere, farfiorire, esaminare, autenticare, custodire, di-fendere e aiutare a maturare con gratitudine ericonoscenza” (Lumen Gentium 4; 12; 43-45;Perfectae Caritatis 1-5; 15; Giovanni Paolo II,Vita Consecrata 36.37). La vita consacrata è ra-dicata nel Vangelo ed è chiamata ad essere

“esegesi vivente” del Vangelo (Benedetto XVI,Verbum Domini, 83).

Fedeltà al Vangelo, a Gesù, Vangelo del Pa-dre all’umanità. Per questo la vita consacratadeve lasciarsi “continuamente interpellare dal-la Parola rivelata” e “rivedere costantemente sestessa alla luce della Parola di Dio”, particolar-mente del Vangelo, “cuore della Parola diDio” (V.C. 81,73,85)

Alla luce del Vangelo il cammino di ogniconsacrato/a è ritmato dalla costante attenzio-ne al “carisma” che per la professione ci si èimpegnati a vivere, custodire, approfondire esviluppare costantemente con “fedeltà creati-va” (V.C.,37), in sintonia con il corpo di Cri-sto in perenne crescita, e che suppone unaprofonda identificazione con lui.

I consacrati inoltre non possono fare a me-

Vita ConsacrataEssere un fuoco che accende

altri fuochi e «accendeil cuore» (Benedetto XVI)

San Pietro –Papa Francesco

celebra la S. Messain occasione dellaGiornata Mondiale

della Vita Consacrata.

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PAROLA E CELEBRAZIONE

Don Carlo Cani

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come tale ha avuto origine con il Signore stes-so che scelse per sé questa forma di vita vergi-nale, povera e obbediente. Per questo la vitaconsacrata non potrà mai mancare né morirenella Chiesa» (5 novembre 2010).

Essa ha un futuro nella misura in cui sirende messaggera di testimonianza, dia rispo-sta ai “segni dei tempi” e “con fedeltà creati-va” sappia scoprire le radici dei diversi carismie rileggerli nel contesto della cultura attuale. Ilfuturo, che è nelle mani di Dio, dipende an-che in gran parte dalla capacità di rinnovarla,ricrearla, riscoprirne il fondamento.

Vivere il presente con passione e abbraccia-re il futuro con speranza… “La vita consacrataoggi è chiamata ad affondare la sua identitànell’esperienza di Gesù Cristo, un’esperienza

che affascina e che porta ad una sequela e auna conversione continua.

È in Gesù, cammino, verità e vita dove noiscopriamo il vero volto di Dio, Padre-Madreche ci ama e che ci ha affidato una responsa-bilità. È Lui che ci ha donato il suo Spirito e,per mezzo di lui, il nostro carisma per unamissione.

È Lui l’unico assoluto. È Lui che dà sensoalla nostra vita e che ci invita a vivere una spi-ritualità incarnata nella realtà, che sia vita nel-lo spirito, che abbracci tutto, che comprendaanche l’azione. Una spiritualità nutrita dallaParola ascoltata nella Scrittura e nella vita, nel-la radio della preghiera e dei sacramenti. Radi-cati in questa esperienza di Dio potremo sco-prire vitalmente che “solo Dio basta” (CA-MILLO MACCISE, Le sfide della vita consa-crata oggi)

Di fronte alle paure, allo scoraggiamento,alla tentazione di fuggire, il Papa Francesco ciricorda che non siamo soli e che anche a noiil Signore assicura: “Non avere paura perchéio sono con te per proteggerti” (Ger 1,6).

no di prestare grande attenzione ai segni deitempi. I segni dei tempi sono raggi di luce pre-senti nella notte oscura della nostra vita e delnostro popolo, fari generatori di speranza, inquanto ci permettono di ascoltare la voce delSignore e di scoprire la sua presenza negli av-venimenti della storia. (cfr. JOSÉ RODRI-GUEZ CARBALLO, Vita consacrata: alzati ecammina per un presente di passione e un fu-turo di speranza)

Se per il cristiano saperli interpretare è unaesigenza (cfr Lc 12,56), molto di più lo è peri consacrati. Essi dovrebbero presentarsi nellaChiesa come gli esperti nello scrutare questisegni e nell’interpretarli alla luce del Vangelo.La loro lettura e la risposta ad essi dal Vangeloimpediranno che i consacrati si installino e siripetano, e permetteranno loro, in cambio, di“riprodurre con coraggio l’intraprendenza,l’inventiva e la santità dei fondatori e dellefondatrici” (V.C.37). Come in ogni realtà ec-clesiale, anche nella vita consacrata vi sono lu-ci e ombre, segni di vita e segni di morte, san-tità e peccato (cfr VC 13).

La vita consacrata ha davanti a sé una gran-de sfida e deve considerare attentamente duetentazioni: afferrarsi al passato, rimpiangendonostalgicamente qualcosa che non ritornerà; ocogliere la prima novità che appaia all’oriz-zonte, senza discernere se ci spinge nella dire-zione dello Spirito che “soffia dove vuole”(cfr Gv 3,8). I consacrati non possono esserené nostalgici né avventurieri, ma uomini edonne che si lasciano rigenerare costantemen-te dal soffio dello Spirito. È necessario risco-prire “la grazia delle origini”, quella scintilladello Spirito Santo che ha fatto irruzione nelcuore dei Fondatori, che nella docilità e nellaperseveranza hanno testimoniato nella Chiesale opere di Dio.

La vita consacrata oggi, consapevole dellenumerose sfide che deve affrontare, le affrontacon realismo, audacia e donazione fiduciosa;una vita consacrata che non accetta di essereun museo che si ammira ma in cui nessunovuole vivere, consapevole della sua chiamata adare risposta ai “segni dei tempi”, nei qualiparla lo Spirito, che incessantemente la inter-pella (J. Carballo).

Il Santo Padre Francesco, ci ricorda che lesfide sono per affrontarle. Lui stesso ci hamesso davanti ad alcune: una vita consacratanella quale mai manchi la gioia, una vita con-sacrata che svegli il mondo, una vita consacra-ta esperta in comunione, una vita consacratain uscita, una vita consacrata in discernimentocostante, che si interroghi sempre su quelloche Dio e l’umanità le chiedono in questi mo-menti Papa Benedetto XVI parlando ai Vesco-vi del Brasile afferma «[…] la vita consacrata

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PAROLA E CELEBRAZIONE

La consacrazione totaledi religiose e religiosiè antidoto«contro la mediocrità»,«contro i cali di quotanella vita spirituale»,«contro la tentazionedi giocare al ribasso con Dio».Papa Francesco

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Formare all’empatiaMarco Cardinali

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SPIRITUALITÀ

guere qualunque relazione, è ancor più neces-sario che venga usata da educatori, formatorie insegnanti. Tra i compiti della scuola, adesempio, oltre a quello di offrire un’adeguatapreparazione disciplinare, vi è anche quello diaiutare i bambini a giungere ad una correttasocializzazione, cioè quella capacità di inserir-si in maniera efficace e corretta nel tessutosociale che li circonda ed anche quella di es-sere inclusivi, cioè di aiutare il corretto inse-rimento degli altri.

Questa necessaria opera di armonizzazio-ne cozza, però, con una diffusa tendenza adappiattire e semplificare in maniera eccessivatutta la realtà. Quest’ultimo è in realtà unmeccanismo di difesa: un mondo vario e ca-ratterizzato da diversità complesse e non cata-logabili non è facilmente comprensibile.Quindi, per ovviare alla fatica di una reale

ATTUALITÀ E FORMAZIONE

ella relazione educativauno degli elementi che non

dovrebbe mai mancare è quel-lo dell’empatia. Ma cosa signifi-

ca questa parola? Nelle scienze umane, l’em-patia definisce un atteggiamento verso gli al-tri caratterizzato da un impegno di compren-sione di chi si ha di fronte, escludendo ogniattitudine affettiva personale (simpatia, anti-patia) e ogni pregiudizio.

Cioè entrare nel vissuto altrui al di là dellanostra simpatia o antipatia. La qualità dellarelazione si basa sull’ascolto non valutativo esi concentra sulla comprensione dei senti-menti e bisogni fondamentali dell’altro, che sicontrappone alla qualità opposta, la “dispa-tia”, ovvero l’incapacità o il rifiuto di condi-videre i sentimenti o le sofferenze altrui. Se èvero che tale qualità dovrebbe contraddistin-

Empatia: l’arte di comprendere le emozioni. La capacità di mettersi nei pannidell’altro è una delle funzioni più importanti dell’intelligenza. Dimostra ilgrado di maturità dell’essere umano.

(A. Cury)

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SPIRITUALITÀ

fondamentale per realizzare questo tessuto si-gnificativo”. In tal senso ogni occasione checi metta di fronte alla diversità può essere vi-sta come opportunità e risorsa piuttosto checome problema da risolvere e questo è quan-to mai importante quando parliamo di bam-bini che hanno una diversa abilità.

Più che opporre resistenza a ciò che appa-re diverso da me, rendendolo un nemico, peril solo fatto che non lo capisco o che non vi-vo la stessa sua esperienza, dovrei essere mes-so in grado di crescere ripulendo il mio sguar-do da pregiudizi e preconcetti che, non sololimitano l’altro in ciò che è, ma limitano pro-fondamente me stesso in ciò che potrei esse-re. Solo così sarò veramente capace di vederel’altro per chi veramente è, il suo mondo in-teriore, il suo vissuto. Vedere e sentire in mo-do nuovo, ci offre il modo di aprirci ad op-portunità che altrimenti ci sarebbero preclu-se. Un genitore, dunque o un educatore ha lagrande responsabilità di educare all’inclusio-ne perché lì dove c’è spazio per gli altri, c’èanche spazio per me stesso e il mio mondo eil mio vissuto emotivo. Credo che ognuno dinoi possa essere protagonista in questo senso,per un mondo più vivibile e una vita più fe-lice per tutti!

crescita profonda e pensata, si percorre lastrada più facile e immediata per interpretarela realtà: renderla tutta uguale! Seppur sia ilmodo più semplice, nel medesimo tempo, pe-rò, è un meccanismo limitante che chiude gliorizzonti anziché allargarli, che ci rende inca-paci di rispondere ad una società mutevole ecaratterizzata da diversità che, se viste nellagiusta prospettiva, sono assolutamente arric-chenti. L’empatia, dunque, per l’insegnante el’educatore può diventare uno stile di vita chesi rispecchia nella relazione educativa con ilbambino, che a sua volta la vive e la recepisceattraverso l’esempio e i fatti, più che con leparole.

Basti pensare a noi stessi, ai nostri ricordid’infanzia, a quel gesto di amore o di rifiuto,fatto a noi stessi o ad altri, che ci ha profon-damente colpiti, segnando il nostro percorsoesistenziale e la nostra stessa capacità di inter-pretazione della realtà attorno a noi. Se la tra-ma dei nostri ricordi, scrive la pedagogistaErika Maria Lazzaro, “è costituita dalle nostreesperienze e inf luenza inconsciamente le no-stre scelte di vita nelle amicizie, nel lavoro ein qualsiasi altro contesto, l’azione di tessitoreche deve assumere il docente di qualsiasi or-dine e grado, di scuola non può che essere

ATTUALITÀ E FORMAZIONE

L’uomonon troveràla paceinteriorefinché nonimparerà adestenderela suacompassione a tuttigli esseriviventi.

AlbertSchweitzer

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Antropologiadel limite

Mons. Ignazio Sanna

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SPIRITUALITÀ

1. L’esperienza del limite è forse moltopiù forte oggi che in altri tempi. I continuiprogressi nei diversi campi della tecnica esoprattutto in quello della medicina e dellagenetica rendono più acuta la percezionedella necessità di superarlo.

Essi, infatti, fanno intravvedere grandipossibilità di sempre nuove conquiste ed ali-mentano sogni di un sempre più sicuro eperfetto futuro dell’umanità.

Queste prospettive, indirettamente, ali-mentano i conf litti esistenziali di cui è in-tessuta la vita di ognuno, nutrita com’è didesideri e di paure, di aspirazioni e di delu-sioni. Si ha il desiderio di volare e la pauradi cadere, il desiderio di vivere e la paura dimorire, il desiderio di amare e di essere ama-ti e la paura di tradire e di essere traditi. L’a-vanzamento della tecnica non ha diminuito,bensì acuito le incertezze, non ha eliminato,ma moltiplicato le ragioni dell’angoscia esi-stenziale.

Ora, proprio questa esperienza del limi-te, che produce incertezza e angoscia, sf idal’antropologia cristiana a trovare delle coor-dinate concettuali per vivere il limite in mo-do umano, sia quando lo si considera vali-cabile che quando lo si considera invalicabi-le. In effetti, esistono limiti che sono invali-cabili, perché la loro conservazione proteg-ge e garantisce l’umanità dell’uomo, e limitivalicabili, perché il loro superamento con-tribuisce a promuovere la medesima umani-tà di ogni uomo. L’antropologia cristiana è,comunque, chiamata a fornire motivazionied orientamenti sia per rispettare i primiche per superare i secondi.

2. Quali sono i limiti che possono essereconsiderati invalicabili e che devono essereaccettati come tali per essere “vissuti” cri-stianamente? Se ne possono esemplif icarealcuni. Il dolore è senz’altro un limite inva-licabile, una realtà ineludibile, un’esperienzauniversale. Quando esso diventa sofferenza,quest’ultima può essere senz’altro orientata

a seconda delle convinzioni personali circala vita e la morte. Orientare la sofferenzanon significa, tuttavia, eliminare il dolore,perché esso è ineliminabile.

Significa solamente affrontarlo con moti-vazioni che non provengono direttamentedall’esperienza umana e che sono, invece,ancorate alla Parola di Dio. La Parola di Dioillumina l’intelligenza e muove il cuore, manon elimina la drammaticità della vita. Ladomanda del profeta Isaia nella descrizionedrammatica dell’occupazione di Babilonia:“sentinella, quanto durerà ancora la notte”?e la risposta ad essa: “Verrà il mattino, ma èancora la notte” (Is, 21, 11-12) mette in chia-ra evidenza che la speranza dell’alba non to-glie niente al buio della notte.

Un altro limite invalicabile delle nostrepossibilità e dei nostri desideri è lo stessocorpo umano. Noi lo riceviamo alla nascita;non lo costruiamo a nostro piacimento. Es-so si sviluppa secondo un suo programmadel DNA, che non è modificabile se non inminima parte dall’integrazione dell’ambien-te. Il corpo introduce ogni singolo uomo eogni singola donna nel consorzio umano,dando a ciascuno una precisa e insostituibi-le identità, fatta di una determinata statura,

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RIFLETTIAMO SU...

Se nella nostra vita dobbiamoaccettare il limite, è possibileviverlo cristianamente? Illimite, in se stesso, è unapercezione dell’infinito.L’infinito è la sua luce e la suamisura. Il limite non chiudema apre il futuro, non umiliama esalta la libertà.

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SPIRITUALITÀno stanco, io ho fame, non: io ho un corpostanco, io ho un corpo che ha fame. Il cor-po non può essere ridotto al solo “organi-smo” che le pratiche mediche, generandoun chiaro senso di dissociazione, possonotrattare come un qualsiasi oggetto di natura,come una qualsiasi materia prima. Se il pro-cesso di materializzazione in atto nel campodella scienza e soprattutto della tecnica nonfa più coincidere l’io interiore di un uomocon il suo corpo, ma si serve del corpodell’uomo come di uno strumento a sua dis-posizione, in ultima analisi fa cadere ognidifferenza tra l’uomo e le cose. Ciò, però,renderebbe diff icile, se non proprio impos-sibile, trovare un criterio per riconoscerel’uomo e distinguerlo dalle cose e dagli og-getti.

Un altro limite ancora, per certi versi in-valicabile, è la realtà sociale e culturale checi circonda. Essa solo in parte è frutto dellenostre scelte e delle nostre decisioni. L’am-biente fisico ed umano nel quale viviamo edel quale abbiamo bisogno per vivere non ècostruito da noi, bensì ereditato.

Accettare il limite della realtà, allora, si-gnif ica viverla e gestirla come essa si presen-ta e non sostituirla con delle rappresentazio-ni di essa. Talvolta potrebbe essere più faci-le, per esempio, teorizzare una società per-fetta, sognare una specie di paradiso terre-stre. Ma le tragiche smentite della storia ri-chiamano tutti alla dura realtà. La maliziache si annida nel cuore dell’uomo e che hainventato tanti inferni di sofferenza, fa pren-dere coscienza che il mondo reale in cui sivive è molto diverso da quello ideale che sisogna.

3. Se, ora, nella nostra vita dobbiamoaccettare il limite, è possibile viverlo cristia-namente? A ben considerare, il limite, in sestesso, è una percezione dell’infinito. L’infi-nito è la sua luce e la sua misura. Il limitenon chiude ma apre il futuro, non umiliama esalta la libertà.

La tradizione cristiana ha collocato laperfezione dell’uomo alla f ine e non all’ini-zio della sua esistenza. La legge del progres-so, illustrata e difesa dai Padri del II-III se-colo, fu uno degli argomenti cardine dellalotta contro le teorie degli gnostici. Adamoveniva considerato come un bambino chedoveva crescere e maturare.

Quello che contava era il profectus cuiegli era destinato. È il profectus, infatti, cheapre la vita alle realizzazioni future, che tra-sforma l’inquietudine del cuore nel dinami-smo dello spirito. Il limite, nel momento in

di un colore della pelle, di tutti quei parti-colari che distinguono una razza da un’al-tra. Esso è fragile, è debole, è continuamen-te esposto alla malattia. Non è possibile, in-fatti, non ammalarsi, perché ciò fa parte del-la natura umana. La malattia è un limite va-licabile e va perciò combattuta con tutte leforze, ma l’ammalarsi rimane sempre un li-mite invalicabile.

Il corpo non è una macchina a disposi-zione dei propri desideri, ma corrisponde alproprio intimo essere. Ognuno è il suo cor-po, non solo ha un corpo. Uno dice: io so-

RIFLETTIAMO SU...

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cui è accettato come limite, non è più limi-te, è superato. Se esso è gestito come un li-mite, diventa un non-limite, ed è automati-camente superato e superabile.

4. Le coordinate necessarie per vivere illimite cristianamente sono offerte dall’an-tropologia dell’immagine. L’immagine, in-fatti, in se stessa, è un limite. Non è l’arche-tipo, non è l’originale. Ma essa è sempre inrapporto con l’archetipo e con l’originale.La creatura è sempre in rapporto con ilCreatore. L’uomo immagine è in se stessoun limite.

Un limite verso l’alto, perché non è Dio,è un essere che sfida gli dei, secondo Eschi-lo, un essere che parla degli dei, secondoPlatone, un essere che parla a Dio, secondoS. Agostino. È dalla parte di Dio. È vicinoa Dio, parla con Lui, sf ida il suo divieto, manon è Dio. Però è immagine di Dio, cioè de-riva da Dio, dipende da Dio. Per capire l’uo-mo bisogna partire da Dio.

L’immagine ha in se stessa qualcosa difragile, di debole, di corruttibile, ma allostesso tempo ha una valenza di eternità. Es-sa respinge sia il dualismo ontologico, chedivide l’uomo in due sostanze, che il moni-smo materialistico, che lo riduce alla solamateria, al cosiddetto uomo neuronale.L’uomo è immagine di Dio in tutta la suarealtà f isica e spirituale, ed è, a priori, un es-sere responsabile verso Dio e creato per Lui.Proprio in base a questa sua somiglianza di-vina, che costituisce la sua vera dignità, egli

è fondamentalmente diverso da tutto ilmondo infraumano.

Il punto di partenza per l’etica dell’infi-nito promossa dall’antropologia dell’imma-gine è il limite più significativo della storiaumana: l’incarnazione del Figlio di Dio. Lospecif ico della tradizione cristiana è, infatti,l’umanazione di Dio, chiamata dall’evange-lista Giovanni “incarnazione”, cioè il diveni-re ciò che è più lontano da Dio, il divenirecarne, ossia ciò che accomuna l’uomo conl’animale, ciò che è destinato alla corruttibi-lità, alla morte.

La storia umana ha accettato miti in baseai quali un uomo è diventato dio, perchéquesta possibilità esalta la potenza dell’uo-mo, ma non ha trovato facile ammettere cheun Dio diventi uomo, perché questa even-tualità deprime la potenza di Dio. La difesadell’umanità di Gesù è stata molto più dif-f icile della difesa della sua divinità. Ora, Ge-sù ha assunto il limite umano, per superarlodal di dentro.

Ha assunto l’umanità per divinizzarla,per seminare in ogni suo frammento germinascosti di eternità. Gesù, nell’accettare il li-mite della natura umana, ha trasformatoquesta natura umana in una promessa di sal-vezza. Dopo l’evento della sua risurrezione,la promessa di salvezza umana non è piùun’utopia. La risurrezione di Gesù dai mortiha offerto una prolessi di questa salvezza,trasformando l’utopia in speranza, l’”occi-dente” in “oriente”, la morte in vita.

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RIFLETTIAMO SU

“Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecarevivendo la vita di qualcun altro.Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivereseguendo i risultati del pensiero di altre persone.Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschila nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamoavere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione.In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare.Tutto il resto è secondario”.

Steve Jobs

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SPIRITUALITÀ

PORTOGRUARO.Duomo di Sant’Andrea:

altare Maggiore.Giovanni Martini

(olio su tela del 1512) -Presentazione

di Gesù al tempio.

VITA DELL’ISTITUTO: ITALIA

“Quanto ci fa bene, comeSimeone, tenere il Signoretra le braccia (Lc 2,28), nonsolo nella testa e nel cuore,ma fra le mani, in ogni co-sa che facciamo: nella pre-ghiera, a lavoro, a tavola,al telefono, a scuola, con ipoveri, ovunque. Avere ilSignore tra le braccia èl’antidoto al misticismoisolato e all’attivismo sfre-

nato. Vivere l’incontro conGesù luce per illuminare legenti è anche il rimedio al-la paralisi della normalitàe aprirsi al quotidianoscompiglio della grazia. Èil segreto per mantenereaccesa la nostra lampada.È il modo per non farci ri-succhiare da una vitaasfittica, dove le lamente-le, l’amarezza e le inevita-

bili delusioni hanno la me-glio. Tenere il Signore trale braccia è incontrarsi coni fratelli e le sorelle, giova-ni e anziani, per superarela retorica dei bei tempipassati, per mettere a ta-cere il qui non c è niente dibuono. Per vivere l’oggi inpace con tutti.”

(Papa Francesco, Omeliadel 2 Febbraio 2017).

Le comunità raccontano

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SPIRITUALITÀNel quadro della creazione, rientra quella

dell’uomo, nel quale Dio ha acceso la luce in-tellettuale e spirituale, la capacità di capire edi scegliere tra bene e male, tra le tenebre e laluce. Sappiamo dove questa opportunità haportato l’umanità, finché non è arrivata nelmondo la luce vera, quella che illumina ogniuomo e che le tenebre hanno rifiutato.

Una luce che il vecchio santo Simeone havisto nel piccolo bambino che due giovanisposi presentavano a Dio nel tempio e, men-tre lo prendeva tra le braccia, ha capito chequel bambino era l’atteso dal mondo: luceper illuminare le genti, per cui poteva chiude-re la parabola della sua esistenza, trascorsanell’attesa di quel momento, perché i suoi oc-chi avevano visto l’atteso delle genti.

Sarà poi Gesù stesso a proclamare la suavera identità: “Io sono la luce del mondo chisegue me non cammina nelle tenebre”.

La luce che Gesù ci porta è la luce del Pa-dre, chi vede me vede il Padre mio, la realtàdel suo amore, da dove veniamo e dove tor-niamo, come piccole luci accese nel tempo enello spazio, bisognose, per poter risplendere,di vivere dello stesso amore che le ha genera-te, diventando discepoli del maestro Gesù, vi-vendo con lui una forte relazione d’amore,per incarnare, come lui, l’amore di Dio perogni uomo.

In tal modo anche noi siamo luce, voi sie-te luce e sale del mondo. Da notare che lo sia-mo, non dobbiamo sforzarci per diventarlo,perché viviamo della luce dell’amore di Cri-sto: Dio da Dio, Luce da Luce.

Una luce mite, come la persona di Gesùche accarezza e perdona, guarisce e consola.Una luce che non si impone, non abbagliama si irradia con dolcezza, senza violenza, av-volge come in un manto e fa brillare, rendevisibili forme e colori e di noi mette in risaltotutta la preziosità e bellezza, come la percepi-sce il cuore di un padre per il quale non esistebellezza maggiore di quella del proprio figlio.

Illuminare e far vivere è anche lo scopodelle Regole che ci sono state date dalla Chie-sa non come un peso che opprime, ma comespazio per la nostra liberta, il luogo del no-stro si a Dio nell’adempimento della sua Vo-lontà. Il Padre Prinetti ci ricorda che la Rego-la è la pratica dello spirito religioso dell’Isti-tuto. Papa Francesco nell’omelia fatta il duefebbraio dell’anno scorso vuole riportare laVita Consacrata su un piano di realtà e aduna maggiore aderenza al Vangelo.

Contemplando il vecchio Simeone che tie-ne tra le braccia il piccolo Gesù, vede in que-sto gesto la missione della vita consacrata, lanostra missione, fisicamente incarnata nellebraccia, fatte per operare, sostenere, lavorare

VITA DELL’ISTITUTOa Chiesa ha voluto la celebra-zione della Presentazione di

Gesù al tempio di Gerusalemmecome festa della Vita Consacrata

per ricordarci che il nostro stato di vita esisteper essere nel mondo, come Gesù, luce per il-luminare le genti, nella testimonianza di unavita completamente realizzata nell’ambito del-le beatitudini evangeliche. Noi Figlie di SanGiuseppe, oltre questo motivo proposto dallaChiesa, in questa data, abbiamo importantiavvenimenti da ricordare, che riguardano l’I-stituto, per cui rendere grazie al Signore: l’ap-provazione delle Costituzioni e il Decreto diLode da parte della Santa Sede.

La festa delle Costituzioni venne fissata

per il 2 febbraio, con delibera del ConsiglioGenerale, il 15 febbraio 1961.

Una lettura approfondita degli avvenimen-ti storici in chiave di fede ci permette di su-perare la fissità storica degli eventi e di entra-re nel loro significato mistico e spirituale checonsentono di sintonizzarci con lo Spirito diDio che ha voluto l’accadimento di determi-nati fatti storici. In questa dimensione, la fe-sta della luce del 2 febbraio ci apre alla con-templazione del miracolo della luce a partiredal suo primo apparire sulla terra quandoDio, nel primo giorno della creazione, hapronunciato la fatidica frase: Sia la luce e tut-to ha preso forma, colore e armonia, tutto siè animato ed è partita la vita del creato, susci-tando una tale ricchezza e bellezza che lostesso creatore l’ammirò con stupore e videche era una cosa buona. Dal quel momentoquella luce è rimasta a disposizione della vitadel creato e dell’uomo.

Un dono a disposizione di ciascuno dinoi, che riceviamo ogni mattina con l’albache annuncia il finire della notte e il sorgeredel giorno, perché anche noi possiamo ammi-rarne la ricchezza e la bellezza e come Dio,stupirci per il grande bene che rappresenta.

La luce che Gesù ci porta è la lucedel Padre, chi vede me vede ilPadre mio, la realtà del suo amore,da dove veniamo e dove torniamo,come piccole luci accese neltempo e nello spazio, bisognose,per poter risplendere, di viveredello stesso amore che le hagenerate.

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SPIRITUALITÀzioni impreviste, che portano in strade scono-sciute, da percorrere per il bene dei fratelli. Ladisponibilità e l’apertura agli imprevisti dellavita, vissuta nella fiducia e nell’abbandono inDio, è il rimedio alla paralisi della quotidiani-tà, della monotonia di giornate passate a cura-re se stessi e la propria pigrizia, giornate privedi senso in cui prevale il malessere e la tristezzache, generalmente, si traduce in lamentele, ingelosie, in proteste palesi o nascoste, che ucci-dono la comunione comunitaria.

Tenere Gesù tra le braccia e impegnarsi perLui come dice Papa Francesco, significa ali-mentare la nostra lampada, incontrarsi con ifratelli e le sorelle, giovani e anziane, superarela retorica dei bei tempi passati, finire di di-chiarare: qui non va mai bene niente, per re-stare nella luce di Cristo che ci fa vivere l’oggicosì com’è, con le sue fatiche e difficoltà, maè il nostro oggi, il nostro tempo, quello in cuiil Signore ci chiama a splendere, ad essere po-ste sul candelabro del suo amore, perché lanostra luce illumini tutta la casa. Padre Pri-netti ci dice: da essere tanto care a Dio da at-tirare le sue benedizioni non solo sulla casama sul tutto il paese.

Chiediamo al Signore che ciascuna di noisia, ogni giorno di più, splendore della suabellezza, luce e calore del suo amore, così losarà anche tutto l’Istituto, chiamato a risplen-dere nella Chiesa come astro nel mondo.

ed invita a tenere sempre Gesù nelle nostremani, non solo nella testa e nel cuore ma nel-le mani perché qualsiasi cosa si faccia, tuttosia fatto con lui e per lui, per evitare il misti-cismo isolato e l’attivismo sfrenato; ci invita atenere Gesù tra le mani perché ogni nostraazione sia santificata dalla sua presenza, dalui nasca e in lui si concluda e, in lui, ognifratello e ogni sorella trovi accoglienza eamore.

Il Santo Padre chiede ai consacrati di aprirsial quotidiano scompiglio della grazia, alle suesorprese, alle sue esigenze, soprattutto quandochiede di cambiare i nostri programmi per ri-spondere alle esigenze della carità, crea situa-

VITA DELL’ISTITUTO

Il Santo Padre chiede ai consacratidi aprirsi al quotidiano scompigliodella grazia, alle sue sorprese, allesue esigenze, soprattutto quandochiede di cambiare i nostriprogrammi per rispondere alleesigenze della carità, creasituazioni impreviste, che portanoin strade sconosciute, dapercorrere per il bene dei fratelli.

“San Giuseppe nel suo mese ne combinasempre una delle sue”, con questa frase il no-stro caro Padre Fondatore esprimeva, in tonoscherzoso, il suo rapporto con San Giuseppeimprontato a grande confidenza e aperto allaimprevedibilità, con cui egli concede le suegrazie. Il Padre Prinetti aveva fatto questaesperienza a partire dalla sua vocazione al sa-cerdozio e alla vita consacrata, dal momentoche il fratello Giacomo, in questa faccenda,aveva impegnato San Giuseppe e ha continua-to a sperimentarlo durante tutta la sua vita,per cui non manca, in tutte le lettere inviatealla Comunità di Genoni, di ricordare alleSuore di affidarsi al Santo Patriarca e di viverecome lui, imitandolo nell’amore e nel servi-zio a Gesù e a Maria.

Anche noi possiamo dire che quest’anno,nel suo mese, il mese di Marzo, San Giuseppe,proprio il giorno della sua festa, ne combinauna delle sue, concedendoci di poter portare

i Resti Mortali del nostro Padre Fondatore daPisa in Sardegna, a Genoni, nella nostra CasaMadre.

Una possibilità davvero straordinaria cheil Signore, nella sua benevolenza, sicuramenteper intercessione di San Giuseppe e di tutti inostri Santi Protettori, ha voluto darci, qualeulteriore incoraggiamento a vivere il nostrocarisma come lo Spirito Santo lo ha suscitato,rinnovandoci nella fiducia, nella sua bontà enel suo amore. Una grazia inattesa, per questoriconducibile a San Giuseppe e alle sue genia-li combinazioni, perché ci è giunta attraversopassaggi fuori programma e con opportunitàinsperate.

San Giuseppe ne combina delle sue e que-sta combinazione l’ha fatta mettendo insiemeuna serie di circostanze riuscendo nella suacombinazione, adesso spetta a noi renderlavincente e lo sarà se, tornando alla genuinitàdelle nostre origini, ci dissetiamo all’acqua vi-

Traslazione dei resti mortalidi Padre Felice Prinetti da Pisa a Genoni

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SPIRITUALITÀ

brando la prima santa messa di Natale convoi” (Lett. pag. 157). In occasione della Pas-qua scrive, “Papà verrà a cantare l’alleluia convoi, a Dio piacendo, perché così l’allegrezzasia piena” (Lett. Pag. 172).

Penso che anche il rientro definitivo deisuoi Resti Mortali nell’amata Comunità diGenoni, sia per Lui motivo di allegrezza pie-na perché risponde a un suo desiderio colti-vato per tutta la vita, mantenuto nell’eternità,ma con la certezza che quel giorno sarebbearrivato, esattamente il 19 marzo.

Il ritorno definitivo dei suoi Resti Morta-li a Genoni chiude il tempo storico della lon-tananza del Fondatore.

La nostra Casa Madre è il luogo dove luiha vissuto tutte le volte che è rientrato in Sar-degna; le strade di Genoni sono quelle cheLui ha percorso per incontrare la gente, perportare aiuto e conforto alle famiglie, per ac-carezzare i bambini che gli correvano incon-tro a frotte, attratti dal fascino della sua per-sona straordinariamente alta, rispetto a noisardi, incantati dalla bellezza e dolcezza diquel volto, reso luminoso dall’azzurro degliocchi, dal colore chiaro della pelle e dei ca-pelli. Un personaggio straordinario amato datutti, soprattutto dai poveri ai quali garantivaaiuto e lavoro. Per questo l’arrivo di Don Pri-netti, come veniva chiamato con accento dia-lettale, era una festa.

Per questo, a Genoni tutto parla di lui: lepietre, i muri, la campagna. Dalla prima voltache il Padre Prinetti è giunto a Genoni, il pae-se e l’Istituto delle Figlie di San Giuseppehanno vissuto una sorta di simbiosi, di svi-luppo reciproco: Genoni ha usufruito dellapresenza dell’Istituto per uscire da una pover-

VITA DELL’ISTITUTOva del nostro carisma e lo incar-niamo nella nostra vita.

Stiamo realizzando un sognoaccarezzato dalla mente e dal cuo-re del nostro amato Fondatore dalgiorno in cui, chiuso il suo servi-zio, come Segretario dell’Arcive-scovo nella Arcidiocesi di Caglia-ri, in obbedienza ai suoi superio-ri, è rientrato nella penisola, e dalquel momento ha vissuto la soffe-renza della lontananza, espressacon accenti accorati soprattuttonella corrispondenza con MadreEugenia e la Comunità. Una frasericorrente è questa: “Il mio cuoreè sempre in mezzo a voi”.

Si era allontanato fisicamentema il suo cuore era rimasto a Ge-noni, per la condivisione a distan-za, di tutto quello che le suore vi-vevano di bene e di male, di gioiecomunitarie e di persecuzioni esterne, con ilsostegno costante della sua parola che le aiu-tasse ad entrare nel mistero pasquale di Cristoper viverlo in tutte le sue dimensioni, com-presa la croce, come segno di predilezione delcrocifisso quale via al cielo.

La nostalgia della Comunità di Genoni inlui è costante e la esprime con accenti digioia quando si presenta l’occasione di potertornare e scrive: “Aspetto con pazienza, dipoter venire, come spero, ai primi di maggio”(Lett. Pag. 144); “Spero di essere presto convoi, vogliatevi bene” (Lett. Pag 46); “Bruciodal desiderio di vedervi, visitare insieme convoi Gesù, cantar le lodi alla Madonna e a SanGiuseppe, guarirvi e lasciarvi allegre e conten-te” (Lett. pag. 31).

Da Torino scrive: “Torino è bella ma ilmio cuore è là, e mi domando: e il mio caroCau? E Suor Eugenia? E la Segretaria ?, e…?e…?e…? Ma poi riposo nel pensiero che Gesùci tiene uniti nel suo cuore per amore di SanGiuseppe e della Madonna che ci ha datoEgli per Mamma. Vogliatevi bene figlie mie ela Comunità sarà l’anticamera del paradiso”(Lett. Pag. 148).

Il legame con le sue figlie è tanto forte chein nessun modo si può allentare: “Siete sem-pre nella mente, nel cuore, nelle mie preghie-re” (Lett. pag.73); “Benché lontano passerò ilNatale in mezzo a voi”(Lett. Pag. 27).

“Vorrei le ali per venire a trovarvi” (Lett.pag. 94). “Penso sempre a voi e prego sempreGesù, Maria SSma e San Giuseppe che custo-discano e vi facciano buone e sante” (Lett.pag. 99).

Quando riesce ad arrivare a Genoni il suocuore è pieno di gioia: “Papà farà festa cele-

PISA. La cappelladella comunitàche fino ad oggiha accoltole spoglie mortalidi Padre Felice Prinetti.

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SPIRITUALITÀlegrezza, mista a stupore per le sorprese diDio che, oggi, ci concede di vivere questo im-portante momento storico per tutto l’Istitu-to. L’accoglienza che faremo di Lui a Genoniil 19 marzo, solennità di San Giuseppe, avrà ilsuo momento centrale nella solenne Celebra-zione Eucaristica , presieduta da Sua Eccellen-za Mons. Ignazio Sanna Arcivescovo di Ori-stano, alle ore 16.00 nella parrocchia di Geno-ni.

La Chiesa chiede che la cerimonia avvengain forma privata e familiare invitiamo perciò,ad essere presenti, tutti coloro che, per motividiversi ,hanno un legame di appartenenza , diamicizia e di stima con l’Istituto e per questosi sentono parte della nostra grande e bella fa-miglia che accoglie nella gioia il rientro delPadre.

Tutto l’evento verrà vissuto nel seguentemodo.10.30: Arrivo a Genoni e prima accoglienza all’ingresso del paese.11.30: L’urna contenente i Resti mortali del Padre Prinetti, verrà accompagnata processionalmente in parrocchia.16.00: Solenne Celebrazione Eucaristica in Parrocchia. Dopo la Santa Messa l’urna verrà portata processionalmente nella nostra Casa Madre e verrà riposta nella cappella, nel loculo debitamente preparato. Seguirà la Celebrazione dei secondi Vespri di San Giuseppe.

Ringraziamo tutti coloro che vorranno,con la loro presenza, unirsi alla gioia di tuttele Figlie di San Giuseppe che il 19 marzo scri-veranno una delle pagine più belle della lorostoria.

Madre Maria Luciana Zaru,Superiora Generale

tà estrema e avere lavoro e dignità, l’Istitutoha trovato a Genoni la necessaria solidità eco-nomica che gli hanno consentito di cresceree di espandersi oltre quel piccolo paese.

Sì, un piccolo paese, uno sconosciuto vil-laggio della Marmilla, senza personaggi o fattistraordinari, invisibile anche nelle carte geo-grafiche, dai tratti simili a quelli del villaggiodi Nazareth da dove, come aveva affermatoqualcuno, non poteva venire nulla di buono.

Ma è proprio vero che i pensieri del Si-gnore non sono i nostri pensieri, che le suevie non sono le nostre vie, che egli ha sceltociò che nel mondo è piccolo e debole perconfondere i forti, per questo anche Genoniè stato scelto da Dio come culla per il nostronascente Istituto.

Oggi Genoni è il luogo della nostra me-moria storica, perché luogo della salvezza del-la nostra famiglia religiosa in quanto l’Istitutoha trovato a Genoni casa e rifugio. Qui dob-biamo tornare per rinnovare il ricordo dei fat-ti straordinari che il Signore ha compiuto pernoi, per alimentarci alla freschezza sorgiva delnostro carisma che ha avuto a Genoni, graziealla presenza del Fondatore, conferma e ga-ranzia di santità.

Genoni è la nostra Terra Santa, calpestatadal Padre Prinetti, da Madre Eugenia da tuttele nostre prime Sorelle che lì hanno amato eservito il Signore nelle sorelle della Comunitàe nei fratelli, il luogo dove il Signore, comeIstituto ci ha chiamato alla vita e ci ha inviatonel mondo a portare la lieta notizia del van-gelo.

Il ritorno a Genoni, diventa per ogni Fi-glia di San Giuseppe un pellegrinaggio nelluogo della memoria storica e spirituale, perun rinnovamento interiore che ci renda ognigiorno di più vere Figlie di San Giuseppe.

La nostra perciò sarà una festa di famiglia,da vivere interiormente, una festa del cuore,fatta di riconoscenza al Signore e di santa al-

VITA DELL’ISTITUTO

GENONI.La cappella

della Casa Madreche accoglierài resti mortali

del nostro Fondatore.

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J.M.J.Suor Guglielmina Masia

Nata a Cuglieri il 9 aprile 1926 - Morta a Donigala il 2 dicembre 2018

SPIRITUALITÀSPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTO

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vito nell’umiltà e nel nascondimento, con itratti della spiritualità di San Giuseppe fattadi silenzio, ascolto e laboriosità, capace direndere straordinarie anche le azioni ordina-rie. Sr. Guglielmina ha vissuto la povertà dispirito nel servizio che ha reso in diverse Co-munità della Sardegna, a Gavoi, Dorgali, Ori-stano, Samugheo, Cagliari; nella Penisola aRuta di Camogli, in Liguria, e a Naro, in Si-cilia, nella Svizzera ad Arelsheim, con diversiimpegni all’interno delle Comunità e nelleparrocchie, con la dedizione e la serenità chela rendevano amabile anche nella fatica e nelsacrificio, nonostante la precarietà della salu-te e la malattia con cui ha dovuto convivereper diversi anni, sempre sostenuta dalla vo-lontà di conformarsi alla volontà di Dio perlei. Ringraziamo il Signore per il dono diquesta sorella che ci lascia un esempio di vitaumile e semplice, in linea con i piccoli delVangelo, aperta e disponibile al dono di Dio,che, oggi ha sicuramente realizzato ogni suasperanza, accogliendola nella pienezza delsuo amore.

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“Beati i poveri in spirito perché di essi è ilRegno dei cieli”.

S uor. Guglielmina è stata chiamata ad en-trare nel Regno dei cieli, promesso da Ge-

sù ai poveri e ai piccoli, a coloro che, nellasemplicità del cuore, si sono affidati a lui e so-no passati su questa terra con lo sguardo e ilcuore orientati verso la libertà piena nella vitaeterna

Era nata a Cuglieri il 9 aprile 1926. Nellafamiglia e nella parrocchia ha maturato laconsapevolezza di essere chiamata alla vitaconsacrata e si è avviata su questo percorsoentrando nella Congregazione delle Figlie diSan Giuseppe il 6 settembre 1958, dove haemesso la prima professione l’11 ottobre del1960 e quella perpetua il 2 ottobre 1965.

Una componente costante della sua vita èstata la beatitudine dei poveri, vissuta nellaconsapevolezza che tutto viene da Dio e chetutto è dono suo. Un dono vissuto nella in-teriorità della propria anima, come luogo diincontro d’amore con lo sposo amato e ser-

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SPIRITUALITÀSPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTO

Suor Maria Grazia MereuNata a Dorgali il 19 giugno 1923 - Morta a Isili il 13 dicembre 2018

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Nel suo testamento spirituale scrive: “Hotanta voglia di lavorare e di vivere, vogliosperimentare la gioia di vivere, fino a quan-do il Signore vorrà”. Aveva capito che la vitaacquista valore di eternità nel servire, che so-lo il servizio d’amore, come il VenerabileServo di Dio lo chiede ad ogni figlia di sanGiuseppe, è la sorgente della gioia, per cuilavorare e spendersi per gli altri, significa vi-vere. La gioia del servizio era veicolata damitezza e gentilezza, garbo e finezza che fa-cevano di lei una vera signora, una sposa cheattingeva serenità e gioia dalla forte relazioneinteriore con il suo sposo, cercato e amatosopra ogni cosa; una madre, attenta e pre-murosa, aperta al perdono, alla compassionee all’amore per l’altro. Era una vera Figlia disan Giuseppe.

Se la morte di Sr. M. Grazia ci addoloraper la perdita della sua persona fisica, nellostesso tempo infonde serenità, perché ha su-perato un traguardo terreno ed è entrata nel-la pienezza della gioia di Dio, a lungo amatoe desiderato.

S uor. Maria Grazia ci ha lasciato all’età di95 anni, era nata a Dorgali il 19 Giugno

1923.Ha portato a compimento quello che è

stato l’anelito di tutta la sua vita: vivere lagioia del vangelo nella sua pienezza fino al-l’incontro con Cristo suo sposo.

La sua esistenza è stata segnata da diversetappe che, come un filo rosso, esprimono ilrealizzarsi delle promesse di Gesù: “Questovi ho detto perché la vostra gioia sia piena”(Gv 15,11).

Entrò nell’Istituto il 25 Settembre del1952, emise la prima professione il 5 settem-bre 1954 e quella perpetua il 26 agosto 1959.

Il servizio reso, nelle diverse realtà dell’I-stituto dove l’obbedienza via via l’aveva de-stinata: Oristano, Lanusei, Simaxis, Cuglie-ri, Ruta di Camogli (Genova), Abbasanta,Navacchio (Pisa), Nuoro (Seminario), Ca-gliari, Genoni (Casa madre), hanno costitui-to lo spazio di realizzazione della pienezzadella gioia verso la quale la sua vita eraorientata.

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Il paradiso che Suor Linet vivevanel suo cuore, nella gioia profondadel suo rapporto sponsale con Cri-sto, traspariva da tutta la sua perso-na, dai suoi occhi e dal suo sorrisoe possono testimoniarlo tutte lepersone che l’hanno conosciuta.Era una persona solare, perché il so-le era dentro di lei, il sole dell’amo-re di Dio che riscalda e consola.

Alla luce di questo sole è cresciu-ta di luce in luce, f ino a raggiungerela piena maturità di Cristo che, an-cora giovane, l’ha voluta associareal suo mistero di amore, chiaman-dola a portare come lui la croce del-la sofferenza procurata da una ma-lattia incurabile.

Suor Linet aveva il paradiso nelcuore per la disponibilità alla vo-lontà di Dio e il sereno abbandonofra le sue braccia, diventando così,come Gesù, vittima innocente perla realizzazione di un progetto mi-sterioso che resta nascosto nel mi-stero stesso della nostra vita, dove,tuttavia, troviamo una certezza: chetutto concorre al bene di quelli cheamano Dio.

Suor Linet KunnelNata a Kasaragode (Kerala) il 27 agosto 1979

Morta a Rajamattam il 21 ottobre 2018

SPIRITUALITÀSPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTO

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Il nostro Padre Fondatore, Il Ser-vo di Dio Padre Felice, ci dice:“Quando da lassù si vedrà il fruttodelle sofferenze sopportate quaggiù,comprenderemo le vie dell’amore eun inno di riconoscenza prorompe-rà dai nostri cuori”.

Oggi Suor Linet da lassù vede ilfrutto delle sofferenze sopportatequaggiù, sa che le vie per le quali èpassata, la sofferenza vissuta, non èuna perdita ma una vita ritrovata,perché rinata nell’immensità dell’a-more di Dio, e tutto quello che èstato vissuto, in unione a Gesù, ac-quista un valore eterno, da qui lagratitudine al Signore.

Penso che l’eredità che Suor Li-net ci lascia e che noi vogliamo va-lorizzare, sia la sua capacità di vive-re già su questa terra il paradiso del-la presenza di Dio in noi, per irra-diarlo, come lei, nella pace gioiosa enell’amore verso tutti.

Con sant’Agostino vogliamo ri-petere: “Signore non ti chiediamoperché ce l’hai tolta, ti ringraziamoperché ce l’hai data”.

Madre Maria Luciana Zaru

S uor Linet nacque il 27.08.1979 aKasaragode (Kerala). Entrò in

Comunità il 30.09.1994, emise i pri-mi voti il 09.12.2000 e quelli perpe-tui il 14.11.2009. Il dolore per la suamorte è illuminato dalla luce dellafede nel mistero pasquale di Cristoche ha vinto la morte, e ha aperto ilparadiso all’uomo.

Un paradiso che Suor Linet havissuto nel cuore, dal momento chenascendo alla grazia santif icantecon il santo battesimo, ha ricevutoil dono dell’amore infinito di Dioche sempre ha guidato i suoi passi,facendola nascere in una famigliacristiana che ne ha sviluppato i do-ni di natura e di grazia, tanto daaprirla alla chiamata del Signorenello stato religioso.

Una vocazione accolta comeuna perla preziosa, sempre gelosa-mente custodita, perché in essa eraracchiuso il bene immenso dell’a-more di Dio che la voleva come suasposa.

Per realizzare questo sogno SuorLinet ha scelto il nostro Istituto,che da subito è stata la sua nuovafamiglia, dove ha trovato subito so-relle da amare, e dopo la professio-ne ha trovato tanti fratelli da servi-re, nella parrocchia, nelle famiglie,nei bambini e nei giovani.

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I l nostro angelo suor Linetci ha lasciato, ci manca

tanto, era tanto dolce e ama-bile. È doloroso pensare chenon è più con noi perchéavremmo voluto godere an-cora del suo sorriso conta-gioso.

Noi siamo i bambini del-la sua classe della scuola ele-mentare; ora ci sentiamo or-fani, nessuno può colmare ilvuoto che ha lasciato la no-stra cara maestra; per noi eraun angelo. Quando combi-navamo qualche marachella,ci correggeva col suo sorriso,

senza ferire mai con le paro-le. Amava tutti i bambini del-la scuola, le maestre e tutte lepersone che collaboravanonell’ambito della scuola stes-sa.

Oggi suor Linet non c’èpiù, ma non dimentichere-mo mai la sua figura così lu-minosa, che per noi era l’an-gelo custode che protegge esostiene in ogni momentodella giornata; abbiamo vivala sua presenza e ci sembra divederla mentre silenziosa-mente, passa fra noi per dirciancora tante cose.

Suor Linet ha soffertotanto, in silenzio e semprecol sorriso sul volto. Gesù hascelto nel suo giardino il fio-re più bello, profumato dallasofferenza, per portarlo consé a godere in Paradiso il pre-mio tanto meritato.

Crediamo fermamenteche lei dal cielo ci vede, pre-ga per noi e ancora ci guida.

Maestra, ti vogliamo an-cora tanto bene!

Childrens, Holy familyL.P School -

Kurumbanadam

SPIRITUALITÀSPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTO

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sincero tutti coloro che Dio ha messo nellasua strada. Con cuore docile ha accolto dis-posizioni dei superiori e le croci che il BuonDio le ha regalato. Noi, consorelle, i giovani,gli anziani, i suoi collaboratori, i familiari eparenti abbiamo sperimentato l’amore, lacomprensione, la predilezione, la misericor-dia e la pazienza di Cristo attraverso la suavita.

Nel 2013 è stata visitata dal Signore conla croce della malattia. Aveva la convinzioneche accettando la croce della sofferenza, confede e speranza, si può raggiungere il cuoredi Gesù che trabocca d’amore e lì si può tro-vare la perla preziosa del cielo.

Ha offerto tutto per la propria santifica-zione, per la chiesa, per la congregazione eper le famiglie. Come lei scrive ha ricono-sciuto che la sofferenza è un regalo che Diodà a chi ama di più. Neanche la sofferenzaatroce le ha tolto la serenità e la gioia cheerano le sue caratteristiche. A tutti coloroche venivano a trovarla dava l’esempio disanta allegrezza e tranquilla confidenza, va-lori spirituali che ha acquisito dal nostro pa-dre fondatore.

Anche con la sofferenza fisica ha conti-nuato la sua missione di insegnante finoall’agosto del 2018. La sua dipartita, anche senon inaspettata, avvenuta a 40 anni, il 21 ot-tobre 2018, ha lasciato un grande vuoto nelcuore di tutti coloro che la conoscono. Mala sua dolce memoria ci assicura una media-zione presso Dio nostro Padre celeste.

Le consorelle dell’India

“Tutto ciò che è terreno passa, ma coloroche hanno camminato per le strade del do-lore e delle lacrime giungeranno nelle manidi colui che hanno amato e servito”.

Queste parole del nostro fondatore si so-no attualizzate in Sr. Linet. A Dio che

è amore e che compie tutto per il bene, Sr.Linet ha consegnato la sua esistenza.

Sr. Linet nata in India, il 27 agosto 1978,la terza figlia dei tre figli di Filippo e Rosa,è stata battezzata con il nome di Elisabetta.La sua era una famiglia di profonda fede e dipreghiera. È cresciuta in un’atmosfera doveregnava gioia e serenità. Avevano rispetto edevozione ai sacerdoti e ai consacrati.Quest’atmosfera favorevole ha suscitato inElizabeth il profondo desiderio di consacra-re la sua vita per la causa del regno di Dio.All’età di 16 anni è entrata nella congrega-zione delle Figlie di San Giuseppe. Dopo laprima professione ha completato i suoi studiabilitandosi per l’insegnamento alle scuoleprimarie. Con molto amore e predilezioneha saputo dare col sapere scolastico, anche ivalori della vita umana e cristiana. Per alcunianni ha seguito la formazione delle giovaniaspiranti aiutandole nei primi passi della vitareligiosa. Si è sempre impegnata nelle varieattività parrocchiali e ha saputo essere stru-mento di grazia e di benedizioni per tutti.

Col suo sorriso profuse grazia e serenità,caratteristiche che rispecchiavano i valorispirituali prerogative della sua personalità.Ha accolto e amato con un amore puro e

L’angelo sorridente: Suor Linet

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SPIRITUALITÀ

ha reso il suo servizio in diverse Comunitàdell’Istituto in Italia e in India, fino al defi-nitivo rientro nella sua terra il 16 giugno2005.

Gli ultimi anni della sua vita sono statisegnati dalla malattia e dalla sofferenza fi-sica, accolta e vissuta in unione alla soffe-renza di Cristo, in coerenza con l’orienta-mento spirituale della sua vita, espressonel pensiero del Servo di Dio Padre FelicePrinetti scelto come ricordo della sua pro-fessione perpetua “La rinuncia è un sacri-ficio che non va perduto”, manifestandodi avere capito il senso della Croce di Cri-sto, come passaggio dalla morte alla resur-rezione, come possibilità di sperimentarela beatitudine evangelica fondata sulla ca-pacità di dono della propria vita per i fra-telli.

È passata da questo mondo al cielo, qua-si in punta di piedi, abbandonata e fiducio-sa in Dio che sicuramente l’ha accolta nellapienezza del suo amore, come pieno com-pimento della promessa ricevuta il giornodella sua prima professione: Vieni Sposa diCristo, ricevi la corona che il Signore ti hapreparato per l’eternità.

Madre Maria Luciana Zaru

VITA DELL’ISTITUTO

I l Signore ha chiamato a sé la nostra con-sorella Sr Teresiana per darle il premio di

una vita spesa per Lui, amato e servito nellapersona delle sorelle nelle varie Comunitàin cui ha operato.

Era nata in India il 28 dicembre 1936. Il9 novembre del 1964 fece l’ingresso nell’I-stituto. Il 31 luglio del 1967 emise la primaprofessione e quella perpetua il 14 settem-bre1975.

Di carattere aperto e gioviale aveva tro-vato nell’Istituto e nell’Italia la sua secondafamiglia che serviva con generosità e amoreall’insegna della semplicità e della gioia, in-carnando i tratti della spiritualità di SanGiuseppe, fatti di nascondimento, di silen-zio, lavoro e obbedienza, espressi nella fedee grande fiducia nell’autorità dei superiori,visti come strumenti di rivelazione della vo-lontà di Dio.

La sua vita di consacrata è un esempiodi integrazione tra la cultura indiana e quel-la italiana, entrambe radicate nei valorievangelici, acquisiti, prima in famiglia e nel-la parrocchia, in seguito approfonditi nell’I-stituto, che l’ha aperta al valore dell’univer-salità e della comunione che include tuttisenza differenza di persone. In questa luce

Suor Teresiana PalliparambilNata a Kuruppantharu (Kerala) il 28 dicembre 1936

Morta a Rajamattam il 29 ottobre 2018

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SPIRITUALITÀ

quanto le è stato chiesto per la gloria diDio. Una fede semplice e operosa l’ha resaentusiasta di servire gli altri. Con la sua na-turale capacità comunicativa entrava in rela-zione con tutti per ascoltarli, confortarli eper essere vicina come sorella e madre, masempre con rispetto, affabilità e gentilezza.Ê stata una madre per gli altri dimentican-do sé stessa.

A Trivandrum e a Rajamattam insegnòcon dedizione nella scuola materna pertanti anni. La sua attenzione e la sua mater-na premura per i piccoli era ammirevole. Lemamme di tanti bimbi hanno visto in leiuna persona che li curava con amore mater-no. Anche il sacerdote che era stato suoalunno e che ha celebrato le sue esequie,durante l’omelia, ha voluto ricordare questasua materna predilezione per i piccoli. Eracapace di intuire i loro bisogni. I lunghi an-ni che ha vissuto erano ricchi di amore, de-dizione e preghiera. Negli ultimi anni,quando le forze erano venute meno il suogrande dispiacere era perdere la santa messaquotidiana. Sempre rendeva grazie perfinoper i piccoli servizi che le facevano. Sapevagioire delle piccole cose, amava l’ospitalità,agli ammalati e i poveri.

Sr. Teresiana ha vissuto la sua consacra-zione nella semplicità e nella gioia. Ha lavo-rato, pregato e sofferto perché Dio fosse lo-dato, i fratelli aiutati e il mondo salvato. IlSignore ricompensi le sue fatiche e le con-ceda la gioia di contemplare il suo volto.

Le consorelle dell’India

I fiori che ci sono ai due lati delle stradeo dei viali danno gioia ai passanti. A vol-

te si è contenti di fermarsi un po’ a contem-plarli nella loro bellezza, semplicità, origina-lità e ringraziare Dio per la sua meravigliosacreazione. Pensando alla figura di Sr. Tere-siana è spontaneo per noi fare questo para-gone e ringraziare il Buon Dio per il donodi questa nostra sorella che ha vissuto un’e-sistenza per la gloria di Dio dando gioia atanti.

Ultimogenita di cinque figli, è stata bat-tezzata con il nome di Teresa. L’atmosferafamiliare caratterizzata dalla fede profonda,dalla preghiera, dalla condivisione e atten-zione agli altri, dalla gioia e semplicità di vi-ta hanno fatto germogliare in Teresa i valorispirituali che l’hanno avviata alla vita con-sacrata.

Terminati gli studi si è impegnata nell’in-segnamento alla scuola materna del suopaese, dedicandosi nel catechismo e nellevarie attività parrocchiali e sociali con l’en-tusiasmo giovanile. Nel suo paese era moltoamata e apprezzata da tutti, per il suo ser-vizio generoso.

Ma sentiva il desiderio di qualcosa dipiù: consacrarsi totalmente a Dio. Così se-guendo il piano di Dio all’età di 30 anniparte per l’Italia, lascia i suoi cari e il suoamato paese per entrare nell’istituto delleFiglie di San Giuseppe. Era un atto corag-gioso e allo stesso tempo colmo di fiducianell’amore di Dio. Terminati gli anni dellaformazione, ha vissuto nell’obbedienza

VITA DELL’ISTITUTO

“Ho combattuto la buona battaglia,ho terminato la mia corsa,ho conservato la fede”. (2 Tm. 4,6)

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SPIRITUALITÀ

na che ci ha intrattenuto con dei meraviglio-si canti Natalizi in Iingua sarda e inglese. Èstato un pomeriggio diverso conclusosi conun invito del quale abbiamo owiamente usu-fruito tutti noi.

Un altro pomeriggio sono venute a tro-varci Le suore di Isili e Suor Ida ci ha rega-lato della bella musica e canti natalizi e non,canti in sardo e qualche ballo sardo a cuihanno partecipato molto volentieri anche al-cuni dei nostri ospiti.

Le festivita natalizie sono terminate conla visita della Befana che ha avuto un dolcepensiero per ognuno di noi. La serata è ter-minata con balli e dolciumi vari.

Mi viene in mente un pensiero di PapaFrancesco: “Si prova una grande felicità nelrendere felici gli altri”. Grazie a tutti coloroche hanno contribuito a farci trascorrere deimomenti di spensieratezza durante le festivi-tà.

È con grande gioia che abbiamo festeg-giato i 104 anni di zia Pasquala Tetti di Nu-reci. Grazie di cuore a Zia Pasquala per esse-re tra noi e auguroni.

Zia Pasquala é una persona rispettosa, an-cora lucida, prega tanto, e di buon appetito,dorme tutta la notte e non ha bisogno di as-sistenza particolare. Che il Signore ce dia an-cora lunga vita.

Arriva la befana!e, a destra:

Il coro di Meana.

Zia Pasqualain festa

per i suoi 104 anni.

VITA DELL’ISTITUTO

arissimi amiche e amici delle Figlie diSan Giuseppe di Genoni. Sono unospite della Casa di Riposo di Genoni,

anche se vi arriveranno in ritardo, profittoattraverso il giornalino per porgervi i piusinceri auguri di Buon Anno da parte di tut-ti noi.

Anche quest’anno abbiamo avuto il pia-cere di ospitare gruppi di persone che cihanno onorato e rallegrato con la Ioro pre-senza, con canti, musica e danze. La Prolocodi Genoni ci ha fatto dono del coro di Mea-

GENONI: Casa di riposo Figlie di San GiuseppeMomenti di festa

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SPIRITUALITÀ

na importante iniziativa è nata que-st’anno a Isili su un’idea delle suoreGiuseppine: ogni domenica dell’otto-

bre missionario è stato pregato un rosario ri-onale che ha radunato gli ammalati in una ca-sa messa gentilmente a disposizione. A imita-zione di Cristo, che nella sua attività messia-nica si è avvicinato incessantemente al mondodell’umana sofferenza, guarendo, consolando,liberando l’uomo dalle sue malattie.

Si è voluto andare incontro alla sofferenzadi tanti nostri fratelli guardando Maria e pre-gandola con piena fiducia perché sia vicina atutti i sofferenti, li conforti, li protegga e dialoro pace, soprattutto quella interiore. La sof-ferenza è presente nel mondo per sprigionareamore, per far nascere opere di amore verso ilprossimo, per trasformare la “civiltà umananella civiltà dell’amore” (Da Salvifici dolorisdi SAN Giovanni Paolo II). Altra iniziativadel gruppo è stata quella di realizzare dei qua-dretti dove la Parola di Dio si legge su unosfondo di paesaggi missionari dei cinque con-tinenti. Il ricavato è stato devoluto alle mis-sioni giuseppine. Infine la proposta di vivereuna volta al mese un incontro di formazioneumana e spirituale missionaria, è stata accoltacon gioia e molto entusiasmo.

VITA DELL’ISTITUTO

ISILI:Semi di missionarietà

Solo lacondivisionepuòsconfiggerela povertà.

Madre Teresadi Calcutta

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SPIRITUALITÀ

alle caratteristiche stagionali. Il progetto co-mincia con una lezione teorica di presentazio-ne delle stagioni all’interno della scuola, comeprimo approccio e consapevolezza che in ognistagione gli alberi mutano aspetto, gli animalimodificano il loro comportamento, alcunepiante danno frutti importanti per l’uomo, Lacampagna è diversa. Anche i comportamentiumani cambiano: i vestiti, le abitudini quoti-diane, i giochi si adattano alla nuova stagione.Tutto questo con la finalità di incoraggiare neibambini la curiosità di guardare e di guardarsiintorno, così che imparino a “vedere” ed osser-vare in tanti modi diversi, che siano stimolatia girare intorno alle cose per coglierne gliaspetti insoliti o imprevedibili!

Suor Gabrielle Massengo

LANUSEI.Alcuni momenti

dei bambinidurante l’escursione

nel bosco.

VITA DELL’ISTITUTO

uest’anno vogliamo condurre i bambi-ni nel bosco a fare esperienze ed osser-vazioni per cogliere elementi di novi-

tà e di significato stagionale attraverso le loropercezioni ed emozioni. Perciò nel nostroprogetto didattico “Alla scoperta delle stagio-ni”, abbiamo voluto coinvolgere gli espertidell’esplorazione dell’ambiente, cioè l’EnteForestale ad accompagnare i nostri bambiniin questo percorso.

Il progetto ha quattro tappe che consisto-no nell’andare a visitare lo stesso spazio delbosco individuato dall’ente e rilevarne periodi-camente i cambiamenti, nelle diverse stagioni,fotografandolo e raccogliendo foglie ed even-tuali frutti e semi, per usarli per la realizzazio-ne di lavori di tipo grafico-pittorico collegati

LANUSEI: Scuola dell’InfanziaAlla scoperta delle stagioni

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SPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTOALCUNI EVENTIDELLA SCUOLA:Presepe vivente.

RECITA DI NATALE:3 momentidella recita di Nataleeseguita dai bamibinidella scuoladell’infanziadi Lanusei.

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SPIRITUALITÀ

tutto con la consegna del lavoretto fatto conle loro piccole manine.

Con orgoglio di mamma spettatrice miauguro che questa sia solo la prima di tantis-sime altre feste dedicate ai nonni.

Loro, figure importanti nella vita dei no-stri figli, sono gli unici in grado di regalare ildono più prezioso della vita: il tempo.

Con loro la fretta lascia spazio alla calma:i nonni non hanno l’orologio in mano quan-do stanno con i loro bambini!!!

Pertanto grazie alla scuola e ai suoi piccoligrandi alunni, ma soprattutto grazie ai nonni.

Una mamma che si auguraun futuro da nonna

TORREGRANDE.Foto-ricordoper la festa dei Nonni.

VITA DELL’ISTITUTO

è sempre un buon motivo per fe-steggiare, ma il motivo diventa gran-

dioso quando i festeggiati sono gli ama-ti nonni.

È con grande gioia, grinta e amore che inostri bambini della Scuola dell’Infanzia“Stella Maris” oggi si sono esibiti davanti ailoro angeli, la maggior parte in sala ad ap-plaudire ed emozionarsi, altri a vegliare sudi loro dal Cielo e, infine, qualcuno dall’al-tra parte del mondo, ma sempre vicini colcuore.

Accompagnati e guidati dalle loro maestre,hanno regalato ai loro amati una canzoncinaed una dolcissima poesia, per concludere il

TORREGRANDE: Scuola dell’Infanzia “Stella Maris”Festa dei Nonni

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SPIRITUALITÀ

TORREGRANDE.Vari momenti della festa di Natale.

VITA DELL’ISTITUTO

olo una luce blu di fondo e un si-lenzio che regna sovrano, poi rotto

dal timido battere dei cuori dei genito-ri. Così inizia la festa del Natale alla Scuoladell’Infanzia “Stella Maris” di Torregrande.

Guancette rosse, occhi timidi ma fieri, infila entrano i nostri bambini.

Vediamo stelline, stella cometa, Re Magi,Giuseppe e Maria, ognuno col suo importan-tissimo ruolo. Tra le battute e i canti intonati,risuonano gli applausi felici e orgogliosi de-gni della notte degli oscar.

Si rientra a casa col cuore carico di amoree speranza. Grazie ai bambini e alle maestre.Con questo magico Natale la bontà rinascenel cuore, e capiamo che abbiamo tanto, matanto da imparare dai nostri bambini, che siemozionano per la nascita di Gesù e si stupi-scono con l’uomo mascherato da babbo Na-tale, ma la cosa più bella che possono litigare,ma un secondo dopo l’hanno dimenticato estanno assieme.

Questo è il Natale da “Stella Maris”.Una Madre

TORREGRANDE: Scuola dell’Infanzia “Stella Maris”Festa di Natale

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SPIRITUALITÀ

SOLANAS.Sopra,foto panoramichede “La Scogliera”e, in basso a destrafoto-ricordodegli ospiti.

VITA DELL’ISTITUTO

“Il mare incanta, il mare uccide, commuove,spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce,ogni tanto, si traveste da lago, oppure costrui-sce tempeste, divora navi, regala ricchezze,non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente,è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chia-ma.” (Alessandro Baricco)

ogliamo prendere in prestito le paroledi Alessandro Baricco (scritte nel suo

secondo romanzo “Oceano mare”) perraccontare una storia, la nostra storia, la storiadi un mare che ha chiamato anche noi.

È il bellissimo mare della baia di Solanas,una piccola cittadina sulla costa sud orientaledella Sardegna. Da tre anni ormai trascorriamole vacanze nella casa per Ferie “La Scogliera”gestita dall’Istituto religioso Mater Gentiumdelle Figlie di San Giuseppe, una casa che ac-coglie famiglie, gruppi di amici e religiosi.

Guardandola dal mare la casa appare comeun puntino bianco incastonato nelle rocce enella vegetazione, da qui domina la baia di So-lanas. Da questa posizione privilegiata si respi-ra l’aria che profuma di salsedine e gli occhi si

SOLANAS: La ScoglieraUn piccolo ricordo

al ritorno dalla nostra vacanzaperdono in un abbraccio ideale del golfo finoa perdersi verso la sottile linea dell’orizzonte. Ilcolore dominante è il blu con le sue molteplicisfumature, un blu che si arricchisce di piccolepennellate di bianco quando le onde si rincor-rono o di colori che tendono al rosso e rosanelle sere terse in cui il sole sembra non volermai tramontare.

C’è una pace indescrivibile, c’è serenitàquando si cammina all’interno della strutturae ci si sente a casa. Si! Il mare della Sardegna èbello ovunque ma ciò che contraddistinguequesto luogo è proprio la sensazione di sentir-si a casa. Questo grazie all’operato delle perso-ne che qui lavorano e che ti fanno sentire spe-ciali. C’è gioia negli sguardi ogni volta che in-contri qualcuno, c’è la voglia di condividereciò che di bello e positivo stai provando. Lesuore hanno un forte senso dell’accoglienza,ogni loro gesto è un atto di amore gratuito, èserenità che ti entra dentro e non ti lascia pertutto il periodo in cui rimani con loro. Nontrascurabile è anche la genuinità dei loro piatti,i pasti sono un momento importante di alle-gria, condivisione e scambio (oltre ad essereottimi!!!). C’è spazio e tempo anche per la pre-ghiera che diventa un momento di ringrazia-mento per tutto quello che si sta vivendo.

Il mare dunque ci ha chiamati, noi l’abbia-mo ascoltato e anche quest’anno ci ha regalatouna profonda gioia. Grazie di cuore a chi cu-stodisce con cura e amore questo luogo e locondivide con persone come noi.

Un caro saluto che vuole essere un arrive-derci a presto.

Tiziano, Roberta e gli amici estate 2018

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Le Figlie di San Giuseppe 1/2019_33

Dio ma di Dio che cerca l’uomo fuggito daLui per un capriccio.

Alla fine, una piccola, ma ricca agape, hacoronato la festa nella gioia dei tanti che sisono complimentati con la festeggiata e conS Eminenza, che aveva dato un tocco di gra-zia all’evento.

L’Istituto, anche se piccolo, in città passaper uno dei migliori pensionati, ed è ricorda-to per le tante ospiti che superano il secolo.

Le suore sono poche, ma riescono a daremolto in tutti livelli.

Un ospite della casa.

Colleverde Agrigento Anna Mi-lano nostra pensionata taglia il

nastro dei 105 anni. Celebra il Car-dinale. La signora Anna Milano ha festeggiatoi suoi 105 anni di vita, tra la gioia della nostracomunità e di tanti parenti ed amici. Ha su-perato il traguardo del secolo che altre pen-sionate avevano superato, anche se di poco. Èancora in forma, Veste in modo giovanile, perla sua età: Sale e scende le scale, con facilità.

Si muove autonomamente ed è, forse, ec-cessiva nel tenere a difendere i suoi punti divista. La nuora sig.ra Giovanna in collabora-zione con le suore ha voluto sottolineare l’e-vento estendendo l’invito ad amici e parenti.e si è assicurata, mediante l’amicizia con ilsuo parroco don Leo Argento, la partecipa-zione del nostro Cardinale Sua EminenzaFrancesco Montenegro. Hanno concelebratocon il nostro cappellano Don Rosario Falso-ne e con il suo segretario. Erano pure presen-ti, anche se per poco, l’Arciprete Don Leo edil Rettore del Seminario, Don Baldo Reina,che non hanno potuto celebrare, per impegnisopraggiunti, all’ultimo momento.

Sua Eminenza, insieme alla gratitudine perla vetta raggiunta, ha sottolineato la prossimafesta del Natale, tratteggiando i personaggidel presepe. In modo piano e adatto ai pre-senti. Ricordare ha detto è dialogare con lastoria. La storia non è di un uomo che cerca

AGRIGENTO.Istituto

Figlie di San Giuseppe:Alcuni momenti

della festa.

VITA DELL’ISTITUTO

AGRIGENTO: Istituto Figlie di San GiuseppeSig.ra Anna compie 105 anni!

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BRASILE: MATINHA

Un sogno, una realtàSPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTO: AMERICA LATINA

er la prima volta,nella cappella Nos-tra Signora di Fatima, viene allestito

Il presepio vivente coinvolgendo, co-me piccoli attori catechisti e Infanzia Missio-naria. Le scene sono state registrate e poi pre-sentate come un film a tutta la comunità, co-me una storia che, con il suo fascino ha coin-volto grandi e piccoli.

Ancora uma volta Il Natale Vince ogni in-differenza e richiama tutti a farsi piccoli eumili per Poter sperimentare la gioia e lo stu-pore della grotta di Betlemme.

Grazie a tutti.Comunita di Fatima

Barrio Novo- Matinha

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SPIRITUALITÀVITA DELL’ISTITUTO

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SPIRITUALITÀ

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SPIRITUALITÀ

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PREGHIAMO PER...

ROMBAUT KUMUGOPadre di Suor Christiane† 17 Gennaio 2019

GIORGIO PIRASNipote di suor Salvatorangela

† 22 Dicembre 2018

“Solo in Dio riposa l’anima mia”Sei entrato nel riposo di Dio,

resti nei nostri cuoricon il ricordo di ciòche sei stato per noi:un figlio esemplare,un marito splendidoe un padre adorabile.

Continua a custodirci dal cielocosì come hai sempre fatto

sulla terra.

PAOLO PISCHEDDAFratello di suor M. Franca

† 1 Gennaio 2019

In vita sei stata la nostra luceora che non sei più con noi,

quella luce rimarrà per semprenei nostri cuori.

MICHELE BELLINIPronipote di suor M. Beatrice

† 21 Ottobre 2018

Se guardiamo solo con occhio uma-no, siamo portati a dire che il cam-mino dell’uomo va dalla vita versola morte. Ma questo è soltanto se loguardiamo con occhio umano. Gesùcapovolge questa prospettiva e affer-ma che il nostro pellegrinaggio vadalla morte alla vita: la vita piena!(Papa Francesco)

Grazie Michele per essere stato pernoi, anche nei momenti di soffe-renza, testimone di una vita vissu-ta in tutta la sua pienezza.

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SPIRITUALITÀ

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SPIRITUALITÀ

Le Figlie di San Giuseppe 1/2019_41

PREGHIAMO PER...

I nostri defuntiGINA PILLITTU

Cognata di suor M. Giacinta - † 23 dicembre

PIERRE YANGBENGITAPadre di suor Marguerite Yase - † 27 dicembre

ANTONIO SIMBULACognato di suor Clelia - † 28 dicembre

CESARE DEIDDAPadre di suor Antonia† 21 Novembre 2018

Poche parole ma dette col cuore,molti gesti pieni d’amore,

sempre presenteanche quando lontano,

comunque vicinocon il tuo affettoche ricambiamo,

ed ora e per semprenel cuore serbiamo.

Grazie babbo

BASILIA SANNAMamma di suor M. Rita† 14 Novembre 2018

Coloro che amiamo e cheabbiamo perduto

non sono più dove erano, ma so-no ovunque noi siamo.(Agostino d’Ippona)

FRANCESCO CANUFratello di suor Paolina†11 Novembre 2018

Non piangente la mia assenza,sono beato in Dioe prego per voi.

Io vi amerò dal cielocome vi ho amati sulla terra.

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Bruno Ferrero

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SPIRITUALITÀ

bambino, devastato dalla malattia, ancor piùmiserabile e sofferente di lei.

La principessa lasciò crescere nel suo cuo-re la compassione. Nonostante i dolori presein braccio il bambino e cominciò a curarlo.Passarono i mesi: la principessa non aveva oc-chi che per il bambino.

Lo nutriva, lo accarezzava, gli sorrideva.Lo vegliava di notte, gli parlava teneramente.Anche se tutto questo le costava una fatica in-tensa e dolorosa.

Quasi sette anni dopo, accadde qualcosadi incredibile. Un mattino, il bambino co-minciò a sorridere e a camminare. La princi-pessa lo prese in braccio e cominciò a danza-re, ridendo e cantando. Leggera e bellissimacome non era più da gran tempo. Senza ac-corgersene era guarita anche lei.

La PrincipessaRIFLETTERE E SORRIDERE

era una volta un re che avevauna figlia di grande bellezza e

straordinaria intelligenza. La princi-pessa soffriva però di una misteriosa

malattia. Man mano che cresceva, si indebo-livano le sue braccia e le sue gambe, mentrevista e udito si affievolivano. Molti mediciavevano invano tentato di curarla.

Un giorno arrivò a corte un vecchio, delquale si diceva che conoscesse il segreto dellavita. Tutti i cortigiani si affrettarono a chie-dergli di aiutare la principessa malata. Il vec-chio diede alla fanciulla un cestino di vimini,con un coperchio chiuso, e disse: «Prendilo eabbine cura. Ti guarirà».

Piena di gioia e attesa, la principessa aprìil coperchio, ma quello che vide la sbalordìdolorosamente. Nel cestino giaceva infatti un

Signore, quando ho fame mandami qualcunoche ha bisogno di cibo;

quando ho sete, mandami qualcuno che habisogno di acqua;

quando ho freddo, mandarmi qualcuno da ri-scaldare;

quando sono nella sofferenza, mandami qual-cuno da consolare;

quando la mia croce diviene pesante, dammila croce di un altro da condividere;

quando sono povero, portami qualcuno cheè nel bisogno;

quando non ho tempo, dammi qualcuno daaiutare per un momento;

quando mi sento scoraggiato, mandami qual-cuno da incoraggiare;

quando sento il bisogno di essere compreso,dammi qualcuno che ha bisogno della miacomprensione;

quando vorrei che qualcuno si prendesse curadi me, mandami qualcuno di cui prender-mi cura;

quando penso a me stesso, rivolgi i miei pen-sieri ad altri.

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SPIRITUALITÀ

Le Figlie di San Giuseppe 1/2019_43

SPIRITUALITÀHOmO STUPiDUS STUPiDUS.L’AGONiA Di UNA CiViLTÀdi ViTTORiO ANDReOLiEditore: RizzoliPagine: 252 – Prezzo: € 19,00

È possibile scongiurare l’agonia incui sta scivolando la nostra civiltà?Che ne è dell’uomo quando smarri-sce i benefici garantiti dalla parte piùevoluta del suo cervello? «Amo l’uo-mo, e amo la civiltà in cui mi trovo,quella che si lega a Platone, al dubbio,alla nascita dei concetti astratti, chesono il fondamento per fare progetti,per migliorare la vita sociale». Quan-do delega le sue funzioni ad appen-dici digitali, vere e proprie protesi,innescando una regressione che can-cella ogni traccia del salto evolutivoper cui è stato definito sapienssapiens, diventando stupidus stupi-dus?

Quando la nostra mente perdeprogressivamente la razionalità e l’af-fettività, e intanto muore l’etica,muoiono gli dèi, che vengono sosti-tuiti dal denaro e dal successo? Vitto-rino Andreoli sa che l’uomo si può“rompere”, come psichiatra ha segui-

to e curato molti pazienti aiutandolia sollevarsi dalle loro cadute. Eccoperché non ha perso la fede nell’uo-mo e nelle sue possibilità. In questesue nuove pagine vuole lanciare unallarme e spingerci a rif lettere sullaregressione del nostro tempo, cherischia di cancellare le conquiste che

sponde, senza la pretesa di insegnarenulla. La strada nuova infatti noncontiene formule magiche su comesi dovrebbe o come sarebbe giustovivere, ma la storia, le esperienze, esoprattutto le lezioni che Simona ha

hanno segnato la storia dell’Occiden-te. Convinto che la morte di unaciviltà possa essere osservata e testi-moniata, e che se ne possano indicarei segni premonitori, mette a fuocotre comportamenti talmente diffusida essere diventati regole: la distrutti-vità, la caduta dei princìpi primi chesono alla base del vivere sociale el’uomo senza misura. Intorno a questitre grandi temi, svolge la sua analisiarrivando alla conclusione che l’uo-mo vada ormai escluso dall’ambitodella sapienza.

Il tratto che oggi lo definiscemeglio è l’essere stupidus, secondo ilsignificato etimologico, che condivi-de la radice con “stupore”. Lasciainfatti attoniti, sbalorditi, che unuomo possa assumere gli atteggia-menti dominanti nel nostro tempo,ma ancora più incredibile è che lopossa fare una comunità intera, unpopolo. Un margine per invertire larotta ancora c’è, per farlo occorreperò riaffermare i princìpi che per-mettono il procedere della ragione,la bellezza della cooperazione control’esasperato individualismo, integran-do sentimenti e razionalità.

SCELTI PER VOI

LA STRADA NUOVADiventare protagonisti della propria vitadi SimONA ATzORiEditore: GiuntiPagine: 216 – Prezzo: € 17,00

Nel suo nuovo libro, Simona At-zori racconta il percorso eccezionaleche l’ha portata a scoprire le sue po-tenzialità e insieme ad accettare ipropri limiti. Nel suo caso, tantoevidenti erano i limiti, quanto unicaè stata la sua capacità di affermare lasua forza e la sua grazia.

Tutto comincia da un desiderio:essere protagonista vigile e consape-vole della propria vita. Ciò che se-gue è la strada nuova, un camminoin quattro fasi (preparativi, partenza,transito e arrivo) che Simona, balle-rina, pittrice e coach, condivideidealmente con i lettori.

Ogni volta che si esibisce dedicatempo a dialogare con il suo pubbli-co e il tema intorno a cui si svilup-pano le conversazioni è sempre lostesso: come ci sei riuscita, cosa ti haguidato? In questo libro Simona ri-

imparato sulla sua pelle e quelle cheapprende ogni giorno dalle personeche incontra. È la condivisione delsuo personale viaggio verso la consa-pevolezza che non è possibile arre-stare il cambiamento, mentre lo èdecidere come affrontarlo.

In una restituzione strutturataper aneddoti, consigli ed esercizi, Si-mona suggerisce che per essere pa-droni della propria vita non bisognarivolgere lo sguardo fuori da sé, cer-care di studiare affannosamente lecircostanze nel tentativo di adattarvi-si il meglio possibile. Meglio com-portarsi al contrario: guardarsi den-tro. Solo così potremo accogliere lanostra natura e imboccare la stradache più ci corrisponde. Solo così ri-usciremo a liberare l’enorme potereche tutti abbiamo ma che troppospesso finiamo per soffocare: sceglie-re consapevolmente di essere felici.

La vita è un dono, sostiene Simo-na. Ci saranno cadute, tempeste,emozioni, sorrisi e lacrime, ma qualè il senso se non si è protagonistidella propria?

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