Sole_24ore_28_3_13_ASL[1]

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Ambiente, 20 anni senza Asl I l 18 aprile 1993 si svolgeva il referendum che tolse la responsabilità dei controlli ambientali al Servizio sanitario nazionale. Il netto risultato (l’82% votò sì), fortemente auspi- cato dai movimenti ambientali- sti, aprì una fase di grandi speran- ze, ma anche di incertezze nor- mative che durarono un decen- nio, fino alla creazione delle Agenzie regionali per la tutela ambientale (Arpa) in tutte le Re- gioni. Ma soprattutto quel referen- dum creò una frattura tra compe- tenze sanitarie e ambientali che ha reso da allora in poi difficili le interazioni tra diverse professio- nalità e la gestione globale dei problemi ambientali. Alcune criticità di oggi si de- vono all’inerzia dei legislatori di allora che rifuggirono da iniziati- ve “coraggiose” nei casi di prova- ti effetti sanitari e imposero spes- so limiti basati sul solo criterio di precauzione. E non ci riferiamo solo ai casi più clamorosi come gli inquinamenti industriali, l’amianto o le discariche abusi- ve. La legge 36/1994 (Legge Galli) sul Servizio idrico integra- to non è ancora applicata dapper- tutto (sono stati attivati solo 72 Ato su 90); gli acquedotti hanno perdite superiori al 35% e sono state aperte centinaia di procedu- re di infrazione da parte della Ue per gli scarichi; gli obiettivi sulla gestione dei rifiuti sono stati rag- giunti in meno di 10 Province italiane su 110; e l’Italia è uno dei Paesi industrializzati con la minor raccolta differenziata, la minor quantità di rifiuti avviati ai termovalorizzatori e continue emergenze legate alla mancanza di efficaci sistemi di smaltimen- to; c’è stato uno sviluppo “schi- zofrenico” delle energie rinnova- bili, con un lungo periodo di iner- zia seguito da un eccessivo svi- luppo legato a incentivi eccessivi soprattutto per il fotovoltaico che ha comportato diverse criticità; i presunti rischi ambientali con ap- procci parziali ai problemi han- no contribuito ai ritardi di diver- se grandi opere che già scontava- no l’eccessiva burocrazia, le non rare malversazioni e i frequenti ricorsi alla magistratura. Sono sorti numerosi movi- menti contro i termovalorizzato- ri, l’alta velocità (No Tav), le escavazioni (No Cav), le trivella- zioni per il petrolio (No Triv) e più in generale atteggiamenti che rientrano nella definizione di Sindrome di Nimby (Not in my back yard). Il quadro è complesso in un contesto normativo che è evoluto sotto la spinta delle direttive Ue ma senza politiche razionali per le autorizzazioni, i controlli e gli au- tocontrolli, divenuti sempre più comuni. Nel 1999 fu affrontato dal legislatore il problema dei con- trolli ambientali in relazione ai ri- schi sanitari e soprattutto alle esi- genze di disporre di laboratori di Sanità pubblica. Anche in questo caso la risposta del Parlamento fu debole e limitata a tre commi del Dlgs 229/1999 che auspicavano genericamente una collaborazio- ne tra Ssn e Arpa. L’efficacia di azione delle Ar- pa è “a macchia di leopardo” nel- le diverse Regioni e quasi ovun- que soffrono di scarsi finanzia- menti, peraltro derivati per larga parte dal Ssn. Sono diffuse le lamentele del mondo imprendito- riale per l’eccessiva burocrazia, discrezionalità e autoreferenziali- tà nelle modalità di rilascio dei pareri e nella conduzione dei con- trolli. Ci sono troppe norme am- bigue e troppi preconcetti nei confronti delle aziende private, delle parti politiche considerate “inaffidabili”, degli enti locali e delle società di gestione dei cicli dei rifiuti e idrico. E soprattutto non vi è certezza che il rispetto di tutte le norme vigenti eviti real- mente i rischi rilevanti per la salu- te umana, come il recente caso Ilva ha dimostrato. E ciò mentre la crisi economica e le politiche per la riduzione del debito pubbli- co rallentano l’attuazione di misu- re per la prevenzione e la prote- zione del territorio. La prevenzione dei rischi sul- la salute è certamente gravato dal- la difficoltà di disporre di dati epidemiologici certi su molti fat- tori ambientali al centro dei dibat- titi, come il recente studio Sentie- ri dell’Iss su 44 siti sensibili ha evidenziato. Ma soprattutto le questioni ambientali hanno assun- to rilevanti connotati sociali e cul- turali e devono quindi essere trat- tate in quest’ottica con un approc- cio multidisciplinare ai problemi e iter formativi adeguati. I deciso- ri politici devono considerare e gestire tutti questi aspetti e gli operatori coinvolti tenerne in grande conto. Infine è sempre più frequente l’intervento della magistratura su questioni ambientali anche in re- lazione alla salute umana, diritto costituzionalmente garantito e non contemperabile. E sempre più spesso sono i giudici a deci- dere su questioni ambientali rile- vanti come la chiusura di impian- ti, i sequestri, l’attribuzione delle responsabilità penali e le sanzio- ni. La gestione delle politiche am- bientali di questi 20 anni non è quindi stata condotta in modo ef- ficace come sperato e alcuni casi emblematici derivano da una ge- stione troppo superficiale dei ri- schi, senza una visione globale dei problemi anche per la man- canza di una necessaria interazio- ne tra i professionisti della salute, responsabili dei controlli ambien- tali e decisori politici. Sono stati rilevati in questi anni atteggia- menti troppo passivi e prescritti- vi da parte delle autorità compe- tenti (Arpa, Asl ed Enti locali). Una corretta formazione multidi- sciplinare e una maggior respon- sabilizzazione delle parti sono da perseguire anche per non con- tinuare a delegare alla magistra- tura la ricerca delle soluzioni. Una rinuncia di fatto, che rappre- senta una sconfitta per tutte le parti e non necessariamente por- ta alle scelte più razionali e caute- lative. Carlo Signorelli Vice-presidente Siti © RIPRODUZIONE RISERVATA La frattura salute-ecosostenibilità dopo l’esclusione delle competenze sanitarie dai controlli Italia al palo tra caos normativo e aggravi burocratici - Il bilancio Siti 24 28 mag.-3 giu. 2013 L AVORO/ P ROFESSIONE

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Ambiente, 20 anni senza Asl

I l 18 aprile 1993 si svolgevail referendum che tolse laresponsabilità dei controlli

ambientali al Servizio sanitarionazionale. Il netto risultato(l’82% votò sì), fortemente auspi-cato dai movimenti ambientali-sti, aprì una fase di grandi speran-ze, ma anche di incertezze nor-mative che durarono un decen-nio, fino alla creazione delleAgenzie regionali per la tutelaambientale (Arpa) in tutte le Re-gioni.

Ma soprattutto quel referen-dum creò una frattura tra compe-tenze sanitarie e ambientali cheha reso da allora in poi difficili leinterazioni tra diverse professio-nalità e la gestione globale deiproblemi ambientali.

Alcune criticità di oggi si de-vono all’inerzia dei legislatori diallora che rifuggirono da iniziati-ve “coraggiose” nei casi di prova-ti effetti sanitari e imposero spes-so limiti basati sul solo criterio diprecauzione. E non ci riferiamosolo ai casi più clamorosi comegli inquinamenti industriali,l’amianto o le discariche abusi-ve. La legge 36/1994 (LeggeGalli) sul Servizio idrico integra-to non è ancora applicata dapper-tutto (sono stati attivati solo 72

Ato su 90); gli acquedotti hannoperdite superiori al 35% e sonostate aperte centinaia di procedu-re di infrazione da parte della Ueper gli scarichi; gli obiettivi sullagestione dei rifiuti sono stati rag-giunti in meno di 10 Provinceitaliane su 110; e l’Italia è unodei Paesi industrializzati con laminor raccolta differenziata, laminor quantità di rifiuti avviati aitermovalorizzatori e continueemergenze legate alla mancanzadi efficaci sistemi di smaltimen-to; c’è stato uno sviluppo “schi-zofrenico” delle energie rinnova-bili, con un lungo periodo di iner-zia seguito da un eccessivo svi-luppo legato a incentivi eccessivisoprattutto per il fotovoltaico cheha comportato diverse criticità; ipresunti rischi ambientali con ap-procci parziali ai problemi han-no contribuito ai ritardi di diver-se grandi opere che già scontava-no l’eccessiva burocrazia, le nonrare malversazioni e i frequentiricorsi alla magistratura.

Sono sorti numerosi movi-menti contro i termovalorizzato-ri, l’alta velocità (No Tav), leescavazioni (No Cav), le trivella-zioni per il petrolio (No Triv) epiù in generale atteggiamentiche rientrano nella definizione di

Sindrome di Nimby (Not in myback yard).

Il quadro è complesso in uncontesto normativo che è evolutosotto la spinta delle direttive Uema senza politiche razionali per leautorizzazioni, i controlli e gli au-tocontrolli, divenuti sempre piùcomuni. Nel 1999 fu affrontatodal legislatore il problema dei con-trolli ambientali in relazione ai ri-schi sanitari e soprattutto alle esi-genze di disporre di laboratori diSanità pubblica. Anche in questocaso la risposta del Parlamento fudebole e limitata a tre commi delDlgs 229/1999 che auspicavanogenericamente una collaborazio-ne tra Ssn e Arpa.

L’efficacia di azione delle Ar-pa è “a macchia di leopardo” nel-le diverse Regioni e quasi ovun-que soffrono di scarsi finanzia-menti, peraltro derivati per largaparte dal Ssn. Sono diffuse lelamentele del mondo imprendito-riale per l’eccessiva burocrazia,discrezionalità e autoreferenziali-tà nelle modalità di rilascio deipareri e nella conduzione dei con-trolli. Ci sono troppe norme am-bigue e troppi preconcetti neiconfronti delle aziende private,delle parti politiche considerate“inaffidabili”, degli enti locali edelle società di gestione dei ciclidei rifiuti e idrico. E soprattuttonon vi è certezza che il rispetto di

tutte le norme vigenti eviti real-mente i rischi rilevanti per la salu-te umana, come il recente casoIlva ha dimostrato. E ciò mentrela crisi economica e le politicheper la riduzione del debito pubbli-co rallentano l’attuazione di misu-re per la prevenzione e la prote-zione del territorio.

La prevenzione dei rischi sul-la salute è certamente gravato dal-la difficoltà di disporre di datiepidemiologici certi su molti fat-tori ambientali al centro dei dibat-titi, come il recente studio Sentie-ri dell’Iss su 44 siti sensibili haevidenziato. Ma soprattutto lequestioni ambientali hanno assun-to rilevanti connotati sociali e cul-turali e devono quindi essere trat-tate in quest’ottica con un approc-cio multidisciplinare ai problemie iter formativi adeguati. I deciso-ri politici devono considerare egestire tutti questi aspetti e glioperatori coinvolti tenerne ingrande conto.

Infine è sempre più frequentel’intervento della magistratura suquestioni ambientali anche in re-lazione alla salute umana, dirittocostituzionalmente garantito enon contemperabile. E semprepiù spesso sono i giudici a deci-dere su questioni ambientali rile-

vanti come la chiusura di impian-ti, i sequestri, l’attribuzione delleresponsabilità penali e le sanzio-ni.

La gestione delle politiche am-bientali di questi 20 anni non èquindi stata condotta in modo ef-ficace come sperato e alcuni casiemblematici derivano da una ge-stione troppo superficiale dei ri-schi, senza una visione globaledei problemi anche per la man-canza di una necessaria interazio-ne tra i professionisti della salute,responsabili dei controlli ambien-tali e decisori politici. Sono statirilevati in questi anni atteggia-menti troppo passivi e prescritti-vi da parte delle autorità compe-tenti (Arpa, Asl ed Enti locali).Una corretta formazione multidi-sciplinare e una maggior respon-sabilizzazione delle parti sonoda perseguire anche per non con-tinuare a delegare alla magistra-tura la ricerca delle soluzioni.Una rinuncia di fatto, che rappre-senta una sconfitta per tutte leparti e non necessariamente por-ta alle scelte più razionali e caute-lative.

Carlo SignorelliVice-presidente Siti

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La frattura salute-ecosostenibilità dopo l’esclusione delle competenze sanitarie dai controlli

Italia al palo tra caos normativo e aggravi burocratici - Il bilancio Siti

24 28 mag.-3 giu. 2013LAVORO/PROFESSIONE

«Drg, stop ai tagli delle tariffeche mettono a rischio il cuore»

«Apriamo le terapie intensive»LE RICHIESTE DEGLI ARITMOLOGI DELL’AIACA nche in Italia i reparti di

Terapia intensiva (Ti) stan-no cambiando volto. Sia

pur lentamente, infatti, ci si orientasempre più a realizzare anche nelnostro Paese il modello della Ti“aperta”.

Per molti medici e infermieril’espressione Ti “aperta” rappresen-ta tuttora una sorta di ossimoro.Questo punto di vista è in buonamisura coerente con la storia cheabbiamo alle spalle. Infatti, a partiredalla loro creazione, meno di cin-quant’anni fa, e per molti anni aseguire, i reparti di Terapia intensi-va sono stati strutture “chiuse” do-ve l’accesso di familiari e visitatoriera considerato sfavorevolmente e,quindi, molto limitato.

Tale strategia è stata frequente-mente motivata con i timori riguar-do al rischio di infezioni, l’interfe-renza con le cure, l’aumento dellostress per pazienti e familiari, e laviolazione della confidenzialità del-le informazioni.

Di fatto il ricovero del pazientein Ti ha obbedito a lungo a quelloche si potrebbe definire il“principio della porta girevole”, se-condo il quale quando entra il pa-ziente, i familiari vengono sospintifuori.

Le attuali conoscenze non solohanno fatto venir meno questi timo-ri ma hanno anche evidenziato chela separazione dai propri cari è unimportante motivo di sofferenza peril paziente ricoverato in Ti, e cheuno dei bisogni più importanti deifamiliari è quello di fare visita alpaziente e stargli accanto. Molte ri-cerche hanno dimostrato che avereuna persona cara ricoverata in tera-pia intensiva è causa di grande sof-ferenza: tra i familiari vi è un’altissi-ma incidenza di ansia e depressio-ne. Inoltre, un terzo sperimenta unacondizione di stress post-traumati-co, che perdura mesi dopo le dimis-sioni del parente: a 6-12 mesi didistanza dalla dimissione, a esem-pio, il 25% dei genitori di un bambi-no precedentemente ricoverato interapia intensiva pediatrica presentaancora problemi di stress post-trau-matico.

Numerosi studi suggerisconoche la liberalizzazione dell’accessoalla Ti per familiari e visitatori, nonsolo non è in alcun modo pericolo-sa per i pazienti, ma è anzi beneficasia per loro sia per le famiglie. Inparticolare non causa un aumentodelle infezioni nei pazienti, mentresi riducono in modo significativotanto le complicanze cardio-vascola-ri quanto i livelli di ansia. Inoltre,gli indici ormonali di stress sonopiù bassi. Un ulteriore importanteeffetto positivo è rappresentato dal-la netta riduzione dell’ansia nei fa-miliari.

Cosa significa in concreto“aprire” la Ti? Non significa soloprolungamento dell’orario di visitadi familiari e amici ma, più in gene-rale, impegno perché alle competen-ze professionali e all’alta tecnologiasi associno alla cura del “pazientecritico” capacità di relazione e diincontro. L’apertura della Ti si gio-ca quindi non solo sul piano tempo-rale, ma anche su quello fisico erelazionale. Un parente, a esempio,potrà accarezzare, baciare, tenereper mano il proprio congiunto met-

tendo definitivamente da parte bar-riere protettive, come camici e guan-ti, che non hanno reale utilità. Cre-scerà inoltre la cura per una comuni-cazione attenta e partecipe con ifamiliari, facendo ogni sforzo per-ché essa non risulti, al contrario,compressa, frammentata e ineffica-ce.

C’è però ancora molta strada dapercorrere e un consistente cambia-mento culturale da realizzare. Il70% delle terapie intensive in Sve-zia e il 20% in Gran Bretagna nonpone limiti alle visite nel corso del-le 24 ore. Attualmente, nel nostroPaese solo il 2% delle terapie inten-sive è aperto; il quadro migliora perquelle pediatriche che nel 12% deicasi non pone limiti di visite nelle24 ore.

In Italia le Ti per adulti consento-no in media due ore di visita algiorno; cinque sono invece le oreper quelle pediatriche. Inoltre unquarto dei reparti italiani non ha lasala d’aspetto per i familiari. Lamaggior parte degli ospedali, infat-ti, è stata costruita prima della se-conda guerra mondiale, quando leTi non esistevano ancora.

Terapia intensiva aperta nonvuol dire però senza regole, ed èutile e necessario porre alcuni palet-ti. In Ti si svolge un lavoro comples-so e difficile: a familiari e visitatorisi dovrà chiedere non soltanto diavere la massima attenzione per tut-ti i pazienti del reparto, ma anche dirispettare alcune norme igieniche (aesempio, lavarsi accuratamente le

mani prima e dopo la visita), disicurezza (non toccare apparecchia-ture o linee infusionali) e gestionali(uscire durante manovre di emer-genza).

Una terapia intensiva progettatae realizzata con porte e menti aper-te, fornisce ai familiari il sostegnonecessario per condividere le scelteterapeutiche e per sentirsi parte delprocesso assistenziale. Vedere con ipropri occhi il lavoro svolto in Tiaiuta a rassicurare i familiari, raffor-zando la convinzione che i loro carisono assistiti in modo attento e co-stante. Inoltre, l’accesso libero ac-cresce la fiducia e l’apprezzamentoverso medici e infermieri.

L’apertura della Ti e la presenzadei familiari accanto al malato nonsono affatto una “concessione” marappresentano una scelta utile e mo-tivata, una risposta efficace ai biso-gni e ai diritti del malato e della suafamiglia. È una scelta che chiede dirinnovare o rimodulare parte dei no-stri comportamenti e che impegna aindividuare soluzioni originali perogni singola realtà. Rappresenta cer-tamente una sfida importante permedici e infermieri, ma consente dirinnovare e arricchire i gesti dell’al-leanza terapeutica tra la persona ma-lata e quanti si prendono cura di lei.

Massimo AntonelliPresidente Siaarti

Alberto GianniniResponsabile del Gruppo di studio

di bioetica della Siaarti© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dagli anestesisti Siaarti l’appello a non sbarrare le porte dei reparti di rianimazione

I l 28 gennaio 2013 è stato pubblicatoin Gazzetta Ufficiale il decreto del

ministero della Salute che fissa le nuo-ve tariffe per la remunerazione per leprestazioni di assistenza ospedalieraper acuti, riabilitazione, lungodegenzae ambulatoriale (Tun). Il decreto preve-de che l’eccedenza della tariffa rispettoalle nuove sia a carico dei bilanci regio-nali e che il recepimento delle nuovetariffe è obbligatorio per le Regioni inpiano di rientro.

Tale decreto ministeriale prevedeuna drastica riduzione delle attuali tarif-fe (tariffa unica convenzionale) per leprocedure di elettrofisiologia ed elettro-stimolazione pari a circa il 20% (afronte invece di una riduzione mediacomplessiva del 4,5% dei Drg). Nellospecifico:● Drg per l’ablazione transcatetere(Drg 518 e 555) sono stati ridotti del31 per cento;● Drg per i pace-maker (Drg 117,118, 552) del 39 per cento;● Drg per i defibrillatori impiantabili(Drg 515, 535, 536 e 551) del 13 percento.

Si tratta di tagli in-comprensibili e ingiu-stificati, soprattutto re-lativamente alle proce-dure di ablazione tran-scatetere che avevanogià tariffe inadeguate.

Lo dimostra un re-port di Health techno-logy assessment realiz-zato dall’Aiac (Asso-ciazione italiana di Aritmologia e car-diostimolazione) sulla procedura diablazione transcatetere della fibrillazio-ne atriale, la patologia aritmica più fre-quente nella popolazione generale.

Nell’analisi è stato evidenziato co-me il costo medio di produzione dellaprocedura di ablazione (9.455 euro)non sia oggi adeguatamente rimborsa-to dalla tariffa unica convenzionale(5.592 euro). Qualora fosse applicatala tariffa Tun, il rimborso si ridurrebbea 3.962 euro, una cifra assolutamenteincongrua rispetto al consumo di risor-se. Considerazioni analoghe potrebbe-ro valere sicuramente per altre procedu-re ablative ad alta complessità poichéanche queste richiedono elevate com-petenze e consumo di risorse economi-che (generato dal maggiore impegnodi tempo, di risorse umane e dall’utiliz-zo di materiali di consumo ad altocosto).

L’adozione da parte delle Regionidelle nuove tariffe comporterà certa-mente gravi problemi di sostenibilitàper qualunque struttura, sia pubblicache privata, con conseguente drasticariduzione del numero di procedureelettrofisiologiche (in particolare quel-le di ablazione transcatetere) eseguitesu tutto il territorio nazionale.

Paradossalmente, l’impatto maggio-re ricadrà sui centri a più alto volumee con maggiore esperienza che, in vir-tù di tali caratteristiche, oggi eseguo-no anche i trattamenti più complessi ea più alto costo.

Ovviamente, nella prospettiva delSistema sanitario nazionale e del priva-to cittadino, è facile prevedere una

maggiore difficoltà di accesso al tratta-mento e un pesante allungamento del-le liste d’attesa. Inoltre, il ridotto nu-mero di procedure verrà eseguito po-nendo estrema attenzione alla riduzio-ne dei costi di produzione con disinve-stimento sulle tecnologie più modernee innovative. Tutto ciò ovviamente adiscapito della qualità dell’assistenzaal malato e con costi incrementali lega-ti alla minore efficacia e sicurezza del-le procedure.

L’Aiac, in qualità di Società scienti-fica che rappresenta gli Aritmologi inItalia e referente unico per le proble-matiche aritmologiche della Federazio-ne italiana di Cardiologia, ha semprecercato di sviluppare strumenti peruna miglior gestione della pratica clini-ca, quali linee guida, percorsi diagno-stico-terapeutici, studi clinici e docu-menti sulla struttura e l’organizzazio-ne dell’Aritmologia.

Inoltre, negli ultimi anni Aiac hadimostrato una grande attenzione allapromozione dell’utilizzo di tecnicheper il trattamento delle aritmie in una

logica di efficacia, ef-ficienza, sostenibilitàeconomica e appro-priatezza d’uso.

Pertanto, considera-te le pesanti ricaduteche l’applicazione ditale norma avrà, Aiacchiede di sospenderel’attuazione del pre-sente decreto perquanto riguarda il set-

tore di competenza, e si rende disponi-bile da subito per una collaborazionecon il ministero della Salute e Agenasfinalizzata a una modifica costruttivadel sistema di rimborso, a partire dauna revisione critica della codifica del-le procedure di elettrofisiologia ed elet-trostimolazione (che oggi non consen-te l’identificazione di quelle a maggio-re complessità e consumo di risorse) edelle relative tariffe. La corretta identi-ficazione e valorizzazione delle proce-dure, esclusivamente sulla base dellacomplessità e del consumo di risorse,è infatti presupposto imprescindibileper un utilizzo adeguato alle necessitàcliniche e omogeneamente diffuso sututto il territorio nazionale.

Al contrario, la parziale compensa-zione con rimborsi più elevati prove-nienti da altri Drg (anche dello stessosettore) non può essere ritenuta accet-tabile in quanto non va a incentivarela diffusione delle procedure economi-camente penalizzate, e potrebbe esse-re foriera di comportamenti opportuni-stici.

Consapevole della necessità di con-tenere i costi sanitari, Aiac ritiene chei risparmi generati da un più appropria-to utilizzo delle risorse possano essereriallocati per compensare il maggioresborso economico a carico di proce-dure complesse, ancorché costo-effica-ci, con conseguente miglioramentodella qualità ed efficienza del serviziodi cura erogato.

Massimo TrittoPresidente Aiac Lombardia

© RIPRODUZIONE RISERVATA

R. Magritte - La victoire (1939)

Le valutazioniprecedentierano giàinappropriate

Nessun pericolo: l’ingresso di familiari e amici è benefico per tutti

28 mag.-3 giu. 2013 25LAVORO/PROFESSIONE