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Solid State Physics Enrico Di Lucente 21 Gennaio 2020

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Solid State Physics

Enrico Di Lucente21 Gennaio 2020

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Le presenti dispense sono frutto di una rielaborazione degli appunti pre-si durante le lezioni del corso di Solid State Physics, tenuto dal ProfessorFrancesco Mauri e svoltosi il secondo semestre del primo anno di LaureaMagistrale in Fisica (curriculum di Fisica della Materia - A.A. 2018/2019),presso l’Università di Roma - La Sapienza.L’esposizione degli argomenti trattati dal Professore e qui discussi è stataperfezionata attraverso l’ausilio delle fonti e dei libri di testo citati in biblio-grafia.Le esercitazioni svolte durante il corso sono state raccolte all’interno del testo"Esercitazioni di Solid State Physics" che rappresenta un’importante fonte diinformazioni da accompagnare a quelle fornite in queste dispense.I contenuti sono stati più volte revisionati dall’Autore; se ne fornisce l’ultimastesura.Per qualsiasi segnalazione su eventuali errori di carattere concettuale e/ogrammaticale si invita caldamente il lettore a rivolgersi al sottoscritto trami-te l’indirizzo email di cui sotto.Ogni piccolo aiuto rivolto a migliorare il contenuto delle dispense è più chegradito.Vi auguro una felice lettura,

Enrico Di [email protected]

Sito web del corso: http://www2.phys.uniroma1.it/doc/mauri/ssp/

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Introduzione

In tutti i moderni corsi di fisica della materia condensata si ricava lateoria della struttura a bande sotto l’ipotesi che permette di considerare glielettroni come particelle non interagenti tra loro.Ciò che viene mostrato nella prima parte delle presenti dispense è che inrealtà tale interazione è tutt’altro che trascurabile e risulta in effetti esseredominante all’interno dei materiali cristallini.Se quindi da un lato i dati sperimentali sembrano in prima istanza conferma-re i risultati ottenuti nell’approssimazione di elettroni indipendenti, dall’altrolasciano evincere la necessità di fornire una trattazione rigorosa dell’intera-zione degli elettroni stessi nei solidi.Per rispondere a questa esigenza viene introdotto il concetto di campo mediotramite la descrizione di Hartree-Fock e quella del funzionale della densità(DFT-Density Functional Theory).Da questo punto di partenza viene sviluppato uno studio in risposta lineareall’interno della DFT, tramite il quale vengono ricavate numerose osservabilifisiche a partire dall’energia totale del sistema. Molti dei risultati ottenutiassumono una forma semplice ed esplicativa per modelli come il Jellium (gasdi elettroni interagenti) o altre approssimazioni come RPA (Random PhaseApproximation) e LDA (Local Density Approximation) le quali permettonodi quantificare facilmente la risposta dielettrica di un sistema di particelle in-teragenti. Le funzioni di risposta analizzate in dettaglio sono quelle relativead un campo elettrico uniforme che agisce su un isolante e quindi da questeè possibile ricavare una descrizione fisica della suscettività elettrica.Infine vengono proposte argomentazioni decisamente più contemporanee chepermettono di carpire i concetti più nascosti della moderna teoria dei solidi: leproprietà topologiche legate agli elettroni. In tal senso viene fornita un’inter-pretazione quantistica del comportamento degli isolanti topologici attraversola fase di Berry e le funzioni di Wannier che insieme permettono di definire

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il concetto di polarizzazione spontanea in un solido in assenza di campo elet-trico esterno.I materiali che presentano questa proprietà vengono definiti ferroelettrici ericoprono un ruolo cruciale in ambito tecnologico. Si segnala inoltre che nelcorso delle dispense si troveranno diversi riferimenti al magnetismo che siè scelto però di non affrontare nel dettaglio a meno di specifiche eccezioni:si tratta infatti di fenomeni deducibili in maniera analoga a quelli dovutial campo elettrico ma di natura senz’altro complessa e quindi richiedentimaggior tempo da dedicarvi; tempo che non si aveva a disposizione.

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Indice

Introduzione i

1 Interazioni fondamentali nei solidi 11.1 Esperimenti di ARPES . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Struttura a bande del Grafene . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.3 Interazione elettrone-elettrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161.4 Interazione elettrone-fonone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2 Descrizione di campo medio 252.1 Hamiltoniana elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262.2 Notazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

2.2.1 Sistema di singolo elettrone . . . . . . . . . . . . . . . 292.2.2 Sistema a N elettroni non interagenti . . . . . . . . . . 352.2.3 Stato fondamentale di un sistema ad N elettroni inte-

ragenti: principio variazionale . . . . . . . . . . . . . . 42

3 Teoria Hartree-Fock 453.1 Approssimazione Hartree-Fock . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

3.1.1 Energia Hartree-Fock . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 473.1.2 Matrice densità ad un corpo . . . . . . . . . . . . . . . 48

3.2 Hartree-Fock nel caso collineare . . . . . . . . . . . . . . . . . 513.2.1 Caso collineare non magnetico . . . . . . . . . . . . . . 53

3.3 Minimizzazione e Hamiltoniana Hartree-Fock . . . . . . . . . . 543.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium . . . . . . . 61

3.4.1 Soluzioni HF per il Jellium e Funzione di Lindhard . . 653.4.2 Unità ridotte nel Jellium . . . . . . . . . . . . . . . . . 723.4.3 Hartree-Fock in unità ridotte nel Jellium . . . . . . . . 743.4.4 Magnetismo nel Jellium . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

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iv INDICE

3.4.5 Energia di correlazione nel Jellium . . . . . . . . . . . 803.4.6 Legge di scala per la funzione di correlazione di coppia

parametrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 853.4.7 Struttura a bande Hartree-Fock per il Jellium . . . . . 85

4 Density Functional Theory 974.1 Teorema di Hohenberg e Kohn . . . . . . . . . . . . . . . . . . 994.2 Funzionale energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1024.3 Approssimazione di Thomas-Fermi . . . . . . . . . . . . . . . 1044.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham . . . . . . . . . . . . . 107

4.4.1 Potenziale di Kohn e Sham . . . . . . . . . . . . . . . . 1124.4.2 Approssimazione LDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1164.4.3 Approssimazione GGA . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1194.4.4 Struttura a bande in DFT . . . . . . . . . . . . . . . . 120

5 Teoria della risposta lineare in DFT 1215.1 Derivate dell’energia totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1215.2 Derivate dell’energia totale in DFT . . . . . . . . . . . . . . . 130

5.2.1 Derivata prima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1305.2.2 Derivata seconda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132

5.3 Teoria delle perturbazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1345.3.1 Perturbazioni sulle funzioni d’onda . . . . . . . . . . . 1365.3.2 Perturbazioni sulle osservabili . . . . . . . . . . . . . . 139

5.4 Risposta densità-densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1435.4.1 Calcolo esplicito della risposta in densità . . . . . . . . 1455.4.2 Funzione di Lindhard e risposta densità-densità nel

Jellium . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1495.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme . . . . . . . . . . . . 162

5.5.1 Derivata mista con il campo elettrico . . . . . . . . . . 170

6 Polarizzazione spontanea e fase di Berry 1756.1 Ferroelettricità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1766.2 Problema della polarizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180

6.2.1 Interpretazione classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1816.2.2 Interpretazione quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . 183

6.3 Soluzione del problema della polarizzazione . . . . . . . . . . . 1856.4 Fase di Berry . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186

6.4.1 Fase di Berry discreta . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187

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INDICE v

6.4.2 Fase di Berry continua . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1896.4.3 Manifestazioni della fase di Berry . . . . . . . . . . . . 192

6.5 Rappresentazione di Wannier . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1996.5.1 Esempi di funzioni di Wannier . . . . . . . . . . . . . . 207

6.6 Polarizzazione come fase di Berry . . . . . . . . . . . . . . . . 210

A Trasformazioni di Lorentz per il campo elettromagnetico 217

B Trasformata di Fourier del potenziale coulombiano 219

C Energia di scambio HF nel Jellium 221

D Calcolo dell’integrale della funzione di Lindhard 225

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Elenco delle figure

1.1 Schematizzazione dell’ARPES. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Apparato sperimentale dell’ARPES. . . . . . . . . . . . . . . . 41.3 Cammino libero medio degli elettroni in fotoemissione. . . . . 51.4 Fotoemissione dal punto di vista della struttura a bande. . . . 61.5 Reticolo del Grafene. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.6 Struttura a bande del Grafene . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.7 Layers di Grafene dopato con Litio. . . . . . . . . . . . . . . . 111.8 Superficie di Fermi del Grafene dopato e bande nel reticolo. . . 121.9 Sdoppiamento e gap delle bande del Grafene. . . . . . . . . . . 131.10 Spettro d’intensità di fotoemissione e discontinuità nella strut-

tura a bande del Grafene. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.11 Interazione fononica nel Grafene. . . . . . . . . . . . . . . . . 141.12 Ingrandimento del punto K della struttura a bande del Grafene. 151.13 Schematizzazione dell’interazione e-e. . . . . . . . . . . . . . . 171.14 Interazione e-e: stato iniziale e stato finale. . . . . . . . . . . . 171.15 Broadening dello spettro d’intensità nell’interazione elettrone-

elettrone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201.16 Schematizzazione dell’interazione elettrone-fonone. . . . . . . . 211.17 Interazione elettrone-fonone: stato iniziale e stato finale. . . . 211.18 Eventi di scattering nel Grafene. . . . . . . . . . . . . . . . . . 221.19 Broadening dello spettro d’intensità nell’interazione elettrone-

fonone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231.20 Modello di Einstein per l’allargamento d’intensità di banda

nell’interazione elettrone-fonone. . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3.1 Schematizzazione grafica del Jellium. . . . . . . . . . . . . . . 623.2 Struttura a bande in approssimazione parabolica. . . . . . . . 70

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viii ELENCO DELLE FIGURE

3.3 Transizione ferromagnetica del sistema in funzione della den-sità elettronica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

3.4 Grafico della funzione di Lindhard. . . . . . . . . . . . . . . . 873.5 Grafico della derivata della funzione di Lindhard. . . . . . . . 883.6 Struttura a bande HF per il Jellium. . . . . . . . . . . . . . . 893.7 Confronto tra struttura a bande HF e RPA per il Jellium. . . 903.8 Risultati GW per un gas di elettroni. . . . . . . . . . . . . . . 913.9 Bande HF e bande di quasi-particella per NaCl. . . . . . . . . 92

4.1 Mapping frai sistemi in DFT. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 974.2 Esempi di piani nodali per gli orbitali p. . . . . . . . . . . . . 1024.3 Legami chimici in una molecola d’Acqua. . . . . . . . . . . . . 1184.4 Funzionali di Van der Waals. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120

5.1 Schematizzazione grafica dell’esperimento di ottica. . . . . . . 1285.2 Andamenti in frequenza della parte reale e immaginaria del

tensore dielettrico per un materiale isolante. . . . . . . . . . . 1295.3 Relazioni di Kramers-Kronig dal punto di vista grafico in fun-

zione del numero d’onda. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1305.4 Teoria diagrammatica per l’interazione coulombiana in RPA. . 1495.5 Suscettività nel Jellium in più dimensioni. . . . . . . . . . . . 1565.6 Superficie d’integrazione della funzione di Lindhard in 2D. . . 1585.7 Divergenze della funzione di Lindhard in 2D. . . . . . . . . . . 1595.8 Oscillazioni di Friedel per il potenziale di Yukawa. . . . . . . . 162

6.1 Esperimento di misura per il ciclo d’isteresi della polarizzazio-ne elettrica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176

6.2 Ciclo d’isteresi della polarizzazione elettrica. . . . . . . . . . . 1776.3 Legge di Curie-Weiss. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1786.4 Classi dielettriche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1796.5 Reticolo di molecole di monossido di Carbonio. . . . . . . . . . 1806.6 Polarizzazione elettrica classica in un solido periodico unidi-

mensionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1816.7 Polarizzazione elettrica quantistica in un solido periodico uni-

dimensionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1846.8 Insieme di possibili parametri di una generica Hamiltoniana. . 1876.9 Esperimento d’interferenza di Bohm ed Aharonov. . . . . . . . 1926.10 Distorsioni Jahn-Teller per la molecola Li3. . . . . . . . . . . . 195

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ELENCO DELLE FIGURE ix

6.11 Percorso sugli stati di distorsione della molecola Li3. . . . . . 1966.12 Funzione di Wannier per il Silicio. . . . . . . . . . . . . . . . . 2076.13 Funzione di Wannier per l’Arseniuro di Gallio. . . . . . . . . . 2086.14 Struttura a bande del Titanato di Bario. . . . . . . . . . . . . 2086.15 Funzioni di Wannier per il Titanato di Bario. . . . . . . . . . 2096.16 Dettalio della funzione di Wannier per il Titanato di Bario. . . 2096.17 Pompa di Archimede. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2136.18 Uguaglianza topologica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2146.19 Sistema isolante lungo il percorso parametrico. . . . . . . . . . 214

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Capitolo 1

Interazioni fondamentali neisolidi

Al fine di rendere evidente l’importanza dell’interazione elettrone-elettrone(e-e, d’ora in poi) può essere utile analizzare il potenziale di ionizzazione1 diun atomo e nell’esempio che segue si considerano i valori misurati di taleenergia per la serie dei gas nobili, proprio trascurando l’interazione e-e.

ATOMO Z nlast Eattesaion. Emis.

ion.

He 2 1 4 Ry 1.81 RyNe 10 2 25 Ry 1.59 RyAr 18 3 36 Ry 1.16 RyKr 36 4 64 Ry 1.93 RyXe 54 5 117 Ry 0.89 Ry

Tabella 1.1: Tabella delle energie di ionizzazione dei gas nobili calcolate in ipotesi di elettroni indipendenti(Eattesaion. ), confrontate con i rispettivi valori sperimentali (Emis.ion. ). Inoltre si è indicato con Zil numero atomico degli atomi e con nlast il numero quantico principale che contraddistinguel’ultima shell occupata.

L’energia di ionizzazione nel caso non interagente2 corrisponde all’energia

1L’energia di ionizzazione di un atomo è l’energia minima richiesta per strappare(ionizzare) un elettrone e portarlo a distanza infinita.

2I valori della terza colonna della tabella 1.1 sono quelli caratteristici dei raggi-x, infattiquest’ultimi vengono utilizzati in diffrazione per studiare le strutture cristalline avendo unalunghezza d’onda dell’ordine della spaziatura caratteristica del reticolo ionico (∼ Å).

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2 1. Interazioni fondamentali nei solidi

dell’ultima shell occupata ed è definita come

Eion. = Z2

nRy.

I valori così calcolati differiscono da quelli effettivamente misurati anche didue ordini di grandezza ed inoltre non rispettano il trend definito dalla TavolaPeriodica (discendente in valore scorrendo il gruppo verso il basso). Quantoappena visto rappresenta una prima testimonianza dell’impossibilità di fondodi trascurare l’interazione e-e. Una seconda osservazione deve essere compiu-ta sulla struttura a bande: il teorema di Bloch non esiste per un sistema ad Nparticelle interagenti, il quasi-momento infatti è strettamente connesso conl’approssimazione di elettroni non interagenti.Si può quindi presumere l’esistenza di una Hamiltoniana di elettroni indipen-denti che, sotto opportune accortezze, riesca a descrivere bene il sistema diparticelle dipendenti. Queste sono Hamiltoniane in cui l’interazione e-e vienedescritta da un "campo medio", come si vedrà nel seguito delle dispense. Aquesto punto è interessante vedere come cambia la struttura a bande dei so-lidi compiendo delle semplici ma sottili considerazioni qualitative: la tecnicaprincipale usata per ricavare e studiare la struttura a bande dei solidi è lafotoemissione, in particolare quella risolta in angolo.

1.1 Esperimenti di ARPES

La fotoemissione è un esperimento di scattering tra un fotone incidenteed un elettrone nel solido. Per ottenere la struttura a bande E(~q ) nello spa-zio dei vettori d’onda ~q gli elettroni vengono analizzati misurando l’angolocon cui entrano nel rivelatore (Angle Resolved Photoemission Spectroscopy),ossia l’angolo θ con il quale vengono emessi rispetto alla direzione normalealla superficie del solido. Nell’attraversare la superficie del solido la compo-nente parallela al vettore d’onda ~qe dell’elettrone si conserva, quindi dallasua misura si ottiene la componente parallela all’interno del solido stesso.La relazione che lega ~qe (vettore d’onda dell’elettrone emesso), Ee (energiadell’elettrone emesso3) e θ si ricava facilmente dalla figura 1.1:

3Generalmente l’energia dell’elettrone emesso si misura valutando la curvatura del-la traiettoria compiuta dall’elettrone stesso in presenza di un campo magnetico esterno;l’impulso invece si misura tramite l’angolo di emissione, come si è visto nell’equazione (1.1)

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1.1 Esperimenti di ARPES 3

Figura 1.1: Visualizzazione schematica (piana) del processo di fotoemissione risolta in angolo.

~qe|| = sin(θ)

√2m~2

√Ekin = sin(θ)

√2m~2

√Ei − Ebin − φ (1.1)

dove con Ekin si è indicata l’energia cinetica dell’elettrone emesso, con Eil’energia del fotone incidente, con Ebin l’energia di legame del q-esimo statoiniziale e con φ il potenziale d’estrazione della particella.Invertendo tale relazione si può ricavare Ebin in funzione di ~q e si può rico-struire la struttura a bande della superficie cristallina. Si noti che per θ = 0ci si trova sul punto Γ del reticolo reciproco, ovvero al centro della primazona di Brillouin. Il cristallo deve essere intuitivamente orientato lungo gliassi di simmetria in modo tale che, variando l’angolo, si possa vedere benela struttura a bande da ogni direzione.Indicando con ~qi il vettore d’onda del fotone incidente è possibile schematizza-re l’apparato sperimentale come in figura 1.2. Nel settaggio dell’esperimentoè opportuno assicurarsi che il solido venga messo "a terra" poichè successivifenomeni di fotoemissione, strappando via elettroni, potrebbero caricarlo po-sitivamente: il solido stesso quindi potrebbe disporre di un’energia statica edeventualmente attrarre a sè cariche negative poste nelle vicinanze; per questomotivo lo si neutralizza.L’ARPES può essere condotta mediante un vasto range di energie dei fotoniincidenti, generalmente si utilizzano:

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4 1. Interazioni fondamentali nei solidi

Figura 1.2: Apparato sperimentale della fotoemissione risolta in angolo.

1. Laser4 (Ei ∼ 6-7eV );

2. Lampade a scarica a gas (Ei ∼ 20-50eV );

3. Luce di Sincrotrone5 (Ei ∼ 10-100keV );

In funzione dell’energia incidente si hanno penetrazioni diverse all’internodel materiale, ma, in via del tutto generale, la fotoemissione rimane un fe-nomeno di superficie: osservando il cammino libero medio di un elettrone infunzione dell’energia cinetica si può risalire al grafico proposto in figura 1.3e gli elettroni che si riescono a vedere sono in posizioni di unità o decinedi layers atomici. Quindi gli esperimenti sono sensibili quasi esclusivamentealle proprietà di superficie del solido, che usualmente risulta essere la partepiù sporca del campione, ricca di impurezze. Quindi, per condurre un buonesperimento di ARPES occorre una preparazione molto pulita del campione.A questo punto è possibile risalire ad alcuni importanti risultati semplice-mente compiendo considerazioni qualitative sulle leggi di conservazione chevigono nel sistema: la conservazione dell’energia e la conservazione del quasi-momento, dovuta alla periodicità spaziale della superficie (energia e quasi-momento forniscono quindi due buoni numeri quantici).

4Tramite fasci laser è possibile ottenere misure risolte temporalmente.5Con la luce di Sincrotrone si riesce a penetrare circa 50 nanometri all’interno di un

materiale.

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1.1 Esperimenti di ARPES 5

In seguito al processo di estrazione vengono depositati nel materiale un’ener-gia e un quasi-momento rispettivamente pari a

Figura 1.3: Cammino libero medio degli elettroni in fotoemissione. Per diversi materiali si nota un minimotrai 2 e i 5 Å per energie dell’ordine di 50-100 eV . In generale per energie comprese trai 10 e i2000 eV si ha un cammino libero medio di pochi angstrom, dunque solo una minima parte dielettroni, quelli di superficie, riesce ad essere emessa.

E = Ei − Ee~q || = ~qi

|| − ~qe|| + ~G||

(1.2)

e viene rimosso un elettrone. Nel vuoto tutti i momenti forniscono energiedistinte, nei materiali invece, per il teorema di Bloch, si ha lo stesso valoredi energia per tutti gli stati che differiscono di un vettore d’onda del reticoloreciproco6 ~G.L’interpretazione di questo fenomeno è riassunta in figura 1.4 nello schemadella struttura a bande.La funzione lavoro rappresenta una proprietà di superficie e può variare frapunti diversi del solido a seconda, ad esempio, di come si "tagliano" le fac-ce del cristallo stesso (per il Grafene ad esempio si ha EW ∼ 4.76 eV ). Lafunzione lavoro è definita come l’energia minima che occorre fornire al solido

6La componente parallela del vettore d’onda dell’elettrone emesso appartiene quindiallo spazio dei vettori d’onda paralleli del reticolo reciproco, ossia l’insieme

~G||, il quale

è un sottinsieme di~Gin quanto comprende solo i vettori d’onda di superficie. Si tratta

quindi di uno spazio bidimensionale.

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6 1. Interazioni fondamentali nei solidi

per estrarre un elettrone; questo può avvenire in diversi modi: quando l’e-nergia viene fornita per riscaldamento si parla di effetto termoionico, quandol’energia viene trasmessa da un fotone, si parla di effetto fotoelettrico che èappunto il fenomeno alla base della fotoemissione.

Figura 1.4: Fotoemissione dal punto di vista della struttura a bande: sopra è rappresentato lo stato inizialee sotto quello finale. Il fenomeno descritto genera una buca "h" nella struttura la cui energia siindica con εn

h,~q || e il cui impulso è ~qh||; n è l’indice di banda. Si noti che i vari buchi distano

l’uno dall’altro di un vettore (parallelo) del reticolo reciproco e come detto rappresentano lostesso stato fisico. EF indica il livello di Fermi che divide gli stati occupati da quelli nonoccupati ed EW , come detto, prende il nome di funzione lavoro.

Per comodità di calcolo è sempre lecito porre l’origine dell’energia sul livellodi Fermi in modo tale da avere l’energia di vuoto completamente definitadalla funzione lavoro dato che vale EW = Evacuum − EF ; quindi si possono

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1.2 Struttura a bande del Grafene 7

scrivere le equazioni per la buca come~qh|| = ~qi

|| − ~qe|| + ~G||

εnh,~q ||

= Ee − Ei + EW .

Grazie ai quattro dati sperimentali ~qi||, ~qe||, Ee ed Ei si può risalire alla di-spersione di banda descritta da ~qh|| e εnh,~q || . In particolare per ogni ~q || si hannodiversi valori di ~q⊥j e quindi diverse bande sovrapposte; un’altro vantaggiodell’ARPES è proprio quello di permettere di individuare quale fra questi ~q⊥jsia quello "dominante".

1.2 Struttura a bande del GrafeneIl Grafene è un sistema di monolayer di atomi di Carbonio disposti lungo

una struttura a celle esagonali (honeycomb, alveare) con due atomi per cellaunitaria mentre dal punto di vista elettronico non è altro che un semicondut-tore a gap nulla, come si evince chiaramente dall’immagine di destra in figura1.6. Il cristallo tridimensionale che si ottiene posizionando nello spazio pianiequidistanti di Grafene prende il nome di Grafite. Su ogni vertice degli esa-goni è situato un atomo di Carbonio di cui viene ricordata la configurazioneelettronica:

1s22s22p2.

Gli orbitali 2s e 2p (vicini in energia) ibridano dando vita ad orbitali sp2 epz che nella struttura a bande del Grafene si traducono nelle bande σ (a piùbassa energia) e nelle bande π (a più alta energia). Queste due bande hannoparità opposta rispetto all’applicazione dell’operatore di simmetria S chemanda il sistema in se stesso. Visto che le bande σ sono date da combinazionilineari degli orbitali 2s, 2px e 2py e le bande π coincidono con gli orbitali pze siccome S|2s〉 = |2s〉, S|2px〉 = |2px〉, S|2py〉 = |2py〉 e S|2pz〉 = −|2pz〉, sipuò scrivere: S|σ~q,n〉 = |σ~q,n〉; H|σ~q,n〉 = εσ~q,n|σ~q,n〉;

S|π~q,m〉 = −|π~q,m〉; H|π~q,m〉 = επ~q,m|π~q,m〉,

dove con n e m si sono indicati due diversi indici di banda.Le bande σ sono date da tre diversi orbitali e nel Grafene si hanno due ato-mi per cella unitaria (reticolo di Bravais con base) quindi si possono avere

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8 1. Interazioni fondamentali nei solidi

Figura 1.5: A sinistra il reticolo diretto del Grafene, a destra il reticolo reciroco. Si noti che i due reticolisono ruotati di 90 uno rispetto all’altro. I punti M , M ′ e M ′′ sono punti diversi poichè nonpossono essere connessi da un vettore ~G e rappresentano stati quantistici diversi; detto questoperò, se ci si muove da uno stesso punto (ad esempio un Γ) verso un M o un M ′, M ′′ lastruttura a bande non subisce variazioni; stesso discorso vale per i punti K e K′.

sei bande σ totali (n = 1, ..., 6), di cui 3 leganti7 (a più bassa energia) e 3anti-leganti (a più alta energia rispetto alle rispettive bande leganti).Dalla teoria di Bloch è noto che il numero di vettori d’onda ~q ammessi in unacella primitiva del reticolo reciproco (ad esempio la prima zona di Brillouin)è uguale al numero di siti N del reticolo stesso, ossia al numero delle celleprimitive. Quindi lo spazio dei valori che ~q può assumere è uno spazio discre-to8 di N valori possibili che per comodità nei grafici delle strutture a bandevengono identificati da una linea continua9. Di questi N possibili valori soloalcuni rappresentano effettivamente degli stati del sistema: nel Grafene adesempio si hanno 2 ·N atomi di Carbonio totali e quindi un totale di 12 ·Nelettroni da sistemare; come infatti si vede dalla sua configurazione elettro-nica ogni atomo di Carbonio ha sei elettroni, quindi in ogni cella ne vannoconsiderati dodici. Grazie alle condizioni periodiche al bordo (condizioni diBorn-von Karman) quando si passa alla rappresentazione delle bande nellospazio reciproco è sufficiente analizzare cosa accade in una singola zona per

7Qualora il sistema sia stabile all’equilibrio gli elettroni occupano le bande leganti.8Infatti il vettore d’onda si può scrivere come ~k =

∑3i=1

mi

Ni

~bi, dove gli mi sono degliinteri e N1N2N3 = N sono i siti del reticolo.

9Infatti quando si studiano sistemi a N elettroni è spesso utile fare il limite termodi-namico per cui N → ∞; nel Grafene e in altri sistemi reali ovviamente si avrà a che farecon un reticolo finito.

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1.2 Struttura a bande del Grafene 9

capire il comportamento del sistema. Quindi invece di considerare la tota-lità dei 12 · N elettroni si valutano solo i 12 elettroni appartenenti ad unazona (la prima zona di Brilloiun), in quanto i vettori d’onda periodici di unvettore d’onda ~G rappresentano lo stesso stato quantistico. Dati dunque idodici elettroni dei due atomi di Carbonio da considerare, di questi, quattrosi trovano profondamente lontani in energia dal livello di Fermi e a loro voltadue di questi si collocano su una banda 1s e altri due su un’altra banda 1s,o per meglio dire, su bande formate dalla combinazione dell’orbitale 1s diun atomo di Carbonio con l’orbitale 1s dell’altro. Queste due bande sonopressochè piatte e degeneri, e non partecipano in alcun modo a fenomenireattivi, motivo per il quale nel corso delle dispense non vi si farà alcun rife-rimento. Grazie alle bande σ, generate dall’ibridazione degli orbitali 2s, 2pxe 2py si accomodano altri sei elettroni, quindi rimangono due elettroni dasistemare per arrivare ai dodici totali. Per far questo si utilizzano le bandeπ, una legante, su cui verranno collocati proprio i due elettroni rimanentie l’altra anti-legante (m = 1, 2), che nello stato fondamentale del Grafenerimane dunque vuota.L’operatore S commuta con la Hamiltoniana, [S,H] = 0, quindi si ha unabase comune di autostati che diagonalizzano i due operatori o, in altri ter-mini, i due operatori hanno autofunzioni simultanee. Le bande π quindi noninteragiscono ma si toccano solamente in un punto (di massima simmetria)K dove le bande sono appunto degeneri, come si vede in figura 1.6. Anche lebande σ si toccano nel punto K a testimonianza del fatto che si tratti di unpunto ad alta simmetria; le bande σ sono però poco reattive poichè situatea livelli molto più profondi rispetto a quello di Fermi, quindi non sarannooggetto specifico dello studio che segue.Dalla teoria di Bloch è noto che anche l’operatore di traslazione del reticolo10,T~R, commuta con la Hamiltoniana, quindi i buoni numeri quantici del siste-ma sono ~q, n e la parità di banda che può assumere solo i valori j = ±1. Lebande σ e π11 formano la struttura che prende il nome di cono di Dirac, comesi evince sempre dalla figura 1.6; il punto in cui si toccano (degenerazione)si chiama punto di Dirac. Questa struttura si riscontra chiaramente muoven-

10Si ricorda che l’operatore T~R agisce su funzioni che dipendono dalla posizione nelmodo seguente: T~Rf(~r ) = f(~r + ~R).

11Le bande π, per quanto detto finora, svolgono un ruolo molto importante. Esse infattisi trovano vicine al livello di Fermi e sono molto reattive, tanto che possono interagirefacilmente con campi elettrici esterni anche non troppo elevati.

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10 1. Interazioni fondamentali nei solidi

Figura 1.6: Immagini di fotoemissione che descrivono la struttura a bande di un layer di Grafene (asinistra), di un bilayer (al centro). Le linee tratteggiate, ricavate in approssimazione tightbinding, si sdoppiano nel bilayer : tale fenomeno verrà ripreso nel seguito del paragrafo. Adestra vi è un’immagine grafica ideale della struttura a bande del Grafene dove si è messo inrisalto il punto di contatto fra le bande (degenerazione di banda nel punto K, punto di Dirac),il collocamento degli elettroni e la definizione delle bande stesse (si notino le sei bande σ, ledue bande π e le due bande 1s).

dosi da un punto di massima simmetria all’altro (Γ → K → M) e prendeappunto le sembianza di un cono: tale dispersione può essere interpretatacome un sistema a massa zero, analogo a qualsiasi sistema che presenti unaparticella e la sua anti-particella. Il punto di Dirac può essere spostato do-pando12 opportunamente il Grafene; un dopaggio13 possibile, simile a quelloutilizzato anche nei sistemi di bulk di Grafite per realizzare batterie, è quellodi aggiungere atomi di Litio, Li, nel cristallo. Il Litio infatti dona in mediaun elettrone per atomo e permette di scrivere la stechiometria fondamentaledel sistema come LiC6 che, nel caso particolare della figura 1.7, avendo duelayers di Grafene, diventa C6LiC6: ogni 12 atomi di Carbonio è presente unelettrone del Litio. La cella unitaria contiene 2 atomi di Carbonio, a cui il

12Dopare: immettere particelle (in questo caso elettroni) aggiuntive all’interno delsistema.

13Ad ingenti dopaggi corrispondono superfici di Fermi molto grandi che, come saràpiù chiaro nel seguito, non permetteranno di compiere l’approssimazione di Einstein. Unprocesso di doping di recente utilizzo che risulta essere molto accurato è quello che si avvaledi un transistor. In altri termini si utilizza un condensatore con un canale di Silicio messoa punto tramite un materiale isolante posto a terra e un materiale metallico collegato adun potenziale di gate, che si può accendere e spegnere. Il gate viene messo poi a terra a suavolta. Questo meccanismo permette di accumulare facilmente sul canale cariche positive enegative, utilizzabili per il dopaggio.

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1.2 Struttura a bande del Grafene 11

Figura 1.7: Due layers di Grafene dopato con Litio. Non è possibile implementare tecniche di ARPES nelvuoto ma è necessario un substrato conduttore, in questo caso è stato utilizzato il Silicio, Si; ingenerale quindi è possibile vedere anche la struttura a bande del substrato, che è rappresentatadalle linee più opache nella parte sinistra della figura 1.6.

Litio ha donato in tutto 16 di elettrone e quindi ci sono due coni di Dirac e

su ciascuno si ha 112 degli elettroni donati dal Litio.

Come si è visto le bande si toccano solo nei sei punti K all’energia di Fermi:tali punti costituiscono quella che prende il nome di superficie di Fermi che,intorno al punto Γ assume la forma di "triangoli stondati" come si evince dal-la figura 1.8. Tramite esperimenti di ARPES si risale alla struttura a bandetotale attraverso una trasposizione dei contributi forniti da ogni zona all’in-terno della prima zona di Brillouin. La misura ARPES può essere "plottata"in funzione del momento reale e l’aspetto più interessante è che gli elementidi matrice dell’ARPES dipendono appunto proprio dalla zona di Brillouinscelta; inoltre non solo si possono scegliere le zone su cui compiere misure inbase alla convenienza contingente dell’esperimento ma si possono sfruttareanche le simmetrie di rotazione per ricoprire tutta la zona di Brillouin misu-randone solo una piccola porzione.Come si evince già dalla parte centrale della figura 1.6 quando si utilizzanodue layers di Grafene le bande si sdoppiano14; tale "sdoppiamento" è qua-si impercettibile per bande σ (poichè formate da tutti legami complanari)mentre invece è più che evidente per bande π (poichè formate da legami cheescono dal piano e possono interagire con i layers sovrastanti). Oltre a questo

14Avendo una banda raddoppiata non rimane altro che aggiungere elettroni per poterstudiare cosa avviene al di sopra del punto di Dirac, ossia al di sopra dell’ultimo puntooccupato.

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12 1. Interazioni fondamentali nei solidi

Figura 1.8: Superficie di Fermi del Grafene dopato e bande nel reticolo.

fenomeno si evince chiaramente dalla figura 1.9 la presenza di un gap energe-tico, per sistemi a più layers, dovuto ad un postulato sempre valido, ovveroquello che lega l’apertura di un gap di banda alla rottura di una simmetriadel sistema (in questo caso particolare dovuta alla presenza di un campoelettrico esterno).Tornando al sistema composto da Grafene dopato con Litio si vede chiara-mente che la simmetria che viene a mancare in questo caso è quella trasla-zionale, ovvero rispetto all’applicazione dell’operatore T~R. Nella parte destradella figura 1.7 risulta palese quanto appena detto, infatti con l’aggiunta de-gli atomi di Litio il "nuovo" punto K si trova nella posizione del "vecchio"punto Γ facendo così perdere al reticolo la sua periodicità originaria.Risulta infine particolarmente istruttivo analizzare quanto riportato in figura

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1.2 Struttura a bande del Grafene 13

Figura 1.9: Sdoppiamento e gap delle bande del Grafene. Le bande sono rispettive ai casi di singolo layer(non c’è sdoppiamento), 2 layers, 3 layers e 4 layers.

1.10. A destra si nota come l’aggiunta di atomi di Litio abbia fatto si che

Figura 1.10: Spettro d’intensità di fotoemissione e discontinuità nella struttura a bande del Grafene.

il livello di Fermi si sia spostato di circa 0.2 eV verso il basso (l’energia diFermi era stata presa come l’origine della scala energetica ma il suo valoreeffettivo nel Grafene è di circa 7.5-9 eV ) e come si abbia un’energia di gapmolto più grande rispetto al Grafene non dopato. Inoltre i due punti di bandain prossimità del livello di Fermi sono molto più chiari: nella misura ARPESinfatti c’è anche una partecipazione dell’interazione che nel caso specifico èl’interazione elettrone-fonone; questa crea una piccola discontinuità (puntipiù chiari) perché gli elettroni per valori di ~q piccoli possono interagire con ifononi del reticolo. Il grafico deve essere interpretato come tridimensionale: sideve considerare l’asse z come l’intensità in scala di colore della banda stessae dato che si tratta di uno spettro di fotoemissione l’intensità è rappresentataproprio dal numero di elettroni emessi, che sono appunto in maggioranza nei

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14 1. Interazioni fondamentali nei solidi

pressi del livello di Fermi.A sinistra (sempre in figura 1.10) invece risulta evidente la differenza in lar-ghezza frai picchi d’intensità in prossimità del livello di Fermi (stretti) e quelliad energie di legame molto più basse (larghi). Tale differenza non ha nullaa che vedere con la risoluzione sperimentale ma lascia presagire la presen-za d’interazione. La curva che descrive i picchi è ben approssimata da unaLorentziana: più è larga minore è il tempo di vita degli stati che descrive eviceversa. L’andamento della curva può essere ricavato in maniera analoga aquanto concettualmente si fa con una sinusoidale. Tramite una trasformatadi Fourier di una sinusoidale infatti si ottiene una delta di Dirac, se invece siconsidera una sinusoidale reale (smorzata) ciò che si ottiene è appunto unaLorentziana. Facendo quindi l’anti-trasformata delle curve grafichate si puòrisalire ad informazioni precise sul tempo di vita degli stati.

Figura 1.11: Interazione fononica nel Grafene. Le immagini di destra sono ingrandimenti dell’immagine disinistra. Le linee di colori diversi non corrispondono al numero di modi ma a diversi valorisperimentali; i modi fononici sono 6 e sono facilmente intuibili dalle curve in figura. I modiflesurali sono indicati con la lettera f e quelli planari con la lettera p. Le lettere O e A invecerappresentano rispettivamente i modi ottici e i modi acustici.

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1.2 Struttura a bande del Grafene 15

In fotoemissione si genera una buca nel sistema e siccome una buca ha tempodi vita infinito15 (poiché descritta da un autostato della Hamiltoniana) ci siaspetterebbe di osservare una larghezza dei picchi nulla; al contrario invecesi misura una larghezza considerevole, quindi lo stato deve essere uno statotransitorio del sistema. In altri termini, deve per forza esistere un’interazioneche permetta al sistema di decadere. Il grafico di sinistra non è altro quindiche una trasposizione "in prospettiva tridimensionale" di quello di destra incui l’intensità in scala di colore è stata sostituita dall’altezza dei picchi cheappunto quantifica l’intensità di fotoemissiome (numero di elettroni emessi).Prima di vedere nel dettaglio le interazioni principali che avvengono nei so-lidi può essere interessante osservare la figura 1.11. Nel Grafene il numero dimodi fononici è dato, come noto, dal prodotto del numero di atomi per cellaunitaria (2) per il numero degli assi cartesiani lungo i quali vengono osservatii modi (3): si hanno quindi 6 modi totali, 2 fuori dal piano (flesurali) e 4 sulpiano (planari). Come si può vedere a energie di circa 2000 cm−1 ∼ 0.2 eV sihanno due modi ottici che presentano una degenerazione e sono gli arteficidell’interazione.Infine si conclude dicendo che l’interazione, in via del tutto generale, risenteanche del dopaggio imposto su un sistema. Nella parte alta di figura 1.12

Figura 1.12: Ingrandimento del punto K della struttura a bande del Grafene. Il sistema in figura è statodopato con atomi di potassio.

vengono riportati i grafici della struttura a bande del Grafene (lungo la di-rezione passante per il punto K e parallela alla direzione data dal segmentoche lega il punto Γ con il punto M) in funzione di un doping progressivo;in ogni pannello viene infatti indicata una densità di elettroni (per cm2) che

15La larghezza del picco è collegata alla vita media della buca nel solido per via delprincipio di indeterminazione: ∆Eτ ≥ ~.

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16 1. Interazioni fondamentali nei solidi

cresce. Da un’estrapolazione delle bande più basse (al di sotto dell’energia didegenerazione ED), le quali non oltrepassano le bande più alte, è possibilevedere la forma attorcigliata che assumono le bande intorno all’energia di de-generazione. Nella parte bassa della stessa figura invece si vuole evidenziarecome si abbia un maggiore contributo fononico all’aumentare delle particelledi doping.

1.3 Interazione elettrone-elettroneSi consideri il caso ideale di un sistema metallico avente una singola banda

di conduzione con il quale si vuole descrivere il decadimento di una buca pervia dell’interazione e-e. Si prepara quindi il sistema a temperatura nulla,T = 0, in uno stato con una buca nella posizione 1 (se non si considerassel’interazione, tale stato avrebbe vita infinita) che interagisce con gli elettronidel sistema rispettando le seguenti leggi di conservazione:

• Conservazione dell’energia16 (operazione di traslazione continua rispet-to al tempo);

• Conservazione del quasi-momento (operazione di traslazione discretarispetto allo spazio, rappresentata da T~R).

In figura 1.13 sono rappresentati i processi che obbediscono a queste leggi diconservazione17. Al fine di ottenere una maggior stabilità per il sistema si haun salto di un elettrone dalla posizione 2 alla posizione 1 della buca che dasolo non conserverebbe il quasi-momento ~~q; è quindi necessario che il sistemaemetta un altro elettrone ad energia più alta, dalla posizione 4 alla posizione3 (prima vuota). Ciò che collega i due processi è proprio l’interazione e-e.Quello che si vuole valutare è il tempo di vita, τh, ~q1 , del processo attraversola larghezza del picco d’intensità del processo stesso, Γh, ~q1 . Senza addentrarsiin considerazioni quantistiche è noto che il tempo di vita è connesso allaprobabilità di transizione dallo stato iniziale a quello finale che, a sua volta,

16Il potenziale d’interazione, indicato con Vee è indipendente dal tempo in quantorispecchia il potenziale coulombiano che è appunto tale.

17Risulta opportuno ricordare che al di sotto del livello di Fermi si hanno gli statioccupati e quindi gli elettroni, al di sopra invece ci sono gli stati non occupati che possonoessere intesi come buche; quando si hanno buche sotto il livello di Fermi o elettroni soprail livello di Fermi viene segnalato esplicitamente, come fatto in figura 1.13.

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1.3 Interazione elettrone-elettrone 17

è ben descritta dalla regola d’oro di Fermi, quindi

τh,1 = Γh, ~q1

~= 1

~2π~∑f

|〈f |Vee|i〉|2 δ(εf − εi),

dove la somma sugli indici f sta ad indicare la somma su tutti i possibili statifinali. In figura 1.14 sono rappresentati lo stato iniziale e lo stato finale del

Figura 1.13: Schematizzazione dell’interazione e-e. La freccia ondulata rappresenta appunto l’apporto del-l’interazione e-e. Con la lettera h si identifica una buca e, ovviamente, con la lettera e siidentifica un elettrone.

Figura 1.14: Interazione e-e: stato iniziale (a sinistra) e stato finale (a destra).

processo. L’interazioene è data da:

• εi = ε~q1 ;

• εf = ε~q2 + ε~q4 − ε~q3 ,

dove ovviamente l’ultima energia è negativa poiché è riferita all’elettroneemesso al di sopra del livello di Fermi e inoltre si è tenuto conto del fatto cheè sempre possibile considerare il livello "zero" come quello in cui non ci sononè buchi nè elettroni "in più", rispetto al livello di Fermi.Se lo stato iniziale è definito in maniera univoca, per quello finale si hanno

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18 1. Interazioni fondamentali nei solidi

diversi ~qj con j = 2, 3, 4 e bisogna sommare su tutti i ~qj possibili per ricavarel’espressione di Γh, ~q1 :

Γh, ~q1 = Ω3 2π~

∫ε ~q2<EF

d3~q2

(2π)3

∫ε ~q3>EF

d3~q3

(2π)3

∫ε ~q4<EF

d3~q4

(2π)3 ·

· |M~q1, ~q2, ~q3, ~q4|2 δ(−ε~q1 + ε~q2 + ε~q4 − ε~q3), (1.3)

dove si ha un fattore Ω (volume della cella elementare) per ogni integralee il termine |M~q1, ~q2, ~q3, ~q4 |

2 rappresenta l’elemento di matrice della transizione|〈f |Vee|i〉|2 della teoria perturbativa, che, espresso in questo modo, detiene alsuo interno le regole di selezione sul quasi-momento. Si noti che gli integralisono compiuti su intervalli di energia tali da rispettare che, nello stato finale,nella posizione 2 si abbia un elettrone, nella posizione 3 si abbia una buca enella posizione 4 si abbia un elettrone.Valutando i quasi-momenti invece si può scrivere in maniera analoga a quantoappena visto:

• ~qi = ~q1;

• ~qf = ~q2 + ~q4 − ~q3,

ma dato che la banda in questione descrive una posizione di una cella unitariasi deve imporre la conservazione del quasi-momento e si deve richiedere cheabbia validità generale (~qf − ~qi = 0 =⇒ ~qf − ~qi = ~G), quindi infine si ottiene

Γh, ~q1 = Ω3 2π~

∫ε ~q2<EF

d3~q2

(2π)3

∫ε ~q3>EF

d3~q3

(2π)3

∫ε ~q4<EF

d3~q4

(2π)3 ·

· |M~q1, ~q2, ~q3, ~q4 |2 δ(−ε~q1 + ε~q2 + ε~q4 − ε~q3)

∑~G

δ3(−~q1 + ~q2 + ~q4 − ~q3 + ~G).

A questo punto è possibile compiere le seguenti semplificazioni:

1. Approssimazione di bande quadratiche: ε~q = A+B~q 2;

2. | ~qF | <<∣∣∣~G∣∣∣, in modo tale da restringere la sommatoria al solo ~G = 0

(trascurando quelli che prendono il nome di processi di Umklapp18)18Lo scattering Umklapp è un processo di scattering anarmonico fonone-fonone (o

elettrone-fonone), che crea un fonone con un momento definito da un vettore ~q al difuori dalla prima zona di Brillouin.

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1.3 Interazione elettrone-elettrone 19

3. |M~q1, ~q2, ~q3, ~q4|2 ≡

∣∣∣M ∣∣∣2 = cost. (può quindi essere portato fuori dall’inte-grale19).

Si ottiene quindi

Γh, ~q1 = Ω3 2π~

∣∣∣M ∣∣∣2 ∫ε ~q2<EF

d3~q2

(2π)3

∫ε ~q3>EF

d3~q3

(2π)3

∫ε ~q4<EF

d3~q4

(2π)3 ·

·δ(−ε~q1 + ε~q2 + ε~q4 − ε~q3)δ3(−~q1 + ~q2 + ~q4 − ~q3).

Quest’integrale è puramente cinematico e si può risolvere in maniera analiti-ca20, la soluzione è data da

Γh, ~q1 = A(EF − ε~q1)2 per 3DΓh, ~q1 = B(EF − ε~q1)2 ln

(EF

|EF−ε ~q1|

)per 2D,

dove A e B sono delle costanti.Si vede che quando EF − ε~q1 << ∆E (dove ∆E è l’ampiezza di banda) si haun buon comportamento quadratico (in 3D) con una correzione logaritmica(in 2D, in tale limite il logaritmo tende a zero quindi si tratta appunto diuna correzione). Quindi man mano che ci si allontana dal livello di Fermil’allargamento (broadening) del picco d’intensità cresce in maniera quadra-tica, come descritto in figura 1.15; ci si deve concentrare infatti su quelleenergie che sono vicine al livello di Fermi poiché più ci si allontana da EFmeno le bande sono definite a causa dell’allargamento nello spettro d’inten-sità sempre più consistente. Si noti come questo andamento rispetti quantodedotto nel capitolo precedente dai valori sperimentali di figura 1.10. In unisolante valgono considerazioni diverse: la buca non può più essere distruttama si deve poterla vincolare ad energie sufficientemente basse in modo taleda poter far saltare un elettrone nella banda libera (per distruggere la bucainiziale e conservare l’energia). Quindi in un isolante, le bande sono più de-

19Nel caso dell’interazione elettrone-fonone questa si rivelerà un’ottima approssimazio-ne, in questo caso la questione è più delicata: M è una trasformata di Fourier dell’intera-zione coulombiana che diverge per ~q = 0. Per fortuna si è considerato un sistema metallico,quindi l’effettiva interazione è schermata dalla costante dielettrica data dalla risposta deglielettroni, in altri termini c’è un effetto di schermo che elimina questa divergenza. In unmetallo questo elemento di matrice prende il nome di scudo di Thomas-Fermi e fa si chetale approssimazione non si allontani molto dalla realtà fisica del fenomeno.

20La risoluzione di questo integrale non è di particolare interesse per questo corso epuò essere lasciata al lettore (una sua risoluzione è proposta nel "G.Giuliani, G.Vignale -Quantum Theory of the Electron Liquid").

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20 1. Interazioni fondamentali nei solidi

Figura 1.15: Broadening del picco d’intensità. Siccome l’elemento di matrice M è costante, la dipendenzadall’energia è puramente cinematica, ossia dipende solamente dal moto nello spazio delle fasi.Quindi man mano che ci si allontana dal livello di Fermi si hanno più stati possibili sui qualiil sistema può decadere.

finite. Come noto l’allargamento ARPES si traduce nell’aumento d’intensitànella scala di colore della banda che nel caso in figura 1.6 per il C6LiC6 è peròdovuto all’interazione elettrone-fonone che verrà discussa nel prossimo para-grafo: questa proprietà è molto importante poiché permette di spiegare laconduzione, la resistività, la capacità termica e perfino la superconduttività.

1.4 Interazione elettrone-fononeIn questo paragrafo si discute nel dettaglio come viene modificata la strut-

tura a bande a causa dell’interazione elettrone-fonone.Anche in questo caso si studia il decadimento di una buca (quindi la sua vitamedia) in un fonone ottico non dispersivo. Si supponga di avere il sistemaa temperatura nulla, T = 0 (sarà tale in tutto il seguito delle dispense ameno di diverse segnalazioni), così da non popolare stati con fononi eccitati;in questo caso quindi la buca può produrre un fonone ma non può assorbirlo.Facendo emettere una vibrazione reticolare (un fonone) con un’energia pa-ri a ~ω~q si verificherà un processo che è ben descritto in figura 1.16 e che,come per l’interazione e-e, rispetterà le leggi di conservazione dell’energia edel quasi-momento. Quindi in maniera del tutto analoga a quanto visto nelparagrafo precedente (con riferimento alla figura 1.17) si ha:

• εi = ε~q1 ;

• εf = ε~q2 − ~ω~q;

• ~qi = ~q1;

• ~qf = ~q2 − ~q,

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1.4 Interazione elettrone-fonone 21

dove l’energia del fonone nello stato finale è negativa poiché viene emesso aldi sopra del livello di Fermi. Si può scrivere quindi

Γh, ~q1 = Ω2 2π~

∣∣∣N ∣∣∣2 ∫ε ~q2<EF

d3~q2

(2π)3

∫R3

d3~q

(2π)3 ·

· δ(−ε~q1 + ε~q2 − ~ω~q)δ3(−~q1 + ~q2 − ~q), (1.4)

dove si è già imposto che l’elemento di matrice21 della teoria perturbativa siauna costante. A questo punto si compie una semplificazione ulteriore:

• Modo di Einstein: ~ω~q ≡ ~ω con ω costante.

Questa risulta essere una buona approssimazione poiché i fononi ottici hannouna dispersione molto limitata. Questo è vero in molti sistemi, ad esempio nel

Figura 1.16: Schematizzazione dell’interazione elettrone-fonone. La freccia ondulata rappresenta appun-to l’apporto dell’interazione elettrone-fonone. Con la lettera h si identifica una buca e,ovviamente, con la lettera e si identifica un elettrone.

Figura 1.17: Interazione elettrone-fonone: stato iniziale (a sinistra) e stato finale (a destra).

Grafene dopato con Litio visto in precedenza la temperatura di eccitazione21Questo elemento di matrice descrive l’accoppiamento elettrone-fonone (che media

tantissimi meccanismi d’interazione, tra cui la superconduttività BCS).

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22 1. Interazioni fondamentali nei solidi

è superiore ai 2000K, quindi non ci sono fononi (ottici) liberi nel solido. Siha quindi un sistema elettronico che si trova in uno stato eccitato (la bucaè in mezzo alla banda, quindi un elettrone a più alta energia può decaderesulla buca) e che può dare energia ai fononi. In figura 1.18 sono indicatii possibili eventi di scattering nel Grafene la cui entità avvalora ancor dipiù l’approssimazione compiuta; infatti la superficie di Fermi su cui si staintegrando in d3~q è solo una piccolissima porzione della zona di Brillouin perquesto sistema. L’espressione (1.4) quindi diventa

Γh, ~q1 = Ω2 2π~

∣∣∣N ∣∣∣2 ∫ε ~q2<EF

d3~q2

(2π)3

∫R3

d3~q

(2π)3 ·

·δ(−ε~q1 + ε~q2 − ~ω)δ3(−~q1 + ~q2 − ~q),

dove è scomparsa la dipendenza da ~q nella delta di Dirac dell’energia. Dunquel’integrale in d3~q della δ3 restituisce semplicemente un fattore 1

(2π)3 che fa siche l’espressione (1.4) si riduca a

Γh, ~q1 ∝∫ε ~q2<EF

d3~q2

(2π)3 δ(−ε~q1 + ε~q2 − ~ω),

che non è altro che la definizione di densità degli stati (DOS) calcolata in(ε~q1 + ~ω). Come si può vedere si è evitato di riscrivere i prefattori di fronteall’integrale dato che non si è specificata la forma delle funzioni d’onda equindi le costanti possono essere riassorbite all’interno dell’elemento di ma-trice; per questo motivo quindi si è fornito un risultato in proporzionalità.Infine si ha

Figura 1.18: Eventi di scattering nel Grafene. Con le frecce in rosso sono stati indicati i possibili eventidi scattering: sia per lo scattering intravalle che per quello fra le due valli (due superfici diFermi) si ha un ∆~q molto piccolo rispetto alle dimensioni della zona del reticolo reciproco.

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1.4 Interazione elettrone-fonone 23

Γh, ~q1 = Γ0

DOS(ε~q1 + ~ω) se EF > ε~q1 + ~ω0 se EF < ε~q1 + ~ω

L’aspetto interessante è che la densità degli stati non è centrata in ε~q1 maè spostata verso il basso di ~ω, punto in cui l’interazione è sempre nullarispetto alla zona di Dirac. Un’interpretazione grafica di questo risultato è

Figura 1.19: Broadening del picco d’intensità. Questo spaccato mostra come l’intensità della banda simantenga stretta in un intervallo di energia pari ad ~ω al di sotto del livello di Fermi ecome invece si allarghi al di sotto di tale intervallo, seguendo l’andamento dato dalla Γh, ~q1 =Γ0DOS(EF ). Questo è proprio il comportamento che si verifica nella parte sinistra della figura1.6.

proposta in figura 1.19, da cui si ritrova la discontinuità che era già stataintrodotta nei paragrafi precedenti (parte destra della figura 1.10). La simu-lazione proposta in figura 1.20 rappresenta un valido esempio dell’utilizzo delmodello di Einstein. Il piano delle figure è diviso in due parti rispettivamenteIm ε0 = 0 e Im ε0 6= 0 dove con ε0 si è indicata la self energy. Inoltre

Figura 1.20: Modello di Einstein per l’allargamento d’intensità di banda nell’interazione elettrone-fonone.Sistema privo d’interazione (a sinistra) e con interazione elettrone-fonone (a destra).

si vede che oltre all’aumento d’intensità di banda si ha uno shift della po-sizione; tale fenomeno può essere studiato in teoria perturbativa e fornisceuna correzione alla self energy (si trova infatti una dipendenza dell’energia

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24 1. Interazioni fondamentali nei solidi

analoga a quella della costante dielettrica e quindi tramite relazioni di tipoKramers-Kronig si può risalire allo spostamento della curva).Esistono ovviamente altri tipi di scattering oltre a quelli e-e ed elettrone-fonone (che rappresentano come già detto le due forme d’interazione domi-nanti nei solidi) come lo scattering di plasmoni (eccitazioni collettive associatealle oscillazioni del plasma di elettroni contenuti in un sistema) e lo già citatoscattering Umklapp, i quali però esulano dall’interesse di questo corso.

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Capitolo 2

Descrizione di campo medio

Lo studio della fisica dello stato solido punta quindi a descrivere l’intera-zione tra elettroni ma prima di studiare nel dettaglio come rendere effettivoquesto contributo nella Hamiltoniana elettronica risulta opportuno definirele unità di misura di Gauss, utilizzate per questa descrizione.In questo sistema la carica si misura in statcoulomb:

[q] = sC ≡ 3.33564 · 10−10C,

da cui si possono scrivere la legge di Coulomb e l’espressione per il potenzialeelettrostatico come

|F | = q1q2

|~r12|2; V = q

|~r |.

Per quanto detto finora è possibile far vedere che grazie a queste scelte ilcampo elettrico e il campo magnetico hanno la stessa unità di misura, [ ~E] =[ ~B].Un sotto-sistema di quello di Gauss è definito dalle unità atomiche, descritteda:

me = 1; ~ = 1; e = 1; α = e2

~c= 1

137 =⇒ c = 137,

dove α è la costante di struttura fine. Infine si hanno

[Energia] = Hartree ≡ 2Ry ≡ 2 · 13.6 eV ;

[Lunghezza] = a0 = ~2

mee2 = 0.529177 Å,

dove a0 è il raggio di Bohr.

25

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26 2. Descrizione di campo medio

2.1 Hamiltoniana elettronicaIn questo paragrafo viene introdotta la Hamiltoniana di un sistema di

N elettroni interagenti, dove, per snellire la presentazione dei concetti, neicapitoli seguenti ci si limiterà a trattare solo sistemi per i quali non vi siacampo magnetico ( ~B = 0), a meno di diverse specificazioni.La Hamiltoniana elettronica totale è composta dalla somma delle Hamilto-niane di singola particella e dalla somma dei termini d’interazione fra dueparticelle e può essere scritta nel modo seguente:

H =N∑i=1

H1ei +

N∑i,j=1i 6=j

H2eij =

N∑i=1

|~pi|2

2me

+ Vn(~ri) +N∑

i,j=1i 6=j

e2

2|~ri − ~rj|=

= H noninteragente

+ Hd′interazione, (2.1)

dove in realtà la Hamiltoniana di singola particella è data dal termine cine-tico, dal potenziale coulombiano del reticolo ionico e, qualora sia opportunotenerne conto, anche dal termine di accoppiamento spin-orbita:

H1ei = |~pi|

2

2me

+ Vn(~ri) + 12

1m2ec

2 [~∇~riVn(~ri)× ~pi] · ~Si,

dove ~Si rappresenta lo spin della particella i-esima. Il potenziale Vn(~r ) de-scrive l’interazione con i nuclei e la sua espressione esplicita è

Vn(~r ) = −Nnuclei∑i=1

Zie2

|~r − ~Ri|,

dove Zi e ~Ri sono rispettivamente la carica e la posizione dell’i-esimo nucleo.Il gradiente di tale potenziale ~∇~riVn(~ri) diventa molto grande scorrendo laTavola Periodica verso il basso, in altre parole il termine di spin-orbita puòessere enorme se Zi è molto grande (per l’Uranio, Z = 92, si ha un contributodel termine di spin-orbita22 dell’ordine di 1-2 eV , per il Carbonio invece,Z = 6, l’effetto spin-orbita è completamente trascurabile). La derivazionedel prefattore del termine di spin-orbita per la Hamiltoniana non interagenteè analoga a quella per la Hamiltoniana interagente che verrà discussa di

22Il premio Nobel per la Fisica del 2016 è stato assegnato a David Thouless, DuncanHaldane e Michael Kosterlitz per i loro studi sulle transizioni di fase topologiche dellamateria, che sono appunto generate dal termine di spin orbita.

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2.1 Hamiltoniana elettronica 27

seguito.Il campo elettrico associato al termine di spin-orbita è dato da

~E(~r ) =~∇~rVee(~r )|e|

,

dove con |e| si è indicato il modulo della carica elettrica e con Vee(~ri ) = e2

2|~ri−~rj |il potenziale d’interazione elettronica. Tale contributo si può visualizzare clas-sicamente ponendosi nel sistema di riferimento dell’elettrone, ossia è possibilemostrare (si veda l’appendice A) che tramite una trasformazione di Lorentz23(nel limite non-relativistico) il campo elettrico, ~E, si trasforma in un campomagnetico (apparente), ~B:

~B(~r ) = − ~vec2 × ~E(~r ) = − ~ve

|e|c2 × ~∇~rVee(~r ), (2.2)

dove la velocità degli elettroni è ovviamente ~ve = ~peme

. In questo sistema diriferimento l’accoppiamento spin-orbita assume la forma seguente:

HSO = gSµB~~B · ~S, (2.3)

dove gS è il fattore giromagnetico e µB = |e|~2me è il magnetone di Bohr nelle

unità di misura del SI. Sostituendo nell’espressione (2.3) il campo magneticodefinito dalla (2.2) si ottiene

H2eSO = − gS|e|~

2me~|e|c2

[~ve × ~∇~rVee(~r )

]· ~S = gS

2m2ec

2

[~∇~rVee(~r )× ~p

]· ~S. (2.4)

Questa derivazione euristica del termine di spin-orbita è errata24 di un fat-tore 1

2 (che prende il nome di precessione di Thomas25) ed è stata a lungo23Hendrik Antoon Lorentz è stato un fisico olandese famoso per le sue ricerche sull’e-

lettromagnetismo (in particolare per la Forza di Lorentz) e l’elettrodinamica. Alcuni suoicontributi importanti, come le trasformazioni di Lorentz e alcune ipotesi sulla contrazio-ne dei corpi in movimento, furono utilizzati da Albert Einstein per la descrizione dellospazio e del tempo nella formulazione della relatività ristretta. Egli ricevette nel 1902 ilPremio Nobel per la fisica assieme a Pieter Zeeman per la scoperta e la spiegazione teoricadell’omonimo effetto Zeeman.

24Tale errore è legato al fatto che la traiettoria compiuta dagli elettroni è circolare enon può quindi essere collegata ad una trasformazione inerziale.

25Llewellyn Hilleth Thomas è stato un fisico e matematico britannico noto ai più peri suoi importanti studi in fisica atomica e in fisica dello stato solido. I suoi più famosi

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28 2. Descrizione di campo medio

argomento di un acceso dibattito durante la seconda metà del XX secolo.L’effettiva Hamiltoniana di spin-orbita si ricava in maniera rigorosa da unosviluppo non-relativistico dell’equazione di Dirac26; ora risulta possibile for-nire la Hamiltoniana a due particelle in maniera completa, ovvero con iltermine di spin-orbita (2.4) moltiplicato per un ulteriore fattore 1

2 :

H2eij = 1

2e2

|~ri − ~rj|+ gS

4m2ec

2

[~∇~rVee(~r )× ~pi

]· ~Si,

dove l’operatore di spin è definito come ~Si = ~2σi e σi è l’i-esima matrice di

Pauli27. Si noti che sommando su tutti gli indici i e j, l’interazione di ognicoppia di particelle verrebbe contata due volte e quindi il termine di repul-sione coulombiana ha a sua volta un prefattore 1

2 . Esplicitando il gradientedel potenziale elettronico come

∇~rVee(~r ) = ∇~ri

[e2

2|~ri − ~rj|

]= − e2

2|~ri − ~rj|2

e ponendo poi gS ∼ 2 si ha infine

H2eij = 1

2e2

|~ri − ~rj|− 1

4m2ec

2

[~ri − ~rj|~ri − ~rj|3

× ~pi]· ~Si.

Si noti che per ottenere H1eSO si deve solamente considerare il potenziale d’in-

terazione nucleare al posto di quello elettronico.Il termine di spin-orbita accoppia l’impulso con lo spin e quindi fa si che gliautostati dello spin dell’elettrone non siano autostati del sistema. Quindi inpresenza di spin-orbita la fisica si complica poiché lo spin non è più un buonnumero quantico e non esiste più nemmeno l’alternativa rappresentata dal-l’utilizzo di Jtot (come in fisica atomica) dato che nei solidi non c’è simmetria

successi in fisica sono rappresentati dal modello di Thomas-Fermi (discusso nella sezione4.3), dalla presente precessione di Thomas e dal collasso di Thomas, ovvero un effetto infew-body physics che corrisponde al valore infinito che assume l’energia di legame di unsistema a tre corpi sottoposto a potenziali zero-range. In algebra lineare numerica è degnodi nota l’algoritmo di Thomas, ossia una forma più efficiente del metodo di eliminazionedi Gauss che può essere usato per la soluzione di sistemi di equazioni che coinvolgono unamatrice tridiagonale.

26In tal senso si consulti un qualsiasi testo di meccanica quantistica relativistica.27Wolfgang Ernst Pauli è stato un fisico austriaco. Fu frai padri fondatori della mec-

canica quantistica. Suo è il principio di esclusione, per il quale vinse il Premio Nobel nel1945.

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2.2 Notazione 29

rotazionale. Se lo spin è un buon numero quantico si hanno tanti elettroni conspin up (↑) quanti con spin down (↓) e quindi, nel conteggiarli con facilità, èsufficiente tener conto di un fattore 2 (molteplicità o degenerazione di spin).

2.2 NotazioneIn questo paragrafo viene introdotta la notazione di Dirac, scelta per

formulare il problema.

2.2.1 Sistema di singolo elettroneNella notazione di Dirac un autostato della Hamiltoniana di singolo elet-

trone H1e si può indicare con il simbolo |a〉. Se ora si vuole rimarcare lasua dipendenza e dai gradi di libertà spaziali e da quelli di spin è possibileriscriverlo come |a〉 tale che

|a〉 ∈Spazio di Hilbertdelle coordinate

⊗Spazio di Hilbert

degli spin.

(2.5)

In notazione di Schrödinger si scrive

ψ(~r, s) = 〈~r, s||a〉 = ψs(~r ), (2.6)

dove in generale |a〉 non è decomponibile in due funzioni, spaziale e di spin,mentre uno stato |~r, s〉 ben definito si può scrivere come

|~r, s〉 = |~r 〉 ⊗ |s〉,

dove si hanno due stati rispettivamente definiti negli spazi di Hilbert enun-ciati nell’espressione (2.5) e i valori di ~r e s sono tali che ~r ∈ R3 e s =↑, ↓.Valgono poi le seguenti equazioni agli autovalori:

~r |~r 〉 = ~r |~r 〉, Sz|s〉 = ~2sz|s〉 e S2|s〉 = ~2s(s+ 1)|s〉

dove ~r al primo membro è un operatore e al secondo membro è un autovaloree ovviamente |s〉 ≡ |s, sz〉. Inoltre è stato scelto come asse di quantizzazio-ne privilegiato28 per lo spin l’asse z, come da usuale convenzione. Infine la

28In modo che l’operatore di spin lungo quella direzione abbia autostati simultanei conl’operatore S2.

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30 2. Descrizione di campo medio

funzione d’onda definita dalla (2.6) può essere riscritta tramite uno spinorea due componenti ("barrato" nel senso già definito dalla (2.5)), dove lo statoquantistico viene specificato mediante l’autovalore di spin:

ψ(~r ) ≡(ψ(~r, ↑)ψ(~r, ↓)

). (2.7)

A questo punto risulta opportuno analizzare come la presenza o l’assenzadell’effetto spin-orbita porti a cambiare la formulazione della teoria.

Caso senza accoppiamento spin-orbitaSe il termine di spin-orbita è nullo, quindi quando è nullo anche il campo

magnetico lungo l’asse di riferimento rispetto al quale si vuole misurare lospin, banalmente si ha [Sz, H1e] = 0, ossia l’operatore di spin lungo l’asse zcommuta con la Hamiltoniana di singola particella. Quindi gli autostati diH1e sono fattorizzabili e possono essere scritti come

H1e|ai〉 = εai |ai〉 |ai〉 = |ai〉 ⊗ |s〉

e quindi lo stato di spin è ben definito29.In notazione spinoriale gli autostati della Hamiltoniana di singolo elettroneavranno la forma seguente30:(

ψ(~r )0

)o

(0

ψ(~r )

).

In assenza di spin-orbita si hanno quindi stati a due a due degeneri poichélo spin non entra in gioco nella Hamiltoniana H1e e quindi stati con spin op-posto hanno la stessa energia. In altri termini si sta richiedendo che valga lasimmetria di inversione temporale nel sistema, ovvero che H1e sia invarianteper tale trasformazione.Va comunque specificato che anche nel caso di spin-orbita nullo è possibileavere stati del sistema non fattorizzabili: ne sono chiari esempi proprio i si-stemi "frustrati" descritti da una Hamiltoniana di "campo medio", che verràintrodotta più avanti nel capitolo. In tali sistemi infatti avvengono accop-piamenti di elettroni con spin opposti al fine di minimizzare l’energia. Se si

29Per dire che ai è indipendente dalla scelta di sz è necessario che H1e commuti anchecon gli operatori Sx ed Sy, ovvero con le note costruzioni S+ ed S−.

30Quindi sarà utile scrivere lo stato del sistema come combinazione lineare di questispinori.

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2.2 Notazione 31

considera ad esempio il trimero di Ferro si può osservare che su ciascuno deitre atomi gli elettroni vogliono avere spin opposto rispetto ai vicini, questofa si che le distanze tragli atomi si sbilancino e portino ad avere un angolochimico di 120. In questa situazione quindi non esiste un asse di quantizza-zione privilegiato per lo spin e quindi non ci sarà una fattorizzazione degliautostati dell’energiaC’è un terzo caso in cui questo non avviene ed è quando il sistema rompespontaneamente la simmetria della Hamiltoniana. Un esempio lampante è ilmagnetismo, che infatti rompe la simmetria per inversione temporale: esisto-no delle eliche magnetiche che possono formarsi spontaneamente nel sistemagrazie alle quali la soluzione non è fattorizzabile rispetto ad alcun asse prin-cipale.In tal senso sarà ancora più interessante comprendere l’utilizzo degli spinoriproposto di seguito.

Caso con accoppiamento spin-orbita: doppietto di KramerTralasciando per il momento lo studio delle "frustrazioni" di un sistema è

possibile vedere che se viene introdotto l’effetto spin-orbita (H1e ed Sz noncommutano più e non si hanno autostati fattorizzabili) gli autostati devonoessere rappresentati tramite l’espressione (2.7) dove si ha ψ(~r,↑)

ψ(~r,↓) = f(~r ), ossiauno spinore che "punta" in direzioni diverse a seconda della posizione ~r. Cisi può quindi domandare, dato questo spinore, dove "punti" lo spin in unacerta posizione dello spazio; per rispondere si può scrivere

~S(~r ) =(ψ(~r, ↑)ψ(~r, ↓)

)∗T~S

(ψ(~r, ↑)ψ(~r, ↓)

),

dove ~S(~r ) al primo membro è il valore di aspettazione dello spin che resti-tuisce la direzione dello spin nella specifica posizione ~r, il simbolo "∗T " sta adindicare l’operazione di complesso coniugato in notazione spinoriale (infattisi deve prendere il trasposto dello spinore a due componenti) e ~S al secondomembro è l’operatore di spin definito come ~S = ~

2~σ, con ~σ che è il vettore lecui componenti sono le matrici 2× 2 di Pauli:

σx =(

0 11 0

); σy =

(0 −ii 0

); σz =

(1 00 −1

).

In questo modo, in ogni punto dello spazio, si ha la direzione dello spin chevaria come il rapporto ψ(~r,↑)

ψ(~r,↓) .

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32 2. Descrizione di campo medio

A questo punto si vuole far vedere che l’invarianza per inversione temporalevale anche per sistemi in cui si considera il termine di spin-orbita. In questosenso si definisce l’operatore di inversione temporale T in modo tale chesoddisfi le seguenti proprietà:

• T−1~r T = ~r =⇒ T~r = ~r T ;

• T−1~p T = −~p =⇒ T~p = −~p T (se ci si muove indietro nel tempo lavelocità cambia segno);

• T−1~ST = −~S =⇒ T ~S = −~ST (anche lo spin cambia segno poichécorrisponde ad un momento angolare ed è quindi legato ad una rota-zione: cambiando il segno al tempo si cambia il verso della rotazione equindi anche il segno del momento angolare);

• T−1IT = I =⇒ IT = T I;

• TT = eiφ con φ ∈ R.

L’ultima proprietà indica semplicemente che lo stesso stato quantistico puòessere definito a meno di una fase arbitraria. Da queste condizioni si vede chel’operatore T costruito in questo modo fa si che la Hamiltoniana di singolaparticella comprensiva del termine di spin-orbita sia effettivamente invariantesotto inversione temporale:

T−1H1eT = H1e =⇒ TH1e = H1eT, (2.8)

in altri termini quindi H1e e T commutano ([H1e, T ] = 0). In dettaglio questoè vero perché osservando le proprietà elencate sopra si vede come sia ~p che~S invertano il loro segno sotto l’applicazione dell’operatore T e quindi non siha una variazione di segno globale.Prima di ricavare formalmente quello che prende il nome di "doppietto diKramer" può essere utile mostrare come agisce l’operatore di inversione tem-porale nei casi di particelle con spin nullo31 e spin 1

2 .Per stati di singola particella priva di spin (spin nullo) si richiede che l’ap-plicazione dell’operatore T sulle funzioni d’onda del sistema, Tψ(~r ), noncambi il segno del vettore posizione e inverta il segno del momento. Dato che~p = −i~~∇~r si può scrivere

Tψ(~r ) = c.c.[ψ(~r )] = ψ∗(~r ),31Si lascia ricavare al lettore l’azione di T su stati di spin 1.

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2.2 Notazione 33

dove con c.c. si indica l’operatore che restituisce il complesso coniugato32(quindi non si tratta di una matrice 2× 2). Tale scrittura permette di vederefacilmente che l’operatore di complesso coniugato è proprio quello che rispettale proprietà richieste per l’operatore T , infatti, dato T−1 = T si hanno

(T−1~r T )ψ(~r ) = (T~r T )ψ(~r ) = T~rψ∗(~r ) = ~rψ(~r ),

[T−1(−i~~∇~r)T ]ψ(~r ) = [T (−i~~∇~r)T ]ψ(~r ) = T (−i~~∇~r)ψ∗(~r ) = +i~~∇~r ψ(~r ),

da cui si vede che il segno è cambiato solo nella seconda equazione.Quindi per stati ad un elettrone con spin nullo l’operazione di inversionetemporale coincide con l’applicazione dello c.c.:

TT = I,

ossia la doppia azione del complesso coniugato coincide con l’identità. Inoltrequesta espressione fa si che si abbia φ = ±2nπ con n intero e che appuntovalga T−1T = I =⇒ T = T−1. Per stati di singola particella con spin 1

2si procede in maniera analoga tenendo però anche conto del fatto che devevalere T−1~σT = −~σ. Si può dimostrare che esiste una soluzione unica perquesta equazione (T è definito nello spazio degli spinori) data da

T = −iσyc.c. = −i(

0 −ii 0

)c.c. =

(0 −11 0

)c.c.,

infatti con questa soluzione si ha

TT =(

0 −11 0

)(0 −11 0

)(c.c.)2 = −

(1 00 1

)= −I,

che conferma un giusto operatore di inversione temporale. In questo caso peròsi osserva che φ = ±(2n+ 1)π con n intero e T−1T = −I =⇒ T = −T−1.Si conclude definendo come T agisce sullo spinore:

T

(ψ(~r, ↑)ψ(~r, ↓)

)=(−ψ∗(~r, ↓)ψ∗(~r, ↑)

).

Giunti a questo punto è ora possibile dimostrare che la simmetria per inver-sione temporale si traduce nell’esistenza di un doppietto di stati degenere: il

32Si noti che questo operatore agisce sulle matrici di Pauli nel modo seguente:c.c.σx c.c. = σx, c.c.σy c.c. = −σy e c.c.σz c.c. = σz.

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34 2. Descrizione di campo medio

doppietto di Kramer.Sia

H1e|a〉 = εa|a〉l’equazione agli autovalori per un dato autostato della Hamiltoniana di sin-golo elettrone, si vuole trovare un altro stato che sia autostato della stessaHamiltoniana e con lo stesso autovalore. Applicando T a sinistra di entrambii membri si ha

TH1e|a〉 = Tεa|a〉e siccome H1e e T commutano (equazione (2.8)) si può scrivere

H1eT |a〉 = εaT |a〉.

Quindi lo stato T |a〉 è autostato di H1e ed ha effettivamente lo stesso auto-valore dello stato |a〉, quindi i due autostati sono degeneri. Riassumendo:

Doppietto di Kramer ≡|a〉, T |a〉

tale che

H1e|a〉 = εa|a〉

H1eT |a〉 = εaT |a〉

Non rimane altro che verificare che T |a〉 ed |a〉 siano effettivamente due statidistinti. Questo lo si può fare considerando il fatto che sono autostati di H1e

e pertanto devono essere ortogonali, ovvero si deve avere 〈a|T |a〉 = 0. Innotazione di Schrödinger si ha

|a〉 =(ψ(~r, ↑)ψ(~r, ↓)

)e siccome T agisce come il complesso coniugato si ottiene

〈a|T |a〉 =∫R3d~r [−ψ∗(~r, ↑) · ψ∗(~r, ↓) + ψ∗(~r, ↓) · ψ∗(~r, ↑)] = 0;

quindi i due autostati di H1e sono effettivamente due stati distinti.La degenerazione di spin persiste anche in presenza di spin-orbita quindianche quando i gradi di libertà spaziali e di spin non sono fattorizzabili33. Nelcaso particolare di particelle con spin nullo si può vedere che ψ = ψ∗ quindi sipossono sempre scegliere gli autostati della Hamiltoniana di singola particellacome funzioni d’onda reali (questo è vero solo se il campo magnetico rimanenullo altrimenti indurrebbe un cambiamento di percorrenza delle traiettoriedegli elettroni, rompendo così l’invarianza sotto inversione temporale).

33Infatti, come si era già anticipato, l’invarianza sotto inversione temporale della Hamil-toniana di singolo elettrone è valida anche quando si considera l’interazione spin-orbita esiccome si è visto che la degenerazione di spin è dovuta proprio a questa invarianza risultanaturale che sia sempre presente anch’essa.

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2.2 Notazione 35

2.2.2 Sistema a N elettroni non interagentiLa Hamiltoniana a N particelle priva del termine d’interazione è data da

Hn.i. =N∑i=1

H1ei (2.9)

e il procedimento più conveniente per formulare il problema è quello cheutilizza l’autostato della Hamiltoniana di singolo elettrone per caratterizzarequello di Hn.i. ad N elettroni (con il pedice n-i si vuole evidenziare il fatto chenon si tratta ancora della Hamiltoniana definitiva in quanto si sta trascurandoil contributo dell’interazione34). Data quindi

H1ej |ai〉j = εai |ai〉j (2.10)

si devono considerare tutte le possibili variazioni dei numeri quantici dellostato ad N elettroni, definiti dal parametro a. Si ha quindi che

|a〉aè una

base completa dello spazio di Hilbert ad un elettrone e con questa si vuolecostruire la base di autostati per il sistema ad N elettroni.Si definisce lo spazio di Hilbert a N particelle distinguibili tramite il prodottodegli spazi di Hilbert di singola particella:

|a1〉1 ⊗ |a2〉2 ⊗ ...⊗ |aN〉Na1,a2,...,aN

,

dove il pedice interno definisce la particella numero "i" (identifica la particel-la) e il pedice esterno definisce lo spazio di Hilbert in cui vive tale particella.Per far si che tale base sia completa deve contenere tutte le possibili combi-nazioni degli stati |ai〉i.Per definire il sottospazio di N elettroni (fermioni) indistinguibili sempre tra-mite una base completa si utilizza il formalismo dovuto al determinante diSlater35:

|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉a1,a2,...,aN,

dove il determinante di Slater (S.D.) è definito come

|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉 = 1√N !

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣

|a1〉1 |a1〉2 · · · |a1〉N|a2〉1 |a2〉2 · · · |a2〉N... ... . . . ...|aN〉1 |aN〉2 · · · |aN〉N

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣(2.11)

34n.i.: caso non interagente.35Tralasciando quindi ogni riferimento ad una formulazione di seconda quantizzazione.

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36 2. Descrizione di campo medio

e si vede chiaramente che le particelle scorrono lungo la colonna e gli spazidi Hilbert di singola particella scorrono lungo la riga. Di seguito si proponeil caso banale per N = 2:

|S.D.(a1, a2)〉 = 1√2

(|a1〉1|a2〉2 − |a2〉1|a1〉2). (2.12)

Il determinante di Slater gode delle seguenti proprietà:

1. Ponendo i = j con ai 6= aj si hanno due colonne identiche nella defini-zione (2.11) e quindi |S.D.(ai, aj)〉 = 0, ovvero lo stato non esiste. Inaltri termini il determinante di Slater detiene nella sua costruzione ilprincipio di esclusione di Pauli: assume valore uguale zero nel caso incui due elettroni differenti (ai 6= aj) si trovino nello stesso stato (i = j).

2. Qualora |S.D.(ai, aj)〉 6= 0 si ha 〈S.D.(ai, aj)|S.D.(ai, aj)〉 = 1 conk〈ai|aj〉k = δij, dove gli stati |ai〉k e |aj〉k appartengono allo stessospazio di Hilbert (di singola particella) k fissato.

3. Il determinante di Slater descrive bene stati a più elettroni poiché èantisimmetrico per scambio di particelle (ovvero per scambio di righeall’interno della (2.11)) per definizione:

|S.D.(ai, ..., aj)〉 = −|S.D.(aj, ..., ai)〉.

Tale proprietà si evince chiaramente dall’espressione (2.12) per il caso aN = 2 elettroni, ovvero mandando solo i pedici interni 1→ 2 e 2→ 1.

4. Uno stato descritto da un determinante di Slater è un autostato dellaHamiltoniana a N corpi non interagente, ovvero dataHn.i. definita nella(2.9) e nella (2.1) si ha

Hn.i.|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉 = E|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉

dove E = ∑Ni=1 εai .

La dimostrazione di questa proprietà è estremamente diretta nel casoa N = 2 particelle e si amplia facilmente al caso ad N elettroni. Datoche la Hamiltoniana di singola particella H1e

j agisce solo sugli stati cheappartengono al j-esimo spazio di Hilbert di singola particella comedescritto dalla (2.10), si può scrivere

Hn.i.|S.D.(a1, a2)〉 = (H1e1 +H1e

2 ) 1√2

(|a1〉1|a2〉2 − |a2〉1|a1〉2) =

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2.2 Notazione 37

= 1√2

(εa1|a1〉1|a2〉2−εa2 |a2〉1|a1〉2)+ 1√2

(εa2 |a1〉1|a2〉2−εa1|a2〉1|a1〉2) =

= 1√2εa1(|a1〉1|a2〉2 − |a2〉1|a1〉2) + 1√

2εa2(|a1〉1|a2〉2 − |a2〉1|a1〉2) =

= 1√2

(εa1 + εa2)(|a1〉1|a2〉2 − |a2〉1|a1〉2) = E|S.D.(a1, a2)〉,

e quindi la proprietà è dimostrata. In questa maniera si è costruita unabase completa per lo spazio di Hilbert a N elettroni.

L’ultima delle proprietà sopracitate può essere utilizzata per ricavare delleimportanti identità di calcolo per osservabili di singola particella, come la Ha-miltoniana non interagente), o di due particelle come il termine d’interazioneH definiti nella (2.1).

Operatore ad N corpi come somma di operatori a un corpoData un’osservabile A di N particelle il cui rispettivo operatore può essere

scritto come somma di operatori di singola particella36, ovvero

A =N∑j=1

O1ej

(dove anche qui l’indice j si riferisce allo spazio di Hilbert di singola particellasul quale va ad agire l’operatore) allora il suo valore atteso è semplicementela somma dei valori attesi sui singoli stati ad una particella:

〈S.D.(a1, a2, ..., aN)|A|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉 =N∑

i=j=1j〈ai|O1e

j |ai〉j. (2.13)

Anche in questo caso si fornisce la dimostrazione di tale proprietà per unnumero finito di particelle; un risultato non banale si ottiene considerandoN = 3:

|S.D.(a1, a2, a3)〉 = 1√6[|a1〉1|a2〉2|a3〉3 + |a3〉1|a1〉2|a2〉3 + |a2〉1|a3〉2|a1〉3−

− |a3〉1|a2〉2|a1〉3 − |a2〉1|a1〉2|a3〉3 − |a1〉1|a3〉2|a2〉3], (2.14)

che si ricava facilmente dalla formula (2.11), e

A = O1e1 +O1e

2 +O1e3 .

36Così come si è scritta Hn.i..

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38 2. Descrizione di campo medio

Quindi〈S.D.(a1, a2, a3)|A|S.D.(a1, a2, a3)〉 =

= 〈S.D.(a1, a2, a3)|(O1e1 +O1e

2 +O1e3 )|S.D.(a1, a2, a3)〉 =

= 〈S.D.|O1e1 |S.D.〉+ 〈S.D.|O1e

2 |S.D.〉+ 〈S.D.|O1e3 |S.D.〉 = A1 + A2 + A3,

dove si è allegerita la notazione implicitando la dipendenza del determinantedi Slater dalle tre particelle. A questo punto si può procedere a calcolareseparatamente i tre termini:

A1 = 16[

1〈a1|2〈a2|3〈a3|+ 1〈a3|2〈a1|3〈a2|+ 1〈a2|2〈a3|3〈a1|−

− 1〈a3|2〈a2|3〈a1| − 1〈a2|2〈a1|3〈a3| − 1〈a1|2〈a3|3〈a2|]O1e

1

[|a1〉1|a2〉2|a3〉3+

+|a3〉1|a1〉2|a2〉3 + |a2〉1|a3〉2|a1〉3 − |a3〉1|a2〉2|a1〉3 − |a2〉1|a1〉2|a3〉3−

−|a1〉1|a3〉2|a2〉3]

=

= 16[

1〈a1|O1e1 |a1〉1 + 1〈a3|O1e

1 |a3〉1 + 1〈a2|O1e1 |a2〉1+

+ 1〈a3|O1e1 |a3〉1 + 1〈a2|O1e

1 |a2〉1 + 1〈a1|O1e1 |a1〉1

].

Quindi

A1 = 13[

1〈a1|O1e1 |a1〉1 + 1〈a2|O1e

1 |a2〉1 + 1〈a3|O1e1 |a3〉1

],

dove si è tenuto conto del fatto che l’operatore O1e1 agisce solo sugli stati

appartenenti allo spazio di Hilbert |· · ·〉1 e che vale la proprietà 2 secondo laquale se i 6= j k〈ai||aj〉k = 0 sul k-esimo spazio di Hilbert fissato.In maniera del tutto analoga si ottengono i due termini restanti:

A2 = 13[

2〈a1|O1e2 |a1〉2 + 2〈a2|O1e

2 |a2〉2 + 2〈a3|O1e2 |a3〉2

],

A3 = 13[

3〈a1|O1e3 |a1〉3 + 3〈a2|O1e

3 |a2〉3 + 3〈a3|O1e3 |a3〉3

].

Gli elettroni sono particelle identiche e l’operatore O1ej , che agisce sul j-esimo

spazio di Hilbert di singola particella, fornisce lo stesso risultato sugli stati|a1〉j, |a2〉j e |a1〉j. Questo si traduce analiticamente nell’avere

A1 = 13[3 · 1〈a1|O1e

1 |a1〉1]

= 1〈a1|O1e1 |a1〉1,

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2.2 Notazione 39

A2 = 13[3 · 2〈a2|O1e

2 |a2〉2]

= 2〈a2|O1e2 |a2〉2,

A3 = 13[3 · 3〈a3|O1e

3 |a3〉3]

= 3〈a3|O1e3 |a3〉3.

Quindi in totale si ottiene

〈S.D.(a1, a2, a3)|A|S.D.(a1, a2, a3)〉 = A1 + A2 + A3 =

= 1〈a1|O1e1 |a1〉1 + 2〈a2|O1e

2 |a2〉2 + 3〈a3|O1e3 |a3〉3 =

3∑i=j=1

j〈ai|O1ej |ai〉j,

che appunto dimostra la proprietà. Si lascia dimostrare al lettore che quantoscritto vale anche nel caso generale ad N corpi37.

Operatore ad N corpi come somma di operatori a due corpiData un’osservabile B di N particelle il cui rispettivo operatore può essere

scritto come somma di operatori di due particelle38, ovvero

B =N∑

i,j=1i 6=j

O2eij ,

allora il suo valore atteso è dato da

〈S.D.(a1, a2, ..., aN)|B|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉 =

=N∑i=1j>i

[1〈ai|2〈aj|O2e

12|ai〉1|aj〉2 − 1〈ai|2〈aj|O2e12|aj〉1|ai〉2

], (2.15)

dove gli indici i e j in questo caso stanno ad indicare che per descriverel’interazione a due corpi tra due delle N particelle del sistema si ha bisognodi far correre la somma solo sulle particelle, fissando due spazi di Hilbert (equindi anche l’operatore) in quanto tutti gli spazi di Hilbert sono identici.Se si considera nuovamente N = 3 si ha |S.D.(a1, a2, a3)〉 definito dalla (2.14)e

B = O2e12 +O2e

21 +O2e13 +O2e

31 +O2e23 +O2e

32,

ma, come noto, l’interazione tra due particelle, ad esempio a1 e a2, è descrittatotalmente dall’operatore O2e

12 e quindi considerare anche il valor medio su37Potrebbe essere un interessante esercizio dimostrare le stesse proprietà viste fino ad

ora attraverso un formalismo di seconda quantizzazione.38Così come si è scritta Hinteragente nell’espressione (2.1).

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40 2. Descrizione di campo medio

O2e21 vorrebbe dire contare la stessa interazione due volte. Quindi è lecito

scrivereB = O2e

12 +O2e13 +O2e

23.

Analogamente al caso precedente si scrive

〈S.D.(a1, a2, a3)|B|S.D.(a1, a2, a3)〉 = 〈S.D.|(O2e12 +O2e

13 +O2e23)|S.D.〉 =

= 〈S.D.|O2e12|S.D.〉+ 〈S.D.|O2e

13|S.D.〉+ 〈S.D.|O2e23|S.D.〉 = B1 +B2 +B3,

dove anche in questo caso si sono posti i valor medi rispettivamente uguali atermini Bi per snellire la notazione. Quindi

B1 = 16[

1〈a1|2〈a2|3〈a3|+ 1〈a3|2〈a1|3〈a2|+ 1〈a2|2〈a3|3〈a1|−

− 1〈a3|2〈a2|3〈a1| − 1〈a2|2〈a1|3〈a3| − 1〈a1|2〈a3|3〈a2|]O2e

12

[|a1〉1|a2〉2|a3〉3+

+|a3〉1|a1〉2|a2〉3 + |a2〉1|a3〉2|a1〉3 − |a3〉1|a2〉2|a1〉3 − |a2〉1|a1〉2|a3〉3−

−|a1〉1|a3〉2|a2〉3]

=

= 16[

1〈a1|2〈a2|O2e12|a1〉1|a2〉2 − 1〈a1|2〈a2|O2e

12|a2〉1|a1〉2+ 1〈a3|2〈a1|O2e12|a3〉1|a1〉2

− 1〈a3|2〈a1|O2e12|a1〉1|a3〉2 + 1〈a2|2〈a3|O2e

12|a2〉1|a3〉2 − 1〈a2|2〈a3|O2e12|a3〉1|a2〉2+

+ 1〈a3|2〈a2|O2e12|a3〉1|a2〉2 − 1〈a3|2〈a2|O2e

12|a2〉1|a3〉2 + 1〈a2|2〈a1|O2e12|a2〉1|a1〉2−

− 1〈a2|2〈a1|O2e12|a1〉1|a2〉2 + 1〈a1|2〈a3|O2e

12|a1〉1|a3〉2 − 1〈a1|2〈a3|O2e12|a3〉1|a1〉2

],

dove anche qui si è tenuto conto del fatto che l’operatore O2e12 agisce solo sugli

stati appartenenti allo spazio di Hilbert |· · ·〉1 e allo spazio di Hilbert |· · ·〉2e che vale la proprietà 2 secondo la quale se i 6= j k〈ai|aj〉k = 0, sul k-esimospazio di Hilbert fissato.Si sono evidenziati in diversi colori i vari blocchi da analizzare: si nota fa-cilmente che, per le stesse considerazioni fatte in precedenza (ossia tenendoconto del fatto che gli elettroni sono particelle identiche e gli operatori O2e

12,che agiscono solo sugli spazi di Hilbert 1 e 2 di singola particella, fornisco-no lo stesso risultato sui vari stati |aq〉1|ak〉2) i vari blocchi di colori diversiforniscono tutti lo stesso risultato e quindi si può scrivere

B1 = 16[6 ·(

1〈a1|2〈a2|O2e12|a1〉1|a2〉2 − 1〈a1|2〈a2|O2e

12|a2〉1|a1〉2)]

=

= 1〈a1|2〈a2|O2e12|a1〉1|a2〉2 − 1〈a1|2〈a2|O2e

12|a2〉1|a1〉2.

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2.2 Notazione 41

In maniera del tutto analoga si ottengono gli altri termini Bi:

B2 = 1〈a1|3〈a3|O2e13|a1〉1|a3〉3 − 1〈a1|3〈a3|O2e

13|a3〉1|a1〉3,

B3 = 2〈a2|3〈a3|O2e23|a2〉2|a3〉3 − 2〈a2|3〈a3|O2e

23|a3〉2|a2〉3.

Questa scrittura rigorosa potrebbe risultare fuorviante poiché, come era giàstato introdotto sopra nell’enunciato della proprietà, anche e soprattutto daqueste espressioni si nota come gli indici che descrivono gli operatori O2e

ij equelli riferiti agli spazi di Hilbert sono ovviamente uguali e fissati all’internodi ogni Bi. Inoltre la forma funzionale degli operatori O2e

ij è sempre la stessasu tutti gli spazi di Hilbert; motivo per il quale è lecito considerare una solacoppia di indici i = 1 e j = 2 fissati, sia per gli spazi di Hilbert che per glioperatori, su tutti i Bi, facendo poi correre la somma solo sulle particelle.Quindi, senza perdere in generalità si può scrivere

B1 = 1〈a1|2〈a2|O2e12|a1〉1|a2〉2 − 1〈a1|2〈a2|O2e

12|a2〉1|a1〉2,

B2 = 1〈a1|2〈a3|O2e12|a1〉1|a3〉2 − 1〈a1|2〈a3|O2e

12|a3〉1|a1〉2,

B3 = 1〈a2|2〈a3|O2e12|a2〉1|a3〉2 − 1〈a2|2〈a3|O2e

12|a3〉1|a2〉2.

Infine si ha

〈S.D.(a1, a2, ..., aN)|B|S.D.(a1, a2, ..., aN)〉 = B1 +B2 +B3 =

=N∑i=1j>i

[1〈ai|2〈aj|O2e

12|ai〉1|aj〉2 − 1〈ai|2〈aj|O2e12|aj〉1|ai〉2.

],

che è appunto quanto si voleva dimostrare.

Come si è lasciato intendere sopra è utile introdurre questi operatori proprioperché la Hamiltoniana elettronica descritta nell’equazione (2.1) è compostada operatori ad una e a due particelle39.

39Vale la pena di specificare che anche se in fisica dello stato solido il termine a dueparticelle, ovvero il termine d’interazione coulombiana, è dominante, ciò non significa chel’interazione globale non sia descritta da termini a più di due corpi. Un chiaro esempiodi quanto appena detto è senz’altro la molecola d’Acqua, H2O; infatti, anche ponendol’origine del sistema sull’atomo di ossigeno, l’energia d’interazione deve tener comunqueconto dei due atomi (corpi) di Idrogeno e dell’angolo fra essi compreso, il che si traducein un contributo totale dovuto a N = 3 corpi.

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42 2. Descrizione di campo medio

2.2.3 Stato fondamentale di un sistema ad N elettroniinteragenti: principio variazionale

In questa sezione si introducono gli strumenti di base per risolvere ilproblema completamente, ovvero considerando anche l’interazione e-e. Siriprenda la Hamiltoniana totale definita nella (2.1):

H =N∑i=1

H1ei +

N∑i,j=1i 6=j

H2eij ,

dove in particolare in assenza di spin-orbita si hanno

H1ei = p2

i

2m + V (~ri) e H2eij = 1

2e2

|~ri − ~rj|.

Lo stato fondamentale, indicato con |GS〉 è tale che

H|GS〉 = EGS|GS〉

dove EGS è appunto l’autovalore più basso che risolve la Hamiltoniana nellospazio fermionico e |GS〉 è dato da una combinazione lineare di un numeroinfinito40 di determinanti di Slater41. L’energia EGS si calcola attraverso unapproccio di minimizzazione su tutti i possibili stati del sistema ad N corpi,ovvero attraverso quello che prende il nome di principio variazionale. Prepa-rando il sistema in un generico stato |A〉 appartenente allo spazio di Hilbertad N particelle si può scrivere

EGS = min|A〉〈A|H|A〉

con 〈A|A〉 = 1.Si possono poi scrivere in maniera esplicita i contributi di singolo elettrone ed’interazione che definiscono il valor medio 〈A|H|A〉.Il termine ad un elettrone è dato da

〈A|N∑i=1

H1ei |A〉 = 〈A|

N∑i=1

p2i

2m |A〉+ 〈A|N∑i=1

V (~ri)|A〉

40Sarà infinito anche per molecole semplici poiché sono gli stati |ai〉 ad esserlo; ingenerale quindi tale numero potrà essere finito quando lo spazio di Hilbert di singoloelettrone è uno spazio finito (come ad esempio avviene nella risoluzione della molecola diH2 in approssimazione tight binding.)

41Questa formulazione si rivela molto utile in chimica quantistica e risulta effettivamentemolto precisa per un numero piccolo di atomi.

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2.2 Notazione 43

e in particolare la parte dovuta al potenziale può essere riscritta come42

〈A|N∑i=1

V (~ri)|A〉 =∫d3rV (~r )ρ1e

|A〉(~r ), (2.16)

dove la ρ1e|A〉(~r ) è la densità di probabilità di trovare un elettrone qualsiasi

nella posizione ~r e l’integrazione avviene su tutto lo spazio (quando non vienespecificato l’intervallo d’integrazione varrà sempre questa assunzione). Taledensità di probabilità dipende appunto dalla funzione d’onda |A〉 nel seguentemodo:

ρ1e|A〉(~r ) = 〈A|

[ N∑i=1|~r 〉i i〈~r |

]|A〉, (2.17)

qui la sommatoria su tutti gli indici i sta appunto ad indicare un’espressionevalida per qualsiasi elettrone. Dato che gli elettroni sono particelle identiche,la probabilità di trovare un qualsiasi elettrone in una posizione è uguale allaprobabilità di trovarne un altro in un altra posizione e quindi l’operatore(quantistico) densità di probabilità in realtà non dipende dall’indice i:

ρ1e|A〉(~r ) = N〈A|~r 〉1 1〈~r |A〉,

sapendo poi che nello spazio in questione vale∫d3r|~r 〉i i〈~r | = I si ottiene

infine ∫d3rρ1e

|A〉(~r ) = N ; ρ1e|A〉(~r ) ≥ 0, (2.18)

da cui si evince ancor di più che si stanno contando tutti gli elettroni possibili.La dimostrazione di questa relazione è semplicemente una trasposizione diquanto scritto nella nota 42 al caso ad N elettroni.Analogamente a quanto fatto per la (2.16) si può riscrivere la parte dovutaall’energia cinetica come

〈A|N∑i=1

p2i

2m |A〉 =∫d3rN〈A|~r 〉

(−~2∇2

~r

2m

)〈~r |A〉. (2.19)

42Può essere utile mostrare il passaggio dalla notazione di Dirac a quella di Schrödingernel calcolo dei valor medi. Dato uno stato |ψ〉 appartenente allo spazio di Hilbert di singoloelettrone si può scrivere:

〈ψ|V (~r )|ψ〉 = 〈ψ|∫d3r|~r ′〉〈~r ′|V (~r ′)|ψ〉 =

∫d3r′ψ∗(~r ′)V (~r ′)ψ(~r ′) =

∫d3r|ψ(~r )|2V (~r ).

dove si è inserita l’identità sotto forma di I =∫d3r|~r ′ 〉〈~r ′ |, si ha ovviamente 〈ψ|~r ′〉 =

ψ∗(~r ′) e 〈~r ′|ψ〉 = ψ(~r ′) e si è posto ~r senza l’apice ′ muto. Si noti inoltre che gli operatoriuna volta integrati diventano dei semplici scalari.

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44 2. Descrizione di campo medio

Il termine a due elettroni è dato da

〈A|N∑

i,j=1i 6=j

H2eij |A〉 = 〈A|

N∑i,j=1i 6=j

e2

2|~ri − ~rj||A〉 =

∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′|ρ2e|A〉(~r, ~r ′ ),

(2.20)dove si è introdotta la densità di probabilità a due corpi ρ2e

|A〉(~r, ~r ′ ) che quan-tifica la probabilità di trovare un qualsiasi elettrone nella posizione ~r e unaltro qualsiasi elettrone (non lo stesso) nella posizione ~r ′. Tale densità diprobabilità assume la forma seguente:

ρ2e|A〉(~r, ~r ′ ) = 〈A|

(

N∑i=1|~r 〉i i〈~r |

) N∑j=1i 6=j

|~r ′ 〉j j〈~r ′ |

|A〉. (2.21)

Nuovamente si deve tenere in considerazione il fatto che gli elettroni sonoindistinguibili, o meglio, gli unici che si possono distinguere sono quelli deiquali si vuole valutare la densità di probabilità a due corpi, ovvero quellirispettivamente in ~r e in ~r ′. Tale considerazione permette di riscrivere

ρ2e|A〉(~r, ~r ′ ) = N(N − 1)〈A|~r 〉1 1〈~r |~r ′〉2 2〈~r ′|A〉,

dove il fattore N , dovuto alla prima sommatoria su i, e il fattore N − 1,dovuto alla seconda sommatoria su j (nella quale l’indice j scorre su tuttigli N spazi di Hilbert tranne su quello dato da i = j), discendono dal fattoche gli elettroni sono appunto identici. Integrando poi su tutto lo spazio siottiene

∫d3r|~r 〉1 1〈~r | =

∫d3r′|~r ′〉2 2〈~r ′| = I che permette di scrivere∫

d3r∫d3r′N(N − 1)〈A|~r〉1 1〈~r |~r ′〉2 2〈~r ′|A〉 = 〈A|A〉N(N − 1).

Quindi infine analogamente alla (2.18) si ottiene∫d3r

∫d3r′ρ2e

|A〉(~r, ~r ′ ) = N(N − 1); ρ2e|A〉(~r, ~r ′ ) ≥ 0. (2.22)

In questo modo sono state riscritte le espressioni esatte per i contributi disingolo elettrone e d’interazione, in funzione delle due densità di probabilitàρ1e|A〉(~r ) e ρ2e

|A〉(~r, ~r ′ ) o, in altri termini, si è mostrato come l’energia dello statofondamentale sia frutto di tre termini: il primo è l’energia cinetica, il secondoè l’integrale su tutto lo spazio della densità di probabilità di un elettronequalsiasi e il terzo è l’integrale su tutto lo spazio della densità di probabilitàdi una coppia di elettroni qualsiasi.

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Capitolo 3

Teoria Hartree-Fock

La teoria Hartree-Fock (HF) è la prima approssimazione di campo medionon banale che tiene conto, in termini perturbativi, degli effetti dell’interazio-ne fra gli elettroni. Questa teoria nasce dal bisogno di giustificare la bontà deirisultati ottenuti nella descrizione dei solidi come sistemi non interagenti43 (lebande elettroniche possono infatti essere studiate già a partire da un modellotight-binding non interagente) e in tal senso permette di ridurre il problemaa molti corpi in uno in cui il sistema è assunto come non interagente e l’in-terazione viene tenuta in considerazione tramite un "campo medio" efficace,che agisce sui singoli elettroni ed è auto-consistente, ovvero la Hamiltoniananon interagente efficace dipende dalla soluzione del problema stesso.Esistono diverse teorie di campo medio, più o meno accurate, a seconda delleosservabili fisiche che si vogliono descrivere; si può dire quindi che ogni teoriaabbia un suo target di riferimento, ad esempio se si volessero analizzare idati di un esperimento di ARPES occorrerebbe una teoria di campo medioche implementi bene la funzione di Green ad un corpo, mentre per studiare ilegami chimici è preferibile prestare maggiore attenzione nel riprodurre cor-rettamente l’energia totale del sistema.In questo corso ci si propone di studiare l’energia dello stato fondamentale(ground state) e sia la teoria HF che Density Functional Theory (discussanel capitolo 4) sono costruite per riprodurre accuratamente proprio tale os-servabile. In questo senso quindi è opportuno specificare nuovamente che sifarà riferimento sempre a sistemi in cui la temperatura è nulla (T = 0K),

43Infatti grazie a esperimenti in ARPES condotti sui solidi, alle loro proprietà di tra-sporto e ai risultati ottenuti per il calore specifico si intuisce che esiste una Hamiltonianaefficace di singola particella che può ben descrivere l’interazione fra elettroni.

45

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46 3. Teoria Hartree-Fock

a meno di diverse specificazioni. Seppur con dei fattori di conversione moltorigidi, queste stesse teorie (più DFT che HF) riproducono anche le bande dienergia ma non sono espressamente indicate per svolgere questo compito44.Per delineare dettagliatamente le bande energetiche si utilizza un’altra teoriadi campo medio che prende il nome di GW45, che inoltre descrive bene anchel’assorbimento ottico in termini di coppie buca-particella (eccitoni).La scelta di voler analizzare nel dettaglio l’energia di ground state è detta-ta dal fatto che tramite quest’osservabile fisica si può descrivere la stabilitàdel sistema ma soprattutto è possibile ricavare altre importanti osservabilifisiche semplicemente derivandola rispetto alle diverse possibili perturbazio-ni applicate al sistema; ad esempio la costante dielettrica è definita comela derivata dell’energia dello stato fondamentale rispetto al campo elettricoesterno, come si vedrà nel corso del capitolo 5.

3.1 Approssimazione Hartree-Fock

Il succo dell’approssimazione HF risiede nell’utilizzo del principio varia-zionale introdotto nel capitolo precedente in cui si restringe la minimizzazionead un sottospazio di Hilbert di singolo determinante di Slater, in altri terminiogni stato sarà dato da un solo determinante di Slater e quindi non si avràpiù una soluzione esatta come in precedenza. Si definisce quindi il genericostato del sistema come

|S.D.(b1, b2, ..., bN)〉,

dove la base|bi〉

i=1,...,N

è composta da N funzioni d’onda di singola par-ticella arbitrarie, ovvero si vuole rimarcare il fatto che, al contrario degli|ai〉, autostati della Hamiltoniana di singola particella, questi |bi〉 sono, perora, stati di singolo elettrone qualsiasi che verificano la consueta condizionedi ortonormalizzazione data da 〈bi|bj〉 = δij. Con questa approssimazione

44I grafici della struttura a bande del Grafene nel primo capitolo sono stati ricostruititramite DFT e i risultati rimangono comunque abbastanza ragionevoli.

45La GWA è un’approssimazione (A) che consiste nell’espandere la self enery Σ delsistema in termini di funzioni di Green (G) di singola particella e dell’interazione coulom-biana schermata (W), troncando tale espansione al primo ordine:Σ = iGW −GWGWG+ ... =⇒ Σ ≈ iGW , con ~ = 1.

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3.1 Approssimazione Hartree-Fock 47

l’energia dello stato fondamentale del sistema è definita da

EHFGS = min

|bi〉〈bi||bj〉=δij

[EHFbi

],

conEHFbi = 〈S.D.(b1, b2, ..., bN)|H|S.D.(b1, b2, ..., bN)〉,

dove H è la Hamiltoniana esatta a N elettroni.Risolvendo il problema si otterrà

EHFGS ≥ Eesatta

GS ,

in virtù del principio variazionale46.

3.1.1 Energia Hartree-FockSi sta cercando una soluzione che abbia una forma analoga a quella che

si troverebbe nel caso in cui le particelle non interagissero fra loro, ovvero lamiglior soluzione possibile, in termini di energia di stato fondamentale, tratutte le soluzioni di sistemi non interagenti. Per far questo si separa la partead un corpo da quella a due corpi:

EHFbi = 〈S.D.|

N∑i=1

H1ei |S.D.〉+ 〈S.D.|

N∑i=1

H2ei |S.D.〉 = EHF,1e

bi + EHF,2ebi ,

dove si è omessa la dipendenza del determinante di Slater per alleggerire lanotazione e si sono rinominati rispettivamente i due termini di energia aduno e a due corpi mantenendo la dipendenza parametrica dai bi. Utilizzandorispettivamente le proprietà (2.13) e (2.15) si possono riscrivere i due terminicome47

EHF,1ebi =

N∑i=1〈bi|H1e

i |bi〉 = Trbi [H1ei ],

dove si ha proprio O1ej = H1e

i e

EHF,2ebi =

∫d3r

∫d3r′

↑↓∑s,s′

e2

2|~r − ~r ′|

N∑i,j=1i 6=j

〈bi|~r, s〉〈~r, s|bi〉 · 〈bj|~r ′, s′〉〈~r ′, s′|bj〉−

46Una verifica diretta di questo risultato si può ottenere svolgendo il calcolo analiticoper l’atomo di Elio in approssimazione idrogenoide.

47Si noti che in questo caso l’oggetto H1e|bi〉 non può essere sviluppato ulteriormenteproprio perché ora i |bi〉 non sono autostati di H1e.

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48 3. Teoria Hartree-Fock

−〈bi|~r, s〉〈~r, s|bj〉 · 〈bj|~r ′, s′〉〈~r ′, s′|bi〉,

dove si è tenuto conto della (2.20) e dell’espressione (2.21) per la densità diprobabilità di coppia con |A〉 = |S.D.〉. Si noti che il contributo a due corpiè dato da un termine diretto a cui viene sottratto un termine di scambioe contribuisce con un ordine |bi〉 alla quarta mentre l’energia ad un corpocontribuisce quadraticamente in |bi〉. Scrivendo i termini in questa manierasi vede chiaramente che quello ad un corpo è una traccia sui bi e inoltre,grazie alle seguenti relazioni di completezza

∫d3r

↑↓∑s

|~r, s〉〈~r, s| = I;↑↓∑s

|s〉〈s| = Is

risulta evidente che il termine a due corpi può essere inteso, a meno di costantimoltiplicative, come il prodotto di due tracce meno la traccia del prodottodi tre matrici; ovvero

EHF,2ebi ∝ Trbi [M~r,s] · Trbj [M~r ′,s′ ]− Trbi [M~r,s ·Mbj ·M~r ′,s′ ],

dove le matriciM sono intuitivamenteM~r,s = |~r, s〉〈~r, s|,M~r ′,s′ = |~r ′, s′〉〈~r ′, s′|e Mbj = |bj〉〈bj|. Siccome tutte queste operazioni sono invarianti sotto ro-tazioni unitarie anche l’energia di Hartree-Fock EHF

bi risulta invariante perrotazioni unitarie fra gli stati |bi〉, ovvero gli stati elettronici occupati che,come si vedrà in seguito, sono proprio gli autostati della Hamiltoniana ausi-liaria da ricavare. Questa proprietà del sistema prende il nome di invarianzadi gauge e può essere espressa nel modo che segue:

|bi〉 → |b′i〉 =N∑j=1

Uij|bi〉

tale cheEHF

b′i = EHFbi,

dove Uij è una matrice unitaria N ×N , ovvero vale ∑k U∗ikUjk = δij.

3.1.2 Matrice densità ad un corpoCome si è appena visto, in approssimazione HF l’energia dello stato fon-

damentale dipende solo dagli stati |bi〉 e così come gli elementi che la compon-gono è invariante sotto rotazioni unitarie di questi stati. Per rendere evidente

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3.1 Approssimazione Hartree-Fock 49

quest’invarianza si introduce la matrice densità ad un corpo

P =N∑i=1|bi〉〈bi|. (3.1)

che è appunto un oggetto esplicitamente invariante per rotazioni unitariedegli stati, infatti

N∑i=1|b′i〉〈b′i| =

N∑i=1

N∑j=1

Uij|bi〉〈bi|U∗ij =N∑i=1|bi〉〈bi|.

Non a caso si è identificata la matrice densità con il simbolo P , infatti essaè matematicamente a tutti gli effetti un proiettore

P 2 =N∑i=1|bi〉〈bi|bi〉〈bi| =

N∑i=1|bi〉〈bi| = P,

ovvero è idempotente. Il proiettore in questione proietta il sistema in unospazio di Hilbert ad un solo elettrone a cui appartengono gli stati occupati,ovvero definisce quale porzione di questo spazio è occupata dagli stati stessi.Inoltre, prendendone la traccia su tutto lo spazio di Hilbert si ottiene

Trbi [P ] = N.

Dato P si hanno i suoi autostati tutti con autovalore 0 o 1 in quanto valeP = P 2 ossia P 2 − P = 0 =⇒ P (P − 1) = 0 che ha appunto soluzioni48P = 0 e P = 1. Quindi la traccia della matrice densità conta il numero dielettroni presenti nel sistema.A questo punto si vuole scrivere EHF

bi in termini di P ; per far questo èopportuno riscrivere la matrice densità ad un corpo in rappresentazione diSchrödinger:

ρ|S.D.(bi)〉(~r, s;~r ′, s′) = 〈~r, s|P |~r ′, s′〉 =N∑i=1〈~r, s|bi〉〈bi|~r ′, s′〉 =

=N∑i=1〈bi|~r ′, s′〉〈~r, s|bi〉 =

N∑i=1

b∗i (~r, s)bi(~r, s), (3.2)

48Si noti che qualora gli stati attraverso i quali è definita la matrice densità ad un corponon fossero i |bi〉, bensì i generici stati |A〉 appartenenti ad uno spazio di Hilbert ad N

particelle, gli autovalori apparterrebbero all’intervallo [0, 1] ma non sarebbero i soli 0 e 1.

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50 3. Teoria Hartree-Fock

dove, ricordando che gli stati 〈~r, s|bi〉 ≡ bi(~r, s) sono stati di singola particella,i termini diagonali descrivono la probabilità di trovare un elettrone in ~r ei termini fuori diagonale invece rappresentano il grado di coerenza fra glielettroni nelle posizioni ~r e ~r ′. Inoltre la densità elettronica ρ(~r ) è tale che

ρ(~r ) =↑↓∑s

ρ(~r, s;~r, s) con∫d3rρ(~r ) = N. (3.3)

Questa notazione risulta particolarmente conveniente poiché il potenzialed’interazione fra due elettroni dipende esplicitamente dalla differenza (inmodulo) dei vettori posizione dei due elettroni stessi; quindi componenteper componente si ha

EHF,1ebi = Trbi [PH1e]

eEHF,2ebi =

∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′|ρ(~r )ρ(~r ′)−∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′| ·

·↑↓∑s,s′

ρ(~r, s;~r ′, s′)ρ(~r ′, s′;~r, s) = EHbi− EXbi , (3.4)

dove sono state rispettivamente definite l’energia di Hartree (EHbi) e l’e-nergia di scambio49 (EXbi).Si noti che per snellire la scrittura il termine ∑↑↓s,s′ ρ(~r, s;~r, s)ρ(~r ′, s′;~r ′, s′)è stato riscritto come ρ(~r )ρ(~r ′), in accordo con la definizione di ρ(~r ) datanella 3.3.L’energia di Hartree è repulsiva e pertanto è una quantità positiva (EH > 0),così come quella di scambio, che però, essendo preceduta da un segno meno,contribuisce negativamente50. In questo modo è stato possibile racchiuderetutte le informazioni necessarie per la risoluzione del problema all’internodella sola matrice densità ad un corpo, semplificando quindi notevolmente ilproblema stesso; ovviamente questo procedimento non è lecito in generale masi tratta proprio di un artefatto dovuto all’approssimazione di Hartree-Fock,per la quale il conto appena svolto risulta essere un conto esatto.Arrivati a questa conclusione è utile fornire un’interpretazione fisica di quan-to appena svolto: il punto di partenza per la risoluzione del problema vedeva

49Il termine ρ(~r, s;~r ′, s′)ρ(~r ′, s′;~r, s) può essere inteso come |ρ(~r, s;~r ′, s′)|2.50In seguito risulterà evidente la stretta connessione tra questo termine e il principio di

esclusione di Pauli.

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3.2 Hartree-Fock nel caso collineare 51

un sistema ad N elettroni interagenti, in cui ora il termine di Hartree rap-presenta l’energia d’interazione coulombiana dovuta ad una sorta di "fluido"di particelle di carica (elettroni) che generano a loro volta una distribuzionedi probabilità a cui è possibile associare un campo elettrostatico51.Confrontando le espressioni (2.20) e (3.4) si evince chiaramente che la teo-ria HF approssima la probabilità condizionata di trovare due elettroni nelsistema, rispettivamente in ~r e ~r ′, come se questi fossero indipendenti, ovvero

ρ2e|A〉(~r, ~r ′ ) =⇒ ρ2e

|S.D.(bi)〉(~r, ~r′ ) =

=↑↓∑s,s′

ρ(~r, s;~r, s)ρ(~r ′, s′;~r ′, s′)−↑↓∑s,s′

ρ(~r, s;~r ′, s′)ρ(~r ′, s′;~r, s) =

= ρ(~r )ρ(~r ′)−↑↓∑s,s′

ρ(~r, s;~r ′, s′)ρ(~r ′, s′;~r, s), (3.5)

dove come noto |A〉 è il generico ground state esatto dato dalla combinazio-ne lineare di N determinanti di Slater e l’ultimo termine prende il nome dibuca di Pauli (Pauli or exchange hole)52. Il primo termine è una probabilitànon condizionata in quanto si tratta del prodotto tra due probabilità singole,essendo infatti il determinante di Slater una funzione d’onda per particellenon interagenti; il secondo termine invece oltre che sostituire la probabilitàcondizionata ha il ruolo di antisimmetrizzare la funzione d’onda.Si è quindi raggiunto lo scopo ultimo dell’approssimazione HF, ovvero riu-scire a scrivere un oggetto a due elettroni come funzione di oggetti ad unelettrone, la matrice densità ad un corpo per l’appunto. Nei paragrafi succes-sivi verranno discussi dei casi specifici ai quali applicare i risultati ottenutiin questa sezione.

3.2 Hartree-Fock nel caso collineareIl caso collineare non prevede la presenza del contributo di spin-orbita e

del magnetismo, ovvero gli spin degli elettroni sono allineati tutti lungo lo51Ovviamente gli elettroni sono delle cariche puntiformi e questa è un’approssimazione

di campo medio.52Questo nome deriva dal fatto che se le posizioni e i numeri quantici di spin coincidono

(~r = ~r ′ e s = s′) il termine di scambio si semplifica con quello di Hartree, fornendo unaprobabilità nulla che quindi rispetta e garantisce il principio di esclusione di Pauli.

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52 3. Teoria Hartree-Fock

stesso asse. Alcuni materiali, come i ferromagneti (Ferro e Cobalto ad esem-pio), possono essere descritti da una teoria collineare in quanto il magnetismoche li caratterizza è collineare a sua volta. Grazie a queste premesse esisteun asse di quantizzazione privilegiato, indicato con z, per cui gli stati |bi〉possono essere scritti come

|bi〉 =⇒

|αi〉|βi〉,dove |αi〉 e |βi〉 sono entrambi autostati dell’operatore Sz e hanno rispettiva-mente solo la componente up e quella down:

|αi〉 =(|αi〉0

)i=1,2,...,N↑

|βi〉 =(

0|βi〉

)i=1,2,...,N↓

, (3.6)

con N↑ +N↓ = N . La matrice densità ad un corpo risulterà quindi fattoriz-zabile in una parte up e una down, ovvero

P = P ↑ ⊗ |↑〉〈↑|+ P ↓ ⊗ |↓〉〈↓|,

dove le sue due componenti sono rispettivamente

P ↑ =N↑∑i=1|αi〉〈αi| e P ↓ =

N↓∑i=1|βi〉〈βi|,

dalle quali si evince che P ↑ e P ↓ appartengono allo spazio di Hilbert del-le coordinate e i proiettori |↑〉〈↑| e |↓〉〈↓| appartengono allo spazio di Hil-bert degli spin. Si noti che tale fattorizzazione, che si ricorda essere possibi-le solo nel caso collineare, fornisce una forma semplificata della probabilitàcondizionata. In questo caso in rappresentazione di Schrödinger si ha

ρ(~r, s;~r ′, s′) = δss′ρs(~r, ~r ′) con s =↑, ↓ (3.7)

poiché non c’è alcuna coerenza53 fra stati di spin diverso avendo scelto unasse di quantizzazione privilegiato per lo spin; valgono poi

ρ↑(~r, ~r ′) = 〈~r |P ↑|~r ′〉 e ρ↓(~r, ~r ′) = 〈~r |P ↓|~r ′〉. (3.8)53Fenomeni come il magnetismo o anche la superconduttività sono, per ragioni differen-

ti, entrambi manifestazioni macroscopiche della coerenza in meccanica quantistica e nonesistono loro analoghi in meccanica statistica classica.

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3.2 Hartree-Fock nel caso collineare 53

Infine la probabilità condizionata si può scrivere a partire dalla (3.5) in cuiviene introdotta la semplificazione (3.7):

ρ2e|S.D.(bi)〉(~r, ~r

′ ) = ρ(~r )ρ(~r ′)− ρ↑(~r, ~r ′)ρ↑(~r ′, ~r )− ρ↓(~r, ~r ′)ρ↓(~r ′, ~r ) =

= |ρ(~r )|2 − |ρ↑(~r )|2 − |ρ↓(~r )|2, (3.9)

dove gli ultimi due termini insieme rappresentano il fatto che due elettroni constessa posizione e stesso spin non possono occupare lo stesso stato quantistico,ovvero il principio di Pauli. Come per il caso generale si è alleggerita lanotazione definendo

ρ↑(~r ) = ρ↑(~r, ~r ); ρ↓(~r ) = ρ↓(~r, ~r );

ρ(~r ) =↑↓∑s

ρ(~r, s;~r, s) = ρ(~r, ↑;~r, ↑) + ρ(~r, ↓;~r, ↓) = ρ↑(~r ) + ρ↓(~r ).

3.2.1 Caso collineare non magneticoIn un sistema non magnetico ideale qualsiasi osservabile di spin è nulla

in ogni posizione dello spazio. Le condizioni che devono essere verificate perfar si che il sistema sia non magnetico sono le seguenti:

• N↑ = N↓;

• |αi〉 = |βi〉 ≡ |γi〉,

dove gli stati |γi〉, rigorosamente non barrati, descrivono bene quella cheprende il nome di materia diamagnetica, ovvero la classe di materiali le cuiproprietà magnetiche sono del tutto trascurabili in presenza di ferromagneti-smo o paramagnetismo e a cui appartengono l’Acqua, la maggior parte dellesostanze organiche e alcuni metalli come l’Oro, il Rame e l’Argento. Quin-di sebbene si sia indotti a credere che il magnetismo sia un fenomeno fisicoscontato nella vita di tutti i giorni, in realtà non è così: la diversità di ma-teriali ferromagnetici è minore rispetto a quella delle altre classi ma l’altareperibilità e l’ingente utilizzo dei primi ha fatto si che la maggior parte dellatecnologia, moderna e non, sia basata sul Ferro e che quindi ci si imbatta difrequente in fenomeni magnetici.La prima delle due condizioni è necessaria ma non sufficiente, infatti i ma-teriali anti-ferromagnetici soddisfano tale condizione pur avendo proprietà

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54 3. Teoria Hartree-Fock

magnetiche. L’assenza completa di magnetismo è assicurata dalla secondacondizione. Come conseguenza si ha che

P ↑ = P ↓ e ρ↑(~r, ~r ′) = ρ↓(~r, ~r ′). (3.10)

Quindi l’espressione della probabilità condizionata, che nel generico casocollineare era data dalla (3.9), nel caso collineare non magnetico diventa

ρ2e|S.D.(bi)〉(~r, ~r

′ ) = ρ(~r )ρ(~r ′)− 2ρ↑(~r, ~r ′)ρ↑(~r ′, ~r ) =

= |ρ(~r )|2 − 2|ρ↑(~r )|2.

Ma dato che ρ(~r ) = ρ↑(~r ) + ρ↓(~r ) = 2ρ↑(~r ) si ha ρ↑(~r ) = 12ρ(~r ) e quindi

|ρ↑(~r )|2 = 14 |ρ(~r )|2 che sostituito sopra restituisce

ρ2e|S.D.(bi)〉(~r, ~r

′ ) = |ρ(~r )|2 − 2 · 14 |ρ(~r )|2 = 1

2 |ρ(~r )|2,

dove il termine 12 |ρ(~r )|2 sottratto rappresenta ancora una volta la buca di

Pauli.

3.3 Minimizzazione e Hamiltoniana Hartree-Fock

In questa sezione si vuole ricercare la Hamiltoniana di campo medio au-siliaria che, diagonalizzata, fornisca proprio gli stati |bi〉, in altri termini sivogliono definire quest’ultimi come autostati di tale Hamiltoniana. Per farquesto come si è già anticipato è necessario applicare una minimizzazionealla generica energia di Hartree-Fock (per ricavare l’energia di ground state):

EHFGS = min

|bi〉〈bi|bj〉=δij

[EHFbi

].

Tale minimizzazione è vincolata rispetto ai |bi〉 e alla ortonormalizzazione.Applicando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange è possibile imporre ugua-le a zero la derivata prima rispetto ai |bi〉 ma si deve prestare bene attenzio-ne al fatto che ci si trovi di fronte ad una derivata funzionale. Tornando inrappresentazione di Schrödinger si ha

|bi〉 =(bi(~r, ↑)bi(~r, ↓)

),

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3.3 Minimizzazione e Hamiltoniana Hartree-Fock 55

dove entrambe le funzioni bi(~r, s) sono reali in assenza di campo magneticoe del termine di spin-orbita. Nel caso più generico possibile invece si devescrivere

|bi〉 =(Re[bi(~r, ↑)] + i Im[bi(~r, ↑)]Re[bi(~r, ↓)] + i Im[bi(~r, ↓)]

),

quindi per ciascun punto dello spazio le funzioni sono definite da quattrovalori reali: ci sono quattro componenti ∀i e ∀~r. La derivata funzionale puòessere definita banalmente come la derivata rispetto a queste quattro com-ponenti in ogni punto dello spazio. In questi termini quindi la condizione distazionarietà tramite una derivata funzionale assume la forma54

∂〈bi|

[EHFbi − vincolo

]= 0

con∂

∂〈bi|≡

∂∂Re[bi(~r,↑)] + i ∂

∂Im[bi(~r,↑)]∂

∂Re[bi(~r,↓)] + i ∂∂Im[bi(~r,↓)]

.Si noti che derivando rispetto al bra 〈bi| si ha un fattore +i per la deriva-ta nella parte immaginaria mentre derivando rispetto al ket |bi〉 si avrebbeun fattore −i; ovviamente si tratta solo di una convenzione. Dato ora unoperatore O hermitiano si può dimostrare facilmente la seguente identità:

∂〈bk|

[N∑i=1〈bi|O|bi〉

]= 2O|bk〉. (3.11)

Riscrivendo la sommatoria in notazione di Schrödinger si ha

N∑i=1〈bi|O|bi〉 =

∫d3r1

∫d3r2

N∑i=1

[b∗i (~r1, ↑)O↑↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑)+

+b∗i (~r1, ↑)O↑↓(~r1, ~r2)bi(~r2, ↓) + b∗i (~r1, ↓)O↓↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑)+

+ b∗i (~r1, ↓)O↓↓(~r1, ~r2)bi(~r2, ↓)], (3.12)

dove ovviamente vale

O ≡ O(~r1, ~r2) = O↑↑(~r1, ~r2) +O↑↓(~r1, ~r2) +O↓↑(~r1, ~r2) +O↓↓(~r1, ~r2)

54Nel caso non magnetico con funzioni d’onda reali la derivata funzionale coincide conla derivata: ∂

∂〈ai| = ∂∂ai(~r ) .

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56 3. Teoria Hartree-Fock

e gli operatori Oss′ agiscono solo sugli spazi di Hilbert (spaziale e di spin) sucui sono definiti. A questo punto, ricordando che

b∗i (~r, ↑) = (Re[bi(~r, ↑)]− i Im[bi(~r, ↑)])

bi(~r, ↑) = (Re[bi(~r, ↑)] + i Im[bi(~r, ↑)])

ci si limita a mostrare il calcolo per il primo addendo della sommatoria delsecondo membro della (3.12), ovvero b∗i (~r1, ↑)O↑↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑). Applicandola definizione di derivata funzionale ad un indice i fissato si ottiene il termine

∂Re[bi(~r1, ↑)][b∗i (~r1, ↑)O↑↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑)

]= ∂

∂Re[bi(~r1, ↑)]

∫d3r1

∫d3r2 ·

·Re[bi(~r1, ↑)]O↑↑(~r1, ~r2)Re[bi(~r2, ↑)]− i Im[bi(~r1, ↑)]O↑↑(~r1, ~r2)Re[bi(~r2, ↑)]+

+iRe[bi(~r1, ↑)]O↑↑(~r1, ~r2)Im[bi(~r2, ↑)]+Im[bi(~r1, ↑)]O↑↑(~r1, ~r2)Im[bi(~r2, ↑)]

=

=∫d3r1

∫d3r2

O↑↑(~r1, ~r2)Re[bi(~r2, ↑)] + i O↑↑(~r1, ~r2)Im[bi(~r2, ↑)]

=

=∫d3r1

∫d3r2O↑↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑).

Con calcoli analoghi si ottiene il termine completo (omettendo la dipendenzadell’operatore O ≡ O(~r1, ~r2) per snellire la scrittura):

∂Re[bi(~r1, ↑)][〈bi|O|bi〉

]=∫d3r1

∫d3r2

[O↑↑bi(~r2, ↑) +O↑↓bi(~r2, ↓)

],

dove si hanno solo due termini poiché gli ultimi due addendi della (3.12) sonodati da bi(~r1, ↓) e quindi la derivata è nulla.In maniera del tutto analoga si ottengono le derivate restanti:

∂Re[bi(~r1, ↓)][〈bi|O|bi〉

]=∫d3r1

∫d3r2

[O↓↑bi(~r2, ↑) +O↓↓bi(~r2, ↓)

];

∂Im[bi(~r1, ↑)][〈bi|O|bi〉

]= −i

∫d3r1

∫d3r2

[O↑↑bi(~r2, ↑) +O↑↓bi(~r2, ↓)

];

∂Im[bi(~r1, ↓)][〈bi|O|bi〉

]= −i

∫d3r2

[O↓↑bi(~r2, ↑) +O↓↓bi(~r2, ↓)

].

Organizzando i termini in uno spinore(↑↓

)si ottiene

∂〈bi|

[〈bi|O|bi〉

]= ∂∂Re[bi(~r1,↑)] + i ∂

∂Im[bi(~r1,↑)]∂

∂Re[bi(~r1,↓)] + i ∂∂Im[bi(~r1,↓)]

[〈bi|O|bi〉] =∫d3r1

∫d3r2 ·

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3.3 Minimizzazione e Hamiltoniana Hartree-Fock 57

·(O↑↑bi(~r2, ↑) +O↑↓bi(~r2, ↓) +O↑↑bi(~r2, ↑) +O↑↓bi(~r2, ↓)O↓↑bi(~r2, ↑) +O↓↓bi(~r2, ↓) +O↓↑bi(~r2, ↑) +O↓↓bi(~r2, ↓)

)=

=∫d3r1

∫d3r2

(2O↑↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑) + 2O↑↓(~r1, ~r2)bi(~r2, ↓)2O↓↑(~r1, ~r2)bi(~r2, ↑) + 2O↓↓(~r1, ~r2)bi(~r2, ↓)

)=

= 2O|bi〉,

che è proprio quanto si voleva dimostrare55.Un caso particolare dell’identità (3.11) si ha prendendo

N∑i=1〈bi|O|bi〉 =

N∑i=1|bi〉〈bi| = P ≡ ρ(~r ) = |~r 〉〈~r |,

ovvero la matrice densità ad un corpo definita dalla (3.1):

∂〈bk|[ρ(~r )] = 2|~r 〉〈~r ||bk〉.

Riscrivendo la condizione di stazionarietà esplicitando il vincolo tramite ilmoltiplicatore di Lagrange λij si ha

∂〈bk|

EHFbi −

N∑i,j=1i 6=j

λij〈bi|bj〉

= 0, (3.13)

dove tale condizione vale ∀k = 1, 2..., N (indice di stato occupato56). L’ener-gia nell’espressione (3.13) può essere scomposta nei termini ad un corpo, diHartree e di scambio:

EHFbi = EHF,1e

bi + EHbi− EXbi .

Quindi si hanno le derivate seguenti:

1.∂

∂〈bk|

[EHF,1ebi

]= 2H1e|bk〉;

55Per comodità di calcolo si è selezionato direttamente il termine i = k nella sommatoriadell’equazione (3.11); svolgendo il calcolo più generale si arriverebbe ovviamente alla stessaconclusione imponendo l’ortonormalità degli stati: 〈bi|bk〉 = 0, che appunto seleziona il solotermine i = k.

56L’imposizione della condizione di ortonormalità come vincolo prevede che venga ri-spettata la relazione λ∗ij = λij ∀i∀j e poteva essere implementata direttamente nellasommatoria ponendo

∑j>i .

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58 3. Teoria Hartree-Fock

2.∂

∂〈bk|

[EHbi

]= 2VH(~r )|bk〉.

doveVH(~r ) =

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|ρ(~r ′) (3.14)

è il potenziale di Hartree, molto simile al potenziale coulombiano (inquesto caso non vi è il fattore 1

2) in quanto si comporta come unpotenziale elettrostatico generato dalla densità di carica ρ(~r ′).

3.∂

∂〈bk|

[EXbi

]= 2HX |bk〉 =

= 2 ·∫ d3r

∫d3r′

↑↓∑s,s′

e2

|~r − ~r ′||~r, s〉ρ(~r, s;~r ′, s′)〈~r ′, s′|

|bk〉,dove si è definita la Hamiltoniana di scambio HX .

Di seguito si fornisce la dimostrazione relativa alla derivata dell’energia diHartree definita nella (3.4), la quale può essere estesa anche all’energia discambio in quanto sono entrambe quadratiche nella funzione d’onda.

∂〈bk|

[EHbi

]= ∂

∂〈bk|

[∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′|ρ(~r )ρ(~r ′)]

=

= ∂

∂〈bk|

∫ d3r∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′|

N∑i,j=1i 6=j

↑↓∑s,s′〈bi|~r, s〉〈~r, s|bi〉〈bj|~r ′, s′〉〈~r ′, s′|bj〉

,dove si è tenuto conto della (3.3) inserendo l’espressione esplicita della ρ(~r )(e quindi anche della ρ(~r ′)) data dalla (3.2). Sviluppando ulteriormente icalcoli si ottiene

∂〈bk|

[EHbi

]=∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′| ·

·

2 ↑↓∑

s

|~r, s〉〈~r, s|bk〉

ρ(~r ′) + 2 ↑↓∑

s′|~r ′, s′〉〈~r ′, s′|bk〉

ρ(~r ) =

= 2∫d3r

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|ρ(~r )

↑↓∑s′|~r ′, s′〉〈~r ′, s′|bk〉.

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3.3 Minimizzazione e Hamiltoniana Hartree-Fock 59

dove è stata nuovamente applicata la (3.11) e si è sfruttato il fatto che ρ(~r ) =ρ(~r ′). Si riconosce chiaramente il potenziale di Hartree, diagonale nella basedelle posizioni, definito dalla (3.14):

VH =∫d3r

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|ρ(~r ′)

↑↓∑s′|~r ′, s′〉〈~r ′, s′|

ossia〈~r |VH |~r 〉 =

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|ρ(~r ′) = VH(~r )

e la relazione risulta quindi dimostrata.Si ha infine anche il termine dovuto al vincolo:

∂〈bk|

N∑i,j=1i 6=j

λij〈bi|bj〉

= ∂

∂〈bk|

N∑i=1〈bi|

N∑j=1

λij|bj〉

= 2N∑j=1

λjk|bk〉.

Si noti che per ognuna di queste derivate si è applicata l’identità (3.11) masi deve prestare attenzione al fatto che per la definizione (3.4) di EHF,2e

bi iltermine di scambio ha un segno meno davanti, così come il termine dovutoal vincolo (come si evince dalla (3.13)).Analizzando nel dettaglio le tre derivate dei termini di energia si nota chiara-mente che H1e è un vero e proprio operatore, così come VH che però dipendedalla densità di carica ed è una funzione locale della posizione, ovvero, espli-citandone la natura operatoriale, [~r, VH(~r )] = 0. HX invece è un operatorenon locale nelle posizioni e quindi non commuta con l’operatore ~r.Raggruppando nuovamente i termini si può riscrivere la (3.13) come:

∂〈bk|

EHFbi −

N∑i,j=1i 6=j

λij〈bi|bj〉

= 2HHF −

N∑j=1

λjk

|bk〉, (3.15)

dove si è raggiunto lo scopo di questo paragrafo, ovvero quello di ricavare laHamiltoniana di Hartree-Fock:

HHF =N∑i=1

H1ei + VH(~r )−HX =

N∑i=1

[|~pi|2

2m + V (~ri)]

+ VH(~r )−HX . (3.16)

Questa Hamiltoniana efficace appartiene ad uno spazio di Hilbert di singo-lo elettrone ed è autocoerente poiché, oltre al contributo non interagente,

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60 3. Teoria Hartree-Fock

presenta i due termini VHbi(~r ) e HXbidati e autocoerenti in quanto di-

pendono dalla densità di carica e dagli orbitali stessi: sono funzionali dei bi.Una volta trovata la Hamiltoniana ausiliaria non rimane altro che ricavareil ground state imponendo la condizione di stazionarietà. Il minimo si ricavaquindi ponendo il secondo membro della (3.15) uguale a zero, da cui si ottienela seguente relazione in forma di equazione agli autovalori:

HHF |bk〉 =N∑j=1

λjk|bk〉. (3.17)

Per ottenere un’effettiva equazione agli autovalori è necessario non averetermini λjk fuori diagonale e quindi si applica una trasformazione unitaria Ujkche permette di passare in una nuova base definita da stati |b′k〉 = ∑N

j=1 Ujk|bk〉tali che in questa nuova base λjk sia effettivamente diagonale (λjk 6= 0 solose j = k). In questo modo si giunge all’equazione agli autovalori cercata:

HHF |bk〉 = εk|bk〉, (3.18)

nella quale |b′k〉 è stato scritto senza apice per comodità di notazione. Ov-viamente l’energia è un oggetto invariante sotto la trasformazione compiuta,ovvero sotto una rotazione unitaria all’interno del sottospazio dei |bk〉.Purtroppo non è tutto oro quel che luccica, infatti la struttura a bande chesi ricava da questi autovalori ha solamente in parte una valenza fisica: essaproviene da una Hamiltoniana ausiliaria. Come si è già accennato esistonodiverse tecniche che si utilizzano per ricavare la struttura a bande dei cri-stalli; una di queste è senz’altro l’ARPES57 ma è possibile sfruttare anchel’assorbimento ottico e alcune proprità dei fenomeni di trasporto nei mate-riali. Più in generale la scelta della tecnica teorica da implementare è dettatadall’osservabile fisica che si vuole studiare: si ribadisce che in questo casoHartree-Fock58 fornisce risultati consistenti con i valori sperimentali se sianalizza l’energia totale del sistema che risulta essere particolarmente utile

57Una teoria che fornisce buone immagini ARPES è DTF, infatti, seppur non sia co-struita per questo scopo, è estremamente migliore dell’approssimazione Hartree-Fock (leimmagini in ARPES del primo capitolo sono approssimate in DFT). L’errore che si com-mette è dell’ordine di qualche eV , nel Quarzo ad esempio si hanno dei gap ottici di circa5 eV mentre per l’ARPES riscalata con DFT si misurano 9 eV .

58Esistono diverse formulazioni della teoria Hartree-Fock che danno luogo ad altri ve-ri e propri metodi perturbativi come la MPn (Møller-Plesset), dove n indica l’ordineperturbativo. Le teorie MP2 e MP4 sono molto usate in chimica teorica.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 61

poiché da essa dipendono diverse altri osservabili fisiche.Il fatto di dover lavorare con una Hamiltoniana autocoerente mischia le cartein tavola. Identificando gli stati |gi〉 come quelli di stato fondamentale59 sipossono riscrivere le equazioni di Hartree-Fock come

EHFGS =

[N∑i=1〈gi|H1e

i |gi〉]

+ EHgi− EXgi

HHFgi|gi〉 = εHFgi|gi〉

e aggiungendo e sottraendo la quantità VH(~r )−HX all’interno della somma-toria si ottiene

EHFGS =

N∑i=1〈gi|(H1e

i +VH(~r )−HX)|gi〉+EHgi−EXgi−N∑i=1〈gi|(VH(~r )−HX)|gi〉

In virtù del fatto che EH = 12〈gi|VH(~r )|gi〉 e EX = 1

2〈gi|HX |gi〉, identificandopoi 〈gi|(H1e

i + VH(~r )−HX)|gi〉 = εi si può scrivereEHFGS =

N∑i=1

εi −[EHgi

− EXgi]

HHFgi|gi〉 = εHFgi|gi〉,

(3.19)

da cui si evince che non basta sommare solo sugli autovalori per ottenerel’energia totale dello stato fondamentale ma ci sono due termini aggiuntivi.

3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: ilJellium

In questa sezione si utilizza il metodo Hartree-Fock per risolvere un mo-dello fisico ideale, prototipo dei sistemi metallici; si tratta del Jellium, ovve-ro un gas di elettroni interagenti60(anche in questo caso si trascura l’effettospin-orbita). Sebbene si tratti di un’idealizzazione è possibile avere un ri-scontro sperimentale del Jellium drogando un semiconduttore come il Silicio

59Semplicemente per differenziarli da tutti gli altri |bi〉.60Il Jellium rappresenta lo step successivo ai modelli di Drude e Sommerfeld per il gas di

elettroni liberi: si tiene conto dell’interazione. Esso rappresenta inoltre un sistema prototipomolto semplice per via della sua alta simmetria e risulta molto utile nella comprensionedell’interazione e-e nella fisica dello stato solido. Tale sistema è anche conosciuto con inomi di Gas di elettroni uniforme (UEG) o Gas di elettroni omogeneo (HEG).

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62 3. Teoria Hartree-Fock

attraverso l’aggiunta di Fosforo che dona un elettrone al sistema. Il nucleodell’atomo di Fosforo svolge il ruolo di carica positiva, uniformemente distri-buita nel sistema, mentre l’elettrone da esso donato si posiziona nella bandadi conduzione del Silicio formando il Jellium. L’unica differenza sostanzialerispetto al caso ideale risiede nel fatto che le bande del sistema non hanno unadispersione parabolica, quindi si potrebbe ipotizzare di valutare quest’ultimenei pressi del loro minimo; lo sviluppo in serie della legge di dispersione dibanda ha effettivamente un andamento parabolico al secondo ordine e quindisi può interpretare l’elettrone come un elettrone libero con una massa (effica-ce) diversa. In realtà questo procedimento ha una sua più precisa attuazionesperimentale su sistemi bidimensionali poiché il Fosforo introduce dei difettinel cristallo che si possono in gran parte evitare con un dopaggio su layers2D.Questo sistema è ben descritto da una scatola cubica contenente elettro-ni interagenti e un background uniforme di carica positiva61 che sostitui-sce il potenziale nucleare e rende globalmente neutro il sistema stesso. Tale

Figura 3.1: Schematizzazione grafica del Jellium: gli elettroni interagenti sono contenuti in una scatolacubica, con condizioni periodiche al bordo, e la griglia ionica è caratterizzata da una densitàdi carica di background ρI positiva e uniforme.

background è rappresentato in figura 3.1 ed è definito da

ρI(~r ) ≡ ρI = N

V, (3.20)

61Le cariche si dispongono in modo tale da minimizzare l’energia del sistema. Qualorasi avesse un background negativo risulterebbe impossibile normalizzare il volume del si-stema stesso e si otterrebbe un’energia elettrostatica di repulsione divergente. Per fissarequesto concetto si può pensare ad un sistema sferico di volume V , calcolando l’energiaelettrostatica Eel di tale sistema si può dimostrare facilmente che nel limite di V →∞ siottiene una quantitià Eel(ρ(~r ))

V divergente qualora ρ(~r ) non sia uniforme e positiva.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 63

dove intuitivamente N è il numero di elettroni e V è il volume della scatola.Ovviamente la densità di carica effettiva si ottiene semplicemente moltipli-cando per la carica, ionica e quindi positiva: N |e|

V. Nella teoria così sviluppata

si dispone quindi di un singolo parametro, ρI , che funge da "tuning" del si-stema ovvero permette di passare da un sistema debolmente correlato in cuil’approssimazione HF è valida ad uno fortemente correlato in cui sarà neces-sario risolvere il problema numericamente; questo "tool" è molto utile in fisicadello stato solido poiché si ha spesso a che fare con transizioni di fase62.Per riprodurre l’energia totale del Jellium si scrive

Etot = EII + E1eIe + E2e

ee + T 1ee , (3.21)

dove EII è l’energia di repulsione fra gli ioni del reticolo ed è quindi rappre-sentativa dell’interazione di ρI con ρI . Questa energia fino a questo puntoera sempre stata ignorata poiché è un termine costante e non dipende dallefunzioni d’onda elettroniche ma se si vuole considerare, come in questo caso,l’energia totale del sistema se ne deve tener conto. Il termine E1e

Ie è attrattivopoiché rappresenta l’interazione tra gli elettroni e gli ioni (o analogamente ladensità di carica ionica ρI), E2e

ee è l’energia repulsiva che gli elettroni eserci-tano tra loro e T 1e

e è la loro energia cinetica; i primi tre termini sono tutti dinatura elettrostatica. Ovviamente le energie appena descritte sono oggetti aN particelle: con i rispettivi apici si vuole solamente indicare la natura delsingolo termine (a un elettrone o a due elettroni) che viene appunto sommatosu tutte le N particelle.Di seguito si scrivono più nel dettaglio i termini che dipendono dal potenzialeionico, ovvero dalla ρI , tenendo conto che quest’ultima è costante nel Jellium.

EII =∫Vd3r

∫Vd3r′

e2

2|~r − ~r ′|ρI(~r )ρI(~r ′) =∫Vd3r

∫Vd3r′

e2

2|~r − ~r ′|ρ2I (3.22)

E1eIe = −

∫Vd3r

∫Vd3r′

e2

|~r − ~r ′|ρIρ|A〉(~r ′), (3.23)

dove si vede chiaramente che per V → ∞ l’energia EII diverge più velo-cemente del volume V stesso. Per risolvere questo apparente paradosso sideve considerare all’interno della somma delle energie il termine E2e

ee in ap-prossimazione Hartree-Fock, ovvero definito nella (3.4) a meno dell’energia

62Per approfondimenti si consiglia la consultazione del "G.Giuliani, G.Vignale -Quantum Theory of the Electron Liquid".

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64 3. Teoria Hartree-Fock

di Hartree e del termine di scambio:

Etot = EII +E1eIe +EHρ|A〉(~r ) −EXρ|A〉(~r ) + T 1e

e = Ecoulombiana−EXρ|A〉(~r ) + T 1ee ,

dove si è ulteriormente definita

Ecoulombiana = EII + E1eIe + EHρ|A〉(~r ) '

12ρ

2I − ρ|A〉(~r )ρI + 1

2ρ|A〉(~r )2.

Avendo esplicitato la dipendenza di tutti i termini dalla densità, ionica edelettronica, si sono quindi messi in luce gli andamenti quantitativi delle sin-gole energie e per far si che la somma delle componenti coulombiane sia nulla,ovvero per far si che il sistema sia effettivamente neutro (con tante carichenegative quante cariche positive), l’unica scelta possibile è data da

ρ|A〉(~r ) = ρI .

In questo modo si sta affermando che la densità elettronica deve essere uni-forme (ovvero costante) e uguale in valore alla densità del background ionico;queste ovviamente differiscono in termini della carica elettrica rispettiva-mente data da −|e| e |e|. La scelta di uniformità è sempre valida quando ilsistema è invariante per traslazioni63 e quindi è sempre valida nel Jellium cheessendo un modello ideale gode di questa e di numerose altre simmetrie cheverranno discusse in seguito. A completamento di quanto appena detto, permotivare la non dipendenza dalla posizione della ρ|A〉(~r ) si ragiona nel modoseguente: qualora ρ|A〉(~r ) non fosse costante il sistema subirebbe una rotturadella simmetria traslazionale e questo potrebbe condurre eventualmente aduna transizione del sistema stesso in un cristallo di Wigner64. In conclusione

63Questo è ovvio poiché se il sistema non cambia quando un suo qualsiasi punto vienetraslato di un vettore interno al sistema stesso allora significa che il punto traslato vedràintorno a sé la stessa densità elettronica che vedeva il punto non traslato. In realtà anchese ci fosse una rottura della simmetria traslazionale del sistema si potrebbe ugualmenteavere un ground state con densità elettronica uniforme poiché gli stati a simmetria rottasono degeneri e combinandoli linearmente si possono costruire quindi autostati che sianosoluzioni a densità uniforme.

64Tale sistema è ben descritto da un gas di elettroni in moto in un background ionicoinerte che, se la densità elettronica risulta minore di un certo valore critico, cristallizza eda vita ad un reticolo. Questo si verifica poiché l’energia potenziale è dominante rispettoa quella cinetica per piccole densità elettroniche e quindi la specifica disposizione spazialedegli elettroni diventa significativa. In questo sistema il modo per minimizzare l’energiaè quello di polarizzare gli spin degli elettroni e di localizzarli: l’energia di ogni singolo

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 65

quindi si ha un sistema ben descritto dalle seguenti due densità, elettronicae ionica, e dalle rispettive densità di carica:ρ|A〉(~r ) = ρI =⇒ −|e|ρI ;

ρI(~r ) = ρI =⇒ |e|ρI ;con ρI > 0.

Compiuta quindi tale sostituzione si ottiene

EtotHF = T 1ee − EXρI = f(ρI), (3.24)

ovvero l’energia totale del Jellium in approssimazione HF (pronta per essereminimizzata) come funzione della sola densità di background ionico.A questo punto è possibile studiare le soluzioni e mostrare che il problema èrisolvibile completamente in maniera analitica.

3.4.1 Soluzioni HF per il Jellium e Funzione di Lind-hard

Come anticipato in precedenza il Jellium è un sistema che gode di in-varianza traslazionale, rotazionale e di inversione temporale (time-reversal).In questo senso quindi si ricercano soluzioni che non "rompano" queste sim-metrie65 (si preferisce tralasciare lo studio delle rotazioni in quanto non ag-giungono ulteriori informazioni fisiche all’invarianza traslazionale, già moltoforte):

elettrone è quindi quella dello stato fondamentale di un oscillatore armonico quantistico(che ben descrive il moto di oscillazione attorno al sito del reticolo elettronico) più quel-la dovuta al potenziale mutuo d’interazione (minimizzata invece dalla conveniente sceltageometrica del reticolo). Mentre il lavoro di Wigner si basava essenzialmente su un cal-colo di elettrostatica, l’approccio moderno utilizza metodi computazionali di tipo QMC(Quantum Monte Carlo) o RPA (Random Phase Approximation) i quali hanno permessodi realizzare un prototipo del cristallo di Wigner nel 2013.

65Ogni qual volta una simmetria viene "rotta" si ha una transizione di fase per il sistema.Come già detto nel caso di rottura di simmetria traslazionale si passa ad un cristallo diWigner, con la perdita di invarianza per inversione temporale invece il sistema diventaferromagnetico. Il ferromagnetismo è la proprietà di alcuni materiali di magnetizzarsimolto intensamente sotto l’azione di un campo magnetico esterno e di restare a lungomagnetizzati quando il campo si annulla, diventando così magneti. Questa proprietà simantiene solo al di sotto di una certa temperatura, detta temperatura di Curie, al di sopradella quale il materiale torna ad avere un comportamento paramagnetico. Per il Ferro, adesempio, questa temperatura è di circa 1043K. Nell’ultimo capitolo delle dispense verràdiscusso il fenomeno analogo dovuto al campo elettrico: la ferroelettricità.

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66 3. Teoria Hartree-Fock

1. Invarianza traslazionale.Si otterranno soluzioni per la Hamiltoniana HHF , che è appunto inva-riante per traslazioni, in forma di onda piana |~k〉, il cui vettore d’ondaè limitato dalla condizione |~k| ≤ | ~kF |.

2. Invarianza per inversione temporale.Se si continua a considerare assente l’effetto spin-orbita e il sistemacome collineare e non magnetico si otterranno soluzioni per le qualiN↑ = N↓ e |αi〉 = |βi〉.

Quindi le funzioni d’onda che descrivono il Jellium sono

|bi〉 =

|~k〉 ⊗ |↑〉|~k〉 ⊗ |↓〉ovvero |αi〉 =

(|~k〉0

)i=1,2,...,N2

e |βi〉 =(

0|~k〉

)i=1,2,...,N2

,

(3.25)e in rappresentazione di Schrödinger vale

〈~r |~k〉 = 1√Vei~k·~r,

dove non si è fatto altro che discretizzare lo spazio dei ~k considerando V

come il volume della supercella con condizioni periodiche al bordo; come notoinfatti a vettori d’onda discreti corrispondono funzioni d’onda normalizzatein tal modo.Per minimizzare l’energia ricavata nell’equazione (3.24) si vuole valutare ladipendenza del vettore d’onda di Fermi ~kF dal parametro ρI ; a partire dalla(3.2) si scrive quindi

ρIbi= 2

∑|~k|≤| ~kF |

〈~r |~k〉〈~k|~r 〉 = 2V

∑|~k|≤| ~kF |

ei~k·~re−i

~k·~r = 2V

∑|~k|≤| ~kF |

=

= 2∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3 = 2(2π)3

43π|

~kF |3 = |~kF |3

3π2 ,

da cui si ha| ~kF | = 3

√3π2ρI , (3.26)

dove il fattore 2 posto all’inizio tiene conto della molteplicità di spin espressadalla (3.25).

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 67

Il termine cinetico che compare nella (3.24), scritto in unità di volume perfar si che non diverga, sarà quindi

T 1ee

V= 1V

2∑|~k|≤| ~kF |

〈~k| |~p |2

2m |~k〉 = 2

∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3~2|~k|2

2m

che passando in coordinate sferiche diventa

T 1ee

V= 2 · 4π

∫|~k|≤| ~kF |

d|k|(2π)3

~2|~k|2

2m · |~k|2 = 110

~2

mπ2 | ~kF |5.

Sostituendo infine il valore di | ~kF | dato dalla (3.26) si ha

T 1ee

V= Aρ

53I con A = 3

10~2

m(3π2) 2

3 . (3.27)

Per quanto riguarda EXρIV

invece, tenendo presente che per il Jellium nell’e-spressione (3.4) si ha ρ(~r, s;~r ′, s′) = ρ(~r ′, s′;~r, s), si può scrivere

EXbiV

= 1V

↑↓∑s,s′

∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′| |ρ(~r, s;~r ′, s′)|2.

Applicando la (3.7) si ottiene

EXbiV

= 1V

↑↓∑s,s′

∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′| |ρs(~r, ~r ′)δss′ |2 con s =↑, ↓ .

La δss′ seleziona l’unica sommatoria∑↑↓s=s′ e inoltre il sistema è non magnetico(vale la (3.10)), quindi ρ↑(~r, ~r ′) = ρ↓(~r, ~r ′) e il modulo quadro può essereconsiderato per il solo canale up tenendo conto di un fattore 2 al posto dellasommatoria ∑↑↓s . Si ottiene quindi

EXbiV

= 2V

∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′| |ρ↑(~r, ~r ′)|2.

A questo punto si deve calcolare la ρ↑(~r, ~r ′). Ricordando la definizione (3.8)si ha

ρ↑(~r, ~r ′) = 〈~r |P ↑|~r ′〉 =∑|~k|≤| ~kF |

〈~r |~k〉〈~k|~r ′〉 =∑|~k|≤| ~kF |

ei~k·~r√V· e−i~k·~r ′

√V

=

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68 3. Teoria Hartree-Fock

= 1V

∑|~k|≤| ~kF |

ei~k·(~r−~r ′) =

∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3 ei~k·(~r−~r ′).

Sostituendo questa nell’espressione dell’energia di scambio per unità di volu-me si ha

EXbiV

=

= 1V

∫d3r

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|

∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3 ei~k·(~r−~r ′)

∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)3 e−i~k′·(~r−~r ′).

Si noti che le coordinate ~r e ~r ′ compaiono solo come differenza delle stesse,infatti per un sistema invariante per traslazioni l’informazione fisica spazia-le è completamente contenuta nella posizione relativa. Si applica quindi lasostituzione che sposti l’integrazione da ~r a ~r ′′ definito come

~r − ~r ′ = ~r ′′ =⇒ d3r′′ = d3r.

A questo punto l’integrale in d3r′ restituisce semplicemente il volume quindisi può scrivere

EXbiV

= e2∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3

∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)3

∫d3r′′

1|~r ′′|

ei~k·~r ′′ e−i

~k′·~r ′′ =

= e2∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3

∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)3

∫d3r′′

1|~r ′′|

e−i(~k′−~k)·~r ′′ .

L’integrale in d3r′′ non è altro che la definizione di trasformata di Fourierdella funzione 1

|~r ′′| , il potenziale di Coulomb in unità ridotte, su tutto lospazio è restituisce il valore 4π

|~k′−~k|2 (per la dimostrazione di questo passaggiosi veda l’appendice B). Quindi si ha

EXbiV

= e2∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3

∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)34π

|~k′ − ~k|2. (3.28)

L’integrale in d3k si può risolvere passando in coordinare sferiche e il proce-dimento esplicito è svolto nell’appendice C. Si ottiene quindi

EXbiV

= e2∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)32| ~kF |π

F

|~k ′|| ~kF |

, (3.29)

dove la funzioneF (x) = 1

2 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ (3.30)

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 69

è un oggetto che dipende solo dal modulo del vettore d’onda ~k ′ (ovveroinvariante per rotazioni). Questa prende il nome di funzione di Lindhard66ed è una funzione algebrica che si può integrare facilmente; i calcoli sonosvolti nell’appendice D. Si giunge quindi al risultato

EXbiV

= Bρ43I con B = 3

4e2 3

√3π. (3.31)

Mettendo insieme la (3.27) e la (3.31) si conclude che

EtotHF

bi

V= Aρ

53I −Bρ

43I , (3.32)

con A = 310

~2

m(3π2) 2

3 e B = 34e

2 3√

3π.

Per descrivere il ground state del Jellium è quindi sufficiente applicare al-la (3.32) lo stesso procedimento di minimizzazione discusso nelle sezioniprecedenti:

EtotHF

GS

V= min

|bi〉〈bi|bj〉=δij

EtotHF

bi

V

= min|bi〉

〈bi|bj〉=δij

[Aρ

53I −Bρ

43I

].

Dalla (3.32) si evince chiaramente che esistono due regimi differenti, dovutialle due diverse potenze di ρI e al valore che ρI stessa assume.Per ρI →∞, ovvero in regime di alta densità in cui il sistema risulta esseremolto compatto, il contributo cinetico dato dalla (3.27) è dominante mentreper ρI → 0, ovvero in regime di bassa densità, lo è il contributo di scambiodato dalla (3.31). Questi due andamenti rappresentano rispettivamente duediversi comportamenti del sistema: nel primo caso il sistema ha una fortenatura quantistica e quindi gli elettroni, essendo quasi liberi e vicini tra loro,interagiscono poco con il background ionico di carica, nel secondo caso invecegli elettroni sono molto lontani fra loro e quindi possono interagire con ilreticolo ionico formando un cristallo classico (nota 64); si noti infatti che inquesto limite non compare più il termine in ~. Riassumendo quindi si ha

EtotHF

GS

V→ T 1e

e

V= Aρ

53I se ρI →∞;

EtotHF

GS

V→

EXbiV

= Bρ43I se ρI → 0,

(3.33)

66Jens Lindhard è un fisico danese, Professore di fisica teorica presso la AarhusUniversity. Egli è membro della Academia Europea e della Royal Danish Academy ofSciences.

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70 3. Teoria Hartree-Fock

quindi nei rispettivi limiti sarà possibile risolvere il problema semplicementeminimizzando la parte di energia che risulta essere dominante.Gli andamenti appena studiati forniscono informazioni sperimentali interes-santi quando si passa in unità ridotte; prima di far questo però ci si potrebbedomandare se il Jellium sia effettivamente un sistema reale, o, in altri termi-ni, se su di esso si possono condurre esperimenti. La risposta è affermativa,ma vanno fatte alcune precisazioni. Data la struttura a bande idealizzata

Figura 3.2: Struttura a bande in approssimazione parabolica.

in figura 3.2, qualora il valore di ε∗F sia sufficientemente piccolo è possibi-le espandere ε~k intorno al minimo e considerare la banda stessa come unaparabola. Si scrive quindi

ε~k = ε0 + ~2|~k|2

2m∗ ,

dove m∗ prende il nome di massa efficace e nel caso in cui il sistema siaisotropo vale m∗x = m∗y = m∗z. In questa maniera è quindi possibile creare unsistema che abbia un’energia cinetica della stessa forma di quella del Jelliumin cui però si ha m∗ al posto della massa dell’elettrone "nuda" me. Va da sèche maggiore è la massa maggiore sarà la densità ρI e quindi per valori di

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 71

m∗ molto grandi è più facile trovare il sistema in regime quantistico, ovvero

ρI ( 1a0

),

dove a0 = ~2

mee2 = 0, 592177Å è il raggio di Bohr, lunghezza caratteristica delsistema. Analogamente a quanto discusso in precedenza sarà quindi possibilerendere il sistema più o meno correlato considerando carica e massa efficaciper far variare a0 (a0 → a∗0 = ~2

m∗e∗2) che quindi può ricoprire il ruolo svolto

da ρI . Questo si traduce in una modifica dell’interazione coulombiana cherisente il sistema: nei pressi di ε∗F , sebbene le funzioni d’onda assumano unaforma complicata e siano difficili da determinare, la trasformata di Fourierdell’interazione coulombiana (ovvero l’interazione in spazio ~k) va come67

4πe∗2

(∆~k)2,

come si è segnalato in figura 3.2. Se | ~kF | |~G|, con ~G vettore del reticoloreciproco, allora l’interazione elettronica agisce a valori di ~k piccoli68 ed ètrascurabile per punti a ~k lontani. Essa infatti non è più "nuda" ma risultaschermata dagli elettroni della banda di valenza che possono agire come unacostante dielettrica di background e quindi per un Jellium si avrà

e2

|~r |→ e2

ε∞|~r |, (3.34)

che rappresenta proprio l’interazione coulombiana che risentono due elettroninella banda di conduzione se il vettore d’onda di Fermi è piccolo rispetto allaperiodicità del reticolo reciproco. La permittività dielettrica relativa εr riducel’interazione e per frequenze molto alte tende al limite ε∞ che ad esempio peril Silicio è ε∞ ' 12.Come si è già detto ripetute volte si ha a che fare con una fisica a bassetemperature, dell’ordine dei mK, e si è in assenza di campi magnetici; incaso contrario si avrebbero livelli energetici ulteriori (di Pauli) che per sistemifortemente correlati darebbero vita all’effetto Hall quantistico o frazionario69.Il Grafene è quindi un sistema estremamente vantaggioso con cui lavorare

67Si veda l’appendice B.68Per | ~kF | → 0 si otterrebbe un Jellium ideale.69Sostanzialmente l’effetto Hall quantistico consiste nella quantizzazione della resisten-

za trasversa, detta resistenza Hall RH, e nell’annullamento della resistenza longitudinale.

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72 3. Teoria Hartree-Fock

poiché, oltre ad essere un sistema bidimensionale, possiede una velocità diFermi molto elevata, dell’ordine di 106 m

s, e quindi è possibile osservare gli

stessi fenomeni a temperature molto più ragionevoli (dell’ordine del K) comead esempio l’effetto Hall classico70.

3.4.2 Unità ridotte nel JelliumSi definisce la distanza media fra gli elettroni re come il raggio della sfera il

cui volume è uguale al volume per elettrone di conduzione, ovvero all’inversodella denstià elettronica; in formule si ha

43πr

3e = 1

ρIovvero re = 3

√3

4πρI.

Per rendere questa grandezza adimensionale, senza però perderne l’informa-zione fisica, si definisce la costante

rs = rea0

= 3

√3

4πρImee

2

~2 = 3

√3m3

ee6

4π~6ρI(3.35)

Trattando il sistema dal punto di vista quantistico, con un modello a elettroni non in-teragenti, si dimostra che il campo magnetico perpendicolare all’interfaccia genera unaquantizzazione dei livelli energetici simile a quella di un oscillatore armonico. I livelli ener-getici sono detti livelli di Landau e presentano tutti la stessa degenerazione. Quest’effettosi verifica in un sistema elettronico (a dimensionalità ridotta) raffreddato a basse tempera-ture, in genere inferiori a 1K e sottoposto a un forte campo magnetico. La conduttanza diHall (definita come il reciproco della resistenza di Hall) può assumere solo valori multipliinteri (o razionali) di un quanto fondamentale di conduttanza:

σHall = ne2

h,

dove appunto n = 1, 2, 3, ... per il caso quantistico ordinario e n = 13 ,

25 ,

37 , ... (con nume-

ratore intero e denominatore intero dispari) per il caso quantistico frazionario. Quest’ul-timo è attualmente uno dei fenomeni più utilizzati per la classificazione di possibili nuoveparticelle quantiche.

70Questo fenomeno dovrebbe essere noto a chiunque abbia iniziato a leggere le presentidispense e consiste sostanzialemtente nella formazione di una differenza di potenziale,detta potenziale di Hall, sulle facce opposte di un conduttore elettrico, a causa di uncampo magnetico perpendicolare alla corrente elettrica che scorre in esso. Molti strumentidi comune utilizzo sfruttano l’effetto Hall per le loro funzioni; infatti un sensore ad effettoHall non è altro che un trasduttore che varia la sua tensione di uscita in risposta ad uncampo magnetico. I dispositivi ad effetto Hall sono utilizzati come sensori di prossimità,posizionamento, rilevamento della velocità e del current sensing, quindi di questi fannoparte anche smartphones e bussole digitali.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 73

in cui si è diviso per la lunghezza caratteristica del sistema, ovvero il raggiodi Bohr. A questo punto quindi, per quanto già accennato in precedenza, èlecito identificare rs come il parametro che descrive completamente il sistema.Gli andamenti descritti nella (3.33) saranno quindi validi perρI →∞ =⇒ rs → 0;

ρI → 0 =⇒ rs →∞.

Quindi per rs piccoli il sistema è debolmente interagente mentre da valoridi rs ∼ 10 in poi il sistema risulta essere molto correlato. Per definire ilregime in cui si trova un metallo reale si può pensare di osservare i valoridelle densità di carica sul legame chimico da cui poi ricavare rs. I valori tipicisono rs ∼ 1-3, quindi nessuno dei due diversi regimi è dominante, anche seda ciò che si osserva sperimentalemente teorie di campo medio diverse da HFriescono comunque a predire il comportamento del sistema.Per riscrivere la Hamiltoniana in termini adimensionali si passa alle variabili"tildate": ~r = ~r

re= ~r

a0rs;

ρI = ρIr3e = 3

4π ,

da cui si nota che la densità elettronica è costante anche nelle coordinateridotte e ciò conferma che l’informazione è stata spostata sul parametro rs71.Con queste sostituzioni si può scrivere il termine cinetico

T 1ee =

N∑i=1

[−~2∇2

i

2me

]=⇒

N∑i=1

[− ~2∇2

i

2me(a0rs)2

]= Ry

r2s

N∑i=1

[−∇2

i

],

e l’energia d’interazione coulombiana contenuta in EII , E1eIe ed Eee

e2

2|~ri − ~rj|= e2

2rsa0|~ri − ~rj|= Ry

rs

1|~ri − ~rj|

.

Infine quindi la Hamiltoniana del Jellium in unità ridotte sarà

H = Ryr2s

N∑i=1

[−∇2

i

]+ rs

N∑i,j=1i 6=j

[1

|~ri − ~rj|

]− rsEH ρI

(3.36)

La Hamiltoniana è uguale al caso generale a meno di un prefattore che cambiagli autovalori, ma non gli autovettori, e fornisce una scala di energia per il

71La scala energetica è fissata dal Rydberg: Ry = e2

2a0= e4me

2~2 = 13, 605 eV .

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74 3. Teoria Hartree-Fock

sistema dell’ordine dell’unità. In questa scrittura si ritrovano i due regimi delJellium: per rs 1 si ha solo il termine cinetico e il sistema è quantistico edebolmente interagente, per rs 1 il sistema diventa classico e gli elettronisi gelano in posizioni cristalline, ovvero il più lontano possibile tra loro72.

3.4.3 Hartree-Fock in unità ridotte nel JelliumDato che l’approssimazione HF consente di separare il problema generale

in N problemi di singolo elettrone è conveniente definire l’energia di statofondamentale per elettrone:

εHFGS = EHFGS

N= EHF

GS

V

V

N= EHF

GS

V

1ρI,

poiché per definizione di densità elettronica si ha ρe = NV

= ρI , dove N è ilnumero di elettroni. Tale espressione in unità ridotte diventa

εHFGS = Ry(

2.21r2s

− 0.916rs

),

da cui si evince che per valori di rs ∼ 1 il termine cinetico è circa il doppiodi quello di scambio. Si ricordi però che Hartree-Fock si basa su un principiovariazionale e che il Jellium è un sistema che disponde di un’alta simmetriaindipendentemente dalla forma della Hamiltoniana; infatti nei calcoli delle se-zioni precedenti sono state utilizzate soluzioni in forma di onda piana anchein presenza d’interazione e quindi in altri termini si è trascurato completa-mente il contributo all’energia dato dalla correlazione delle funzioni d’ondastesse. Nel Jellium l’energia di correlazione è ben definita in quanto la fun-zione d’onda non dipende dal ground state e quindi non si hanno ulterioricomplicazioni. Tale energia è data da

εc = Eesatta

ρI− εHF .

Quest’ultima espressione non si riesce a calcolare analiticamente ma esistonoconti numerici QMC molto istruttivi che permettono di risalire all’energia dicorrelazione tramite valori di rs molto precisi. Una parametrizzazione con-vincente si trova nel "Phys. Rev. B 45, 13244 – (15 June 1992)" corretto poi

72Come già anticipato nella nota 64 la soluzione del sistema che rompe la simmetriatraslazionale fa si che si formi un cristallo di Wigner, che sperimentalmente non è statoancora mai osservato proprio perché richiede valori di rs troppo elevati.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 75

nel "Phys. Rev. B 98, 079904 (2018)" dal titolo Accurate and simple analyticrepresentation of the electron-gas correlation energy a cura di John P. Per-dew73 e Yue Wang74; di seguito vengono riproposti e discussi brevemente irisultati dell’articolo sopracitato. L’energia di correlazione εc è stata ottenutacome funzione di rs per i seguenti valori:

• Caso (limite) non correlato.

rs → 0 =⇒ εc → 0Ry ; εXεc→∞.

Si ha un buon contributo dell’energia di scambio e quindi idealmente sipuò pensare che i conti in approssimazione HF siano molto ragionevoli.

• Caso debolmente correlato.

rs = 1 =⇒ εc = −0.18Ry ; εXεc

= 5.1,

dove si ha un’energia di correlazione per elettrone negativa poiché l’ap-prossimazione HF è data da un principio variazionale e quindi sovra-stima l’energia esatta. Inoltre dal valore del rapporto tra energie discambio e correlazione (per elettrone) si osserva che, per metalli par-ticolarmente densi, l’approssimazione HF riesce ad estrarre un’energiadi correlazione corretta fino all’80%.

• Caso fortemente correlato.

rs = 4 =⇒ εc = −0.065Ry ; εXεc

= 3.5 .

All’aumentare di rs, ovvero per sistemi più rarefatti, il contributo del-l’energia di correlazione diventa più rilevante.

• Caso (limite) totalmente correlato.

rs →∞ =⇒ εc →∞ ; εXεc→ 0 .

Ci si aspetta un cristallo di Wigner (nota 64).73John P. Perdew è un fisico della materia condensata noto per i suoi determinanti

contributi allo sviluppo della moderna fisica dello stato solido e della chimica quantistica. Ilsuo lavoro in DFT lo ha reso uno dei fisici più citati degli ultimi anni. Perdew è attualmentedocente presso la Temple University.

74Yue (Christina) Wang ha vinto il premio Springer grazie ai suoi studi di PhD pressoil gruppo di semiconduttori organici della St. Andrews University. Il suo lavoro si è con-centrato sullo sviluppo dei LED-powered organic semiconductor lasers e più recentementesulla nanofotonica per campi di luce strutturati.

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76 3. Teoria Hartree-Fock

3.4.4 Magnetismo nel JelliumCome già anticipato nelle pagine precedenti oltre alla transizione di fa-

se dovuta alla rottura dell’invarianza traslazionale, ovvero la trasformazionedel sistema in un cristallo di Wigner (non ancora osservato), esistono altretransizioni di fase75 per il sistema: una di queste è proprio la transizione fer-romagnetica dovuta alla rottura dell’invarianza sotto inversione temporale.Fino ad ora si sono studiati sistemi non magnetici, in questo caso invece èinteressante vedere, in approssimazione HF, cosa accade se si rilassa la con-dizione N↑ = N↓. Dato quindi un sistema collineare definito dalle (3.6) inquesto caso si ha ρI = ρ↑+ ρ↓ con ρ↑ 6= ρ↓ (ovviamente per avere ρI costanteanche ρ↑ e ρ↓ devono essere tali), differentemente da quanto definito nella(3.10) poiché il sistema è ferromagnetico. Introducendo il parametro adimen-sionale x ∈ [−1, 1] per quantificare la polarizzazione di spin del sistema sipuò scrivere

ρ↑ = ρI2 (1 + x) e ρ↓ = ρI

2 (1− x), (3.37)

da cui si vede facilmente che la relazione ρI = ρ↑+ ρ↓ è ancora rispettata. Intermini di x si avranno quindi i casi

• x = 0 (caso non magnetico).

• x = ±1 (caso totalmente ferromagnetico).In questo caso si hanno gli elettroni allineati in un unica direzione ↑(↓) se x = 1 (x = −1). Quindi il caso x = 1 è fisicamente analogo alcaso x = −1, di conseguenza E(x) è tale che E(−1) = E(1).

Si vuole studiare l’andamento dell’energia HF di ground state per il Jelliumin funzione di x e quindi si scrive

EtotHF = T 1ee − EXρI = T ↑ + T ↓ − E↑X − E

↓X ,

dove per la componente cinetica è sempre possibile separare la parte up daquella down ma in generale non è altrettanto vero per la parte di scambio

75Oltre al ferromagnetismo, in cui lo spin è allineato lungo un asse predominante acausa dell’azione di un forte campo magnetico esterno, si può avere anche spin-densitywave (SDW), ovvero stati di materiali dimensionalmente piccoli e anisotropi (in cui l’assedi allineamento dello spin ruota) a bassa temperatura oppure di metalli con densità deglistati al livello di Fermi molto elevate. Un altro esempio di transizione di fase che dipendedalla modulazione delle coordinate spaziali è ovviamente quella antiferromagnetica checondivide con la SDW l’assenza di un reticolo cristallino soggiacente il sistema.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 77

poiché è di tipo coulombiano e quindi i termini up e down possono interagiretra loro. Si è potuto quindi spezzare l’energia in base all’orientamento dellospin solo perché il sistema è collineare (vale quindi la (3.7)); in altri terminil’energia è diagonale nello spin. Raggruppando per collinearità si ha

EtotHF (ρ↑, ρ↓)V

= EHF ↑

V+ EHF ↓

V=

= 12[A(2ρ↑) 5

3 −B(2ρ↑) 43]

+ 12[A(2ρ↓) 5

3 −B(2ρ↓) 43],

dove per ogni canale di spin si è utilizzata l’espressione (3.32) in cui per spinup si ha ρI = 2ρ↑ e per spin down si ha ρI = 2ρ↓, ognuno opportunamentecon un fattore 1

2 davanti. Sostituendo le (3.37) si ottiene

EtotHF (x)V

=

= 12A[(ρI + ρIx) 5

3 + (ρI − ρIx) 53]−B

[(ρI + ρIx) 4

3 + (ρI − ρIx) 43].

(3.38)Per vedere quale sia lo stato ad energia più bassa al variare di x, ovveroper scoprire se viene rotta spontaneamente la simmetria di time-reversal, sideve valutare la differenza in energia fra il sistema in uno stato totalmen-te ferromagnetico e il sistema in uno stato totalmente non magnetico, datirispettivamente da x = 1 e x = 0. In formule si scrive

∆EtotHFGS

V= Etot

HF (1)V

− EtotHF (0)V

< 0; sistema totalmente ferromagnetico∆EtotHFGS

V= Etot

HF (1)V

− EtotHF (0)V

> 0; sistema totalmente non magnetico,

e quindi, si può vedere per quale valore di ρI avviene la transizione verso lostato ferromagnetico, ovvero per quale ρI si ha ∆EtotHFGS

V= 0. Calcolando la

(3.38) rispettivamente per x = 1 e x = 0 si haEtot

HF (1)V

= 12

[A(2ρI)

53 −B(2ρI)

43]

;Etot

HF (0)V

= 12

[2A(ρI)

53 − 2B(ρI)

43].

Quindi∆EtotHF

GS

V= 1

2

[2 5

3Aρ53I − 2 4

3Bρ43I − 2Aρ

53I + 2Bρ

43I

]=

= 12

[Aρ

53I

(2 5

3 − 2)− 2Bρ

43I

(2 4

3 − 2)]

=

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78 3. Teoria Hartree-Fock

= Aρ53I

(2 2

3 − 1)− 2Bρ

43I

(2 1

3 − 1).

Imponendo uguale a zero quest’ultima espressione si ottiene

ρ43I

[Aρ

13I

(2 2

3 − 1)−B

(2 1

3 − 1)]

= 0.

che ha una soluzione banale data da ρI = 0 e un’altra soluzione data inveceda

Aρ13I (2 2

3 − 1)−B(2 13 − 1) = 0 =⇒ ρ

13I = B(2 1

3 − 1)A(2 2

3 − 1).

Quindi si ha ρI = 0;

ρI =(B(2

13−1)

A(223−1)

)3.

Si è quindi ricavato che∆EtotHFGS

V≤ 0 se 0 < ρI ≤

(B(2

13−1)

A(223−1)

)3= ρIt ;

∆EtotHFGS

V≥ 0 se ρI ≥

(B(2

13−1)

A(223−1)

)3= ρIt ,

poiché la soluzione ρI < 0 è fisicamente impossibile. Calcolando il valore dirs rispettivo alla densità di transizione ρIt tramite la (3.35) si ottiene

rst = 5.45

che è appunto il valore di rs per il quale questo sistema compie una tran-sizione ferromagnetica. Come si è ripetuto più volte però l’approssimazioneHF è ragionevolmente buona per sistemi molto densi (poco correlati), ovveroper valori di rs < 1. Infatti utilizzando conti Quantum Monte Carlo (esattinumericamente) si osserva la transizione per questo stesso sistema a

rst = 73 ,

dal quale si può concludere che Hartree-Fock fornisce una stima del compor-tamento del sistema qualitativamente abbastanza corretta, ma sovrastimaterribilmente rs sbagliado addirittura di un ordine di grandezza. Questo er-rore evidente può essere imputato al fatto che la driving force che spinge ilsistema a spostarsi verso uno stato ferromagnetico dipende dall’energia discambio che nell’approssimazione HF non viene considerata come "scherma-ta" dagli altri elettroni e quindi si perdono delle informazioni cruciali ai fini del

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 79

calcolo. In altri metodi approssimativi infatti è possibile considerare il termi-ne coulombiano (presente nell’energia di scambio) come visto nell’espressione(3.34), ovvero

1|~r − ~r ′|

=⇒ ε−1r (~r − ~r ′) 1

|~r − ~r ′|, (3.39)

dove la costante dielettrica relativa εr(~r−~r ′) rappresenta proprio lo schermometallico applicato all’interazione. Tale grandezza, pur non essendo facile dacalcolare, rappresenta un contributo dell’interazione a "corti vicini", ovverouccide l’interazione a lunga distanza. Nei metalli come il Ferro ad esempio

Figura 3.3: Transizione ferromagnetica del sistema in funzione della densità elettronica.

gli orbitali d sono molto localizzati ma diventano ugualmente ferromagne-tici; si riesce infatti ad avere un comportamento ferromagnetico anche perrs piccoli perché l’effetto di screening introdotto sopra non è molto efficaceall’interno dello stesso atomo76. Nel Jellium invece lo screening è molto effi-cace e non permette al sistema di raggiungere valori di rs elevati. In sostanzaquindi si può dire che esistono due scale di lunghezza, entrambe importanti:la prima è la distanza atomica e la seconda è la distanza fra gli elettroni. Aconclusione del ragionamento si nota chiaramente che il contributo cineticoè sfavorito nel caso completamente ferromagnetico (x = 1); infatti avere una

76Quanto detto si può verificare compiendo un calcolo HF numerico poiché come giàanticipato HF è risolvibile analiticamente solo nel Jellium. L’aspetto positivo di un calcolodi questo tipo è dato dal fatto che nel ferro lo screening è meno efficace su scala atomicae quindi HF commetterà un errore minore.

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80 3. Teoria Hartree-Fock

soluzione ferromagnetica significa avere gli elettroni con tutti gli spin alli-neati e questo comporterebbe un prezzo in termini di energia cinetica moltoelevato a causa del principio di Pauli. Quindi l’energia cinetica favorisce lasoluzione non magnetica mentre quella di scambio abbassa l’energia totale fa-vorendo l’allineamento degli spin77 (soluzione ferromagnetica). Il parametrox varia in maniera continua nell’intervallo [−1, 1], ciò vuol dire che esisteran-no ovviamente stati intermedi del sistema. In figura 3.3 vengono riassunti gliandamenti qualitativi del sistema in funzione del parametro x stesso.

3.4.5 Energia di correlazione nel JelliumSia |A〉 la funzione d’onda di ground state esatto allora riprendendo l’e-

spressione esatta (3.24) si può scrivere la sua energia per unità di volumecome

EtotHF

GS

V= T 1e

e

V− EX

V,

dove si è assunta nuovamente la densità elettronica ρ|A〉(~r ) = ρI costanteed uguale a quella del background ionico; questo come noto ha permesso dipoter evitare termini divergenti nell’energia poiché nelle espressioni (3.22),(3.23) e (3.4) si ha sempre lo stesso termine ρ2

I . In questa sezione però èpreferibile riscrivere l’equazione sopra esplicitandone i termini e sostituendoEX = EH − E2e tramite la (3.4); si ottiene quindi

EtotHF

GS

V= T 1e

e

V− EH − E2e

V=

= 1V

〈A| N∑i=1

|~pi|2

2m |A〉+ 〈A|N∑

i,j=1i 6=j

e2

2|~ri − ~rj||A〉 − EH

. (3.40)

Di seguito valuteremo separatamente il termine cinetico e quello potenziale.Per scrivere l’energia potenziale si devono considerare i soli ultimi due termi-ni, ovvero quelli di natura coulombiana; tenendo conto poi dell’espressione(2.20) si scrive l’energia per elettrone come

εcoulomb. = Ecoulomb.

N= 1N

∫d3r

∫d3r′

[ρ2e|A〉(~r, ~r ′)− ρ2

I

] e2

2|~r − ~r ′| , (3.41)

77Una spiegazione prettamente fisica di questo comportamento si può trovare nellosvolgimento dell’Esercitazione 2.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 81

dove si è già posto ρ(~r ) = ρ(~r ′) = ρI . La ρ2e|A〉(~r, ~r ′) rappresenta come noto

la probabilità condizionata di trovare un elettrone nella posizione ~r e unaltro elettrone nella posizione ~r ′; tale funzione dipende però dal numero dielettroni del sistema e quindi è opportuno definire la funzione di correlazionedi coppia:

g(~r, ~r ′) =ρ2e|A〉(~r, ~r ′)ρ(~r )ρ(~r ′) =⇒

ρ2e|A〉(~r, ~r ′)ρ2I

nel Jellium, (3.42)

che rappresenta la probabilità condizionata (adimensionale) normalizzata sul-la densità elettronica e permette di valutare la probabilità condizionata stes-sa anche a diversi valori di ρ(~r ). Per avere quindi una corretta energia perelettrone si scrive

εcoulomb. = ρ2I

N

∫d3r

∫d3r′ [g(~r, ~r ′)− 1] e2

2|~r − ~r ′| .

Il Jellium gode dell’invarianza traslazionale e quindi tutte le funzioni f(~r, ~r ′)sono in realtà funzioni del solo modulo della differenza fra le due diversecoordinate spaziali, ovvero f(~r, ~r ′) ≡ f(|~r − ~r ′|). In questo senso si puòriscrivere

εcoulomb. = ρ2I

N

∫d3r

∫d3r′ [g(|~r − ~r ′|)− 1] e2

2|~r − ~r ′| .

Applicando poi la consueta sostituzione ~r − ~r ′ = ~r ′′ si può integrare in d3r′

ottenendo un fattore V , ossia

εcoulomb. = V ρ2I

N

∫d3r′′ [g(|~r ′′|)− 1] e2

2|~r ′′| = ρI

∫d3r′′ [g(|~r ′′|)− 1] e2

2|~r ′′| ,

dove si è sostituito ρI = NV. Si può quindi riscrivere il risultato finale senza

l’apice muto:

εcoulomb. = Ecoulomb.

N= ρI

∫d3r [g(|~r |)− 1] e2

2|~r | , (3.43)

A questo punto quindi per ricavare il termine potenziale basterà calcolare78 lag(|~r |); per far questo si usano spesso conti Quantum Monte Carlo o misuresperimentali di diffrazione. Per quanto riguarda il termine cinetico invece

78Questo calcolo è svolto nel dettaglio nell’Esercitazione 2.

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82 3. Teoria Hartree-Fock

l’unico risultato a cui si è già giunti è il calcolo in approssimazione HF cheperò considerava gli elettroni come particelle indipendenti. In questo caso siconosce la funzione d’onda correlata |A〉 e a partire da questa si potrebbericavare l’energia cinetica se non fosse che il laplaciano renda i calcoli lunghie complicati, anche per un approccio numerico. Per superare questo ostacolosi vuole poter riscrivere anche il termine cinetico, così come quello potenziale,in termini della funzione di correlazione di coppia g(|~r |) e per far questo siintroduce il seguente teorema.

Teorema di Hellmann-FeynmanSi supponga di avere una Hamiltoniana Hλ che dipenda da un parametro

classico λ e di disporre di una base di stati|Aλi 〉

che diagonalizzi Hλ per

ogni λ, ovvero, tradotto in formule

∀λ Hλ|Aλi 〉 = ελi |Aλi 〉 dove 〈Aλi |Aλj 〉 = δij,

allora valedελidλ

= 〈Aλi |dHλ

dλ|Aλi 〉, (3.44)

dove si deve tener conto della valenza del tutto generale di questa espressione,ovvero del fatto che gli autovalori ελi e gli autostati |Aλi 〉 possono essere siadi ground state che di stati eccitati.Per dimostrare il teorema si scrive ελi = 〈Aλi |Hλ|Aλi 〉 e si calcola la derivata

dελidλ

= d〈Aλi |Hλ|Aλi 〉dλ

= 〈Aλi |dHλ

dλ|Aλi 〉+

[d

dλ〈Aλi |

]Hλ|Aλi 〉+〈Aλi |Hλ

[d

dλ|Aλi 〉

],

dove si è semplicemente svolta la derivata di un prodotto di tre termini tuttidipendenti da λ. Facendo poi agire Hλ sui suoi autostati si ottiene

dελidλ

= 〈Aλi |dHλ

dλ|Aλi 〉+ ελi

[d

dλ〈Aλi |

]|Aλi 〉+ ελi 〈Aλi |

[d

dλ|Aλi 〉

]=

= 〈Aλi |dHλ

dλ|Aλi 〉+ d

[〈Aλi |Aλi 〉

]= 〈Aλi |

dHλ

dλ|Aλi 〉+ d

dλ[1] = 〈Aλi |

dHλ

dλ|Aλi 〉,

che dimostra il teorema79.

79Questo teorema fu sviluppato per valutare la natura delle forze che agiscono sugliatomi, che quindi, come dimostra il teorema stesso, sono date dal valore atteso delladerivata della Hamiltoniana.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 83

L’energia cinetica interagente si può quindi calcolare inserendo un parametroλ all’interno della Hamiltoniana esatta in modo tale che, agendo su λ, si pos-sa spegnere adiabaticamente l’interazione; quanto detto equivale a cambiarela costante d’interazione da e2 a λe2. In questo modo si ha che EtotHF,λ

GS cor-risponde a T 1e

e data dalla (3.27) per λ = 0; infatti così facendo si ottiene unJellium non interagente e quindi l’energia totale è data dal solo termine cine-tico di singola particella. EtotHF,λ

GS corrisponde invece all’energia totale esattadel Jellium interagente convenzionale se λ = 1 (all’interno di EtotHF,λ

GS compa-iono quindi sia il termine cinetico che quello d’interazione). Si può passare inmaniera continua dal caso non interagente a quello interagente esprimendol’energia esatta (per elettrone) come

EtotHF,λ

GS

N= EtotHF,λ=0

GS

N+ 1N

∫ 1

0dλdEtotHF,λ

GS

dλ,

dove integrando su λ si accende adiabaticamente l’interazione. Per quantodiscusso sopra si può riscrivere

EtotHF,λ

GS

N= T 1e

e

N+ 1N

∫ 1

0dλdEtotHF,λ

GS

dλ. (3.45)

A questo punto, ricordando che l’energia EtotHF

GS è definita dalla (3.40) si hache

EtotHF,λ

GS = 〈Aλ|N∑i=1

|~pi|2

2m |Aλ〉+ 〈Aλ|

N∑i,j=1i 6=j

λe2

2|~ri − ~rj||Aλ〉 − Eλ

H ,

dove si è scritto EλH poiché anche l’energia di Hartree è un’energia di natura

coulombiana e quindi, anche se non si è esplicitato, λ moltiplica la costantee2, presente anche in EH .Si può applicare il teorema di Hellmann-Feynman (3.44) all’integrando chequindi diventa

1N

dEtotHF,λ

GS

dλ= 1N〈Aλ| d

N∑i=1

|~pi|2

2m +N∑

i,j=1i 6=j

λe2

2|~ri − ~rj|

|Aλ〉 − 1N

d

dλEλH =

= 1N〈Aλ|

N∑i,j=1i 6=j

e2

2|~ri − ~rj||Aλ〉 − EH

N= 1N

d[H2e,λ − Eλ

H

]dλ

= H2e,λ=1 − Eλ=1H

N,

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84 3. Teoria Hartree-Fock

poiché λ entra linearmente in entrambi i termini coulombiani e EH ha unastruttura analoga al termine d’interazione. Come si vede chiaramente l’ultimotermine è proprio uguale all’energia coulombiana (3.41) che a sua volta è datadalla (3.43). Per chiarezza quindi si scrive quanto si è ricavato, ovvero

1N

dEtotHF,λ

GS

dλ= ρI

∫d3r

[gλ(|~r |)− 1

] e2

2|~r | , (3.46)

dove si è introdotta una dipendenza parametrica da λ per la funzione dicorrelazione di coppia g(|~r |). L’espressione (3.46) inserita nuovamente nella(3.45) resistuisce l’energia totale del Jellium interagente

EtotHF

GS

N= T 1e

e

N+∫ 1

0dλ ρI

∫d3r

[gλ(|~r |)− 1

] e2

2|~r | . (3.47)

A questo punto il problema è risolto perché è possibile ricavare anche il termi-ne cinetico in modo tale che tenga conto della correlazione fra le particelle;per far questo basta sottrarre all’espressione (3.47) l’energia coulombianadefinita dalla (3.43) e quindi si scrive

εcinetica = Ecinetica

N=

= T 1ee

N+∫ 1

0dλ ρI

∫d3r

[gλ(|~r |)− 1

] e2

2|~r | − ρI∫d3r [g(|~r |)− 1] e2

2|~r | =

= T 1ee

N+∫ 1

0dλ ρI

∫d3r

[gλ(|~r |)− g(|~r |)

] e2

2|~r | . (3.48)

Attraverso questo stratagemma non è più necessario calcolare il laplacianodella funzione d’onda: il grado di correlazione per il termine di natura coulom-biana è stato valutato tramite la (3.43) mentre quello per il termine cineticoè dato dalla (3.48). Si noti che quest’ultimo lo si è definito tramite l’integraledi una funzione radiale, la gλ(|~r |), che tiene conto di tutta la correlazioneinfatti questa viene considerata in maniera totale dalla (3.47); l’equazione(3.48) è stata fornita solamente per isolare il termine cinetico80. Vale peròla pena di rimarcare il fatto che l’integrazione in dλ è valida solamente per

80La presenza del termine T 1ee

N non deve essere fuorviante: questo rappresenta il con-tributo cinetico privo di grado di correlazione e rimane tale anche nell’espressione finale(3.47). Il grado di correlazione per il termine cinetico all’interno della (3.47) è interamentedovuto alla gλ(|~r |).

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 85

una transizione formale dal caso non interagente a quello interagente di na-tura adiabatica, ossia con un’accensione lenta nel tempo81. La funzione dicorrelazione di coppia permette quindi di calcolare sia l’energia potenzialeche quella cinetica ma rende il conto molto "costoso" poiché sarà necessarioricavare la gλ(|~r |) stessa per ogni valore di λ. In realtà questa difficoltà puòessere superata introducendo una legge di scala per il Jellium che permettadi ottenere la gλ(|~r |), per λ qualsiasi, unicamente conoscendo la g(|~r |).

3.4.6 Legge di scala per la funzione di correlazione dicoppia parametrica

Data la definizione (3.42), in unità ridotte (tildate), la funzione di correla-zione di coppia generica (funzione della posizione e della densità elettronica)diventa

gλ(|~r |, ρI) =⇒ gλ(|~r |re, ρIr

3e

)= gλ

(|~r |a0rs

,3

)≡ gλ(rs).

In realtà in unità ridotte la gλ dipende da rs proprio attraverso λ (in manieralineare come tutti gli altri termini visti fino ad ora), infatti l’espressione (3.35)si modifica in

rλs = 3

√3m3

eλ3e6

4π~6ρI,

quindi variare λ in unità ridotte corrisponde a variare rs o anche la densitàelettronica. Si può quindi pensare di calcolare la g(rs) per diverse densitàelettroniche e dedurre dai valori ottenuti l’andamento di gλ in funzione di λ.Tale procedimento è lecito fin quando non si hanno transizioni di fase poichéquest’ultime generano punti di discontinuità in λ.

3.4.7 Struttura a bande Hartree-Fock per il JelliumNelle sezioni precedenti è stata ricavata una Hamiltoniana ausiliaria (non

fisica) di Hartree-Fock che permette di riprodurre ragionevolmente l’energiatotale del sistema e il Jellium ne rappresenta un valido esempio. Risultaquindi lecito domandarsi se dal Jellium sia possibile ricavare informazionianche sulla struttura a bande, che come noto si studia tramite esperimenti

81Questo procedimento è molto comune in fisica dello stato solido e viene applicatoanche sistemi perturbati più complessi del Jellium.

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86 3. Teoria Hartree-Fock

di ARPES e valuta anche livelli al di sopra di quello di Fermi, ossia eccitati.Riscrivendo esplicitamente l’equazione (3.24) si ha

EHF~k

= ~2|~k|2

2m − 〈~k|HX |~k〉,

dove i |~k〉 sono le onde piane introdotte nella sezione 3.4.1, autostati anchedell’operatore di scambio HX ; quindi si può scrivere 〈~k|HX |~k〉 = EX~k . Ipotiz-zando di avere un sistema non magnetico in cui non venga a mancare alcunasimmetria si può partire dall’espressione (3.28), qui riproposta

EXaiV

= e2∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3

∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)34π

|~k′ − ~k|2

e considerare una sola delle integrazioni in d3k poiché si sta valutando ladispersione di banda con il termine diagonale in cui appunto |~k〉 = |~k ′〉.Quindi si scrive

〈~k|HX |~k〉 = e2∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)34π

|~k′ − ~k|2= e2 2| ~kF |

πF

|~k|| ~kF |

,dove ancora una volta si è svolto l’integrale che restituisce la funzione diLindhard F (x) definita nella (3.30) e nell’appendice C. La fisica interessantedi quest’oggetto si può valutare studiandone i limiti. Date quindi

F (x) = 12 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ e dF (x)dx

= x2 + 1x2 − 1

12x2

si hanno gli andamenti (visibili nelle figure 3.4 e 3.5) seguenti:

limx→0

F (x) = limx→0

12 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ = 12 + lim

x→0

1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ .Il teorema di de l’Hôpital afferma che limx→a

f(x)g(x) = limx→a

f ′(x)g′(x) (sotto

opportune ipotesi); applicandolo si ottiene

limx→0

F (x) = 12 + lim

x→0

(1− x2) ln∣∣∣1+x1−x

∣∣∣4x = 1

2 + limx→0

ddx

[(1− x2) ln

∣∣∣1+x1−x

∣∣∣]ddx

[4x]=

= 12 + lim

x→0

−2x ln∣∣∣1+x1−x

∣∣∣+ 24 = 1

2 + 12 = 1.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 87

Figura 3.4: Grafico della funzione F (x).

limx→1

F (x) = limx→1

12 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ = 12 + lim

x→1

1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ = 12 ,

poiché per x→ 1 il logaritmo (la funzione più "lenta" che esista) ln∣∣∣1+x1−x

∣∣∣tende all’infinito più lentamente di quanto 1−x2

4x tende a zero.

•lim

x→±∞F (x) = lim

x→±∞

12 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ =

= 12 + lim

x→±∞

( 14x −

x

4

)ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ = 12 − lim

x→±∞

x

4 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ =

= 12 − lim

x→±∞

x

4 ln∣∣∣∣1 + x− 1 + 1

1− x

∣∣∣∣ = 12 − lim

x→±∞

x

4 ln∣∣∣∣x− 11− x + 2

1− x

∣∣∣∣ .Sostituendo y = 2

1−x =⇒ x = y−2y

(y tende a zero per x che tendeall’infinito quindi sarà possibile fare uno sviluppo di Taylor in y) soloall’interno del logaritmo si ha

limx→±∞

F (x) = 12 − lim

x→±∞y→0

x

4 ln∣∣∣∣∣ x− 1−(x− 1) + y

∣∣∣∣∣ = 12 − lim

x→±∞y→0

x

4 ln |−1 + y| .

Facendo agire il modulo e poi sviluppando secondo Taylor si ha

limx→±∞

F (x) = 12 − lim

x→±∞y→0

x

4 ln |1 + (−y)| = 12 − lim

x→±∞

x

4 (−y) =

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88 3. Teoria Hartree-Fock

Figura 3.5: Grafico della funzione dF (x)dx

.

= 12 − lim

x→±∞

x

4

(− 2

1− x

)= 1

2 − limx→±∞

( −x2− 2x

)= 1

2 −12 = 0.

•lim

x→±1+

dF (x)dx

= limx→±1+

x2 + 1x2 − 1

12x2 = 1

0+ = +∞.

•lim

x→±1−dF (x)dx

= limx→±1−

x2 + 1x2 − 1

12x2 = 1

0− = −∞.

Dai risultati degli ultimi due limiti si vede chiaramente che la funzione di Lin-dhard F (x) ha un punto di flesso a tangente verticale per x = 1 e x = −1,ovvero è singolare in tali punti. Avere dF (x)

dxinfinita in alcuni punti com-

promette l’informazione fisica relativa alla struttura a bande ricavabile dallaF (x) stessa; questo perché la derivata della legge di dispersione di bandafornisce la velocità di Fermi, ovvero un’importante fonte di proprietà fisichedel sistema. Quindi, anche da questa breve analisi qualitativa, è possibileintravedere il comportamento "patologico" di Hartree-Fock nella descrizionedelle bande82.

82L’approssimazione HF sfrutta un principio variazionale per ricavare l’energia del si-stema e questo implica che l’errore sia quadratico per la stima dell’energia e lineare perla stima della funzione d’onda. Questo comporta che tutte le grandezze stimate dalla fun-zione d’onda, come appunto la struttura a bande di un solido, sono mal riprodotte dallateoria stessa.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 89

La dispersione di banda valutata in questo modo diventa quindi

EHF~k

= ~2|~k|2

2m − e2 2| ~kF |π

F

|~k|| ~kF |

,che esprimendo tutto in unità ridotte assume la forma

EHF~k

=[

3.68r2s

x2 − 2.44rs

F (x)]Ry,

dove come in precedenza x = |~k|| ~kF |

. Quindi anche per la struttura a bande il

Figura 3.6: Struttura a bande HF per il Jellium con parametro rs = 2, ossia un caso intermedio in un gasdi elettroni. Il termine di scambio include anche il segno meno.

termine cinetico risulta dominante per rs 1 (ρI → ∞) mentre quello discambio lo è per rs 1 (ρI → 0), come d’altra parte si era già ricavato dalla(3.33) e dalla (3.36) per l’osservabile energia totale. Si può osservare chiara-mente in figura 3.6 la divergenza logaritmica della banda in approssimazioneHF al livello di Fermi, ovvero per |~k| = | ~kF |. L’approssimazione HF non tieneconto degli effetti dovuti alla correlazione quindi descrive discretamente benel’energia totale ma sbaglia la struttura a bande.In figura 3.7 invece si studia la struttura a bande tramite la self energy ri-cavata in approssimazione RPA: in questo caso nel calcolo del potenziale discambio si tiene conto degli effetti dovuti allo screening elettronico (si proce-de in maniera analoga in conti Quantum Monte Carlo). Per |~k| = 0 si ha unvalore in modulo più basso rispetto a quello pronosticato dall’approssimazio-ne HF in figura 3.6 e quindi una conseguente diminuzione della larghezza di

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90 3. Teoria Hartree-Fock

banda (band width). L’andamento della parte reale della self energy risultaessere piatto per |~k| < | ~kF | per poi avere uno shift repentino verso l’alto; sinoti che per valori di rs sempre più grandi la banda non sarà più inizialmen-te piatta e per |~k| > | ~kF | la pendenza positiva sarà sempre più smorzata.A sinistra in figura 3.8 si ha un andamento della self energy simile a quello

Figura 3.7: Parte reale della self energy: le linee continue indicano i valori sperimentali, quelle tratteggiatei valori ottenuti in RPA.

in figura 3.7 e non si nota una differenza apprezzabile fra le tre bande pro-poste: banda dell’elettrone libero, banda con rs = 2 e banda con rs = 4;ricentrandole in | ~kF |, ovvero ponendo EF = 0, si nota chiaramente che labanda è molto più simile a quella di un elettrone libero piuttosto che a quellaricavata in approssimazione HF. A destra in figura 3.8 invece si può notareuno shift dell’andamento del broadening del picco di quasi-particella dovutoalla trasformata di Fourier delle relazioni di Kramers-Kronig del grafico didestra. Intorno a | ~kF | invece si nota un andamento quadratico dovuto allapresenza di un’elemento di matrice costante nella formula dell’allargamen-to del picco. In sintesi quindi l’errore commesso da HF nell’approssimare lastruttura a bande è dato dal non considerare l’effetto di screening dovuto allanuvola dielettrica d’interazione elettronica. Per tener conto di quest’effettosi può utilizzare una teoria GW (introdotta nella nota 45), in cui la funzionedi Green non è altro che un’estensione del concetto di densità elettronica:

ρ(~r, ~r ′) ∝∫ +∞

−∞Im [G(~r, ~r ′, E)] dE.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 91

Figura 3.8: Risultati di una teoria GW auto-consistente per un gas di elettroni: potenziale schermato Wfissato in una teoria RPA. A sinistra si ha la dispersione di banda di una quasi-particellaper rs = 2 e rs = 4, a destra invece si ha l’allargamento del picco di quasi-particella Γ(q.p.)ottenuto dalla funzione spettrale (moltiplicata per π della self energy valutata all’energia diquasi-particella.)

Questa teoria fa quindi riferimento a particelle schermate, ovvero alle quasi-particelle83 e quindi è lecito interpretare HF come una teoria GW in cui loschermo sia nullo; il potenziale schermato W (~r, ~r ′, E) si può vedere a suavolta come un potenziale coulombiano dove lo schermo è definito per oscil-lazioni di pulsazione ω = E

~ e quindi per valutarne lo screening è necessariostudiare il limite statico della costante dielettrica. Le considerazioni appenacompiute sono di natura del tutto qualitativa e non rigorosa e nel Jellium sitraducono nell’avere quanto già visto nell’equazione (3.39), ossia, in spazioreciproco:

4πe2

|~q |2=⇒ ε−1(~q, ω)4πe2

|~q |2= W (~q, ω).

Quindi, "normalizzando" HF in questo modo, si otterrebbe una buona strut-tura a bande quando il limite statico della costante dielettrica è piccolo efinito, ossia in sistemi (molecole) piccoli e isolati in cui gli elettroni sento-no poco l’interazione o, più in generale, in isolanti con energie di gap moltoelevate per i quali vale appunto

limω→0~q→0

ε(~q, ω) = c, (3.49)

83Questo argomento è trattato nel dettaglio dal Professor Grilli nel corso Fisica deiSistemi a Molti Corpi.

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92 3. Teoria Hartree-Fock

dove con c si è indicato un valore finito. In un metallo invece si ha

limω→0~q→0

ε(~q, ω)→∞, (3.50)

ovvero un comportamento di carica statica dato dallo scudo di Thomas-Fermmi, quindi lo screening è molto grande e HF è completamente inadeguatoinfatti sopprime così tanto il termine di scambio che addirittura, come si èvisto nella parte sinistra di figura 3.8, anche la banda del sistema liberoapprossima meglio quella reale rispetto alla banda HF. In un semiconduttorecome il Silicio ad esempio si può ricavare sperimentalemente il limite84

limω→0~q→0

ε(~q, ω) ' 11.68 (3.51)

e similmente si trova ε(~q, ω) ' 3.9 per la Silice (SiO2) e ε(~q, ω) ' 2.35 peril Cloruro di Sodio (NaCl), sempre nel limite statico. In figura 3.9 viene

Figura 3.9: Bande HF perNaCl a sinistra e bande di quasi-particella perNaCl a destra. I punti evidenziatinel grafico di destra sono i valori misurati; si noti un’energia di gap di circa 12 eV .

fornita la struttura a bande del Cloruro di Sodio in approssimazione HF edi quasi-particella (modello GW per il potenziale schermato); le bande HFsono abbastanza buone e consistenti con i risultati GW e con i valori reali.Le considerazioni fatte sulla costante dielettrica verranno ripresere nei pa-ragrafi successivi nel caso statico, ovvero per ε(~q, ω = 0) e i risultati che siotterranno possono essere facilmente estesi al caso dinamico generale in cui

84Si noti che il limite ~q → 0 =⇒ ~r → ∞ sta semplicemente ad indicare che il valoredella costante dielettrica è dovuto a tutte le cariche che si polarizzano nel sistema, anchequelle a grandi distanze relative.

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 93

ε ≡ ε(~q, ω 6= 0).Vale la pena di fornire un ultimo aspetto di questo studio, utile a ricavareulteriori informazioni sul fenomeno dello screening. Se si considerano ad esem-pio gli idrocarburi coniugati, ovvero sistemi unidimensionali a piccolo gap evicini ad essere metallici è possibile notare un debole effetto di screening,contrariamente a quanto previsto dal limite (3.50). Questo lascia presagireche lo screening dipenda anche dalla dimensionalità del sistema: è efficienteper sistemi tridimensionali, meno per quelli a dimensionalità ridotta.Con una forzatura di linguaggio è opportuno ribadire che, nel caso statico,lo schermo del potenziale (di natura coulombiana) non dipende tanto dallapulsazione ω quanto proprio dal valore che ε(~q, ω) assume nel limite ω → 0.Quindi si è mostrato che i diversi materiali descritti dai limiti (3.49), (3.50) e(3.51) hanno comportamenti differenti, come per altro confermato dal sempli-ce modello di Drude85-Lorentz86. Ovviamente i valori reali misurati di ε(~q, ω)a cui si faceva riferimento in precedenza rappresentano la costante dielettricarelativa, ovvero il rapporto tra la costante dielettrica assoluta del materialein questione e la costante dielettrica del vuoto; si noti che anche tali valorisono stati calcolati in regime statico87.Risulta altresì importante riassumere la natura della costante dielettrica (per-mittività dielettrica) relativa per le varie tipologie di materiale: essa indica lapredisposizione di un materiale a trasmettere (o permettere) un campo elet-trico e quindi un buon dielettrico, usato come isolante88, deve avere bassapermettività mentre un buon conduttore (al limite un metallo ideale) deveavere una permittività molto grande (al limite infinita).In conclusione dunque non sarebbe affatto strano domandarsi quale sia ilsignificato fisico della costante dielettrica statica o viceversa di quella ad alte

85Paul Karl Ludwig Drude è stato un fisico tedesco noto soprattutto per la sua decli-nazione delle teorie di Maxwell sulle onde elettromagnetiche nell’ottica e sulla conduzionee resistenza dei materiali.

86Questo modello dovrebbe essere più che noto al lettore, in caso contrario il testo"The Lorentz Oscillator and its Applications" di I.F. Almog, M.S. Bradley e V. Bulović nefornisce una efficace e sintetica trattazione.

87La costante dielettrica è quindi appunto una costante in quanto in letteratura vengonoforniti i singoli valori calcolati a ω = 0.

88I termini isolante e dielettrico sono comunemente usati come sinonimi, tuttavia espri-mono due concetti lievemente diversi: il primo indica l’impossibilità del materiale di con-durre la corrente elettrica, mentre il secondo indica che il materiale si polarizza in op-posizione al campo elettrico esterno, motivo per il quale può essere utilizzato come unisolante.

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94 3. Teoria Hartree-Fock

frequenze (pulsazioni); sarebbe poi ulteriormente lecito chiedersi per qualemotivo tale grandezza fisica gode di una parte reale e di una parte immagi-naria.Per rispondere al primo di questi due quesiti in via del tutto discorsiva è im-portante ricordare quali osservabili influenzino la costante dielettrica stessa.Quest’ultima è dipendente dalla natura del materiale in quanto le forze neces-sarie a modificare l’orientamento delle molecole che compongono il materialestesso (dovute al campo elettrico esterno che vi si applica) devono vincere lediverse possibili forze di coesione elettrostatica della struttura cristallina. Lacostante dielettrica dipende inoltre dalla temperatura, specialmente per ma-teriali che dispongono di dipoli permanenti: questo comportamento è dovutoall’effetto del calore sull’orientamento della polarizzazione. Ad ogni modo ciònon significa che vi debba esclusivamente essere un’inversa proporzionalitàtra le due quantità quanto piuttosto una relazione definita da diversi puntidi discontinuità. Quasi sempre, per semplicità di calcolo, si assume che la"costante" dielettrica rimanga approssimativamente uniforme per un dato elimitato intervallo di temperatura. Infine ε ≡ ε(~q, ω) dipende appunto anchedalla frequenza in quanto tutti i dipoli elettrici generati dal campo ester-no all’interno del materiale hanno diverse frequenze di oscillazione e quindiquanto più la frequenza di tali dipoli si avvicina a quella di risonanza tantopiù la polarizzazione vince il processo dissipativo: questo comporta che lacosiddetta "costante" aumenti lievemente a basse frequenze e diminuisca adalte frequenze (come confermato dal modello di Drude-Lorentz per gli iso-lanti e dalla figura 5.2 al capitolo 5). La differenza sostanziale tra questi dueregimi è quindi da imputare principalmente alla natura del materiale stessoinfatti, ad alte frequenze ad esempio, è possibile incontrare materiali isolantiche si comportano in maniera esotica: alcuni possono riscontrare diversi eulteriori punti di discontinuità mentre altri possono avere forti distorsioni oattenuazioni.Per motivare la natura di numero complesso della costante dielettrica si pen-si al concetto di polarizzazione. Dato un materiale dielettrico elettricamenteneutro e formato da dipoli elettrici ben definiti, sotto l’azione di un campoelettrico esterno i dipoli si allineano lungo la direzione del campo impiegandoun tempo che prende il nome di tempo di rilassamento τ . Se il campo oscillacon una data frequenza ν in un periodo di oscillazione T < τ allora unaparte del campo stesso non impiegherà tutta la sua energia per influenzarela polarizzazione: questo è il termine che entra in gioco sotto forma di contri-

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3.4 Hartree-Fock risolvibile analiticamente: il Jellium 95

buto immaginario alla costante dielettrica. Quest’ultima sotto le condizioniappena descritte può essere rappresentata tramite il modello di Debye89:

ε(ω) = εf + εi − εf1 + iωτ

,

dove εf e εi sono rispettivamente la costante dielettrica in regime di alte ebasse frequenze. Da questa espressione si evince nuovamente la relazione trala parte stazionaria e oscillatoria della costante dielettrica.

89Peter Debye è stato un chimico, fisico e cristallografo olandese, vincitore del PremioNobel per la chimica nel 1936 per i suoi contributi alla conoscenza della struttura moleco-lare, attraverso lo studio dei dipoli elettrici e della diffrazione dei raggi X e degli elettroninei gas. È stato uno dei pionieri nell’indagine della struttura delle molecole e dei cristalli.

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96 3. Teoria Hartree-Fock

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Capitolo 4

Density Functional Theory

Lo scopo di questo capitolo è quello di introdurre una teoria che riescacontemporaneamente a riprodurre da un lato l’osservabile energia totale, conpiù precisione di quanto non si riesca tramite l’approssimazione HF, e dal-l’altro una buona rappresentazione quantitativa della struttura a bande90.Nel capitolo precedente si è utilizzata la Hamiltoniana effettiva del sistema,

Figura 4.1: Mapping frai sistemi in DFT.

restringendo però i gradi di libertà sulle funzioni d’onda ovvero considerando

90Come già anticipato la struttura a bande è ben descritta da una teoria GW chefornisce risultati con un errore dell’ordine di 0.1 eV ma che non è indicata per studiarel’energia totale del sistema. DFT ambisce quindi a descrivere con precisione entrambiquesti aspetti.

97

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98 4. Density Functional Theory

solo quelle rappresentabili da un singolo determinante di Slater. In DFT91

invece si costruisce un formalismo che permette di agire anche sulla Hamil-toniana, in altri termini si considera un sistema, fittizio e parallelo a quelloreale, che sotto opportune condizioni possa riprodurre il sistema reale stes-so. Quest’ultimo è ovviamente quello descritto dal potenziale coulombianoe2

2|~r−~r ′| , che quantifica l’interazione fra gli elettroni, e da un potenziale ester-no Vext.(~r ) dovuto all’interazione tra i nuclei (ioni) e gli elettroni stessi. Ilfulcro della teoria sta quindi nel considerare come sistema fittizio quello incui gli elettroni non interagiscono tra loro e sentono un potenziale esternoV ′ext.(~r ) diverso da Vext.(~r ).In questo senso si introduce quindi un "mapping" (figura 4.1), ovvero unateoria che permetta di collegare univocamente i due sistemi di modo taleche, risolvendo quello fittizio (più semplice), si possa risolvere anche quelloreale (più complicato).Ovviamente questo passaggio teorico ha senso solo se vengono rispettate ledue seguenti condizioni per le quali i due sistemi devono avere:

1. La stessa densità di carica elettronica, ρ(~r ). (4.1a)

2. La stessa energia totale,Etot. (4.1b)

Va da sé che, qualora queste due richieste non fossero rispettate, non si fareb-be altro che complicare ulteriormente la risoluzione del problema. Il mappingè un artefatto concettuale esatto; in altri termini si riesce a trovare esatta-mente, e non in maniera approssimativa, un sistema fittizio che riproducaperfettamente quello reale, purtroppo però le difficoltà vengono solamentespostate sul calcolo del potenziale V ′ext.(~r ). In generale infatti anche quest’ul-timo risulta essere abbastanza complicato da ricavare e quindi si potrebbedire che il circolo descritto in figura 4.1 sia tutto fuorché virtuoso; in realtàquesto non è vero poiché lo scopo ultimo della DFT è proprio quello di fornireapprossimazioni convincenti per V ′ext.(~r ) che sono appunto migliori di quelleche si otterrebbero considerando direttamente il sistema reale.

91Quest’approssimazione è molto più moderna ed efficace del metodo HF e per questorappresenta uno strumento basilare per lo studio della fisica dei materiali e dello statosolido.

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4.1 Teorema di Hohenberg e Kohn 99

4.1 Teorema di Hohenberg e Kohn

In questa sezione viene introdotto il teorema di Hohenberg e Kohn92 cherende chiaro il motivo per cui la densità elettronica è l’oggetto fisico su cuicondurre il mapping frai sistemi.Dati N elettroni interagenti in un potenziale ionico esterno V 1e

ext.(~r ) (si vuolerimarcare, solo questa volta, che il potenziale esterno è un oggetto ad unelettrone; lo si può evincere chiaramente dalla dipendenza da un solo vettoreposizione ~r ) indipendente dallo spin, ovvero considerando le consuete ipotesidi assenza di magnetismo ed effetto spin-orbita93, se inoltre il ground state delsistema è non degenere94 allora la densità elettronica di stato fondamentalerisulta univocamente determinata dal potenziale esterno e viceversa. Quan-to detto può essere tradotto matematicamente come segue: data la densitàelettronica

ρGS(~r ) = 〈ψGS|↑↓∑s

N∑i=1|~r, s〉i i〈~r, s|ψGS〉, (4.2)

se esiste un altro potenziale esterno V ′ext.(~r ) 6= Vext.(~r ) che genera la stessadensità elettronica di stato fondamentale (si noti che |ψ′GS〉 può anche essere

92Walter Kohn è stato un fisico austriaco naturalizzato statunitense ed è considerato unodei padri della moderna fisica dello stato solido. Il suo lavoro fu rivolto principalmente allostudio delle funzioni di Wannier e dei fenomeni di trasporto nei materiali. Egli ricevette ilpremio Nobel per la chimica grazie all’articolo "Phys. Rev. B 136, 864 (9 November 1964)"dal titolo Inhomogeneous Electron Gas di P. Hohenberg e W. Kohn, a testimonianza delfatto che, pur non essendo il suo lavoro più corposo, ebbe effettivamente un impattoenorme sulla ricerca dell’epoca, soprattutto nell’ambito della chimica quantistica. PierreHohenberg fu un suo allievo insieme a Philippe Nozières, attuale docente a Grenoble;Hohenberg e Kohn facevano fede ad una scuola di pensiero che si potrebbe ritenere distanteda quella tutt’ora seguita da Nozières ma sta di fatto che tutti loro hanno contribuito inmaniera effettiva e sostanziale alla moderna fisica dello stato solido e dei sistemi a molticorpi.

93Il teorema si può generalizzare facilmente a sistemi dipendenti dallo spin.94Si noti che |ψGS〉 (non degenere, ovvero unico) è uno stato del sistema ad N elettroni

e per questo quindi non è un singolo determinante di Slater (come in HF). Esistono diversiesempio di funzioni d’onda degeneri con le stesse caratteristiche di |ψGS〉, una di queste èsenz’altro quella del Boro; al contrario le funzioni d’onda dell’Idrogeno sono dissimili daqueste in quanto non degeneri solo per lo spin e quindi in presenza di un campo magneticoesterno darebbero problemi. In realtà va detto che non esistono numerosi stati fondamentalidegeneri: essi sono quelli contraddistinti da un’alta simmetria del sistema come gli atomi(non certo i solidi) e i tanto giustamente vituperati radicali liberi.

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100 4. Density Functional Theory

degenere), ovveroρ′GS(~r ) = ρGS(~r ), (4.3)

allora si ha che i due potenziali esterni differiscono solo per una costante:

V ′ext.(~r ) = Vext.(~r ) + c. (4.4)

Il teorema può essere interpretato anche nel modo inverso, ovvero, se esisteun potenziale esterno dato dalla (4.5), allora vale la (4.4), a rimarcare ilrapporto 1:1 tra densità elettronica e potenziale esterno. Per dimostrare ilteorema si considerano inizialmente gli stati e poi i potenziali.Nel primo caso si procede per assurdo, si ponga

|ψGS〉 6= |ψ′GS〉 ovvero |ψGS〉 = eiφ|ψ′GS〉 ∀φ ∈ R, (4.5)

dove si è tradotto il fatto che i due stati sono differenti in linguaggio quanti-stico, ovvero a meno di una fase. Per il principio variazionale si ha

〈ψ′GS|H|ψ′GS〉 > 〈ψGS|H|ψGS〉, (4.6)

doveH è la Hamiltoniana relativa proprio alla base degli stati |ψ〉 (con groundstate non degenere per ipotesi) e quindi ogni valor medio di H calcolato suuna base diversa da quella dei |ψ〉 sovrastimerà l’energia. Per completezza dinotazione si ricordi che H è un oggetto a N corpi:

H =N∑i=1

|~pi|2

2m + Vext.(~ri) +N∑

i,j=1i 6=j

e2

2|~ri − ~rj|. (4.7)

Siccome poi l’unica parte che differenzia H da H ′ è proprio il potenzialeesterno si ha che H = H ′+∑N

i=1 [Vext.(~ri)− V ′ext.(~ri)]; in altre parole se in H ′si rimpiazza il potenziale V ′ext.(~r ) con Vext.(~r ) si ottiene proprio H. Quindila (4.6) si riscrive come

〈ψ′GS|H ′ +N∑i=1

[Vext.(~ri)− V ′ext.(~ri)] |ψ′GS〉 > 〈ψGS|H|ψGS〉 = EGS,

che, scrivendo i valor medi dei potenziali in notazione integrale, diventa

〈ψ′GS|H ′|ψ′GS〉+∫d3r [Vext.(~r )− V ′ext.(~r )] ρ′GS(~r ) > EGS,

ossiaE ′GS +

∫d3r [Vext.(~r )− V ′ext.(~r )] ρGS(~r ) > EGS

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4.1 Teorema di Hohenberg e Kohn 101

poiché vale l’ipotesi (4.3) del teorema. Si può pensare di compiere lo stessoprocedimento ad indici invertiti, in questo caso però si ricaverà una disequa-zione con segno ≥ poiché si è richiesto che sia non degenere solo |ψGS〉 e nonanche |ψ′GS〉. Si ottiene quindi il sistema

E ′GS +∫d3r [Vext.(~r )− V ′ext.(~r )] ρGS(~r ) > EGS

EGS +∫d3r [V ′ext.(~r )− Vext.(~r )] ρGS(~r ) ≥ E ′GS

.

Sommando membro a membro le due disequazioni si ha

EGS + E ′GS > EGS + E ′GS,

dove compare un simbolo di maggiorazione stretta poiché entrambe le dise-quazioni devono valere contemporaneamente. Si nota subito che si è giuntiad un assurdo: due quantità identiche legate da una disuguaglianza. Quindil’ipotesi (4.5) è impossibile e di conseguenza i due stati fondamentali devonocoincidere:

|ψGS〉 = |ψ′GS〉.

Si considerino adesso i potenziali. Si definisce

∆V (~r1, ~r1, ..., ~rN) =N∑i=1

[Vext.(~ri)− V ′ext.(~ri)]− EGS − E ′GS.

Si vuole dimostrare quindi che ∆V (~r1, ~r1, ..., ~rN) = 0 di modo tale da ottenereche la differenza frai due potenziali sia una costante. Dato il risultato ottenutonella prima parte della dimostrazione le equazioni agli autovalori per H e H ′sono H|ψGS〉 = EGS|ψGS〉

H ′|ψGS〉 = E ′GS|ψGS〉e sottraendole membro a membro si ottiene

(H −H ′) |ψGS〉 = (EGS − E ′GS) |ψGS〉

ossiaN∑i=1

[Vext.(~ri)− V ′ext.(~ri)] |ψGS〉 = [EGS − E ′GS] |ψGS〉.

Riportando tutto al primo membro si ottiene[N∑i=1

[Vext.(~ri)− V ′ext.(~ri)]− EGS + E ′GS

]|ψGS〉 = 0

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102 4. Density Functional Theory

che coincide proprio con

∆V (~r1, ~r1, ..., ~rN)|ψGS〉 = 0,

che è tale se la funzione d’onda di ground state è nulla oppure se vale∆V (~r1, ~r1, ..., ~rN) = 0. Ma dato che la funzione d’onda di ground state adN corpi è nulla solo lungo i piani nodali (figura 4.2), che a loro volta hannomisura nulla, si conclude che

∆V (~r1, ~r1, ..., ~rN) = 0

e quindi il teorema è dimostrato. Questo teorema ha una conseguenza mol-

Figura 4.2: Esempi di piani nodali per gli orbitali p.

to importante: permette di considerare la densità elettronica denfinita nel-la (4.2) come l’unico parametro che descrive il sistema, in altre parole co-noscendo ρGS(~r ) potranno essere calcolate tutte le osservabili fisiche delsistema.

4.2 Funzionale energia

Per utilizzare la densità elettronica come unico parametro del sistema siconsidera lo stato fondamentale |ψGS〉, in generale funzionale del potenzialeesterno, come funzionale della densità elettronica stessa:

FN [Vext.(~r )] =⇒ FN [ρ(~r )],

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4.2 Funzionale energia 103

dove con le parentesi [·] si indica proprio una dipendenza funzionale95. Quantoscritto sopra è vero grazie al teorema di Hohenberg e Kohn ma in generale laforma dei funzionali F [·] e F [·] è diversa. Si riscrive quindi la funzione d’ondadi ground state come

|ψ[ρ]GS〉,

dove 〈ψ[ρ]GS|ψ

[ρ]GS〉 = 1 solo per ρ(~r ) ≡ ρGS(~r ). Per riprodurre l’energia totale

dello stato fondamentale del sistema si definisce, consistentemente con quantoappena visto, un funzionale della densità dato da

F [ρ] = 〈ψ[ρ]GS|Te + Vee|ψ[ρ]

GS〉, (4.8)

dove Te è l’energia cinetica elettronica e Vee è il potenziale d’interazione,entrambi a N elettroni come si è ricordato nella (4.7); si noti che deve valere∫

d3rρ(~r ) = N.

Il funzionale F [ρ] ad N elettroni definito nella (4.8) risulta di comodo utilizzoper il fatto che è universale, ovvero non dipende in alcun modo dal poten-ziale esterno che agisce di volta in volta sul sistema ma solo dal numero dielettroni96 tramite la densità elettronica. Non importa quindi se il sistemasia un atomo, una molecola etc., poiché ogni suo cambiamento viene tenutoin considerazione dalla ρ(~r ).Per quantificare l’energia totale di stato fondamentale è però necessario lavo-rare con un potenziale esterno e in tal senso si definisce il funzionale energiatotale come

E[ρ] = F [ρ] +∫d3rρ(~r )Vext.(~r ). (4.9)

Per verificare che questo funzionale restituisca effettivamente l’energia diground state EGS si può passare in notazione di Dirac e scrivere in manieraesplicita

E[ρ] = 〈ψ[ρ]GS|Te + Vee +

N∑i=1

Vext.(~ri)|ψ[ρ]GS〉 ≥ EGS,

che vale ovviamente in virtù di un principio variazionale. L’uguaglianza valesolo per ρ(~r ) = ρVext.GS (~r ), ovvero per quella particolare densità elettronica in

95Per snellire la notazione nel seguito del capitolo si riscriverà il funzionale FN [·] ≡ F [·],senza quindi esplicitare ogni volta la sua natura di oggetto a N elettroni.

96Si potrebbe evitare la dipendenza da N integrando la densità elettronica ma a quelpunto si avrebbe un F [ρGS(~r )] non più differenziabile.

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104 4. Density Functional Theory

rapporto 1:1 con il potenziale esterno in questione. In altri termini si ha

EVext.GS = min

ρ∫d3rρ(~r )=N

E[ρ]. (4.10)

Vale la pena di compiere una precisazione sulla notazione fin qui utilizza-ta. Dati due diversi sistemi come l’Idrogeno molecolare e l’atomo di Elioad esempio, rispettivamente descritti dagli oggetti ρH2

GS, |ψH2GS〉, V H2

ext. e ρHeGS,|ψHeGS〉, V He

ext., è possibile manipolarli sostituendo il potenziale esterno di unocon quello dell’altro per poi studiarne il senso fisico. Per adesso questa brevedigressione non deve servire ad altro che a rimarcare la dipendenza (fun-zionale) dello stato dalla sola densità ρ(~r ). Il risultato (4.10) descrive unoggetto semplice che, al contrario del determinante di Slater, dipende da unsolo campo scalare: la ρ(~r ). In realtà anche in questo caso si potrebbe dire diaver costruito un formalismo fine a se stesso poiché E[ρ] dipende a sua voltaanche da F [ρ] che in generale è un oggetto difficile da ricavare; pur essendoF [ρ] esatto, per ricavarlo è necessario risolvere un problema analogo a quellodi un sistema ad N corpi. Come si era già anticipato in precedenza, la bontàdella DFT sta proprio nel permettere di ottenere facilmente approssimazioniprecise di F [ρ], in maniera molto meno complicata di quanto non sia possibilefare con F [Vext.]. A conclusione di quanto discusso si può affermare che inquesto formalismo il principio variazionale non è più applicato alle funzionid’onda come nell’approssimazione HF, bensì alla densità elettronica.

4.3 Approssimazione di Thomas-FermiIl modello di Thomas-Fermi97 (TF), sviluppato in termini semi-classici,

mirava a descrivere la struttura elettronica di sistemi a molti corpi ed è esat-to solo nel limite di carica nucleare infinita. Se utilizzato per sistemi reali,conduce a risultati quantitativamente errati e non rispetta alcune proprietàgenerali della densità elettronica come la struttura a shell negli atomi e leoscillazioni di Friedel nei solidi.Come già detto il metodo introdotto nella sezione precedente risulta estrema-mente potente quando è possibile ricavare approssimazioni precise del fun-zionale universale F [ρ]. L’approssimazione più semplice che si può compierein questo senso è proprio quella di Thomas-Fermi che peraltro fu sviluppata

97Non necessita di presentazioni.

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4.3 Approssimazione di Thomas-Fermi 105

molto prima della nascita della DFT (nel 1927, poco prima dell’introduzionedell’equazione di Schrödinger e quando Fermi era ancora in Italia) con loscopo di calcolare le dimensioni di atomi pesanti98.L’approssimazione è quindi definita da

F [ρ] = 〈ψ[ρ]GS|Te + Vee|ψ[ρ]

GS〉 ' FTF [ρ], (4.11)

doveFTF [ρ] =

∫d3r t[ρ(~r )] +

∫d3r

∫d3r′ρ(~r )ρ(~r ′) e2

2|~r − ~r ′| ,

in cui il primo termine approssima l’energia cinetica Te degli elettroni nellaposizione ~r e il secondo è proprio l’energia di Hartree definita nella (3.4). Siha quindi un funzionale universale di cui si conosce la forma esplicita e dovein particolare t[ρ(~r )] rappresenta l’energia cinetica per unità di volume delground state di un sistema di elettroni non interagenti di densità data in ognipunto, ovvero un Jellium con ρI ≡ ρ(~r ). Grazie alla (3.27) quindi si ha

FTF [ρ] =∫d3r Aρ(~r ) 5

3 +∫d3r

∫d3r′ρ(~r )ρ(~r ′) e2

2|~r − ~r ′| , (4.12)

con A = 310

~2

m(3π2) 2

3 . L’approssimazione fondamentale, nonché principale fon-te di errore della teoria stessa, sta nel considerare un’energia cinetica di unsistema non interagente ed omogeneo (il Jellium) al posto di quella del siste-ma non omogeneo reale. Per il termine d’interazione coulombiana invece siconsidera solo quello di Hartree trascurando il contributo dovuto allo scam-bio99 e quello dovuto alla correlazione. Il miglioramento che si otterrebbeconsiderando questi ultimi due contributi non è effettivamente consistente inquanto come appena detto l’errore dominante di questa teoria risiede proprionell’approssimazione della parte cinetica.Per risolvere il sistema con il funzionale esplicito di Thomas-Fermi si applicala minimizzazione vincolata

EV TFext.GS = min

ρ∫d3rρ(~r )=N

ETF [ρ]− vincolo =

98Lavorando indipendentemente Thomas e Fermi utilizzarono questo modello statisticoper approssimare la distibuzione di elettroni in un atomo. Sebbene questi siano distribuitiin un atomo in maniera non uniforme, loro li considerarono come distribuiti uniformementein ogni piccolo volumetto ∆V del sistema (ovvero localmente) permettendo alla densitàelettronica ρe(~r ) di variare da un volumetto all’altro.

99Questo termine potrebbe essere considerato senza complicare in alcun modo la teoriama storicamente l’approssimazione TF prevede solo il termine di Hartree.

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106 4. Density Functional Theory

= minρ∫

d3rρ(~r )=N

FTF [ρ] +

∫d3rρ(~r )Vext.(~r ) + µ

[N −

∫d3rρ(~r )

],

dove il vincolo di Lagrange sulla conservazione del numero di elettroni agiscecome un potenziale chimico µ e il funzionale energia totale definito nella(4.9) è calcolato in approssimazione TF. Per la teoria dei moltiplicatori diLagrange si ha

∂ ETF [ρ]− vincolo∂ρ(~r ) = 0 (4.13)

ovvero∂

∂ρ(~r )

FTF [ρ] +

∫d3rρ(~r )Vext.(~r ) + µ

[N −

∫d3rρ(~r )

]= 0,

dove µ rappresenta proprio il moltiplicatore di Lagrange. Per calcolare laderivata funzionale si esplicita il funzionale di Thomas-Fermi

∂ρ(~r )∫

d3r[Aρ(~r ) 5

3 + ρ(~r )Vext.(~r )]

+

+∫d3r

∫d3r′ρ(~r )ρ(~r ′) e2

2|~r − ~r ′| + µ[N −

∫d3rρ(~r )

]= 0.

Sviluppando i calcoli si ha∫d3r

[53Aρ(~r ) 2

3 + Vext.(~r )]

+∫d3r

∫d3r′ρ(~r ) e2

2|~r − ~r ′|+

+∫d3r

∫d3r′ρ(~r ′) e2

2|~r − ~r ′| − µ∫d3r = 0.

Sommando il secondo e terzo addendo si ottiene∫d3r

[53Aρ(~r ) 2

3 + Vext.(~r )]

+∫d3r

∫d3r′ρ(~r ) e2

|~r − ~r ′|− µ

∫d3r = 0,

ossia ∫d3r

[53Aρ(~r ) 2

3 + Vext.(~r ) + VH [ρ(~r )]− µ]

= 0.

Per far si che tale espressione sia verificata devono valere le equazioni diThomas-Fermi:

53Aρ(~r ) 2

3 + Vext.(~r ) + VH [ρ(~r )] = µ ∀~r;

∫d3rρ(~r ) = N ∀~r,

(4.14)

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 107

dove la prima è stata ottenuta derivando il funzionale energia ETF [ρ] e iltermine dovuto al vincolo rispetto alla ρ(~r ) e la seconda è semplicemente lalegge di conservazione del numero di elettroni. Si noti che compare nuovamen-te il potenziale di Hartree definito nella (3.14), questa volta come funzionaledella densità elettronica. Come anticipato sopra il modello di Thomas-Fermiè contraddistinto da diverse criticità. Per motivare più nel dettaglio la man-canza di precisione quantitativa di questa teoria si può fare riferimento allaTavola Periodica; TF infatti non distingue i gas nobili dai metalli e non tieneconto della periodicità legata ai gusci atomici poiché quest’ultimi sono dovutiproprio alla quantizzazione del sistema. In altre parole, quando si quantizzaun sistema atomico si ha a che fare con il laplaciano dell’energia cinetica, inquesto caso invece si considera la sola ρ(~r ) calcolata in un dato punto e conla stessa forma funzionale della densità elettronica del Jellium (sistema omo-geneo). Questo problema di natura atomica si traduce a livello molecolarenella mancanza del legame chimico: due atomi in approssimazione TF nonformano un legame covalente tra loro. Uno dei pochi fenomeni ben interpre-tabili con questo modello è quindi lo screening degli elettroni in un metallo(sistema omogeneo ben descritto dal Jellium) per il quale si ricavano valoriragionevoli della permittività dielettrica.In sintesi quindi si ribadisce che se anche si tenesse conto del contributo do-vuto all’energia di scambio, il modello non migliorerebbe in quanto l’erroreè quasi totalmente dovuto all’approssimazione del termine cinetico: si stainfatti considerando un’energia cinetica di un sistema omogeneo (il Jellium)per descrivere quella del sistema reale non omogeneo. Il termine cinetico nonpuò essere considerato secondo l’approssimazione di Thomas-Fermi, che deveessere accantonata anche perché non ha fornito alcun procedimento utile perottenere il mapping introdotto all’inizio del capitolo. Nella sezione seguente sivedrà chiaramente che una volta ricavato il mapping anche i problemi legatiai gusci atomici e al legame chimico verranno superati.

4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham

Il metodo più diretto per superare l’approssimazione di Thomas-Fermiè dato dalla ricerca di una trasformazione univoca che leghi il sistema noninteragente fittizio al sistema interagente reale mantenendo però identichel’energia totale e la densità di ground state. Questa procedura fu introdotta

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108 4. Density Functional Theory

da Kohn e Sham100 nell’articolo "Phys. Rev. 140, A1133 (15 November 1965)"dal titolo Self-Consistent Equations Including Exchange and Correlation Ef-fects.Il teorema di Hohenberg e Kohn (4.4) fa riferimento al solo potenziale esternoed è quindi valido anche se uno dei due sistemi è non interagente101, ovve-ro sistemi in cui Vee = 0. Indicando quindi con l’apice ′ il sistema fittizionon interagente e senza l’apice il sistema reale interagente, esiste un unicopotenziale esterno

V ′ext(~r ) = Vext(~r ) + c =⇒ Vext(~r ) = V ′ext(~r )− c

tale che la densità elettronica di ground state ρ′GS(~r ) coincida proprio con laρGS(~r ).A questo punto il mapping è ben definito semplicemente identificando il po-tenziale V ′ext(~r ) proprio con il potenziale di Kohn e Sham: V ′ext(~r ) ≡ VKS(~r ).Quindi si può lavorare tranquillamente con la Hamiltoniana

H ′ = Te +N∑i=1

V ′ext(~ri) +Ne+ c,

ovveroH ′ =

N∑i=1

HKSi =N∑i=1

[|~pi|2

2m + VKS(~ri)]

+Ne+ c,

dove con il termine Ne si considera la conservazione della carica elettroni-ca totale nel sistema che, come già detto, essendo non interagente non hail termine Vee d’interazione elettronica; il segno della costante c è irrilevan-te in quanto si tratta di una costante del tutto arbitraria. Per semplificareulteriormente la notazione si può scrivere infine

HKS = |~p |2

2m + VKS(~r ), (4.15)

dove si è posto c = −Ne per evitare termini costanti nella Hamiltoniana diKohn e Sham. Si noti che tale Hamiltoniana vive nello spazio di Hilbert ad

100Lu Jeu Sham è stato anch’egli allievo di Kohn ed è ora in pensione. Egli ha ricevutoil premio Nobel per la chimica nel 1998 proprio per le equazioni di Kohn e Sham e peraltri lavori inerenti alla DFT. Un’altra vasta parte della suo lavoro fa riferimento allafisica della materia condensata e al controllo ottico dello spin elettronico in nanostrutturea semiconduttore finalizzato alla descrizione di processi d’informazione quantistica.

101In questo caso quindi H coinciderà con il solo termine cinetico Te e quindi H e H ′rimangono differenti in termini del solo potenziale esterno.

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 109

un elettrone e non dipende dallo spin.Per il teorema di Hohenberg e Kohn gli autostati (di singolo elettrone) |ψKSi〉di HKS tali che

HKS|ψKSi〉 = εKSi |ψKSi〉

possono anche essere degeneri, ovvero può esistere un j tale che

HKS|ψKSj〉 = εKSi |ψKSj〉.

In questo caso quindi il ground state del sistema di Kohn e Sham (sistema a Nelettroni non interagenti tra loro) si costruisce come un semplice ground statedi un sistema non interagente, ovvero popolando progressivamente ciascunostato di singolo elettrone con l’autovalore più basso possibile. Applicandouna forzatura di notazione si "ridefiniscono" gli stati |ψKSi〉 proprio comegli autostati di HKS con energia più bassa e, per la teoria dei sistemi a Nelettroni non interagenti vista nella sezione 2.2.2, il ground state del sistemadi Kohn e Sham sarà definito come il seguente determinante di Slater:

|ψKSGS〉 = |S.D.(ψKS1 , ..., ψKSN2

)〉.

La base degli orbitali di Kohn e Sham di singolo elettrone con autovalore piùbasso scritta come

|ψKSi〉i=1,2,...,N2 . ,

comprende N2 autostati diHKS proprio perché quest’ultima non dipende dallo

spin. Per ricavare quindi la densità di ground state del sistema reale basteràtrovare la densità di ground state del sistema di Kohn e Sham. Quindi percostruzione si ottiene

ρGS(~r ) = ρKSGS(~r ) = 〈ψKSGS |↑↓∑s

N∑i=1|~r, s〉i i〈~r, s|ψKSGS〉 =

= 〈S.D.(ψKS1 , ..., ψKSN2

)|↑↓∑s

N∑i=1|~r, s〉i i〈~r, s|S.D.(ψKS1 , ..., ψKSN

2)〉.

Esplicitando la degenerazione di spin si ha

ρGS(~r ) = 2〈S.D.(ψKS1 , ..., ψKSN2

)|N∑i=1|~r, s〉i i〈~r, s|S.D.(ψKS1 , ..., ψKSN

2)〉.

Utilizzando infine la proprietà (2.13) si ottiene

ρGS(~r ) = 2N2∑i=1〈ψKSi |~r 〉〈~r |ψKSi〉, (4.16)

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110 4. Density Functional Theory

dove ovviamente |ψKSi〉 ≡ |ψ[ρ]KSi〉.

Come forse il lettore può aver notato, nell’introduzione del mapping di Kohne Sham si è omesso un dettaglio di non poco conto ed è quindi opportuno for-nire delle precisazioni. La validità del teorema di Hohenberg e Kohn (4.4) è,come detto, legata solamente al potenziale esterno, purché però tale potenzia-le esista. Nella dimostrazione del teorema stesso non sono comparsi problemiin merito per il semplice motivo che il mapping avveniva tra due sistemi in-teragenti i quali garantiscono l’esistenza del potenziale esterno. Nel caso incui si voglia invece condurre un mapping partendo da un sistema non inte-ragente, ovvero secondo Kohn e Sham, l’esistenza del potenziale esterno (diKohn e Sham) non è certa a priori. Questa incongruenza della teoria è legataal problema della v-rappresentabilità. Una funzione si dice v-rappresentabilese essa corrisponde alla densità dello stato fondamentale antisimmetrico, as-sociato ad un potenziale esterno Vext.(~r ) con N assegnato; solo se la densitàρ(~r ) è v-rappresentabile si ha una corrispondenza 1:1 (iniettiva) tra la fun-zione d’onda e la ρ(~r ) stessa. Sfortunatamente non si conoscono le condizioniper le quali una densità sia v-rappresentabile e in questo senso la speranzadi Hohenberg e Kohn che tutte le funzioni non negative ed integrabili fosserotali è risultata essere troppo ottimistica: la relazione tra le funzioni d’onda ela densità è in generale di molti a uno (suriettiva), e quindi non è invertibile.Senza fornirne una dimostrazione rigorosa, la risoluzione del problema è da-ta dal passaggio al concetto di N -rappresentabilità proposto da Levy102. Insintesi questo schema prevede che una densità sia N -rappresentabile se puòessere ottenuta da una qualsiasi funzione d’onda antisimmetrica. Estendendoquindi il dominio del funzionale di Hohenberg e Kohn a funzioni densità N -rappresentabili e definendo una qualsiasi ρ(~r ) come fisicamente accettabilesolo se N -rappresentabile, ovvero se esiste almeno una funzione d’onda chela generi, è possibile by-passare la v-rappresentabilità. Ad avvalorare quan-to appena detto si ha che il concetto di densità v-rappresentabile comparecon rilevanza in sistemi ad alta simmetria, come gli atomi103 ad esempio.Come ormai risulterà evidente l’oggetto principe di questo corso è lo studio

102Mel Levy è Professore Emerito presso la Tulane University e membro della AmericanPhysical Society; egli è noto per i suoi importanti contributi in chimica teorica che gli sonovalsi numerose citazioni.

103Il potenziale di Kohn e Sham potrebbe indurre il sistema a formare lo stato fondamen-tale di un atomo popolando progressivamente i singoli orbitali ad un elettrone in manieradifferente dal comportamento realmente assunto dall’atomo stesso e potrebbe quindi nonessere un potenziale valido per descrivere il sistema.

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 111

delle proprietà dei solidi, ovvero sistemi con simmetrie inferiori in numerorispetto a quelle dei sistemi atomici, e quindi anche per questo motivo si èdeliberatamente scelto di nascondere sotto il tappeto il problema della v-rappresentabilità.Tramite il teorema di Hohenberg e Kohn si è verificato che i due sistemihanno la stessa densità elettronica (come richiesto dalla (4.1a)) e a questopunto, per completare definitivamente il mapping, non rimane che mostrareche hanno anche la stessa energia totale di stato fondamentale (come richie-sto dalla (4.1b)). Per far questo si definisce il funzionale energia di Kohn eSham (esatto) in analogia con la (4.9):

EKS[ρ] = FKS[ρ] +∫d3rρ(~r )Vext.(~r ) =

= Te[ρ] + Vee[ρ] +∫d3rρ(~r )Vext.(~r ) =

= Te[ρ] + EH [ρ] + EXC [ρ] +∫d3rρ(~r )Vext.(~r ).

dove sono stati esplicitati i contributi coulombiani dati dall’energia di Har-tree EH e dall’energia di scambio-correlazione EXC . Si noti che in base allanotazione utilizzata finora il termine di scambio era contraddistinto da unsegno negativo ma in questo caso, essendo stato considerato insieme al ter-mine di correlazione all’interno di un unico contributo (per altro incognito),il segno non risulta essere una discriminante. Riscrivendo singolarmente itermini sfruttando la (4.8) si hanno le definizioni seguenti:

Te[ρ] = 2N2∑i=1〈ψ[ρ]

i ||~p |2

2m |ψ[ρ]i 〉; (4.17)

EH [ρ] =∫d3r

∫d3r′

e2

2|~r − ~r ′|ρ(~r )ρ(~r ′); (4.18)

EXC [ρ] = FKS[ρ]− Te[ρ]− EH [ρ], (4.19)

dove le sommatorie vanno da 1 a N2 poiché si è tenuto conto della degene-

razione di spin tramite il fattore 2. Grazie a queste espressioni è possibiledefinire il funzionale energia di Kohn e Sham:

EKS[ρ] = Te[ρ] + EH [ρ] + EXC [ρ] + Eext.[ρ]. (4.20)

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112 4. Density Functional Theory

I primi tre termini sono funzionali universali che quindi non dipendono dalsistema specifico che si sta studiando e fra questi l’energia cinetica è il fun-zionale che garantisce la struttura a guscio degli atomi insieme al legamechimico molecolare. L’ultimo termine è

Eext.[ρ] =∫d3rρ(~r )Vext.(~r ),

ovvero un funzionale esterno non universale che dipende dal sistema. Il fun-zionale energia di scambio-correlazione è il termine maggiormente complicatoda ricavare, per questo nel seguito delle dispense si vedranno sue diverse epiù o meno precise approssimazioni. Prima di far questo è necessario definirein che modo si costruisce il potenziale di Kohn e Sham.

4.4.1 Potenziale di Kohn e ShamPer ricavare una relazione tra il funzionale FKS[ρ] e il potenziale di Kohn

e Sham VKS(~r ) è conveniente spostare la dipendenza dalla densità elettroni-ca ρ(~r ) alle funzioni d’onda, sulle quali verrà minimizzato il sistema, comeprescritto da Hohenberg e Kohn:

minρ∫

d3rρ(~r )=N

=⇒ min|ψi〉i=1,...,N2〈ψi|ψj〉=δij

,

dove si noti che gli orbitali di singolo elettrone |ψi〉 non sono gli orbitali diKohn e Sham poiché non sono quelli che costruiscono lo stato fondamentalema sono generici. Minimizzando si riesce ad ottenere l’energia di ground statecome

EKSGS [ρ] = min|ψi〉

Te[ρ[|ψi〉]] + EH [ρ[|ψi〉]] + EXC [ρ[|ψi〉]] + Eext.[ρ[|ψi〉]]

,

dove la comodità risiede proprio nel calcolare le derivate funzionali rispettoalle funzioni d’onda |ψi〉 in quanto la derivata ∂ρ(~r )

∂〈ψi| assume una forma re-lativamente semplice. Si rimpiazza quindi l’espressione (4.13), utilizzata inapprossimazione di Thomas-Fermi, con

d

d〈ψk|

EKS[ρ[|ψi〉]]− 2N2∑j=1

λij〈ψi|ψj〉

=

= d

d〈ψk|[Te[ρ[|ψi〉]] + EH [ρ[|ψi〉]] + EXC [ρ[|ψi〉]] + Eext.[ρ[|ψi〉]]− vincolo

],

(4.21)

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 113

dove k = 1, ..., N2 , e l’espressione vale per ogni k. Valutando le derivate deisingoli termini si ha

d

d〈ψk|Te[ρ[|ψi〉]] = d

d〈ψk|

2N2∑i=1〈ψi||~p |2

2m |ψi〉

= 4 |~p |2

2m |ψk〉, (4.22)

dove si è utilizzata la relazione (3.11). La derivata del termine cinetico sicalcola facilmente poiché lo si ha già in funzione di |ψk〉, per i termini dinatura coulombiana e per quello esterno invece si deve utilizzare la derivatafunzionale composta dove compare l’oggetto cui si accennava prima, ovvero

d

d〈ψk|f [ρ] =

∫d3r

df [ρ]dρ(~r )

dρ(~r )d〈ψk|

.

Riscrivendo la seconda derivata come

dρ(~r )d〈ψk|

= d

d〈ψk|

2N2∑i=1〈ψi|~r 〉〈~r |ψi〉

= 4|~r 〉〈~r |ψk〉

si ha quindid

d〈ψk|f [ρ] = 4

∫d3r

df [ρ]dρ(~r ) |~r 〉〈~r |ψk〉.

Seppur in generale sia complicata da calcolare, la derivata di f rispetto alladensità non è altro che un campo scalare che dipende da ~r, ovvero un numerodefinito per ogni ~r. Ponendo quindi df [ρ]

dρ(~r ) = v[ρ](~r ) si ha

d

d〈ψk|f [ρ] = 4

∫d3r v[ρ](~r )|~r 〉〈~r |ψk〉,

dove l’integrale scompare semplicemente facendo valere la relazione di com-pletezza e considerando a quel punto v[ρ](~r ) come un operatore. Si giungequindi a

d

d〈ψk|f [ρ] = 4v[ρ](~r )|ψk〉, (4.23)

dove solo in questa circostanza si è voluta evidenziare la natura operatoriale div[ρ](~r ) che agisce come un potenziale. Quest’espressione permette di calcolarele derivate funzionali dei termini restanti, per il termine di Hartree si ha

d

d〈ψk|EH [ρ[|ψi〉]] = 4V [ρ]

H (~r )|ψk〉, (4.24)

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114 4. Density Functional Theory

dove si è introdotto il potenziale di Hartree

V[ρ]H (~r ) = ∂EH [ρ]

∂ρ(~r ) = ∂

∂ρ(~r )

∫d3r′′

∫d3r′

e2

2|~r ′′ − ~r ′|ρ(~r ′′)ρ(~r ′);

quest’espressione è diversa da zero solo se ad esempio ~r ′′ = ~r oppure ~r ′ = ~r;prendendo il primo caso sarà sufficiente moltiplicare per un fattore 2 perconsiderare anche il secondo e quindi quest’imposizione cancella l’integralein d3r′′ restituendo

V[ρ]H (~r ) =

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|ρ(~r ′),

che ovviamente coincide con l’espressione (3.14).Il termine dovuto al potenziale esterno è dato da

d

d〈ψk|Eext.[ρ[|ψi〉]] = 4V [ρ]

ext.(~r )|ψk〉, (4.25)

dove anche in questo caso V [ρ]ext.(~r ) è il consueto potenziale esterno definito

daV

[ρ]ext.(~r ) = ∂Eext.[ρ]

∂ρ(~r ) = ∂

∂ρ(~r )

∫d3r′ρ(~r ′)Vext.(~r ′) = Vext.(~r ).

Quindi il potenziale esterno al contrario di quello di Hartree non è un funzio-nale della densità ma è una funzione della posizione. Per quanto riguarda laderivata del termine di scambio-correlazione (incognito) non si conosce (nonancora!) una forma esplicita per il potenziale ad essa associato e quindi ci silimita a scrivere formalmente

d

d〈ψk|EXC [ρ[|ψi〉]] = 4V [ρ]

XC(~r )|ψk〉, (4.26)

con V [ρ]XC(~r ) = ∂EXC [ρ]

∂ρ(~r ) . In ultimo la derivata del termine dovuto al vincolo siottiene sempre applicando direttamente la (3.11):

d

d〈ψk|

−2N2∑j=1

λij〈ψi|ψj〉

= −4N2∑j=1

λjk|ψk〉.

Raggruppando le derivate funzionali e spostando la derivata del terminedovuto al vincolo al membro di destra la (4.21) diventa

4[|~p |2

2m + V[ρ]H (~r ) + V

[ρ]XC(~r ) + Vext.(~r )

]|ψk〉min = 4

N2∑j=1

λjk|ψk〉min. (4.27)

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 115

Analogamente al caso HF, dato che λik è una matrice simmetrica, si puòapplicare una rotazione unitaria nello spazio degli N

2 stati di base in modotale che la nuova base renda la matrice stessa diagonale. Selezionando quindinella sommatoria il solo termine j = k si ha[

|~p |2

2m + V[ρ]H (~r ) + V

[ρ]XC(~r ) + Vext.(~r )

]|ψk〉min = εk|ψk〉min.

Tale espressione è data nella configurazione di minimo del sistema e quindivale per gli autostati di Kohn e Sham, che hanno per costruzione la densitàelettronica definita dalla (4.16). Quindi si ha[

|~p |2

2m + V[ρ]H (~r ) + V

[ρ]XC(~r ) + Vext.(~r )

]|ψKSk〉 = εKSk |ψKSk〉,

dove i valori εKSk prendono intuitivamente il nome di autovalori di Kohne Sham. A questo punto si possono scrivere facilmente le espressioni dellaHamiltoniana104 e del potenziale di Kohn e Sham come ricercato:

H[ρ]KS = |~p |

2

2m + V[ρ]KS(~r ), (4.28)

V[ρ]KS(~r ) = V

[ρ]H (~r ) + V

[ρ]XC(~r ) + Vext.(~r ). (4.29)

In questo modo si è quindi potuto ricavare il potenziale esterno fittizio re-sponsabile del mapping, ovvero proprio il potenziale di Kohn e Sham V

[ρ]KS(~r ).

In altri termini si è costruita una teoria, caratterizzata appunto dal poten-ziale V [ρ]

KS(~r ), che verifica tutte le proprietà di "campo medio": tiene contodell’effetto delle altre particelle in maniera "efficace", ovvero come funzionaledella densità delle particelle, ed è un oggetto ad un corpo e autocoerente.Non deve stupire che il potenziale di Kohn e Sham sia definito a meno delpotenziale ionico esterno Vext.(~r ) (scalare e ad un corpo) in quanto quest’ul-timo è noto a priori e deve essere ovviamente tenuto in considerazione. Ilvero è proprio problema che caratterizza la risoluzione diretta del sistemareale è dato dalla difficoltà oggettiva nel descrivere le interazioni. Come giàdetto, giunti a questo punto le interazioni sono totalmente trascurate da unpunto di vista formale, infatti se ne tiene conto in maniera "efficace" e tuttoil sistema è formalmente descritto da una Hamiltoniana non interagente e ad

104Già fornita nell’espressione (4.15) dove il potenziale di Kohn e Sham era ancoraincognito.

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116 4. Density Functional Theory

un corpo, sommata ovviamente su tutte le particelle.Sebbene il mapping appaia a questo punto completo ed esatto in realtà ri-cavare la forma esplicita del potenziale di Kohn e Sham relativo al sistemareale che si vuole analizzare è in generale decisamente complicato a causa del-la presenza del termine di scambio-correlazione. Ricavare V [ρ]

XC(~r ) in manieraesplicita è possibile se si spegne adiabaticamente l’interazione e si giunge arisultati approssimativi che solitamente dipendono della funzione di correla-zione di coppia g(~r ) definita nella (3.42).Nei paragrafi seguenti vengono introdotte brevemente alcune delle più comuniteorie che approssimano il termine V [ρ]

XC(~r ).

4.4.2 Approssimazione LDAUna prima approssimazione del potenziale di scambio-correlazione fu pro-

posta dagli stessi Kohn e Sham all’interno dell’articolo già citato nelle sezioniprecedenti. Tale teoria prende il nome di Local Density Approximation (LDA)e segue dei procedimenti analoghi a quelli introdotti da Thomas e Fermi.Utilizzando i risultati analitici esatti ricavati per il Jellium (all’epoca nonesistevano conti numerici precisi, di tipo Quantum Monte Carlo ad esempio),Kohn e Sham considerarono EXC [ρ] come segue:

EXC [ρ] ' ELDAXC [ρ],

doveELDAXC [ρ] =

∫d3r′ρ(~r ′)εXC(ρ(~r ′)), (4.30)

dove εXC(ρ(~r )) a sua volta è l’energia di scambio-correlazione per elettronedi un Jellium interagente con densità elettronica ρI = ρ(~r ) ed è sia ben de-finita in un Jellium, in quanto si dispone di tutti i valori semplicemente alvariare del parametro rs (nel Jellium quindi questa teoria è esatta per defini-zione)105, sia ricavabile numericamente con conti QMC, come già anticipato.In quest’approssimazione si ha quindi

V[ρ]LDAXC (~r ) = ∂

∂ρ(~r )ELDAXC [ρ] = ∂

∂ρ(~r )

[∫d3r′ρ(~r ′)εXC(ρ(~r ′))

]δ(|~r − ~r ′|) =

= εXC(ρ(~r )) + ρ(~r ) ∂

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r )) (4.31)

105L’approccio è quindi simile a quello che Thomas e Fermi applicarono al terminecinetico che però conduce a risultati più deludenti.

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 117

poiché tutti i termini in cui ~r 6= ~r ′ sono nulli e la funzione integranda è unprodotto di due funzioni dipendenti da ρ(~r ′): εXC(ρ(~r ′)) e ρ(~r ′) stessa.LDA è una teoria locale in quanto l’energia di scambio-correlazione (4.30)dipende solo dalla densità ρ(~r ) calcolata sempre nello stesso punto ~r ′. Quindiil potenziale così ricavato non sarà più un funzionale della densità elettronicama una semplice funzione locale106 di ρ(~r ):

V[ρ]LDAXC (~r ) =⇒ V LDA

XC (ρ(~r ));

inoltre la località rende la teoria stessa molto più rapida a livello computa-zionale rispetto ad Hartree-Fock ad esempio. Si noti bene che, come tuttele teorie figlie di DFT, anche LDA è indicata per descrivere sistemi moltograndi composti da migliaia di atomi, come le molecole107 e i solidi cristal-lini con reticolo; si differenzia invece dal caso generale, esatto sempre, per ilsemplice fatto che risulta essere esatta solo nel Jellium. LDA permette dun-que di ricavare risultati approssimativi da utilizzare per verificare che vengarispettata la struttura a guscio degli atomi (e quindi la Tavola Periodica) eche il legame chimico covalente possa nascere, come ci si aspetta in DFT.Attraverso calcoli numerici si può mostrare che le lunghezze di legame perlegami forti (legami covalenti e metallici) vengono riprodotte da LDA conun errore dell’1-2%; questo si traduce nel fatto che la struttura geometricadi alcuni minerali, di leghe metalliche o anche di amminoacidi può esserericavata in maniera molto precisa. Anche le frequenze vibrazionali, come adesempio i modi Raman attivi nel Grafene, vengono riprodotte con un erroredell’1-4% quindi, in poche parole, si deve pagare un costo dal punto di vistacomputazionale molto meno costoso di quello necessario in una teoria HF,caratterizzata da un’energia EXC non locale. Altri vantaggi simili in LDAsi hanno per il calcolo di proprietà come la carica efficace, l’intensità deglispettri Raman o anche la densità di carica stessa; quest’ultima in partico-lare viene riprodotta con precisione anche superiore a quella caratteristica

106Ovviamente l’energia esatta scritta nell’equazione di Schrödinger rimane non localepoiché il potenziale dovuto ad un elettrone in una posizione agisce sulle particelle inposizioni diverse.

107In questo senso potrebbe essere interessante approfondire il metodo Car-Parrinello cheimplementa DFT in dinamica molecolare. La CPMD (Car Parrinello Molecular Dynamics)si differenzia dalla più comune dinamica molecolare di Born–Oppenheimer, che studia ilproblema elettronico attraverso un’equazione di Schrödinger indipendente dal tempo, peril fatto che gli elettroni vengono esplicitamente trattati come dei veri e propri gradi dilibertà attivi tramite variabili dinamiche fittizie.

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118 4. Density Functional Theory

degli apparati sperimentali. Se quindi da un lato la teoria LDA ha un forte

Figura 4.3: Legami chimici in una molecola d’Acqua. In figura sono segnati i legami sovrastimati e nonquelli effettivi.

utilizzo in dinamica molecolare e più in generale in fisica dello stato solido,dall’altro la sua applicazione in chimica è contraddistinta da alcune criticità:sovrastima i legami deboli (legami intermolecolari, a Idrogeno e di Van derWaals). Se si considerano infatti due molecole d’Acqua (figura 4.3) si trova-no sperimentalmente valori di legami a Idrogeno e covalente di circa 1, 5Å,mentre in LDA si ha una sovrastima del legame a Idrogeno (∼ 2Å) e quindiuna molecola in cui gli atomi O e H, che danno vita al legame, sono piùdistanti, ovvero si trova una molecola legata meno intensamente di quanto loè in realtà.Un errore ulteriore commesso dalla teoria LDA consiste nel comparare inmaniera del tutto sbagliata le differenze in energia fra due strutture atomi-che: le reazioni chimiche in questa approssimazione presentano prodotti finalie iniziali con ∆E ∼ 10kcal

molche è un valore di gran lunga maggiore ad una

precisione chimica accettabile che fa riferimento a differenze al di sotto di1kcalmol

.In sintesi, pur sbagliando i valori dei gaps energetici del 50%, la teoria LDAfunziona molto bene nei metalli e nei semiconduttori108 poiché questi sonocontraddistinti da legami covalenti.

108In questo senso tale teoria fu rivestita di un forte interesse nel corso degli anni ottanta.

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4.4 Funzionale e mapping di Kohn e Sham 119

4.4.3 Approssimazione GGANel corso degli anni novanta vennero sviluppate approssimazioni ancora

più precise che permettevano di riprodurre correttamente i legami più de-boli e di tenere in considerazione le diverse fasi possibili dei materiali. LaGeneralized Gradient Approximation (GGA), molto utilizzata in chimica, èuna teoria semi-locale che quindi permette di valutare la densità elettronicanella sola posizione ~r ma al tempo stesso tiene conto della sua variazionenello stesso punto tramite il suo gradiente ~∇~rρ(~r ). Quest’approssimazioneconsiste nel considerare

EXC [ρ] ' EGGAXC [ρ],

doveEGGAXC [ρ] =

∫d3r′f

(ρ(~r ′), ~∇~r ′ρ(~r ′)

), (4.32)

con f funzione non locale della densità e del gradiente della stessa. In questocaso si può quindi tener conto delle fluttuazioni sulla posizione tramite ilgradiente della densità elettronica ma non si ha più un funzionale definitounivocamente poiché, se |~∇~rρ(~r )| = 0 ci si riconduce direttamente ad unateoria LDA, se invece |~∇~rρ(~r )| 6= 0 si possono trovare fino a circa venti fun-zionali differenti che implementino la teoria109. Perturbare un sistema notocome il Jellium o spegnere adiabaticamente l’interazione sono solo alcune del-le ricette più dirette che possono essere prese in considerazione per ricavareil funzionale in questione.I vantaggi di questa teoria risiedono nei miglioramenti che essa apporta al-la teoria LDA, ovvero consistono in una corretta descrizione del legame aIdrogeno e un perfezionamento delle differenze energetiche nelle reazioni chi-miche che in GGA sono contraddistinte da errori di qualche kcal

mol. Per quanto

riguarda invece i legami di Van der Waals il miglioramente non è assolutopoiché questa teoria li trascura completamente, il che però è sempre megliodi sovrastimarli.Riuscire a tener conto dei legami di Van der Waals110 all’interno di un fra-

109Un lavoro molto intenso in questa direzione è stato svolto da John P. Perdew nel suoarticolo "Phys. Rev. Lett. 77, 3865 (28 October 1996)", scritto insieme a Kieron Burke eMatthias Ernzerhof, dal titolo Generalized Gradient Approximation Made Simple in cuiviene proposto uno dei funzionali maggiormete utilizzati in GGA: fPBE

(ρ(~r ′, ~∇~r ′ρ(~r ′))

).

110Una valida descrizione della teoria che c’è alla base dei funzionali di Van der Waalsè presente nell’articolo di K.Berland et al. dal titolo Van Der Waals forces in densityfunctional theory: The VdW-DF method. Fra quelli proposti finora il funzionale VdW-DF2

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120 4. Density Functional Theory

mework DFT rappresenta un importante ed attuale challenge per la modernafisica dello stato solido.

Figura 4.4: Diversi funzionali di Van der Waals messi a confronto con i valori sperimentali ottenuti peril potenziale (di Van der Waals, ovviamente) d’interazione fra la molecola di H2 e il RameCu(111). Si noti come la curva VdW-DF2 sia quella che si avvicina maggiormente alla curvadata dai valori sperimentali.

4.4.4 Struttura a bande in DFTLe strutture a bande ricavate in DFT dagli autovalori di Kohn e Sham

o più nel dettaglio dai possibili sottocasi LDA e GDA sono molto simili traloro poiché le differenze fra le varie approssimazioni svolte in DFT agisconosolo sull’osservabile energia totale. Si può scrivere quindi

εesatta~k,iKS' εLDA~k,i

' εGGA~k,i' λεARPES~k,i

+ cost. ,

dove λ (∼ 1.1) rappresenta solo un rescaling delle bande in energia e storica-mente è dovuto a considerazioni sperimentali. A conferma del fatto che DFTè pensata per riprodurre l’energia totale e la densità elettronica del sistemasi ha che la struttura a bande non risente in alcun modo della scelta dell’ap-prossimazione utilizzata per ricavare EXC [ρ]; ovviamente il miglioramentorispetto ad HF è notevole anche se gli errori commessi sono dell’ordine del20%.è quello che approssima nel miglior modo l’andamento long-range dei legami di Van derWaals (le forze di Van der Waals sono ben rappresentante dal potenziale di Lennard-Jonesin quanto sono attrattive a grandi distanze e repulsive a corto raggio) come si evince infigura 4.4.

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Capitolo 5

Teoria della risposta lineare inDFT

In questo capitolo si vuole studiare la teoria della risposta lineare, ovveroin che maniera il sistema risponde ad una generica perturbazione esterna; inpoche parole si vuole quantificare tale risposta tramite le derivate calcolaterispetto al termine perturbativo stesso. Applicare questa teoria alla DFTequivale quindi a svolgere una teoria delle perturbazioni su un sistema noninteragente fittizio per descrivere la risposta del sistema interagente reale:la teoria che scaturisce da questa combinazione prende il nome di DFPT(Density Functional Perturbation Theory). Quanto si ricava studiando DFTin risposta lineare si può inoltre estendere in maniera triviale ad altre teorie dicampo medio, motivo per cui questo capitolo assume un’importanza notevoleall’interno del corso.

5.1 Derivate dell’energia totale

Come ripetuto più volte, l’oggetto principale di questo studio rimane l’e-nergia totale (quindi tenendo conto anche del contributo dato dai nuclei)del sistema nel suo stato fondamentale e in questo senso ne verranno quindiricavate le derivate, le quali rappresentano le osservabili fisiche di maggiorinteresse.La derivata prima dell’energia totale rispetto alle coordinate dei nuclei (po-

121

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122 5. Teoria della risposta lineare in DFT

sizioni atomiche) è data da

− ∂Etot

∂ ~Ri

= −∂VBO(~R)∂ ~Ri

= ~Fi, (5.1)

dove il potenziale di Born–Oppenheimer VBO(~R) dipende dal vettore ~R ovve-ro dalle coordinate dei nuclei del sistema mentre ~Fi rappresenta la forza cheagisce sui nuclei in approssimazione111 BO. Se si vuole studiare un sistemamolecolare ci si può limitare a queste considerazioni o, al più, alla maggior-mente complessa teoria di Car e Parrinello112, ma se il sistema è un solidocristallino si deve tener conto dell’informazione legata alla cella unitaria equindi alla periodicità del sistema stesso113.La derivata prima dell’energia totale rispetto al volume della cella unitaria(d’ora in avanti espressa per cella unitaria) fornisce la pressione del sistema:

− ∂Etot∂Ω = P. (5.2)

Quest’espressione è spesso utilizzata per ricavare il volume di equilibrio diun cristallo o anche per simulare il comportamento di sistemi che subisco-no pressioni molto elevate; per lo studio di quest’ultimi si utilizzano per lopiù celle di Diamante le quali permettono di riprodurre le pressioni che siinstaurano al centro della Terra114. Questa espressione, così come la (5.1)non necessita di una parametrizzazione del sistema ma funziona a "principiprimi".Un’altra perturbazione fisica interessante è quella dovuta ad un campo elet-trico esterno, del quale si considerano le proprietà statiche che possono quindi

111In dinamica molecolare la forza ~Fi si può quindi ricavare direttamente dall’energia to-tale senza considerare necessariamente parametri ulteriori ma solo utilizzando informazionidovute a massa e carica; a partire da questa si possono trovare le posizioni di equilibriodegli atomi che rilassano la struttura molecolare.

112Roberto Car e Michele Parrinello sono due fisici italiani, conosciuti per il loro lavoroin dinamica molecolare. Nel 2009 hanno ricevuto insieme il premio Dirac per lo sviluppodel metodo di simulazioni di dinamica molecolare ab initio (metodo Car-Parrinello): questometodo unisce la teoria del funzionale densità per il calcolo della struttura elettronica con imetodi della dinamica molecolare per le simulazioni delle traiettorie classiche degli atomi.

113Questa informazione è data dalle tre direzioni spaziali e nel caso di solido isotropo èinteramente contenuta nel volume della cella unitaria.

114Il Professor Paolo Postorino, docente alla Sapienza, ha svolto esperimenti di questotipo. Il Diamante resiste a pressioni molto alte, di circa 500GPa ed è inoltre uno deimateriali maggiormente indiziati a tramutarsi in un superconduttore e in tal senso hanumerose applicazioni in fisica dello stato solido.

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5.1 Derivate dell’energia totale 123

influenzare l’energia totale. Le conclusioni che vengono ricavate si possonoampliare facilmente al caso dinamico (dipendente dal tempo) nel quale ilruolo dell’energia totale è svolto dall’azione del sistema. La derivata primadell’energia totale rispetto al campo elettrico esterno è data da

− ∂Etot

∂ ~E= Ω~P , (5.3)

dove ~P è il vettore polarizzazione elettrica che quindi, moltiplicato per ilvolume della cella unitaria, quantifica i dipoli elettrici per unità di volumenel sistema; in altri termini ~P è il dipolo elettrico totale presente nel sistemaper cella unitaria. L’espressione (5.3) è ben definita solo negli isolanti poichése si applica un campo elettrico esterno ad un materiale metallico (in cui glielettroni sono delocalizzati) si forma una densità di carica superficiale tale daschermare il campo esterno, e si osserva una corrente che scorre nello stessosenso del campo per un brevissimo periodo di tempo, dopo il quale il metalloritorna alla condizione precedente alla perturbazione eccetto che sulla super-ficie. La quantità di carica libera è solitamente tale da schermare qualsiasicampo elettrico costante applicato e la polarizzabilità elettrica per i metalliè approssimabile a zero.L’intero capitolo seguente sarà rivolto allo studio della polarizzazione elettri-ca ed in particolare a quella in assenza di campi elettrici: la polarizzazionespontanea. Il momento di dipolo elettrico in assenza di campo esterno po-trebbe sembrare un concetto banale ma non è affatto così; si vedrà infatticome quest’oggetto sia fortemente legato alle proprietà topologiche del si-stema e alla fase di Berry, che verrà discussa nel dettaglio nel capitolo 6. Inquesta sezione ci si limita a segnalare che la polarizzazione spontanea è forte-mente legata alla piezoelettricità, proprietà caratteristica di molti materialiferroelettrici e utilizzata in molte applicazioni tecnologiche come lo sviluppodi sonar. Fino agli anni novanta circa non era stata introdotta alcuna teo-ria quantistica che dimostrasse analiticamente l’esistenza della polarizzazionespontanea per il semplice fatto che quest’ultima non si può esprimere comevalore di aspettazione di un’osservabile fisica in linea con quanto previstodall’elettromagnetismo, che per l’epoca rimaneva la teoria più avanzata inquesto contesto.L’ultimo esempio proposto riguarda la derivata prima dell’energia totalerispetto al potenziale esterno:

− ∂Etot∂Vext.(~r ) = ρ(~r ). (5.4)

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124 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Seppure sia di difficile dimostrazione sperimentale115, facendo variare il po-tenziale esterno in un punto del sistema si ottiene la densità elettronica delsistema stesso in quel punto; come si vedrà in seguito quest’espressione saràdi particolare utilità nell’esposizione della risposta densità-densità.Un’ulteriore ed interessante derivata prima dell’energia è senz’altro quellarispetto ad un campo magnetico esterno, legata alla risonanza magneticanucleare o paramagnetica (electron-spin resonance); sebbene questo sia unfertile ed attuale ambito di ricerca, il magnetismo nella sua totalità esuladallo studio che si vuole condurre nel presente testo.A questo punto si possono introdurre alcune delle più interessanti derivate se-conde dell’energia totale; la derivata seconda rispetto a due diverse posizioninucleari è data da

− ∂2Etot

∂ ~Ri∂ ~Rj

= ∂ ~Fj

∂ ~Ri

=↔Dij, (5.5)

dove la matrice dinamica↔Dij è definita dal tensore

↔Cij = 1

√mi

↔Dij

1√mj

e a sua volta definisce le costanti di forza legate a molte quantità fisiche d’in-teresse come le vibrazioni e il calore specifico. I suoi autovalori sono proprioil quadrato delle frequenze fononiche definite come ω2

ph.ν , con ν = 1, ..., 3N(numero di atomi)116, riprodotte con errori del 2-5% tramite l’espressione(5.5).Derivare due volte l’energia totale rispetto al volume della cella elementarepermette di ricavare le costanti elastiche del sistema grazie alle quali si riescea definire in che maniera le onde sonore si propagano nel solido.La derivata seconda dell’energia totale rispetto al campo elettrico è data da

− ∂2Etot

∂ ~E∂ ~E= Ω∂

~P

∂ ~E= Ω↔χ∞, (5.6)

dove ↔χ è la suscettività dielettrica ovvero un tensore definito da

~P = ↔χ ~E e ↔

ε∞r =

↔I + 4π↔χ,

115Questa grandezza si può valutare attraverso esperimenti di diffrazione.116Le eccitazioni elementari sono di tipo fononico, elettronico e magnonico: queste tre

categorie danno vita alla zoologia delle quasi-particelle che esistono nei solidi.

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5.1 Derivate dell’energia totale 125

in unità CGS (sistema centimetro-grammo-secondo). L’apice ∞ sta ad indi-care che in tale formula si tiene conto solo del contributo elettronico mentre inuclei si considerano fissi, in questo senso quindi la costante dielettrica rela-tiva è quella che si ottiene variando solo la polarizzazione del cristallo mentreagisce un campo elettrico esterno. In realtà però in presenza di campo elet-trico esterno anche i nuclei subiscono degli spostamenti e per tener conto diquesti si deve considerare anche la variazione rispetto alle coordinate nuclea-ri.La derivata seconda dell’energia totale rispetto alle posizioni nucleari e alcampo elettrico si scrive come

− ∂2Etot

∂ ~Ri∂ ~E= Ω ∂ ~P

∂ ~Ri

; oppure − ∂2Etot

∂ ~Ri∂ ~E= ∂ ~Fi

∂ ~E. (5.7)

Derivando prima rispetto al campo elettrico si ottiene la variazione della po-larizzazione rispetto alle coordinate nucleari per il volume della cella unitariamentre invece derivando prima rispetto alle posizioni atomiche si ha la varia-zione della forza che sente il singolo atomo in base al campo elettrico esterno.La seconda delle (5.7) diventa

− ∂2Etot

∂ ~Ri∂ ~E= ∂ ~Fi

∂ ~E= |e|

↔Z∗,

ossia la carica efficace di Born, in completa analogia con la carica elettronicanormale che coincide con la derivata rispetto al campo elettrico della forzaapplicata ad un singolo protone. Anche la carica efficace, misurabile speri-mentalmente con spettroscopia infrarossa117 (IR), è un tensore, ossia unamatrice 3 × 3 di rango 2 non simmetrica. Quando un sistema è prevalente-mente ionico la sua carica è completamente legata alle posizioni dei nucleie quindi il tensore

↔Z∗ è uguale all’identità; questo si verifica ad esempio nel

Cloruro di Sodio (NaCl) in cui si ha

↔Z∗Cl '

1 0 00 1 00 0 1

;↔Z∗Na ' −

1 0 00 1 00 0 1

.La natura diagonale di queste matrici è dovuta alla simmetria cubica deirispettivi sistemi ma questa proprietà rimane anche per sistemi con diversa

117Esperimenti in questo contesto vengono svolti in Sapienza dai docenti Ortolani, Lupie Baldassarre.

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126 5. Teoria della risposta lineare in DFT

simmetria, ad esempio per il reticolo esagonale del Nitruro di Boro (BN) siha

↔Z∗B '

0.7 0 00 2.7 00 0 2.7

.Quindi se da una parte la matrice dinamica

↔Dij consente di ricavare le fre-

quenze dei picchi vibrazionali, dall’altra la carica efficace↔Z∗ restituisce in-

formazioni sull’intensità dei picchi stessi e sull’accoppiamento tra vibrazionie campo elettrico.La derivata seconda rispetto al potenziale esterno è definita come

− ∂2Etot∂Vext.(~r )∂Vext.(~r ′)

= ∂ρ(~r )∂Vext.(~r ′)

= χ(~r, ~r ′). (5.8)

Questa derivata descrive la risposta densità-densità a cui si era già accennatoad inizio capitolo e viene rappresentata con la consueta lettera χ poiché sitratta di una funzione di risposta, scalare in questo caso. L’espressione (5.8)è indirettamente legata ai risultati sperimentali poiché una variazione del po-tenziale esterno del sistema di un certo valore ∆Vext.(~r ′) in una determinataposizione ~r ′ è associata ad una variazione della densità data da

∆ρ(~r ) =∫d3r′χ(~r, ~r ′)∆Vext.(~r ′).

Da un punto di vista computazionale quest’oggetto è estremamente rilevan-te poiché permette di calcolare la matrice dinamica del sistema (e quindile frequenze fononiche); è inoltre legato al potenziale elettronico schermatointrodotto nella teoria GW e nella fisica dei semiconduttori fornisce un po-tenziale repulsivo schermato aggiuntivo rispetto a quello attrattivo.Passando adesso alle derivate terze, una che risulta senz’altro interessante èquella rispetto a tre diverse posizioni nucleari:

− ∂3Etot

∂ ~Ri∂ ~Rj∂ ~Rk

= ∂↔Dij

∂ ~Rk

= ↔c ijk. (5.9)

Il risultato di questa derivata esprime i coefficienti anarmonici presenti nell’e-spansione della legge di dispersione fononica del cristallo i quali fisicamenterappresentano il tempo di vita dei fononi stessi118 e sono matrici di rango 3.

118Considerare il solo contributo armonico significa considerare fononi di vita infinita equindi non quelli che si misurano sperimentalmente.

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5.1 Derivate dell’energia totale 127

Scaldando un materiale il calore si propaga al suo interno grazie ai fononi e sequest’ultimi avessero vita media infinita, ovvero se il sistema fosse un metal-lo ideale, allora la conducibilità termica del materiale sarebbe infinita a suavolta. Ovviamente nella vita reale i materiali che vengono studiati sono tutti,chi più chi meno, caratterizzati da difetti ed impurezze che contribuiscono,insieme ai termini anarmonici, a far si che a quantità come la conducibilitàtermica corrispondano valori finiti ed effettivamente misurabili. Per il Dia-mante i fenomeni di scattering dominanti che vincolano la vita media deifononi sono quelli dovuti alla presenza degli isotopi del Carbonio, nel Silicioinvece lo scattering dominante è proprio quello anarmonico.La derivata terza rispetto al campo elettrico è data da

− ∂3Etot

∂ ~E∂ ~E∂ ~E= Ω↔χ

(2)(5.10)

che rappresenta la suscettività elettrica non lineare a meno di un fattore Ω.Questa quantità genera coefficienti di seconda armonica ((2)) e compare nelladefinizione della polarizzazione componente per componente119:

Pα =∑β,γ

↔χ

(2)

αβγEβEγ.

La (5.10) è nulla quando il sistema è simmetrico per inversioni rispetto adun asse al contrario della sua analoga derivata quarta che restituisce terminidi terza armonica e permette di lavorare anche con materiali sotto forma dipolveri poiché appunto non media a zero.L’ultima derivata proposta è la seguente:

− ∂3Etot

∂ ~Ri∂Eα∂Eβ= Ω∂χαβ

∂ ~Ri

=↔Aαβi. (5.11)

Il risultato della (5.11) descrive l’attività Raman del sistema ovvero permettedi quantificare l’intensità dei contributi fononici allo spettro Raman stesso; inaltri termini restituisce l’intensità del picco associato ad un certo fonone. Sitratta di un vettore associato a ciascun atomo che dipende dall’orientamentodel campo elettrico in quel punto specifico.In generale la spettroscopia Raman e quella IR studiano le perturbazioni di

119Questa quantità è comunemente utilizzata per modificare le caratteristiche dei fascilaser nel senso che permette di catalogare i materiali che svolgono questo compito al meglio.

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128 5. Teoria della risposta lineare in DFT

campo elettrico, mentre la NMRS (Nuclear Magnetic Resonance Spectrosco-py) e la EPR (Electron Paramagnetic Resonance) fanno riferimento a probesdi campo magnetico120.

Esperimento di otticaPer fissare i concetti appena esposti può essere utile studiare l’esempio

pratico mostrato in figura 5.1. Mandando un fascio luminoso di frequenza

Figura 5.1: Schematizzazione grafica dell’esperimento di ottica.

arbitraria, ma fissata, contro un materiale è possibile studiare il comporta-mento metallico del materiale stesso; in altri termini dato un campo elettricoincidente ~Ei misurando il campo elettrico riflesso ~Er e quello trasmesso ~Et siriesce a valutare la risposta del materiale alle sollecitazioni elettriche e quindia quantificare il tensore ↔ε r(ω), espresso in spazio di Fourier. Separando laparte reale e la parte immaginaria del tensore dielettrico si ha

↔ε r(ω) = Re

[↔ε r(ω)

]+ i Im

[↔ε r(ω)

],

che in un isolante rispetta gli andamenti riportati in figura 5.2. Per quan-to riguarda la parte reale si nota come la costante dielettrica si annulli perω = ωP (frequenza di plasma121) e si stabilizzi ad un valore Re

[ ↔ε∞r

]do-

po i vari picchi di discontinuità. La parte immaginaria invece restituisce lacapacità assorbitiva del solido e il suo spettro è sostenzialmente compostoda tre parti diverse: uno spettro discreto eccitonico dovuto ai fononi ottici abasse frequenze le cui intensità sono proporzionali alla carica efficace (in ap-prossimazione HF lo si evince dall’energia di scambio), picchi discreti (e più

120Per quanto riguarda invece le misure dei fenomeni di trasporto la quantità fisica datenere in considerazione è il potenziale chimico.

121Risulta infatti possibile generare eccitazioni (plasmoni) anche in assenza di campoelettrico esterno.

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5.1 Derivate dell’energia totale 129

Figura 5.2: Andamenti in frequenza della parte reale e immaginaria del tensore dielettrico per un materialeisolante.

intensi) di natura idrogenoide per frequenze più alte, fino poi ad avere unapossibile discontinuità per gap indiretto122 e infine picchi d’intensità dovutialla creazione di coppie buca-elettrone al di la di questo punto. In generalel’intensità dei picchi eccitonici è inversamente proporzionale ad ↔εr: ad eccito-ni deboli corrisponde una ↔εr grande mentre ad eccitoni forti corrisponde una↔εr piccola. Le componenti reale e immaginaria sono connesse dalle relazionidi Kramers-Kronig e data quindi una delle due è possibile ricavare l’altra co-me mostrato in figura 5.3. In sintesi si avranno divergenze per la parte realein corrispondenza di ogni picco nel quale si abbia Re

[↔ε r(ω)

]= Re

[↔ε r(0)

]ovvero per frequenze tipiche di tutti i modi fononici ed elettronici.Il valore Re

[↔ε∞r

]≡ Re

[↔ε r(∞)

]è invece la risposta dovuta alle sole solle-

citazioni elettroniche quindi vale Re[↔ε∞r

]< Re

[↔ε r(0)

]e per questo si può

definire la risposta dielettrica a meno del suo valore ad infinito e di un ter-mine che dipende dalla matrice dinamica del sistema (descrive il contributofononico) e dalle cariche efficaci (descrivono il contributo elettronico):

Re[↔ε r(0)

]= Re

[↔ε∞r

]+ g(

↔Dij,

↔Z∗).

122Il suo valore è di circa 1 eV nel Quarzo e 1.2 eV nel Silicio.

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130 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Figura 5.3: Relazioni di Kramers-Kronig dal punto di vista grafico in funzione del numero d’onda.

5.2 Derivate dell’energia totale in DFTNote le funzioni d’onda del sistema fino all’ordine n, il generico teorema

2n+1 afferma che è possibile calcolare le derivate dell’energia totale (in DFTin questo caso) fino appunto all’ordine 2n+1; se si conosce la funzione d’ondadel sistema sviluppata solo al primo ordine sarà quindi possibile ricavare leprime tre derivate dell’energia totale.

5.2.1 Derivata prima

La dipendenza dal parametro perturbativo λ (spostamento atomico, per-turbazione elettrica, etc.) compare esplicitamente solo nella Hamiltoniana disingolo elettrone tramite il potenziale esterno V λ

ext.(~r ). Quindi l’energia totaledi stato fondamentale in DFT è data da

EDFTGS (λ) = min

ψiE[ψi , λ], (5.12)

doveE[ψi , λ] = F [ψi] +

∫d3rρ(~r )V λ

ext.(~r )

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5.2 Derivate dell’energia totale in DFT 131

non è altro che l’espressione (4.9) (la dipendenza funzionale dal set di statiè in rapporto 1:1 con quella rispetto alla densità) in cui è stata esplicitata ladipendenza dal parametro perturbativo. Ridefinendo l’insieme di stati ψiproprio come quello per cui l’energia E[ψi , λ] è minima (ovvero l’insiemedegli autostati di Kohn e Sham) si può riscrivere

EDFTGS (λ) ≡ E[ψi , λ]. (5.13)

In DFT la derivata prima dell’energia totale di stato fondamentale rispettoal parametro è data da

∂λEDFTGS (λ) =

∑k

[∂

∂ψkE[ψi , λ]

∣∣∣ψi=ψλi

· ∂ψk∂λ

]+ ∂

∂λE[ψi , λ]

∣∣∣ψi=ψλi

,

dove si è tenuto conto che EDFTGS (λ) dipende da λ sia tramite gli ψk che diret-

tamente. Si noti inoltre che la scrittura∣∣∣ψi=ψλi

acquista significato grazie al-l’equivalenza scritta nell’espressione (5.13). Si può riproporre l’ultima espres-sione ricordando che la dipendenza esplicita da λ compare solo all’interno delpotenziale esterno:

∂λEDFTGS (λ) =

∑k

[∂

∂ψkE[ψi , λ]

∣∣∣ψi=ψλi

· ∂ψk∂λ

]+∫d3rρλ(~r )

(∂

∂λV λext.(~r )

),

dove si ha ρλ(~r ) proprio in virtù della scrittura∣∣∣ψi=ψλi

. Vale

∂ψkE[ψi , λ]

∣∣∣ψi=ψλi

= 0 ∀k

in quanto gli ψλi sono proprio gli stati che minimizzano l’energia (5.12) equindi la derivata in un punto di minimo è ovviamente nulla. Di conseguenzasi può scrivere quello che prende il nome di teorema di Hellmann-Feynmanin DFT123:

∂λEDFTGS (λ) =

∫d3rρλ(~r )

(∂

∂λV λext.(~r )

)= 2

N2∑i=1〈ψλi |

(∂

∂λV λext.

)|ψλi 〉,

(5.14)dove come al solito il fattore 2 deriva dalla molteplicità di spin. L’insiemeψλi rappresenta come detto gli orbitali di Kohn e Sham all’ordine λ, infatti

123Tale espressione corrisponde al generico teorema 2n+ 1 per λ = 0.

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132 5. Teoria della risposta lineare in DFT

la sommatoria corre da 1 a N2 . Per λ = 0 si ottengono gli orbitali di Kohn e

Sham imperturbati, ovvero vale la definizione

|ψλ=0KSi〉 ≡ |ψλ=0

i 〉 = |ψ0i 〉;

questi soddisfano la relazione agli autovalori (nel seguito il pedice KS verràomesso)

H0KS|ψ0

KSi〉 = ε0i |ψ0

KSi〉. (5.15)

Definendo quindi il proiettore sullo spazio occupato (senza considerare lospazio di spin) come

P =N2∑i=1|ψ0i 〉〈ψ0

i |

si ottiene

∂λEDFTGS (λ = 0) = 2Tr

[P

(∂

∂λV λext.

) ∣∣∣λ=0

]= 2Tr

[PV 0

ext.

], (5.16)

dove si è definitoV 0ext. = ∂

∂λV λext.

∣∣∣λ=0

.

5.2.2 Derivata seconda

Per il calcolo della derivata seconda dell’energia totale di stato fondamen-tale in DFT, si procede con la derivazione rispetto ad un altro parametroperturbativo η, ovvero si ha

∂η

∂λEDFTGS (λ, η) = ∂

∂η

2N2∑i=1〈ψλ,ηi |

(∂

∂λV λ,ηext.

)|ψλ,ηi 〉

,dove gli stati |ψλ,ηi 〉 sono gli orbitali di Kohn e Sham che minimizzano ilfunzionale energia. Svolgendo i calcoli si scrive

∂2

∂λ∂ηEDFTGS (λ, η) =

= 2N2∑i=1

[(∂

∂η〈ψλ,ηi |

)((∂

∂λV λ,ηext.

)|ψλ,ηi 〉

)+ 〈ψλ,ηi |

∂η

((∂

∂λV λ,ηext.

)|ψλ,ηi 〉

)],

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5.2 Derivate dell’energia totale in DFT 133

dove si è applicata la derivata rispetto a η del prodotto 〈ψλ,ηi |·((

∂∂λV λ,ηext.

)|ψλ,ηi 〉

).

Svolgendo nuovamente una derivata di un prodotto rispetto a η nell’ultimotermine si ottiene

∂2

∂λ∂ηEDFTGS (λ, η) =

= 2N2∑i=1

( ∂

∂η〈ψλ,ηi |

)(∂

∂λV λ,ηext.

)|ψλ,ηi 〉+ 〈ψλ,ηi |

(∂2

∂λ∂ηV λ,ηext.

)|ψλ,ηi 〉+

+〈ψλ,ηi |(∂

∂λV λ,ηext.

)(∂

∂ηV λ,ηext.

).

Per alleggerire la notazione si definiscono le seguenti identità:

∂λV λ,ηext.

∣∣∣λ=0η=0

= V 1,0ext.;

∂ηV λ,ηext.

∣∣∣λ=0η=0

= V 0,1ext.; (5.17a)

∂λ|ψλ,ηi 〉

∣∣∣λ=0η=0

= |ψ1,0i 〉;

∂η|ψλ,ηi 〉

∣∣∣λ=0η=0

= |ψ0,1i 〉. (5.17b)

Di conseguenza si può scrivere

∂2

∂λ∂ηEDFTGS (λ = 0, η = 0) =

= 2N2∑i=1

[〈ψ0,1

i |V1,0ext.|ψ0,0

i 〉+ 〈ψ0,0i |V

1,1ext.|ψ0,0

i 〉+ 〈ψ0,0i |V

1,0ext.|ψ0,1

i 〉]. (5.18)

In notazione integrale il risultato ottenuto assume la forma seguente:

∂2

∂λ∂ηEDFTGS (0, 0) =

∫d3r

[ρ(0,0)(~r )V 1,1

ext.(~r ) + ρ(0,1)(~r )V 1,0ext.(~r )

], (5.19)

dove

ρ(0,0)(~r ) = 2N2∑i=1〈ψ0,0

i |~r 〉〈~r |ψ0,0i 〉

e

ρ(0,1)(~r ) = 2N2∑i=1

[〈ψ0,1

i |~r 〉〈~r |ψ0,0i 〉+ 〈ψ0,0

i |~r 〉〈~r |ψ0,1i 〉

].

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134 5. Teoria della risposta lineare in DFT

5.3 Teoria delle perturbazioniGiunti a questo punto si dispone di tutti gli strumenti necessari per im-

plementare la teoria perturbativa. Si tratta infatti di uno studio che si basasui risultati ottenuti nei capitoli 3 e 4, ovvero sulla possibilità di descrivereil generico sistema ad N elettroni interagenti come un sistema caratterizzatoda stati di singola particella e applicare proprio su quest’ultimi una teoriadelle perturbazioni.Prima di far questo però è opportuno ricordare che il sistema è stato stu-diato in DFT e quindi è opportuno compiere alcune premesse. Se da unlato la dipendenza esplicita dell’energia totale di stato fondamentale dallaperturbazione λ compare solo all’interno del potenziale esterno, dall’altro èimportante ricordare che tutti i termini restanti che compongono il potenzia-le di Kohn e Sham (potenziale esterno fittizio per il sistema inteso come noninteragente) dato dalla (4.29) dipendono in maniera funzionale dalla densitàelettronica del sistema. Quindi dato che, grazie al mapping di Kohn e Sham,il sistema è descritto da una Hamiltoniana autocoerente, la dipendenza dallaperturbazione deve comparire tramite l’unico parametro che descrive il siste-ma stesso, ovvero proprio la ρ(~r ). In sintesi, oltre a Vext.(~r ), anche V [ρ]

H (~r ) eV

[ρ]XC(~r ), dipendendo funzionalmente da ρ, dipendono da λ.

In questo senso quindi la Hamiltoniana del sistema si può riscrivere al primoordine in teoria delle perturbazioni a partire dalle (4.28) e (4.29) come

HλKS = H0

KS + λV 1KS + o(λ2), (5.20)

dove

H0KS = |~p |

2

2m + V 0KS(~r ) = |~p |

2

2m + V 0H(~r ) + V 0

XC(~r ) + V 0ext.(~r ) (5.21)

eV 1KS = V 1

H(~r ) + V 1XC(~r ) + V 1

ext.(~r ), (5.22)

dove si è espressa la dipendenza dalla perturbazione nel solo termine V 1KS.

Prima di valutare come vengono modificati gli stati dalla perturbazione ester-na può essere utile riscrivere i contributi al potenziale di Kohn e Sham in unaforma più pulita. Considerando il potenziale di Hartree dato dalla (3.14) sipuò scrivere

V[ρ]H (~r ) =

∫d3r′

e2

|~r − ~r ′|ρ(~r ′) =

∫d3r′KH(~r, ~r ′)ρ(~r ′),

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5.3 Teoria delle perturbazioni 135

dove si è definito il Kernel124 di Hartree:

KH(~r, ~r ′) = e2

|~r − ~r ′|,

che risulta essere indipendente dalla densità elettronica. Allo stesso modo sipuò fornire il potenziale di scambio-correlazione che compare nella (4.26) ameno di un Kernel:

V[ρ]XC(~r ) =

∫d3r′K

[ρ]XC(~r, ~r ′)ρ(~r ′).

Come già era stato anticipato nel capitolo precedente, dato che non si di-spone di una forma esplicita per il funzionale energia scambio-correlazionenon si conosce nemmeno il rispettivo potenziale, quindi il Kernel K [ρ]

XC(~r, ~r ′)deve essere gioco forza un funzionale della densità. La teoria LDA giunge insoccorso in questo frangente poiché permette di approssimare il potenzialeV

[ρ]XC(~r ) tramite la (4.31). Dato che il potenziale di scambio-correlazione in

LDA non è più un funzionale della densità elettronica non lo sarà nemmenoil suo Kernel. Date quindi la (4.30) e la (4.31) riscritte di seguito

ELDAXC [ρ] =

∫d3r′ρ(~r ′)εXC(ρ(~r ′))

V[ρ]LDAXC (~r ) = ∂

∂ρ(~r )ELDAXC [ρ] = εXC(ρ(~r )) + ρ(~r ) ∂

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r ))

e dato che vale anche

V[ρ]LDAXC (~r ) = ∂

∂ρ(~r )ELDAXC [ρ] =

∫d3r′KLDA[ρ]

XC (~r, ~r ′)ρ(~r ′)

si può scrivere

KLDA[ρ]

XC (~r, ~r ′) = ∂2

∂ρ(~r )∂ρ(~r ′)ELDAXC [ρ] =

= ∂

∂ρ(~r )

[∂

∂ρ(~r ′)

∫d3r′ρ(~r ′)εXC(ρ(~r ′))

]=

= ∂

∂ρ(~r )

[εXC(ρ(~r )) + ρ(~r ) ∂

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r ))]δ(|~r − ~r ′|),

124Con il termine Kernel, spesso abbreviato in Ker, si indica, nella letteratura mate-matica, il nucleo di un omomorfismo (tra gruppi, anelli, campi ecc.), cioè l’insieme deglielementi che, in tale applicazione, hanno come immagine l’elemento neutro additivo.

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136 5. Teoria della risposta lineare in DFT

dove è stata applicata la derivata di un prodotto ai termini espressi nell’in-tegrale che definisce la ELDA

XC [ρ], che quindi restituisce una delta di Dirac.Sviluppando ulteriormente i calcoli si ha

KLDA[ρ]

XC (~r, ~r ′) =

=[

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r )) + ∂

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r )) + ρ(~r ) ∂2

∂ρ(~r )2 εXC(ρ(~r ))]δ(|~r − ~r ′|),

ovvero

KLDA[ρ]

XC (~r, ~r ′) =[2 ∂

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r )) + ρ(~r ) ∂2

∂ρ(~r )2 εXC(ρ(~r ))]δ(|~r − ~r ′|),

che esiste solo per ρ(~r ) = ρ(~r ′). Quindi una forma più compatta per il Kerneldi scambio-correlazione in approssimazione LDA è data da

KLDAXC (~r, ~r ′)ρ(~r ′) = δ(|~r − ~r ′|)fLDAXC (ρ(~r )), (5.23)

dove

fLDAXC (ρ(~r )) = 2 ∂

∂ρ(~r )εXC(ρ(~r )) + ρ(~r ) · ∂2

∂ρ(~r )2 εXC(ρ(~r ));

si noti infine che il Kernel KLDAXC (~r, ~r ′)ρ(~r ′) è un oggetto locale. L. Reining,

V. Olevano, A. Rubio e G. Onida, hanno proposto una classe di Kernel discambio-correlazione che sembra dare ottimi risultati nella descrizione deisolidi superando le approssimazioni RPA e TDLDA (Time Dependent LocalDensity Approximation); tali considerazioni si trovano nel loro articolo "Phys.Rev. Lett. 88, 066404 (25 January 2002)" dal titolo Excitonic Effects in SolidsDescribed by Time-Dependent Density-Functional Theory.

5.3.1 Perturbazioni sulle funzioni d’ondaA questo punto si può passare al calcolo della derivata della funzione

d’onda all’interno di una teoria perturbativa indipendente dal tempo125 alfine di valutare quali modifiche subisce quest’ultima una volta variato il po-tenziale esterno. Il generico stato descritto da una teoria delle perturbazionitradizionale126 al primo ordine è dato da

|ψλi 〉 = |ψ0i 〉+ λ|ψ1

i 〉+ o(λ2)125Ci si può ricondurre al caso dipendente dal tempo con passaggi triviali tenendo in

considerazione anche la dipendenza da una frequenza ω.126Nel caso non degenere.

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5.3 Teoria delle perturbazioni 137

In particolare il termine al primo ordine si scrive come127

|ψ1i 〉 =

∞∑j=1j 6=i

[−〈ψ0

j |V 1KS|ψ0

i 〉ε0j − ε0i

|ψ0j 〉+ ia|ψ0

i 〉], (5.24)

dove l’apice 0 fa riferimento al sistema imperturbato e l’apice 1 a quelloperturbato al primo ordine. Inoltre si presti attenzione al fatto che la i delsecondo addendo a destra rappresenta l’unità immaginaria mentre il pedicei dello stato indica il set di numeri quantici (spaziale, di spin, etc.) che con-traddistingue lo stato stesso.Risulta importante mostrare che il coefficiente a deve essere un numero reale,infatti, dato il parametro della perturbazione λ, si ha

〈ψλi |ψλi 〉 = 1 =⇒ ∂

∂λ〈ψλi |ψλi 〉 = ∂

∂λ(1) = 0.

Questa stessa derivata si può scrivere come

∂λ〈ψλi |ψλi 〉 =

(∂

∂λ〈ψλi |

)|ψλi 〉+ 〈ψλi |

(∂

∂λ|ψλi 〉

),

che per λ = 0 diventa

∂λ〈ψλi |ψλi 〉

∣∣∣λ=0

=(∂

∂λ〈ψλi |

) ∣∣∣λ=0|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |(∂

∂λ|ψλi 〉

) ∣∣∣λ=0

=

= 〈ψ1i |ψ0

i 〉+ 〈ψ0i |ψ1

i 〉, (5.25)

dove nell’ultimo passaggio si è utilizzata la notazione definita dalle identità(5.17). Quindi infine128 uguagliando a zero si ha

∂λ〈ψλi |ψλi 〉

∣∣∣λ=0

= −ia∗ + ia = i(a− a∗) = 0,

127Si noti che ε0i 6= ε0j poiché per ipotesi si sta facendo riferimento ad una teoria delleperturbazioni nel caso non degenere; altrimenti l’equazione (5.24) perderebbe di significato.

128Si noti che dalla (5.24) si ha il bra

〈ψ1i | =

∞∑j=1j 6=i

[−〈ψ0

j |〈ψ0j |H1

KS |ψ0i 〉

ε0j − ε0i− ia∗〈ψ0

i |

].

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138 5. Teoria della risposta lineare in DFT

che è nullo solo se a = a∗, ovvero se appunto a ∈ R. Si noti che, essendo areale, il termine

ia = 〈ψ0i |(∂

∂λ|ψλi 〉

) ∣∣∣λ=0

(5.26)

è un immaginario puro.Il coefficiente a è del tutto arbitrario in quanto può essere espresso a menodi una trasformazione di gauge. Si definisce

|ψλi′〉 = eiφ(λ)|ψλi 〉,

dove φ(λ) è una fase arbitraria tale che φ(λ) ∈ R e φ(0) = 0. Se si considerala derivata rispetto a λ di questo oggetto si ha

∂λ|ψλi′〉 = ∂

∂λ

[eiφ(λ)|ψλi 〉

]= i

∂φ(λ)∂λ

eiφ(λ)|ψλi 〉+ eiφ(λ) ∂

∂λ|ψλi 〉,

che per λ = 0 (sapendo che eiφ(0) = ei0 = 1) restituisce

∂λ|ψλi′〉∣∣∣λ=0

= i∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0|ψ0i 〉+ ∂

∂λ|ψλi 〉

∣∣∣λ=0

. (5.27)

Tenendo di nuovo conto delle (5.17) infine si scrive

|ψ1i′〉 = i

∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0|ψ0i 〉+ |ψ1

i 〉.

A questo punto sostituendo l’espressione (5.24) nell’ultimo termine si ottiene

|ψ1i′〉 = i

∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0|ψ0i 〉+

∞∑j=1j 6=i

[−〈ψ0

j |V 1KS|ψ0

i 〉ε0j − ε0i

|ψ0j 〉+ ia|ψ0

i 〉],

da cui si evince chiaramente che ponendo a ′ = a+ ∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0

si ottiene proprio|ψ1i′〉 = |ψ1

i 〉 e quindi si è dimostrato che è sempre possibile esprimere ilcoefficiente a a meno di una trasformazione di gauge, in modo che lo statonon cambi.Allo stesso modo si può dimostrare che la (5.25) stessa è invariante di gauge,infatti considerandola con gli stati trasformati si ha

∂λ〈ψλi

′|ψλi′〉∣∣∣λ=0

=(∂

∂λ〈ψλi

′|) ∣∣∣

λ=0|ψ0i′〉+ 〈ψ0

i′|(∂

∂λ|ψλi′〉) ∣∣∣

λ=0.

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5.3 Teoria delle perturbazioni 139

Per definizione risulta essere |ψ0i′〉 = |ψ0

i 〉 e quindi

∂λ〈ψλi

′|ψλi′〉∣∣∣λ=0

=(∂

∂λ〈ψλi

′|) ∣∣∣

λ=0|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |(∂

∂λ|ψλi′〉) ∣∣∣

λ=0.

Sostituendo l’espressione esplicita di ∂∂λ|ψλi′〉∣∣∣λ=0

data dalla (5.27) si ottiene

∂λ〈ψλi

′|ψλi′〉∣∣∣λ=0

=

=[−i∂φ(λ)

∂λ

∣∣∣λ=0〈ψ0

i |+ 〈ψ1i |]|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |[i∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0|ψ0i 〉+ |ψ1

i 〉]

=

= −i∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0

+〈ψ1i |ψ0

i 〉+ i∂φ(λ)∂λ

∣∣∣λ=0

+〈ψ0i |ψ1

i 〉 = 〈ψ1i |ψ0

i 〉+ 〈ψ0i |ψ1

i 〉.

Quindi si è dimostrato che

∂λ〈ψλi

′|ψλi′〉∣∣∣λ=0

= ∂

∂λ〈ψλi |ψλi 〉

∣∣∣λ=0

,

ossia l’invarianza di gauge della (5.25).Per quanto appena visto, qualora la costante reale a non abbia alcun signifi-cato fisico, è sempre possibile porla uguale a zero129. In realtà, come si vedrànel capitolo successivo, tale oggetto non è del tutto arbitrario in quanto ca-ratterizza la fase di Berry, un’osservabile alla base della risoluzione di diversifenomeni fisici come ad esempio la polarizzazione spontanea di un sistema.

5.3.2 Perturbazioni sulle osservabiliAnalogamente a quanto visto per le funzioni d’onda, anche per le osser-

vabili è possibile pensare di scrivere un generico operatore O al primo ordinein teoria delle perturbazioni come

O = O0 + λO1 + o(λ2)

e anche in questo caso si definisce il termine al primo ordine perturbativocome

O1 = 2N2∑i=1

[〈ψ1

i |O|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |O|ψ1i 〉]. (5.28)

129Comunemente infatti questo termine non viene menzionato quando ci si approcciaper la prima volta alla teoria delle perturbazioni in meccanica quantistica.

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140 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Quest’espressione non dipende in alcun modo dalla gauge poiché esplicitando〈ψ1

i | e |ψ1i 〉 tramite la (5.24) i termini in a che ne derivano si semplificano a

vicenda. Infatti, ricordando che a è reale, la (5.28) diventa

O1 = 2N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

[−〈ψ0

i |V 1KS|ψ0

j 〉ε0j − ε0i

〈ψ0j |O|ψ0

i 〉 − ia〈ψ0i |O|ψ0

i 〉]

+

+2N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

[−〈ψ0

j |V 1KS|ψ0

i 〉ε0j − ε0i

〈ψ0i |O|ψ0

j 〉+ ia〈ψ0i |O|ψ0

i 〉],

ossia

O1 = 2N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

[〈ψ0

i |V 1KS|ψ0

j 〉ε0i − ε0j

〈ψ0j |O|ψ0

i 〉+〈ψ0

j |V 1KS|ψ0

i 〉ε0i − ε0j

〈ψ0i |O|ψ0

j 〉].

Il primo termine deriva dall’aver considerato il bra dell’espressione (5.24) equesto comporta l’inversione delle posizioni degli indici i e j rispetto a V 1

KS;quanto appena detto viene rimarcato per pura formalità di notazione. Inoltrela sommatoria su i corre solo sugli stati occupati mentre quella su j vale perstati qualsiasi quindi può essere utile dividere quest’ultima rispetto a statioccupati e stati non occupati130:

∞∑j=1≡

N2∑

i′=1+

∞∑l=N

2 +1

=occupati∑

i′+

vuoti∑l

. (5.29)

In questo modo si può riscrivere

O1 = 2N2∑i=1

N2∑

i′=1i′ 6=i

[〈ψ0

i |V 1KS|ψ0

i′〉ε0i − ε0i′

〈ψ0i′ |O|ψ0

i 〉+ 〈ψ0i′|V 1

KS|ψ0i 〉

ε0i − ε0i′〈ψ0

i |O|ψ0i′〉]

+

+2N2∑i=1

∞∑l=N

2 +1

[〈ψ0

i |V 1KS|ψ0

l 〉ε0i − ε0l

〈ψ0l |O|ψ0

i 〉+ 〈ψ0l |V 1

KS|ψ0i 〉

ε0i − ε0l〈ψ0

i |O|ψ0l 〉].

A questo punto, dato che la somma su i e i′ corre sugli stessi stati è possibilesostituire i con i′ ad esempio nel secondo termine della prima parentesi qua-dra. Questo fa si che i primi due termini si cancellino a vicenda e che quindi

130Nel ground state gli N2 stati di Kohn e Sham sono gli unici ad essere occupati.

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5.3 Teoria delle perturbazioni 141

rimanga

O1 = 2N2∑i=1

∞∑l=N

2 +1

[〈ψ0

i |V 1KS|ψ0

l 〉ε0i − ε0l

〈ψ0l |O|ψ0

i 〉+ 〈ψ0l |V 1

KS|ψ0i 〉

ε0i − ε0l〈ψ0

i |O|ψ0l 〉],

in altre parole si stanno trascurando tutti i termini di transizione da uno statooccupato ad un altro occupato in quanto non risultano d’interesse fisico. Leassenze del termine in a e degli elementi di matrice fra stati occupati derivanodall’invarianza dell’energia per rotazioni in un sottospazio occupato, ovveroper trasformazioni unitarie di dimensione N

2 . Quanto appena discusso è verosolo al primo ordine della teoria delle perturbazioni perché la presenza deltermine ia non conta essendo solo una fase che moltiplica la funzione d’onda(rotazione unitaria). A questo punto è utile riscrivere la (5.28) in termini diP e Q che proiettano rispettivamente il sistema nel sottospazio degli statioccupati e in quello degli stati vuoti. Dato

P =N2∑i=1|ψ0i 〉〈ψ0

i |

già introdotto in precedenza, il proiettore sugli stati vuoti sarà dato dal suocomplementare, ovvero

Q = I− P =∞∑

j=N2 +1

|ψ0j 〉〈ψ0

j |

e per completezza deve ovviamente valere P + Q = I. Inserendo quindil’identità nella (5.28) si ha

O1 = 2N2∑i=1

[〈ψ1

i |(P +Q)O|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |O(P +Q)|ψ1i 〉]

=

= 2N2∑i=1

[〈ψ1

i |PO|ψ0i 〉+ 〈ψ1

i |QO|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |OP |ψ1i 〉+ 〈ψ0

i |OQ|ψ1i 〉].

Per quanto visto in precedenza i termini in P non danno contributi poichéproiettano stati occupati su altri stati occupati quindi rimane

O1 = 2N2∑i=1

[〈ψ1

i |QO|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |OQ|ψ1i 〉]. (5.30)

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142 5. Teoria della risposta lineare in DFT

A questo punto è utile valutare l’azione del proiettore Q sullo stato |ψ1i 〉

(definito dalla (5.24) in cui non si considera il termine in a). Si ottiene

Q|ψ1i 〉 =

∞∑j=N

2 +1

|ψ0j 〉〈ψ0

j |ψ1i 〉 =

∞∑j=N

2 +1

〈ψ0j |V 1

KS|ψ0i 〉

ε0i − ε0j|ψ0j 〉,

dove ovviamente la sommatoria si è ridotta sui soli stati vuoti. Data la (5.15)quest’espressione diventa

Q|ψ1i 〉 =

∞∑j=N

2 +1

〈ψ0j |V 1

KS|ψ0i 〉

ε0i −H0KS

|ψ0j 〉. (5.31)

Data poi la definizione formale della funzione di Green,

G(ε) =∞∑

j=N2 +1

|ψ0j 〉〈ψ0

j |ε−H0

KS

= 1ε−H0

KS

Q, (5.32)

che viene interpretata come proiettata sul sottospazio degli stati vuoti eagisce come un operatore, e inserendo l’identità 〈ψ0

j |ψ0j 〉 nella (5.31) si ottiene

Q|ψ1i 〉 =

∞∑j=N

2 +1

〈ψ0j |V 1

KS|ψ0i 〉

ε0i −H0KS

|ψ0j 〉〈ψ0

j |ψ0j 〉.

All’interno di quest’ultima espressione si può notare facilmente la definizione(5.32) e quindi è possibile riscrivere

Q|ψ1i 〉 = 1

ε0i −H0KS

Q〈ψ0j |V 1

KS|ψ0i 〉|ψ0

j 〉 = G(ε0i )〈ψ0j |V 1

KS|ψ0i 〉|ψ0

j 〉.

Quindi in definitiva vale

Q|ψ1i 〉 = G(ε0i )V 1

KS|ψ0i 〉.

Grazie a questa scrittura compatta si può affermare che l’espressione dellafunzione d’onda del sistema al primo ordine della teoria perturbativa è inte-ramente dovuta alla risoluzione del seguente sistema di quattro equazioni:

V 1KS = V 1

HXC(~r ) + V 1ext.(~r );

V 1HXC(~r ) =

∫d3r′KHXC(~r, ~r ′)ρ1(~r ′);

ρ1(~r ) = 2N2∑i=1

[〈ψ1

i |Q|~r 〉〈~r |ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |~r 〉〈~r |Q|ψ1i 〉]

;

Q|ψ1i 〉 = G(ε0i )V 1

KS|ψ0i 〉,

(5.33)

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5.4 Risposta densità-densità 143

dove la ρ1(~r ) è stata ricavata tramite la (5.30) imponendo O ≡ |~r 〉〈~r |. KHXC

è il Kernel di Hartree-scambio-correlazione che unisce i Kernel di Hartree edi scambio-correlazione introdotti nei paragrafi precedenti:

KHXC(~r, ~r ′) = KH(~r, ~r ′) +K[ρ]XC(~r, ~r ′);

stesso discorso vale per il potenziale V 1HXC(~r ).

Questo è un set chiuso di equazioni autocoerenti che sostituisce la teoria per-turbativa tradizionale. In particolare l’introduzione dei proiettori sugli stativuoti è molto utile poiché, oltre ad evidenziare gli indici di banda, mantienela stessa struttura anche nel caso in cui si debba usare una teoria delle per-turbazioni degenere. In questo caso compaiono punti di crossing di banda,infatti nei metalli le transizioni tra stati occupati e stati vuoti generano undenominatore nullo nella (5.31) e quindi una transizione divergente. Questoperché a differenza dei semiconduttori e degli isolanti nei metalli non c’è gapfra banda di valenza e banda di conduzione. Nei non-metalli invece la presen-za di un gap fa si che non vi siano crossing di banda e quindi per transizionitra stati occupati e stati vuoti il denominatore nella (5.31) può al massimoessere pari proprio a −|Egap|, e quindi non arbitrariamente piccolo131. In ge-nerale la risposta in energia del sistema è inversamente proporzionale a |Egap|:per |Egap| piccolo si ha una risposta maggiore alle perturbazioni, per |Egap|grande il sistema risente meno delle perturbazioni esterne. Una conferma diquanto appena discusso è rappresentata dai valori della costante dielettricadel Quarzo e del Silicio, rispettivamente si hanno εr ' 4 per |Egap| = 5 eV eεr ' 11 per |Egap| = 1.2 eV .

5.4 Risposta densità-densitàQuesta sezione è particolarmente interessante in quanto, oltre ad essere

un’importante osservabile fisica, la densità del sistema rappresenta uno stru-mento necessario per valutare il potenziale elettronico schermato che serveper ricostruire la struttura a bande, ad esempio in una teoria GW. La fun-zione di risposta era già stata definita tramite l’espressione (5.8) che in DFTassume la forma seguente:

χ(~r, ~r ′) = ∂2EDFTtot

∂Vext.(~r )∂Vext.(~r ′)= ∂ρ(~r )∂Vext.(~r ′)

. (5.34)

131Va specificato che sono state "artificialmente" trascurate altre divergenze chepotrebbero comparire se si utilizzasse una notazione differente.

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144 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Si tratta quindi di uno scalare che descrive come varia la densità in un punto~r se si fa variare la densità in un altro punto ~r ′ tramite un potenziale esterno.Considerando la perturbazione più generica132 possibile al primo ordine in λ,ovvero del tipo

V λext.(~r ) = V 0

ext.(~r ) + λV 1ext.(~r ) =⇒ V 1

ext.(~r ) = ∂

∂λV λext.(~r )

∣∣∣λ=0

si può scrivere analogamente

ρ1(~r ) = ∂

∂λρλ(~r )

∣∣∣λ=0

,

che espressa tramite la χ(~r, ~r ′) generalizzata data dalla (5.34) diventa

ρ1(~r ) =∫d3r′χ(~r, ~r ′)V 1

ext.(~r ′). (5.35)

Questa espressione è un’applicazione lineare che manda da V 1ext.(~r ′) a ρ1(~r ) e

viceversa e contiene al suo interno una qualsiasi risposta del sistema insiemealla correzione per lo screening elettronico133; si evince chiaramente che, notala χ(~r, ~r ′) del sistema, si può calcolare la densità in ogni suo punto. EssendoV 1ext.(~r ′) e ρ1(~r ) due campi scalari (dipendono da un solo indice) è possibile

compiere un abuso di notazione identificandoli come due vettori appartenentiad un unico spazio di Hilbert in modo tale da evitare di rendere esplicita lasomma sugl’indici. In tal senso si fissa la notazione seguente:

V 1ext.(~r ) ⇒ ~V 1

ext.; ρ1(~r ) ⇒ ~ρ 1.

Intuitivamente, dipendendo da due indici, χ(~r, ~r ′) e KHXC(~r, ~r ′) si trasfor-mano come due matrici e quindi si hanno

χ(~r, ~r ′) ⇒ ↔χ; KHXC(~r, ~r ′) ⇒

↔KHXC .

In questa notazione l’equazione (5.35) che definisce la ↔χ interagente diventa

~ρ 1 = ↔χ ~V 1

ext.. (5.36)132Questa rappresentazione può descrivere diverse perturbazioni tra cui quelle dovute

ad un fotone incidente o ad un campo elettrico esterno.133La χ(~r, ~r ′) può anche essere interpretata come il Kernel che lega il potenziale esterno

alla densità indotta nel sistema tenendo in considerazione anche le interazioni fra elettroni.

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5.4 Risposta densità-densità 145

A questo punto tale espressione risulta comodamente invertibile poiché tuttele operazioni in questione sono lineari e permette appunto di tenere conto del-l’interazione fra gli elettroni mentre il sistema viene perturbato. Per quantifi-care quanto appena detto si consideri l’equazione derivante dall’unione delleprime due del sistema (5.33), ovvero

V 1KS =

∫d3r′KHXC(~r, ~r ′)ρ1(~r ′) + V 1

ext.(~r ),

che nella notazione vettoriale appena introdotta diventa

~V 1KS =

↔KHXC~ρ

1 + ~V 1ext. =

↔KHXC

↔χ ~V 1

ext. + ~V 1ext. = (

↔KHXC

↔χ +

↔I )~V 1

ext.. (5.37)

Esiste un’interessante analogia tra ~V 1ext. e ~D, che in elettrostatica rappresenta

l’induzione elettrica (o campo di spostamento elettrico). Se si prende ~V 1KS

come corrispondente del campo elettrico l’analogia consiste nel riproporrel’espressione ~D = ↔

ε r ~E, ovvero si impone

~V 1KS = ↔

ε−1~V 1

ext. =⇒ ↔ε−1 =

↔KHXC

↔χ +

↔I ,

che appunto fornisce un’espressione per la costante dielettrica; quest’ultimain notazione integrale diventa

ε−1(~r − ~r ′) = δ(~r − ~r ′) +∫d3r′′KHXC(~r, ~r ′′)χ(~r ′, ~r ′′).

A questo punto si dispone di tutti gli strumenti per calcolare esplicitamente↔χ e di conseguenza ↔ε−1.

5.4.1 Calcolo esplicito della risposta in densità

Ai fini del calcolo è utile definire una ↔χ bare "nuda" ( b d’ora in poi) cherappresenti la funzione di risposta in densità per un sistema non interagente.La ↔χb permette di marginalizzare il problema dell’autocoerenza della Ha-miltoniana poiché fornisce la risposta al potenziale di Kohn e Sham, ovverovale

~ρ 1 = ↔χb ~V 1

KS

che si traduce inρ1(~r ) =

∫d3r′χb(~r, ~r ′)V 1

KS(~r ′).

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146 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Per ricavare la forma esplicita della ↔χb si ipotizza che il sistema sia perturbatocon una delta di Dirac, quindi se ~V 1

KS = δ(~r − ~r ′) si ottiene

ρ1(~r ) =∫d3r′χb(~r, ~r ′)δ(~r − ~r ′) = χb(~r, ~r ′),

quindi ricavare la ↔χb equivale a calcolare ρ1(~r ) tenendo conto che la pertur-bazione è una delta di Dirac δ(~r−~r ′) = |~r ′〉〈~r ′|. Seguendo la terza equazionedel sistema (5.33) si può procedere al calcolo esplicito:

χb(~r, ~r ′) = ρ1(~r ) = 2N2∑i=1

[〈ψ1

i |Q|~r 〉〈~r |ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |~r 〉〈~r |Q|ψ1i 〉],

e siccome vale anche la quarta equazione del sistema (5.33) si può esplicitarel’azione del proiettore Q sullo stato |ψ1

i 〉 in termini della funzione di GreenG(ε0i ), ossia si ottiene

χb(~r, ~r ′) = 2N2∑i=1

[〈ψ0

i |V 1KSG(ε0i )|~r 〉〈~r |ψ0

i 〉+ 〈ψ0i |~r 〉〈~r |G(ε0i )V 1

KS|ψ0i 〉],

che esplicitando la G(ε0i ) diventa

χb(~r, ~r ′) =

= 2N2∑i=1

[〈ψ0

i |V 1KSQ

1ε0i −H0

KS

|~r 〉〈~r |ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |~r 〉〈~r |1

ε0i −H0KS

QV 1KS|ψ0

i 〉],

con Q e H0KS hermitiani. Imponendo la perturbazione V 1

KS = |~r ′〉〈~r ′| si ha

χb(~r, ~r ′) =

= 2N2∑i=1

[〈ψ0

i |~r ′〉〈~r ′|Q1

ε0i −H0KS

|~r 〉〈~r |ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |~r 〉〈~r |1

ε0i −H0KS

Q|~r ′〉〈~r ′|ψ0i 〉].

In assenza di campi magnetici e di effetto spin-orbita è sempre possibileconsiderare gli orbitali |ψ0

i 〉 come funzioni d’onda reali, di conseguenza è taleanche H0

KS e quindi, siccome il secondo termine è scritto come il complessoconiugato del primo, la loro somma restituisce semplicemente un fattore 2;quindi si giunge all’espressione

χb(~r, ~r ′) = 4N2∑i=1

[〈ψ0

i |~r 〉〈~r |1

ε0i −H0KS

Q|~r ′〉〈~r ′|ψ0i 〉].

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5.4 Risposta densità-densità 147

Si noti che Q commuta con la Hamiltoniana di Kohn e Sham imperturbatae inoltre, essendo un proiettore, è idempotente134 e quindi vale Q = Q2; diconseguenza l’ultima espressione può essere riscritta più comodamente come

χb(~r, ~r ′) = 4N2∑i=1

[〈ψ0

i |~r 〉〈~r |Q1

ε0i −H0KS

Q|~r ′〉〈~r ′|ψ0i 〉]. (5.38)

Aver trovato una forma esplicita per la χb(~r, ~r ′) semplifica notevolmentei calcoli necessari per ricavare la χ(~r, ~r ′) interagente, infatti in notazionevettoriale si ha

~ρ 1 = ↔χb ~V 1

KS = ↔χb (↔KHXC

↔χ +

↔I )~V 1

ext.,

dove si è utilizzata la (5.37). Siccome vale anche la (5.36) si ottiene

↔χ ~V 1

ext. = ↔χb (↔KHXC

↔χ+ I)~V 1

ext. =⇒ ↔χ = ↔

χb (↔KHXC

↔χ+ I) = ↔

χb↔ε−1. (5.39)

Per risolvere quest’equazione si sviluppa il prodotto tenendo presente che ifattori in gioco sono delle matrici, quindi si ha

↔χ = ↔

χb ↔KHXC

↔χ+↔χb =⇒ ↔

χ−↔χb↔KHXC

↔χ = ↔

χb =⇒ (

↔I−↔χb

↔KHXC)↔χ = ↔

χb,

da cui finalmente si ricava135

↔χ = 1

↔I − ↔χb

↔KHXC

↔χb. (5.40)

Data la ↔χ si può ricavare facilmente anche la costante dielettrica. L’espres-sione

↔ε−1 =

↔KHXC

↔χ +

↔I =

↔KHXC

1↔I − ↔χb

↔KHXC

↔χb +

↔I

134Far agire Q equivale a proiettare il sistema nel sottospazio degli stati vuoti, farloagire un’altra volta significa riproiettare il sistema all’interno dello stesso sottospazio, chequindi non varia.

135Si noti che l’espressione

1↔I −↔χ

b↔KHXC

=(↔I −↔χ

b↔KHXC

)−1

indica un’inversione matriciale.

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148 5. Teoria della risposta lineare in DFT

è in funzione della ↔χb e può essere semplificata ulteriormente mostrando cheper il secondo membro vale la relazione seguente:

↔KHXC

1↔I − ↔χb

↔KHXC

↔χb +

↔I = 1

↔I −

↔KHXC

↔χb. (5.41)

Un semplice metodo136 per dimostrare la (5.41) consiste nell’espandere i de-nominatori secondo Taylor ricordando che, se q è un numero reale tale che−1 < q < 1 la serie geometrica ∑∞n=0 q

n converge e la sua somma è data da∞∑n=0

qn = 11− q .

Infatti applicando tale espressione da destra verso sinistra ai termini presentinella (5.41) si ha

1↔I −

↔KHXC

↔χb'∞∑n=0

(↔KHXC

↔χb)n

e↔KHXC

1↔I − ↔χb

↔KHXC

↔χb +

↔I '

↔KHXC

∞∑m=0

(↔KHXC

↔χb)m↔χb +

↔I .

I termini che si ottengono per n = 0 e n = 1 sono rispettivamente↔I e

↔KHXC

↔χb. La loro somma coincide con il termine che si ottiene per m = 0,

ovvero con↔I +

↔KHXC

↔χb. Quindi se si considera la sommatoria su n in modo

tale che sia formata da nuovi elementi dati dalla somma di due elementi suc-cessivi, siccome entrambe le sommatorie corrono fino all’infinito convergonoallo stesso valore e quindi coincidono. Quindi se vale −1 < ↔

χb ↔KHXC < 1 si

può scrivere↔ε−1 = 1

↔I −

↔KHXC

↔χb, (5.42)

che restituisce una forma più compatta per la ↔ε−1, molto utile per quantifi-care la risposta ad un qualsiasi potenziale. Per valutare il potenziale coulom-biano schermato W (~r, ~r ′), ad esempio in approssimazione RPA (utilizzata inconti GW) si scrive

↔W = ↔

ε−1↔KHXC '

↔ε−1RPA↔

KH = 1↔I −

↔KH

↔χb

↔KH =

↔W

RPA

,

136L’identità (5.41) si può verificare anche dimostrando che gli inversi di ambo i membrisono uguali tra loro.

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5.4 Risposta densità-densità 149

in cui si è implicitamente sostituito il Kernel↔KHXC con quello di Hartree che

in RPA rappresenta il contributo dominante. Tenendo quindi conto dell’au-

Figura 5.4: Teoria diagrammatica per l’interazione coulombiana in RPA. Si noti il bubble diagramper la rappresentazione di una coppia elettrone-buca e i diversi ordini di approssimazionedell’interazione a seconda del valore dell’indice di sommatoria.

tocoerenza solo tramite il termine di Hartree è possibile ricondursi ad unateoria diagrammatica perturbativa137 rispetto a

↔KH e si riesce ad ottenere

un risultato analogo a quello dovuto alla serie geometrica

↔W

RPA

= 1↔I −

↔KH

↔χb

↔KH =

∞∑n=0

(↔KH

↔χb)n↔KH =

=↔KH +

↔KH

↔χb↔KH +

↔KH

↔χb↔KH

↔χb↔KH + ...

Il termine n = 0 descrive l’interazione "nuda" mentre per n = 1 e successivi siha un’interazione schermata approssimata in maniera sempre migliore (figura5.4).

5.4.2 Funzione di Lindhard e risposta densità-densitànel Jellium

Nel caso in cui il sistema disponga di una periodicità e quindi di un’inva-rianza traslazionale è opportuno riportare il formalismo matriciale in spazioreciproco. Tale formalismo diventa esatto e si hanno le giuste normalizza-zioni semplicemente considerando il sistema all’interno di una supercella di

137Si veda il corso di Fisica dei sistemi a molti corpi.

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150 5. Teoria della risposta lineare in DFT

volume V con condizioni periodiche al bordo di Born-von Karman. In spazioreciproco, le quantità analizzate nella sezione precedente diventano

V 1ext.(~q ) =

∫Vd3r

e−i~q·~r√VV 1ext.(~r ),

ρ1(~q ) =∫Vd3r

e−i~q·~r√Vρ1(~r ).

Sostituendo la ρ1(~r ) dalla (5.35) nell’ultima espressione è possibile ricavarecome si trasformano gli oggetti a due indici:

ρ1(~q ) =∫Vd3r

e−i~q·~r√V

∫Vd3r′χ(~r, ~r ′)V 1

ext.(~r ′) =

=∫Vd3r

e−i~q·~r√V

∫Vd3r′χ(~r, ~r ′)

∑~q ′

ei~q′·~r ′

√VV 1ext.(~q ′),

dove nell’ultimo passaggio si è scritto V 1ext.(~r ′) in notazione di Fourier. A

questo punto è possibile scrivere la χ(~r, ~r ′) in modo che valga la definizioneseguente:

ρ1(~q ) =∑~q ′χ(~q, ~q ′)V (1)

ext.(~q ′).

Quindi si ha

χ(~q, ~q ′) =∫Vd3r

e−i~q·~r√V

∫Vd3r′χ(~r, ~r ′)e

i~q ′·~r ′

√V

(5.43)

e in maniera analoga

KHXC(~q, ~q ′) =∫Vd3r

e−i~q·~r√V

∫Vd3r′KHXC(~r, ~r ′)e

i~q ′·~r ′

√V.

Seppur appartenenti a spazi differenti, sia sommatoria che integrale sonooperazioni lineari quindi anche in questo caso è lecito definire un formalismovettoriale e matriciale. Dato che lo spazio ~q è discreto si può scrivere

ρ1(~q ) =⇒ ~ρ 1; χ(~q, ~q ′) =⇒↔χ,

dove con il simbolo ˜ si vogliono differenziare questi vettori e matrici, inspazio reciproco, rispetto a quelli precedentemente definiti in spazio diretto.

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5.4 Risposta densità-densità 151

Sempre per linearità, la struttura di tutte le espressioni in spazio direttoviene mantenuta anche in spazio reciproco quindi si ha

↔ε−1

= 1↔I −

↔KHXC

↔χb. (5.44)

A questo punto si dispone di tutti gli strumenti di calcolo in spazio recipro-co che possono quindi essere applicati al Jellium. L’invarianza traslazionaledi questo sistema fa si che ogni punto dello spazio sia equivalente (sistemauniforme e isotropo) e quindi la densità indotta in un punto dipende dalladensità calcolata in un altro punto solo in termini della distanza frai puntistessi. In altre parole è possibile scrivere tutti gli oggetti a due indici come

χ(~r, ~r ′) = gχ(~r − ~r ′) = fχ(|~r − ~r ′|),

KHXC(~r, ~r ′) = gKHXC (~r − ~r ′) = fKHXC (|~r − ~r ′|),

KH(~r, ~r ′) = gKH (~r − ~r ′) = fKH (|~r − ~r ′|),

ε−1(~r, ~r ′) = gε−1(~r − ~r ′) = fε−1(|~r − ~r ′|),

dove le due uguaglianze sono rispettivamente dovute all’uniformità e all’iso-tropia del sistema. Per calcolare χ(~q, ~q ′) si procede nel modo seguente:

χ(~q, ~q ′) =∫Vd3r

e−i~q·~r√V

∫Vd3r′fχ(|~r − ~r ′|)e

i~q ′·~r ′

√V,

che tramite il cambio di variabile ~r − ~r ′ = ~r ′′ ⇒ d3r′′ = d3r diventa

χ(~q, ~q ′) =∫Vd3r′′

e−i~q·(~r′′+~r ′)

√V

∫Vd3r′fχ(|~r ′′|)e

i~q ′·~r ′

√V

=

=∫Vd3r′′e−i~q·~r

′′fχ(|~r ′′|)

∫Vd3r′

ei(~q′−~q )·~r ′

V.

Il primo integrale rappresenta la trasformata di Fourier continua χ(~q ) dellafunzione fχ(|~q |) che esiste in quanto si tratta di una funzione che decadevelocemente quando ci si allontana dal punto in cui è calcolata, ovvero quandodecade la perturbazione stessa. Il secondo integrale invece non è altro che ladefinizione di delta di Kronecker discreta δ~q~q ′ . Si può quindi riscrivere

χ(~q, ~q ′) = χ(~q )δ~q~q ′ =⇒ χ(~q, ~q ′) = χ(~q ) per ~q = ~q ′,

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152 5. Teoria della risposta lineare in DFT

e da tale risultato si evince chiaramente che la χ(~q ) è proprio l’elementodiagonale della χ(~q, ~q ′). Analogamente si ricava

KHXC(~q, ~q ′) = KHXC(~q )δ~q~q ′ =⇒ KHXC(~q, ~q ′) = KHXC(~q ) per ~q = ~q ′,

conKHXC(~q ) =

∫Vd3r′′e−i~q·~r

′′fKHXC (|~r ′′|).

Risulta utile spezzare questo Kernel nei contributi di Hartree e di scambio-correlazione e calcolare quest’ultimi esplicitamente. Il primo è dato da

KH(~q, ~q ′) = KH(~q )δ~q~q ′ =⇒ KH(~q, ~q ′) = KH(~q ) per ~q = ~q ′,

con

KH(~q ) =∫Vd3r′′e−i~q·~r

′′fKH (|~r ′′|) =

∫Vd3r′′e−i~q·~r

′′ e2

|~r ′′|= 4πe2

|~q |2,

per quanto discusso nell’appendice B, mentre il secondo può essere scritto inapprossimazione LDA come riportato nella (5.23), ovvero

KLDAXC (~r, ~r ′)ρ(~r ′) = δ(|~r − ~r ′|)fLDAXC (ρ(~r )) = δ(|~r − ~r ′|)fLDAXC (ρI),

dove nell’ultimo passaggio si è inserita la densità costante ρI del Jellium. Aquesto punto la trasformata di Fourier di quest’ultima espressione si riducealla trasformata di Fourier di una delta di Dirac e in tal senso restituiscequindi una costante data da

KLDAXC (~q ) ≡ KLDA

XC = fLDAXC (ρI).

Quindi si ha

KLDAXC (~q, ~q ′) = fLDAXC (ρI)δ~q~q ′ =⇒ KLDA

XC (~q, ~q ′) = fLDAXC (ρI) per ~q = ~q ′.

Mettendo insieme i termini appena ricavati si ottiene l’equazione matricialeper la costante dielettrica (in spazio reciproco) in approssimazione LDA, nelJellium:

ε−1LDA(~q, ~q ′) = ε−1LDA(~q )δ~q~q ′ =⇒ ε−1LDA(~q, ~q ′) = ε−1LDA(~q ) per ~q = ~q ′,

conε−1LDA(~q ) = 1

I− [KLDAH (~q ) +KLDA

XC (~q )]χb(~q ) ,

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5.4 Risposta densità-densità 153

per quanto ricavato nella (5.44). In sintesi vengono fornite due espressioni perε−1(~q ) in spazio reciproco nel Jellium, una in approssimazione LDA e una inapprossimazione RPA (mettendo a zero il termine di scambio-correlazione):

ε−1LDA(~q ) = 1I−[

4πe2|~q |2

+fLDAXC (ρI)]χb(~q )

,

ε−1RPA(~q ) = 1I− 4πe2|~q |2

χb(~q ).

(5.45)

Per completare la risoluzione del problema non rimane che calcolare la χb(~q )che dipende solo dalle funzioni d’onda e nel Jellium può essere ricavataesattamente. Utilizzando la (5.43) per la χb(~q ) si può scrivere

χb(~q ) ≡ χb(~q, ~q ) =∫Vd3r

e−i~q·~r√V

∫Vd3r′χb(~r, ~r ′)e

i~q·~r ′

√V,

che nota la (5.38) diventaχb(~q ) =

= 4V

N2∑i=1

[〈ψ0

i |∫Vd3re−i~q·~r|~r 〉〈~r |Q 1

ε0i −H0KS

Q∫Vd3r′ei~q·~r

′|~r ′ 〉〈~r ′|ψ0i 〉]

=

= 4V

N2∑i=1

[〈ψ0

i |e−i~q·~rQ1

ε0i −H0KS

Qei~q·~r|ψ0i 〉],

poiché ~r diventa un operatore quando viene integrato138; quindi valgono∫Vd3re−i~q·~r|~r 〉〈~r | = e−i~q·~r

e ∫Vd3r′ei~q·~r

′ |~r ′〉〈~r ′| = ei~q·~r.

Come noto gli stati che risolvono il Jellium sono le onde piane introdottenella sezione 3.4.1 e quindi in questo caso si può riscrivere

χb(~q ) = 4V

∑|~k|<| ~kF |

[〈~k|e−i~q·~rQ 1

ε0~k −H0KS

Qei~q·~r|~k〉],

dove con |~k| < | ~kF | si indica che si sta sommando solo sugli stati occupati.Le onde piane sono tali che

〈~k|e−i~q·~r = 〈~k + ~q | e ei~q·~r|~k〉 = |~k + ~q 〉 con 〈~r |~k〉 = ei~k·~r√V,

138Ovviamente l’operatore che corrisponde a ~r e ~r ′ è lo stesso ~r.

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154 5. Teoria della risposta lineare in DFT

quindi si ottiene

χb(~q ) = 4V

∑|~k|<| ~kF |

[〈~k + ~q |Q 1

ε0~k −H0KS

Q|~k + ~q 〉].

Facendo poi agire entrambi i Q si ha

χb(~q ) = 4V

∑|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

[〈~k + ~q | 1

ε0~k −H0KS

|~k + ~q 〉],

dove la sommatoria deve rispettare anche la condizione |~k + ~q | > | ~kF |. Aquesto punto risulta semplice far agire H0

KS sugli stati |~k + ~q 〉 che appuntola diagonalizzano: H0

KS|~k + ~q 〉 = ε0~k+~q . Questo permette di scrivere

χb(~q ) = 4V

∑|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

1ε0~k − ε

0~k+~q〈~k + ~q |~k + ~q 〉

.

Gli autovalori di Kohn e Sham nel Jellium sono ε0~k = ~2|~k|22m +c e analogamente

ε0~k+~q = ~2|~k+~q |22m + c, dove c è la stessa costante additiva che quindi scompare

quando se ne prende la differenza; si ha

χb(~q ) = 4V

∑|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

1~2|~k|2

2m − ~2|~k+~q |22m

= 4V

∑|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

[2m

~2|~k|2 − ~2|~k + ~q |2

].

Quest’espressione può essere risolta esplicitamente se si passa nuovamente innotazione integrale:

χb(~q ) = 4∫|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

d3k

(2π)32m

~2|~k|2 − ~2|~k + ~q |2=

= 8m~2

∫|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

d3k

(2π)31

|~k|2 − |~k + ~q |2=

= 8m~2

∫|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

d3k

(2π)31

|~k|2 − |~k|2 − |~q |2 − 2~k · ~q=

= −8m~2

∫|~k|<| ~kF ||~k+~q |>| ~kF |

d3k

(2π)31

|~q |2 + 2~k · ~q.

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5.4 Risposta densità-densità 155

Dato che il sitema è isotropo è sempre possibile scegliere una direzione di ~qdata, ad esempio, da un versore x, ovvero tale che ~q = qx. In unità ridotte siha

x = |~q || ~kF |

; |~q | = | ~kF |x; |~q | → | ~kF |, x→ 1

e se quindi si impone il cambio di variabile

|~p | = |~k|| ~kF |

; |~k| = | ~kF ||~p |; |~k| → | ~kF |, |~p | → 1 e |~k| → 0, |~p | → 0,

si può scrivere

χb(x) = −8m~2

∫|~p |<1|~p |+x>1

d3p

(2π)3| ~kF |3

| ~kF |2x2 + 2| ~kF | px | ~kF |x,

dove si ha px al posto di |~p | poiché avendo scelto ~q = qx l’unico contribu-to al prodotto scalare viene fornito dalla componente di ~p lungo l’asse x.Raccogliendo si ottiene

χb(x) = −8m| ~kF |~2

∫|~p |<1|~p |+x>1

d3p

(2π)31

x2 + 2xpx; (5.46)

quindi l’integrale è una funzione f(x) della variabile adimensionale x. Perinterpretare il significato fisico del prefattore può essere utile esprimerlomediante la densità degli stati del Jellium, che al livello di Fermi è datada

DOS(EF ) = me| ~kF |π2~2

e detiene già al suo interno il fattore 2 di molteplicità di spin. Di conseguenzasi ottiene

χb(x) = −8π2DOS(EF )f(x) con x = |~q || ~kF |

.

L’integrale si può svolgere analiticamente (in maniera del tutto analoga aquanto dimostrato per nell’appendice C) e restituisce la suscettività "nuda"per il caso interagente nel Jellium:

χb(x) = −DOS(EF )[

12 + x2 − 4

8x ln∣∣∣∣x− 2x+ 2

∣∣∣∣]. (5.47)

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156 5. Teoria della risposta lineare in DFT

L’espressione in parentesi quadre non è altro che una diversa espressione dellafunzione di Lindhard (3.30) infatti si ha

F (x) = 12 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣ = 12 −

1− x2

4x ln∣∣∣∣1− x1 + x

∣∣∣∣ =

= 12 + x2 − 1

4x ln∣∣∣∣1− x1 + x

∣∣∣∣ = 12 + x2 − 1

4x ln∣∣∣∣−1− x

1 + x

∣∣∣∣ = 12 + x2 − 1

4x ln∣∣∣∣x− 1x+ 1

∣∣∣∣ ,che appunto non è formalmente dissimile dall’espressione in parentesi quadrenella (5.47).La maggior parte dei sistemi reali, come nanotubi di Carbonio e atomi intrappole ottiche, può essere descritta rispettivamente da un Jellium bidimen-sionale o unidimensionale per i quali i dati sperimentali sono noti e maggioriin numero rispetto a quelli relativi a sistemi tridimensionali. In una e due

Figura 5.5: Suscettività nel Jellium in più dimensioni. Si noti che per la curva 3D si ha una divergenzalogaritmica nel punto x = 2, infatti entrambe le derivate prime destra e sinistra sono infinitenel punto. Per la curva 2D invece la derivata prima destra è infinita mentre quella sinistra ènulla. Anche per la curva 1D si ha una divergenza logaritmica in x = 2. Tutte le curve tendonoa −1 per x→ 0 e tendono a 0 per x→∞.

dimensioni per il Jellium si ha rispettivamenteDOS(EF ) = 2m∗

π~2| ~kF |=⇒ χb(x) = −DOS(EF ) 1

xln(|x+2||x−2|

);

DOS(EF ) = cost. = m∗

π~2 =⇒ χb(x) = −DOS(EF )[1− θ(x− 2)

√x2−4x

],

dove θ(x) è la funzione gradino di Heaviside e m∗ è la massa efficace; ov-viamente la suscettività è proporzionale alla densità degli stati in tutte le

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5.4 Risposta densità-densità 157

dimensionalità. In figura 5.5 vengono riassunti gli andamenti della suscetti-vità del Jellium nelle tre dimensionalità; si noti che il punto x = 2, ossia|~q | = 2| ~kF |, è singolare e quindi vi si presenta una discontinuità per le curve.Si evince chiaramente che tanto è più piccola la dimensionalità tanto piùdiventa critica la singolarità. Si noti inoltre che valgono i seguenti limiti:

lim|~q |→0

χb(~q ) = −DOS(EF );

lim|~q |→∞

χb(~q ) = 0.

Per capire da dove deriva la discontinuità si può studiare graficamente l’in-tegrale (5.46); in particolare il caso 2D è il primo caso non triviale che resti-tuisce informazioni interessanti valide anche per D ≥ 2. In figura 5.6 vienemostrata la superficie su cui viene svolto l’integrale (5.46) in due dimensioni(nel caso |~q | < 2| ~kF |), ricavata rappresentando graficamente l’intersezionedei due domini d’integrazione |~k | < | ~kF | e |~k + ~q | > | ~kF | (devono esserevalidi contemporaneamente). Si ha infatti

|~k | < | ~kF | =⇒√k2x + k2

y < | ~kF |

che seleziona i valori di ~k interni alla circonferenza di raggio | ~kF | centratanell’origine e

|~k + ~q | > | ~kF | =⇒√

(kx + qx)2 + (ky + qy)2 > | ~kF |

che invece seleziona i valori di ~k esterni alla circonferenza di raggio | ~kF |centrata nel punto ~k = (−qx,−qy). In particolare l’integrale nei due puntid’intersezione fra le due circonferenze risulta mal definito in quanto si haproprio |~k | = | ~kF | e |~k + ~q | = | ~kF | e inoltre il denominatore della funzioneintegranda si annulla quindi la funzione stessa diverge139. I casi |~q | = 2| ~kF |e |~q | > 2| ~kF | sono rispettivamente descritti in figura 5.7. Per |~q | = 2| ~kF | siha una divergenza non integrabile (a differenza di quelle nei punti d’inter-sezione di figura 5.6) nel punto in cui le due circonferenze sono tangenti equesto si traduce proprio nella discontinuità della funzione di Lindhard in|~q | = 2| ~kF |. In altri termini quando |~q | → 2| ~kF | i due punti d’intersezione(in cui l’integrale diverge) tendono a collassare in un unico punto che rendel’instabilità dell’integrale ancora più critica poiché ne rafforza la divergenza.

139Tale divergenza risulta comunque integrabile.

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158 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Figura 5.6: Superficie d’integrazione della funzione di Lindhard in 2D. Sia |~q | < | ~kF |.La regione verde rappresenta la superficie in cui |~k | < | ~kF | mentre quella rossa descrive ungenerico vettore ~k del piano kx, ky tale che |~k+ ~q | > | ~kF |. L’intersezione delle due è proprio lasuperficie su cui si svolge l’integrale di Lindhard in due dimensioni. I grafici sono stati ricavatitramite i valori | ~kF | = 4 e ~q = (qx, qy) = (3.3, 3.3).

Per |~q | > 2| ~kF | invece i due domini d’integrazione sono completamente scon-nessi quindi l’integrale perde di significato.Il valore |~q | = 2| ~kF | prende il nome di anomalia di Kohn nel Jellium e di-scrimina appunto il cambiamento della risposta del sistema fra le tre diversesituazioni appena descritte. Risulta quindi lecito domandarsi se le anomaliedi Kohn siano delle quantità effettivamente osservabili in sistemi reali; la ri-sposta a tale quesito è affermativa, infatti si potrebbe ipotizzare di realizzareun esperimento di spettroscopia al fine di misurare la risposta di un genericosistema metallico ad un dato ~q e si riscontrerebbe che le dispersioni fononiche

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5.4 Risposta densità-densità 159

Figura 5.7: Divergenze della funzione di Lindhard in 2D. Il grafico di sinistra si è ottenuto con | ~kF | = 4 e~q = (qx, qy) = (

√32,√

32), quello di destra con | ~kF | = 4 e ~q = (qx, qy) = (7, 7).

hanno delle anomalie140 intorno a |~q | ' 2| ~kF |.A questo punto quindi, avendo ricavato e studiato la χb(~q ) "nuda", si possonofinalmente calcolare le espressioni date nella (5.45) e il potenziale elettronicoschermato nel Jellium nel caso tridimensionale. Il calcolo RPA è analitico adifferenza di quello LDA che può essere svolto ricavando numericamente lafLDAXC (ρI) e quindi, soffermandosi sul primo, si ha

ε−1RPA(~q ) = 11− 4πe2

|~q |2 χb(~q )

= 1

1 + 4πe2

|~q |2 DOS(EF )1

2 +|~q |2| ~kF |2

−4

8 |~q || ~kF |

ln∣∣∣∣∣|~q || ~kF |−2

|~q || ~kF |

+2

∣∣∣∣∣ ,

dove la χb(~q ) è appunto definita dalla (5.47) con x = |~q || ~kF |

. Data poi l’espres-sione del potenziale schermato (spesso usato in teorie GW),

W (~q ) = ε−1(~q )4πe2

|~q |2,

in approssimazione RPA si ha

WRPA(~q ) = ε−1RPA(~q )4πe2

|~q |2= 1

1− 4πe2

|~q |2 χb(~q )

4πe2

|~q |2= 4πe2

|~q |2 − 4πe2χb(~q ) .

140Tali anomalie si osservano con maggior facilità in sistemi unidimesionali o bidimensio-nali e sono una diretta conseguenza della presenza della superficie di Fermi come si vedrànella parte finale delle dispense.

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160 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Quindi il potenziale elettronico schermato si calcola inserendo l’espressionedella suscettività (ad esempio ricavando la funzione di Lindhard con un cal-colatore) e prendendo l’anti-trasformata di Fourier di quanto ottenuto perriportare il risultato in spazio diretto. Un’approssimazione analitica e pocoprecisa è quella che prevede di considerare il limite di |~q | piccoli, ovvero per|~q | 2| ~kF | (|~q | → 0). In tal senso, siccome vale

limx→0

χb(x)DOS(EF ) = −1 =⇒ lim

|~q |→0

χb(~q )DOS(EF ) = −1

si può scrivere lim|~q |→0 χb(~q ) = −DOS(EF ) e quindi si ha

lim|~q |→0

ε−1RPA(~q ) = lim|~q |→0

11− 4πe2

|~q |2 χb(~q )

= lim|~q |→0

11 + 4πe2

|~q |2 DOS(EF )= 0.

Quindi per |~q | piccoli si ha uno screening perfetto poiché ε−1RPA tende a zero.Nello stesso limite di conseguenza si ha

lim|~q |→0

WRPA(~q ) = lim|~q |→0

4πe2

|~q |2 − 4πe2χb(~q ) = lim|~q |→0

4πe2

|~q |2 + 4πe2DOS(EF ) =

= 4πe2

|~q |2 + q2TF

,

dove si è introdotto il vettore d’onda di Thomas-Fermi qTF =√

4πe2DOS(EF ).Facendo l’anti-trasformata di Fourier (F.A.) di quest’ultimo oggetto si ottie-ne il potenziale di Yukawa141, ovvero il potenziale, schermato dalla nubeelettronica, che risente un singolo elettrone nel Jellium:

F.A.[

4πe2

|~q |2 + q2TF

]= e2

re−r qTF . (5.48)

141Il procedimento per ricavare il potenziale di Yukawa è del tutto analogo a quellosvolto nell’appendice B. In realtà il potenziale di Yukawa in forma più generale è spessoespresso come

−g2 e−αmr

r,

dove il segno meno implica che si tratta di un potenziale attrattivo, m è la massa dellaparticella in questione e α e g sono fattori di scala; in particolare g2 = e2

4πε0se si utilizza il

potenziale di Yukawa per descrivere l’effetto di screening degli elettroni. Per via della suastruttura analitica spesso questo potenziale è utilizzato anche per descrivere le interazioniforti a corto raggio in fisica nucleare.

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5.4 Risposta densità-densità 161

Quando un secondo elettrone si trova molto vicino all’elettrone considerato(r 1

qTF) quest’ultimo risente di un potenziale non schermato infatti il limite

limr→0

= e2

re−r qTF = e2

r,

restituisce il consueto potenziale coulombiano. Quando invece i due elettro-ni sono molto distanti fra loro (r 1

qTF) il potenziale risulta essere quasi

completamente schermato (screening ideale nei metalli):

limr→∞

= e2

re−r qTF = 0;

questo indica che è possibile considerare il potenziale schermato in un rangefinito poiché per valori di r 1

qTFil potenziale tende a zero, in altri termini,

il potenziale di Yukawa applicato in questo contesto regolarizza quello cou-lombiano a corte distanze infatti viene definito come un potenziale a "cortaportata". Si noti che si presentano questi comportamenti per i limiti studia-ti poiché l’esponenziale e−r è dominante rispetto a qualsiasi potenza, quindianche rispetto a r−1. In realtà lo studio del decadimento del potenziale (5.48)è più sottile di quanto appena descritto: compiendo un calcolo effettivo del-la trasformata di Fourier di questo potenziale il decadimento esponenzialeviene rimpiazzato da un decadimento a potenza per r molto grandi. Questocomportamento è dovuto proprio alla presenza di singolarità per |~q | = 2| ~kF |che corrispondono a piccole oscillazioni in spazio reale (oscillazioni di Frie-del142) Un’immagine puramente descrittiva di questo fenomeno viene fornitain figura 5.8. Quindi in conclusione si può affermare che le anomalie di Kohnin spazio reciproco sono in un rapporto 1:1 con le oscillazioni di Friedel inspazio reale e quest’ultime in particolare si possono osservare attraverso unmicroscopio ad effetto tunnel (STM - Scanning Tunneling Microscope) ag-giungendo un atomo su una superficie metallica in modo tale che agisca comeuna perturbazione su una superficie liscia. Una stima rapida e grossolana143

142Jacques Friedel fu un fisico francese specializzato nella fisica dei materiali. Fu inoltrepresidente della Société française de physique e della French Academy of Sciences.

143"A back-of-the-envelope calculation", che tradotto letteralmente in italiano diventa"Un calcolo sul retro di una busta da lettere", sta ad indicare un calcolo che sia qualcosa inpiù di una semplice supposizione ma meno di un conto accurato e rigoroso. In letteraturaquesta terminologia viene spesso attribuita a Enrico Fermi il quale era noto per un approc-cio risolutivo che consisteva nell’approssimare i risultati per ordini di grandezza, così dapoter usare calcoli più semplici. Questo lo condusse a realizzare una serie di simpatici quizdalla più o meno rapida risoluzione che sono conosciuti sotto il nome di "Fermi Questions"o appunto "Back-of-the-Envelope Calculations".

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162 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Figura 5.8: Oscillazioni di Friedel per il potenziale di Yukawa. La regione cerchiata in rosso sta a sotto-lineare che il potenziale di Yukawa va a zero in un regime finito dato da r 1

qT Fmentre le

oscillazioni di Friedel si hanno per r ∼ 12| ~kF |

.

del fattore qTF per un sistema metallico è data da

q2TF = 4 3

√3nπ,

(in unità atomiche) dove n = NV

è la concentrazione elettronica, ovvero ilnumero di elettroni per unità di volume.La risposta densità-densità è estremamente interessante quando applicata acalcoli all’interno di teorie GW che mirano a quantificare con precisione loscreening elettronico nei metalli ma non copre tutta quella serie di derivate"patologiche" dell’energia totale come ad esempio quella rispetto ad un campoelettrico esterno in un sistema isolante.

5.5 Risposta ad un campo elettrico uniformeLa costante dielettrica relativa in unità CGS è data dal seguente tensore

cartesiano 3× 3:↔ε∞r =

↔I + 4π↔χ∞,

dove l’apice ∞ indica che si sta studiando il sistema a frequenze maggiori dellefrequenze fononiche e quindi in assenza di eccitazioni ioniche, come prevedel’approssimazione Born–Oppenheimer. La polarizzazione elettrica per unitàdi volume è invece data da

~P = ↔χ∞ ~E.

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5.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme 163

Data la (5.6) si può riscrivere la derivata seconda dell’energia totale di statofondamentale rispetto al campo elettrico in DFT come

↔χ∞αβ = − 1

Ω∂2EDFT

tot ( ~E)∂Eα∂Eβ

, (5.49)

dove con gli indici α e β si esplicitano le diverse componenti x, y, z del campoelettrico. Si noti che la Hamiltoniana di Kohn e Sham dipende dalla perturba-zione già "all’ordine zero" poiché nell’espressione (5.21) il potenziale esternoV 0ext.(~r ) è tale che

V 0ext.(~r ) = |e|~r · ~E =⇒ V 0

ext.(rβ) = |e|rβEβ,

dove si è considerato il campo ~E come non nullo unicamente lungo la direzioneβ. Quindi considerando il teorema di Hellmann-Feynman in DFT dato dalla(5.14) per lo stato fondamentale si ha

∂Eα

[∂

∂EβEDFTGS (Eβ)

]= ∂

∂Eα

2N2∑i=1〈ψ0

i |(

∂EβV 0ext.

)|ψ0i 〉

=

= ∂

∂Eα

2|e|N2∑i=1〈ψ0

i |rβ|ψ0i 〉

. (5.50)

Si vede chiaramente che la derivata rispetto a Eα coinvolge solo le funzionid’onda |ψ0

i 〉; si ha quindi a che fare con l’oggetto seguente:

∂Eα|ψ0i 〉 = ∂

∂Eα|ψEαi 〉

∣∣∣Eα=0

= |ψ1i 〉,

che è tale per quanto descritto nelle identità (5.17). Applicando questa sosti-tuzione la (5.50) diventa144

∂2EDFTGS ( ~E)

∂Eα∂Eβ= 2|e|

N2∑i=1

[〈ψ1

i |rβ|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |rβ|ψ1i 〉],

144Si tenga presente che si è svolta la derivata di un prodotto come segue:

∂Eα〈ψ0i |rβ |ψ0

i 〉 =(

∂Eα〈ψ0i |)rβ |ψ0

i 〉+ 〈ψ0i |rβ

(∂

∂Eα|ψ0i 〉).

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164 5. Teoria della risposta lineare in DFT

A questo punto sostituendo l’espressione del termine dello stato perturbatoal primo ordine dato dalla (5.24) (senza considerare il termine in a) si ottiene

∂2EDFTGS ( ~E)

∂Eα∂Eβ=

= 2|e|N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

[〈ψ0

i |V 1KSα|ψ

0j 〉

ε0i − ε0j〈ψ0

j |]rβ|ψ0

i 〉+ 〈ψ0i |rβ

∞∑i=1i 6=j

[〈ψ0

j |V 1KSα|ψ

0i 〉

ε0i − ε0j|ψ0j 〉] ,

che riordinato permette di scrivere la (5.49) come

↔χ∞αβ = − 1

Ω∂2EDFT

GS ( ~E)∂Eα∂Eβ

=

= −2|e|Ω

N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

[〈ψ0

i |V 1KSα|ψ

0j 〉

ε0i − ε0j〈ψ0

j |rβ|ψ0i 〉+ 〈ψ0

i |rβ|ψ0j 〉〈ψ0

j |V 1KSα|ψ

0i 〉

ε0i − ε0j

] =

= −2|e|Ω

N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

[〈ψ0

i |V 1KSα|ψ

0j 〉

ε0i − ε0j〈ψ0

j |rβ|ψ0i 〉+ c.c.

] ,dove per brevità, il secondo termine è stato scritto come il complesso co-niugato del primo. In definitiva, tenendo presente che il sistema è un solido,il vettore d’onda degli stati di Bloch è un buon numero quantico e quindiconsiderando la sommatoria sui ~k ammessi si ha

↔χ∞αβ = − 1

Ω∂2EDFT

GS ( ~E)∂Eα∂Eβ

=

= −2|e|Ω

N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

∑|~k |<| ~kF ||~k ′|<| ~kF |

〈ψ0~k,i|V 1KSα |ψ

0~k′,j〉

ε0~k,i − ε0~k′,j

〈ψ0~k′,j|rβ|ψ0

~k,i〉+ c.c.

, (5.51)

Si è quindi spostata la dipendenza dalla perturbazione Eα del termine al pri-mo ordine delle funzioni d’onda sul potenziale perturbativo V 1

KSα , che agiscesu stati imperturbati. Come noto dalla (5.22) si ha

V 1KSα = V 1

Hα(~r ) + V 1XCα(~r ) + V 1

ext.α(~r ) = V 1HXCα(~r ) + V 1

ext.α(~r ).

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5.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme 165

In questo caso però la scrittura V 1ext.α(~r ) potrebbe essere fuorviante poiché la

dipendenza dal campo elettrico compare già all’interno del potenziale esternoV 0ext.α(~r ), ovvero deve considerarsi come il contributo che moltiplica il campo

elettrico stesso nella direzione α: |e|rα. Quindi si può scrivere

V 1KSα = V 1

HXCα(~r ) + |e|rα. (5.52)

Dato che per V 1HXCα(~r ) è sempre possibile fornire approssimazioni LDA o

RDA, tenendo presente la (5.52) l’oggetto interessante ai fini del calcolo della(5.51) è dato da

〈ψ0~k′,j|rγ|ψ0

~k,i〉 con γ = α, β, (5.53)

dove si sono esplicitate le funzioni d’onda di Bloch (con il rispettivo indi-ce di banda) delocalizzate su tutto lo spazio e normalizzabili con condizioniperiodiche al bordo. Il valor medio (5.53) risulta mal definito ed è quindi ne-cessario riscriverlo a meno dell’operatore pγ che applicato agli stati di Blochne restituisce il quasi-momento145. Inoltre, se ad esempio si considera la di-rezione γ = x, quando x tende all’infinito l’oggetto rγ|ψ0

~k,i〉 non risulta più

rappresentabile tramite una funzione periodica a meno di una fase e quindipuò uscire dallo spazio di Hilbert in cui è stata definita. Per ovviare a que-sto problema si sceglie di considerare il sistema come una macro molecolapoiché questa è caratterizzata da funzioni d’onda (molecolari) esponenzial-mente localizzate che quindi per x → ∞ non hanno alcuna divergenza perpoi prendere il limite di volume infinito e ricondurre il sistema ad un solido.Quello appena introdotto è un metodo molto rapido ma rende ben evidentile criticità che ci sono alla base di questa trattazione; per una procedura piùrigorosa si veda l’Esercitazione 4. In un sistema molecolare si ha

|ψ0~k,i〉 =⇒ |ψ0

i 〉,

sostituzione che permette di considerare il valor medio (5.53) come

〈ψ0j |rγ|ψ0

i 〉. (5.54)

145Per quanto riguarda i termini di Hartree e di scambio-correlazione non si hanno grandiproblemi poiché per il primo la carica si conserva in quanto il sistema ha un numero dielettroni fissato mentre per il secondo è sempre possibile considerare approssimazioni LDAo GGA che lo rendono ben definito.

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166 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Data H0KS esplicitata nella (5.21) si nota come l’operatore rγ communti con

il potenziale esterno ma non con il termine cinetico, di conseguenza si ha146[rγ, H

0KS

]= 1

2m[rγ, |~p |2

]= 1

2m2i~pγ = i~pγm

.

Quindi sapendo che vale l’equazione agli autovalori H0KS|ψ0

i 〉 = ε0i |ψ0i 〉 si ha

〈ψ0j |[rγ, H

0KS

]|ψ0i 〉 = 〈ψ0

j |rγH0KS|ψ0

i 〉 − 〈ψ0j |H0

KSrγ|ψ0i 〉 =

= ε0i 〈ψ0j |rγ|ψ0

i 〉 − ε0j〈ψ0j |rγ|ψ0

i 〉 =(ε0i − ε0j

)〈ψ0

j |rγ|ψ0i 〉.

Da quest’ultima espressione si ricava quindi la (5.54):(ε0i − ε0j

)〈ψ0

j |rγ|ψ0i 〉 = i~

m〈ψ0

j |pγ|ψ0i 〉,

ovvero〈ψ0

j |rγ|ψ0i 〉 = i~

m

〈ψ0j |pγ|ψ0

i 〉ε0i − ε0j

, (5.55)

espressa appunto in termini dell’operatore pγ come anticipatamente richiesto.Si evince chiaramente che la (5.55) ha senso solo se ε0i 6= ε0j che equivale allarichiesta di non degenerazione degli stati molecolari |ψ0

i 〉 e |ψ0j 〉. A questo

punto posso riportare tutto in notazione di Bloch, in cui appunto l’operatorepγ è diagonale, per passare dalla descrizione di una molecola a quella di unsolido:

〈ψ0~k′,j|rγ|ψ0

~k,i〉 = i~

m

〈ψ0~k′,j|pγ|ψ0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k′,j

, (5.56)

dove il valore medio ∫d3r ψ∗~k′,j(~r )pγψ~k,i(~r )

è svolto sulle N celle unitarie. Come già detto quindi lo stato

pγ|ψ0~k,i〉

146La relazione utilizzata è un caso particolare della più generale[rγ , p

]= ni~pn−1

γ = i~∂

∂pγpnγ ,

che deriva dalla ancor più generale

[rγ , F (rγ , pγ)] = i~∂

∂pγF (rγ , pγ).

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5.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme 167

rimane uno stato di Bloch con lo stesso quasi-momento ~~k poiché l’operatorepγ commuta con le traslazioni sul reticolo periodico. Quindi147

〈ψ0~k′,j|rγ|ψ0

~k,i〉 = i~

mδ~k ′,~k〈ψ0

~k′,j|pγ|ψ0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k′,j

.

Esplicitando l’espressione dello stato di Bloch in termini di onda piana efunzione periodica come

|ψ0~k,i〉 = ei

~k·~r√N|u0~k,i〉

e scrivendo l’espressione quantistica dell’operatore impulso si ha

pγei~k·~r√N|u0~k,i〉 = −i~∇γ

ei~k·~r√N|u0~k,i〉 = − i~√

N

(ikγe

i~k·~r|u0~k,i〉+ ei

~k·~r∇γ|u0~k,i〉)

=

= 1√Nei~k·~r(−i~∇γ + ~kγ)|u0

~k,i〉.

Quindi si ottiene

〈ψ0~k′,j|rγ|ψ0

~k,i〉 = i~

mNδ~k ′,~k〈u0

~k′,j|(−i~∇γ + ~kγ)|u0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

,

che è diversa da zero solo se ~k 6= ~k ′.Quindi riscrivendo per comodità pγ = −i~∇γ + ~kγ si ha

〈ψ0~k ′,j|rγ|ψ0

~k,i〉 = i~

mNδ~k ′,~k〈u0~k ′,j|pγ|u0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

. (5.57)

In maniera del tutto analoga si può scrivere

〈ψ0~k ′,j|V 1HXCγ |ψ

0~k,i〉 = 1

Nδ~k ′,~k〈u

0~k ′,j|V 1HXCγ |u

0~k,i〉, (5.58)

dove il termine 〈u0~k,j|V 1HXCγ |u

0~k,i〉 rimane incognito.

A questo punto si può tornare al calcolo del tensore ↔χαβ espresso tramite la147In realta dovrebbe comparire una

∑~G δ~k ′,~k+~G poiché i due vettori d’onda potrebbe-

ro appartenere anche a zone diverse. Per comodità si ipotizza che ~k ′ e ~k appartenganoalla stessa zona di Brillouin di modo tale da non dover sommare sui vettori del reticoloreciproco.

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168 5. Teoria della risposta lineare in DFT

(5.51) che viene riproposta di seguito:

↔χ∞αβ = −2|e|

Ω

N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

∑|~k |<| ~kF ||~k ′|<| ~kF |

〈ψ0~k,i|V 1KSα|ψ

0~k′,j〉

ε0~k,i − ε0~k′,j

〈ψ0~k′,j|rβ|ψ0

~k,i〉+ c.c.

.

Imponendo la (5.52) si ottiene↔χ∞αβ =

−2|e|Ω

N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

∑|~k |<| ~kF ||~k ′|<| ~kF |

〈ψ0~k,i|(V 1HXCα(~r ) + |e|rα

)|ψ0

~k′,j〉

ε0~k,i − ε0~k′,j

〈ψ0~k′,j|rβ|ψ0

~k,i〉+ c.c.

,

dove, per quanto già mostrato nell’espressione (5.29), l’indice i è sommatosolo sulle bande occupate o mentre l’indice j è sommato solo sulle bandevuote v. Siccome è sempre possibile definire un potenziale d’interazione ameno della carica elettrica |e|, ponendo V 1

HXCα = |e|V 1HXCα si ha

↔χ∞αβ =

−2|e|2Ω

N2∑i=1

∞∑j=1j 6=i

∑|~k |<| ~kF ||~k ′|<| ~kF |

〈ψ0~k,i|(V 1HXCα(~r ) + rα

)|ψ0

~k′,j〉

ε0~k,i − ε0~k′,j

〈ψ0~k′,j|rβ|ψ0

~k,i〉+ c.c.

,

che imponendo la (5.57) e la (5.58) diventa

↔χ∞αβ = −2e2

Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

∑|~k ′|<| ~kF |

1Nδ~k ′,~k·

·

〈u0~k,i|V 1HXCα(~r )|u0

~k ′,j〉+ i~

m

〈u0~k,i|pα|u0

~k ′,j〉

ε0~k,i−ε0~k ′,j

ε0~k,i − ε0~k ′,j

i~m〈u0~k ′,j|pβ|u0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

+ c.c.

.Si nota chiaramente che l’azione della δ~k ′,~k seleziona solo i termini con ~k ′ = ~k

e quindi il fattore ∑|~k ′|<| ~kF | 1N

= 1 permette di riscrivere

↔χ∞αβ = −2e2

Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

·

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5.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme 169

·

〈u0~k,i|V 1HXCα(~r )|u0

~k,j〉+ i~

m

〈u0~k,i|pα|u0

~k,j〉

ε0~k,i−ε0~k,j

ε0~k,i − ε0~k,j

i~m〈u0~k,j|pβ|u0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k,j

+ c.c.

.Infine passando dalla sommatoria all’integrale si può scrivere

↔χ∞αβ = −2e2

∫B.Z.

d3k

(2π)3

o,v∑i,j

·

·

〈u0

~k,j|V 1HXCα|u

0~k,i〉+ i~

m

〈u0~k,j|pα|u0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k,j

i~m〈u0~k,j|pβ|u0

~k,i〉(

ε0~k,i − ε0~k,j

)2 + c.c.

. (5.59)

Risulta evidente che il termine VHXCα è quello che non permette all’espressio-ne (5.59) di essere totalmente ben definita e per questo spesso vi si sostitui-scono valori numerici che negli isolanti portano ad avere correzioni dell’ordinedel 10-15%. Ovviamente qualora si disponga di un conto numerico non c’èragione di trascurare il contributo fornito da VHXCα ma risulta comunqueinteressante ottenere la ↔χ∞αα diagonale nel caso non interagente (VHXCα = 0).In questo caso il complesso coniugato coincide con il termine diretto e quindiinsieme forniscono un modulo quadro, ovvero si ha

↔χ∞n.i.

αα = 4(~em

)2 ∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

∞∑j=N

2 +1

|〈u0~k,j|pα|u0

~k,i〉|2

(ε0i − ε0j)3 (5.60)

che assume un valore finito, costante e positivo in un isolante. Si può giungereallo stesso risultato in maniera rigorosa nell’Esercitazione 4 da cui si evincechiaramente che negli isolanti esiste un gap energetico fra gli stati occupatie quelli vuoti148.

148Ovviamente tutto questo ragionamento è tale allo zero assoluto poiché a T → ∞ ladistribuzione di Fermi-Dirac definisce una probabilità non nulla di avere una buca nellabanda di valenza e un elettrone in quella di conduzione che appunto renderebbero il si-stema metallico, ovvero si avrebbe una costante dielettrica infinita. Questo spostamentoproduce una corrente di carica continua molto piccola quindi se la perturbazione in que-stione è statica, ovvero se fosse possibile aspettare un tempo infinito (caso ovviamenteideale), si avrebbe una corrente piccola, ma comunque finita, per un intervallo di tempoinfinito e quindi globalmente una corrente di carica infinita. Va da se che per energie digap dell’ordine di decine di eV si devono avere temperature ∼ 100000K che riescono agenerare una corrente di carica pressoché irrisoria mentre per energie di gap di circa 0.5 eVè possibile ottenere una corrente di carica misurabile lasciando perturbare il sistema perun tempo molto lungo (per qualche giorno).

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170 5. Teoria della risposta lineare in DFT

5.5.1 Derivata mista con il campo elettricoSe con λ si indica il parametro che descrive la posizione degli atomi allora

si avrà a che fare con una Hamiltoniana parametricaHλ per cui si ipotizza chela perturbazione non cambi tra una cella elementare e un’altra149. Ricordandola (5.3) per lo stato fondamentale si ha

∂ ~P (λ)∂λ

= − 1Ω∂2EDFT

GS

∂λ∂ ~E, (5.61)

dove come noto ~P (λ) è il vettore polarizzazione elettrica o dipolo elettricoper unità di volume. Se appunto il parametro λ descrive le posizioni atomichesi ritrova l’espressione (5.7) che studiata in spettroscopia infrarossa permettedi vedere come varia il dipolo elettrico per cella unitaria quando mutano leposizioni atomiche: il dipolo si accoppia con la luce infrarossa restituendopicchi fononici. Per quanto già discusso all’inizio della sezione 5.5 si puòconsiderare il teorema di Hellmann-Feynman in DFT (come già fatto perl’espressione (5.50)) e scrivere

∂2EDFTGS

∂λ∂ ~E= ∂

∂λ

2|e|N2∑i=1〈ψ0

i |~r |ψ0i 〉

,dove ovviamente non si ha un’altra derivata rispetto al campo elettrico bensìrispetto al parametro generico λ. In questo caso si è derivato una sola voltarispetto al campo elettrico e quindi si è preferito lasciare ~r in notazionevettoriale. Intuitivamente la derivata rispetto a λ coinvolge solo le funzionid’onda |ψ0

i 〉. Giunti a questo punto si sceglie di non esplicitare la derivatarispetto a λ dello stato |ψ0

i 〉 come fatto nella sezione 5.5, ovvero a meno deltermine dello stato perturbato al primo ordine dato dalla (5.24). Quindi siscrive

∂2EDFTGS

∂λ∂ ~E= 2|e|

N2∑i=1

∑|~k |<| ~kF |

[(∂

∂λ〈ψ0

~k,i|)~r |ψ0

~k,i〉+ 〈ψ0

~k,i|~r(∂

∂λ|ψ0~k,i〉)]

,

dove le funzioni d’onda sono già state considerate in notazione di Bloch. Nonavendo esplicitato la derivata in λ risulta assente la sommatoria sugli stativuoti indicati dagli indici ~k ′ e j. Per tener conto di questo si inserisce il

149Ad esempio un fonone che agisce sempre a centro zona.

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5.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme 171

proiettore (idempotente) Q sugli stati vuoti dato da

Q =∞∑

j=N2 +1

∑~k ′

|ψ0~k′,j〉〈ψ0

~k′,j|

ottenendo quindi

∂2EDFTGS

∂λ∂ ~E= 2|e|

N2∑i=1

∑|~k |<| ~kF |

[(∂

∂λ〈ψ0

~k,i|)Q~r |ψ0

~k,i〉+ 〈ψ0

~k,i|~r Q

(∂

∂λ|ψ0~k,i〉)]

.

Quindi la (5.61) diventa

∂ ~P (λ)∂λ

= −2|e|Ω

N2∑i=1

∑|~k |<| ~kF |

[(∂

∂λ〈ψ0

~k,i|)Q~r |ψ0

~k,i〉+ 〈ψ0

~k,i|~r Q

(∂

∂λ|ψ0~k,i〉)]

.

Esplicitando il proiettore Q si ha

∂ ~P (λ)∂λ

= −2|e|Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

∑|~k ′|<| ~kF |

·

·[(

∂λ〈ψ0

~k,i|)|ψ0~k ′,j〉〈ψ0

~k ′,j|~r |ψ0

~k,i〉+ 〈ψ0

~k,i|~r |ψ0

~k ′,j〉〈ψ0

~k ′,j|(∂

∂λ|ψ0~k,i〉)]

. (5.62)

Si noti che i valor medi dell’operatore ~r sono dati dalla (5.57) quindi si puòscrivere

〈ψ0~k ′,j|~r |ψ0

~k,i〉 = i~

mNδ~k ′,~k〈u0~k ′,j|~p |u0

~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

= i~mN

δ~k ′,~k〈u0~k ′,j|(−i~~∇+ ~~k

)|u0~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

.

(5.63)A questo punto si può mostrare che, data

H0KS = |~p |

2

2m + V 0KS = | − i~

~∇+ ~~k|2

2m + V 0KS

vale anche∂H0

KS

∂~k= 2| − i~~∇+ ~~k|

2m ~ = ~m| − i~~∇+ ~~k|. (5.64)

Quindi la (5.63) diventa

〈ψ0~k ′,j|~r |ψ0

~k,i〉 = i

Nδ~k ′,~k

〈u0~k ′,j|(∂H0

KS

∂~k

)|u0~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

. (5.65)

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172 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Il blocco al secondo membro ricorda molto l’espressione dello stato |ψ1i 〉 della

teoria perturbativa dato nell’espressione (5.24) (privo del termine in a). Perrendere esplicita questa somiglianza si scrive

〈u0~k ′,j|(∂H0

KS

∂~k

)|u0~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

|u0~k ′,j〉 = |u1

~k,i〉

e di conseguenza vale

〈u0~k ′,j|〈u0~k ′,j|(∂H0

KS

∂~k

)|u0~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

|u0~k ′,j〉 =〈u0~k ′,j|(∂H0

KS

∂~k

)|u0~k,i〉

ε0~k,i − ε0~k ′,j

= 〈u0~k ′,j|u1~k,i〉.

In questo caso però si ha ∂H0KS

∂~kal posto di H1

KS ma, data l’espressione (5.64),si può pensare di considerare proprio il vettore d’onda ~k alla stregua di unparametro perturbativo, in tal senso quindi la (5.65) si può riscrivere ancoracome

〈ψ0~k ′,j|~r |ψ0

~k,i〉 = i

Nδ~k ′,~k〈u

~k=0~k ′,j|u~k=1~k,i〉 = i

Nδ~k ′,~k〈u

~k=0~k ′,j|(∂

∂~k|u~k~k,i〉

) ∣∣∣~k=0

=

= i

Nδ~k ′,~k〈u

0~k ′,j|(∂

∂~k|u0~k,i〉)

(5.66)

e〈ψ0

~k,i|~r |ψ0

~k ′,j〉 = − i

Nδ~k ′,~k〈u

0~k ′,j|(∂

∂~k|u0~k,i〉), (5.67)

poiché si ha a che fare con un immaginario puro; si noti che si è consideratala consueta notazione150 data dalle identità (5.17). Riscrivendo la (5.62) siha

∂ ~P (λ)∂λ

= −2|e|Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

∑|~k ′|<| ~kF |

·

·[(

∂λ〈ψ0

~k,i|)|ψ0~k ′,j〉〈ψ0

~k ′,j|~r |ψ0

~k,i〉+ 〈ψ0

~k,i|~r |ψ0

~k ′,j〉〈ψ0

~k ′,j|(∂

∂λ|ψ0~k,i〉)]

.

Sostituendovi poi la (5.66) e la (5.67) si ottiene

∂ ~P (λ)∂λ

= −2i|e|Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

∑|~k ′|<| ~kF |

1Nδ~k ′,~k·

150Questa notazione è tale per ~k considerato come parametro perturbativo ed è evidentedirettamente dal fatto che si esplicita proprio una derivata rispetto a ~k.

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5.5 Risposta ad un campo elettrico uniforme 173

·[(

∂λ〈ψ0

~k,i|)|ψ0~k ′,j〉〈u0

~k ′,j|(∂

∂~k|u0~k,i〉)−(∂

∂~k〈u0~k,i|)|u0~k ′,j〉〈ψ0

~k ′,j|(∂

∂λ|ψ0~k,i〉)]

.

Scrivendo gli stati di Bloch rimanenti in termini delle funzioni d’onda perio-diche gli esponenziali si semplificano e si ottiene semplicemente un fattore i

N

per entrambi i termini della sottrazione, raccogliendolo si ha

∂ ~P (λ)∂λ

= −2i|e|Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

∑|~k ′|<| ~kF |

1Nδ~k ′,~k·

·[(

∂λ〈u0~k,i|)|u0~k ′,j〉〈u0

~k ′,j|(∂

∂~k|u0~k,i〉)−(∂

∂~k〈u0~k,i|)|u0~k ′,j〉〈u0

~k ′,j|(∂

∂λ|u0~k,i〉)]

,

da cui semplificando la sommatoria in ~k ′ con il fattore 1N

per via della δ~k ′,~ksi ricava

∂ ~P (λ)∂λ

= −2i|e|Ω

o,v∑i,j

∑|~k |<| ~kF |

·

·[(

∂λ〈u0~k,i|)|u0~k,j〉〈u0

~k,j|(∂

∂~k|u0~k,i〉)−(∂

∂~k〈u0~k,i|)|u0~k,j〉〈u0

~k,j|(∂

∂λ|u0~k,i〉)]

.

Per semplificare i calcoli è opportuno togliere la sommatoria sugli stati vuotirendendo nuovamente implicito il proiettore Q, ovvero considerandolo come

Q =∞∑

j=N2 +1

|u0~k,j〉〈u0

~k,j| = I−

N2∑i=1|u0~k,i〉〈u0

~k,i| = I− P

A questo punto si ha

∂ ~P (λ)∂λ

= −2i|e|Ω

o∑i

∑|~k |<| ~kF |

·

·

∂〈u0~k,i|

∂λ(I− |u0

~k,i〉〈u0

~k,i|)∂|u0

~k,i〉

∂~k−∂〈u0

~k,i|

∂~k(I− |u0

~k,i〉〈u0

~k,i|)∂|u0

~k,i〉

∂λ

.Passando dalla sommatoria su ~k all’integrale in d3k si ottiene

∂ ~P (λ)∂λ

= −2i|e|Ω

o∑i

Ω∫B.Z.

d3k

(2π)3 ·

·

∂〈u0~k,i|

∂λ(I− |u0

~k,i〉〈u0

~k,i|)∂|u0

~k,i〉

∂~k−∂〈u0

~k,i|

∂~k(I− |u0

~k,i〉〈u0

~k,i|)∂|u0

~k,i〉

∂λ

. (5.68)

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174 5. Teoria della risposta lineare in DFT

Esplicitando l’espressione all’interno delle parentesi quadre della (5.68) si ha

∂〈u0~k,i|

∂λ

∂|u0~k,i〉

∂~k−

∂〈u0~k,i|

∂λ|u0~k,i〉

〈u0~k,i|∂|u0

~k,i〉

∂~k

−−∂〈u0

~k,i|

∂~k

∂|u0~k,i〉

∂λ+∂〈u0

~k,i|

∂~k|u0~k,i〉

〈u0~k,i|∂|u0

~k,i〉

∂λ

. (5.69)

Ricordando che nella teoria delle perturbazioni generalizzata è presente untermine immaginario puro (che di norma viene posto uguale a zero, ma nonin questo caso) che è tale da essere scritto come visto nell’espressione (5.26),ossia

iaλ = 〈u0~k,i|

∂|u0~k,i〉

∂λ

con aλ ∈ R,

si può pensare di definire per analogia

ia~k = 〈u0

~k,i|

∂|u0~k,i〉

∂~k

con a~k ∈ R.

Sostituendo queste due definizioni all’interno della (5.69) si ha

∂〈u0~k,i|

∂λ

∂|u0~k,i〉

∂~k−[(−iaλ

) (ia~k)]−∂〈u0

~k,i|

∂~k

∂|u0~k,i〉

∂λ+[(−ia~k

) (iaλ)]

=

=∂〈u0

~k,i|

∂λ

∂|u0~k,i〉

∂~k− aλa~k −

∂〈u0~k,i|

∂~k

∂|u0~k,i〉

∂λ+ a

~kaλ =

=∂〈u0

~k,i|

∂λ

∂|u0~k,i〉

∂~k−∂〈u0

~k,i|

∂~k

∂|u0~k,i〉

∂λ.

Si noti che non si è potuto porre direttamente a~k uguale a zero poiché, comesi vedrà nel capitolo seguente, l’integrale di questo oggetto definisce la fasedi Berry.Riscrivendo questa espressione all’interno della (5.68) si giunge infine a

∂ ~P (λ)∂λ

= −2i|e|o∑i

∫B.Z.

d3k

(2π)3

∂〈u0~k,i|

∂λ

∂|u0~k,i〉

∂~k−∂〈u0

~k,i|

∂~k

∂|u0~k,i〉

∂λ

,ovvero

∂ ~P (λ)∂λ

= 2i|e|o∑i

∫B.Z.

d3k

(2π)3

∂〈u0~k,i|

∂~k

∂|u0~k,i〉

∂λ−∂〈u0

~k,i|

∂λ

∂|u0~k,i〉

∂~k

. (5.70)

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Capitolo 6

Polarizzazione spontanea e fasedi Berry

La polarizzazione elettrica spontanea riveste un ruolo di primo piano al-l’interno della fisica dello stato solido. Alcuni materiali hanno infatti un mo-mento di dipolo elettrico permanente anche in assenza di un campo elettricoesterno: questi materiali sono detti ferroelettrici. La ferroelettricità151 è unfenomeno simile al ferromagnetismo, infatti entrambi sono dovuti ad una rot-tura spontanea di simmetria, in particolare la prima è legata allo spostamentodegli atomi all’interno del reticolo, che genera a sua volta uno spostamentodi carica tale da creare appunto un dipolo permanente nella cella unitaria,mentre il secondo riguarda lo spin degli elettroni e quindi la rottura del-la time-reversal simmetry. Trai materiali ferroelettrici più noti si trovano leperovskiti152, ovvero ossidi di sintesi che hanno struttura ABO3 come il Ti-tanato di Bario (BaTiO3), simile a quella dell’ossido naturale perovskite,dove l’elemento A in genere è un metallo alcalino terroso (Calcio, Magnesio,Bario, Lantanio, Stronzio), mentre l’elemento B è più spesso un metallo ditransizione (Cobalto, Titanio, Manganese, Silicio).

151Come anticipato nel corso delle dispense ci si sofferma nel dettaglio sulla descrizionedi fenomeni elettrici e si delega al lettore l’approfondimento degli analoghi magnetici.

152Recentemente le perovskiti hanno ricevuto molto interesse dalla comunità internazio-nale in seguito all’impiego di particolari materiali con struttura perovskitica in pannellifotovoltaici di terza generazione.

175

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176 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

6.1 FerroelettricitàIn figura 6.1 è descritto un semplice apparato sperimentale attraverso

il quale è possibile misurare la polarizzazione spontanea (~P0 ≡ ~P ( ~E = 0)).Inserendo un materiale ferroelettrico all’interno di un condensatore a placchepiane, entrambe di superficie A, e applicando una differenza di potenziale∆V = V1− V2 ai capi del condensatore stesso è possibile generare una caricalibera sulle placche, rispettivamente pari a +Q e −Q. Misurando la corrente(tramite un amperometro) che scorre partendo dalle placche del condensatoree che poi transita nel materiale si ricava (in unità CGS)

Figura 6.1: Circuito per la misura del ciclo d’isteresi della polarizzazione elettrica.

Ex = ∆VL

=⇒ Px = Q

A− ∆V

4πL,

dove L è la distanza fra le placche del condensatore. Quindi dal valore di ∆Vfornito e dalla misura di Q si riesce a dedurre il valore del campo elettricoe di conseguenza della polarizzazione, scelti lungo una direzione privilegiataindicata con x. La carica deriva dalla misura della corrente infatti come notosi ha

Q =∫ t

t0dt′I(t′),

dove t0 indica il tempo in cui il condensatore è completamente scarico. Unasemplice misura di questo tipo permette di ricavare il ciclo d’isteresi del-la polarizzazione elettrica nei materiali ferroelettrici mostrato in figura 6.2.Un comune dielettrico si dice avere un comportamente paraelettrico quandoPx = xEx, ovvero quando la polarizzazione è lineare nel campo elettrico; perquesti materiali si hanno costanti dielettriche relative εr = 4πχ ' 5-10. Iferroelettrici mostrano invece una saturazione di polarizzazione PxS , per un

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6.1 Ferroelettricità 177

Figura 6.2: Ciclo d’isteresi della polarizzazione elettrica. A sinistra si ha l’andamento della polarizzazioneper un normale materiale dielettrico, a destra invece quello per un materiale ferroelettrico.

campo elettrico elevato (per BaTiO3 PS = 0, 26 Cm2 a 23C) e una polariz-

zazione residua PxR , che è il valore mantenuto quando Ex = 0; si noti cheper ridurre la polarizzazione a zero occorre applicare un campo elettrico indirezione opposta rispetto a quella del campo elettrico esterno. I materialiferroelettrici presentano diversi domini153 che in figura 6.2 sono indicati conle lettere dell’alfabeto dalla A alla F. Inizialmente i domini sono orientatiin maniera casuale e quindi la polarizzazione globale macroscopica154 è nulla(A), successivamente all’applicazione del campo elettrico esterno, in B e poiin C, si arriva ad un monodominio ferroelettrico di saturazione. Passandoper un punto D in cui i domini sono nuovamente disposti in maniera caoticasi arriva in E dove il monodominio presente è orientato nel verso opposto aquello dato dal campo elettrico esterno. Infine in F l’orientamento dei dominisegue quello visto in A e il ciclo d’isteresi ricomincia. Si vede chiaramente chenei punti C ed F, entrambi a Ex = 0, si ha una polarizzazione non nulla e inparticolare la polarizzazione PxR introdotta prima è proprio la polarizzazio-ne spontanea: PxR = Px(Ex = 0) = Px0 . In questi due punti i ferroelettricisono dei materiali estremamente interessanti dal punto di vista topologico inquanto hanno una funzione di risposta enorme (la derivata rispetto al campoelettrico esterno è molto più grande in confronto a quella valutata nei mate-riali paraelettrici).Per un materiale dielettrico la dipendenza della suscettività elettrica χ dalla

153I domini in questione sono definiti in maniera del tutto analoga ai domini di Weiss nelferromagnetismo. Si tratta infatti di piccole aree nella struttura cristallina di un materialeferroelettrico, i cui grani hanno un’orientazione elettrica ben definita.

154A livello microscopico ci sono diversi contributi finiti di ~P ma sono orientati in modorandom quindi la loro media globale restituisce un risultato nullo.

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178 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

temperatura T è simile a quella per la suscettività magnetica (legge di Curie):

χ = C

T, (6.1)

dove C è la costante di Curie155. I materiali ferroelettrici invece presentano un

Figura 6.3: Legge di Curie-Weiss per il PbT iO3.

massimo per la permittività elettrica in corrispondenza di una temperaturaTC ; per valori di T > TC la polarizzazione risulta distorta per effetto dellevibrazioni termiche e la suscettività elettrica obbedisce alla legge di Curie-Weiss (figura 6.3):

χ = C

T − TC, (6.2)

dove TC prende il nome di temperatura di Curie e varia a seconda del mate-riale. Risulta opportuno segnalare che tutti i materiali ferroelettrici mostra-

155Tale costante è definita come

C = µ2B

3kBNg2J(J + 1),

dove N è il numero di atomi che contribuiscono al magnetismo per volume unitario, g è ilfattore di Landé, µB è il magnetone di Bohr, J è il numero quantico del momento angolaretotale e kB è la costante di Boltzmann.

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6.1 Ferroelettricità 179

Figura 6.4: Classi dielettriche. I ferroelettrici risultano essere una sottoclasse tanto dei piezoelettrici quan-to dei piroelettrici, in altri termini tutti i materiali ferroelettrici sono anche piroelettrici epiezoelettrici e tutti i piroelettrici sono anche piezoelettrici. Solo per alcuni materiali valgonole affermazioni inverse.

no anche un comportamento piroelettrico156 e piezoelettrico157 (figura 6.4).Attraverso transizioni di fase dipendenti dalla temperatura molti materialiferroelettrici diventano piezoelettrici e hanno quindi una polarizzazione di-pendente dalla pressione che agisce sul materiale stesso; in virtù di questaproprietà molti di questi materiali vengono utilizzati come isolanti molto finiall’interno di circuiti elettrici, come isolanti termici o per realizzare sonar.

156La piroelettricità è il fenomeno per cui si forma un temporaneo accumulo di caricheelettriche di segno opposto sulle facce opposte di determinati cristalli in risposta ad uncambiamento di temperatura. L’accumulo avviene su facce ortogonali rispetto ad un asse disimmetria noto come asse termico. Esistono due tipi di piroelettricità: quella primaria che siottiene riscaldando il cristallo impedendone però la dilatazione termica e quella secondariache si ottiene riscaldando il cristallo senza impedirne la dilatazione termica. Esiste ancheuna piroelettricità inversa che consiste nell’applicare una differenza di potenziale al cristalloper ottenere una variazione di temperatura del cristallo stesso.

157La piezoelettricità è la proprietà di alcuni materiali cristallini di polarizzarsi gene-rando una differenza di potenziale quando sono soggetti a una deformazione meccanica(effetto piezoelettrico diretto) e al tempo stesso di deformarsi in maniera elastica quandosono sottoposti ad una tensione elettrica (effetto piezoelettrico inverso o effetto Lippmann).Tale fenomeno si manifesta solo lungo una determinata direzione e le deformazioni a essoassociate sono dell’ordine del nanometro.

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180 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

Un materiale piezoelettrico deve rispettare la relazione

∂ ~P0

∂V6= 0,

ovvero comprimendo il sistema (variando il volume) si deve ottenere unamobilità dei domini che quindi fa si che vi sia una variazione finita dellapolarizzazione elettrica. Si noti che i piezoelettrici non hanno il ciclo d’iste-resi visto in figura 6.2. Uno dei materiali piezoelettrici più usati per generareun campo elettrico a partire da una compressione (o viceversa) è il Quarzo,elemento che si trova come componente degli "isolatori al Quarzo" presen-ti negli orologi; questi isolano in modo quasi perfetto proprio perché se unmateriale ha una polarizzazione spontanea non nulla deformandolo plasti-camente la polarizzazione subisce una variazione che a sua volta riduce lecariche elettriche.

6.2 Problema della polarizzazionePer studiare come sia possibile generare una polarizzazione spontanea,

come già anticipato, è necessario un sistema per il quale non vi sia simmetriaper inversione delle posizioni degli atomi all’interno del reticolo. Si consideri

Figura 6.5: Reticolo di molecole di monossido di Carbonio.

il sistema in figura 6.5 composto da molecole di Monossido di Carbonio (CO)

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6.2 Problema della polarizzazione 181

caratterizzate da un legame triplo e da un dipolo microscopico ~d dovuto al-la differenza di carica relativa sui due atomi (+2 per il Carbonio e −2 perl’ossigeno). Ovviamente la figura 6.5 è soltanto una delle rappresentazionipossibile del reticolo infatti è lecito scegliere una diversa cella unitaria (inrosso in figura 6.5) per la quale le posizioni delle cariche relative sono inverti-te e quindi si avrebbe un dipolo ~d ′ diretto in verso opposto rispetto a quelloappena considerato ed eventualmente anche con modulo diverso. Questo ap-proccio, dovuto a Feynman, è quindi palesemente sbagliato poiché conducea due diverse definizioni della polarizzazione elettrica:

~P =~d

Ω 6= 0 e ~P ′ =~d ′

Ω 6= 0 con ~P 6= ~P ′ poiché ~d 6= ~d ′, (6.3)

dove Ω è il volume della cella unitaria.Nel seguito di questa sezione si cercherà di conciliare queste due definizioni,entrambe apparentemente giuste ma contrastanti e si mostrerà che il momen-to di dipolo per unità di volume della cella unitaria è una proprietà intrinsecadi un solido isolante.

6.2.1 Interpretazione classicaSi consideri per semplicità il solido periodico unidimensionale con tre ato-

mi per cella in figura 6.6 in cui le cariche elettroniche sono fisse e quantizzate(multipli della carica elementare |e|). Data una possibile scelta della cella

Figura 6.6: Polarizzazione elettrica classica in un solido periodico unidimensionale.

unitaria di volume Ω = L e date le cariche −|e| e +2|e| rispettivamente pergli elettroni e per i cationi allora si può valutare la polarizzazione come già

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182 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

visto nella (6.3):

~P = Px = 1L

[|e|∑I

ZIxI − |e|∑i

xi

](6.4)

dove l’indice i rappresenta gli elettroni all’interno della cella elementare men-tre l’indice I rappresenta gli ioni. ZI è la carica dello ione I-esimo e Ω è ilvolume della cella elementare. Muovendo l’origine della cella unitaria de-scritta in figura 6.6, l’elettrone (rosso) esce da una parte ed entra nell’altrafacendo si che il dipolo ~d = dx sia tale che

d→ d+ |e|L =⇒ P → P + |e|LL

= P + e,

poiché vale P = dL. Quindi in una dimensione per cariche elettroniche quan-

tizzate, fisse e puntiformi, la polarizzazione è definita a meno di un quanto dicarica, ovvero a meno di |e|. In tal senso è possibile riscrivere la polarizzazionestessa come

~P = Px = P0 + n|e| con n intero,

che si traduce nel grafico a "gradini" in figura 6.6. Ampliando il ragionamentoal caso tridimensionale è possibile mostrare che un salto della cella unitariacomporta un salto di un quanto di carica per la polarizzazione, ovvero in 3Dsi ha

~P = ~P0 +~R

Ω |e|, (6.5)

con ~R vettore del reticolo diretto.Questa definizione, in linea con l’approccio di Feynmann, non crea problemipoiché permette di riprodurre misure sperimentali in quanto negli esperimentil’oggetto misurato è sempre la differenza di polarizzazione ∆~P e quindi ilquanto di carica arbitrario si semplifica sempre. Per mostrare che questo èvero si consideri nuovamente l’esperimento discusso in figura 6.1, in cui peròsi decide di far dipendere la polarizzazione da un paramentro λ che può esserecontrollato dalla pressione, dal campo elettrico, dal diavoletto di Maxwell158

158Il Maxwell demon è una congettura mentale ideata da James Clerk Maxwell circa lapossibilità teorica di un congegno capace di agire a scala microscopica su singole particelleallo scopo di produrre una violazione macroscopica del secondo principio della termodi-namica. In questo modo potrebbe produrre una variazione di temperatura tra due corpisenza alcuna spesa di energia.

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6.2 Problema della polarizzazione 183

o dalla temperatura (piroelettricità). Se si misura la corrente al variare di λsi ha

I(t) = n · d~P (λ)dt

= n · d~P (λ)dλ

dt,

dove n rappresenta il versore normale alla superficie delle placche del con-densatore. Ipotizzando che la variazione del parametro λ sia avvenuta da unostato iniziale ad uno finale, rispettivamente descritti da λi e λf , integrandomembro a membro l’espressione precedente si ottiene∫ tf

tiI(t)dt = n·

∫ tf

ti

dtdt∫ λf

λi

d~P (λ)dλ

= n·∫ λf

λi

d~P (λ)dλ

dλ = n· [ ~P (λf )− ~P (λi)],(6.6)

ovvero integrare la corrente nell’intervallo di tempo in questione equivale aricavare una differenza di polarizzazione. In questo caso la polarizzazione èdefinita dalla (6.5) che con la dipendenza da λ diventa

~P (λ) = ~P0(λ) +~R

Ω |e|,

quindi, qualora ~R rappresenti effettivamente un salto reticolare, la funzione~P (λ) avrebbe una discontinuità e quindi la sua derivata sarebbe infinita, etale sarebbe anche la corrente. Di conseguenza lo spostamente dell’originedella cella unitaria deve essere tale da non far variare il quanto reticolare ~Rdurante la perturbazione che, pur essendo arbitrario, deve appunto essere in-dipendente dal tempo per evitare la presenza di correnti infinite (idealmenterealizzabili solo in metalli perfetti). Quanto appena detto si traduce nella ri-chiesta che il sistema rimanga sempre isolante durante tutta la perturbazionema questo era già deducibile dall’espressione (6.4) che appunto descrive elet-troni e ioni fissi (definizione di materiale isolante) e quindi rende senz’altropossibile definire una polarizzazione elettrica ~P .

6.2.2 Interpretazione quantisticaSi consideri la figura 6.7 in cui il solido periodico unidimensionale differisce

da quello discusso nel paragrafo precedente poiché le cariche elettronichequantizzate sono sostituite da una distribuzione dovuta a cariche elettronichedelocalizzate. In questo caso la polarizzazione è data da

~P = Px = 1L

[|e|∑I

ZIxI − |e|∫Ldxρ(x)

](6.7)

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184 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

il cui analogo tridimensionale è

~P = 1Ω

[|e|∑I

ZI~rI − |e|∫

Ωd3rρ(~r )

],

dove la ρ(~r ) descrive appunto cariche elettroniche puntiformi ma delocaliz-zate. Dal grafico della polarizzazione in figura 6.7 si nota un salto ogni qualvolta che lo spostamento dell’origine della cella unitaria incontra uno ione;tale salto somiglia molto a quello che si aveva nel caso precedente discretoe quantizzato. Tra un salto e l’altro però si hanno valori arbitrari compre-

Figura 6.7: Polarizzazione elettrica quantistica in un solido periodico unidimensionale.

si tra il massimo e il minimo di ~P (in base a dove si sceglie l’origine dellacella unitaria) dovuti alla densità elettronica e quindi dato un valore dellapolarizzazione è sempre possibile trovare una cella unitaria che permetta diricavarlo.In questo caso quindi la polarizzazione è definita come una quantità arbi-traria e ovviamente non risulta riproducibile da una misura sperimentale.Infatti l’espressione (6.5) non è valida dal punto di vista quantistico poichéla densità di carica elettronica rende il sistema continuo e quindi facendo va-riare il quanto di carica con continuità e in maniera arbitrariamente piccolala polarizzazione non risulterebbe definita in maniera univoca.Inoltre, contrariamente al caso precedente, non è possibile definire se l’e-spressione (6.7) descriva un sistema isolante o un sistema metallico. Questogenera ulteriori criticità nella risoluzione del problema poiché come noto inun metallo non è possibile definire la polarizzazione elettrica ~P : se si compri-mono le placche del condensatore in figura 6.1 si può far scorrere corrente in

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6.3 Soluzione del problema della polarizzazione 185

entrambe le direzioni e questo farebbe andare il metallo in cortocircuito.Quindi anche se il grafico in figura 6.7 riflette ciò che realmente accade inun sistema con cariche elettroniche delocalizzate, questo non è sufficiente perdescrivere il problema ed è quindi necessaria un’informazione aggiuntiva.

6.3 Soluzione del problema della polarizza-zione

Per risolvere le criticità che contraddistinguono il caso quantistico è pos-sibile ricondurre tale trattazione a quella descritta nel caso classico che èstato introdotto proprio a tal proposito, pur non essendo ciò che si verificarealmente da un punto di vista sperimentale. Il problema legato alla naturaquantistica degli elettroni fu risolto dall’articolo "Phys. Rev. B 47, 1651(R)(15 January 1993)" dal titolo Theory of polarization of crystalline solids di R.D. King-Smith e D. Vanderbilt159 i cui risultati vengono proposti e discussidi seguito. Riprendendo l’espressione (6.6) si ha

∫ λf

λi

d~P (λ)dλ

dλ = ~P (λf )− ~P (λi) (6.8)

e ci si può ricordare che l’oggetto d~P (λ)dλ

è già stato calcolato in risposta lineare;in tale approssimazione ha un’espressione esplicita ben definita se il sistemaè un isolante, quindi si può dimostrare (lo si vedrà più avanti) che vale

~P (λf )− ~P (λi) = F[ψλf~k,i

]− F

[ψλi~k,i

], (6.9)

dove il funzionale esplicito delle funzioni di Bloch F [·] prende il nome di fa-se di Berry. Questa espressione, come già anticipato, è calcolabile solo se ilsistema è sempre isolante lungo il percorso d’integrazione in λ tuttavia se sipresentassero regioni in cui il sistema assume un comportamento metallicosi vedrà che sarà possibile evitare tali regioni attraverso delle opportune tec-niche matematiche.L’aspetto senz’altro più interessante della (6.9) risiede nel fatto che l’integra-le della derivata della polarizzazione rispetto a λ non dipende in alcun mododal percorso scelto (quindi non dipende dalle funzioni d’onda degli stati a λ

159David Vanderbilt è docente alla Rutgers University ed è attivo nel campo di ricerca difisica della materia condensata. Nel 2013 è stato eletto nella National Academy of Science.

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186 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

intermedi) ma solo dagli estremi.Per poter risolvere quest’integrale è necessario definire formalmente la fasedi Berry.

6.4 Fase di Berry

Numerose evidenze riguardanti la fase di Berry vennero riscontrate ancheprima della pubblicazione dell’articolo "Proc. R. Soc. Lond. A 392, 45-57 (08March 1984)" dal titolo Quantal phase factors accompanying adiabatic chan-ges di M. V. Berry160 stesso. Per una più rapida comprensione del fenomenoin questa sezione si farà riferimento al review article "Journal of Physics:Condensed Matter, Volume 12, Number 9 (6 March 2000) (L191-198, R107-144, 1959-2134)" dal titolo Manifestations of Berry’s phase in molecules andcondensed matter di R. Resta161 i cui risultati si rifanno in larga parte al-l’articolo degli stessi King-Smith e Vanderbilt. I conti sviluppati da Restaprevedevano un’integrazione numerica su un elevato numero di intervalli in λcompresi tra λi e λf ignorando la possibilità di poterli sostituire con l’utilizzodella fase di Berry che rappresenta un oggetto di natura più generale ma checompare ogni volta che si ha a che fare con orbite su sistemi descritti da unaHamiltoniana parametrica.La definizione formale della fase di Berry è la seguente: la fase di Berry cor-risponde ad un’osservabile fisica non riconducibile al valore di aspettazionedi un operatore162.Si consideri un sistema descritto da una Hamiltoniana dipendente da ungenerico parametro multidimensionale ~η

H~ηii=1,2,...,N,

160Michael Victor Berry è un fisico e matematico britannico, docente di fisica matematicaall’Università di Bristol. È specializzato in fisica semiclassica (fisica asintotica, caos quan-tistico), applicata ai fenomeni ondulatori in meccanica quantistica. Membro della RoyalSociety di Londra dal 1982, ha ricevuto l’investitura del cavalierato nel 1996. Dal 2006 èredattore della pubblicazione Proceedings of the Royal Society.

161Raffaele Resta è Professore ordinario all’Università di Trieste in cui tiene il corso di"Introduzione alla Fisica della Materia” per il terzo anno di laurea triennale. Nel 2010 èstato selezionato come "Outstanding Referee" dalla American Physical Society.

162Proprio grazie a questa definizione si inizia a intravedere la stretta connessione fra lafase di Berry e la polarizzazione spontanea.

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6.4 Fase di Berry 187

dove ~η come al solito può rappresentare le coordinate dei nuclei in appros-simazione Born–Oppenheimer, i parametri reticolari, campi esterni o ancheuna dipendenza parametrica della parte periodica delle funzioni di Bloch dalvettore d’onda ~k. Sia

|ψ~η〉GS ≡ |ψ~η〉

il ground state non degenere di tale sistema, allora se si analizza il primocaso non triviale, ovvero quello descritto da ~η = (ηx, ηy) bidimensionale, ilgenerico stato descritto dal parametro sarà un punto appartenente al pianocartesiano in figura 6.8. Se si considerano quindi N = 4 punti nel piano

Figura 6.8: Insieme di possibili parametri di una generica Hamiltoniana.

(ηx, ηy) a ciascuno di questi è possibile associare una funzione d’onda dellostato fondamentale non degenere.

6.4.1 Fase di Berry discretaLa differenza di fase tra due stati parametrizzati |ψ~η1〉 e |ψ~η2〉 del ground

state del sistema è definita come∆ϕ12 = −Im [ln (〈ψ~η1|ψ~η2〉)]e−i∆ϕ12 = 〈ψ~η1 |ψ~η2 〉

|〈ψ~η1 |ψ~η2 〉|(6.10)

ed è effettivamente una differenza di fase163 poiché se a ∈ R e ϕ ∈ R vale

ln(aeiϕ

)= ln(a) + iϕ,

163Il segno meno è puramente convenzionale.

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188 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

dove deve valere a > 0 per avere un logaritmo ben definito; quindi prenderela parte immaginaria di un logaritmo di un prodotto tra due funzioni d’ondavuol dire ricavare la differenza di fase tra le funzioni d’onda stesse. Siccomein notazione complessa e2π+ϕ′ = eϕ si sceglie di considerare un branch cuttale per cui la fase sia ϕ ∈ [−π, π]. La differenza di fase definita dalla (6.10)non è osservabile poiché la funzione d’onda è definita a meno di una fasearbitraria e se si considera la trasformazione di gauge

|ψ′~η2〉 = eib2|ψ~η2〉 con b2 ∈ R

si ha

∆ϕ′12 = −Im[ln(〈ψ~η1|eib2|ψ~η2〉

)]= −Im [ln (〈ψ~η1|ψ~η2〉) + ib2] = ∆ϕ12 − b2.

Quindi la differenza di fase non è definita in maniera univoca e per questonon è un’osservabile fisica. A questo punto può essere interessante calcolarela differenza di fase lungo il ciclo chiuso descritto in figura 6.8, in questomodo si può dimostrare che la differenza di fase

ϕ = ∆ϕ12 + ∆ϕ23 + ∆ϕ34 + ∆ϕ41 (6.11)

è osservabile. Applicando infatti la stessa trasformazione di gauge utilizzataprima a tutte le ∆ϕi,i+1 si ha

ϕ′ = −Im[ln(〈ψ′~η1|ψ

′~η2〉)]− Im

[ln(〈ψ′~η2|ψ

′~η3〉)]−

−Im[ln(〈ψ′~η3 |ψ

′~η4〉)]− Im

[ln(〈ψ′~η4 |ψ

′~η1〉)]

=

= −Im[

ln(〈ψ~η1|ψ~η2〉ei(b2−b1)〈ψ~η2 |ψ~η3〉ei(b3−b2)·

·〈ψ~η3 |ψ~η4〉ei(b4−b3)〈ψ~η4|ψ~η1〉ei(b1−b4))].

Facendo agire il logaritmo sugli esponenziali complessi e utilizzando nuova-mente la proprietà del logaritmo di un prodotto si ottiene

ϕ′ = −Im

[i(b2 − b1) + i(b3 − b2) + i(b4 − b1) + i(b1 − b4)] ·

· ln[ 4∏i=1〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉

].

Siccome i termini in bi si semplificano a vicenda rimane

ϕ′ = −Im[ln( 4∏i=1〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉

)]= ∆ϕ12 + ∆ϕ23 + ∆ϕ34 + ∆ϕ41 = ϕ.

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6.4 Fase di Berry 189

Quindi ϕ, che è proprio la fase di Berry discreta, è definita in maniera uni-voca e per questo è un’osservabile fisica.Generalizzando il procedimento per infiniti stati (vicini nello spazio dei para-metri), ovvero passando al limite continuo, è possibile ricavare l’espressioneformale della fase di Berry.

6.4.2 Fase di Berry continuaSi vuole ottenere la fase di Berry continua come limite di N → ∞ dei

punti ~ηi (con i = 1, 2, ..., N) discreti che decorano il percorso d’integrazionevisto in figura 6.8. Per considerare un loop chiuso si deve identificare ~ηN ≡ ~η1

e di conseguenza anche|ψ~ηN 〉 ≡ |ψ~η1〉

grazie ai quali si è definito il percorso come periodico nello spazio dei para-metri164. Il limite continuo si ottiene come

ϕ = limN→∞

N∑i=1

∆ϕi,i+1 = limN→∞

N∑i=1

[−Im

ln(〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉

)]≡∮Cdϕ, (6.12)

dove il limite deve essere tale che ∀i, |~ηi+1 − ~ηi| → 0. La definizione formaleconsiste nell’indicare con C il percorso chiuso su cui svolgere l’integrale para-metrico come limite della sommatoria. Si noti che siccome le singole fasi sonoancora arbitrarie la differenza di fase tra due punti può essere arbitrariamen-te grande anche se la Hamiltoniana evolve in maniera continua sul percorsod’integrazione parametrica.Se si richiede l’ulteriore ipotesi di avere fasi libere di gauge, tali che le funzio-ni d’onda |ψ~ηi〉 siano differenziabili rispetto al parametro esterno ~ηi allora sipuò espandere secondo Taylor (rispetto al parametro ~ηi) il prodotto scalaretra le funzione d’onda presente nell’espressione (6.12):

〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉 = 〈ψ~ηi |ψ~ηi〉+ (~ηi+1 − ~ηi) · 〈ψ~ηi|(∂

∂~η|ψ~ηi〉

) ∣∣∣~η=~ηi

+ o((~ηi+1 − ~ηi)2) =

164In realtà ai fini del procedimento sarebbe sufficiente richiedere che valga

|ψ~ηN〉 = f (|ψ~η1〉) ,

dove la funzione f deve essere differenziabile e lineare ovvero tale che

f (a|ψ1〉+ b|ψ2〉) = af (|ψ1〉) + bf (|ψ2〉) .

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190 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

= 1 + (~ηi+1 − ~ηi) · 〈ψ~ηi |(∂

∂~η|ψ~ηi〉

) ∣∣∣~η=~ηi

+ o((~ηi+1 − ~ηi)2),

dove l’oggetto ~ηi+1 − ~ηi è molto minore della grandezza caratteristica delgenerico parametro ~ηi. Si nota facilmente che compare il termine definitonella (5.26):

ia = 〈ψ~ηi |(∂

∂~η|ψ~ηi〉

) ∣∣∣~η=~ηi

, (6.13)

che si ricorda essere un immaginario puro in quanto a è reale. Quindi si puòriscrivere lo sviluppo come

〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉 = 1 + (~ηi+1 − ~ηi) · ia+ o((~ηi+1 − ~ηi)2).

Si noti che la parte immaginaria della (6.13) è data da

Im[ia] = a = −i〈ψ~ηi|(∂

∂~η|ψ~ηi〉

) ∣∣∣~η=~ηi

.

Espandendo quindi il logaritmo della (6.12) rispetto a ~ηi+1 − ~ηi si ottiene165

−Im[ln(〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉

)]= −Im

[(~ηi+1 − ~ηi) ia+ o((~ηi+1 − ~ηi)2)

]=

= i (~ηi+1 − ~ηi) · 〈ψ~ηi |(∂

∂~η|ψ~ηi〉

) ∣∣∣~η=~ηi

,

che è proprio il dϕ dell’espressione (6.12). Quindi la stessa (6.12) si puòscrivere come

ϕ = limN→∞

N∑i=1

[i (~ηi+1 − ~ηi) · 〈ψ~ηi |

(∂

∂~η|ψ~ηi〉

) ∣∣∣~η=~ηi

]≡∮Cdϕ

e in definitiva la fase di Berry si definisce come

ϕ =∮Cd~η i 〈ψ~ηi |

(∂

∂~η|ψ~ηi〉

). (6.14)

In letteratura si fornisce spesso l’espressione (6.14) come

ϕ =∮Cd~η ~A(~η ), (6.15)

dove~A(~η ) = i〈ψ~ηi |

(∂

∂~η|ψ~ηi〉

)(6.16)

165Si ricorda che al primo ordine limx→0 ln(1 + x) = x+ o(x2).

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6.4 Fase di Berry 191

prende il nome di connessione di Berry; la si è indicata con il vettore ~A nonper caso, infatti assume un comportamento analogo a quello del potenzialevettore elettromagnetico. Data la libertà di gauge anche la connessione diBerry non è definita in maniera univoca poiché scrivendo

~A′(~η ) = ~A(~η )− ~∇φ

con φ funzione scalare, così come avviene per il potenziale vettore, anche~A′(~η ) rappresenta una soluzione del problema di Cauchy. Quindi la connes-sione di Berry non è un invariante di gauge e di conseguenza non è osservabile,al contrario della fase di Berry che è invariante di gauge e osservabile propriocome lo è il flusso del campo elettromagnetico, ossia l’integrale di linea delpotenziale vettore.La fase di Berry è tale perché rappresenta una variabile angolare e siccomeè stata ricavata prendendo la parte immaginaria di un logaritmo complessola si definisce a meno di un quanto angolare pari a 2π. Quindi è lecito do-mandarsi quale sia la trasformazione di gauge che mandi ϕ in ϕ+ 2πj con jintero. Si può dimostrare che per avere

ϕ→ ϕ′ = ϕ+ 2πj

si deve avere|ψ~ηi〉 → |ψ′~ηi〉 = eif(~ηi)|ψ~ηi〉,

con f(~ηi) ∈ R, differenziabile (su tutto il ciclo chiuso) e definita come166

f(~ηi) = −2πj iN, (6.17)

dove si noti bene che i = 1, 2, ..., N nel membro di destra è l’indice discreto enon l’unità immaginaria. Sostituendo quest’espressione e ricordando la (6.10)e la (6.11) infatti si ottiene

ϕ′ =N∑i=1

∆ϕ′i,i+1 = −Im

N∑i=1

[ln(〈ψ′~ηi |ψ

′~ηi+1〉)]

=

= −Im

N∑i=1

[ln(e−if(~ηi)eif(~ηi+1)〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉

)]=

166Si invita il lettore a dimostrare che se j non è intero allora f(~ηi) non è differenziabilesul bordo.

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192 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

= −Im

N∑i=1

[i(f(~ηi+1)− f(~ηi)

)+ ln

(〈ψ~ηi |ψ~ηi+1〉

)]=

= ϕ+N∑i=1

[(f(~ηi)− f(~ηi+1)

)]= ϕ+

N∑i=1

2πj[− i

N+ i+ 1

N

]= ϕ+ 2πj

che appunto dimostra la (6.17).

6.4.3 Manifestazioni della fase di BerryEffetto Aharonov-Bohm

Teorizzato nel 1959, il paradosso di Bohm167 e Aharonov168 ha per og-getto un fenomeno d’interferenza tra elettroni (diffratti da fenditure su unasuperficie estremamente liscia) in una regione in cui è presente un campo ma-gnetico169. Si prenda in esame un fascio coerente di elettroni che si divide in

Figura 6.9: Esperimento d’interferenza di Bohm ed Aharonov, a sinistra. Diffusione di cariche su unsolenoide ideale in sezione orizzontale, a destra.

due. Si metta al centro dei due fasci, un solenoide sottile densamente avvolto167David Bohm è stato un fisico e filosofo statunitense ed è principalmente noto per

aver elaborato un’interpretazione della meccanica quantistica in cui si sviluppa il concettodell’onda pilota di de Broglie. Membro della Royal Society, Bohm nel suo libro "Universo,mente e materia", teorizza l’esistenza nell’universo di un ordine implicito (implicate or-der), che non si è in grado di percepire, e di un ordine esplicito (explicate order), che sipercepisce come risultato dell’interpretazione che il cervello umano dà alle onde (o pat-tern) d’interferenza che compongono l’universo. Bohm ha anche apportato significativicontributi alla neuropsicologia e allo sviluppo del modello olonomico del funzionamentodel cervello in collaborazione con il neuroscienziato di Stanford Karl Pribram.

168Yakir Aharonov è un fisico israeliano noto per i suoi lavori in meccanica quantistica.Nel 1998 gli è stato assegnato il Premio Wolf per la descrizione dell’effetto Aharonov-Bohm e nel 2006 gli è stato assegnato l’Emet Prize; ha inoltre ricevuto la National Medalof Science nel 2010.

169L’esperimento di Bohm ed Aharonov può essere realizzato anche con il campo elettricoattraverso l’utilizzo di tubi metallici sui quali si impone un potenziale.

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6.4 Fase di Berry 193

e molto lungo, in modo da poter considerare nullo il campo magnetico al difuori di esso (figura 6.9). All’interno del solenoide il campo ~B risulta moltointenso ma gli elettroni non possono entrare nel solenoide, né interagire inalcun modo con il campo stesso. All’esterno del solenoide, invece, risulta nonnullo il potenziale vettore ~A con il quale gli elettroni interagiscono alterandola figura d’interferenza. Si supponga, inoltre, che il passaggio degli elettroniavvenga sufficientemente piano, in modo che l’effetto del potenziale sulla par-ticella risulti statico, cioè che non vi siano transizioni trai livelli energetici;in altri termini, si suppone che la perturbazione sia adiabatica170. In questocaso la funzione d’onda è la ricombinazione di quella che descrive il fascio daun lato del solenoide, passante per il punto B in figura 6.9, e di quella chedescrive il fascio dal lato opposto, passante per il punto C. Occorre notareche se si considera il cammino inferiore, allora la direzione del cammino e ilcampo risultano concordi, mentre il cammino superiore è orientato in ver-so opposto al potenziale vettore avendo supposto che il campo magnetico,all’interno del solenoide, sia entrante nel piano del foglio. Dipendentementedal percorso che l’elettrone effettuerà, la funzione d’onda acquisterà una fasediversa. Si denoti con ~r1 la posizione in cui il fascio si divide (punto A infigura 6.9) e con ~r2 la posizione dello schermo sul quale si osserva la figurad’interferenza (punto F in figura 6.9). Supponendo che la condizione di coe-renza venga mantenuta durante il passaggio da ~r1 a ~r2, allora la differenza difase tra i due cammini è data da171

∆ϕ = e

~c

[∫ ~r2

~r1d~r · ~Asup −

∫ ~r2

~r1d~r · ~Ainf

].

Invertendo gli estremi di integrazione e cambiando il segno nel secondo inte-grale si ottiene

∆ϕ = e

~c

∮d~r · ~A.

Integrando su un cammino chiuso (circonferenza) il teorema di Stokes fornisceil risultato

∆ϕ = e

~cΦ = 2πΦ

ΦL, (6.18)

170Per il contesto considerato lo spin degli elettroni è irrilevante.171La Hamiltoniana per questo sistema è data da

H =

[~p+ e

c~A]2

2m .

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194 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

dove Φ è il flusso del campo all’interno del solenoide e ΦL = hceè il flusso di

London. Quindi questo breve conto dimostra che, se durante l’esperimento siinserisce, subito dopo le fenditure, un campo magnetico all’interno di un so-lenoide, la figura d’interferenza subisce una variazione dovuta alla varizaionedi fase (6.18) e quindi massimi e minimi vengono spostati dalla loro posizioneoriginale.Se si fosse utilizzata una descrizione semi-classica non sarebbe stato possibiledescrivere il campo magnetico attraverso un’osservabile fisica ( ~A non è osser-vabile), in meccanica quantistica invece ∆ϕ è osservabile e coincide propriocon la fase di Berry.

Effetto Aharonov-Bohm molecolare (MAB)Questo fenomeno fu teorizzato per la prima volta nel 1958 e storicamente

rappresenta una delle prime evidenze dell’esistenza di una fase geometricain meccanica quantistica. Si tratta di un moto ionico in approssimazioneadiabatica e si osserva grazie a particolari caratteristiche dello spettro ro-tovibrazionale del sistema (molecola) in questione. Una trattazione formaledi questo effetto è presente nel review article di Resta o anche nell’articolo"Chemical Physics, Volume 49, Issue 1, p. 23-32. (July 1980)" dal titolo TheMolecular Aharonov-Bohm effect in bound states di C. Alden Mead.172. L’ef-fetto MAB si può osservare ogni qual volta che la funzione d’onda nucleare èapprezzabile lungo un intero percorso chiuso intorno ad un’intersezione coni-ca. Questo è falso per molecole quasi rigide che subiscono piccole vibrazioniintorno alla posizione di equilibrio ma risulta invece vero per molecole comeil trimero Li3 e altri trimeri di metalli alcalini. Per quanto riguarda Li3 ci siaspetterebbe una struttura chimica a forma di triangolo equilatero in quantoi tre ioni sono identici; questo non è ciò che si osserva sperimentalmente:la molecola ha un ground state degenere. Per una teoria delle perturbazio-ni degenere la perturbazione contribuisce linearmente al contrario del casogenerale in cui è quadratica e quindi fornisce sempre la stessa variazione di

172Chester Alden Mead (chiamato Alden Mead) è un chimico americano, ex docenteall’Università del Missouri. Da non confondere con Carver Andress Mead, scienziato edingegnere americano pioniere della moderna microelettronica e specializzato nello sviluppodi semiconduttori e chip digitali. Nel 1959 Alden Mead propose la lunghezza d’onda diPlanck come unità di lunghezza fondamentale (e il tempo di Planck come unità di tempofondamentale), tuttavia all’epoca non riscontrò un grande seguito. Nel 1989 è stato elettomembro della American Physical Society e nel 2012 gli è stata assegnata la medagliaWigner.

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6.4 Fase di Berry 195

Figura 6.10: Distorsioni Jahn-Teller per la molecola Li3. Il riangolo equilatero può essere perturbato performare i tre triangoli isosceli iso(1), iso(2) e iso(3).

energia.In questo caso si avranno tre possibili distorsioni del sistema originale (visibi-li in figura 6.10) che vengono definite distorsioni di Jahn-Teller173174. Questoeffetto prevede che ogni molecola non lineare con uno stato elettronico fon-damentale degenere subisca una distorsione geometrica che rimuove la dege-nerazione stessa e il risultato della distorsione è proprio quello di diminuirel’energia della molecola. In tal senso quindi è importante tener presente cheground state degeneri per una molecola non si verificano mai in natura pervia della possibilità di rompere la simmetria del sistema attraverso questedistorsioni (come noto stati fondamentali degeneri esistoni invece per sistemiatomici).Ognuna delle distorsioni del sistema rappresentate nel piano parametrico(ηx, ηy) in figura 6.11 è descritta da una funzione d’onda |ψ~ηi〉 con i = 1, 2, 3e calcolando la fase di Berry lungo il percorso chiuso in figura si ricava

ϕ =

.

Tralasciando il risultato triviale ϕ = 0, ϕ = π esiste solo se si segue un’evolu-zione adiabatica del sistema lungo il ciclo chiuso nello spazio ~η e se anche qui

173Hermann Arthur Jahn è stato un fisico inglese, di origine tedesca. Conseguì il bachelordegree in chimica alla University College di Londra nel 1928. Ottenne il PhD con una tesisu "La rotazione e oscillazione della molecola di Metano", sotto la supervisione di WernerHeisenberg, il 14 febbraio 1935 all’Università di Lipsia.

174Edward Teller è stato un fisico di origine ebreo-ungherese naturalizzato statunitense.Nel 1962 gli venne conferito il premio Enrico Fermi e nel 1991 vinse il primo premio IgNobel (un premio parodistico) per la Pace. Il 23 luglio 2003, meno di due mesi primadella sua morte, il presidente George W. Bush gli ha concesso la Medaglia presidenzialedella libertà. Per la notorietà e il carattere controverso della sua figura, ricorrono nellacultura di massa dei personaggi probabilmente a lui ispirati come il dottor Stranamorenegli omonimi libro e film.

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196 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

si richiede che la funzione d’onda elettronica sia reale. Siccome c’è una dipen-denza continua dai parametri ~ηi, quando si chiude il ciclo la funzione d’ondapotrebbe cambiare di segno. Nel caso in cui si verifichi questa situazione, checorrisponde proprio a una fase di Berry pari a π, anche la funzione d’ondaionica deve cambiare segno in quanto lo stato globale deve essere univoco.Questo cambiamento di segno rappresenta una condizione che modifica lospettro dell’effettiva Hamiltoniana nucleare e ha quindi effetti evidenti sullospettro rotovibrazionale di alcune molecole (come già anticipato). Una de-

Figura 6.11: Percorso sugli stati di distorsione della molecola Li3. Il ground state è non degenere lungo ilciclo chiuso (in rosso).

scrizione alternativa175 (consultabile nel "Mead C. A. and Truhlar D. G. 1979J. Chem. Phys. 70 2284") dello stesso fenomeno richiede una funzione elettro-nica di singolo elettrone che sia complessa. In questo caso la connessione diBerry data dalla (6.16) è non nulla e quindi il momento cinetico deve essereriscritto come

− i~~∇~η − ~ ~ABerry. (6.19)

A questo punto la Hamiltoniana del sistema contiene esplicitamente il poten-ziale vettore geometrico e si noti bene che questa sostituzione coinvolge soloil moto elettronico in quanto il moto classico degli ioni in approssimazione

175Originariamente dovuta a Mead e Truhlar. Donald Truhlar è uno scienziato ameri-cano specializzato in chimica fisica computazionale e in sistemi chimici dinamici. Egli èconosciuto per i suoi importanti contributi alla dinamica e allo scattering quantistici nellereazioni chimiche e al trasferimento energetico a livello molecolare.

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6.4 Fase di Berry 197

Born–Oppenheimer ha un corrispondente "campo magnetico"

~Υ = ~∇~η × ~ABerry,

che prende il nome di curvatura di Berry, che è nullo lungo la traiettoriaclassica che seguono i nuclei.

Atomo di Idrogeno neutro immerso in un campo magneticoLa Hamiltoniana generale viene modificata dalla presenza del campo ma-

gnetico tramite l’aggiunta di un termine dovuto al potenziale vettore all’in-terno del termine cinetico nucleare ed elettronico. In questo caso si hanno(lo si può vedere con calcoli analitici) due potenziali vettori all’interno dellaHamiltoniana nucleare: uno geometrico e uno genuinamente magnetostatico.Ad ogni modo c’è una differenza sostanziale rispetto al caso in cui ~B = 0 ed èdata dalla mancanza di simmetria per time reversal che si traduce nell’avereuna funzione d’onda elettronica necessariamente complessa. Inoltre la curva-tura di Berry sarà in generale un oggetto non nullo ovunque, diversamente daquanto si ha nel caso privo di campo magnetico in cui ~Υ ha delle singolaritàdi tipo-δ (anche conosciute come intersezioni coniche).Si supponga quindi di voler ricavare il moto ionico, da un punto di vista me-ramente classico le equazioni del moto ricavate dalla Hamiltoniana palesanogli effetti dei potenziali vettori in termini di campi e quindi sotto forma diforze di Lorentz. Ovviamente il rotore del potenziale vettore magnetostati-co conduce al campo magnetico che agisce sul sistema (tramite una sorgenteesterna) mentre il rotore del potenziale vettore geometrico, ossia la curvaturadi Berry, fa si che si tenga conto anche di un campo magnetico "fittizio" cheè non nullo lungo la traiettoria ionica176.Se si analizza uno ione in approssimazione Born–Oppenheimer si trova che ilsuo moto in un campo magnetico viene deflesso in virtù della presenza dellasua carica nucleare "nuda", mentre invece, come ovvio che sia, il moto di unoggetto neutro non viene in alcun modo condizionato dalle forze di Lorentz.Questo apparente paradosso viene risolto dal potenziale vettore geometrico:si può verificare che il campo magnetico "fittizio" dovuto alla fase di Berryè esattamente uguale in modulo al campo magnetico esterno e opposto inverso, quindi permette di ottenere uno screening completo, come fisicamente

176Si noti che anche qui c’è una differenza con il caso in cui ~B = 0 dove la fase di Berrynon ha effetti sul moto ionico dal punto di vista classico e può solo essere rilevata quandoi gradi di libertà ionici vengono quantizzati.

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198 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

atteso.Questo si può dimostrare facilmente tramite un atomo di Idrogeno neutro.La Hamiltoniana del sistema è data da una parte elettronica e una ionica:

H(~R,~r ) = Hi +He =

=

12M

[~p− |e|

c~A(~R)

]2+

12m

[−i~~∇~r + |e|

c~A(~r )

]2

− e2

|~r − ~R |

,(6.20)

con ovvio significato di simboli. Definendo ψGS~0(~r ) come il ground state elet-tronico esatto quando ~R = 0 e considerando la Hamiltoniana elettronica co-me dipendente parametricamente proprio da ~R (Born–Oppenheimer), nellagauge simmetrica in cui si scrive ~A(~r ) = 1

2~B × ~r si ha

ψGS~R(~r ) = e−i|e|2~c~r·( ~B×~R)ψGS~0(~r − ~R).

La connessione di Berry data dalla (6.16) è chiaramente

~ABerry = i〈ψ~R|(~∇~R |ψ~R〉

)= − |e|2~c〈ψ~R|

~B×~r |ψ~R〉 = − |e|2~c~B×~R = −|e|

~c~A(~R),

dato che la derivata di ψGS~0(~r− ~R) rispetto a ~R non contribuisce. Il potenzialevettore geometrico ~ABerry modifica l’effettivo momento cinetico protonico

π = ~p− |e|c~A(~R)

che compare nella (6.20) infatti moltiplicandolo per un fattore −~ come pre-visto dalla (6.19) questo cancella esattamente il potenziale vettore magneti-co che agisce sul protone "nudo", dimostrando quindi il completo screeningdiscusso prima.

Polarizzazione spontaneaQuesto esempio verrà ampiamente discusso nel seguito delle dispense.

In particolare il problema della polarizzazione definito nella sezione 6.2 eaffrontato attraverso l’impostazione risolutiva introdotta nella sezione 6.3verrà infine completamente risolto nella sezione 6.6.

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6.5 Rappresentazione di Wannier 199

6.5 Rappresentazione di WannierCome si è già visto nel paragrafo 6.2.2 la polarizzazione spontanea risulta

mal definita per sistemi metallici, ovvero per sistemi in cui le cariche sonodelocalizzate. Questa criticità può essere risolta passando dalla notazione diBloch a quella di Wannier177, come si mostra di seguito.Si consideri una singola banda178 per evitare di appesantire la notazionecon l’indice di banda. Dati una banda occupata per un solido isolante e gliautostati di Bloch |ψ~k〉 che riempiono tale banda, per valutare le proprietàfisiche del ground state è necessario conoscere gli stati |ψ~k〉 che in DFT sononoti a partire dalla matrice densità definita dal proiettore

P =∑~k

|ψ~k〉〈ψ~k| con~kii=1,2,...,N

,

in quanto il numero di vettori d’onda ~k permessi in una cella primitiva delreticolo reciproco è pari al numero di siti del cristallo. L’osservabile fisicarelativa all’operatore O ad un corpo è data da

〈O〉 = Tr[OP ],

dove si tenga presente che l’informazione contenuta in P coincide con quellacontenuta in |ψ~k〉~k∈B.Z.. Il proiettore è estremamente utile in quanto è espli-citamente invariante per rotazioni unitarie nello spazio degli stati occupati eproprio tramite questa invarianza verrano definite le funzioni di Wannier. Siricordi inoltre che vale

|ψ~k〉 = 1√Nei~k·~r|u~k〉 con 〈u~k|u~k〉 = 1. (6.21)

Passare dalla notazione di Bloch a quella di Wannier consiste nel passare dauno spazio di dimensione N con indice ~k ad un altro spazio di dimensione

177Gregory Hugh Wannier fu un fisico svizzero che lavorò con Eugene P. Wigner comepost-dottorando a Princeton nel 1936 e insegnò in numerose università americane. Dopoaver lavorato nell’industria e nei laboratori Socony-Vacuum si unì ai laboratori Bell nel1949, dove trovò fra gli altri Charles Kittel. Noto per la sua teoria delle funzioni di Wannierpubblicò una serie di importanti articoli sulle proprietà dei cristalli insieme a numerosistudenti e professori. Era ritenuto uno dei più eminenti fisici della meccanica statisticamoderna e fu membro della American Physical Society.

178Si tratta di un’approssimazione molto forte ma i risultati che si ottengono sonofacilmente estendibili al caso generale con più bande.

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200 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

N descritto però dall’indice ~R che indica la posizione del generico sito delreticolo diretto; in altri termini si passa dallo studio dello spazio reciproco aquello dello spazio diretto.La generica funzione di Wannier è definita come

|W~R〉 =∑~k

e−i~k·~R√N|ψ~k〉 =

∑~k

U~R,~k|ψ~k〉, (6.22)

da cui si evince la definizione di trasformazione unitaria (matrice N ×N)

U~R,~k = e−i~k·~R√N

tale che∑~k

U~R,~kU∗~R,~k

= I,

o meglio, componente per componente,∑~k

U~R,~kU∗~R ′,~k

= δ~R,~R ′ ;∑~R

U~R,~kU∗~R,~k ′

= δ~k,~k ′ .(6.23)

A questo punto si forniscono una serie di proprietà fondamentali delle funzionidi Wannier:

1.〈W~R|W~R ′〉 = δ~R,~R ′ (6.24)

infatti si ha

〈W~R|W~R ′〉 =∑~k

U∗~R,~kU~R ′,~k〈ψ~k|ψ~k〉 = δ~R,~R ′ .

2. ∑~k

|ψ~k〉〈ψ~k| =∑~R

|W~R〉〈W~R| (6.25)

infatti si ha

∑~R

|W~R〉〈W~R| =∑~R

∑~k

U~R,~k|ψ~k〉∑~k ′

〈ψ~k ′ |U∗~R,~k ′

=

=∑~k~k ′

∑~R

U~R,~kU∗~R,~k ′

|ψ~k〉〈ψ~k ′ | = ∑~k~k ′

δ~k,~k ′|ψ~k〉〈ψ~k ′| =∑~k

|ψ~k〉〈ψ~k|.

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6.5 Rappresentazione di Wannier 201

3. La legge che descrive il teorema di Bloch per le funzioni di Wannier èla seguente:

〈~R + ~r |W~R〉 = 〈~r |W~0〉, (6.26)

dove

|W~0〉 =∑~k

U~0,~k|ψ~k〉 =∑~k

e−i~k·~0√N|ψ~k〉 = 1√

N

∑~k

|ψ~k〉, (6.27)

per quanto definito dalla (6.22). Data quindi la funzione di Wannieriniziale si ottengono tutte le altre applicando una traslazione di unvettore del reticolo diretto ~R. Questa proprietà si dimostra nel modoche segue:

〈~R + ~r |W~R〉 = 〈~R + ~r |∑~k

e−i~k·~R√N|ψ~k〉 =

∑~k

e−i~k·~R√N〈~R + ~r |ψ~k〉.

Siccome per il teorema di Bloch si ha

|~R + ~r 〉 = e−i~k·~R|~r 〉

si ottiene

〈~R + ~r |W~R〉 =∑~k

e−i~k·~R√N

ei~k·~R〈~r |ψ~k〉 = 〈~r | 1√

N

∑~k

|ψ~k〉 = 〈~r |W~0〉

e quindi la proprietà è dimostrata.

A questo punto risulta lecito chiedersi perché non si utilizza sempre la nota-zione di Wannier che sembrerebbe snellire notevolmente i calcoli. Il motivoper cui la notazione di Bloch rimane quella di uso comune risiede nel fatto chegli stati di Bloch sono definiti in modo univoco a meno di una fase globale,in altri termini sono invarianti rispetto alla trasformazione di gauge

|ψ~k〉 → |ψ′~k〉 = eiγ(~k)|ψ~k〉 con γ(~k) ∈ R.

Questo non è vero per le funzioni di Wannier in quanto, mentre a partire dauna funzione d’onda |ψ~k〉 ricavo un’unica |W~R〉, a partire da una funzioned’onda |ψ′~k〉 si ottiene una

|W ′~R〉 =

∑~k

ei(γ(~k)−~k·~R)√N

|ψ~k〉

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202 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

non definita in maniera univoca poiché la fase γ(~k) assume valori diversi aseconda del valore di ~k e quindi si hanno diverse |W ′

~R〉 possibili. Questo si

può verificare calcolando i moduli quadri che seguono:

|〈~r |ψ′~k〉|2 = |〈~r |eiγ(~k)|ψ~k〉|

2 = |〈~r |ψ~k〉|2

mentre invece

|〈~r |W ′~R〉|2 =

∣∣∣∣∣∣〈~r |∑~k

ei(γ(~k)−~k·~R)√N

|ψ~k〉

∣∣∣∣∣∣2

6= |〈~r |W~R〉|2.

Per vedere come limitare il fatto che le funzioni di Wannier non sono definitein modo univoco si introduce un’ulteriore loro importante proprietà.

4. Fra le diverse fasi γ(~k) ne esiste una tale che l’elemento 〈~r |W~R〉 siaesponenzialmente localizzato (tale che decada esponenzialmente nel li-mite di N →∞).Siccome le funzioni di Wannier sono date dalla (6.22), per rispettarequesta condizione è necessario che le funzioni d’onda di Bloch sianocontinue e derivabili in ogni punto dello spazio ~k. In tal senso si ri-scontra però un problema sul bordo in spazio reciproco: le |ψ~k〉 sonoin generale definite su un toro quindi per evitare di "sbordare" da unacella ad un’altra e rischiare di far comparire delle discontinuità bisognafar si che la fase γ(~k) connetta il bordo della singola zona in questione.Quindi, per quanto appena discusso, una condizione necessaria ma nonsufficiente perché tale proprietà sia verificata è la seguente:

|ψ~k+ ~G〉 = |ψ~k〉 ∀~G ∈ Reticolo reciproco. (6.28)

In altri termini gli stati di Bloch devono essere funzioni periodiche in~k. Questa richiesta non era ancora stata avanzata poiché le operazionisugli stati di Bloch avvenivano all’interno di un’unica cella del reticoloreciproco e per quanto introdotto in precedenza si aveva

|ψ~k+ ~G〉 = eiγ( ~G)|ψ~k〉 con γ(~G) ∈ R.

In questo caso invece si richiede che la fase sia nulla e ci si pone quindinella condizione descritta dalla (6.28). Esplicitando la dipendenza dellostato di Bloch dalla funzione periodica |u~k〉 la (6.28) stessa diventa

|ψ~k+ ~G〉 = 1√Nei(

~k+ ~G)·~r|u~k+ ~G〉 = |ψ~k〉 = 1√Nei~k·~r|u~k〉

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6.5 Rappresentazione di Wannier 203

da cui si ha1√Nei(

~k+ ~G)·~r|u~k+ ~G〉 = 1√Nei~k·~r|u~k〉

che moltiplicata membro a membro per√Ne−i(

~k+ ~G)·~r restituisce

|u~k+ ~G〉 = e−i~G·~r|u~k〉. (6.29)

Quindi come conseguenza della scelta (6.28) di avere funzioni d’ondadi Bloch periodiche in spazio ~k (che era stata imposta a sua volta peravere elementi 〈~r |W~R〉 esponenzialmente localizzati) si ottengono partiperiodiche delle funzioni d’onda di Bloch non periodiche in spazio ~k, ilche risulta essere in linea con il fatto che le |u~k〉 sono periodiche solonella cella unitaria del reticolo diretto.

La dimostrazione della proprietà 4 è stata proposta da Walter Kohn nel ca-so unidimensionale ed è stata estesa al caso tridimensionale da G. Panati179nel suo articolo "Phys. Rev. Lett. 98, 046402 (25 January 2007)" dal titoloExponential Localization of Wannier Functions in Insulators di C. Brouder,G. Panati, M. Calandra, C. Mourougane e N. Marzari. Il concetto alla basedi questa dimostrazione consiste nell’utilizzare le funzioni di Wannier loca-lizzate per atomi debolmente interagenti per i quali è possibile tener contodell’overlap in approssimazione tight binding. Questo è utile soprattutto inchimica dove le funzioni di Wannier giocano un ruolo estremamente impor-tante nella definizione dei legami covalenti e forniscono una rappresenzazionegrafica (sotto forma di orbitali) delle funzioni d’onda degli elettroni localiz-zati. Quest’ultimi a loro volta descrivono una rappresentazione relativamentesemplice e che quindi si può agevolmente accompagnare a conti in DFT.L’ultima importante proprietà relativa alle funzioni di Wannier è esposta diseguito e permetterà finalmente di risolvere il problema della polarizzazionespontanea.

179Gianluca Panati è Professore associato di Fisica Matematica presso l’Università diRoma "La Sapienza". Nel giugno del 2019 ha vinto il premio Friedrich Wilhelm Besselconsiderato la versione "giovane" del premio von Humboldt. La ricerca di Panati si puòriassumere nella risoluzione di quattro importanti questioni aperte nell’ambito della Fisi-ca Matematica: la giustificazione matematica del modello semi-classico nella fisica dellostato solido, l’esistenza di funzioni di Wannier composte esponenzialmente localizzate, ladimostrazione della formula di Gell-Mann e Low per stati degeneri imperturbati e la di-mostrazione che i minimizzanti del funzionale di localizzazione di Marzari-Vanderbilt sonoesponenzialmente localizzati.

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204 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

5. Il valore atteso dell’operatore posizione sulla generica funzione di Wan-nier è un oggetto esponenzialmente localizzato dato da

〈W~R|~r |W~R〉 = ~rW + ~R con ~rW = 〈W~0|~r |W~0〉, (6.30)

dove |W~0〉 è già stato definito nella (6.27).

Questa proprietà è di fondamentale importanza proprio perché lo stesso valormedio sulle funzioni d’onda di Bloch 〈ψ~k|~r |ψ~k〉 non è ben definito (funzio-ni d’onda non localizzate). Il termine ~rW si chiama centroide di Wannier ecorrisponde al baricentro della funzione di Wannier localizzata nell’origine.Inoltre non dipende (o al massimo dipende a meno di un quanto) dalla scel-ta delle |W~R〉 esponenzialmente localizzate o definite a meno di una gaugediversa. Per valutare la dipendenza di ~rW dalla fase γ(~k) si restringe il pro-blema a quello descritto da funzioni |u~k〉 ∈ C∞~k in modo tale da avere ancheγ(~k) ∈ C∞~k ; in questo contesto si può scrivere il termine ~r |ψ~k〉 tramite laderivata (rispetto a ~k) di un prodotto, ovvero

~r |ψ~k〉 = ∂

i∂~k

ei~k·~r√N|u~k〉

− ei~k·~r√N

i∂~k|u~k〉. (6.31)

Questa banale identità è molto utile per calcolare l’espressione esplicita delcentroide di Wannier; usando la (6.27) si ha

~rW = 〈W~0|~r |W~0〉 = 〈W~0|

∑~k

1√N~r |ψ~k〉

.Il fatto che si veda agire l’operatore ~r sullo stato di Bloch, ovvero un ogget-to non esponenzialmente localizzato, non deve far preoccupare poiché que-sto stesso oggetto lo si sta moltiplicando per il bra 〈W~0| che è invece benlocalizzato. Utilizzando l’identità (6.31) si può riscrivere

~rW = 〈W~0|

∑~k

1√N

i∂~k

ei~k·~r√N|u~k〉

− 〈W~0|

∑~k

ei~k·~r

N

(∂

i∂~k|u~k〉

) .Il primo di questi due addendi nel limite N →∞ è tale che

〈W~0|

∑~k

1N

i∂~k

(ei~k·~r|u~k〉

) = 1i〈W~0|Ω

∫B.Z.

d3k

(2π)3

[∂

∂~k

(ei~k·~r|u~k〉

)],

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6.5 Rappresentazione di Wannier 205

dove Ω è il volume della cella unitaria. In primo luogo si osserva che l’oggettoei~k·~r|u~k〉 non è normalizzato poiché manca il fattore 1√

N(ma non crea pro-

blemi perché viene integrato) e quindi non è pari allo stato di Bloch |ψ~k〉 mapuò essere interpretato180 come una |ϕ~k〉 che pur non essendo normalizzatagode delle stesse proprietà di cui godono le funzioni di Bloch; in particolarevale la periodicità |ϕ~k+ ~G〉 = |ϕ~k〉. Di conseguenza passando dalla sommatoriasui vettori d’onda ~k ad un integrale su una singola zona dello spazio recipro-co non si sta facendo altro che integrare in d3k una funzione periodica in ~k(proprio la |ϕ~k〉 appena definita) su un periodo (la zona di Brillouin), quindiil primo termine risulta essere identicamente nullo.Considerando quindi solo il secondo addendo si ha

~rW = −〈W~0|

∑~k

ei~k·~r

N

(∂

i∂~k|u~k〉

) = i〈W~0|

∑~k

ei~k·~r

N

(∂

∂~k|u~k〉

) .A questo punto si può sostituire di nuovo l’espressione esplicita di 〈W~0| datadalla (6.28) ottenendo

~rW = i1√N

∑~k ′

〈ψ~k ′ |

∑~k

ei~k·~r

N

(∂

∂~k|u~k〉

) = i∑~k ′ ~k

1N√N〈ψ~k ′ |e

i~k·~r(∂

∂~k|u~k〉

).

Esplicitando la parte periodica della funzione di Bloch 〈ψ~k ′| grazie alla (6.21)si ha

~rW = i∑~k ′ ~k

1N√N

1√Ne−i

~k ′·~r〈u~k ′ |ei~k·~r

(∂

∂~k|u~k〉

).

L’ortogonalità delle funzioni |u~k ′〉 e |u~k〉 seleziona l’unico indice ~k ′ = ~k e diconseguenza la sommatoria su ~k ′ si semplifica con un fattore 1

N; si ottiene

quindi

~rW = i∑

~k∈B.Z.

1N〈u~k|

(∂

∂~k|u~k〉

).

Con il consueto procedimento limN→∞1N

∑~k = Ω

∫B.Z.

d3k(2π)3 è possibile pas-

sare dalla sommatoria all’integrale e quindi infine si ha

~rW = i∑

~k∈B.Z.

1N〈u~k|

(∂

∂~k|u~k〉

)= Ω

∫B.Z.

d3k

(2π)3 i〈u~k|(∂

∂~k|u~k〉

)(6.32)

180Queste funzioni sono state studiate in maniera approfondita da Panati all’interno delsuo articolo. Una importante conclusione a cui è riuscito ad arrivare è data dal fatto chea funzioni d’onda di Bloch quasi esponenzialmente localizzate corrispondono valori attesi〈W~0|~rn|W~0〉 finiti ∀n.

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206 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

ossia~rW = 〈W~0|~r |W~0〉 = Ω

∫B.Z.

d3k

(2π)3~A~k, (6.33)

dove ~A~k è proprio la connessione di Berry data dalla (6.16), con la condizioneche sia ~A~k ∈ C∞~k . Quindi infine si è ricavato che il centroide di Wannier, ov-vero la media dell’operatore posizione sulla funzione di Wannier a ~R = ~0181,assume la forma della fase di Berry descritta dall’espressione (6.15).Risulta interessante valutare l’integrale (6.33) per un semplice sistema unidi-mensionale (Ω ≡ L) in cui la zona di Brillouin su cui integrare sia ad esempiodefinita dall’intervallo [− π

L, πL

]:

xW = 〈W0|x|W0〉 = L∫ π

L

− πL

dkx2π i〈ukx|

(∂

∂kx|ukx〉

)=

= L

2π i∫ π

L

− πL

dkx 〈ukx|(∂

∂kx|ukx〉

).

Ricordando che la fase di Berry è definita a meno di un fattore 2π chemoltiplica un intero l si ha

xW = xW + L

2π2πl = xW + Ll,

dove Ll è appunto il vettore del reticolo diretto unidimensionale; si è ritrovatoun risultato analogo a quello riavato nella (6.5) per la polarizzazione in unsistema di cariche fisse, puntiformi e localizzate. Ovviamente il risultato èvalido nel più generale caso tridimensionale:

~rW = ~rW + Ω2π2πl = ~rW + ~R,

dove ~R = a1n1 + a2n2 + a3n3 è il vettore del reticolo diretto tridimensionale(con gli ai che sono i vettori primitivi nello spazio e gli ni che sono degliinteri).Risulta quindi palese adesso che tramite la notazione di Wannier si è riusciti

181Si noti appunto che, seppur non visibile, nell’espressione (6.32) è insito il fatto cheil centroide di Wannier debba essere calcolato a ~R = 0. Infatti, come si può vedere dallosvolgimento dell’Esercitazione 5, questo risulta del tutto evidente quando viene richiestodi scrivere la parte periodica della funzione di Bloch, |u~k〉, come combinazione linearedi funzioni della posizione, eventualmente dipendenti a loro volta dal vettore del reticolodiretto ~R.

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6.5 Rappresentazione di Wannier 207

a ricondurre il caso quantistico ad un caso classico quantizzato, come giàanticipato nella sezione 6.3. Inoltre la risoluzione di Wannier assume impli-citamente che tutta la banda sia occupata e quindi garantisce che il sistemain questione sia un isolante, ovvero che la polarizzazione sia ben definita.

6.5.1 Esempi di funzioni di WannierIn questo paragrafo vengono proposte alcune fra le funzioni di Wannier

più utilizzate per risolvere sistemi reali; queste sono state ricavate medianteconti in DFT e sono ben localizzate182. Il primo sistema analizzato è il Silicio(figura 6.12) la cui configurazione elettronica è data da

[1s22s22p6][3s23p2]

dove i primi otto orbitali non sono rappresentati in figura in quanto sonosemplicemente funzioni d’onda atomiche che non forniscono alcun overlap.Gli ultimi quattro orbitali (3s23p2) invece formano lo stato d’ibridazione sp4

di forma tetragonale e sono responsabili dei legami chimici. Se ad esempio si

Figura 6.12: Struttura a bande del Silicio (a gap indiretto), a sinistra. Funzione di Wannier del Silicio, adestra.

considera la molecola 2Si si hanno due stati d’ibridazione sp3 (orbitali lungole direzioni di un tetraedro) che equivalgono ad otto elettroni responsabilidei legami chimici. Questi danno vita a quattro bande (evidenziate in rossoin figura 6.12) a cui quindi corrispondono quattro funzioni di Wannier percella unitaria.

182Sono state ottenute in notazione discreta minimizzando l’operatore ~r 2 sulle funzionid’onda.

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208 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

Figura 6.13: Struttura a bande dell’Arseniuro di Gallio, a sinistra. Funzione di Wannier dell’Arseniuro diGallio, a destra.

In figura 6.13 si ha la molecola di Arseniuro di Gallio GaAs. Si noti comele funzioni di Wannier siano centrate sui legami chimici e non sugli atomi esoprattutto come siano maggiormente concentrate intorno all’atomo di Ar-senico (fortemente elettronegativo).In figura 6.14 viene descritto il Titanato di Bario (BaTiO3) già introdottonella sezione 6. L’atomo di Bario fornisce due elettroni al sistema e quindi ilrisultante Ba2+ staziona nel core della molecola. Gli elettroni sugli atomi di

Figura 6.14: Struttura a bande del Titanato di Bario, a sinistra. Struttura molecolare del Titanato diBario, a destra. Le bande rilevanti chimicamente si hanno per valori di energia (scalata sullivello di Fermi) maggiori di −5 eV .

Titanio e di Ossigeno si dispondono in maniera tale da realizzare una struttu-ra tetraedrica. Si noti che il sistema è fortemente instabile: per temperaturerelativamente basse si hanno transizioni di fase ferroelettrica e valori finiti

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6.5 Rappresentazione di Wannier 209

Figura 6.15: Funzioni di Wannier per il Titanato di Bario.

della polarizzazione spontanea, per temperature alte ~P0 è invece nulla. Lefunzioni di Wannier per BaTiO3 sono rappresentate in figura 6.15.In figura 6.16 si ha un ingrandimento della figura 6.15 e si possono osservarechiaramente i due lobi della funzione di Wannier che caratterizza il Titanatodi Bario in transizione ferroelettrica. Tale situazione è ovviamente dovuta

Figura 6.16: Dettalio della funzione di Wannier per il Titanato di Bario. Si notino le isosuperfici per unafunzione Wannier ben localizzata e in fase paraelettrica (a sinistra) e ferroelettrica (a destra).

ad uno spostamento del centroide di Wannier e a sua volta tale distorsionepermette di misurare una polarizzazione spontanea.

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210 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

6.6 Polarizzazione come fase di BerrySi supponga il seguente ansatz per la definizione della polarizzazione

elettrica (dipolo elettrico per unità di volume):

~P = 1Ω

o∑i

[−2|e|〈 ~W~0,i|~r | ~W~0,i〉

]+

NI∑I

|e|ZI~rI , (6.34)

dove si sono introdotti l’indice di banda i, le coordinate dell’I-esimo nucleoe ovviamente il centroide di Wannier. Si ricordi inoltre che con la lettera o sista ad indicare che la somma corre sulle bande occupate mentre il termine−2|e| rappresenta due elettroni con spin opposto, ovvero la carica portatadalle funzioni di Wannier. Di seguito si mostrerà che questa proposta di so-luzione per la polarizzazione è quella giusta.Per impostare la dimostrazione è necessario utilizzare la teoria delle pertur-bazioni in regime adiabatico e in tal senso quindi si riprende l’espressione(6.8) che, combinata con la soluzione (5.70), permette di scrivere

~P (~λf )− ~P (~λi) =

=∫ ~λf

~λid~λ

2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

∂〈u~λ~k,i|∂~k

∂|u~λ~k,i〉

∂~λ−∂〈u~λ~k,i|

∂~λ

∂|u~λ~k,i〉

∂~k

,

dove in questo caso si devono far dipendere le funzioni |u~λ~k,i〉 anche dalparamentro perturbativo ~λ. Per comodità si raccoglie un segno meno e siscrive

~P (λf )− ~P (λi) =

=∫ ~λf

~λid~λ

−2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

∂〈u~λ~k,i|∂~λ

∂|u~λ~k,i〉

∂~k−∂〈u~λ~k,i|

∂~k

∂|u~λ~k,i〉

∂~λ

. (6.35)

A questo punto si considera solo l’integrale del primo addendo in parentesiquadre e applicando la regola di integrazione per parti (rispetto al parametro~λ) si ottiene

∫ ~λf

~λid~λ

−2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

∂〈u~λ~k,i|∂~λ

∂|u~λ~k,i〉

∂~k

=

= −2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

〈u~λ~k,i|

∂|u~λ~k,i〉∂~k

~λf

~λi

−∫ ~λf

~λid~λ〈u~λ~k,i|

∂~λ

∂|u~λ~k,i〉∂~k

.

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6.6 Polarizzazione come fase di Berry 211

Sostituendolo all’interno dell’espressione di partenza (6.35) si ha

~P (~λf )− ~P (~λi) =

= −2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

〈u~λ~k,i|

∂|u~λ~k,i〉∂~k

~λf

~λi

−∫ ~λf

~λid~λ〈u~λ~k,i|

∂~λ

∂|u~λ~k,i〉∂~k

+

+∫ ~λf

~λid~λ

2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

∂〈u~λ~k,i|∂~k

∂|u~λ~k,i〉

∂~λ

, (6.36)

dove si è riscritto l’ultimo termine della (6.35) totalmente inalterato. A questopunto si può dimostrare che gli ultimi due addendi dell’espressione (6.36)danno insieme un risultato nullo; si ha

2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

∫ ~λf

~λid~λ〈u~λ~k,i|

∂~λ

∂|u~λ~k,i〉∂~k

+∂〈u~λ~k,i|

∂~k

∂|u~λ~k,i〉

∂~λ

,che invertendo l’ordine d’integrazione globale e l’ordine di derivazione183 nelprimo addendo diventa

2|e|i∫ ~λf

~λid~λ

N2∑i=1

∫ d3k

(2π)3 〈u~λ~k,i| ∂∂~k

∂|u~λ~k,i〉∂~λ

+∂〈u~λ~k,i|

∂~k

∂|u~λ~k,i〉

∂~λ

.A questo punto si nota facilmente che i due addendi derivano da una derivata(rispetto a ~k) di un prodotto e quindi si può riscrivere ancora

2|e|i∫ ~λf

~λid~λ

N2∑i=1

∫ d3k

(2π)3∂

∂~k

〈u~λ~k,i|∂|u~λ~k,i〉

∂~λ

= 0.

Come predetto questo oggetto è identicamente nullo in virtù del fatto chesi sta integrando in d3k la derivata rispetto a ~k di una funzione periodica

〈u~λ~k,i|∂|u~λ

~k,i〉

∂~λdello spazio reciproco.

Di conseguenza si rimane con il risultato finale dato da

~P (λf )− ~P (λi) = −2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

〈u~λ~k,i|∂|u~λ~k,i〉

∂~k

~λf

~λi

=

183Risulta lecito il virtù del teorema di Schwarz sulle derivate miste.

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212 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

= −2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

〈u ~λf~k,i|∂|u

~λf~k,i〉

∂~k

− 〈u ~λi~k,i|∂|u

~λi~k,i〉

∂~k

.

Si nota chiaramente che l’integrale dei due termini all’interno delle parentesiquadre (tenendo conto anche dell’unità immaginaria) non fornisce altro chedue centroidi di Wannier184 dati dalla (6.32), a meno del volume della cellaunitaria. Quindi in conclusione si ricava

~P (λf )− ~P (λi) = −2|e|Ω

N2∑i=1

[〈W

~λf~0,i |~r |W

~λf~0,i 〉 − 〈W

~λi~0,i|~r |W

~λi~0,i〉], (6.37)

che riprende l’ansatz (6.34). Alternativamente si può fornire un’espressioneper la polarizzazione data da

~P (λ) = −2|e|i∫ d3k

(2π)3

N2∑i=1

〈u~λ~k,i|∂|u~λ~k,i〉

∂~k

. (6.38)

A questo punto si consideri il primo caso non triviale, ovvero ~λ ∈ R2; seinvece di svolgere l’integrale sul generico percorso L = [~λi, ~λf ] si consideraun loop chiuso C in cui ~λi ≡ ~λf la (6.8) (in virtù della (6.38)) restituisce ilrisultato seguente: ∮

Cd~λ · d

~P

d~λ= 2|e|~R

Ω , (6.39)

dove ~R è il vettore del reticolo diretto bidimensionale185Le ultime tre espressioni risolvono definitivamente il problema della polariz-zazione poiché si è riusciti ad esprimerla a meno di oggetti noti e misurabili.Quanto appena visto fu descritto per la prima volta nel 1993 e da alloradiede un fortissimo slancio alla ricerca in questo contesto: fenomeni come lapolarizzazione spontanea, la fase di Berry nella sua formulazione più generaleo anche lo stesso effetto Hall quantistico frazionario186 rappresentano ancora

184O analogamente due fasi di Berry date dalla (6.15).185Si ha ~R = −~R quindi il segno meno della (6.38) è totalmente irrilevante per un

integrale su un ciclo chiuso.186La fenomenologia dell’effetto Hall quantistico frazionario prevede l’utilizzo del me-

todo variazionale proposto da Laughlin per descrivere gli stati con filling factor dato daν = 1

2m+1 , con m intero positivo. Per essi si può mostrare come vi siano eccitazioni ele-mentari di quasiparticella e quasibuca con carica frazionaria (diretta conseguenza dellaquantizzazione della conduttanza) e con un’energia di creazione finita. Queste presenta-no inoltre una statistica frazionaria che può essere formulata nella sequenza di Laughlintramite il concetto di fase di Berry.

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6.6 Polarizzazione come fase di Berry 213

degli hot fields per la fisica moderna.Le conclusioni a cui si è giunti permettono di descrivere un’importante ana-

Figura 6.17: Schematizzazione grafica della pompa di Archimede per un materiale granulare, a sinistra. Vi-sta in sezione di una vite di Archimede azionata manualmente per il sollevamento dell’Acqua,a destra.

logia che questa descrizione riscontra nei confronti di un sistema fisico moltocomune: la pompa di Archimede187.

Pompa ad elettroniL’analogia risulta evidente dalla figura 6.17: girando la manopola la pom-

pa di Archimede torna sempre nello stato iniziale. Ogni volta che viene com-piuto un ciclo tutti gli elettroni risultano spostati di una cella unitaria in-nescando quindi uno scorrimento di cella in cella che rappresenta appuntouna corrente elettrica misurabile. Quanto detto fa anche riferimento alle ca-ratteristiche topologiche del sistema. Due oggetti infatti si definiscono topo-logicamente identici se possono essere eguagliati tramite una trasformazionecontinua nello spazio: pensando quindi ad una tazza e ad una ciambella "bi-dimensionali" si evince chiaramente si tratta dello stesso oggetto topologico(figura 6.18). Si noti che da molte proprietà topologiche scaturiscono delleimportanti caretteristiche di alcuni materiali in fisica dello stato solido.

187La vite idraulica di Archimede è un dispositivo elementare usato per sollevare unliquido (ad esempio l’Acqua) o un materiale granulare (ad esempio sabbia, ghiaia o solidifrantumati) o per sfruttare l’energia cinetica associata alla discesa del fluido lungo taledispositivo. Sebbene si tratti in genere di una macchina operatrice in quanto per definizioneassorbe energia per lo svolgimento di un lavoro che è quello di sollevare il fluido, in alcuneapplicazioni può essere utilizzata come macchina motrice e in questo caso si parla diturbina a vite o appunto pompa a vite (il liquido scorre nel tubo dall’alto verso il bassoe il suo moto di discesa aziona la vite di Archimede mettendola in rotazione producendoenergia cinetica che può essere raccolta per generare energia elettrica). Viti di Archimedesono state impiegate per drenare i polder a Kinderdijk nei Paesi Bassi.

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214 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

Figura 6.18: Uguaglianza topologica tra una ciambella ed una tazza "bidimensionali".

Si torni ora alla pompa ad elettroni, sistema simile a quello analizzato nellasezione precedente e quindi descritto da un parametro ~λ che ha il compitofra gli altri di mantenere il sistema isolante durante tutta la perturbazione.Se il loop chiuso descrive un insieme semplicemente connesso, ovvero un per-corso privo di "buchi" che può eventualmente collassare su un singolo punto,allora l’integrale (6.39) risulta nullo: non è possibile compiere salti di vettoridel reticolo diretto ~R. Di conseguenza anche il quanto reticolare stesso sarànullo:

~R = 0.

Questo significa che se il ciclo chiuso nello spazio parametrico compiuto dallapompa ad elettroni descrive un insieme semplicemente connesso allora leparticelle non si spostano da una cella unitaria all’altra: la loro posizionenon varia. La richiesta di avere un sistema isolante lungo tutto il loop chiuso

Figura 6.19: Sistema isolante lungo il percorso parametrico, a sinistra. Inserimento di una buca metallica,sulla destra.

si traduce proprio nel richiedere che tale ciclo chiuso sia rappresentato da

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6.6 Polarizzazione come fase di Berry 215

un insieme semplicemente connesso e di conseguenza questa assunzione (dicui ora si evince chiaramente il carattere topologico) cade ogni volta che siinserisce una "buca metallica" all’interno del percorso stesso: la zona metallicaimpedisce al percorso di collassare su un singolo punto (figura 6.19).

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216 6. Polarizzazione spontanea e fase di Berry

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Appendice A

Trasformazioni di Lorentz per ilcampo elettromagnetico

Si considerino due sistemi di riferimento inerziali che si muovono con ve-locità relativa ~v costante l’uno rispetto all’altro lungo l’asse definito dallacomponente parallela al moto. Le componenti del campo parallele alla velo-cità sono denotate con ~E|| e ~B||, mentre quelle perpendicolari con ~E⊥ e ~B⊥.Considerando uno dei due sistemi di riferimento fermo, le variabili "primate"denotano i campi nell’altro sistema, in moto: ~E

′|| = ~E||; ~B′|| = ~B||;~E ′⊥ = γ( ~E⊥ + ~v × ~B); ~B′⊥ = γ( ~B⊥ − 1

c2~v × ~E),

doveγ = 1√

1− |~v |2c2

= 1√1− β2

è il fattore di Lorentz. La trasformazione inversa si ottiene cambiando il segnodella velocità. In modo equivalente, si può scrivere ~E

′ = γ( ~E + ~v × ~B)− (γ − 1)( ~E · v)v;~B′ = γ( ~E − ~v× ~B

c2 )− (γ − 1)( ~B · v)v,

dove v è il versore che identifica la direzione della velocità. Data una particelladi carica q che si muove con velocità ~u rispetto al sistema fermo, la forza diLorentz agente su di essa è data da

~F = q ~E + q~u× ~B,

217

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218 A. Trasformazioni di Lorentz per il campo elettromagnetico

mentre nel sistema in moto invece si ha

~F ′ = q ~E ′ + q~u′ × ~B′.

Se i due sistemi hanno i tre assi rispettivamente paralleli, allora:

u′x = ux + |~v |(1 + |~v |ux

c2

) ; u′y =uyγ(

1 + |~v |uxc2

) ; u′z =uzγ(

1 + |~v |uxc2

) .Per un moto relativo tra i due sistemi lungo l’asse delle ascisse, per il campoelettrico si ottiene

E ′x = Ex; E ′y = γ (Ey − |~v |Bz) ; E ′z = γ(Ez − |~v |By)

mentre per il campo magnetico si ha

B′x = Bx; B′y = γ

(By + |~v |

c2 Ez

); B′z = γ

(Bz + |~v |

c2 Ey

).

Per velocità molto inferiori alla velocità della luce γ è prossimo ad 1 e pertantonel limite non-relativistico si ottiene ~E

′ ' ~E + ~v × ~B;~B′ ' ~B − 1

c2~v × ~E.

L’ultima espressione coincide proprio con il campo magnetico apparente chesi è considerato nella (2.2).

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Appendice B

Trasformata di Fourier delpotenziale coulombiano

In fisica, il potenziale di Coulomb gioca un ruolo fondamentale, per questoè necessario ed utile in diversi contesti valutarne la trasformata di Fourier.Si evince facilmente che tale trasformata è singolare e necessita quindi unprocesso di regolarizzazione per essere ben definita. Il potenziale di Coulomb(definito a meno della carica elettronica al quadrato)

1|~r |

dovrà quindi essere convertito nel suo analogo "schermato", ovvero

e−ε|~r |

|~r |,

dove ε è un parametro definito positivo (ε > 0) sul quale verrà consideratoil limite ε → ∞. La trasformata di Fourier (tridimensionale) del potenzialeschermato è data da

F.T.(e−ε|~r |

|~r |

)=∫d3r

1|~r |

e−i~k·~r

che in coordinate sferiche diventa

F.T.(e−ε|~r |

|~r |

)= 2π

∫ π

0sin(θ)e−i|~k||~r |cos(θ)dθ

∫ ∞0|~r |2 e

−ε|~r |

|~r |d|~r | =

= 2π∫ ∞

0|~r |e−ε|~r |d|~r |

[− 1i|~k||~r |

∫ π

0(−i|~k||~r |)sin(θ)e−i|~k||~r |cos(θ)dθ

]=

219

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220 B. Trasformata di Fourier del potenziale coulombiano

= 2π∫ ∞

0|~r |e−ε|~r |d|~r |

[− 1i|~k||~r |

e−i|~k||~r |cos(θ)

]π0

=

= 2π∫ ∞

0|~r |e−ε|~r |d|~r |

−e−i|~k||~r | − ei|~k||~r |i|~k||~r |

= 2πi|~k|

∫ ∞0

e−ε|~r |(ei|~k||~r | − e−i|~k||~r |

)d|~r | =

= 2πi|~k|

∫ ∞0

e−ε|~r |(2i sin(|~k||~r |)

)d|~r | = 4π

|~k|

∫ ∞0

e−ε|~r |sin(|~k||~r |)d|~r |.

A questo punto si nota come l’ultimo integrale non sia ben definito senzal’opportuno fattore di convergenza e−ε|~r |. Scrivendo quindi

sin(|~k||~r |) = Im[ei|~k||~r |

]si ottiene

F.T.(e−ε|~r |

|~r |

)= 4π|~k|

Im[∫ ∞

0e(i|~k|−ε)|~r |d|~r |

]= 4π|~k|

Im

e(i|~k|−ε)|~r |

i|~k| − ε

∞0

=

= 4π|~k|

Im[

1ε− i|~k|

]= 4π|~k|

Im

ε+ i|~k|ε2 + |~k|2

= 4π|~k|

|~k|ε2 + |~k|2

= 4π|~k|2 + ε2

.

Il contributo calcolato nell’estremo superiore (∞) scompare grazie al fattoredi convergenza e−ε|~r | che per |~r | → ∞ va a 0 più velocemente di quantoei|~k||~r | esploda all’infinito. Prendendo quindi come risultato il limite ε→ 0 si

ottieneF.T.

(e−ε|~r |

|~r |

)= 4π|~k|2

,

che infatti ha senso solo quando la trasformata di Fourier stessa è moltiplicataper una qualsiasi funzione abbastanza liscia f(~k) ("smooth function", funzioneregolare) e integrabile.

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Appendice C

Energia di scambio HF nelJellium

Data laEXaiV

= e2∫|~k|≤| ~kF |

d3k

(2π)3

∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)34π

|~k′ − ~k|2. (C.1)

ci si concentra sull’integrale in d3k. In coordinate sferiche quest’ultimo di-venta

4π · 2π∫ 1

−1d(cos(θ))

∫ | ~kF |0

d|~k|(2π)3 |~k|

2 1|~k′ − ~k|2

.

Sviluppando il modulo quadro al denominatore, ovvero scrivendo

|~k′ − ~k|2 = |~k′|2 + |~k|2 − 2|~k ′||~k|cos(θ),

dove θ è l’angolo compreso frai vettori ~k e ~k ′, si arriva all’espressione

EXaiV

= 1π

∫ 1

−1d(cos(θ))

∫ | ~kF |0

d|~k||~k|2 1|~k′|2 + |~k|2 − 2|~k ′||~k|cos(θ)

.

Ponendo poi cos(θ) = µ, y = |~k ′|| ~kF |

e applicando la sostituzione

x = |~k|| ~kF |

; d|~k| = | ~kF |dx; |~k| → | ~kF |, x→ 1 e |~k| → 0, x→ 0, (C.2)

si haEXaiV

= 1π

∫ 1

−1dµ∫ 1

0dx| ~kF |2x2 1

| ~kF |2y2 + | ~kF |2x2 − 2| ~kF |2xyµ=

221

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222 C. Energia di scambio HF nel Jellium

= |~kF |π

∫ 1

0dxx2

∫ 1

−1dµ

1x2 + y2 − 2xyµ. (C.3)

L’integrale in dµ diventa∫ 1

−1dµ

1x2 + y2 − 2xyµ =

∫ 1

−1dµ

12xy

x2y + y

2x − µ= − 1

2xy

∫ 1

−1dµ

−1x2+y2

2xy − µ=

= − 12xy

[ln∣∣∣∣∣x2 + y2

2xy − µ∣∣∣∣∣]1

−1= − 1

2xy

[ln∣∣∣∣∣x2 + y2

2xy − 1∣∣∣∣∣− ln

∣∣∣∣∣x2 + y2

2xy + 1∣∣∣∣∣]

=

= 12xy

ln

∣∣∣∣∣∣x2+y2

2xy + 1x2+y2

2xy − 1

∣∣∣∣∣∣ = 1

2xy ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣2

= 1xy

ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣ .Quindi l’espressione (C.3) si riscrive come

EXaiV

= |~kF |πy

∫ 1

0dxx ln

∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣ .Siccome la derivata del logaritmo integrando è data dad

dxln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣ =(x− yx+ y

)((x− y)− (x+ y)

(x− y)2

)= x− y − x− y

(x+ y)(x− y) = − 2yx2 − y2

(C.4)si può applicare la regola di derivazione per parti e ottenere

EXaiV

= |~kF |πy

[x2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣−∫dxx2

2

(− 2yx2 − y2

)]1

0=

= |~kF |πy

[x2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣+ y∫dx

x2

x2 − y2

]1

0. (C.5)

L’integrale in dx si valuta nel modo seguente:∫dx

x2

x2 − y2 =∫dxx2 − y2 + y2

x2 − y2 =∫dx1 +

∫dx

y2

x2 − y2 =

= x+ y2∫dx

1x2 − y2 = x− y2

∫dx

1y2 − x2 = x− y2

(12y ln

∣∣∣∣∣y + x

y − x

∣∣∣∣∣),

dove si è applicata la forma generalizzata188 dell’integrale∫dx 1

1−x2 . A questopunto la (C.5) diventa

EXaiV

= |~kF |πy

[x2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣+ yx− y2

2 ln∣∣∣∣∣y + x

y − x

∣∣∣∣∣]1

0=

188Nel dettaglio si ha∫dx 1

a2−x2 = 12a ln

∣∣∣a+xa−x

∣∣∣.

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223

= |~kF |πy

[x2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣+ yx− y2

2 ln∣∣∣∣∣−(y + x

x− y

)∣∣∣∣∣]1

0.

Applicando il modulo per l’argomento del secondo logaritmo si ha

EXaiV

= |~kF |πy

[x2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣+ yx− y2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣]1

0=

= |~kF |πy

[x2 − y2

2 ln∣∣∣∣∣x+ y

x− y

∣∣∣∣∣+ yx

]1

0.

Siccome limx→0 ln∣∣∣x+yx−y

∣∣∣ = limx→0 ln∣∣∣∣x(1+ y

x)x(1− y

x)

∣∣∣∣ = ln(1) = 0 basterà calcolarel’integrale nel solo estremo x = 1; così facendo si ottiene

EXaiV

= |~kF |π

[1− y2

2y ln∣∣∣∣∣1 + y

1− y

∣∣∣∣∣+ 1]

=

= 2| ~kF |π

[1− y2

4y ln∣∣∣∣∣1 + y

1− y

∣∣∣∣∣+ 12

]= 2| ~kF |

πF (y) = 2| ~kF |

πF

|~k ′|| ~kF |

,dove compare proprio la funzione di Lindhard F (x) introdotta nella (3.30).Quindi la (C.1), e conseguentemente la (3.28), diventano

EXaiV

= e2∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)32| ~kF |π

F

|~k ′|| ~kF |

.

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224 C. Energia di scambio HF nel Jellium

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Appendice D

Calcolo dell’integrale dellafunzione di Lindhard

Esplicitando la funzione Lindhard F (x) nell’equazione (3.29) si ha

EXaiV

= e2∫|~k′|≤| ~kF |

d3k′

(2π)32| ~kF |π

12 +

1−(|~k ′|| ~kF |

)2

4 |~k ′|| ~kF |ln

∣∣∣∣∣∣∣1 + |~k ′|

| ~kF |

1− |~k ′|| ~kF |

∣∣∣∣∣∣∣

che applicando la solita sostituzione (C.2) diventa

EXaiV

= e2

π3 | ~kF |∫ 1

0| ~kF |dx | ~kF |2x2

[12 + 1− x2

4x ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣]

=

= e2| ~kF |4

π3

[∫ 1

0dx

x2

2 +∫ 1

0dxx

4 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− ∫ 1

0dx

x3

4 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣]

=

= e2| ~kF |4

π3

16 + 1

4

[x2

2 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− ∫ 1

0dx

21− x2

x2

2

]−

−14

[x4

4 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− ∫ 1

0dx

21− x2

x4

4

]1

0,

dove ancora una volta si è sfruttata la derivata (C.4) e si è applicata la regoladi integrazione per parti. Semplificando si ha

EXaiV

= e2| ~kF |4

6π3 + e2| ~kF |4

4π3 ·

·[x2

2 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− ∫ 1

0dx

x2

1− x2 −x4

4 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣+ 12

∫ 1

0dx

x4

1− x2

]1

0. (D.1)

225

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226 D. Calcolo dell’integrale della funzione di Lindhard

A questo punto si possono valutare separatamente i due integrali, per il primosi può scrivere

∫ 1

0dx

x2

1− x2 = −∫ 1

0dx−x2

1− x2 = −∫ 1

0dx

1− x2 − 11− x2 =

= −∫ 1

0dx

1− x2

1− x2 +∫ 1

0dx

11− x2 = −

∫ 1

0dx+

∫ 1

0dx

11− x2 =

= −1 +∫ 1

0dx

11− x2 . (D.2)

L’ultimo integrale può essere risolto considerando che

11− x2 = 1

(1− x)(1 + x) = A

1− x + B

1 + x= A(1 + x) +B(1− x)

(1− x)(1 + x) =

= A+ Ax+B −Bx(1− x)(1 + x) ,

quindi ponendo A = 12 e B = 1

2 si ha∫ 1

0dx

11− x2 = 1

2

∫ 1

0dx

11− x + 1

2

∫ 1

0dx

11 + x

=

=[−1

2 ln |1− x|]1

0+[12 ln |1 + x|

]1

0=[12 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣]1

0.

A questo punto la (D.2) diventa∫ 1

0dx

x2

1− x2 = −1 +[12 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣]1

0.

Per quanto riguarda il secondo integrale della (D.1) si ha

x4 = −(x2 + 1)(1− x2) + 1,

quindi∫ 1

0dx

x4

1− x2 =∫ 1

0dx

11− x2 −

∫ 1

0dx(x2 + 1) =

[12 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣]1

0− x3

3 − 1.

Tenendo conto anche del prefattore si ottiene

12

∫ 1

0dx

x4

1− x2 = 14

[ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣]1

0− x3

6 −12 .

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227

Sostituendo i risultati ottenuti nella (D.1) si ha

EXaiV

= e2| ~kF |4

6π3 + e2| ~kF |4

4π3 ·

·[x2

2 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣+ 1− 12 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− x4

4 ln∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣+ 14 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− x3

6 −12

]1

0.

Siccome tutti i termini calcolati in x = 0 si annullano si considerano solo ivalori calcolati in x = 1. Il termine ln |1− x| diverge a −∞ per x = 1 maquesto non deve preoccupare perché le potenze di x che lo moltiplicano, ovepresenti, sono dominanti. Quindi sostituendo x = 1 ovunque tranne che neilogaritmi si ottiene

EXaiV

= e2| ~kF |4

6π3 + e2| ~kF |4

4π3 ·

·[12 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− 12 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣− 14 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣+ 14 ln

∣∣∣∣1 + x

1− x

∣∣∣∣+ 1− 16 −

12

]1

0.

da cui si evince chiaramente che tutti i logaritmi si semplificano a vicenda esi rimane quindi con

EXaiV

= e2| ~kF |4

6π3 + e2| ~kF |4

4π3

[13

]= e2| ~kF |4

6π3 + e2| ~kF |4

12π3 = 3e2| ~kF |4

12π3 = 3e2| ~kF |4

12π3 .

Sostituendo il valore di | ~kF | in funzione della densità elettronica definito nella(3.26) si ha

EXaiV

= 3e2

12π3 · (3π2ρI)

43 = 3e2 · 3 · 3 1

3π83

12π 93

ρ43I = 3

4e2( 3π

) 13ρ

43I = Bρ

43I ,

che è proprio l’espressione (3.31) che si voleva ricavare.

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228 D. Calcolo dell’integrale della funzione di Lindhard

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In copertina: isosuperficie del ground state elettronico del Fullerene-C60

ricavata tramite DFT.

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