sommario · Andrea Chiaro, Donatella Comito CoordINAmENTo rEdAzIoNAlE Fiorenza Lombardi Borgia...

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S ommario Topic High Light… Intervista a Josef Neu: parliamo di Enterocolite Necrotizzante del Neonato (NEC) di Mariella Baldassarre Meta-analysis Reviews La celiachia potenziale di Renata Auricchio Pediatric Hepatology Outside Box Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici di Valerio Nobili, Andrea Pietrobattista, Manila Candusso, Fabrizio Gennari, Lidia Monti, Arianna Bertocchini, Paola De Angelis, Luigi Dall’Oglio, Jean de Ville de Goyet e Giuliano Torre Training and Educational Corner La Colangio-Pancreatografia in RM pediatrica di Lidia Monti, Cristina Lo Zupone, Fabio Marconi Gastroenterology Clinical Research Barrett: indirizzi della ricerca clinica di Alessandro Repici, Giuseppe Strangio News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology Domperidone: approfondimento farmacologico e clinico di Giulia Maria Tronconi, Graziano Barera Fellow’s Corner - L’Angolo dello Specializzando “Ho visto del sangue nelle feci di mia figlia!” Un caso che nasconde alcune sorprese di Andrea Chiaro 24 20 17 9 6 27 Editoriale Claudio Romano 3 4 FORUM FORUM Con il contributo educazionale

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so m m a r i o

Topic High Light…Intervista a Josef Neu: parliamo di Enterocolite Necrotizzante del Neonato (NEC) di Mariella Baldassarre

Meta-analysis ReviewsLa celiachia potenzialedi Renata Auricchio

Pediatric Hepatology Outside BoxLe diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinicidi Valerio Nobili, Andrea Pietrobattista, Manila Candusso, Fabrizio Gennari, Lidia Monti, Arianna Bertocchini, Paola De Angelis, Luigi Dall’Oglio, Jean de Ville de Goyet e Giuliano Torre

Training and Educational CornerLa Colangio-Pancreatografia in RM pediatrica di Lidia Monti, Cristina Lo Zupone, Fabio Marconi

Gastroenterology Clinical ResearchBarrett: indirizzi della ricerca clinicadi Alessandro Repici, Giuseppe Strangio

News in Pediatric Gastroenterology PharmacologyDomperidone: approfondimento farmacologico e clinicodi Giulia Maria Tronconi, Graziano Barera

Fellow’s Corner - L’angolo dello specializzando“Ho visto del sangue nelle feci di mia figlia!”Un caso che nasconde alcune sorpresedi Andrea Chiaro

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EditorialeClaudio Romano

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FORUM

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Con il contributo educazionale

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Consiglio Direttivo sigenp

Presidente Salvatore CucchiaraVice-Presidente Roberto Berni CananiSegretario Paolo GandulliaTesoriere Ruggiero FrancavillaConsiglieri Osvaldo Borrelli, Gian Luigi de’ Angelis, Graziella Guariso, Pietro Vajro

L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroente-rologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Di-rettivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolariz-zare il pagamento della quota associativa SIGENP. quota associativa annuale SIGENP: (anno solare) #60.Specializzandi: iscrizione SIGENP gratuita previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità.

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Pediatric Gastroenterology Educational articleLa dispepsia funzionale di Graziella Guariso, Alessandra Meneghel

Ped GI snapshotsa cura del Comitato di Redazione

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EdITorE Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com

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Periodico quadrimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09.

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dIrETTorE rESPoNSAbIlE Giovanna Clerici [email protected]

dIrETTorE EdITorIAlE Claudio Romano [email protected]

rEdATTorE CAPo Mariella Baldassarre [email protected]

ComITATo dI rEdAzIoNE Salvatore Accomando [email protected] Graziano Barera [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Francesco Cirillo [email protected] Giovanni Di Nardo [email protected]

Erasmo Miele [email protected] Silvia Salvatore [email protected] Filippo Torroni [email protected]

Francesca Vincenzi [email protected]

ASSISTENTI dI rEdAzIoNE Andrea Chiaro, Donatella Comito

CoordINAmENTo rEdAzIoNAlE Fiorenza Lombardi Borgia

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Con il contributo educazionale

VIDEO

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d i t o r i a l e

Si parte….., abbiamo cambiato SIGENP News con il suo formato on line e con una offerta scientifica e di aggiornamento multitematica ed appro-fondita. Speriamo di averlo reso più piacevole, più ricco, ordinato ed utile. Sicuramente questo prodotto editoriale rappresenta una assoluta novità nel panorama della gastroenterologia pediatrica italiana ed europea. Il lavo-ro di una supersquadra (Comitato Editoriale ed Area Qualità) giovane ed entusiasta rappresenta una garanzia di successo e di gradimento. è difficile modificare ciò a cui si è abituati ed affezionati. Noi ci abbiamo provato. Sono state inserite nuove rubriche con un taglio pratico, accessibile ma ap-profondito e tutto sarà scaricabile on line. Sono rimaste invariate le rubriche come i Topic High Light dal mondo NASPGHAN-ESPGHAN e le Meta-analisi con revisione della letteratu-ra, l’angolo della diagnostica strumentale (Endoscopy Learning Library e Training Educational Corner) arricchiti dalla possibilità di supporti vi-deo, l’aggiornamento monotematico con proposta di protocollo diagnostico ragionato e con discussione on line (Pediatric Gastroenterology Educatio-nal Article) e l’approfondimento in epatologia (Pediatric Outside Box in Hepatology and Nutrition). Troverete alcune novità costituite dal contributo degli specializzandi (Fel-low’s Corner) con un Caso Clinico che ha comportato notevole impegno assistenziale e da un focus sugli aspetti farmacocinetici e farmacodinamici di molecole (News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology) che co-munemente utilizziamo in ambito pediatrico con relativa ricaduta sul pia-no delle indicazioni e dell’utilizzo. Non poteva mancare una approfondita finestra sul mondo della gastroenterologia dell’adulto (Gastroenterology Clinical Research) con importanti e qualificati contributi. Gli spunti derivanti dalla ricerca di base e dalla selezione critica della let-teratura hanno un importante peso specifico nella formazione e nell’ag-giornamento per cui si alterneranno al fascicolo principale altre 2 rubriche come IBD Basic Research e Probiotic NEWS. La più importante novità sarà costituita dall’avvio di un FORUM on line che consentirà di discutere e chiedere chiarimenti ed approfondimenti agli autori sugli argomenti proposti e pubblicati, una sorta di PEDGI list italia-na. Nel I° numero apriremo il Forum sul caso clinico dello specializzando (l’approccio al Sanguinamento gastrointestinale basso), la discussione del protocollo sulla dispepsia funzionale proposto da Graziella Guariso e le con-siderazioni sull’utilizzo del domperidone in età pediatrica dopo avere letto la revisione di Tronconi e Barera. L’accesso al Forum è riservato a tutti i Soci Sigenp e Pediatri di famiglia iscritti al portale. Abbiamo fatto fatica a cambiare, è difficile modificare ciò a cui si è affezio-nati, ma credetemi è come quando si cambia casa: all’inizio si rimpiange quella vecchia, mancano i punti di riferimento, non si trovano le cose più comuni e magari di notte andiamo a sbattere contro il muro o di mattina, appena svegli invece di andare in bagno, finiamo in cucina. Ma poi subentra la curiosità e l’entusiasmo, tutto è più comodo e nuovo, c’è più luce, il colle-gamento internet funziona meglio e la vista dalla finestra è magnifica…

Claudio Romano

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3 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Abbiamo cambiato casa ed è stato completato il trasloco, la vista è magnifica…

Topic High light…

a cura diMariella Baldassarre

Intervista a Joseph Neu: parliamo di Enterocolite Necrotizzante del Neonato (NEC)Mariella BaldassarreU.O. di Neonatologia e T.I.N., Policlinico Universitario di Bari

Il professor Joseph Neu, MD in seguito al dottorato

in neonatologia, ha continuato le sue ricerche sullo

sviluppo dell’apparato gastrointestinale e sulla

nutrizione neonatale presso l’Università della Florida

dal 1984 come Professore associato. Nel 1987 ha effettuato

presso l’Università di Berna (Svizzera) alcune ricerche sui

meccanismi di base che regolano lo sviluppo intracellulare

della lattasi a livello dell’epitelio intestinale. Le sue ricerche

sullo sviluppo dell’apparato gastrointestinale e sulla

nutrizione sono unanimemente apprezzate dalla comunità

scientifica internazionale; i suoi interessi di ricerca più

recenti sono focalizzati sullo studio del “microbioma”,

dell’epigenetica e dei biomarkers in neonati a rischio di

Enterocolite Necrotizzante. Un altro recente progetto di

ricerca riguarda la valutazione dell’efficacia clinica di un

nuovo dipeptide sulla prevenzione della retinopatia del

prematuro e sul danno ossigeno-indotto a livello di

intestino, polmone ed encefalo.

Il professor Neu è tuttora attivamente coinvolto in attività

di didattica e di formazione in neonatologia. Dal 1986 è

Direttore del Programma di Training e Formazione in

Neonatologia dell’Università della Florida; negli ultimi tre

anni è stato membro del Consiglio dei Direttori

dell’Organizzazione per i Programmi di Training in

Neonatologia (ONTPD) e Presidente Nazionale dello stesso

Consiglio negli ultimi due anni. Fa parte del Comitato

Editoriale di 7 riviste. Come membro dell’IPOKRaTES

(International Postgraduate Organization for Knowledge

Transfer Research and Teaching Excellent Students) ha

organizzato seminari sulla gastroenterologia neonatale in

diversi paesi europei ed extraeuropei. Recentemente è

stato “visiting professor” a Singapore su invito del Ministro

della Sanità ed è stato il primo professore americano

invitato come esaminatore esterno per gli studenti di

Medicina alla Università Cinese di Hong Kong.

Ci può definire le dimensioni di tale patologia in America ed in Europa?L’Enterocolite necrotizzante (NEC) è tra le più comuni e devastanti pato-logie del neonato. I data-base riferi-ti ai più estesi network multicentrici neonatali degli Stati Uniti d’America (USA) e del Canada riportano per la NEC una prevalenza media di circa il 7% in neonati con peso alla nascita compreso tra 500 e 1500 grammi. La prevalenza in Europa sembra variare molto a seconda delle nazioni consi-derate. Nonostante la NEC sia ritenuta primariamente una malattia a carico dell’intestino, è importante sottoline-are che il processo infiammatorio, ini-ziato nell’intestino fortemente immu-noreattivo del neonato, può estendersi ad organi distali quali l’encefalo, au-mentando enormemente il rischio di sequele neurologiche e ritardo nello sviluppo psicomotorio nei neonati af-fetti da NEC. I costi sanitari della NEC sono mol-to alti. Uno studio ha evidenziato che i neonati affetti da NEC sottoposti a chirurgia avevano una permanen-za media in ospedale di 60 giorni in più rispetto al gruppo controllo, con un costo ospedaliero totale stimato di 186.200 dollari USA in più rispetto ai controlli, mentre i neonati affetti da NEC non sottoposti a chirurgia aveva-no una permanenza media di 22 gior-ni in più rispetto al gruppo controllo con un costo ospedaliero totale stima-to di 73.700 dollari USA in più.

4 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

5 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Topic High light... a cura di Mariella Baldassarre

Intervista a Joseph Neu: parliamo di Enterocolite Necrotizzante del neonato (NEC) Mariella Baldassarre

Quali sono ritenuti oggi i fat-tori più importanti nella patogene-si della NEC?

Uno dei problemi principali rima-ne ancora oggi quello di avere una diagnosi di NEC esatta. Molti la ri-tengono una patologia che colpisce in maniera primaria il neonato pre-termine, mentre la NEC può colpire anche i neonati a termine affetti da malformazioni intestinali (aganglio-nosi, atresia), da cardiopatie conge-nite o nei quali si sia verificato uno stress perinatale. Le perforazioni in-testinali spontanee (SIPs) sono state classificate come NEC nei neonati molto prematuri, ma è verosimile che rappresentino una diversa entità nosologica, con cause differenti ri-spetto a quelle che intervengono nel-la NEC. L’entità clinica che più co-munemente viene classificata come NEC nel prematuro di solito non si verifica nei primi giorni dopo la na-scita, ma ha un tempo d’insorgenza inversamente correlato all’età gesta-zionale. I neonati pretermine sono senz’altro i soggetti più predisposti allo sviluppo della NEC, e l’imma-turità del tratto gastrointestinale è ritenuto il fattore di maggior rischio. L’immaturità della motilità, dei pro-cessi digestivi ed assorbitivi, della funzione di barriera, delle difese immunitarie e della regolazione del circolo a livello intestinale sono tutti fattori che rendono il neonato più suscettibile all’insulto. È importante sottolineare che anche la ridotta se-crezione gastrica acida nei neonati che ricevono farmaci anti H

2 è stata

correlata ad una più alta incidenza di NEC La colonizzazione microbi-ca del tratto gastrointestinale è un prerequisito importante per lo svi-luppo della NEC. Studi preliminari basati su nuove tecniche di biologia molecolare iniziano a fornirci infor-mazioni sull’habitat microbico inte-stinale dei neonati prima e durante la NEC. La scoperta di nuovi agenti microbici o di “pattern” microbici necessita di essere arricchita da infor-mazioni aggiuntive che possono giun-gerci da metodiche basate sullo studio dei geni microbici o dei metaboliti da essi prodotti, per poterne comprende-

Ci può dire qualcosa sull’uso dei probiotici nei neonati pretermine?

Nell’ultima decade trials prospettici randomizzati hanno valutato gli effetti di diversi probiotici sulla prevenzione della NEC. Uno di questi studi ha ri-portato una riduzione della NEC e della mortalità ad essa correlata dopo profi-lassi con probiotici. Un altro trial ha evi-denziato una riduzione dell’incidenza di NEC dal 14% all’1% in neonati con peso alla nascita <1500 grammi. Un altro trial multicentrico italiano (in cui l’incidenza di NEC riportata è relativamente bassa, del 2.5%) non ha evidenziato significative riduzioni nel-la incidenza di NEC o nella mortalità ad essa correlata con l’uso di un singo-lo probiotico. Il più recente trial mul-ticentrico pubblicato viene da Taiwan e riporta un effetto benefico nei con-fronti della NEC derivante dall’uso del probiotico utilizzato dagli autori, ma non evidenzia nessuna riduzione della mortalità ed una più alta incidenza di sepsi tardive nei neonati che avevano assunto il probiotico. Pertanto è neces-sario acquisire maggiori informazioni, prima di poter raccomandare l’uso profilattico di routine dei probiotici nei neonati pretermine.

learningPoints¬¦ Incidenza di NEC in Usa e Canada: 7%

in neonati con peso tra 500-1500 g

¬¦ Può colpire anche neonati a termine con malformazioni intestinali, cardiopatie congenite, stress perinatale

¬¦ I danni da NEC coinvolgono organi distali rispetto all’intestino, tra cui l’encefalo (rischio sequele neurologiche)

¬¦ Fattori di rischio: immaturità del tratto GI, microhabitat microbico, somministrazione di antiH2 al neonato, somministrazione “random” di antibiotici al neonato (e forse anche alla madre subito prima del parto)

¬¦ Prevenzione della NEC: uso del latte materno. Ancora controversi, pur se promettenti, studi su probiotici, prebiotici, frazioni microbiche

re l’esatta espressione fisiologica e me-tabolica nell’ospite. Questo potrebbe aiutarci ad identificare i pazienti ad al-to rischio e, di conseguenza, ad elabo-rare strategie di prevenzione focaliz-zate, piuttosto che a trattare un’intera popolazione di neonati.

Vista l’importanza dell’habi-tat intestinale del neonato alla na-scita, qual è il ruolo della sommini-strazione di antibiotici al neonato o anche alla madre subito prima del parto?

Studi molto recenti suggeriscono che l’uso prolungato di antibiotici som-ministrati endovena al neonato (pra-tica assai diffusa nelle Unità di Tera-pia Intensiva Neonatale) è correlata ad un’aumentata incidenza di NEC. Si sa molto poco invece sul ruolo della somministrazione peripartum di antibiotici alla madre, ma anche questa pratica potrebbe rappresenta-re un ostacolo al normale processo di colonizzazione del piccolo intestino e predisporre il neonato all’insulto in-testinale. Occorreranno studi ulterio-ri per verificare questa ipotesi.

Cosa occorre fare in concreto per prevenire la NEC? Nonostante numerose ed importanti ricerche, le strategie preventive sono ri-maste evasive per diverse decadi. L’uso del latte materno è senz’altro la misura più valida e promettente per ridurre l’incidenza della NEC. Strategie di pre-venzione delineate recentemente e che sembrano promettenti sono rappre-sentate dall’uso di probiotici, prebiotici e frammenti microbici in grado di mo-dulare la risposta infiammatoria.

La celiachia potenzialeLo sforzo per far emergere i casi di celiachia ancora “sommersa” ha messo in evidenza l’enorme spettro di manifestazioni non solo cliniche ma anche istologiche con cui la malattia si può manifestare

Renata AuricchioDipartimento di Pediatria, Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti (ELFID), Università degli Studi “Federico II” di Napoli

Meta-analysis Reviews

La presenza di circa il 10% di dia-gnosi di celiachia potenziale rilevate nella maggior parte delle casistiche ha mostrato le difficoltà di gestione diagnostica e terapeutica di questa condizione.

IntRoduzIone ed obIettIvoGli attuali criteri diagnostici per la ma-lattia celiaca richiedono la dimostra-zione della presenza dell’atrofia dei villi e l’iperplasia delle cripte nella mu-cosa duodenale, in un soggetto che assume glutine, e una buona risposta clinica alla dieta senza glutine (1). È stato proposto che il danno mucosale indotto dal glutine proceda gradual-mente da una lesione puramente in-fiammatoria dell’epitelio mucosale, ad una iperplasia delle cripte, fino ad arri-vare alla caratteristica lesione dell’atro-fia dei villi (2). La dimostrazione che pazienti con la sola lesione infiam-matoria o addirittura con una mucosa duodenale completamente normale siano veramente celiaci può essere supportata dalla positività di test sie-rologici altamente specifici come gli anticorpi anti-transglutaminasi (3) ed anti-endomisio (4) e dalla tipizzazione HLA (5). Tuttavia ancora oggi manca-no studi clinici che chiariscano la storia naturale, la prognosi ed il trattamento più opportuno per questi pazienti che definiamo con “celiachia potenziale”. Questo termine è stato proposto per la prima volta nel 1993 per quei sog-getti che non hanno mai avuto una chiara atrofia dei villi, ma che tuttavia presentano anomalie immunologiche tipiche dei pazienti celiaci con atrofia, come la presenza nel siero di anticorpi anti-endomisio, un’aumentata conta di linfociti intraepiteliali (IEL), un’au-mentata densità di recettori gd dell’IEL e segni di attivazione dell’immunità mucosale (6). Questi pazienti appar-

tengono spesso a categorie a rischio di celiachia, ad esempio familiari di primo grado o soggetti con altre pa-tologie autoimmuni, come il diabete di tipo 1 o la tiroidite. Ancora oggi, è molto dibattuta la gestione diagnosti-ca, cioè quali sono gli strumenti più sofisticati che ci consentono un accu-rato orientamento verso la celiachia, e la gestione terapeutica di questi sog-getti, cioè se sia necessario o meno iniziare subito una dieta senza glutine o se è possibile lasciarli a dieta libera tenendo sotto controllo l’andamento clinico, sierologico e nutrizionale, non-ché rivalutando lo stato della mucosa digiunale a distanza di tempo. Scopo di questa revisione della lette-ratura è di rivalutare in maniera critica i lavori finora prodotti circa la gestione diagnostica e terapeutica dei pazienti con celiachia potenziale.

metodIRicerca bibliografica tramite il mo-tore di ricerca Pubmed utilizzando come parole chiavi termini Medical Subject Heading (MeSH) quali ce-liachia, celiachia potenziale, linfociti intraepiteliali, recettore gd, anticorpi anti transglutaminasi, depositi intesti-nali anti-transglutaminasi, da soli o in combinazione tra loro.

RIsultAtIVari studi hanno cercato di descrivere la storia naturale della celiachia poten-ziale. Un lavoro del 2005 (7) descrive 35 casi di celiachia potenziale (10% delle diagnosi di celiachia effettuate) in un periodo di osservazione di 8 anni. Il motivo che aveva portato al sospetto di celiachia (positività degli anticorpi anti-endomisio) in questa popolazio-ne era stato per la maggior parte dei casi la presenza di sintomi suggestivi, il 12% presentavano anche familiarità

per celiachia. Nella valutazione istolo-gica sono stati riscontrati 21 casi con mucosa digiunale normale (grado 0 di Marsh-M0) e 14 con aumentato infiltrato infiammatorio intraepiteliale (grado 1 di Marsh-M1). Otto pazienti hanno continuato una dieta contenen-te glutine dopo la biopsia, sviluppando in 6 casi un’atrofia dei villi in un lasso di tempo tra 1 e 6 anni. Collin et al (8) aveva già descritto in precedenza 25 pazienti con anticorpi IgA anti-reti-colina e/o anti-gliadina positivi e con mucosa digiunale architettonicamente normale, di cui solo due avevano un aumentato infiltrato infiammatorio, che dopo 5 anni di dieta libera ave-vano sviluppato in 7 casi una franca lesione (4 atrofie di grado severo e 3 di grado medio), con una complessiva riduzione del rapporto villi/cripte ed un incremento della quota di linfociti intraepiteliali nelle biopsie esaminate. Tuttavia, non rilevava nessuna diffe-renza dal punto di vista sintomatologi-co tra i pazienti che avevano sviluppa-to l’atrofia rispetto a quelli ancora con mucosa normale.Che la lesione intestinale sia l’effetto di un processo graduale è stato già di-mostrato, ma distinguere una lesione minima dovuta ad un’intolleranza al glutine nella fase iniziale non è sempre facile e questo può complicare la ge-stione del paziente. L’aumentata den-sità dei recettori TCR-gd espressi sui linfociti intraepiteliali potrebbe essere un primo segnale di danno da glutine nella mucosa digiunale. In uno studio italiano (9), infatti, gli autori dimostra-no che 23 bambini con positività degli anticorpi anti-endomisio ed anti-tran-sglutaminasi presentavano al momen-to della diagnosi una normale archi-tettura della mucosa digiunale con un aumentato infiltrato infiammatorio. Gli autori dimostrano inoltre che andando

a cura diErasmo Miele

6 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

a caratterizzare meglio l’infiltrato infiam-matorio, il rapporto tra linfociti intraepi-teliali esprimenti il recettore TCR-gd e il totale di linfociti CD3+ era nettamente superiore in questi soggetti rispetto ai controlli e non significativamente diffe-rente da quello dei celiaci con atrofia dei villi. Inoltre, erano presenti segnali di attivazione immunologica sia nella lamina propria che nelle cripte delle mucose analizzate. Tra i pazienti del-lo studio, quelli che hanno continuato ad assumere una dieta con glutine, in totale 8, in due casi hanno sviluppato un atrofia dei villi e in 3 hanno nega-tivizzato gli anticorpi anti-endomisio nel siero. Bisogna precisare però che la determinazione dei recettori gd ri-chiede l’utilizzo di campioni congelati e questo spesso rappresenta un limite tecnico importante. La valutazione dei linfociti intraepiteliali a livello dell’api-ce del villo (10) sembra però correlare bene con la densità del gamma delta ed essendo valutabile su sezioni di tes-suto fissate in paraffina è sicuramente una metodica più pratica. Un’altra importante acquisizione degli ultimi anni che consente di meglio de-finire gli stadi precoci del danno muco-sale da glutine è la determinazione dei depositi intestinali di anticorpi anti-transglutaminasi. Mentre, infatti, è ormai accettata l’idea che gli anticorpi

anti-endomisio ed anti-transglutamisi siano prodotti nell’intestino e che so-lo in un secondo momento vengono liberati nel siero, solo recentemente è stato dimostrato che la mucosa di-giunale dei pazienti celiaci con atrofia presentano questi depositi, a prescin-dere dalla sierologia, e che tali depositi sono glutine-dipendenti (11). Inoltre, studi di follow-up hanno dimostrato che questi depositi anti-transglutami-nasi rappresentano il miglior modo per discriminare gli stadi precoci della celiachia, essi sono infatti presenti nel 93% dei soggetti prima che sviluppi-no una franca atrofia dei villi (12). An-che questa metodica purtroppo però richiede l’utilizzo di sezioni di tessuto congelato, il che ne limita la diffusione, ma data l’altra specificità di questo test è indubbia la necessità del suo utilizzo almeno nei centri specializzati.Per quel che riguarda il trattamento, è noto che l’unica terapia efficace per la malattia celiaca è una stretta aderenza alla dieta senza glutine, tuttavia non ci sono ancora studi che dimostrino chiaramente la necessità di una dieta del genere per tutta la vita in pazienti che non presentano segni e/o sintomi di una chiara enteropatia da glutine. Uno dei primi studi che ha dimostra-to l’efficacia della dieta senza glutine in questa tipologia di pazienti è lo stu-

dio finlandese del 2001, che dimostra un miglioramento del quadro clinico, nonché una riduzione del grado di danno istologico (due pazienti con grado 2 di Marsh, cioè con iperplasia delle cripte, passano al grado 1 e 5 al grado 0) e dell’infiltrazione dei lin-fociti nell’epitelio mucosale (13). Dati simili erano già stati evidenziati dalla letteratura, infatti Cooper et al (14) hanno trattato 17 pazienti con diarrea intrattabile con la dieta senza glutine con un drammatico miglioramento ed in 9 su 10 con un lieve miglioramento anche dell’IEL. Tuttavia, essendo stato confermato l’aplotipo HLA solo in 3 di questi soggetti, gli autori concludono che non c’erano evidenze sufficien-ti per porre una diagnosi di celiachia. Inoltre, Arranz et al (15) dimostrano un miglioramento della diarrea in 5 su 8 pazienti con un pattern positivo di anticorpi correlati con la celiachia ed una simultanea riduzione delle IEL, ma non viene eseguita la tipizzazione HLA. Nello studio condotto da Picarelli e coll (16), 10 pazienti con positività degli anticorpi anti-endomisio e mu-cosa duodenale architettonicamente normale migliorano le loro condizioni a dieta senza glutine, ma solo due di loro erano DQ2 positivi, il che dimo-stra ancora una volta che probabil-mente non si trattava di celiachia.

Tab. 1 Celiachia potenziale. Livello di evidenza e grado di raccomandazione

autore e anno tipo di studio outcome numero pazienti/Follow-up Conclusioni livello

di evidenza gr

Dickey 2005 (7) Studio di coorteSviluppo di atrofia dei villi (AV)

35 (2-6 anni)Degli otto pazienti a dieta libera, 6 hanno sviluppato AV

2a b

Collin 1993 (8) Studio prospetticoSierologia (AGA, ARA) e immunoistochimica

25 (5 anni)28% dei pazienti con ARA e/o AGA IgA positivi sviluppano AV

1b A

Paparo 2005 (9) Studio di coorte Immunoistochimica 24 (6m-6 anni)

Rapporto gd/CD3+ IEL aumentato nei pazienti con celiachia potenziale(~ celiaci)

2a b

Salmi 2006 (12)Studio prospettico non randomizzato

Depositi intestinali anti-transglutaminasi (TG2)

69 (7 anni)

I depositi intestinali anti-TG2 sono i migliori predit-tori dello sviluppo di atrofia dei villi

1b b

Kaukinen 2001 (13)Studio prospettico non randomizzato

Clinico (risposta alla dieta senza glutine)

10 (1 anno)Tutti i pazienti a dieta migliorano clinica, sierolo-gia e istologia

1b A

Kurppa 2009 (17)Studio prospettico randomizzato

Sintomi, sierologia im-munoistochimica

23 (1 anno)

La dieta senza glutine migliora tutti i parametri analizzati nei pazienti trat-tati

1a A

AV: atrofia dei villi ARA: anticorpi IgA anti-reticulina AGA: anticorpi IgA anti-gliadina IEL: linfociti intraepiteliali

7 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele

La celiachia potenziale Renata Auricchio

<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<Bibliografia >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

1. Walker-Smith JA, guandalini S, Schmitz J et al. Revised criteria for diagnosis of coeliac disease. Arch Dis Child 1990;65:909-911.

2. Marsh MN. gluten, major histocompatibility complex and small intestine: a molecular and immunobiological approach to the spectrum of gluten sensitivity (coeliac sprue). gastroenterology 1992;102:330-354.

3. Troncone R, Maurano F, Rossi M et al. Ig A antibodies to tissue transglutaminase: an effective diagnostic test for coeliac disease. J Pediatr 1999;134:166-71.

4. Landiser B, Roosipal E, Pittschieler K. Endomysium antibodies in coeliac disease: an improbe method. gut 1994;35:776-8.

5. Maki M, Holm K, Lipsanen V et al. Serological markers and HLA genes among healthy first-degree relatives of patients with coeliac disease. Lancet 1991;338:1350-53.

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Key Points¬¦ Il 10% circa delle diagnosi

di celiachia sono diagnosi di celiachia potenziale

¬¦ l’apporto di nuove metodiche diagnostiche sofisticate (conta dei recettori TCr-gd, depositi intestinali per anticorpi anti-transglutaminasi, rischio genetico) consentirà di meglio definire probabilmente la quota di pazienti con celiachia potenziale che evolveranno verso una franca enteropatia da glutine con sviluppo dell’atrofia dei villi

¬¦ Sono necessari altri studi prospettici randomizzati che definiscano l’effettiva necessità della dieta senza glutine nei pazienti con celiachia potenziale asintomatici

Quindi la dimostrazione che l’effettiva buona risposta alla dieta senza glutine sia dovuta ad una glutine dipendenza dei sintomi o della lesione intestinale deve essere quantomeno supportata dalla sierologia e dall’analisi genetica.Un recente studio randomizzato con-trollato ha confrontato la risposta clinica e istologica di una popolazione di celiaci potenziali messi o meno a dieta sen-za glutine per un anno. Dei 70 pazienti adulti arruolati, 23 non presentavano i criteri minimi per la diagnosi di celiachia classica, cioè erano positivi per gli anti-corpi anti-endomisio, ma non presenta-vano atrofia dei villi nella mucosa digiu-nale. Di questi pazienti, dieci sono stati lasciati in maniera random a dieta con glutine per un anno e 13 invece hanno avuto una dieta senza glutine. Al termine del follow-up, è stato os-servato una riduzione del rapporto villi/cripte nel gruppo che assumeva glutine, con un persistente aumento dell’infiltrato infiammatorio ed un in-variato titolo degli anticorpi, mentre nel gruppo dei soggetti trattati è stata documentato un miglioramento sia dei parametri istologici che della sin-tomatologia clinica (17). Bisogna, tut-tavia, sottolineare che in questo stu-dio sono stati inclusi tra i pazienti con

celiachia potenziale anche soggetti con iperplasia delle cripte (M2) e che tutti presentavano sintomi suggestivi di malattia celiaca.

ConClusIonI e pRospettIve peR Il futuRoI recenti sforzi fatti per identificare i gruppi a rischio di celiachia e l’im-portanza di una diagnosi precoce per poter iniziare quanto prima una dieta senza glutine che limiti i danni della malattia, ha fatto sì che nuove stra-tegie di screening venissero adotta-te. D’altra parte però questa massiva ricerca della celiachia sommersa ha messo in evidenza l’enorme spettro di manifestazioni non solo cliniche ma anche istologiche con cui la malattia si può manifestare. La presenza di circa il 10% di diagnosi di celiachia potenziale rilevate nella maggior parte delle casi-stiche e la non sempre facile gestio-ne diagnostica e terapeutica di questa condizione, richiede ancora oggi studi prospettici che chiariscano la vera sto-ria naturale di questa forma di celiachia senza segni di enteropatia e la messa a punto di nuovi strumenti diagnostici che siano in grado di predire l’evolu-zione verso la lesione atrofica di alcuni di questi pazienti.

8 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele

La celiachia potenziale Renata Auricchio

Pediatric Hepatology Outside Box

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi cliniciriproponiamo a distanza di un anno il tema dell’ipertensione portale in età pediatrica, attraverso l’analisi e la discussione di alcuni casi clinici rappresentativi delle modalità di presentazione e di gestione attuali di questa patologiavalerio nobili1, Andrea pietrobattista1, manila Candusso1, fabrizio Gennari2, lidia monti4, Arianna bertocchini2, paola de Angelis3, luigi dall’oglio3, Jean de ville de Goyet2 e Giuliano torre1

1USC di Epatogastroenterologia, 2USC di Chirurgia Epato-Bilio-Pancreatica e Trapianto Fegato, 3USC di Chirurgia ed Endoscopia Digestiva, 4USC di Radiologia - Dip. di Chirurgia e Centro Trapianti, Ospedale Pediatrico Bambino gesù di Roma

I casi presentati sono diversi uno dall’altro per patogenesi e/o per le modalità di gestione che ne hanno caratterizzato il decorso. La tratta-zione è orientata in senso pratico ad illustrare e definire le possibilità terapeutiche oggi a disposizione per le singole situazioni (strumenti, tempistica, ecc). Non affronta di proposito nello specifico il ruolo del trapianto (che corregge simultaneamente l’ipertensione portale e la malattia epatica), già ampiamente disponibile in letteratura, se non per comparazione con le altre soluzioni possibili. Sono preceduti da un richiamo alla classificazione dell’ipertensione portale già pubblicata sul SIGENP News nel 2009 (1).L’ipertensione portale (IP) è una condizione emodinamica definita dall’elevazione della pressione portale oltre i 6-8 mmHg ed è una delle maggiori cause di morbilità e mortalità in bambini con epato-patia. Alla base dell’IP in genere risulta esserci la combinazione di un aumento del flusso e/o un aumento delle resistenze a carico del si-stema portale. I segni e i sintomi correlati sono il risultato della de-compressione di questa pressione venosa sovra-fisiologica attraverso vie collaterali porto sistemiche. Le cause molteplici dell’ipertensione portale derivano dall’ostruzione del flusso ematico portale in un qua-lunque punto lungo il decorso del sistema portale. L’IP può verificarsi come risultato di un’ostruzione preepatica, intrae-patica o postepatica al flusso del sangue portale. Quale che sia la sede dell’ostruzione, l’ostacolo al deflusso di sangue portale nel sistema cavale comporta un’alterazione emodinamica le cui conseguenze sono diretta-mente correlate alle manifestazioni cliniche dell’ipertensione portale.

a cura diFrancesco Cirillo

9 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

1. tRAnsJuGulAR IntRAhepAtIC poRto-systemIC shunt (tIpss) In fIbRosI CIstICA

2. dIAGnosI pReCoCe dI CAveRnomA AsIntomAtICo. shunt meso-Rex pRofIlAttICo

3. shunt meso-Rex In tRombosI poRtAle post-tRApIAnto

4. IpeRtensIone poRtAle sIntomAtICA. Rex non peRvIo. shunt spleno-RenAle Con spleneCtomIA

5. sInusoIdAl obstRuCtIon syndRome (sos)

Elenco dei Casi Clinici

10 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

Paziente di 19 anni di età attuale; dia-gnosi di fibrosi cistica (omozigosi Del-taF506) su ileo da meconio neonata-le, sottoposto ad intervento chirurgico con allestimento di ileostomia tipo Bi-shop Koop, rimasta in sede nonostan-te la ricanalizzazione intestinale. Dal punto di vista respiratorio, il paziente non ha mai presentato infezioni, c’è una colonizzazione da Stafilococco aureo, FEV1 > 70% dell’atteso per età ed altezza, stabile nel tempo. All’età di 12 anni circa, compaiono segni riferibili ad ipersplenismo ed ipertensione portale, da danno epati-co secondario alla fibrosi cistica (evi-denti disomogeneità all’ecografia, con aspetto nodulare; splenomega-lia massiva, varici esofagee, gastro-patia congestizia). Il paziente viene sottoposto a numerose endoscopie con legatura profilattica di varici in assenza di sanguinamento, fino alla bonifica esofagea, pur in presenza costante di gastropatia congestizia. La funzione epatica permane nella norma, ma si aggravano nel tempo i segni dell’ipertensione portale, carat-terizzati da neutropenia e piastrinope-nia con progressivo incremento della congestione vascolare a carico della stomia addominale. Questa diviene nel tempo una fistola-enterocutanea, persistentemente secernente e pro-lassata, a volte sanguinante, con fa-stidio soggettivo e compromissione della qualità della vita (anche dopo un tentativo chirurgico di chiusura della fistola all’età di 16 anni, non riuscito per l’impossibilità in corso d’intervento di controllare il sangui-namento legato alla congestione vascolare viscerale). Compariva nel frattempo diabete, legato alla malat-tia di base, e trattato con insulina, con buon controllo.All’età di 18 anni, il ragazzo giunge alla nostra osservazione, a seguito di un episodio di enterorragia mas-siva, con emissione di abbondante

quantità di sangue dalla fistola ente-ro-cutanea e dal retto, senza dimo-strazione all’endoscopia digestiva, prontamente eseguita, della sede del sanguinamento, non attribuibile a rottura di varici esofagee né ad emor-ragia gastrica. La funzione epatica in quel momento era caratterizzata dalla normalità della sintesi proteica, della citolisi e dell’ammoniemia, con segni di ipersplenismo (GB 500/mmc, piastrine 50.000/mmc), e mil-za obiettivamente palpabile in fossa iliaca sinistra.Dal punto di vista ecografico, il fega-to appariva di dimensioni ridotte, ad ecostruttura disomogenea mentre era profondamente alterata la va-scolarizzazione, con flusso portale ridotto, poco fasico, ispessimento del piccolo omento, ipertrofia dell’arteria epatica ed ectasia dell’arteria spleni-ca, con milza di 25 cm.Sulla base di un quadro di iperten-sione portale intraepatica da cirrosi ma con funzione conservata, per l’episodio di sanguinamento digesti-vo massivo a partenza da sede non esplorabile, si decideva l’inserimento di TIPSS (Transjugular Intrahepatic Portosystemic -Shunt). L’intervento veniva eseguito, con approccio attra-verso la giugulare alla vena sovraepa-tica destra fino al ramo intraepatico sinistro della vena porta all’ilo, con stent ricoperto in politetrafluoroetile-ne (VIATOOR 10x7). Nell’immediato post-operatorio il pa-ziente ha presentato un incremento dell’ammoniemia, anche a seguito dell’aumento dell’appetito e dell’in-troito alimentare per il benessere ge-nerale conseguente alla TIPSS, che viene controllato con adeguamento dell’estratto pancreatico, lattulosio, decontaminazione intestinale). Ot-timo il funzionamento della TIPSS all’eco-color-Doppler di controllo pre dimissione. Concomitava anche occlusione in-

testinale come equivalente meco-niale, da inadeguata assunzione di estratto pancreatico rispetto all’in-troito alimentare, da subito netta-mente aumentato per il benessere soggettivo conseguente alla risolu-zione dell’ipertensione portale. Ot-timo il funzionamento della TIPSS all’eco-color-Doppler di controllo predimissione.Il decorso successivo (a 30 giorni dalla TIPSS, a ragazzo già dimesso) veniva complicato dalla rottura ve-rosimilmente traumatica dell’arte-ria pancreatico-duodenale, trattata inizialmente con embolizzazioni e successivamente (per la persisten-za dell’emorragia) con approccio chirurgico (splenectomia e rese-zione pancreatica parziale), con risoluzione definitiva del quadro emorragico. Nell’occasione veni-va notata dal chirurgo la risoluzione della congestione del circolo portale splancnico, a riprova del corretto fun-zionamento della TIPSS.Superato l’intervento chirurgico, le condizioni del paziente sono nel cor-so dei mesi successivi progressiva-mente e stabilmente migliorate, con recupero ponderale di circa 10 kg, ri-soluzione spontanea e completa della fistola enterocutanea, persistenza di funzione epatica normale con episo-di di iperammoniemia risolti e gestiti dalla terapia con lattulosio e decon-taminazione intestinale. Permane la soddisfacente funzione respiratoria, con controllo del diabete nonostante la resezione pancreatica parziale. Il caso descritto, che si riferisce ad un adolescente affetto da Fibrosi Ci-stica ad andamento particolarmente favorevole sul versante respiratorio, rappresenta un evento non comu-ne nel panorama dell’ipertensione portale pediatrica. Racchiude però in sè diverse possibili considerazioni e quesiti, concettualmente estendibili alla problematica in generale.

tRAnsJuGulAR IntRAhepAtIC poRto-systemIC shunt (tIpss) In fIbRosI CIstICA

video 2Caso 1

11 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

video 2

La TIPSS è entrata nel bagaglio attua-le del trattamento dell’ipertensione portale in pediatria al pari dell’endo-scopia digestiva operativa. Presenta precise indicazioni e controindicazio-ni (2), ma è assolutamente realizza-bile con il limite della dimensione dei device per i bambini più piccoli (in caso di necessità si possono comun-que adattare altri dispositivi intrava-scolari).

Va comunque ricordato che nelle situazioni di cirrosi di più frequente gestione, l’ipertensione portale in-traepatica è associata ad una com-promissione severa della funzione di fegato (cirrosi post-epatitica o da malattia metabolica, cirrosi biliare dopo portoenterostomia in atresia delle VB, cirrosi biliare nelle colestasi progressive familiari, ecc). In queste situazioni l’ipertensione portale non può essere affrontata in modo isolato (eradicazione delle varici, TIPSS) co-me nel caso descritto, se non come approccio temporaneo in attesa del trattamento definitivo, che rimane il trapianto di fegato.

È trapianto o derivazione portale: quella descritta è una situazione di ipertensione portale intraepatica da malattia primitiva del fegato (in questo caso legata alla FC), senza disordine vascolare primitivo, con pro-gressivo peggioramento nel tempo: splenomegalia, leuco-piastrinopenia, congestione gastrica e della fistola enterocutanea fino all’episodio severo di sanguinamento (non da varici esofagee). Tale decorso clinico non è dissimile da altre situazioni di cirrosi, se non per la mantenuta funzione di sintesi proteica. Questa particolarità ha suggerito di preferire un approccio derivativo piuttosto che un intervento più impegnativo come il trapianto di fegato in prima battuta, che viene comunque lasciato aperto tra le possibi-lità di intervento, qualora ci fosse successivamente una progressione ver-so l’insufficienza epatica. La scelta di ricorrere alla TIPSS piuttosto che ad un intervento derivativo classico (anastomosi spleno-renale, mesenterico-cava) è oggi da considerare e da attuare in tutte le situazioni di epatopatia cronica senza compromissione della funzione che si manifestino princi-palmente o esclusivamente con sintomi da ipertensione portale (accanto alla FC un’altra malattia analoga è la fibrosi epatica congenita) (2,3).

È Una seconda considerazione (valida anche per le altre forme di iper-tensione portale) riguarda la sede del sanguinamento, che nel caso in oggetto ha coinvolto settori dell’apparato digerente diversi da quelli classici (esofago, stomaco). Nel caso presentato l’emorragia si è verificata a livello intestinale, a conferma della congestione vascolare a livello mesenterico. Questi episodi –se severi- sono particolarmente a rischio perché non possono essere risolti da scleroterapia o legatura delle varici, come accade nelle sedi esofagea e ga-strica. In aggiunta, la detensione del sistema portale dopo TIPSS ha risolto la congestione prima sempre presente a livello della fistola enterocutanea, fino a chiusura spontanea senza intervento chirurgico, dopo 19 anni dalla sua crea-zione in epoca neonatale.

È L’ultima considerazione riguarda il miglioramento delle condizioni ge-nerali, nutrizionali ed auxologiche a seguito della detensione del circolo portale (in questo caso con TIPSS): ciò è vero in ogni situazione, ma probabilmente ancora più importante per il paziente affetto da FC che richiede una superficie di assorbimento intestinale ottimale, prima compromessa dalla stasi venosa cronica da ipertensione portale. Nella situazione descritta, il controllo farma-cologico e dietetico appare ottimale, ma l’attenzione deve essere sempre alta (controlli periodici dell’ammoniemia e valutazione clinica del comportamento e delle prestazioni).

Caso 1 Segue

dIAGnosI pReCoCe dI CAveRnomA AsIntomAtICo. shunt meso-Rex pRofIlAttICo

Bambino di 10 mesi in assoluto be-nessere con diagnosi occasionale eco-grafica di cavernoma portale idiopatico e splenomegalia (10 cm); all’EGDS varici esofagee F2 con segni rossi e lie-ve gastrite da iperafflusso; normale as-setto coagulativo, negative le indagini per trombofilia e lieve trombocitopenia (156.000 piastrine).Viene valutato come possibile can-didato allo shunt meso-Rex: alla por-tografia indiretta retrograda (figura 1) si evidenzia pervietà del sistema porta-le intraepatico e del recesso di Rex, dopo che alla angio-RM era già stata documentata trasformazione caver-nomatosa della vena porta extrae-patica associata a pervietà dei rami portali intraepatici, della confluenza spleno-mesenterica e della vena splenica.

video 2

È anche se il bambino era asintomatico, era presente una condizione di ipertensione portale ben documentata dalla presen-za di varici esofagee a rischio di sanguinamento (F2 con segni rossi), di gastropatia congestizia e di splenomegalia significativa per l’età (10 cm). Il rischio emorragico prevede in questi casi un programma di profilassi, di cui fanno parte controlli endoscopici seriati (anche con legatura preventiva delle varici, anche se a rischio), per il quale risulta a priori impossibile determinare durata e efficacia nel tempo. I rischi di tale programma (sia della manovra che della necessaria sedazione profonda con intubazione) sono accettabili e soprattutto non vi era fino a pochi anni fa un’alternativa terapeutica. La recente possibilità di realizzare uno shunt “fisiologico” che ripristini una circolazione portale intraepatica è senza dubbio una possibilità da considerare.

È è ormai dimostrata non più valida l’ipotesi di un miglioramento spontaneo dell’ipertensione portale con la crescita (4) e quindi è probabile che la necessità di uno shunt venga rinviata nella tempistica, ma non evitata.

È Le attuali conoscenze dimostrano che i risultati dello shunt meso-Rex sono migliori rispetto a quanto ottenibile con lo shunt classico, in termini di accrescimento staturo-ponderale e funzione coagulativa (5). Inoltre, si è dimostrato una minor incidenza di iperplasie nodulari e di adenomi nel tempo dopo shunt meso-Rex osservati invece nel 15% dei bambini sottoposti a derivazioni porto-sistemiche “classiche” (6).

È è pertanto opportuno che in tutte le condizioni di ipertensione portale da cavernoma venga valutata la pervietà del recesso di Rex; se presente, l’indicazione a confezionare lo shunt va considerata indipendentemente dalla presenza di sintomi ed a qualunque età, anche nel primo anno di vita. È La storia naturale della malattia, le possibili scelte terapeutiche e la necessità di controlli periodici vengono presentate e discusse con la fami-glia dei pazienti. La proposta di un intervento preventivo, quale lo shunt meso-Rex, generalmente viene accettata come strategia più opportuna.

12 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

In relazione ai dati clinici di importan-te ipertensione portale, già presenti ad un’età relativamente precoce, si decideva di sottoporre il bambino a Shunt meso-Rex profilattico (figura 2) all’età di 18 mesi, intervento avvenu-to senza complicanze e con ripristino di flusso ottimale attraverso lo shunt (30-40 cm/sec ai controlli eco-Dop-pler) (figura 3).

Fig. 1 Portografia indiretta retrograda: albero por-tale intraepatico pervio, Rex visibile

Fig. 2 Dettaglio intraoperatorio di shunt mesenterico-portale: versante epatico

A distanza di 17 mesi dall’interven-to, il bambino è in ottime condizioni generali, con regolare accrescimen-to staturo-ponderale. Il flusso nello shunt mantiene una velocità adegua-ta di 40 cm/sec con completa risolu-zione del quadro ipertensivo: milza non apprezzabile obiettivamente, diametro di 8 cm all’ecografia; nor-malizzazione del numero delle pia-strine (459.000/mmc).Il caso descritto di cavernoma portale (ipertensione portale pre-epatica) è anch’esso non comune nella prati-ca clinica ed anche nella letteratura: per l’età alla quale è stato eseguito l’intervento chirurgico derivativo (18 mesi) e per essere intervenuti in una condizione di asintomaticità. Si devo-no però prendere in considerazione alcuni elementi che possono essere motivo di riflessione generale.

Fig. 3 Immagine ecocolordoppler in visione sagittale di uno shunt meso-Rex. Si noti il flusso evidente di circa 50 cm/sec rilevato al livello dello shunt (1). Evidente il ramo sinistro della vena porta (2) con flusso invertito

video 2Caso 2

13 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

Paziente di 10 anni di età. Diagno-si di atresia delle vie biliari extra-epatiche sottoposta ad intervento di porto-enteroanastomosi all’età di 2 mesi, senza ripresa di un flusso biliare efficace. Trapianto di fegato a 9 mesi (tecnica split, II e III segmen-to) senza problemi di rilievo. Suc-cessiva evidenza di splenomegalia asintomatica .A distanza di 5 anni dal trapianto, diagnosi di linfoma non Hodgkin EBV-correlato, esordito con mas-sa linfonodale endoaddominale e trattato secondo protocollo AIEOP modificato, con impiego di Rituxi-mab e sospensione della terapia immunosoppressiva, fino a remis-sione completa che si è mantenu-ta nel tempo, anche dopo ripresa dell’immunosoppressione, livelli di Tacrolimus mantenuti vicini al limi-te minimo (3 ng/ml). Durante e dopo la conclusione del-la chemioterapia, appare sempre più evidente la splenomegalia, as-sociata ad un quadro di gastropatia congestizia alla EGDS, eseguita a distanza di circa 5 anni dal trapianto e di 6 mesi dalla sospensione della chemioterapia. Risultava evidente alla valutazione ecografica la tra-sformazione cavernomatosa della vena porta.Dopo un periodo di relativo be-nessere di circa 1 anno, la bambi-na presenta almeno 4 successivi episodi di sanguinamento dige-stivo importante, con necessità di emotrasfusione. Viene sottoposta a numerose indagini (gastro e colon-scopia, video capsula) senza iden-tificazione della sede di sanguina-mento, anche quando eseguite in corso di acuzie. La TAC addominale eseguita nella ipotesi di un trattamento endova-scolare, confermava la trasformazio-ne cavernomatosa della vena porta all’ilo, con pervietà dei rami intrae-patici, mancata visualizzazione della

porzione extraepatica e pervietà del compartimento vascolare spleno-porto-mesenterico.La bambina giunge alla nostra os-servazione per una rivalutazione complessiva all’età di 9 anni, in buone condizioni, ma con recente episodio di sanguinamento e pre-senza di splenomegalia (15.5 cm all’ecografia) con ipersplenismo (GB 3500, piastrine 50.000/mmc); la funzione del graft era nella nor-ma con quadro istologico epatico privo di alterazioni significative. Le indagini effettuate (TAC, RM, porto-grafia) permettevano di evidenziare il recesso di Rex pervio.

video 2Caso 3

È tra le complicanze del trapianto di fegato la trombosi della vena porta occupa ancora un ruolo significativo (10-15%). La forma acuta è in genere affrontabile e risolvibile con metodica di radiologia interventistica o chirurgicamente con la riconfezione dell’anastomosi; la forma a comparsa più tardiva viene riconosciuta al follow up ecografico o per incremento oggettivo della splenomegalia e della circonferenza addominale, come anche per i segni dell’ipersplenismo o per manife-stazioni emorragiche. Ciò rappresenta un rischio significativo di funzione del graft, che può condizionare l’andamento complessivo del trapianto e la qualità di vita del bambino. In genere la trombosi portale viene affrontata con il trattamento delle sue complicanze (legatura, sclerosi delle varici) e profilassi farmacologica del rischio emorragico. A volte però la soluzione chirurgica di derivazione si impone, anche per non compromettere definitivamente il graft e costringere ad un ritrapianto (con l’aumentato rischio del ritrapianto in sé aggravato dalla presenza dell’ipertensione portale).

È è utile pertanto conoscere che anche in questa situazione del tutto particolare è ipotizzabile (e se possibile perseguibile) la realizzazione di uno “shunt fisiologico”, analogamente a quanto già descritto nei cavernomi portali primitivi quando le condizioni anatomiche lo consentano (ad onor del vero, lo shunt mesenterico-Rex è nato proprio per correggere una situa-zione di trombosi post-trapianto) (7).

È La bambina riportata nel caso clinico, la cui storia precedente era già stata gravata da un decorso pre e post-trapianto complicato, ne ha ricevuto un giovamento molto significativo e mantenuto nel tempo: arresto delle emorragie digestive, riduzione di volume della milza, normalizzazione del quadro ematologico.

In considerazione della ricorrenza di episodi di sanguinamento digestivo e della presumibile evolutività del qua-dro di IP, in assenza di danni cronici sul graft, veniva proposto ed eseguito intervento di meso-Rex a distanza di 9 anni dal trapianto, senza particolari problemi intra-operatori nè successi-vamente. Clinicamente la bambina ha presentato recupero progressivo delle condizioni, con persistenza di shunt normovascolarizzato. Le dimensioni della milza sono in lenta riduzione, attualmente pari a 10 cm, con diminu-zione di circa 5 cm, e quasi completa normalizzazione del quadro ematolo-gico a distanza di 5 mesi dall’intervento (GB 4.250/mmc, piastrine 125.000/mmc). Il graft continua ad essere nor-malmente funzionante. Il caso descrit-to, anch’esso non comune, è comun-que motivo di riflessione e presenta i seguenti spunti di discussione.

shunt meso-Rex In tRombosI poRtAle post-tRApIAnto

Asking Questions in Immunologia, Microbiologia e Genetica

Cateterismo ombelicale alla nascita. All’età di 8 anni diagnosi di cavernoma portale in seguito a reperto di splenomegalia, pan-citopenia e ritardo di crescita (peso <10° centile, altezza <5°), senza mai episodi di sanguinamento gastroenterico. Sottopo-sto a stretta sorveglianza endoscopica ed a programma di legatura delle varici esofa-gee fino al raggiungimento della completa eradicazione dopo 3 anni di trattamento, giunge alla nostra osservazione.Lo studio di imaging, eseguito mediante eco-Doppler portale, portografia indiretta retrograda, angio-TC ed angio-RM, ha di-

mostrato l’assenza dei pre-supposti anatomici necessa-ri al confezionamento di un bypass mesenterico-Rex (fi-

gura 1). Tuttavia le condizioni cliniche e laboratoristiche del bambino testimoniava-no un quadro progressivo di ipertensione portale: piastri-nopenia e leucopenia ingra-vascenti, milza palpabile a 13 cm dall’arcata costale ed oltre la linea mediana e trat-tamento continuativo con ß-bloccanti.

video 2

IpeRtensIone poRtAle sIntomAtICA. Rex non peRvIo. shunt spleno-RenAle Con spleneCtomIA

È Il caso descritto rappresenta nella sua storia l’andamento classico dell’ipertensione portale pre-epatica da cavernoma: cateterismo ombelicale alla nascita, lunga storia di con-trolli ed indagini dopo riscontro di splenomegalia e leuco-piastrinopenia, frequente ritardo di crescita. Tutto questo iter (che talora comprende anche un puntato midollare) può essere evitato dall’inizio con un corretto studio di imaging ecografico e doppler, che documenti la presenza del cavernoma. Dal momento della diagnosi, il programma prevede la profilassi ed il trattamento del rischio emorragico (serie di endoscopie con legatura delle varici fino ad eradicazione che va controllata e mantenuta nel tempo). Contemporaneamente va valutata la pervietà del recesso di Rex per l’eventuale proposta di correzione chirurgica “fisiologica” dell’ostacolo trombotico. Nel caso descritto tale ipotesi di intervento non è stata possibile.

È In queste situazioni la decisione di ricorrere ad uno shunt porto-sistemico “clas-sico” dipende dal difficile o impossibile controllo degli episodi emorragici, soprattutto se avvengono a livello intestinale dove non è possibile un trattamento endoscopico (non è stato questo l’iter del caso in discussione); inoltre può dipendere anche dal disturbo derivante dall’ingombro addominale (splenomegalia massiva) e dall’entità del sequestro leucocitario e piastrinico (queste ultime sono state le indicazioni per il bam-bino in oggetto).

È Il confezionamento di uno shunt spleno-renale è, nei casi di non pervietà del recesso di Rex, un’alternativa valida per garantire una decompressione dell’ipertensione con controllo del rischio di sanguinamento, e associato a splenectomia, permette di correggere l’ipersplenismo e le limitazioni derivanti dall’ingombro della milza. Ovvia-mente nella decisione di procedere con tale indicazione va considerata la possibile insorgenza di complicanze a lungo termine di un derivazione porto sistemica totale (encefalopatia, sindrome epato-polmonare).

Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

Tab. 2

SINTomI PrINCIPAlI IN PEdIATrIA

- ascite

- emorragia digestiva

- splenomegalia

- encefalopatia portocavale

- sindrome epatopolmonare

- reticolo venoso superficie addominale

- caput medusae ombelicale ed emorroidi

Tab. 1

ClASSIFICAzIoNE IN bASE AllA SEdE dEll’oSTrUzIoNE

Ipertensione portale pre-epaticaTrombosi con trasformazione cavernomatosa della vena porta- “Idiopatica”- Acquisita da: onfaliti, cateterismo della vena ombelicale, colangiti, pancreatiti, sepsi intra-addominali, ipercoagulabilità, tumori, traumi, interventi chirurgici, disidratazione. Ipertensione portale da iperaflusso:- Fistole artero-portali congenite o acquisite (post trauma, biopsia o chirurgia) - Splenomegalie sistemiche o post-infettive (malaria)Compressioni estrinseche senza trombosi (tumore del pancreas, fegato e porta hepatis, pancreatiti croniche).

Ipertensione portale intra-epaticaPre-sinusoidale: epatite acuta, fibrosi epatica congenita, schistosomiasi, infiltrazione neoplastica, idiopatica.Sinusoidale: epatite cronica, cirrosi (da AVB, m. Wilson, deficit di α-1-antitripsina, glicogenosi tipo IV, fibrosi cistica, familiare, criptogenetica), epatotossicità da farmaci, NPT.Post-sinusoidale: malattia veno-occlusiva (colpisce le piccole radici intra-epatiche delle vene sovra-epatiche a partenza dalle vene centro-lobulari), GVHD, intossicazione da alcaloidi, radiazioni ionizzanti.

Ipertensione portale post-epaticaSindrome di Budd-Chiari ostruzione tra le vene sovraepatiche efferenti o lo sbocco della vena cava inferiore e l’atrio destro causata da una trombosi (infezioni, neoplasie, coagulopatie, traumi) o da una compressione diretta per conto di una neoplasia epatica.

Sulla base di questi dati, della storia precedente e del note-

Fig. 1 Portografia indiretta retrograda: albero por-tale intraepatico irregolare, rami sottili, recesso di Rex non visualizzabile, compartimento destro e si-nistro non comunicanti

vole disagio dovuto all’ingombro addominale con compromissione della qualità di vita, all’età di 13 anni, si è posta indicazione a trattamento di derivazione porto-sistemica. Previa vacci-noprofilassi contro i batteri capsulati (Pneu-mococco, Meningococco ed Haemophylus Influenzae), il bambino è stato sottoposto ad intervento chirurgico di Shunt splenorenale con splenectomia. Clinicamente si è ottenuta la normalizzazione dell’assetto ematologico (470 X 103 piastrine, 8.2 x 103 leucociti) e il netto miglioramento della qualità di vita.

video 2Caso 4

15 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo

Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

prime 3 settimane poi gradualmente ridotta nella quarta settimana.Il decorso successivo è stato favorevo-le con scomparsa della febbre dopo 7 giorni e completa normalizzazione dei sintomi correlati alla VOD (epatome-galia, ascite, alterazione delle transa-minasi) in 3 settimane. È stata quindi possibile la ripresa del trattamento chemioterapico.La VOD o - più correntemente- sindro-me da ostruzione sinusoidale (SOS) - è un evento possibile e ben noto nella fase di induzione con chemioterapici del trapianto di cellule ematopoietiche (in particolare Ciclofosfamide in asso-ciazione con altri agenti) (8); è stata altresì descritta anche in corso di trat-tamenti chemioterapici protocollari di

Paziente di 3 anni e 6 mesi ricoverato per una tumefazione del cuoio capel-luto, presente da circa 2 mesi, in pro-gressivo aumento di dimensioni.L’esame obiettivo evidenziava un no-dulo sottocutaneo di 3 cm di diametro in regione parietale destra, modica-mente rilevato e di consistenza ela-stica, con cute sovrastante iperemica ma non dolente alla digitopressione.L’imaging ecografico e RM conferma-va la formazione espansiva a densità marcatamente disomogenea a cari-co dei tessuti molli sottocutanei, con risparmio del tavolato osseo. La dia-gnosi istologica (da biopsia della le-sione ed osteomidollare) era di linfo-ma non-Hogkin (linfoma linfoblastico a precursori B sec. WHO). Avviata chemioterapia di induzione (Methotrexate, Vincristina, Dauno-blastina) senza segni di tossicità acuta. Tuttavia alla fine della fase I d’induzione comparivano febbre, epatomegalia con ascite e aumento ponderale. Le ricerche colturali non trovavano spiegazione della febbre mentre le indagini laboratoristiche rivelavano una alterazione in toto della funzione epatica con livelli ele-vati di citolisi (ALT: 3762 IU/l, AST 3765 UI/l), aumento della bilirubina (4.22 mg/dl) e del Ggt (1306 U/l). I test di coagulazione mostravano un allungamento del PT-INR (1.78) con concomitante riduzione dei li-velli di fibrinogeno 94 mg/dl. Lo studio eco-doppler del fegato se-gnalava una marcata epatomegalia, con diametro ridotto delle dirama-zioni portali intraepatiche, flusso portale ancora epatopeto ma forte-mente ridotto. In base ai dati raccolti, la diagnosi di malattia veno-occlusiva del fegato ve-niva considerata altamente probabile e veniva avviato trattamento con Defi-brotide, n-acetilcisteina, UDCA ed epa-rina a basso peso molecolare, associati a restrizione idrica e diuretico. La te-rapia con Defibrotide è stata protratta per un mese, associata a profilassi con eparina ed amministrata dapprima al-la dose di 35/mg/die in 4 dosi per le

altre forme neoplastiche (tumori solidi, linfomi, ecc), in genere associati a tera-pia radiante (9). L’incidenza comples-siva raggiunge il 40% nei trattamenti di induzione più intensivi, con una mortalità riportata tra il 15 ed il 20%. Il meccanismo è quello di un danno va-scolare/endoteliale diretto del farmaco associato o meno alla radioterapia. L’ostruzione al deflusso ematico epati-co attraverso le vene sovra epatiche si manifesta con epatomegalia dolorosa, aumento di peso, ascite, ittero; l’eleva-zione delle transaminasi in genere è modesta e legata al danno ischemico (a differenza di quanto emerso nel ca-so presentato, dove l’elevazione è sta-ta molto significativa).

video 2Caso 5

sInusoIdAl obstRuCtIon syndRome (sos)

È Nel caso in oggetto, la diagnosi è stata stabilita per la presenza dei criteri clinici classici e per il quadro ecografico e doppler di conferma. In caso di dubbio (come può succedere nelle situazioni neoplastiche in trattamento o dopo trapianto: sepsi, ostruzione della via biliare, danno epatocellulare diretto da farmaci, GVHD), la conferma diagnostica viene dalla misurazione diretta della pressione portale per via transgiugulare e dall’esecuzione contemporanea di biopsia epatica attraverso la stessa via.

È Il trattamento messo in atto ha compreso UDCA, N-acetil-cisteina, eparina a basso peso molecolare e defibrotide. A ciò è stata associata un’at-tenta gestione del bilancio idrico, fino a risoluzione della fase acuta e ripresa delle condizioni generali. La maggiore evidenza di efficacia nella SOS esiste per il Defibrotide (anche in studi riferiti a popolazione pediatrica), sia in regime di profilassi che di trattamento (10); la molecola è un polideossiribonucleotide derivato dalla mucosa intestinale del maiale con azione protettiva sull’endotelio, aumenta il rilascio endoteliale di NO e riduce il rilascio di inibitore dell’attivatore del plasminogeno-PAI1- suggerito come primum movens del danno vascolare. Bisogna pertanto ritenere che l’insieme della strategia terapeutica sia stata vin-cente nel caso in oggetto.

È L’interesse che deriva dal caso in esame è di porre l’attenzione su una causa di ipertensione portale intraepatica post-sinusoidale in un contesto ben riconoscibile e prevedibile, per il quale è bene che l’ematologo del trapianto e l’epatologo conoscano le indicazioni e le controindicazioni dei possibili in-terventi terapeutici e forse anche profilattici. Ad esempio, in questi casi è con-troindicato l’impiego della TIPSS, in quanto riduce l’ascite ma non modifica il decorso della malattia. Anche il ricorso al trapianto di fegato, per le forme che non rispondono al trattamento medico, è da considerare solo nel caso di SOS conseguente a trapianto di cellule ematopoietiche per malattie non neoplasti-che (ad es. malattie metaboliche).

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ConsIdeRAzIonI ConClusIve

È esistono situazioni di ipertensione portale intraepatica secondarie a fibrosi severa in evoluzione cirrogena o a cirrosi già stabilita che mantengono anche a lungo una funzione conservata (ad es. fibrosi cistica, fibrosi epatica conge-nita, atresia biliare a distanza dall’intervento di portoenteroanastomosi, ecc). Le principali manifestazioni cliniche sono quelle dell’ipertensione portale: emorragia digestiva, splenomegalia con ipersplenismo, “ingombro addominale”;

È il sanguinamento digestivo può avvenire anche in sedi non facilmente esplorabili ed aggredibili endoscopicamen-te (intestino tenue a valle del Treitz, in sede di anastomosi bilio-digestiva dopo Kasai o dopo trapianto);

È in queste situazioni lo shunt intra-epatico mediante TIPSS è efficace nel ridurre la pressione portale al pari dell’in-tervento chirurgico; inoltre può essere impiegato anche come bridge verso un futuro trapianto se necessario;

È i nuovi stent ricoperti sono oggi utilizzabili anche in età pediatrica, con minor rischio di occlusione rispetto alle prime esperienze;

È l’ipertensione portale pre-epatica (da cavernoma o trombosi della vena porta) rappresenta ancora la forma di ipertensione portale più frequentemente osservata;

È richiede una valutazione diagnostica precoce ecografica+doppler che la riconosca e escluda ipotesi di malat-tia ematologica (per splenomegalia e citopenia). A diagnosi confermata (che comprende la valutazione dello stato esofago-gastrico per varici con trattamento delle stesse) è oggi necessaria una precoce valutazione della pervietà del recesso di Rex e della possibilità di eseguire uno shunt attraverso tale via;

È se le condizioni lo consentono, tale intervento va proposto ed eseguito precocemente, non essendo probabile una risoluzione spontanea dell’ipertensione nel tempo: lo shunt è risolutivo, fisiologico (riabita il fegato con sangue portale, previene l’encefalopatia portosistemica), corregge il ritardo di crescita e le alterazioni della coagulazione;

È la medesima metodica è applicabile anche alla trombosi portale post-trapianto (problema emergente e cruciale per il benessere del graft), alle stesse condizioni e con i medesimi risultati favorevoli;

È se la situazione anatomica è sfavorevole per uno shunt meso-Rex, l’approccio rimane quello standard: profilassi con beta-bloccanti e inibitori di pompa protonica, monitoraggio endoscopico ed eradicazione delle varici, ricorso all’in-tervento chirurgico di derivazione porto-sistemica se manifestazioni emorragiche non controllabili e/o splenomegalia - ipersplenismo ingravescenti;

È bisogna conoscere la possibilità di ipertensione portale post-sinusoidale (SOS), precedentemente conosciuta come VOD, in corso di chemioterapia massimale (associata o meno a radioterapia) per trapianto di cellule emato-poietiche o, più raramente, in corso di trattamento chemioterapico protocollare di neoplasie (del bambino come dell’adulto)

È in questa situazione, accanto alla terapia di supporto generale e alla corretta gestione dell’equilibrio idrico, va tenuta presente l’utilità della Defibrotide sul danno endoteliale;

È la valutazione di ogni situazione di ipertensione portale pediatrica va eseguita da un’equipe di epatologia e chi-rurgia epatobiliare pediatrica dedicata che disponga in sede di tutti gli strumenti necessari alla diagnosi e alla gestione operativa del problema una volta definito: diagnostica per immagini non invasiva ed invasiva, endoscopia digestiva diagnostica ed operativa, radiologia interventistica, chirurgia vascolare con tutte le tecniche a disposizione, chirurgia del trapianto.

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Le diverse facce dell’ipertensione portale in età pediatrica: apprendiamo dai casi clinici Valerio Nobili et al

Training and Educational Corner

La Colangio-Pancreatografia in RM pediatricaLa colangio-pancreatografia con risonanza magnetica (CPrM) è una metodica che non impiega radiazioni ionizzanti, non prevede l’iniezione di mezzi di contrasto iodato, non invasiva per la valutazione dei dotti biliari e pancreatici lidia monti1, Cristina lo zupone1 e fabio marconi2 1Unità Operativa Radiologia, Dipartimento di Diagnostica per immagini, 2Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM)Ospedale Pediatrico Bambino gesù di Roma

a cura diBarbara Bizzarri Francesca Vincenzi

desCRIzIone teCnICALa CPRM è una metodica sicura, facil-mente eseguibile, non invasiva per la valutazione dei dotti biliari e pancreati-ci. La rapida evoluzione tecnologica e la disponibilità di nuovi software per l’esecuzione della CPRM han-no permesso di ottenere una defi-nizione diagnostica paragonabile a quella della colangiopancreatogra-fia retrograda endoscopica (CPRE). Per questo motivo si sta assistendo ad una sempre maggiore diffusio-ne di questa metodica in ambito pediatrico. Tuttavia è molto difficile ottenere un esame CPRM di buo-na qualità nei bambini, soprattutto in quelli più piccoli di età. Gli ap-parecchi RM costituiti da magneti ad alto campo (≥ 1,5T) con bo-bine speciali dedicate, per mezzo di acquisizioni sempre più veloci e grazie all’affinamento di tecniche di compensazione respiratoria per ridurre gli artefatti da movimento, consentono di visualizzare dotti di calibro fino ad 1 mm. La CPRM è una sequenza fortemente pesata in T2, cioè con un lungo tempo di eco (300-1000msec), nella quale i tes-suti e i fluidi con un tempo di rilassa-mento prolungato cioè i fluidi statici, appaiono “iperintensi” consentendo così di visualizzare l’albero biliare e il dotto pancreatico principale (DPP). Il segnale dei tessuti circostanti e dei vasi sanguigni che hanno un T2 più breve risulta “soppresso”. Algoritmi per la ricostruzione delle immagini (MIP; maximum intensity projec-tion) possono essere impiegati allo scopo di ottenere rappresentazioni tridimensionali dell’anatomia biliare e pancreatica normale o patologica (10) (tabella 1 e figura 1).

pRepARAzIone del pAzIenteIl paziente viene tenuto a digiuno per 4-6 ore prima dell’esame, per permet-tere il riempimento della colecisti e lo svuotamento gastrico. Alcuni centri pre-vedono l’assunzione orale di circa 100 cc di un liquido contenente ferro non assorbibile (Ferumoxil, Lumirem®) su-bito prima di iniziare l’esame, allo sco-po di sopprimere il segnale dei fluidi contenuti nello stomaco e nel duode-no. Nel nostro istituto utilizziamo succo d’ananas che, per l’alto contenuto di manganese, ha proprietà paramagne-tiche e può efficacemente diminuire il segnale del contenuto intestinale ed è molto più gradevole per i piccoli pazienti. Non sono necessari mezzi di contrasto endovena.

s-CpRmLa secretina aumenta la secrezione pancreatica di bicarbonato e acqua, au-menta il tono dello sfintere di Oddi e aumenta il contenuto fluido nel duode-no. La somministrazione endovenosa di secretina, stimolando un aumento della produzione di fluidi da parte del-la ghiandola, determina un aumento

del calibro del Wirsung, migliorando la visualizzazione anche dei dotti pancre-atici secondari. Allo stesso tempo de-termina un incremento dell’escrezione di fluidi nel duodeno in relazione alla funzionalità esocrina della ghiandola. Il principale svantaggio è l’elevato co-sto della secretina.

Tab. 1 Sequenze impiegate

Turbo Spin-Echo TSE T2

SSh 2D assiali e coronali a respiro libero, ad impulso singolo: TR 3500-8000,TE 80-325, T.A.(acquisition time)25 sec: per lo studio dei parenchimi e per la pianificazione dello studio

Tecnica Steady State Free Pre-cession

BTFE (balanced turbo field echo) a respiro libero, T.A. 25 sec:recenti sequenze ad elevata risoluzione spaziale

Single-Shot TSE (SSTSE)

TE compresi fra 300-1000 msec, , TR >6000 msec, ETL (echo train lenght) ∞, T.A.≤8 sec, spessore slab 12-30 mm, in apnea espiratoria centraggio (single slab coronale lungo il DDP) ecretina ev alla dose di 1 fiala/ 70 Kg di peso corporeo (nei bambini 0,2 μg per Kg) in infusione lenta (S-CPRM)1 acquisizione ogni 30 secondi fino a 10 minuti

T2 TSE 3D HRslab 20/120 mm, a respiro libero, T.A. 1,2-2,5 min ricostruibilicon tecnica MIP

Fig. 1 (CPRM ricostruzione MIP): Sindrome di Mi-rizzi: marcata dilatazione delle vie biliari intraepa-tiche più evidente a sinistra con coinvolgimento della convergenza primaria, dell’epatico comune e del tratto prossimale della via biliare principale sino in corrispondenza dell’impianto del cistico laddove si documenta un’area rotondeggiante disomogeneamente ipointensa che determina una salienza dei profili della via biliare principale. L’area descritta è indissociabile dal cistico che ap-pare lungo, ectasico e convoluto

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ottImIzzAzIone dellA CpRm pedIAtRICALe piccole dimensioni delle vie bilia-ri dei bambini ne rendono difficile la visualizzazione alla CPRM special-mente quando è necessario studia-re i rami intraepatici. La qualità delle immagini può essere molto spesso bassa a causa di artefatti da movi-mento e da respirazione; questi ultimi, in particolare possono essere presenti anche quando vengono im-piegate tecniche di triggering respira-torio in relazione alle irregolarità respi-ratorie caratteristiche dei bambini più piccoli d’età. Un altro dei maggiori limiti della CPRM pediatrica è la necessità di anestesia generale. Tuttavia, la maggior parte dei bambini di età superiore ai 6 anni, possono essere sottoposti ad esami CPRM senza necessità di seda-zione. Per la visualizzazione dei dotti di minor calibro bisogna aumentare la risoluzione spaziale e il SNR. Per otte-nerle, bisogna scegliere una bobina di ricezione che si adatti perfettamente al corpo del bambino. Per i bambini più piccoli di età e i neonati si devono im-piegare slab di non più di 2 cm. Devo-no essere acquisite sia sezioni a spes-sore sottile (3-5 mm) nei piani assiale e coronale che di maggiore spessore nei piani coronali obliqui con tecnica di acquisizione “radiale”. Se il respiro è regolare possono essere effettua-te sequenze TSE 3D che forniscono una migliore risoluzione spaziale e un maggior SNR. Quando però il respiro è troppo irregolare, le sequenze SSTSE, da sole, possono fornire immagini di buona qualità. Infine le sequenze BF-FE, per i rapidi tempi di acquisizione, per gli ottimi SNR e risoluzione di contrasto e scarsa sensibilità al mo-vimento, posso essere impiegate come problem solver.

ApplICAzIonI ClInICheL’uso di secretina o tecniche di CPRM dinamica migliorano la visua-lizzazione delle diramazioni biliari e dei dotti pancreatici di minor calibro, aumentando l’accuratezza diagno-stica nello studio della giunzione bilio-pancreatica; è infatti in grado di identificare correttamente anomalie di giunzione bilio-pancreatica nel 53-85% dei bambini con cisti del coledo-co, nel 67% con pancreatite cronica

idiopatica e nel 69-72% dei bambini con malformazione bilio-pancreatica nota o sospetta (5). Recentemente è stata dimostrata un’accuratezza dia-gnostica del 100% della CPRM nella individuazione di cisti del coledoco (4); queste sono diagnosticate con l’ecografia ma la CPRM fornisce dati in più come la lunghezza del dotto coin-volto, la eventuale presenza di plugs o calcoli, l’aspetto della giunzione bilio-pancreatica, la lunghezza del dotto comune, informazioni necessarie per la pianificazione dell’intervento chirur-gico. Chavahn (5), in una serie di 85 esami CPRM effettuati su 78 pazien-ti pediatrici, ha ottenuto immagini di eccellente qualità nell’85% dei casi. La concordanza dei risultati con le CPRE è stata ottenuta nell’81% dei casi. In 35 degli 85 esami effettuati sono stati riscontrati dati aggiuntivi che la CPRE da sola non avrebbe potuto rilevare. Tipnis e Werlin (1) hanno rivaluta-to tutti gli studi condotti con CPRM nell’ambito della patologia bilio-pancreatica dei bambini dal 1997 al 2006 allo scopo di valutarne le sen-sibilità rispetto alla CPRE nelle diver-se condizioni patologiche. In questa revisione della letteratura la CPRM ha mostrato un’accuratezza diagno-stica pari a 93%, una sensibilità del 100% e specificità del 89% nella diagnosi di anomalie anatomiche del tratto bilio-pancreatico (rispetto a metodiche “dirette” come CPRE, colangiografia intraoperatoria, per-cutanea, esami bioptici del pancre-as e del fegato). La secretina è in grado di migliorare la visualizzazione dei dotti pancrea-tici in pazienti con diagnosi accerta-ta o sospetta di pancreatite cronica, ed anche in pazienti con dati clinici suggestivi in assenza di alterazioni duttali rilevabili alla ecografia e/o al-la TC (2). La secretina determina un aumento di calibro del dotto pan-creatico principale a carico di tutti i segmenti, migliorando anche la visualizzazione dei dotti pancreatici secondari. Lo studio di questi ultimi (figura 3) è di particolare importanza nei pazienti con sospetto clinico di pancreatite cronica iniziale, con esa-mi di diagnostica per immagini, eco-grafia e tomografia computerizzata

negativi in quanto la secretina con la possibilità di visualizzazione i dotti secondari, sede della flogosi nel suo stadio iniziale, permette di giungere ad una diagnosi precoce in maniera non invasiva. La secretina migliora anche la visualizzazione delle steno-si duttali e dei difetti di riempimen-to endoluminali. Il riconoscimento di tali alterazioni consente una più accurata valutazione pre-terapeutica ed un più mirato trattamento en-doscopico. Infine la combinazione della somministrazione di secreti-na a sequenze ultraveloci, permet-te di eseguire studi funzionali del pancreas esocrino: la misurazione del riempimento duodenale dopo stimolo secretinico consente una valutazione semiquantitativa della riserva funzionale pancreatica.

Fig. 2 Santorini dominante con Santorinicele

Fig. 3 S-CPRM dopo 10 min dalla sommini-strazione di secretina. Pancreatite cronica di grado medio. Dopo stimolo funzionale con secretina si documenta nello studio seriato fi-no ai 10 minuti successivi un aumento dell’in-tensità del segnale e del calibro del DPP a livel-lo di tutti i segmenti con aspetto irregolare ed evidenza di dotti laterali, la maggior parte dei quali appaiono deformati “a clava”. Il riempi-mento duodenale fino al ginocchio inferiore (grado 1-2) quindi con riserva funzionale eso-crina pancreatica conservata.

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Training and Educational Corner a cura di Barbara Bizzarri e Francesca Vincenzi

La Colangio-Pancreatografia in RM pediatrica Lidia Monti et al

19 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Training and Educational Corner a cura di Barbara Bizzarri e Francesca Vincenzi

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Key Points inDiCaZioni alla Cprm

Valutazione non inVasiVa delle Vie biliari e pancreatiche

¬¦ litiasi della via biliare principale

¬¦ Cisti del coledoco

¬¦ Pianificazione della colecistectomia per via laparoscopica

¬¦ Colangite sclerosante primitiva

pancreatiti croniche e/o ricorrenti:

¬¦ I sintomi sono subdoli e aspecifici

¬¦ le alterazioni dei valori di laboratorio sono modeste

¬¦ l’ecografia e la TC non individuano le fasi iniziali della malattia

Key Points inDiCaZioni allo stuDio DinamiCo

Con seCretina

aumentare la sensibilità e l’accuratezza diagnostica della cprm

¬¦ migliora la visualizzazione dei dotti pancreatici (pancreas divisum, anomalie della giunzione bilio-pancreatica)

¬¦ Identifica i dotti secondari

¬¦ Consente di valutare in maniera non invasiva la secrezione pancreatica

consente lo studio non inVasiVo della pancreatite cronica idiopatica

¬¦ diagnosi precoce

¬¦ Stretto follow-up

¬¦ Interpretazione storia naturale della malattia

Gastroenterology Clinical Research

Barrett: indirizzi della ricerca clinica Alessandro Repici, Giuseppe strangio Servizio di Endoscopia Digestiva, Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)

a cura diSilvia Salvatore

20 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Malgrado la prevalenza dell’EB in età pediatrica sia ridotta rispetto

all’adulto, esso rappresenta una condizione segnalata nel 10% dei pazienti con Tipica Sindrome da

Reflusso Gastroesofageo grave, cronica e correlata a condizioni

predisponenti come l’ernia iatale o patologie di base (cerebropatia).

Il termine EB è variamente interpretato nel bambino, anche se,

come nella popolazione adulta, per una corretta diagnosi

è necessaria la dimostrazione istologica della metaplasia intestinale,

anche in assenza di globet cells, come nella forma di metaplasia

colonnare di tipo cardiale. Nella definizione endoscopica può essere utilizzato il termine

di “metaplasia esofagea sospettata endoscopicamente

(ESM)” che descrive un reperto macroscopico che necessita

di conferma istologica con la presenza di epitelio colonnare.

C.R.

Si definisce “esofago di Barrett” (EB) una condizione in cui vi è una dislo-cazione prossimale, rispetto alla giun-zione gastroesofagea, della giunzione squamocolonnare per cui il normale epitelio squamoso dell’esofago distale è sostituito da un epitelio colonnare con metaplasia intestinale, caratterizza-ta dalla presenza di “globet cells” (cel-lule caliciformi contenenti mucina aci-da). Si stima che l’EB sia riscontrabile in circa il 5-15% dei soggetti sottoposti ad endoscopia per sintomi di MRGE, e nell’1% della popolazione generale sottoposta allo stesso esame (1). È stato suggerito che una predisposizio-ne genetica possa essere un prere-quisito necessario perché si sviluppi la malattia; tuttavia, ad oggi, non è stato individuato “un gene o più geni” del Barrett. Nel 2004 a Praga è stata ela-borata la cosiddetta classificazione di Praga C&M (Circunference and maxi-mal extent), basata sulla circonferenza e la massima estensione del tessuto coinvolto. Si distinguono:

È stata notata un’associazione tra sintomi da reflusso di lunga durata (> 5 anni), presenza di ernia iatale solitamente di dimensioni significati-ve (>3cm), ridotta pressione basale del LES, familiarità per MRGE con o senza esofagite, età > 50 anni in pazienti maschi caucasici, e l’EB e la sua estensione. Mentre l’incidenza dell’adenocarcinoma esofageo conti-nua rapidamente ad aumentare (da-

gli anni ’70, è aumentata del 500%), la maggior parte dei soggetti affetti da EB non svilupperà mai un carcinoma dell’esofago (2). L’incidenza riferita del carcinoma nel Barrett, ha un’am-pia variabilità, ma studi recenti sug-geriscono un rischio pari allo 0,5% circa annuo. L’evoluzione istopatolo-gica si manifesta attraverso una fase di iniziazione, in cui la MRGE induce lo sviluppo di metaplasia intestinale (MI) in individui geneticamente pre-disposti, una fase di formazione, con estensione del tessuto metaplastico, ed una fase di progressione, carat-terizzata dallo sviluppo di displasia, marker di possibile evoluzione neo-plastica. La displasia di basso grado (LGD) rappresenta un’alterazione istologica con rischio di progressione a displasia di alto grado (HGD) o ade-nocarcinoma dell’esofago (EAC) più di cinque volte superiore a quella di EB non displastico (27% vs 5%) (3). L’HGD rappresenta la lesione istolo-gica a maggior rischio di progressio-ne ad EAC, con incidenza stimata di 6.58%/ anno (4). In realtà, il tempo di progressione displasia-carcinoma è assai variabile, per di più non si tratta di una progressione preordi-nata; infatti molti soggetti con LGD o HGD tornano ad una condizione di assenza di displasia, oppure si può passare direttamente dalla LGD al carcinoma.

dIAGnosIOggi disponiamo di nuove tecnologie di immagine che potrebbero in futuro tro-vare applicazione nella diagnosi e nella sorveglianza dell’EB, quali ad esempio: la videocapsula, la narrow band Imaging

long Barrett (≥ 3cm)

short Barrett (<3 cm)

ultrashort Barrett (<2 cm), microscopic Barrett

invisibile Barrett

1

2

3

4

Il contributo di Alessandro Repici rappresenta un importante approfondimento sulle esperienze nella popolazione adulta riguardo la patogenesi, l’identificazione di biormarkers molecolari come indicatori di rischio neoplastico e le nuove tecniche endoscopiche di sorveglianza e trattamento.

Claudio Romano

Asking Questions in Immunologia, Microbiologia e Genetica

bilmente con pinze bioptiche a grossa presa, per escludere la presenza di carcinoma o documentare una displa-sia severa. Dopo 1 anno in cui non si evidenzia il cancro, l’intervallo della sorveglianza può essere allungato se non ci sono cambiamenti displastici in 2 consecutive endoscopie effettuate a 3 mesi di distanza. Se si riscontra HGD multifocale, è raccomandato l’inter-vento chirurgico di esofagectomia. In presenza di HGD confermata, con ir-regolarità della superficie deve essere applicata la procedura di EMR a scopo diagnostico. In caso di displasia non confermata o dopo EMR il follow-up del paziente viene considerato in rela-zione al grado più elevato di displasia precedentemente documentata. La presenza di HGD dovrebbe essere confermata da un anatomo-patologo esperto. La sorveglianza endoscopi-ca nei pazienti con Barrett e LGD è raccomandata.Un follow-up endoscopico (per esem-pio a 6 mesi) dovrebbe essere realiz-zato con biopsie concentrate nell’area di displasia. Se la LGD è confermata, bisogna effettuare un controllo endo-scopico ogni anno fino alla scomparsa della displasia. Se il grado di displasia è indeterminato e c’è evidenza di flo-gosi acuta causata da MRGE, bisogna ripetere le biopsie dopo 8 settimane di terapia antisecretoria con PPI (7).

(NBI), l’Optical Coherence Tomography (OCT), la confocale, etc. Attualmente nessuna di queste metodiche , a causa della bassa sensibilità (21%-37%), ha mostrato vantaggi rispetto alla endosco-pia tradizionale. Il loro ruolo nella pratica clinica è come completamento dell’esa-me endoscopico, e possono servire ad effettuare biopsie mirate (5) (tabella 1). Molto promettente sembra essere l’in-dividuazione di markers molecolari co-me indicatori di rischio neoplastico, per esempio, l’incremento di espressione di fattori di proliferazione (Ki-67), di fattori di crescita (EGF, c-erbB2 e TGF-), di flo-gosi (COX-2, TNF-) e la ridotta espres-sione di adesione cellulare (E-caderi-ne). Molto importanti sono le anomalie del contenuto nucleare di DNA, quali aneuploidia e tetraploidia, la perdita di eterozigosi di geni specifici (p16, p53) e la metilazione di p16, RUNX3 e HPPI. Studi condotti con citometria a flusso hanno documentato che, in assenza di incremento di tetraploidia (< 6%) o di aneuploidia, il rischio neoplastico risulta essere assente, mentre in sua presenza risulta essere 11.7 e 9.5 volte aumenta-to. La perdita di eterozigosi di p16 e p53 comporta un rischio 16 volte aumenta-to. Al momento, i biomarkers moleco-lari sono ancora in una fase di studio e prima di un possibile uso nella pratica clinica, sarà necessario che vengano convalidati in trials multicentrici (6).

sCReenInG e soRveGlIAnzA endosCopICA Esistono controversie sull’efficacia clinica dello screening e della sorve-glianza endoscopica dell’EB, poiché la storia naturale della malattia è poco nota e l’incidenza del cancro è stata per lungo tempo sovrastimata. An-cora meno nota è la storia naturale della displasia di alto grado. Quando l’EB viene identificato, le linee-guida attuali consigliano l’esecuzione di biopsie sistematiche dei 4 qua-dranti ad intervalli di 2 cm lungo l’intero segmento di Barrett. Lo scre-ening endoscopico dovrebbe essere considerato in pazienti selezionati, ad alto rischio: maschi bianchi con più di 50 anni, affetti da MRGE cronica, di lunga durata (>5 anni). Dopo un EG-DS di screening negativa, non sono indicati successivi controlli endo-scopici. Lo sorveglianza endosco-pica nei pazienti con Barrett senza displasia è controversa, comunque in questi pazienti viene raccomandato un controllo endoscopico ogni 3 anni dopo 2 consecutivi controlli negativi, effettuati entro 1 anno l’uno dall’altro. I pazienti con Barrett e HGD sono ad alto rischio per cancro: devono essere sottoposti a follow-up endoscopico ogni 3 mesi per almeno 1 anno, con un protocollo di biopsie intensivo (a 1 cm d’intervallo), da effettuarsi preferi-

Tab. 1 Nuove tecniche di immagine nella diagnosi dell’esofago di Barrett

tecnica Descrizione Commenti

Endoscopia con magnificazione

Usa magnificazione ottica (x 70-100) per visualizzare il sottile pattern mucoso e le lesioni nel segmento di Barrett.

Valutata in case series; non direttamente paragonata con l’endoscopia standard; tecnica impegnativa dal momento che visualizza aree molto piccole.

CromoendoscopiaUsa coloranti (blu di metilene, indaco carminio, ecc) che spruzzati sulla mucosa esofagea, accentuano il contrasto tra l’epitelio metaplastico e non metaplastico.

Testata in trials controllati, randomizzati, con risultati variabili; relati-vamente poco costosa; variabilità nell’uso di coloranti e mancanza di standardizzazione della tecnica.

Narrow-band-imaging (NBI)

Usa filtri ottici spettrali con predominanza della luce blu piuttosto che lo spettro completo della luce bianca; ciò evidenzia i patterns vascolare e mucosale indicativi di neoplasia

Testata in trials controllati, randomizzati; relativamente facile da usare; risultati simili a quelli delle biopsie di routine; difficoltà nel riconoscimento dei patterns e nella curva di apprendimento.

Autofluorescenza

Individua il cambiamento nella fluorescenza dall’alterazione nel contenuto di molecole cellulari come NADPH ed il collagene; il tessuto neoplastico mostra una fluores-cenza propria.

Alto tasso di falsi positivi; soggettiva interpretazione del colore; mancanza di disponibilità commerciale.

Microscopia con-focale

Usa un singolo piano focale con microscopio laser e permette di visualizzare in real-time i dettagli cellulari.

Imaging dettagliato e di alta qualità delle ghiandole e delle cellule del Barrett; le sfide riguardano l’imaging di aree molto focali, l’uso di agenti fluorescenti in vena e l’interpretazione delle immagini.

Optical Coherence Tomography (OCT)

Usa i raggi infrarossi e misura la retrodiffusione dei raggi da parte dei vari tessuti.

Produce immagini cross-sectional ad alta risoluzione, in vivo e real time dei tessuti realizzando una “biopsia ottica”.

21 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Gastroenterology Clinical Research a cura di Silvia Salvatore

Barrett: indirizzi della ricerca clinica Alessandro Repici et al

Testatina apertura rubrica

tRAttAmentoGli inibitori della pompa protoni-ca (PPI) rappresentano il cardine della terapia medica dell’esofago di Barrett. Il reflusso acido risulta su-periore alla norma nei pazienti con esofago di Barrett. È stato ipotizzato che la normalizzazione dell’esposizio-ne acida dell’esofago,mediante tera-pia intensiva con PPI, possa ridurre la progressione della patologia verso la HGD o verso il carcinoma, grazie alla rimozione dell’agente irritante. Bisogna tener presente che il solo controllo del pH esofageo non sembra esse-re sufficiente per far regredire EB. Per la prevenzione della displasia nei pazienti con long Barrett, nei quali ri-sulta aumentata l’esposizione acida dell’esofago nelle ore notturne, è di-mostrata la migliore efficacia dei PPI ad alto dosaggio, in duplice som-ministrazione giornaliera. Esistono studi sia a favore, sia contro un ruolo protettivo della chirurgia antireflusso nell’esofago di Barrett. La chirurgia antireflusso allevia efficacemente i sintomi della MRGE nei soggetti con Barrett, ma la regressione completa dell’epitelio di Barrett non è comu-ne, e potrebbe anche essere espres-sione di una “pseudo - regressione” dovuta al riposizionamento chirurgico dell’esofago. Il rischio di sviluppare un adenocarcinoma esofageo, anche

dopo chirurgia antireflusso, resta al-to nei soggetti affetti da MRGE (con Barrett ignoto) e non sembra differi-re da quello dei soggetti con MRGE non sottoposti all’intervento. Il tasso di mortalità chirurgica dello 0,2% asso-ciato alla chirurgia antireflusso, insie-me ai problemi legati all’insuccesso chirurgico, devono essere bilanciati con il tasso di incidenza annuo di car-cinoma, valutato nello 0,005%. Nei pazienti con EB in cui l’istologia dimo-stra la presenza di HGD multifocale o peggio di carcinoma, è raccomanda-ta l’esofagectomia. Un ruolo sempre crescente nel trattamento dell’EB, spetta alle tecniche endoscopiche ablative, che comprendono l’abla-zione termica (mediante laser, elet-trocoagulazione multipolare, sonda termica e coagulazione con Argon pla-sma, radiofrequenza, crioterapia), la terapia fotodinamica e la resezione endoscopica della mucosa (EMR) Queste tecniche in grado di eliminare del tutto o in gran parte l’epitelio di Barrett, ma il problema è rappresen-tato dalla metaplasia intestinale re-sidua sotto-squamosa (SSIM), dalla quale si può sviluppare un carcinoma. Il ruolo dell’EMR è diventato fonda-mentale nella diagnosi e stadiazione delle lesioni superficiali dell’esofago. La sua indicazione assoluta è limitata ai pazienti in cui la lesione non infil-

tra la sottomucosa,mentre indicazioni relative sono l’infiltrazione superficia-le della sottomucosa (sm1, <500µ), cancro scarsamente differenziato (G3) e lesione > 2 cm. L’EMR può es-sere eseguita mediante: una standard snare resection, una tecnica cap-assi-sted oppure impiegando un legatore elastico per varici esofagee, modifica-to per l’EMR od infine con dissezione sottomucosa. L’utilità dell’EMR come procedura terapeutica sembra essere limitata dagli alti tassi di positività dei margini, che variano dal 62% al 83% in alcuni studi. Inoltre, il rischio di recidi-va neoplastica, metacrona o sincrona, dopo EMR per early AC su EB è stato segnalato fino al 20% dei casi (8). Recentemente sono stati pubblicati alcuni articoli che segnalano la possi-bilità di asportare completamente l’EB eseguendo una EMR circonferenziale con il vantaggio di trattare contempo-raneamente anche eventuali lesioni sincrone, non identificate all’endosco-pia. Questo trattamento può determi-nare l’insorgenza di stenosi cicatriziali nel 30%-40% dei casi, rendendo necessarie ripetute sedute di dilata-zione endoscopica. Fra le tecniche endoscopiche di ablazione (tabella

2), quella che sembra emergere è la termoablazione con radiofrequen-za che si esegue con uno strumento che comprende un generatore ad alta

Tab. 2 Tecniche ablative endoscopiche nella terapia dell’esofago di Barrett

tecniche Descrizione

Terapia fotodinamica (PdT)

Usa sostanze foto sensibilizzanti (photofrin, a. 5-aminolevulinico) che si accumulano nel tessuto displastico e vengono attivate da una luce senza effetti termici, prodotta da un dye laser e veicolata nell’esofago con diffusori posizionati sotto controllo endoscopico. Più efficace dei soli PPI nell’eliminare l’HGD (77% vs. 39%). Tassi di mortalità e di sopravvivenza a lungo termine sovrapponibili rispetto all’esofagectomia. Metodica usata quasi esclusivamente in USA.

Argon plasma coagu-lation (APC)

Benché sia stato dimostrato che l’APC combinata con la terapia con PPI, sia un procedura appropriata per eradicare l’EB in un follow-up a breve termine, il reale impatto di questa procedura sul rischio cancerogeno e sulla durata della rigenerazione squamosa, rimane poco chiaro. L’alto tasso di ricorrenza, i rischi procedurali e gli alti costi, precludono l’uso routinario dell’APC nel trattamento dell’EB non displastico.

CrioterapiaUsa un criogeno che viene spruzzato sulla mucosa esofagea. È sotto studio sia come approccio singolo sia in combinazione con l’EMR. I dati sulla sua efficacia nell’EB, sono molto limitati. Il suo fascino è dato dalla facilità dell’uso e dai costi relativamente bassi.

radiofrequenza (rT)

Tecnica sempre più utilizzata, capace di eliminare efficacemente l’epitelio metaplastico e portare alla rigenerazione di epitelio squa-moso normale; può essere con sicurezza associata all’EMR. Recenti studi hanno dimostrato che l’ablazione circonferenziale con RF dell’EB non displastico, usando un device con pallone, può essere realizzata senza stenosi secondarie o rischio di sviluppare SSIM e con una completa eliminazione dell’EB nel 70% dei pazienti ad 1 anno di follow-up. Le limitazioni sono rappresentate dal limitato numero di pazienti studiati e dalla mancanza di risultati a lungo termine.

PPI: proton pump inhibitor EB: Esofago di Barrett HGD: high grade dysplasia EMR: endoscopic mucosal resection USA: United States of America SSIM: sub-squamous intestinal metaplasia

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Gastroenterology Clinical Research a cura di Silvia Salvatore

Barrett: indirizzi della ricerca clinica Alessandro Repici et al

frequenza, dei palloni misuratori del diametro esofageo e dei cateteri per l’ablazione (HALO360-90 System; BARRX Medical, Inc, Sunnyvale, Calif). Sono disponibili due applicatori: uno “a pallone”, che consente di trattare l’intera circonferenza (HALO360) e l’altro “a placca”, permette di applicare l’energia a un settore della circonfe-renza (HALO90). Sharma et al hanno eseguito l’ablazione circonferenziale della metaplasia in 100 pazienti. Do-po 12 mesi di follow-up la risposta completa è stata del 70%. Non so-no state segnalate stenosi, né persi-stenza di EB al di sotto dell’epitelio neosquamoso Hernandez et al han-no trattato 10 pazienti, ottenendo la completa eradicazione dell’EB in 7. La persistenza di EB al di sotto dell’epite-lio neosquamoso è stata osservata in un caso. Sharma et al hanno riportato l’impiego della termoablazione in 10 pazienti con LGD. La risposta com-pleta in termini di regressione della lesione, dopo due anni di follow-up, è stata del 100%, mentre l’eradicazio-ne dell’EB è stata ottenuta nel 90% dei casi. Non sono state segnalate complicanze. È stata proposta l’asso-ciazione dell’ablazione con la EMR di lesioni endoscopicamente visibili. La remissione della displasia e la re-gressione dell’EB sono state ottenute nel 100% dei casi. Durante il follow-up non si sono verificate recidive (9). Un aspetto molto importante riguarda lo sviluppo della metaplasia intesti-nale sotto-squamosa post-ablazione, infatti, mentre l’incidenza della SSIM dopo APC, terapia fotodinamica ed elettrocoagulazione multipolare varia dal 7% al 27%, dopo radiofrequenza

Key Points¬¦ Identificazione non endoscopica di Eb (spettroscopia, colorimetria)

¬¦ Identificazione ottica della displasia (fluorescenza, laser confocal microscopy, endomicroscopy, oCT)

¬¦ Significato di metaplasia intestinale sotto-squamosa (SSIm)

¬¦ Frequenza e durata della sorveglianza dopo ablazione

¬¦ Validazione di biomarkers nell’identificazione di pazienti a rischio

<<<<Bibliografia >>>>>si verifica in una percentuale molto inferiore (Hernandez et. al hanno di-mostrato un’incidenza di SSIM dello 0,4% su 247 biopsie).

pRospettIve futuReI filoni più promettenti sembrano essere tre. Il primo riguarda gli studi genetici vol-ti ad individuare uno o più geni coinvolti nell’ EB e nella progressione verso l’EAC e gli studi patogenetici per individuare biomarkers molecolari (è probabile che alcuni di questi si dimostrino molto più sensibili e specifici dell’ istologia tradizio-nale, nell’individuare i pazienti ad alto rischio di cancro e soprattutto nell’ eli-minare i pazienti a rischio molto basso dal follow-up endoscopico e da ulteriori cure). Il secondo filone riguarda il mi-glioramento delle terapie endoscopiche che probabilmente ridurrà sempre più il ricorso all’esofagectomia in pazienti con displasia; mentre l’applicazione nella malattia non displastica delle nuove tec-niche ablative, potrà ridurre sia il rischio di cancro sia i costi grazie alla ridotta necessità di sorveglianza endoscopica. Infine, è probabile che una migliore co-noscenza sul ruolo potenziale della che-mioprevenzione primaria e secondaria dell’EB, potrà portare ad un appropriato trattamento con FANS, acido-sopressori ed altri farmaci. Infatti, esiste un’asso-ciazione protettiva tra assunzione di acido acetilsalicilico o di un FANS ed il ri-schio di sviluppare un adenocarcinoma esofageo (l’espressione della cicloossi-genasi è aumentata nel Barrett, nella di-splasia e nel carcinoma). Vista la bassa incidenza complessiva del carcinoma nel Barrett, la somministrazione di acido acetilsalicilico o di un FANS a tali pazienti appare ancora prematura (10).

1. Sharma P, McQuaid K, Dent J et al. A critical review of the diagnosis and management of Barrett’s esophagus: the AgA Chicago Workshop. gastroenterology 2004;127:310-330.

2. Orengo MA, Casella C, Fontana V et al. Trends in incidence rates of oesophagus and gastric cancer in Italy by subsiteand histology, 1986-1997. Eur J gastroenterol Hepatol 2006;18:739-746.

3. Lim CH, Treanor D, Dixon F et al. Low-grade dysplasia in Barrett’s esophagus has a high risk of progression. Endoscopy 2007;39:581-87.

4. Olithselvan A, gorard DA, McIntyre AS. A surveillance programme for Barrett’s oesophagus in a UK general hospital. Eur J gastroenterol Hepatol 2007;19:305-309.

5. Sharma P. Barrett’Esophagus. N Engl J Med 2009; 361:2548-56.

6. Maru M. Barrett’esophagus: diagnostic challenges and recent developments. Annals of Diagnostic Pathology 2009;13:212-221

7. Wang KK, Sampliner RE. Updated guidelines 2008 for the diagnosis, surveillance and therapy of Barrett’s Esophagus. Am J gastroenterol 2008;103:788-797.

8. Ell C, May A, Pech O et al. Curative endoscopic resection of early esophageal adenocarcinomas (Barrett’s cancer). gastrointest Endosc 2007;65:3-10.

9. gondrie JJ, Pouw RE, Sondermeijer CM et al. Effective treatment of early Barrett’s neoplasia with stepwise circumferential and focal ablation using the HALO system. Endoscopy 2008;40:370-379.

10. Shaheen N, Richter J. Barrett’oesophagus. Lancet 2009;373:850-61.

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Gastroenterology Clinical Research a cura di Silvia Salvatore

Barrett: indirizzi della ricerca clinica Alessandro Repici et al

News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

Domperidone: approfondimento farmacologico e clinicoIl domperidone è un farmaco procinetico antagonista dopaminergico, largamente utilizzato in età pediatrica ma verso il quale esistono dati contrastanti relativi alle sue indicazioni clinico/terapeutiche e al suo profilo di sicurezza

Giulia maria tronconi, Graziano barera U.O. Pediatria e Neonatologia, IRCCS Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano

a cura diGraziano Barera

stRuttuRA ChImICA, effettI fARmAColoGICI e meCCAnIsmo d’AzIoneIl domperidone, appartenente ai bu-tirrofenoni (figura1), è un antagonista del recettore della dopamina (D) con specifica affinità per il sottotipo D2, localizzato a livello cerebrale ed in corrispondenza del sistema nervoso periferico, incluso il tratto gastrointe-stinale (figura 2). Fisiologicamente la stimolazione dei recettori dopaminergici localizzati a livello gastrointestinale inibisce la motilità gastrica, determinando un correlato di sintomi tra cui dispepsia, sazietà precoce, nausea e vomito. Farmaci dopamino-antagonisti, tra cui il domperidone e la metoclo-pramide, possiedono quindi effetti procinetici, essendo in grado di in-crementare la motilità esofagea, au-mentare la pressione dello sfintere esofageo inferiore, favorire le contra-zioni antro-duodenali e coordinare le onde peristaltiche attraverso il piloro accelerando così lo svuotamento gastrico (1). È stato inoltre dimostra-to, mediante studi su pazienti dopo vagotomia, che i farmaci dopamino antagonisti sono in grado di inibire il riflesso di rilassamento gastrico, ge-neralmente innescato dalla dopami-na. Non sono invece riportati effetti del domperidone a livello del piccolo intestino (oltre il duodeno) e sulla motilità/transito colico. Sebbene il domperidone abbia un’azione prevalentemente periferica, possiede anche proprietà anti emeti-che agendo a livello dei recettori D2 del centro del vomito situato a livello del quarto ventricolo, all’esterno della barriera ematoencefalica (BEE).

CARAtteRIstIChe fARmACoCInetIChe e fARmACodInAmICheLe principali caratteristiche farmacologi-che del domperidone (2) sono riassun-te nella tabella 1. Non sono attualmente disponibili studi che evidenzino una far-macocinetica e farmacodinamica carat-teristiche dell’età pediatrica. In soggetti a digiuno l’assorbimento del farmaco somministrato per via orale avviene ra-pidamente. La maggiore biodisponibilità dopo somministrazione intramuscolare rispetto alla via orale è da attribuirsi ad un incompleto assorbimento e ad un esteso effetto di primo passaggio che

si registrano in cor-rispondenza della parete intestinale ed a livello epatico. La biodisponibilità del domperidone risulta inoltre ridot-ta dall’aumentato pH gastrico indotto dell’utilizzo di far-maci antiacidi. Gli studi sulla distribu-zione del farmaco, prevalentemente eseguiti su mo-delli animali, han-no evidenziato un’ampia distribu-zione tissutale con prevalenza di loca-lizzazione a livello dell’esofago, dello stomaco e del pic-colo intestino, ma basse concentra-zioni nel sistema nervoso centrale

(SNC): questo fenomeno risulta princi-palmente dovuto allo scarso passaggio del domperidone attraverso la BEE. La principale via coinvolta nel metabolismo del farmaco si localizza a livello epatico e coinvolge il citocromo CYP3A4: que-sto spiega come mai l’utilizzo di farmaci come antifungini azolici, antibiotici ma-crolidi, inibitori della proteasi del virus HIV, calcio antagonisti, amiodarone e nefazodone, inibendo significativamente questo enzima, siano in grado di aumen-tare i livelli plasmatici del domperidone e quindi la sua tossicità (3). I metaboli inattivi prodotti dai processi di idrossi-lazione e N-dealchilazione ossidativa vengono eliminati tramite escrezione

Fig. 1 Struttura molecolare del domperidone. PM= 425.9

Fig. 2 Principali siti di azione, centrali e periferici, del domperidone (2)

dopamine receptors

Nigrostriatum1. Vomiting center2. Chemoreceptor trigger zone (CTz)3. Pituitary4.

blood-brainbarrier

24 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

urinaria e per via fecale. La proporzione di farmaco escreta immodificata è invece minoritaria (10% dell’escrezione fecale e 1% di quella urinaria). Poiché la clerance renale rappresenta una quota minorita-ria, nei casi di insufficienza renale i livelli plasmatici del farmaco risultano solo par-zialmente modificati.

usI teRApeutICI In età pedIAtRICAL’utilizzo del domperidone nel tratta-mento del reflusso gastroesofageo (RGE) in età pediatrica è stato oggetto di revisione sistematica (4): il rapporto rischi-benefici è risultato sfavorevole e non è emersa una robusta evidenza di efficacia, specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 mesi dato l’incomple-to sviluppo dei recettori dopaminergici. Per tali motivi le più recenti linee guida NASPGHAN-ESPGHAN sul RGE in età pediatrica (5) indicano che non esiste un’evidenza sufficiente per giustificare l’utilizzo routinario del domperidone.Quando si ritenga necessario l’utilizzo, il dosaggio consigliato per fascia di età è riportato nella tabella 2. In letteratura sono inoltre riportati studi (2) sull’efficacia del domperidone in età pediatrica nel prevenire e/o controllare la nausea e il vomito indotto da farmaci citotossici e associati a condizioni quali

Tab. 2 Dosaggio in età pediatrica per il trattamento del RGE secondo le raccomandazioni della British National Formulary for Children 2006

Dosaggio Frequenza

Neonati 100-300 μg/Kg 4-6 volte/die prima dei pasti

1 mese-12 anni 200-400 μg/Kg (max 20 mg) 3-4 volte/die prima dei pasti

12-18 anni 10-20 mg 3-4 volte/die prima dei pasti

Tab. 1 Principali caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche del domperidone

Dosaggio

Picco di concentrazione plasmatica Somministrazione orale/intramuscolare - 10-30 minuti

Somministrazione rettale - 1-2 ore

biodisponibilitàSomministrazione orale - 3-17%

Somministrazione intramuscolare - 90%

Quota legata alle proteine plasmatiche 91-93%

Volume di distribuzione

Tutto l’organismo eccetto il SNC

Possibile passaggio placentale

Latte materno, in piccole quantità

metabolismo Epatico

Idrossilazione e N-dealchilazione ossidativa

Prodotti del metabolismo Idrossidomperidone

2,3-diidrossi-2-oxo-1-H-benzimidazol-1-acido propionico

Vie di eliminazioneEscrezione Urinaria - 32% della dose orale

Escrezione Fecale - 66% della dose orale

Emivita 7.5 ore

gastroenteriti, gastriti, chetosi, infezioni delle alte vie respiratorie ed epatite infet-tive. Tuttavia, ad oggi non esistono racco-mandazioni a sostegno dell’utilizzo del domperidone come agente anti emetico di prima linea in età pediatrica. Va infine ricordata l’efficacia del domperi-done nel trattamento della gastroparesi di origine post-virale e, più raramen-te in età pediatrica, secondaria a neuropatia diabetica (6).

effettI CollAteRAlIIl domperidone è un farmaco ben tolle-rato, gravato da pochi effetti collaterali so-prattutto se somministrato per via ora-le: eventi avversi minori, quali cefalea, secchezza delle fauci, diarrea e ansietà si registrano in meno del 7% dei pa-zienti. L’utilizzo del farmaco può inoltre associarsi a manifestazioni cliniche da iperprolattinemia (tensione mammaria, galattorrea, ginecomastia, irregolarità mestruali, amenorrea) dovute alla man-cata inibizione ormonale esercitata dalla

dopamina (7). La tossicità neurologica del domperidone risulta sicuramen-te inferiore alla metaclopramide data la sua scarsa distribuzione a livello del SNC. Tuttavia, per l’immaturità del siste-ma nervoso e della BEE, i neonati pre-maturi e i lattanti sono maggiormente a rischio di sintomi neurologici di tipo extrapiramidale e di crisi oculo-gire (8): si tratta comunque di effetti collaterali estremamente rari, non documentati nei principali trial randomizzati volti a testare l’efficacia del farmaco in età pediatrica. Il domperidone possiede inoltre proprie-tà elettrofisiologiche simili agli agenti anti aritmici di classe III: in una piccola quota di pazienti può favorire l’insorgenza di aritmie ventricolari se somministrato ad alte dosi per via endovenosa, in corso di terapie cardiotossiche o con farmaci in grado di aumentarne significativamente i livelli plasmatici (9). Recentemente è stata dimostrata anche una significativa associazione tra la tera-pia orale in età neonatale con domperi-

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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a cura di Graziano Barera

Domperidone: approfondimento farmacologico e clinico Giulia Maria Tronconi et al

7. Tonini M, Cipollina L, Poluzzi E et al. Clinical implications of enteric and central D2 receptor blockade by antidopaminergic gastrointe-stinal prokinetics. Aliment Pharmacol Ther 2004;19:379-390.

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4. Pritchard DS, Baber N, Stephenson T. Should domperidone be used for the treatment of gastro-oesophageal reflux in children? Systematic

Key Points¬¦ Antagonista periferico recettori dopaminergici d2

¬¦ Azione procinetica (esofagea, gastrica, duodenale) e anti emetica (Chemoreceptor Trigger zone)

¬¦ Non indicato l’utilizzo routinario per trattamento rGE in età pediatrica

¬¦ Effetti collaterali extrapiramidali rari per scarso passaggio attraverso la bEE

¬¦ Prolungamento intervallo Q-T associato a somministrazione ev o per os in neonati

¬¦ Possibili interazioni farmacologiche per metabolismo epatico da CYP3A4

¬¦ Non indicazione all’utilizzo del domperidone al di sotto dei 12 mesi

review of randomized controlled trials in children aged 1 month to 11 years old. Br J Clin Pharma-col 2005;59:725-729.

5. Vandenplas Y, Rudolph CD, Di Lorenzo C et al. Pediatric gastroesophageal reflux clinical practice guidelines: joint recommendations of the North American Society for Pediatric gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (NASPgHAN) and the European Society for Pediatric gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (ESPgHAN). J Pediatr gastroenterol Nutr. 2009;49(4):498-547.

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<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<Bibliografia >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

done e l’allungamento del QTc: fattori predisponenti tale complicanza risulta-no essere un’età gestazionale avanzata e la presenza di iperkaliemia (10). In considerazione del profilo di sicurez-za del domperidone, tale farmaco non risulta attualmente approvato negli Stati Uniti dalla FDA né per il trattamento del RGE né per le forme di vomito reattivo, post infettivo o con carattere cronico; tuttavia esso viene largamente utilizzato nel resto del mondo. È comunque necessaria una particolare attenzione nel suo utilizzo, soprattutto in riferimento alle interazioni farmacologi-che, agli squilibri elettrolitici e alla funzio-nalità cardiaca.

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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a cura di Graziano Barera

Domperidone: approfondimento farmacologico e clinico Giulia Maria Tronconi et al

Fellow’s Corner - L’Angolo dello Specializzando

“Ho visto del sangue nelle feci di mia figlia!”Un caso che nasconde alcune sorpreseAndrea Chiaro Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, A.O. Universitaria g. Martino di Messina

a cura diClaudio Romano

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l’attività di formazione di uno specializzando è correlata alla gestione condivisa di casi clinici che spesso rimangono impressi per la loro peculiarità, per l’impegno assistenziale e perché hanno rappresentato l’occasione per un adeguato approfondimento dell’argomento. Questa rubrica concede uno spazio che consente di definire il percorso diagnostico che ha portato alla risoluzione di un caso clinico complesso con relativa revisione critica della letteratura.

Claudio Romano

pResentAzIone ClInICA I genitori non riferiscono altri sintomi associati (febbre, perdita di peso, irrita-bilità). L’alvo è regolare; crescita staturo-ponderale nella norma (peso e lun-ghezza rispettivamente al 20° e al 40° percentile). La piccola è a dieta libera e si alimenta regolarmente. Familiarità non contributoria. Anamnesi perinatale nella norma. Allattamento materno esclusivo per i primi mesi di vita. Svezzamento con glutine al 6° mese. Riferito episodio di gastroenterite circa 1 mese addietro.

esAme obIettIvoAll’ingresso Martina appare una bambi-na serena, reattiva. Presenta cute lieve-mente pallida, normoidratata, mucose pallide, umide. Attività cardiaca ritmica a FC 110 bpm. Addome di forma e volume regola-re; trattabile su tutti i quadranti sia alla palpazione superficiale che profonda. Organi ipocondriaci nei limiti per l’età. Non sono presenti ragadi o fissurazioni perianali e l’esplorazione rettale è ne-gativa, come la restante obiettività.

IpotesI dIAGnostICheI bambini che presentano sanguinamento gastrointestinale (SG) basso rappre-

sentano circa lo 0,3% di tutti i bambini che accedono ad un pronto soccorso (1). Il SG basso può presentarsi sotto forma di ematochezia o rettorragia.Nella valutazione di un SG basso bi-sogna sempre tener presente l’età del bambino, poichè le cause di sangui-namento rettale in un lattante sono di-verse da quelle evidenziate nei bam-bini più grandi e negli adolescenti. Le cause più comuni di sanguinamento rettale nei bambini più piccoli sono le ragadi anali, l’enterocolite infettiva, l’allergia alle proteine del latte, l’intus-suscezione, la presenza di polipi, di un diverticolo di Meckel, di un’iperplasia linfonodale. Altre cause possibili pos-sono essere considerate la porpora di Henoch-Schonlein, la sindrome emolitico-uremica, un’angiodisplasia, i disturbi della coagulazione, una ma-lattia infiammatoria cronica intestinale (2). I sintomi di presentazione, il qua-dro clinico e gli esami di laboratorio sono tipicamente diversi in ciascuna di queste condizioni.

svIluppo del CAso ClInICoL’unico sintomo presentato dalla no-stra piccola paziente è l’ematoche-zia. La bimba non aveva presentato diarrea, perdita di peso, febbre, faci-lità a sviluppare ecchimosi; inoltre si era alimentata sempre regolarmente e non aveva mai presentato segni di allergia o ipersensibilità agli alimenti, né vi era familiarità positiva per atopia. Pertanto, l’ipotesi di una enterocolite infettiva o allergica erano remote così come era improbabile una patologia sistemica come la Porpora di Henoch-Schonlein, una Sindrome Emolitico-Uremica, una malformazione vascola-re, o un disturbo della coagulazione.

L’esclusione definitiva di tali patologie è stata supportata dalla negatività de-gli esami ematochimici. Gli esami di laboratorio, infatti, al momento del ricovero hanno evidenziato “soltanto” un’anemia microcitica sideropeni-ca (Hb 8.5 gr%, HCT 28%, MCV 74 fl, sideremia 14 ug/dl, ferritina 3.9 ng/ml). Negativi o nella norma: PCR, VES, emogasanalisi, funzionalità epatica, renale, elettroliti sierici, proteine totali, albumina, immunoglobuline, PT, PTT, fibrinogeno funzionale, esame urine, test di Coombs diretto ed indiretto; virologia per EBV, CMV, Adenovirus, esame parassitologico delle feci e co-procoltura. Poiché non erano presenti ragadi o fissurazioni visibili e l’esplora-zione rettale era negativa sono state escluse cause perianali di sanguina-mento rettale. Il diverticolo di Meckel è stato successivamente escluso sot-toponendo la piccola a scintigrafia con tecnezio-99m pertecnetato risultata negativa. Durante il ricovero la bam-bina non ha evacuato l’alvo. Un Rx addome documentava una marcata distensione gassosa gastrica ed inte-

Fig. 1 RX addome

Un pomeriggio mi trovavo di guardia in reparto quando ricevo una telefona-ta di un Pediatra del Territorio che mi chiede la possibilità di ricoverare Mar-tina, una bambina di 12 mesi che da circa 2 settimane presentava episodi di ematochezia in pieno benessere. La madre preoccupata aveva eseguito un controllo ematochimico con riscontro di anemia (Hb 9,3 gr/dL) e con indici di flogosi negativi. Avverto lo strutturato di turno e decidiamo di accogliere la piccola per approfondire il caso…

Fig. 2 Eco-immagine a bersaglio

stinale con livelli idro-aerei; non aria libera in cavità peritoneale (figura 1). È stata effettuata successivamente una ecografia che documentava in fossa iliaca destra la presenza di immagine a bersaglio che si estendeva fino alla re-gione ipogastrica, cui si associava mode-sta quantità di liquido libero; reperto eco-grafico compatibile con invaginazione intestinale (figura 2). Il tentativo di ridurre l’invaginazione in modo incruento sotto-ponendo la piccola a clisma opaco utiliz-zando contrasto iodato idrosolubile (ga-strografin) era fallito. La bambina quindi è stata sottoposta ad intervento chirurgico, previa emotrasfusione per il progressivo quadro di anemizzazione (Hb 7.9gr%). Durante l’intervento di riduzione dell’in-vaginazione (di tipo ileo-ceco-colica), i chirurghi hanno evidenziato a 40 cm dal-la valvola ileo-cecale una neoformazione intraluminale ad aspetto plurilobulato (figura 3). L’esame macroscopico docu-mentava una formazione polipoide pe-duncolata di cm 3.5x2.5x1.5 (figura 4), e l’esame istologico un polipo amartoma-toso con diffuse aree di iperplasia ghian-dolare e cospicua quota di tessuto mu-scolare. Il decorso post-operatorio è stato regolare e la bambina è stata dimessa dopo circa una settimana dall’intervento in ottime condizioni cliniche.

1 Un’invaginazione intestinale nei casi tipici esordisce improvvisamente, in un bambino precedentemente in stato di benessere, con un dolore coli-co intenso, che si ripresenta a interval-li frequenti, accompagnato da crisi di pianto e irritabilità. Il vomito è spesso presente soprattutto nella fase preco-ce. Nelle prime ore dopo la comparsa dei sintomi, le feci possono presentare un aspetto normale; in seguito però le escrezioni fecali diventano più scarse o, più spesso, cessano del tutto e il transito di gas intestinali è minimo. Il transito del sangue si osserva general-mente nelle prime 12 ore, ma talvolta non avviene per 1-2 giorni e in rari ca-si non si verifica affatto; nel 60% dei bambini si assiste all’evacuazione di feci contenenti sangue di colore rosso vivo e muco, le cosiddette feci a gela-tina di ribes. Se l’intussuscezione non viene ridotta, con il passare del tempo, il bambino diventa sempre più debo-le e letargico e può andare incontro a shock (nella nostra bambina l’emato-chezia era stata riscontrata da circa 2 settimane!). La palpazione dell’addo-me solitamente evidenzia una massa a forma di salsicciotto, moderatamente dolente, dai margini talvolta non ben definiti ed è più spesso localizzata nel quadrante addominale superiore destro. Comunque circa il 30% dei pazienti non presenta una massa pal-pabile. La presenza di muco ematico sul dito dell’esaminatore, dopo l’esplo-razione rettale, avvalora la diagnosi di intussuscezione (3). L’esplorazione ret-tale nella nostra paziente era negativa. È importante ricordare però che la classica triade sintomatologica (dolore addominale crampiforme, massa ad-dominale palpabile e feci muco-san-guinolenti) è presente in circa il 50% dei casi ed il quadro clinico può pro-gredire in maniera subdola e rimanere misconosciuto. Ciò può determinare un ritardo nella diagnosi favorendo così l’evoluzione verso una sofferenza intestinale che potrebbe portare ad un quadro di addome acuto. Da sottoline-are, soprattutto in questi casi, l’impor-

tanza dell’esame ecografico che si è dimo-strato essere uno strumento diagnostico molto affidabile, con una sensibilità del 98-100%, una specificità del 88% ed un valore predittivo negativo del 100% (4).

I polipi amartomatosi giovanili sono del-le lesioni benigne isolate, di riscontro relati-vamente frequente in età pediatrica (1-2%). Possono manifestarsi con episodi di emato-chezia o rettorragia ed in genere presentano una localizzazione colica (prevalentemente nel retto-sigma). Sono più frequenti nel ses-so maschile ed il picco d’incidenza è intorno ai 2-5 anni di età (5). I polipi, come è stato documentato in letteratura, possono rappre-sentare un fattore coadiuvante nella genesi di condizioni come contribuire all’invaginazione intestinale. Ikegami et al nel 2006 ha descrit-to come un’amartoma mioepiteliale a livello dell’ileo abbia determinato un’invaginazione in un bambino di 5 mesi di vita (6). Puri e Guiney, precedentemente avevano riportato come 10 (3.5%) su 292 cause di invagina-zione in bambini erano state determinate da neoformazioni del piccolo intestino (7).

<<<<<<Bibliografia>>>>>

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La presentazione clinica dell’invaginazione intestinale può anche essere subdola senza un quadro acuto sub-occlusivo?

La lesione polipoide ha rappresentato un fattore coadiuvante l’episodio di invaginazione?

spunti di approfondimento

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Fellow’s Corner a cura di Claudio Romano

“Ho visto del sangue nelle feci di mia figlia!” Un caso che nasconde alcune sorprese - Andrea Chiaro

28 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Fig. 3 Polipo

Fig. 4 Esame macroscopico del polipo

Take Home Messages¬¦ Non sottovalutare situazioni

apparentemente gestibili

¬¦ l’applicazione di un iter diagnostico ragionato guida verso una diagnosi corretta soprattutto quando ci si trova di fronte a quadri clinici atipici o non conclamati

¬¦ ruolo fondamentale dell’esame ecografico nelle invaginazioni

¬¦ Una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo evitano serie complicanze per il paziente

“Ho visto del sangue nelle feci di mia figlia!” Un caso che nasconde alcune sorprese - Andrea Chiaro Endoscopy Learning Library

Ascesso pancreatico: quale trattamento?

filippo torroni, paola de Angelis, tamara Caldaro, francesca foschia, Giovanni federici, vincenzina lucidi1, luigi dall’oglioUnità Operativa Complessa di Chirurgia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Pediatrico Bambino gesù di Roma1Unità Operativa di Fibrosi Cistica, Ospedale Pediatrico Bambino gesù di Roma

a cura diGiovanni Di NardoFilippo Torroni

29 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

CAso ClInICoPaziente di 17 anni (peso Kg 53; altezza 168 cm) affetto da Sindrome di Berardinelli (Lipodistrofia generalizzata congenita) con pregressa diagnosi di pancreatiti ricorrenti e calcolosi del coledoco. Pregressa colangio-pacreatografia retrograda per via endoscopica (CPRE) con sfinterotomia della papilla maior, rimozione calcolo e stent naso bi-liare, successivamente rimosso. Benessere per alcune settimane quindi successiva comparsa di dolori addominali e febbre elevata; giunto al DEA il paziente veniva sottoposto ad ecografia addominale che mostrava una raccolta iperecogena in regione retro-gastrica; amilasi e lipasi risul-tavano essere normali così come transaminasi e gammaGT; Proteina C reattiva 3 mg/dl.Successivamente veniva effettuata una TC addome che mostrava una voluminosa formazione ascessuale, solo parzialmente colliquata, situata posteriormente allo stomaco su cui determina un’impronta a convessi-tà anteriore (figura 1).È stato pertanto iniziato ciclo di te-rapia antibiotica per 10 gg (metroni-dazolo, ceftazidime, amikacina) con transitorio miglioramento del quadro clinico ed ecografico (lieve riduzione di volume della tumefazione con incremento della componente colliquativa). Il successivo controllo TC addome, eseguito per nuovo peggioramento del quadro clinico con febbre ed elevazione degli indici di flogosi, confermava l’esame precedente, mostrando anche un marcato incremento della com-ponente colliquativa. Rimanevano invariati i rapporti con la parete poste-riore gastrica.Si decide di effettuare una esofago-gastro-duodenoscopia dove si identifi-ca una voluminosa impronta di forma rotondeggiante disposta sulla parete posteriore dello stomaco e occupante gran parte della cavità gastrica.

teRApIA endosCopICA e follow-upL’approccio è stato di tipo conservati-vo. Il trattamento endoscopico è stato preceduto da un tentativo di gestione antibiotica della lesione e comunque programmato dopo aver verificato:1. la presenza di una importante colli-

quazione all’interno della lesione2. la presenza di rapporti anatomici

invariati con effettivo contatto tra la lesione ascessuale e la parete poste-riore gastrica

La marsupializzazione della lesione è stata eseguita mediante incisione con ago da pre-cut sulla parete poste-riore dello stomaco previa effettuazio-ne di ecoendoscopia con minisonda radiale da 20 MHz. L’ecoendoscopia ha messo in evidenza i rap-porti esistenti tra la parete ga-strica e la lesio-ne ascessuale; ben visibile è risultata essere la componen-te colliquativa corpuscolata all’interno della lesione stessa facilmente ri-conoscibile per l’iperecogenici-tà. Quindi, una volta incisa la lesione, si è provveduto a posizionare un filo guida su cui si è fatto progredire dre-naggio gastrocistico da 10 Fr a doppio pig tail, che è servito a decomprimere la cavità ascessuale (figura 2).La procedura è stata condotta con l’ausilio dell’amplificatore di brillanza.Visto l’ottimo drenaggio di materiale

Fig. 1 TC addome: voluminosa formazioneaggettante nel lume gastrico evidentela componente colliquativa, più scura

Fig. 2 TC addome: drenaggio gastrocistico da 10 Fr a doppio pig tail

video 1

video 2

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Vi proponiamo un caso di ascesso pancreatico trattato conservativamente mediante marsupializzazione gastro-cistica perendoscopica in un paziente di 17 anni affetto da Sindrome di Berardinelli. La procedura è stata preceduta da un’ecoendoscopia per dimostrare i rapporti esistenti tra la pseudocisti e la parete gastrica; la marsupializzazione è stata eseguita mediante ago da pre-cut con successivo posizionamento di drenaggio pig tail

<<<<Bibliografia>>>>purulento attorno e dal drenaggio, si è soprasseduto all’introduzione di un secondo stent naso-gastro-cistico, per l’esecuzione di lavaggi, come suggeri-to in letteratura per la gestione delle pseudocisti pancreatiche infette. Dopo circa 15 giorni lo stent è stato sostituito da uno da 7 Fr con il raggio del pig tail più corto, per facilitare il collabimento delle pareti della cavità residua. Il follow-up è stato clinico, ematochimico e strumentale (esami ematochi-mici, ecografie di controllo e gastroscopia dopo 3 mesi per rimuovere il drenaggio). Al momento il paziente risulta asintomatico e non necessita di ulteriori controlli seriati.

ConClusIonIIl drenaggio per-endoscopico di ascessi o cisti pancreatiche è una metodi-ca conosciuta dalla fine degli anni 90 e primi anni del 2000 come alternativa ad un approccio di tipo chirurgico (1).La procedura risulta essere condivisa, standardizzata e ad appannaggio di per-sonale altamente qualificato; essa prevede:

1. valutazione e conferma, con ecoendoscopia, dei rapporti anatomici già eviden-ziati con precedenti tecniche di imaging

2. la marsupializzazione gastrocistica mediante ago da pre-cut, o apposito di-spositivo (Cistotomo di Devière) che riduce i rischi di sanguinamento della parete gastrica; verifica con amplificatore di brillanza ed iniezione di contra-sto della corretta puntura e della sede del filo guida

3. eventuale dilatazione del tramite mediante dilatatore idrostatico quindi ap-plicazione di drenaggio.

I vantaggi della procedura sono riconducibili ad una importante mini-invasività rispetto alla chirurgia ed a tempi di degenza e complicanze ridotti (2-3-4).

1. Baron TH, Thaggard Wg, Morgan DE, Stanley RJ. Endoscopic therapy for organized pancreatic necrosis. gastroenterology 1996;111:755-64.

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30 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Endoscopy Learning Library a cura di Giovanni Di Nardo e Filippo Torroni

Ascesso pancreatico: quale trattamento? Filippo Torroni et al

Pediatric Gastroenterology Educational Article

La dispepsia funzionale

Graziella Guariso e Alessandra meneghelServizio di gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Pediatrica, Dipartimento di Pediatria “Salus Pueri”, Università degli Studi di Padova

a cura diSalvatore Accomando

31 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Il sintomo epigastralgia che tradizionalmente rimanda ai disordini acido correlati ed a volte anche a situazioni organiche sottostanti di tipo diverso, può essere modalità di presentazione dei dolori addominali ricorrenti (DAR), che ad oggi co-stituiscono una causa crescente di richiesta di prestazioni da parte dei pediatri. La maggior parte di questi non sottende nessuna causa organica trattandosi di disturbi esclusivamente funzionali. Etichettata in varia maniera, a seconda delle classificazioni avvicendatesi nel tempo, la dispepsia funzionale rientra a pieno titolo in questa categoria.

Sebbene il termine “dispepsia” sia comunemente utilizzato nella pratica clinica quotidiana, non esiste attual-mente a riguardo una definizione uniformemente accettata. Il Comita-to di Roma III nel 2006 ha stabilito come criteri clinici diagnostici (1) per la dispepsia funzionale la presenza, almeno una volta alla settimana, nei due mesi precedenti la diagnosi, dei seguenti sintomi o segni:

• dolore/fastidio persistente o ricor-rente, ai quadranti addominali su-periori (sopra l’ombelico); che non scompare con la defecazione; non associato a modificazioni della fre-quenza o della consistenza delle feci; possono essere presenti nau-sea, senso di sazietà precoce, erut-tazioni;

• non evidenza di alterazioni anato-miche, di patologie infiammatorie, metaboliche o neoplastiche in gra-do di spiegare i sintomi.

L’esatta eziologia o patogenesi della dispepsia funzionale non è nota e non esistono specifici marker diagno-stici per questo tipo di disturbo (2,3). Cofattori fisiopatologici possono esse-re modifiche dell’ attività mioelettrica gastrica, ritardato svuotamento gastri-co, alterazioni della motilità gastrica e antro-duodenale. La diagnosi è il risul-tato di un processo di esclusione di altre forme organiche (2). L’ anamne-si e l’ esame obiettivo sono strumenti utili per evidenziare eventuali sintomi d’ allarme (3), che impongono la ne-cessità di indagini diagnostiche di ap-profondimento, per escludere patolo-gie gastrointestinali organiche.

Tabella 3 Iter differenziato a seconda dei sintomi di allarme

dolore persistente al quadrante addominale inferiore o su-periore destro Considerare cause chirurgiche addominali, coinvolgimento del tratto urinario, malattia peptica, infezione da H.pylori, pancreatiti ricorrenti

dolore che risveglia il bambino dal sonnoConsiderare GERD, altre esofagiti, malattia peptica, infezi-one da H.pylori, malattie sistemiche, vasculiti, pancreatiti ricorrenti, disturbi della motilità intestinale

disfagiaConsiderare ingestione sostanze tossiche o farmaci (in partico-lare FANS), malattie sistemiche, esofagiti infettive, esofagite eosinofila, malattia di Crohn a localizzazione esofagea

malattia perirettaleConsiderare malattie infiammatorie croniche intestinali, abuso

Vomito o diarrea persistentiConsiderare intolleranze alimentari, celiachia, infezioni gas-trointestinali, malattie infiammatorie croniche intestinali, disturbi della motilità intestinale, cause chirurgiche

Perdita di peso involontaria, deflessione della curva di cresci-ta, pubertà ritardataConsiderare malattie infiammatorie croniche intestinali, in-fezioni gastrointestinali, GERD, celiachia, malattie sistemi-che, vasculiti, disturbi della motilità intestinale

Sanguinamento gastrointestinaleConsiderare ingestione sostanze tossiche o farmaci, malattie sistemiche, vasculiti, malattie infiammatorie croniche intesti-nali, infezioni gastrointestinali, GERD, malattia peptica, infe-zione da H.pylori, ipertensione portale

Febbre da causa sconosciutaConsiderare malattie infiammatorie croniche intestinali, in-fezioni gastrointestinali, malattie sistemiche, vasculiti

Familiarità per malattie infiammatorie croniche intestinali, celiachia o malattia peptica

ArtropatiaConsiderare malattie infiammatorie croniche intestinali, in-fezioni gastrointestinali, malattie sistemiche

Tabella 4 Follow-up

Il bambino con sintomi dispeptici, nel quale viene sta-bilita una diagnosi di malattia organica, può continu-are a presentare, nonostante un’ adeguata terapia, attenuati disturbi dispeptici di natura funzionale che necessitano di un approccio psico-comportamentale (vedi boX 2).

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<<<<<<<<<<Bibliografia>>>>>>>>>>

Tabella 1 Segni e sintomi di allarme in bambini con sintomi dispeptici

dolore persistente al quadrante addominale inferiore o superiore destro

dolore che risveglia il bambino dal sonno

disfagia

Vomito o diarrea persistenti

Sanguinamento gastrointestinale

Familiarità per malattie infiammatorie croniche intesti-nali, celiachia o malattia peptica

malattia perirettale

Perdita di peso involontaria

deflessione della curva di crescita

Pubertà ritardata

Febbre da causa sconosciuta

Artropatia

Tabella 2 Approccio al bambino con dispepsia funzionale (in assenza di sintomi di allarme)

Tranquillizzare la famiglia e il bambino sulla natura parafisiologica e sull’evoluzione favorevole del disturbo

ripresa da parte del bambino delle normali attività quotidiane (es. scuola, sport). Incoraggiare la presa in cura da parte della famiglia, evitando atteggiamenti di iper-protezione come di negazione del disturbo. responsabilizzare a tal riguardo, per la presa in cura, il pediatra di famiglia.

Identificare possibili fattori di stress psico-emotivo che possono scatenare i sintomi ed eventuale appog-gio a Servizi di Neuropsichiatria Infantile o Psicologia dell’Età Evolutiva.

modificare le abitudini alimentari: impostazione di una dieta equilibrata per apporto di nutrienti, osmo-larità, fibre; evitare cibi piccanti che possono stimolare la secrezione gastrica e cibi troppo grassi che possono rallentare lo svuotamento gastrico; correg-gere abitudini alimentari errate; ecc.

Evitare l’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei.

32 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

Pediatric Gastroenterology Educational article a cura di Salvatore Accomando

La dispepsia funzionale Graziella Guariso et al

Ped GI Snapshots

a cura delComitato di Redazione

33 SIGENP NEWS Volume II - n. 1 APRIle 2010

anticipazioni del prossimo numero

Mata-analysis RewiewsTerapia farmacologica NAFDL di Pietro Vajro

Pediatric Nutrition Outside BoxAspetti nutrizionali del bambino di Paola Roggero

Training and Educational CornerVideocapsula in pediatria di Gianluigi de’ Angelis

Gastroenterology Clinical ResearchDisplasia nelle IBD di Maurizio Vecchi

News in Pediatric Gatsroenterology PharmacologyAziatropina 6MP di Arrigo Barabino

upDate in gastroenterologia

peDiatriCa

Catanzaro 4 giugno 2010Università degli Studi “Magna Græcia” di Catanzaro - Campus Universitario “Salvatore Venuta”Viale Europa - Località Germaneto

SEGrETErIA orGANIzzATIVA Gruppo Chronos Catanzaro

Scesa Gradoni (Ospedale Vecchio), 1188100 - CatanzaroTel. 0961 744565 - Fax. 0961 709250Cell. 333 8223137 - 349 [email protected]

Eventi, Corsi e Congressi

the 43rD annual sCientiFiC meeting oF the european

soCiety For paeDiatriC

gastroenterology, hepatology

anD nutrition

Istanbul, Turchia 9-12 giugno 2010 Istanbul Convention and Exhibition Centre (ICEC)

SEGrETErIA orGANIzzATIVA ESPGHAN 2010

c/o MCI UK - Durford Mill Petersfield - Hampshire - GU31 5AZTel. +44 0 845 1800 360Fax. +44 0 870 442 [email protected]

XXii european Congress

perinatal meDiCine

Granada, Spagna 26 - 29 maggio 2010Granada Conference and Exhibition CentrePaseo Viol n S/N

SEGrETErIA orGANIzzATIVA MCA EVENTS S.r.l.

Via G. Pellizza da Volpedo, 420149 - Milano (Italy)Tel. +39 02 3493 4404Fax +39 02 3493 [email protected]

Pescara7 - 9 ottobre 2010Palacongressi d’AbruzzoMontesilvano, Pescara

SEGrETErIA orGANIzzATIVA ECON S.r.l.

Via della Moscova 16, - 20121 MilanoTel. +39 02 29005745Fax +39 02 [email protected]

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Xvii Congresso naZionale sigenp