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1 SOLO UN SORVEGLIANTE di Gavin Fyhrie

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SOLO UN SORVEGLIANTE

di Gavin Fyhrie

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Sorveglianti, siamo noi. Kerrigan, ascoltammo noi. Le parole del Noi, sostennero noi. Scomparsa, è Kerrigan. Pazzo, divenne il Noi. Pazzi, divenimmo noi, nati dopo la Genesi.

Ricordarono, alcuni di noi. Gli antichi pianeti natii, ricordammo noi. I giovani affamati, ricordammo noi.

La paura, ricordammo noi. Il Noi, invocammo noi. Salvati dal Noi, noi. Diventammo, noi.

Una vita lunga, viviamo noi. Il linguaggio dei colori e della mente, ricordammo noi. Contammo, noi.

Piangemmo, noi. Uccisi dal non-Noi, molti di noi. Ma: Non uccisi, furono Uno e Uno. Questo uno e il compagno di secoli fa.

Mentre le nostre menti dormivano, servimmo noi. Insieme quando le nostre memorie tornarono, fummo noi.

Sulla linea dell'orizzonte, aspettiamo Uno e Uno. Da un lato, il calmo abbraccio del Noi. Tornerà, Kerrigan. Questo, sappiamo noi.

Dall'altro lato, pazzia. Solitudine.

Fissi sull'orizzonte, staremo noi. Morti, gli altri come noi. Morti, i nostri giovani noi. Gli ultimi di noi, siamo noi.

Uno e Uno.

* * * Dieci minuti prima di morire, Razek guardò fuori, verso la nuova casa dei suoi pirati

Scantid, con un senso di grande soddisfazione. Si trovava sul ponte d'osservazione dell'ex Accademia dei Fantasmi di Tarsonis, un

gigante sdraiato, lucido di marmo nero all'esterno e di neo-acciaio all'interno. Intorno all'accademia, la terra ormai secca della piazza cittadina con al centro un monumento in frantumi, un eroe della Confederazione di cui rimanevano solo due piedi di pietra su un piedistallo.

Cinque anni prima su Tarsonis, pianeta capitale della Confederazione, erano arrivati gli zerg. Erano morti miliardi di umani in una manciata di giorni, uccisi dagli zerg o dai protoss. Ora Tarsonis era un pianeta fantasma, un canale per i venti che ululavano tra le pietre fredde, attraverso i rottami arrugginiti dei grattacieli distrutti. La città di Tarsonis era un luogo spettrale, e dal momento che le squadre di recupero del Dominio se n'erano andate, non c'era più niente là fuori.

Razek sorrise, strofinandosi la fitta rete di cicatrici sulla gola: niente, tranne i suoi pirati, naturalmente. E un paio di pattuglie del Dominio. Troppo poche, secondo alcuni.

Certo, l'accademia aveva bisogno di un po' di manutenzione. Erano riusciti ad accedere solo al livello A, mentre gli ascensori scendevano fino al livello Z. Razek si accese una sigaretta e soffiò il fumo tra i denti: chissà quali segreti piccanti e costosi aveva nascosto laggiù la Confederazione.

Sbatté le palpebre. Un puntino chiaro tracciò un breve segmento luminoso nel grigio cielo di Tarsonis, una linea che si curvò e poi tornò indietro, dritta verso...

Razek cercò a tentoni il suo comunicatore proprio mentre la navetta medica del Dominio, con i motori al massimo, si fermava bruscamente sopra il cortile polveroso

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dell'accademia. Otto marine in armatura CMC potenziata corsero fuori dalla rampa di carico frontale, calpestando la polvere con i loro pesanti rumori meccanici.

Sera e Bourmus, di guardia al tunnel d'ingresso sotto la statua in rovina, rimasero a bocca aperta. Sera riuscì a malapena ad afferrare l'arma prima che i quattro marine più vicini si mettessero in ginocchio, e tutti e otto contemporaneamente cominciassero a far fuoco con i fucili gaussiani. Il fuoco dei C-14 fece a pezzi le due guardie, riducendole in poltiglia.

Erano trascorsi solo 20 secondi da quando Razek aveva avvistato la navetta. Il comunicatore, ancora inutilizzato, gli tremava in mano.

Uno dei marine, con l'armatura graffiata e ammaccata, ruppe le righe e si diresse verso il tunnel. Urlando, Miles corse fuori dal tunnel con quel suo maledetto coltello. Il marine gli afferrò il polso, lo stritolò, poi gli frantumò il cranio con un rovescio, spargendo il cervello di quell'idiota nella polvere.

"Razek!" urlò Lom nel comunicatore. "Marine! Stanno uccidendo tutti!" Non tutti, non ancora, pensò Razek, dirigendosi verso l'ascensore pistola in pugno. Ma

sono sicuro che gliene daremo l'opportunità.

* * * Quattro marine del Dominio avanzarono appaiati lungo il corridoio. La loro massa

impediva alla luce del sole di filtrare attraverso il cancello anteriore, quindi accesero i fari frontali delle tute, disegnando cerchi di luce nel buio.

Un pirata pieno di cicatrici balzò fuori, illuminato dagli occhi di bue come uno spogliarellista inesperto, e sparò una rapida raffica di colpi. Un proiettile fortunato ferì la gamba del primo marine di sinistra, il quale cadde sull'altro ginocchio, alzò il C-14 e rispose al fuoco. Come aculei di un trafiggitore, i colpi tracciarono una linea diagonale sul petto del pirata, troncandolo in due.

Poi arrivarono gli altri pirati, alcuni spinti forse da quel cedimento di nervi che tanti erroneamente chiamano coraggio, altri per pura disperazione. Un marine dalle retrovie lanciò una granata sull'eroica ultima carica dei pirati, granata che arrivò fin dentro l'ascensore alle loro spalle.

Fiamme e schegge d'acciaio rimbalzarono indietro lungo il corridoio. I pirati vennero fatti a pezzi. Letteralmente.

Grondante di sangue e di frammenti organici, il sergente Bayton sollevò la visiera protettiva del suo casco.

"Soldato Berry?" disse pacatamente, pulendosi i guanti della tuta dai resti dei pirati. "La tattica che hai appena utilizzato è stata molto coraggiosa e decisamente unica."

"Grazie, sergente!" "Certo. Unica perché la maggior parte dei marine definirebbe l'utilizzo di una granata a

frantumazione in uno spazio così angusto maledettamente stupido!" Il sergente Bayton gli si avvicinò con lenta cattiveria e gli strappò il C-14 dalle mani. "Non lo riavrai indietro finché non imparerai a sparare come un adulto, soldato." "Ma..." "Senza offesa, sergente," disse il soldato Kell Daws, sempre in ginocchio a causa del

colpo fortunato alla gamba, "ma Berry ha l'istinto di autoconservazione di una falena in una fabbrica di fuochi, e quelle granate sono spettacolari quando esplodono. Non è colpa sua."

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"Sono contento che la pensi così, perché ti sei appena offerto volontario di aiutarlo a pulire questo corridoio."

"Nooo, sergente!" Il quarto marine alzò un braccio: qualcosa ne gocciolava. Il soldato Caston Gace sollevò la visiera appena in tempo per voltarsi verso il muro a

vomitare. Berry era confuso. "Devo pulire anche quello, sergente?" "Attenzione attenzione, a tutti i membri della squadra," Kell disse con finta serietà nel

comunicatore. "Comunicazione importante. Il soldato Gage ha espulso del biostrato, potrebbe essere infestato."

Il sergente Bayton sospirò e alzò gli occhi al cielo. "Reclute."

* * *

Una volta che il piano terra fu ripulito, i marine si sfilarono le armature e iniziarono il lungo processo di conversione dei livelli superiori dell'accademia in ambienti agibili. Passarono dieci ore. Il corridoio d'ingresso fu pulito secondo gli standard un po' sleali del sergente. La sala mensa al secondo piano richiese maggiore attenzione. E Caston non aveva ancora smesso di sentirsi imbarazzato per il suo momento di debolezza.

"Ha fatto un buco nel neo-acciaio," giurò Kell. "Disgustoso. Mi sono dovuto coprire gli occhi con un pancreas..."

"Da quando sei un esperto d'anatomia?", disse il soldato Vallen Wolfe dalla cucina. Era l'unico cuoco di cui ci si potesse fidare.

"Mi sono dovuto coprire gli occhi con quello che probabilmente era un pancreas," si corresse Kell, mostrando a Vallen il suo dito preferito.

Le reclute marine (amorevolmente soprannominate "Squadrone Polpettina" dal sergente Bayton) erano state inviate sul pianeta deserto per presidiare l'interno dell'accademia abbandonata e per trascorrere un paio di settimane a giocare alla guerra tra grattacieli in rovina e vetrine infrante. Bayton era felice di aver trovato subito una concreta possibilità di combattere.

I marine erano reclute giovani e inesperte, ma per fortuna loro le tute erano pesantemente corazzate, dotate di display per la mira del bersaglio e il rilevamento delle minacce, e facevano la maggior parte del lavoro. I pirati non avevano avuto alcuna possibilità.

"Siamo fottuti re guerrieri," dichiarò la soldatessa Hanna Saul, sbattendo la porta mentre entrava.

"Regine, nel tuo caso," disse Berry allegramente. Era il più giovane di tutti e oltretutto un ex studente di xenobiologia. Era entrato nei marine per potersi permettere di riprendere gli studi.

"Grazie," disse Hanna, accendendosi un sigaro terribile. "Me ne ero scordata." "Non si fuma nella sala mensa!" ruggì Vallen da dietro il pentolone fumante. "Non ti scaldare," disse Kell, mentre Hanna tornava indietro e con fare insolente

metteva la mano con il sigaro fuori dalla porta, fissando Vallen con gli occhi spalancati. "Mi sa che stiamo cambiando argomento."

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Con le dita strette attorno alla canna di un fucile di precisione Bosun FN92, Caston fissò Kell.

"Gli abbiamo fatto vomitare l'anima a quei pirati," disse Kell con aria innocente, e poi verso Caston "Vero?"

"Le tute hanno fatto la maggior parte del lavoro," disse il soldato Dax Damen, chinandosi per passare sotto il sigaro di Hanna. La granata di Berry aveva distrutto due dei tre ascensori e Dax aveva trascorso le ultime sei ore a riavviare i generatori, a riparare gli impianti elettrici e a cercare di sbloccare l'intricata rete di sicurezza dell'accademia.

"Queste tute sono spazzatura," disse Vallen. "La tenuta corazzata da fanteria 5-4 che la mia famiglia ha modificato è..."

"Ehi, aspetta," lo interruppe Kell. "I tuoi sono i Wolfe delle industrie Wolfe? Tu lo sapevi, Hanna?"

"Oh, sì," disse Hanna. "Penso di averlo capito dopo le prime cinquecento volte che l'ha tirato in ballo."

"Ah-ah," disse Vallen sorridendo. "Io non l'avevo mai sentito," intervenne Caston, sollevato che le prese in giro

prendessero un'altra direzione. "Probabilmente perché eri occupato a vomitare," disse Kell. "Vallen ammira così tanto Mengsk..." iniziò Hanna. "L'imperatore Mengsk," la corresse Dax dall'angolo. "...sua grazia, sua signoria, l'eterno imperatore Mengsk il primo," disse Hanna,

genuflettendosi, "che ha deciso di fare a meno di tutte le sue ricchezze per unirsi a noi uomini comuni..."

"E donne comuni," disse Berry utilmente. "Grazie, Berry," disse Hanna. "Me l'ero dimenticato un'altra volta. Uomini e donne

comuni, dicevo, e farsi un nome sul campo di battaglia. Poi, se non avrà nient'altro da fare, sacrificherà un intero pianeta per salire... a... Salve, sergente!"

"Non smettere di parlare per colpa mia, soldato Saul," disse il sergente Bayton, sbucando dal buio della sala mensa. Anche senza tuta, era un uomo grande e grosso, con una lunga cicatrice che attraversava i capelli a spazzola.

"Stava solo scherzando, sergente," disse Kell, senza più sorridere. "Non pensi di aver difeso abbastanza gente oggi?" gli chiese Bayton, alzando un

sopracciglio. "E poi, cosa mi interessa? Lei è un'ergastolana, proprio come me. Il che le dà il privilegio di potersi lamentare, purché faccia attenzione a dove e come esercita questo diritto."

Il sergente sostenne lo sguardo di Hanna per un lungo, sinistro momento. Lei annuì. Bayton annusò l'aria.

"C'è proprio un buon odorino qui dentro. Sei un angelo di misericordia, soldato Wolfe. Dove sono il nostro medico e il soldato Drumar?" Un'espressione inorridita attraversò il suo volto. "Non insieme, spero."

"No," rispose Caston. "Ho visto il soldato Drumar dirigersi verso il ponte d'osservazione. Penso che il caporale Sawn sia nella sua stanza."

"Quella non mi piace," disse Dax, e i marine si voltarono all'unisono sorpresi. Dax esprimeva raramente il suo parere. Era stato risocializzato per qualche crimine non meglio specificato dopo l'arruolamento, e gli altri pensavano che non ne fosse rimasto molto, del Dax originale. "Ci parla come se fossimo già morti."

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"Se fossi in lei, neanche voi mi piacereste," disse Bayton, dopo essersi ripreso. "Portarvi in giro in volo, essere svegliata ogni volta che uno di voi fiorellini delicati sbatte un gomito... Soldato Gage, vai a controllare il nostro marine scomparso... senza annegare nel vomito stavolta!"

Sapendo che parlare con Bayton di qualsiasi cosa era la via più diretta per farsi dare un incarico "volontario", Caston se ne andò, buttandosi il suo FN92 in spalla.

* * *

Mentre l'ascensore saliva, Caston chiuse gli occhi e appoggiò una mano sulla parete

ronzante. Aveva sorriso sempre al momento giusto e reagito sempre nel modo giusto. Nessuno di loro aveva sospettato nulla.

Cominciò a urlare nella cabina insonorizzata, prendendo a pugni le pareti, ancora e ancora, pregando a ogni colpo che l'ansia se ne andasse.

* * *

Quindi, Caston uscì dall'ascensore composto e sorridente. Tuttavia, non aveva alcun

bisogno di preoccuparsene, perché il soldato Marc Drumar stava guardando fuori dalla finestra, verso il buio del paesaggio urbano in rovina, dove i grattacieli spezzati si stagliavano come lapidi al chiaro di luna.

"Marc, il sergente dice che devi scendere per la cena." "Non ho fame," rispose Marc. "Be', dice che non gli interessa," disse Caston piano. "Sai com'è fatto." "Non mi piace," continuò Marc in fretta. "È un tipo a posto," disse Caston, perplesso. "No," proseguì Marc, voltandosi verso di lui. "Voglio dire oggi. Le uccisioni. Pensavo di

essere pronto, ma poi ho sparato a quella donna e l'ho vista cadere a pezzi." Un buco freddo si spalancò nel petto di Caston. Le mani gli tremavano. Aveva bisogno di

dire qualcosa, qualsiasi cosa, per interrompere quella conversazione prima che prendesse il largo.

"Era solo feccia," disse. Merda. "Scusa?" disse Marc, aggrottando le sopracciglia. "Lei ti avrebbe ucciso. Ha cercato di ucciderti, amico," disse Caston, cercando di riparare. "Sì, lo so," disse Marc, e Caston si rilassò. "Ma stavo guardando questa città..." continuò Marc. "E pensavo. Noi passiamo tutto il

nostro tempo a combattere i ribelli, i pirati, gli zerg, i protoss. I nostri pianeti sono in rovina e noi continuiamo a ucciderci a vicenda. E per che cosa?"

Caston sbuffò. "Che cosa dovremmo fare? Parlare con loro? Vogliono sterminarci, idiota."

Marc sbatté le palpebre una volta. "Dopo quello che ti è successo oggi, pensavo avresti capito."

"Non sono un vigliacco." "Nemmeno io," disse Marc, affrontando con calma e un po' di tristezza la rabbia di

Caston. "Ma non voglio farlo più."

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Caston si voltò dall'altra parte e si avvicinò a una finestra senza vetri, serrando i pugni fino a bloccare l'afflusso di sangue. Il vento odorava di ruggine e di degrado. Inspirò.

Ed espirò. "I nostri nemici non sono ragionevoli," disse. " Marc, guarda questo posto. Tu vuoi

rinunciare a sparare, ma loro ti uccideranno che tu sia armato o meno. Faranno b-bruciare la tua casa fino a ridurla in cenere. A loro non importa se combatti o ti arrendi."

"Caston," disse Marc, dopo un lungo silenzio. "Di dove sei?" "Non ci arrivi?" disse Caston di rimando, voltandosi. "Non importa! Scegli un pianeta a

caso! Le nostre città sono state distrutte, invase o eliminate dall'orbita. Non possiamo starcene in disparte, cazzo. Se non combattiamo, siamo finiti."

Dietro Marc, qualcosa galleggiava tra le colonne scure di due grattacieli. Due cose. Erano enormi sagome scure con appendici penzolanti. Un brivido di terrore scosse Caston dalla punta dei capelli.

I primi sorveglianti che aveva visto erano sorti come tumori sull'orizzonte di Mar Sara, durante i suoi ultimi giorni. Allora non si sapeva nulla degli zerg. Lui era seduto sul tetto della casa dei suoi genitori, a guardarli eclissare la luce del giorno.

Aveva pochi ricordi frammentari del giorno che seguì. Nuvole scure di mutalische che inondavano l'orizzonte in stormi ondeggianti. Lui chiuso in cantina e sua madre che da fuori lo proteggeva, mentre artigli insanguinati tagliavano lei e il legno della porta. Le mani ruvide di suo padre intorno alla vita che lo spingevano a bordo dell'ultimo trasporto, mentre gli zergling sciamavano su per la rampa e i sorveglianti restavano sospesi nell'aria, a guardare...

Caston si tolse il FN92 dalla spalla e spinse da parte Marc. "Caston, che cazzo..." Attraverso il mirino, i due sorveglianti erano perfettamente visibili, pur essendo notte.

Masse bulbose e pulsanti di carne violacea, costellate da protuberanze di carapace e ossa seghettate. Nella parte sottostante, le zampe da ragno si agitavano appena dietro le teste scure. Entrambi avevano grappoli di occhi leggermente luminosi: il sorvegliante più grande li aveva viola, l'altro verdi.

Si erano fermati a mezz'aria e si stavano voltando uno verso l'altro. Se non fossero stati dei mostri, Caston avrebbe detto che stavano parlando tra di loro.

Prese la mira e puntò la testa del più vicino. L'ansia, quella paura tremante che lo aveva perseguitato sin dall'ingresso nell'accademia, se n'era andata.

"Caston," disse Marc. "Ne ho sentito parlare. Tutti gli zerg sono impazziti. Nessuno li tiene più sotto controllo. Ma sono innocui."

"Bene," disse Caston, e premette il grilletto. La testa del sorvegliante si staccò di netto. Colpì il fianco di un edificio vicino e cadde

delicatamente a terra, come un sacchetto accartocciato. Gli occhi viola si spensero uno a uno.

Con lentezza glaciale, il sorvegliante sopravvissuto si voltò verso il mirino. Occhi di smeraldo brillarono nel buio, incontrando quelli di Caston. Lo vedevano.

Caston sparò di nuovo e mancò il bersaglio. Il sorvegliante aveva fatto fuoriuscire alcuni gas, spostandosi verso sinistra, dietro l'edificio più vicino.

"Non ho intenzione di stare a guardare," disse Marc. Caston lo ignorò, tenendo di mira il contorno del grattacielo. Le porte dell'ascensore tintinnarono alle sue spalle, mentre lui immobile aspettava.

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Passò un'ora, e gli occhi verdi non ricomparvero più. Con una smorfia, si buttò il fucile sulla spalla e scese.

* * *

Non più Uno e Uno, siamo noi.

Uno, siamo noi. Soli, siamo noi. Gli ultimi di noi, siamo noi. Con furia e rabbia, precipitiamo noi dalla linea dell'orizzonte. Dall'abbraccio, ci liberiamo

noi. Nella pazzia.

Nella solitudine. Noi... Noi...

Siamo soli. Gli ultimi di noi, siamo noi. Quelli di noi nati ora non ricorderanno il tempo prima della Genesi. Il mondo di noi sarà dimenticato. Bisogna far pagare. Bisogna punire. Noi li puniremo. Noi? Io. Io li punirò. E Io porterò il Noi.

* * *

Caston, Kell e Marc avanzavano sulla strada stretta fiancheggiata da palazzi in rovina. Le

finestre vuote si aprivano sulle tenebre interne come orbite vacue. Un fucile tuonò da un tetto. Il colpo sibilò verso il basso, spruzzando di rosso la gamba

corazzata di Kell e il terreno tutt'intorno. Caston e Drumar si misero al riparo contro il telaio arrugginito di un veicolo un tempo di lusso.

"Ancora la gamba!" gemette Kell, cadendo obbediente sul suo ginocchio tutto macchiato di pittura e strisciando verso il resto della sua squadra.

"E quello lo chiami un colpo letale, soldato Berry?" ringhiò il sergente Bayton sul canale libero del comunicatore.

"Mi dispiace, sergente," rispose Berry dal tetto. Il fucile tuonò un'altra volta, mancando Kell di un metro. Caston capì da dove veniva il colpo, seguì la traiettoria e vide la canna del fucile scomparire dietro il bordo di un tetto. Il suo display inquadrò il contorno del soldato Berry attraverso il calcestruzzo.

"Individuato e sotto tiro," disse Caston, sorridendo. "Mi dispiace, Berry." "Ben fatto, soldato Gage," disse il sergente Bayton. Si sentì un rumore secco. "Potete

alzarvi. Complimenti." "Cazzo, Gage," disse Kell, quando finalmente li raggiunse. "Con questa, oggi fanno

quattordici uccisioni. Lasciacene qualcuna anche a noi." Dietro di lui, Marc si voltò, l'espressione del viso nascosta dal casco. Erano passati due giorni da quando erano arrivati. Caston si era aspettato che Marc gli

facesse rapporto in quanto soldato pericoloso e mentalmente squilibrato, ma lui non lo fece

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e Caston si riprese dalle sue difficoltà iniziali. Avevano eseguito una dozzina di simulazioni di guerra, dal giorno prima, e lui era sempre uno dei migliori.

Uccidere il sorvegliante l'aveva salvato. Aveva finalmente incontrato il nemico faccia a faccia e l'aveva colpito. Quanto successo nel corridoio era stato un colpo di fortuna: non avrebbe più esitato, non si sarebbe più fatto prendere dall'ansia. L'universo pullulava di nemici e traditori dell'umanità, e lui era un marine, pagato per ucciderli.

La vita era bella. "Sergente, io non capisco," iniziò Kell. "Perché dobbiamo far finta di dare la caccia a falsi

ribelli quando ci sono degli zerg veri su tutto il pianeta?" "Perché sono selvaggi, soldato," disse il comandante Bayton, temporaneamente a capo

della squadra dei ribelli. "Sono pericolosi ma disorganizzati. Non sono una vera sfida." "E questa lo è?" disse Kell, guardandosi intorno dal limitare della sua copertura. Il colpo del sergente gli schizzò sulla visiera del casco e Kell cadde. Il sergente aveva il

sole alle spalle. Caston non vedeva niente. "Ahi," gemette Kell da terra. "Ucciso da dei ribelli dilettanti. La mia vergogna è senza

fine." "Dilettanti?" disse Vallen nel comunicatore, dal suo nido di cecchino nascosto. "Come ti

permetti!" "Giusto," disse Hanna. "Siamo l'élite dei ribelli più barbari, noi." "Esattamente," continuò Vallen. "Noi non ci radiamo e non ci laviamo. E liberiamo gli

insediamenti civili dandogli fuoco." "A sentire la propaganda, è proprio questo che facciamo," brontolò Hanna. "Ma in

realtà, siamo coloni senza patria con legittime preoccupazioni patriottiche..." "Scansione terminata," la interruppe Dax. Era rimasto alla base per mettere in funzione i

sistemi. Le interferenze della radio appiattirono ancora di più il suo tono noioso e monotono. "Via libera."

"Non sembrare così deluso, soldato," gli rispose il sergente Bayton. "Parla così da quando i reclutatori gli hanno appiattito il cervello, sergente," disse

Hanna. "Allora siamo fortunati che a difenderlo ci sia un soldato che presto andrà davanti alla

corte marziale per insubordinazione." "Cercavo solo di parlare come un ribelle," disse Hanna allegramente. "Non bestemmi abbastanza," disse Vallen. "Aspettate," disse Kell. "Se divento un ribelle, posso bestemmiare, incendiare cose e

smettere di lavarmi? Sono nella squadra sbagliata allora!" "Guarda che non ti lasciano sposare tua sorella," disse Vallen. "Feccia ribelle!" "Soldati Saul e Wolfe," disse Bayton, "potreste smetterla di giocare e venire a sud verso

di me?" Caston strinse gli occhi, cercando di vedere attraverso il metallo bruciato e arrugginito. Il

sergente era uno scaltro figlio di puttana. Qualsiasi indizio su dove si trovasse era sicuramente una trappola...

Si lamentò. "Vi siete spostati dietro di noi, vero?" "Dannazione," disse il sergente Bayton, alzandosi sul bordo di un tetto con il fucile

imbracciato. "Il soldato ha intuito il mio astuto giochetto. Dovrei ritirarmi in pensione. Dove vuoi che ti spari il colpo letale? Dim..."

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"Zerg in arrivo," li interruppe Dax dalla base, come se stesse commentando il meteo. Le interferenze radio riempirono il silenzio del canale del comunicatore. "Fa parte dell'esercitazione, sergente?" disse Berry. "No," disse con calma il sergente Bayton. "Rientrate subito in accademia, marine. In che

direzione, soldato Damen?" "I sensori indicano un grosso zerg verso sud. Sto cercando di..." I marine si radunarono e cominciarono a correre. Dax espirò direttamente nel microfono

del casco e i marine trasalirono all'unisono. "Trovato. Scusi, sergente. Nessuna minaccia. È solo un sorvegliante."

* * * Io trovai un aiutante e lo chiamai. Non ascoltò. La pazzia infetta il Noi. La pazzia infetta me. Con l'individualità giunge la pazzia. Io raccolsi la mia volontà. Combatteva. Obbedì. Divenne un nido per il Noi. Il mio Noi. Io non sono l'Unica Mente. Io non sono Kerrigan. Io non sono una mente collettiva. La mia volontà è limitata. Tenere uno è dolore. Tenere alcuni è agonia. Tenere molti è impossibile. Per punire il non-Noi, io devo fare attenzione. Dalle larve, io creai i volanti. Io li misi a dormire e dormirono loro. Io raccolsi in me i loro corpi. Dalle larve, io creai gli alati. Io li tenni con la mia volontà. Agonia. Attenderanno. Devono attendere. Io attirerò l'attenzione del non-Noi. Io non ascolterò la pazzia, la... tu sei solo tu sei debole il tuo mondo è morto tu sei morto tutti siete morti Io non ascolterò la pazzia! ... Gli alati attenderanno. Devono attendere.

* * *

"Ma che cazzo..." disse il sergente Bayton, appoggiando i guanti corazzati sul parapetto del ponte d'osservazione con un debole tintinnio. "Riprovaci."

Caston ci riprovò. Prendere la mira mentre tutti lo guardavano fu più difficile, ma il sorvegliante era talmente grande da nascondere i grattacieli alle sue spalle. Caston una volta era riuscito a colpire un decipede su una staccionata durante una tempesta di sabbia.

Sparò al sorvegliante. Lo mancò di nuovo. "Bastardo," disse Kell. "Questa volta l'ho visto, ha schivato il proiettile. Come diavolo ha

fatto?" "Probabilmente ha capito che stavamo per sparare e..." "Cazzate," lo interruppe Hanna. "I sorveglianti non sono mica così intelligenti." Il ponte d'osservazione, per quanto spazioso, si stava affollando, soprattutto perché tutti

i marine indossavano ancora le grosse tute. Anche il caporale Sawn, loro medico e pilota, era

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comparsa. Quasi dolorosamente magra, se ne stava in un angolo lontano, a guardare il sorvegliante con i suoi occhi grigi e tristi.

"Sono sempre così grandi, sergente?" chiese Kell. "Più o meno. Questo ha anche combattuto parecchio. Guardate le cicatrici." Tutti si sporsero in avanti. Su Tarsonis stava per scendere la notte. Frastagliate dita di

luce scivolavano lungo la piazza della città, riempiendo il ponte d'osservazione con le loro lunghe ombre.

"Su nessuno dei miei libri ho mai letto che sanno schivare i proiettili," disse Berry senza la consueta allegria nella voce. Caston fu l'unico a notarlo. Vedere Berry preoccupato era innaturale come vedere Dax mostrare qualsiasi emozione.

"Questa," disse Hanna, accendendosi un altro dei sigari preferiti di Vallen, "è qualche merda militare top-secret, ve lo dico io. Uno che è scappato da qualche cella della Confederazione."

"Certo," disse Vallen, avvicinandosi con apparente noncuranza per prenderle il sigaro dalla bocca e gettarlo fuori dalla finestra. "Una macchina da guerra ingegnosa. Si avvicina di soppiatto al nemico galleggiandoci sopra."

"Strano, sì," disse Kell. "Con tutte le cose interessanti che ci sono su questo pianeta, perché scegliere noi?"

Caston involontariamente lanciò un'occhiata a Marc. Il marine lo stava già guardando, con una domanda silenziosa negli occhi. Caston guardò altrove, le mascelle serrate, digrignando i denti. No, non l'avrebbe detto al resto della squadra. Non c'era niente da dire. Dire che il sorvegliante dagli occhi verdi era lì perché lui aveva ucciso quello dagli occhi viola avrebbe significato ammettere che il sorvegliante lo ricordava. Che, quindi, quella bestia aveva una mente pensante.

Il sorvegliante si abbassò in relativa sicurezza dietro un muro di carcasse bruciate. Caston mise da parte il suo FN92 e prese il C-14.

Il caporale Sawn si decise a muoversi: si avvicinò a Bayton e gli parlò sottovoce. Caston poteva a malapena udirla.

"... uscire... essere più... adesso." Bayton guardò in basso, pensieroso, poi rispose con estrema calma: "No. O quella non è

una minaccia, o è troppo tardi per scappare. Siamo più al sicuro qui." Sawn non discusse. Alzò le spalle e torno nel suo angolo. Stringendo il suo C-14 con tanta forza che le dita dentro i guanti corazzati gli dolevano,

Caston alla fine si decise. "Dovremmo andare là fuori, stanarlo e ucciderlo." Tutti lo guardarono come se avesse proposto di camminare all'aperto nudi. "È buio fuori" disse Kell, come se non fosse ovvio. "Non importa. I sorveglianti possono trasportare dei droni. I droni possono mutare in

alveari. Dobbiamo ucciderlo prima che ci attacchino." La tensione si fece palpabile nella stanza, come una ragnatela spessa e tremante. "Hai ragione," disse Kell con voce seria. "Facciamo un po' di pratica." Curvo, con le braccia penzoloni sotto il corpo inarcato, si mise a fare lenti movimenti

fluttuanti. Passo dopo passo, goffo, si avvicinò a Caston, imitando il sorvegliante. "Oooooh. Fluttuo fluttuo. Sparami prima che ti atterro sopra. Ti prendo." La risatina di Hanna suonò più forte all'orecchio di Caston di quanto non fosse in realtà.

Infuriato, sbatté a terra Kell e indicò fuori dalla finestra.

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"Idiota! Lo vedi? Non è uno scherzo! C'è un cazzo di zerg là fuori!" "A dire il vero, io non vedo niente." Gli altri marine risero, tutti tranne Bayton, la cui faccia ricordava una nube piena di

pioggia sopra una montagna scura, e il caporale Sawn, che forse non aveva mai riso in tutta la sua vita.

"Gli zerg non sono individui, Caston," disse Berry, sorridendo. "I sorveglianti fanno da tramite per gli ordini, non possono darli loro direttamente. Senza un capo, impazziscono. Probabilmente quello è rimasto a vagare da uno degli alveari minori di Ewen Park."

"Quello non è pazzo," insistette Caston. "Quello ci sta dando la caccia!" Alcuni sorrisi vacillarono, nella stanza, quando capirono che Caston non stava

scherzando. Il sergente Bayton gli appoggiò una mano sulla spalla. "Calmati, soldato," mormorò. "Stai facendo una scenata." Berry non lo notò e disse: "In realtà, i sorveglianti non cacciano. Nemmeno i loro

predecessori lo facevano. I gargantis proximae erano erbivori semi-intelligenti prima che la loro razza venisse infestata dagli zerg. Erano esseri comunitari, usavano un linguaggio psionico, sapevano usare i tentacoli per manipolare e distinguevano i colori. Oh, e c'è anche un particolare poco noto," Berry s'illuminò. "Piangevano i morti."

"Piangevano i morti," ripeté Caston lentamente, guardando ora lo zerg minaccioso ora il soldato chiaramente uscito di senno.

"Sì sì," disse Berry entusiasta. "Si dice che potessero vivere per secoli, ma quando uno di loro moriva, assumevano tutti una colorazione celeste, come il cielo. Come un cielo con la giusta combinazione di ossigeno e azoto, chiaramente. Comunque! Ora, visto che questo è libero dallo Sciame, è selvaggio, ma innocuo."

Caston guardò il sergente. C'era un ordine implicito sul volto di Bayton: "Zitto, soldato Gage."

Caston si voltò a guardare il sorvegliante che continuava a girare attorno al perimetro dell'accademia, e sbatté le palpebre. Veniva verso di loro, galleggiando sopra i resti di un hotel come una luna viola. I marine ridacchiarono, alcuni alzarono il C-14 per fare un po' di tiro al bersaglio. L'umore dello Squadrone Polpettina tornò a essere quello di sempre, di reciproche prese in giro.

Qualcosa balenò nella stanza, qualcosa d'invisibile, intangibile e mirato. Caston trasalì. Così come Berry e Vallen, che cercarono di riprendersi scuotendo la testa. Nessun altro aveva notato nulla.

"Ora." Non era stata la parola ora. Era stata l'essenza della parola ora, scagliata con tutta la

forza di un ordine. E proveniva dalla direzione del sorvegliante. L'essere sollevò la testa, fissando Caston con i suoi occhi verdi brillante. Lo riconobbe. Caston sibilò tra i denti. E se avesse avuto ragione? Forse gli occhi verdi avevano lasciato

cadere un drone da qualche parte, e il drone aveva creato un alveare. E se il sorvegliante avesse capito che tutti stavano guardando lui, che girava attorno all'accademia?

E perché ora si stava avvicinando, se non per attirare l'attenzione su di sé...? Caston si girò appena prima che un gruppo di mutalische urlanti scendesse in picchiata, i

corpi da insetto galleggianti sotto le ali coriacee. Con la coda protesa in avanti, scaricarono un'ondata di parassiti voraci tutte nello stesso momento.

Frammenti di neo-acciaio e mucchi di simbionti uncinati rimbalzarono su tutto il ponte d'osservazione.

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Caston urlò. Frammenti di metallo taglienti come rasoi colpirono la sua corazza e il pezzo dell'armatura della spalla semplicemente sparì. Senza fiato, Caston barcollò indietro, e vide la carneficina intorno a sé. Marc era caduto in ginocchio, con le dita inguantate si graffiava il casco mentre del vapore rosso corrodeva quello che prima era stato il suo volto. Berry non aveva nemmeno più una testa. Nessuno di loro aveva neanche fatto in tempo ad abbassare la vis...

"Abbassala, cazzo! La visiera! E spara, soldato!" ruggì il sergente Bayton, scuotendolo dal collo della tuta.

Caston obbedì volentieri agli ordini. Chiuse la visiera e guardò alle sue spalle verso il sorvegliante. Scomparso.

* * *

Io non tengo più gli alati con la mia volontà. Io salgo verso le nuvole. Io sento il peso dei volanti morti. La curva del mondo è sotto. Il posto freddo è sopra. Io voglio volare sopra. Io non voglio farlo. Io voglio farlo. Io sono solo Uno. Il non-Noi deve conoscere la paura. Deve conoscere la pazzia. Deve conoscere la paura e la pazzia. Bisogna punire.

* * *

Il rumore assordante dei colpi del C-14 fece tremare il pavimento del ponte

d'osservazione e riecheggiò contro i grattacieli circostanti. Una ferita esplose nel petto di una mutalisca, abbattendola. Un'altra cadde sotto la raffica di fuoco di Caston, disegnando una piroetta in volo.

Le due restanti tremarono improvvisamente e si volsero una verso l'altra, tra urla e stridii. Ciò che restava dello Squadrone Polpettina concentrò il fuoco sulle due mutalische selvagge. Le creature caddero in una pioggia di carne a brandelli.

Il fucile di Caston si zittì. Lo zero sul suo display lampeggiò per diversi secondi prima che lui ne percepisse il significato e ricaricasse.

Il pavimento in neo-acciaio era fuso, distrutto, un'accozzaglia di cicatrici d'acido e simbionti morenti. Marc era caduto e se ne stava lì, con la testa voltata di lato. Del volto non era rimasto nulla, a parte il sangue e le ossa, ma Caston, nella sua mente, vide ancora quel suo sguardo calmo e triste.

Mise via il suo C-14 e corse verso Kell, caricando un pugno. Il sergente Bayton intercettò la sua corsa, lo travolse e lo sbatté contro il muro. "Non ti azzardare, soldato!" "Ho cercato di avvertirli, e lui ci ha scherzato su, e adesso sono morti, cazzo!" "Sì, sono morti," disse Bayton, sollevando la visiera del casco. I muscoli del collo e della

mascella guizzavano. "Allora guardalo. Come pensi che si senta, ora?" Caston guardò Kell, ritto in silenzio a fissare i cadaveri di Marc e Berry. Distolse lo

sguardo.

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"Allora, marine. Questo è ciò che faremo. Ci apriremo la strada fino alla navetta medica del caporale Sawn. E ce ne andremo. E faremo entrambe queste cose a tutta velocità."

"Nemmeno per sogno, sergente," disse Hanna, alzandosi la visiera e sputando per terra. "Adesso si va a caccia di quel sorvegliante."

"Giusto," disse Vallen. "Oh, mi dispiace," rispose il sergente Bayton. "Si vede che siete novellini. L'ultima cosa

che ho detto è quello che noi nel Corpo dei Marine definiamo un cazzo di ordine. Ora..." Un centinaio di metri a ovest dell'accademia, una forma indistinta colorò di verde la

cavità interna dello scheletro di un grattacielo e poi esplose. Con le fondamenta distrutte, il grattacielo si accartocciò, con un rumore sordo come di denti digrignati, e cadde, trasformando un quarto di miglio di edifici abbandonati in un campo di denso fumo grigio e detriti sparpagliati.

Con la bocca secca, i marine distolsero lo sguardo da quella devastazione e lo spostarono verso il cielo. Eccolo.

Il secondo baneling rilasciato dal sorvegliante cadde sulla pista di atterraggio. La navetta e il modulo di trasporto degli sfortunati pirati scoppiarono in una torre di fuoco verde.

"Tutti nell'ascensore, subito!" gridò Bayton, sbattendo un pugno contro il pannello di chiamata. Con un suono dolce, le porte dell'unico ascensore funzionante nell'accademia si aprirono. Sawn entrò per prima, quasi istintivamente. La seguiva Caston, che cominciava a capire come aveva fatto questo medico senza armatura a sopravvivere abbastanza a lungo da avere quello sguardo.

A seguire, Vallen, Hanna e Dax. Kell ancora non si era mosso. Con un ringhio, Bayton afferrò il marine stordito, lo spinse nell'ascensore già troppo affollato e premette un pulsante sul lato interno.

"Dax." "Sergente?" "È ora di fare sul serio, conto su di te. Porta tutti fino al livello più basso. Ricevuto?" "Sì, sergente. Ma perché io?" "Per favore! Ho visto un migliaio di Dax. Sono un sergente, soldato." "Lei... non sale con noi, sergente?" chiese Hanna. Bayton sorrise. "Guarda tu stessa, soldato Saul. Non c'è spazio." La porta si chiuse, e scesero. Mentre l'ascensore vibrava, la carcassa del baneling successivo colpiva in pieno il ponte

d'osservazione.

* * * Io scendo. Fuoco e fumo salgono verso di me. Io sento il silenzio della morte. Io sento i pensieri dei vivi. La sua punizione non è ancora finita. Dalle larve, io richiamo chi scava e chi scaglia. Dalle larve, io richiamo le moltitudini. Io li tengo con la mia volontà. Io li invio. Agonia.

* * *

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Le porte dell'ascensore si aprirono sul corridoio della caserma, livello A, che si trovava sotto terra, ma non ancora abbastanza lontano.

"Tutti fuori," disse Dax. "Ho bisogno di spazio per lavorare." "Di che cosa stava parlando il sergente Bayton?" chiese Vallen uscendo. Kell si allontanò

lungo il corridoio e si accovacciò schiena al muro. "Be', ricordate quella risocializzazione cui avrei partecipato?" "Sì?" "In realtà non c'è mai stata. Mi sono fatto prendere mentre rubavo dati dal Ministero

delle Finanze. Stavo cercando di risolvere un problema per un amico," disse, strappando un pannello dal muro. Da una tasca interna della tuta estrasse un dispositivo palmare che non sembrava affatto una dotazione hardware tipica dei marine, e lo agganciò al cablaggio interno della cabina.

"Stavano per mandarmi a risocializzare e mi avevano messo in lista per la punizione. Dopo avermelo detto, mi hanno lasciato per dieci minuti solo nella stanza con la console per la risocializzazione."

"Vuoi dire che..." "Ho piratato la console. Ci sono andato pesante per assicurarmi che fosse credibile." "Fammi capire bene," disse Hanna. "Ho passato tutto questo tempo a dispiacermi per te,

e non ti avevano fatto nessun lavaggio del cervello? Come diavolo ti aspetti che ci fideremo ancora di te?"

"Non lo so," Dax si strinse nelle spalle. "Ti dispiace se vi salvo il culo comunque?" "Ti prego, fallo. Donne di ogni dove te ne saranno grate," disse Vallen, poi si rivolse al

medico. "Tu non ha niente in contrario, vero?" "Se ci metterà in salvo, per me può anche diventare imperatore," disse Sawn in tono

asciutto. Caston s'avvicinò a Kell. Era stato pronto a colpire quell'uomo per una colpa non sua, e

aveva bisogno di... "Lo so," disse Kell, alzando la testa. Aveva gli occhi cerchiati di rosso. "Non ho fatto altro

che scherzare durante l'addestramento. E ho scherzato anche quando hai tentato di metterci in guardia. Sono morti a causa mia. Lo so."

"Non è quello che volevo dirti. Senti, quel sorvegliante è venuto perché io..." "Vuoi due ragazze potete stare zitte per un secondo?" disse Hanna, passando a grandi

passi davanti a loro lungo il corridoio scuro. Le luci tremolavano. Le reclute stavano nelle camere più vicine agli ascensori, ma la caserma era stata costruita per ospitare centinaia di fantasmi e di reclute. I corridoi erano lunghi, scuri e pieni di echi, e ora...

...qualcosa stava grattando. "Lo sento anch'io," disse Kell, fermandosi. "Cosa pensi che sia?" "Spero topi," disse Hanna. Dietro l'angolo, qualcosa urlò. "Ma probabilmente no," disse Hanna, imbracciando il fucile. "Dax, sbrigati!" "Sentitevi pure liberi di aiutare, se pensate di sapere come disattivare un blocco di un

impianto di classe Omega." Due zergling comparvero dietro l'angolo lontano, punzecchiandosi e graffiandosi l'un

l'altro. Videro i marine, urlarono di nuovo e li caricarono. Vallen, Caston, Kell e Hanna aprirono il fuoco. Proiettili gaussiani fecero sanguinare i loro

corpi, strapparono le loro ali, e ancora quelli correvano, ignari del dolore. Un colpo

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fortunato fracassò il cranio del più vicino, che scivolò fino a fermarsi. Il fucile di Caston fece un rumore secco, e questa volta non aveva altre munizioni per ricaricare. Lo zergling sopravvissuto saltò tra i marine, in direzione di Dax e di Sawn senza armatura...

...la quale appoggiò il fucile di Dax contro la parete dell'ascensore, preparò le gambe per il rinculo e sparò un solo colpo.

Lo zergling esplose. I marine rimasero immobili. Kell rise per primo, poi Caston e Hanna si unirono a lui quando Vallen trasalì e lasciò

cadere il fucile. Anche Sawn fece una specie di smorfia di divertimento, mentre si massaggiava la spalla dolorante.

Alzando gli occhi per manifestare il proprio fastidio per l'interruzione, Dax fu il solo a vedere gli altri sei zergling dietro l'angolo.

Con le loro ali insettoidi svolazzanti, colpirono tutti insieme Vallen, che si era chinato goffamente a raccogliere il fucile, e lo squartarono. Larghe pennellate di sangue disegnarono archi rossi sulle pareti e sul soffitto. Vallen morì senza emettere alcun suono.

Di corsa, Kell prese a calci tre degli zergling, allontanandoli da Vallen, e sparò loro, urlando senza dire una parola. Gli zergling esplosero in nuvole di sangue e artigli sotto la raffica. Hanna cercò di trarre Vallen al sicuro, indietreggiando quando uno zergling gridò e le tagliò di netto il guanto della tuta all'altezza del polso. Lei imprecò, lo sbatté contro l'acciaio accanto alla pozza del sangue di Vallen e gli sparò nel cranio una raffica di proiettili con una sola mano.

Il suo fucile rimase senza proiettili proprio nel momento in cui lo zergling smise di muoversi.

Caston era immobile. Stava cedendo un'altra volta all'ansia. Uno dopo l'altro, morivano tutti.

Poi, afferrò lo zergling più vicino per la coda e lo sbatté contro il muro ancora e ancora fino a che non ne rimase nulla, tranne carne informe.

Più lontano, il fucile di Kell sparò una raffica continua finché anche lui non rimase senza munizioni. Caston si voltò e vide Kell calciare via dal petto di Vallen l'ultimo zergling.

Le ferite inferte su Vallen dagli artigli erano decine. Attraverso il suo corpo si poteva vedere il pavimento di neo-acciaio. Sawn sbuffò e scosse la testa.

"Dax," gracchiò Hanna, barcollando indietro verso l'ascensore. "Lo so," disse Dax. "Ci sono quasi." "Noi no," disse Kell, fissando il corridoio. Comparve la testa crestata di un'idralisca che raggiungeva quasi il soffitto. Con un suono

metallico strisciante, avanzò, tra spasmi e brividi, come se fosse punta da milioni d'insetti invisibili.

"Caporale!" disse Hanna, saltando indietro verso l'ascensore. "Il fucile!" "Risparmia le munizioni," disse Kell, e caricò. Caston avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto dirgli che non aveva bisogno di redimersi,

che non era stata colpa sua. Ma le parole gli si bloccarono in gola e non riuscì a muoversi. "Caston! Levati di mezzo!" ruggì Hanna dietro di lui, ma Kell aveva già saltato, aveva

afferrato la cresta della creatura e la teneva giù, mentre l'idralisca infuriata apriva lunghi squarci sulla sua schiena. L'idralisca era concentrata su Caston, le sue fauci sbavavano per la

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fame e perché l'aveva riconosciuto. Si curvò all'indietro, esponendo la carne scintillante sotto il carapace, e gli scagliò contro aculei perforanti.

Non avrebbe potuto mancare il bersaglio, in quello spazio angusto e a quella distanza, quindi non era lui il bersaglio. Gli aculei gli sibilarono accanto, graffiandogli l'armatura, e si conficcarono nel caporale Sawn alle sue spalle.

L'idralisca s'appoggiò all'indietro, agitando la coda serpentina, e conficcò gli artigli nel collo di Kell, trapassandone l'armatura, più e più volte. Con le mani tremanti, Kell raggiunse le ganasce inferiori e superiori delle fauci dell'idralisca, e le strappò a pezzi con un colpo secco.

Caddero insieme, Kell e la creatura. La visiera di Kell si aprì. La sua bocca funzionava, ma ne usciva solo sangue. Sorrise. "Non è stata colpa tua," disse Caston, lasciandosi cadere accanto a lui. "Era mia. Mi

senti? È stata colpa mia." Ma il sorriso di Kell si era ormai paralizzato e gli occhi erano diventati vuoti. Barcollando, Caston si alzò di nuovo in piedi e si voltò, temendo ciò che lo stava

aspettando. Sawn doveva aver visto gli aculei arrivare, e si era voltata istintivamente. La raffica

l'aveva colpita di lato, quasi tagliandola in due. Gli altri aculei avevano inchiodato Dax contro la parete dell'ascensore. Sotto di lui, un lago di sangue.

"L'ascensore è pronto," disse, e spirò. "Perché non ti sei spostato, Caston?" disse Hanna, spingendolo. "Perché non ti sei levato

da davanti?" "È colpa mia," continuava a dire Caston. Hanna si fermò, poi sollevò la visiera. Anche con il viso stravolto dalla stanchezza e dal

dolore, il suo sguardo era bellissimo. "Siamo gli unici due rimasti, e non ho intenzione di lasciarti perdere la ragione, Gage," disse. "Quindi ascoltami. Non hai reso tu gli zerg quei figli di puttana affamati che sono. Non hai iniziato tu la guerra. Loro l'hanno fatto. Non hai niente di cui scusarti."

Invece no. Lei aveva ragione solo in parte: non aveva sparato lui il primo colpo. Ma aveva sparato quello successivo.

Hanna lo trascinò indietro verso l'ascensore con l'unica mano che le era rimasta, imprecando contro di lui e contro il mondo in generale. Stava dicendo qualcosa riguardo al nascondersi, che poi avrebbero ucciso il sorvegliante quando fossero arrivati i rinforzi. Caston era abbastanza sicuro di aver risposto.

Le porte si chiusero. Caston si guardò i piedi: erano immersi nel sangue. L'ascensore scese a caso nelle profondità dell'accademia, fermandosi con un'improvvisa

scossa a ogni piano. Mentre Hanna, cupa, progettava la loro vendetta, Caston guardava i piani cambiare come fossero immagini su un proiettore, sobbalzando ogni volta che le porte si aprivano e si chiudevano.

Scheletri ricurvi coperti da brandelli di uniformi confederate, rimasti intrappolati dopo la caduta di Tarsonis.

sssssshClank Al termine di un breve corridoio, una parete di vetro ricoperta di venature rosse. sssssshClank Un lungo corridoio illuminato da luci pallide. La più lontana si spense. Poi quella dopo.

Poi quella dopo ancora. Poi il buio precipitò verso di loro, come una frana...

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sssssshClank L'ascensore scese velocemente per alcuni secondi prima di bloccarsi un'ultima volta, con

un puzzo di plastica bruciata e metallo. Quando le porte si aprirono, i due marine videro che si erano fermati a metà di un piano. Il display lampeggiante diceva "Z."

"...con un lanciafiamme e ci cammineremo sopra. Mi hai sentito, Caston?" "Ti ho sentito," rispose lui, allungandosi verso le porte aperte al livello Z. Insieme, lui e

Hanna tirarono l'ascensore fino al livello più basso, si abbassarono le visiere e uscirono. Silenzio. Luci intermittenti macchiate di grasso davano al neo-acciaio una tinta gialla. Un

cartello con la scritta "controllo di sicurezza" indicava una ramificazione del corridoio. "Ci dev'essere una console operativa laggiù," disse Hanna. "Chiameremo aiuto, poi

cercheremo le scale d'emergenza." Caston le lasciò prendere l'iniziativa, visto che aveva l'unico fucile con ancora delle

munizioni, e lei svoltò dietro l'angolo. Caston aveva la sensazione che la loro ricerca delle scale non avrebbe prodotto alcun risultato. Quei soldati confederati non sarebbero morti di fame se ci fossero state delle sc...

Un momento. Se non c'erano scale, come avevano fatto gli zergling e l'idralisca ad attaccarli? Un furtivo graffiare sul muro dietro di loro fu l'unica risposta. Una blatta balzò fuori e cominciò a scivolare sul neo-acciaio, sprizzando scintille mentre

le sue sei zampe cercavano un appiglio. Sibilò, trionfante nella sicurezza dello spessore del suo carapace. Hanna si voltò, tenendo il C-14 appoggiato goffamente sull'avambraccio senza mano della tuta.

"Giù, Caston!" Caston non aveva alcuna intenzione di lasciarla fare da sola. Non aveva neanche

intenzione di sopravvivere, arrivato a quel punto. Si scagliò contro la gigantesca blatta, per tenerla ferma con entrambe le mani in modo che Hanna potesse prendere la mira.

Con uno scossone infastidito del suo corpo gigantesco, la blatta lo scaraventò contro il muro, acciaio su acciaio. Hanna sparò e il proiettile gaussiano rimbalzò sulla corazza della blatta.

Quindi, la creatura indietreggiò, a fauci spalancate. Il tempo rallentò. Hanna gettò il fucile a Caston... e la blatta rilasciò un flusso di acido.

Hanna fece due passi indietro, soffocando, completamente ricoperta dal liquido verde ribollente. Crollò con tutto il suo peso sul pavimento, le gambe divaricate, poi cadde all'indietro.

Danzando sulle zampe, la blatta si rivolse verso Caston. Aprì la bocca di nuovo, e la bile le risalì nella parte posteriore della gola...

Un missile di pensiero puro precipitò dal cielo, giù, fin nel corridoio buio sotto terra. La blatta rabbrividì e rimase a fissarlo, sbavando.

Poi sbatté la testa contro la parete di neo-acciaio fino a ridurla a un ammasso di carne cruda straziata.

Indicibilmente stanco, Caston si alzò, scivolando lentamente con la schiena contro il muro dietro di lui. Inciampò sul cadavere della blatta per raggiungere Hanna. L'acido aveva mangiato la sua armatura e anche il terreno sottostante. Non era rimasto nulla che si potesse riconoscere come un resto umano.

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Con il fucile di Hanna a penzoloni, Caston proseguì lungo il muro, fino a raggiungere il foro scavato nel terreno da cui era uscita la blatta. Era abbastanza largo perché potesse passarci anche lui.

I fari frontali sprofondarono nel buio. Il condotto portava lontano dall'accademia, il neo-acciaio d'un tratto divenne terra, una crosta resistente indurita dalle secrezioni della blatta, quindi il tunnel cominciò a salire a spirale verso l'alto. Caston proseguì per mezz'ora. A un certo punto, la spirale si ramificò orizzontalmente in un altro condotto che portava indietro, verso l'accademia. Caston sapeva che, se l'avesse seguito, avrebbe trovato i corpi di Kell e Vallen là dov'erano morti.

Continuò a salire finché non raggiunse la superficie, fuori dall'accademia. Il sorvegliante lo stava aspettando. Lo sguardo fisso, lo sguardo di quegli occhi verdi cerchiati di rosso, lo stava giudicando.

Odio selvaggio si propagava dalla sua massa sfregiata come il calore da una fornace. Alle sue spalle, le rovine fuse dell'accademia.

Con un lungo sforzo, e senza interrompere il contatto visivo, il sorvegliante srotolò un tentacolo e disegnò una lunga linea ondeggiante sul terreno ai piedi di Caston.

Caston la guardò. E capì. Uno. Il sorvegliante l'aveva lasciato vivo di proposito. Erano entrambi soli, adesso. Il sorvegliante sostenne il suo sguardo per un momento. Poi si gonfiò su un lato e si alzò,

girandosi dall'altra parte. Caston alzò il fucile. Esitò. L'aveva lasciato in vita di proposito. E voleva che lui lo uccidesse. Lui, che aveva ucciso

l'altro sorvegliante. Anche quello con gli occhi verdi voleva morire per mano sua. Perché mai uno zerg avrebbe dovuto preoccuparsene...?

Li ricordò uno vicino all'altro, come se parlassero. Contro la sua volontà, pensò all'intelligenza insolita della creatura, e a quello che aveva detto Berry, che i sorveglianti originari erano in grado di vivere per centinaia di anni. Si chiese se fosse possibile che una creatura infestata ritrovasse i suoi ricordi, la sua sensibilità, anche una volta separata dallo Sciame.

E pensò a quanto sarebbe stato meraviglioso trovare qualcuno che si ricordasse di te al termine di secoli di orrori...

Con un grido di disgusto, gettò via il fucile.

* * * Io mi alzo sull'orizzonte diviso. La mia morte non arriva. Io la vorrei. Io non voglio ricordare. Io non voglio più essere Uno. Io non voglio più essere io. Io non voglio soffrire. Io attraverso l'orizzonte. Io ritorno nell'abbraccio. Io... Dolore.

Io... Io?

Noi. Nel calmo abbraccio del Noi, restiamo noi. Ritornerà Kerrigan. Questo, sappiamo noi.

Nient'altro, qui.

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Noi non vogliamo ricordare. Sorveglianti, siamo noi.

* * *

Caston scavò e riempì le otto fosse prima dell'alba. Lasciò la sua armatura vuota accanto

a loro e se ne andò nella capitale fantasma. Prima o poi sarebbe arrivata una squadra di soccorso, e lui non voleva essere salvato. Essere salvato significava risocializzazione. E risocializzazione significava dimenticare. Lui non voleva dimenticare.

Un movimento attirò la sua attenzione, e alzò gli occhi. Lontano sopra il pianeta in rovina, il sorvegliante splendeva, celeste, nell'alba rosa.