Sogno di Scipione l’Emiliano - Palazzo chigi Ariccia...Sogno di Scipione l’Emiliano 1682-85 Olio...

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Presentato come opera di “Scuola italiana del XVII secolo”alla vendita presso la Casa d’aste Karl und Faber di Monacodi Baviera, il dipinto, proveniente dalla collezione di EberhardHanfstaengl (1886-1973) della stessa città bavarese, mi èstato cortesemente segnalato, con l’esatta assegnazione al gio-vane Solimena, da Tommaso Ferruda quando era appenacomparso alla vendita indicata. In seguito è stato riprodotto,senz’altra indicazione, dalla Farina nel suo sito web ilseicen-todivivianafarina. Il soggetto illustrato, più volte rappresentatofin dal Quattrocento (in particolare, è stato proposto d’iden-tificare con il Sogno di Scipione anche il noto dipinto su tavoladi Raffaello nelle raccolte della National Gallery di Londra,il cui soggetto, tuttavia, è stato anche interpretato come Ercoleal bivio o come Ercole tra le Esperidi; si segnala, in aggiunta,che con lo stesso titolo del testo ciceroniano Mozart composenel 1771 un’opera lirica), è tratto dall’ultima parte del sestolibro del De re publica di Cicerone, nel quale, più esattamente,si parla di visum, cioè “visione” e non di “sogno” (somnium).Nel trattato, che suscitò notevole interesse nel Medioevo e nelprimo Rinascimento, per la sua impostazione neoplatonica,assimilabile alla concezione cristiana della vita eterna, sonotrattati argomenti di contenuto mistico-filosofico, come l’esi-stenza dell’aldilà, l’immortalità dell’anima e la ricompensa ul-traterrena per i politici che avessero operato nell’interessedella patria. Vi si racconta, infatti, che a Scipione l’Emiliano,console nel 147 a.C. e vincitore, con la distruzione di Cartaginenel 146 a.C., della terza guerra punica, era comparso insonno, mentre era ospite in Numidia di re Masinissa, il nonnoadottivo, Scipione l’Africano, che gli predisse glorie future emorte prematura; ma, al tempo stesso, mostrandogli le sferecelesti, gli annunciò anche che, dopo la scomparsa, quale pre-mio riservato dagli dei ai politici “virtuosi”, avrebbe ottenutol’immortalità dell’anima e una residenza nella Via Lattea. Persoluzioni e qualità di resa pittorica il dipinto in argomento èuno degli esempi più rilevanti della produzione giovanile diFrancesco Solimena a distanza di pochi anni dal trasferimentoa Napoli nel 1674: una produzione segnata, rispetto a quellainiziale ancora condotta tra naturalismo paterno e primeaperture in direzione barocca, da accresciute e più maturesuggestioni per il fare rischiarato e prezioso soprattutto diLuca Giordano (autore, peraltro, in momenti diversi della suaattività, di varie versioni del Sogno di Giacobbe e del Sognodi Salomone, con soluzioni iconografiche e compositive, inparticolare per la disposizione sia di Giacobbe che di Salomo-ne, riprese quasi identiche dal giovane Solimena nella tela inargomento), come per modelli di Pietro da Cortona.

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FRANCESCO SOLIMENA(Canale di Serino 1657 - Napoli 1747)

Sogno di Scipione l’Emiliano

1682-85Olio su tela, cm 48,5 x 82,5Inghilterra, collezione privata

Provenienza: Monaco di Baviera, collezioneEberhard Hanfstaengl; Monaco di Baviera,Karl und Faber, 28 aprile 2016.

Bibliografia: N. Spinosa, Qualche aggiuntaa Francesco Solimena e ad altri napoletanidel primo Settecento, in Scritti di storia del-l’arte in onore di Fabrizio Lemme, a cura diF. Baldassari, A. Agresti, Roma 2017, p. 277,fig. 3, tav. LXVI; id., Francesco Solimena(1657-1747) e le Arti a Napoli, Ugo BozziEditore, Roma 2018, pp. 207-208, n. 50.

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Gli anni della formazione e dell’attività iniziale

La critica, muovendo dai fonda-mentali contributi di FerdinandoBologna sugli inizi di FrancescoSolimena, ha esteso notevolmente,grazie ai risultati di nuove e inten-sificate ricerche, soprattutto nelsettore della documentazione d’ar-chivio, le conoscenze relative siaagli anni della sua formazione edelle prime prove condotte nel-l’atelier paterno, sia alle scelte e airisultati di un’intensa e feconda at-tività che lo vide impegnato dopoil trasferimento da Nocera a Na-poli nel 1674 1.Pertanto, sono semmai opportunisolo alcuni aggiustamenti e preci-sazioni, in particolare sul versante cronologico, per dipintidatati subito prima o subito dopo il passaggio del giovaneFrancesco nella capitale meridionale: inizialmente sottraen-dosi all’influenza del padre Angelo, con il quale, peraltro,continuò a collaborare fino ai primi del Settecento; poiaprendosi al progressivo accoglimento di alcuni aspetti ri-levanti di quanto precedentementerealizzato a Napoli in campo arti-stico o di quanto contemporanea-mente veniva maturando, soprat-tutto in pittura, con soluzioni sem-pre più decisamente barocche 2.Del resto, le concrete opportunitàofferte in territorio salernitano, traNocera e Solofra, al giovane Soli-mena per la sua formazione ac-canto al padre ancora necessitanodi più ampie e dettagliate cono-scenze: poco o ancora troppo ge-nerico è, infatti, il riferimento co-stante e ripetitivo, anche in studipiù recenti, ai rapporti con Fran-cesco Guarino di Angelo Solimenae ai conseguenti esiti, peraltro nondel tutto rilevanti, del suo docu-mentato tentativo di ripresa di al-

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1. Francesco Solimena, Lot e le figlie (1674-75). Ponce, Museo de Arte, Fundación LouisA. Ferré.

2. Francesco Solimena, David placa Saul con ilsuono dell’arpa (1674-75). Accadia, collezioneprivata.

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cuni aspetti della passata tradizionenaturalista. È certo che solo con ilpassaggio a Napoli, probabilmentesuggerito, come già indicato, dallostesso cardinale Orsini, potevano es-ser concessi a Francesco, a contattodiretto con la varietà e vastità delleesperienze presenti localmente, glistrumenti più efficaci e le occasionipiù opportune per uscire dai limitidi una condizione che restava, co-munque, periferica e culturalmenteprovinciale.Senza ignorare, peraltro, che, comedocumentato da studi passati e re-centi di Giuseppe Galasso, sebbenela realtà napoletana restasse ancorafortemente segnata dalle conseguen-ze di mali e “guasti” precedenti, gra-zie a nuovi e crescenti interventi av-viati nei settori dell’edilizia pubblicae privata, a Napoli, negli inoltratianni Settanta e nel decennio succes-

sivo, venivano offerte, rispetto al pur vasto territorio circo-stante, maggiori possibilità d’impiego ad architetti e inge-gneri, a pittori e scultori, come alle tante maestranze spe-cializzate nelle arti dell’arredo e della decorazione.La critica recente, tornando alla formazione e agli inizi diSolimena accanto al padre Angelo, ha ragionevolmente col-locato, tra i primi esempi dell’attività di entrambi, l’affrescocon il Paradiso dipinto nella cupoletta della cappella del-l’Arciconfraternita del Rosario nella Cattedrale di San Priscoa Nocera Inferiore, ipotizzando – in aggiunta – che l’incarico

per quest’intervento affidato ai dueSolimena fosse il risultato della me-diazione operata a tal fine dal car-dinale Vincenzo Maria Orsini, dopola nomina ad arcivescovo di Man-fredonia nel 1675.Quest’ultimo, uomo di vasta culturaletteraria, filosofica e teologica, no-minato cardinale nel 1672 ed elettopapa con il nome di Benedetto XIIInel 1724, sulla base di quanto rife-rito dall’Orlandi e dal De Dominici,avrebbe concorso non poco, durante

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3. Francesco Solimena, Sacra Famiglia consant’Anna e san Gioacchino (1676-78).Collezione privata.

4. Francesco Solimena, Gara musicale traApollo e Marsia alla presenza di re Mida(1676-78). Roma, collezione Petrucci.

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una sosta a Solofra, a convincere Angelo Solimena, di cuiera amico, estimatore e committente, affinché Francesco, dicui aveva appurato predisposizione e qualità iniziali, inter-rompesse gli studi in campo giuridico e proseguisse nell’ap-prendimento e nella pratica del “fare pittura”.Il De Dominici ricorda, infatti, riprendendo quanto riferitodall’Orlandi nella Vita di Francesco Solimena premessa al-l’edizione del 1733 del suo Abecedario pittorico, con ag-giunte di Antonio Reviglione, che il cardinale, «trattenendosiper alquanto riposarsi in casa di Angelo Solimena, da luiben veduto innanzi di farsi religioso a cagione delle acca-demie di belle lettere che solea fare a Solofra, allora ch’egliera duca di Gravina, essendo Angelo molto erudito in quelle,e che de’ bei sonetti componea, perciò dunque famigliar-mente discorrendo seco gli domandò a che avesse applicatoi suoi figliuoli, e rispondendogli Angelo che studiavanolegge e che volea poscia incaminargli ne’ tribunali per avan-zar la casa, quindi chiamato Francesco a baciar la sacra por-pora del cardinale, fu da quel santo prelato interrogatosopra alcuni argomenti filosofici, e sì bene sciolse le questioniche molto se ne rallegrò il cardinale. Ma accusato da Angeloche lasciava lo studio delle lettere per disegnare di nascostodi lui, laonde veniva a perdere il tempo, volle perciò SuaEminenza vedere i disegni che faceva Francesco, ed ebbe astupire in vederli, considerando che quasi senza niuna dire-zione disegnava più figure insieme […], disse ad Angelo chefacea molto torto alla naturale abilità del figliuolo, anzi aldono che Iddio gli aveva conceduto di renderlo forse piùdistinto da qualsivoglia professione, o altra scienza, per-ciocché molto più si apprezza un pittor di gran nome chemolti dottori insieme, per la rarità di quello e per lo grannumero di questi […]».Se questi ricordi dell’Orlandi e del De Dominici sono ri-spondenti al vero, è probabile che quest’incontro in casa diAngelo a Nocera, dove quest’ultimo si era da poco trasferitocon la famiglia da Canale di Serino, sia avvenuto subitodopo la nomina dell’Orsini a cardinale nel 1672 e, comun-que, prima che gli venisse assegnata nel 1675 la cura del-l’Arcivescovado di Manfredonia. Ciò comporterebbe, diconseguenza, che gli inizi dell’apprendistato di Francescosiano da fissare necessariamente tra il 1672 e il 1674:quando quest’ultimo, per ampliare le prime esperienze ma-turate nell’atelier paterno, si sarebbe trasferito da Noceraa Napoli per almeno sei mesi, come riferito, del resto, dallefonti e accolto dalla critica moderna. Così come, muovendoda precisi riscontri stilistici, è probabile che l’intervento

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5. Francesco Solimena, Gloria e miracolo di sanNicola di Bari (1678). Fiumefreddo Bruzio,Santa Chiara.

6. Francesco Solimena, Visione di san Gregoriotaumaturgo (1676-79). Solofra, San Domenico.

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condotto da Angelo con la collaborazionedel figlio nel cupolino dell’Arciconfrater-nita del Rosario in San Prisco a Noceradebba essere posticipato, invece, al 1676.Mentre andrà anticipata al 1674-1675 ladata di due dipinti, in origine elementi diuna serie di quattro tele, delle quali sonoanche alcune copie d’atelier, in cui, oltrealla probabile presenza di Solimena padree figlio, sono state giustamente individuateanche soluzioni di ancora accentuata ma-trice naturalista, nei modi, in particolare,di Francesco Guarino o Guarini.Si tratta, in particolare, del Lot e le figliedel Museo di Ponce e del David che placaSaul con il suono dell’arpa di una privataraccolta ad Accadia, che in origine dove-vano far parte di una serie comprendenteanche le rappresentazioni del Sacrificiod’Isacco e di Giuditta che mozza la testadi Oloferne: serie della quale si conservanonell’Episcopio le sicure repliche, talvoltaassegnate in parte anche alla sola mano di Angelo, ma diqualità poco più che modesta, mentre è comparsa di recente,in una privata raccolta napoletana, un’identica versione, diminori dimensioni, ma di migliore resa qualitativa, delDavid che placa Saul.La serie originale, secondo il ricordo del De Dominici, sa-rebbe stata dipinta da Francesco, che, «[…] col colorito ap-preso primieramente dal padre, ne venne a formare la suaprima maniera, che ha più del forte e del risentito; nellaqual maniera, in cui si ravvisa quella del padre, come èdetto, dipinse quattro quadri circa sei palmi di grandezza,ed ove rappresentò Giuditta con la testa di Oloferne, Saulagitato, Abramo che vuole sacrificare Isac, e Loth con le fi-gliuole. Questi furono i primi quadri che dipinse Francescoa richiesta di non so chi. E che n’ebbe il tenue onorario di30 ducati, del quale, come a giovanetto ch’egli era, moltosi rallegrò col fratello, e fattosi animo proseguì a vantaggiarsisì nel disegno che nell’invenzione e colorire, la qual cosaviene notata da noi per insegnamento della gioventù studio-sa, perciocché non ha molto che questi medesimi quadri fu-ron comperati per 250 scudi dal duca di castello Airola, chetuttocché fussero primizie de’ suoi pennelli fanno ornamentoalla sua galleria, ove al presente si veggono».Va ancora una volta segnalato, tuttavia, che, mentre il

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7. Francesco Solimena, Visione di san Gregoriotaumaturgo (1676-79). Napoli, Museo diCapodimonte.

8. Francesco Solimena, Santa Caterinad’Alessandria (1678-80). Collezione privata.

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David che placa Saul presenta soluzioni di derivazione na-turalista, riscontrabili anche nelle copie della Giuditta chemozza la testa a Oloferne e dell’Abramo che si accinge asacrificare Isacco, nel Lot e le figlie di Ponce sono evidenti,invece, come già indicato dal Bologna nel 1958, sia elementiripresi da modelli di Mattia Preti a Napoli, sia soluzioni dirischiarato e impreziosito pittoricismo, nei modi più inten-samente “neoveneti” di Luca Giordano tra la fine degli anniCinquanta e gli inizi del decennio successivo. Al punto daspingere a ipotizzare – come anticipato – che l’intera serie,ricordata dal De Dominici tra i primi esempi del giovaneSolimena, possa essere stata certamente realizzata nell’atelierdi Angelo a Nocera, ma prima dell’intervento dei due Soli-mena nel cupolino della cappella del Rosario in San Prisco,fissato al 1676. Con l’ulteriore precisazione che, se nelDavid che placa Saul (come nei due originali non identificaticon Giuditta e Oloferne e con Abramo e Isacco) è possibilericonoscere il risultato di una stretta collaborazione tra So-limena padre e figlio, soprattutto per la prevalente presenzadi soluzioni di matrice naturalista e guariniana, nel Lot e lefiglie è, invece, più probabile che sia intervenuto il soloFrancesco. Anche perché è soprattutto in questa tela che siriscontrano, rispetto agli altri dipinti della stessa serie (ori-ginali, repliche o copie che siano), i risultati, mai raggiuntinella produzione del solo Angelo, di una conoscenza non

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11. Francesco Solimena, Sant’Anna, sanGioacchino e la Madonna bambina (1680-82).Napoli, Museo di Capodimonte.

9. Francesco Solimena, Estasi di santa Rosa daLima (16790). Angri, San Giovanni Battista.

10. Francesco Solimena, Cristo confortato dagli angeli (1681). Collezione privata.

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mediata, ma diretta e dagli esitirilevanti, dell’opera di GiovanniLanfranco e, con evidenza anchemaggiore, degli esempi di MattiaPreti a Napoli dal 1653 e di LucaGiordano, impegnato dopo il1656 nel recupero in chiave mo-derna delle soluzioni di solarebellezza pittorica di Tiziano a Ve-nezia, come di Rubens e di Pietroda Cortona a Roma. Come pocodopo sarebbe emerso con risultatidi una sontuosità anche più rile-vante ed evidente, tra riferimentipuntuali ancora a Guarino e aLanfranco, nella pala con la Vi-sione di San Gregorio Taumatur-go in San Domenico a Solofra.A questo stesso momento del Lote delle altre tele della stessa serie, caratterizzato dalle con-seguenze delle prime scelte operate dal giovane Solimenadopo il passaggio a Napoli, anche se alternato da frequentiritorni a Nocera per affiancare il padre nell’assolvimentodei numerosi impegni assunti, ritengo possa appartenere,diversamente da quanto suggerito in precedenza dalla critica,l’Adorazione dei pastori del Museo di Narbonne, che nel2011 avevo erroneamente ipotizzato essere all’origine inpendant con l’Adorazione del Magi già presso Franco DiCastro a Roma. Un dipinto, questo del Museo di Narbonne,nel quale, al di là delle evidenti alterazioni subite per passatie malaccorti restauri, si riscontrano soluzioni decisamenteaffini a quelle evidenziate nel Lot di Ponce, con il quale sem-bra condividere l’impegno del pittore teso al superamentoe all’aggiornamento della lezione paterna attraverso il re-cupero di aspetti diversi del barocco di Mattia Preti e diLuca Giordano. Aspetti che già durante la breve sosta nel-l’atelier di Francesco De Maria, per apprendervi metodi etecniche di applicazione del disegno allo studio del nudo,dovettero apparirgli inconciliabili con l’orientamento diquest’ultimo tra classicismo e accademismo, nel solco degliesempi del Domenichino nella Cappella del Tesoro a Napoli.Appartiene a questa fase iniziale dell’attività napoletana diFrancesco la Disputa di Gesù tra i Dottori già Morano aNapoli, identificabile con la tela dipinta per quel FrancescoMaria Rossi che l’ospitò per qualche tempo appena giuntoin città, opera considerata dal Bologna nel 1958 esemplare

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12. Francesco Solimena, Presentazione di Gesùal Tempio (1680-81). Collezione Gerolamo eRoberta Etro.

13. Francesco Solimena, Santa Rosalia (1680-82).Napoli, collezione privata.

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del giovane pittore tra il naturalismo paterno di matriceguariniana e il barocco “tenebroso” di Mattia Preti. Aquesto stesso momento, anche per affinità stilistiche in chia-ve “neopretiana”, potrebbero datarsi la Visitazione di unaraccolta privata e la coppia con Cristo alla colonna e la Ca-duta di Cristo sotto la croce, comparsa nel 1986, ancoracon le vernici ossidate, presso la Sotheby’s a New York.Segni non meno evidenti di un iniziale processo di autonomiadel giovane Francesco dalla lezione e dagli esempi paternisi colgono anche nella diversa e più brillante resa qualitativadi alcuni particolari figurativi inseriti di sua mano accantoa quelli paterni nel ripiano di clavicembalo o spinetta conla Gara musicale tra Apollo e Marsia della collezione Pe-trucci a Roma e nella tela di una privata raccolta napoletanacon la Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Gioacchino, en-trambi anche da collocare poco prima dell’intervento nelcupolino della cappella del Rosario nel Duomo di Nocera.Qui le aperture del giovane Francesco verso aspetti del “farepittorico” di Lanfranco, di Preti e di Giordano, che pure visono state rintracciate, risultano ancora limitate e sostan-zialmente marginali rispetto a quanto rilevabile, invece, sianella tela con San Gennaro che intercede con San Giuseppepresso Cristo della chiesa del Corpo di Cristo sempre a No-cera, realizzata ugualmente in collaborazione con Angelo,sia soprattutto nella segnalata Visione di San Gregorio Tau-maturgo in San Domenico a Solofra. Quest’ultima, databilesubito dopo l’affresco del Paradiso e, in ogni caso, in unmomento successivo alla nomina dell’Orsini a vescovo diManfredonia nel 1675, per l’altissima resa qualitativa è or-mai ragionevolmente considerata dalla critica opera delsolo più giovane Solimena.Che è quanto risulta non meno evidente, per la stessa son-tuosa resa pittorica, nella pala con Gloria e miracolo di SanNicola di Bari della chiesa di Santa Chiara a FiumefreddoBruzio, opportunamente accostata anche dal punto di vistacronologico alla tela di Solofra e che è anche uno dei primiesempi del rapporto stabilito dal pittore a Napoli con coltiesponenti di rilievo dell’aristocrazia locale.Inutile, in questa sede, tornare a segnalare, come già fattoda altri, a quali conseguenze Francesco riuscisse a spingersinella realizzazione di questi dipinti, per di più a solo pochianni dal passaggio a Napoli, muovendo dal riconoscimentoe dalla rielaborazione, con emozionata percezione, ma anchecon lucidità mentale e rigore critico, degli aspetti più vitaliofferti, nel panorama della pittura locale, dalla diretta co-noscenza degli esempi, ancora di sicura e coinvolgente at-

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14. Francesco Solimena, Santa Teresa d’Avila(1680-82). Collezione privata.

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tualità, di Giovanni Lanfranco al Tesoro di San Gennaro,al Gesù Nuovo e ai Santi Apostoli; o di Mattia Preti, conle sue composizioni napoletane, a fresco e su tela, sintesisontuosa e monumentale di naturalismo, “neovenetismo” ebarocco; o, in particolare, di Luca Giordano, con i suoi di-pinti dal forte impatto visivo per bellezza di luci smagliantie di calde stesure cromatiche, risultato di estesi studi e vasteconoscenze, ma anche o soprattutto di assoluta libertà e ir-refrenabile creatività.Un fitto succedersi di emozionate esperienze conoscitive,quello del giovane Francesco passato a Napoli, che noncomportò, tuttavia, una totale rinuncia all’eredità di quantoacquisito nell’atelier e muovendo dagli esempi del padre.Ne è conferma, ad esempio, la tela, siglata con le sue iniziali,della chiesa di San Giovanni Battista a Vietri sul Mare, conSan Nicola di Bari che intercede presso la Madonna colBambino per le anime del Purgatorio, che, considerata altroesempio della collaborazione tra padre e figlio, è stata, in-

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15. Francesco Solimena, Madonna con Bambino e san Giovannino(1680-82). Lawrence (Kansas), The University of Kansas, The SpencerMuseum of Art, Elizabeth M. Watkins Fund.

16. Francesco Solimena, Madonna del Rosario (1682-83).Berlino, Gemäldegalerie.

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vece, convincentemente restituita per intero a quest’ultimoda Antonio Braca, con una collocazione cronologica dipoco precedente il 1680. Opera, questa in San Giovanni aVietri, emblematica delle ormai avanzate qualità maturatedal giovane Solimena nell’impegno a conseguire una sintesiefficace tra l’eredità naturalista trasmessagli da Angelo e irisultati dei suoi recenti interessi per aspetti diversi del ba-rocco a Napoli: quindi, recuperando da un lato quantodella produzione locale di Giovanni Lanfranco gli apparivafonte sicura e inesauribile per i successivi sviluppi in dire-zione barocca, e accogliendo dall’altro, con sensibilità, im-pegno e lucidità crescenti, gli esiti in tal senso espressi, dallametà del secolo, sia da Mattia Preti che, seppure con solu-zioni apparentemente diverse, da Luca Giordano. Con, inaggiunta, sempre nel caso della tela di Vietri (ma non solo),anche di una limitata, ma non meno significativa presenzadelle tracce degli iniziali interessi del giovane Francesco an-che per esempi romani di Pietro da Cortona.Questi riferimenti a modelli del Berrettini, indicati dalla Ca-rotenuto già per la pala ora a Vietri, si riscontrano nonmeno evidenti, intrecciati con esiti di ancora più accentuatesuggestioni per il “fare barocco” di Luca Giordano, anchenegli affreschi con Angeli tubicini e putti, che ancora deco-rano le lunette della cappella di Sant’Anna (o dei Martiri,poi intitolata al Beato Francesco di Girolamo) al Gesù Nuo-vo di Napoli. Si tratta dei soli consistenti frammenti super-stiti di un incarico limitato, ma per il giovane pittore di si-curo prestigio, che interessò l’intera cappella e che Solimenafiglio ottenne, forse per l’intermediazione di Lucrezia Ruffodi Bagnara, legata alla Compagnia di Gesù e che al pittoreaveva già commissionato la pala per Fiumefreddo Bruziograzie ai pareri favorevoli sia di Arcangelo Guglielmelli chedi Giovan Domenico Vinaccia, allora insieme impegnati alGesù Nuovo con l’anziano Cosimo Fanzago.Come ebbe a rilevare il Bologna, che nel 1958 li riprodusseper primo, indicandovi precisi riferimenti sia al Lanfrancopiù intensamente correggesco che al Giordano delle tele del1660 circa, se i putti in volo – cherubini o serafini con fiorinelle mani – rinviano a particolari presenti nell’affrescodella cappella del Rosario al Duomo di Nocera e nel SanGregorio Taumaturgo di Solofra, i quattro superstiti Angelitubicini «rappresentano il primo vero raggiungimento del-l’arte di Francesco ventenne, in un momento di suprema fe-licità», dal momento che un «grado di misurato ardore ac-corda l’antica naturalezza con la fusa pittura moderna; e leimmagini dei corpi palpitanti, i panni dal reale spessore

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17. Francesco Solimena, Madonna conBambino, san Pietro e san Paolo (1681-82).Napoli, San Nicola alla Carità.

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della lana e del lino s’apronoalla dolce luce che li sfiora eli rileva in una emozionatabellezza barocca».Nello stesso giro di esperienze,tese a conciliare gli insegna-menti paterni in chiave natu-ralista con i recenti interessiper Lanfranco, Preti, Giorda-no e Pietro da Cortona, si col-loca anche l’affresco con SanNicola di Bari e Sant’Antonioda Padova, dipinto subito do-po in San Giorgio Maggioreai lati del Crocifisso scolpitoda Nicola Fumo, sullo sfondoormai quasi illeggibile di unpaesaggio di mano dello stessoSolimena, di cui si conserva ilbozzetto preparatorio.È probabile, invece, che fucommissionata dalla Compa-gnia di Gesù al giovane Francesco, per il Collegio o per altrasede dei Gesuiti a Napoli, la tela con il Miracolo di SanFrancesco Saverio, oggi di ubicazione ignota, che presentaaffini soluzioni a quelle riscontrate nell’affresco di San Gior-gio ai Mannesi, per naturalismo di matrice guariniana, peraccorta definizione delle forme con tagli di luci e ombre neimodi di Mattia Preti e per calde stesure di materie croma-tiche che rinviano ad esempi sia di Giordano sia di Pietroda Cortona. Così come rinvia, tra gli altri dipinti dellostesso momento, a composizioni di Luca Giordano con sog-getti affini (il Sogno di Salomone di collezione privata,esposto alla mostra sul pittore del 2001, pp. 202-203, n.60), per lo più datate o databili subito dopo il 1660, ilSogno di Scipione l’Emiliano di cui trattiamo in questa sede,probabilmente realizzato da Solimena subito dopo il 1680,invertendo e in parte variando il prototipo giordanesco oracitato.Sul costante riferimento di Francesco a esempi di quest’ul-timo, dalla fine degli anni Settanta e per la gran parte deldecennio successivo – non solo per la ripresa di sue soluzioniiconografiche, formali e compositive – mi sono già soffer-mato in premessa, avanzando l’ipotesi di un soggiorno delpittore a Roma, dopo il trasferimento a Napoli e prima del1680, finalizzato a una conoscenza diretta anche dell’opera

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19. Francesco Solimena, Adorazione deiMagi (1682 ca.). Collezione privata.

18. Francesco Solimena, Pietà (1681-82).Napoli, San Nicola alla Carità, sagrestia.

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del Cortona. Una conoscenza, quindi, non mediata solodalla presenza in area napoletana di alcuni suoi rari dipinti,dalla circolazione locale delle stampe ricavate da sue com-posizioni romane e fiorentine o dall’influenza sicuramenteesercitata in tale direzione da esempi di Luca Giordano conaccentuate inclinazioni cortonesche (dalla pala del 1655con San Nicola che salva il fanciullo schiavo in Santa Brigidaa Napoli agli interventi del 1677-1678 nella chiesa dell’Ab-bazia di Montecassino, noti al giovane Solimena forse at-traverso i relativi “abbozzi”).Un soggiorno, questo romano, presumibilmente di brevedurata, da collocare di sicuro dopo il trasferimento del pit-tore a Napoli e, comunque, prima del suo intervento in SanGiorgio a Salerno a completamento di quello paterno, e che,nonostante il silenzio delle fonti e la mancanza di documen-tazione, non può essere escluso: anche perché senza questosoggiorno sarebbe impossibile comprendere come Solimenaabbia potuto subire l’influenza dell’opera di Pietro da Cor-tona fino ai tardi anni Ottanta attraverso la sola conoscenzadelle stampe tratte dai suoi dipinti o avendo negli occhi isoli modelli cortoneschi di Luca Giordano.Della precoce dipendenza da Pietro da Cortona, peraltro giàrilevata con notevole intelligenza critica dal De Dominici,con esiti spinti in alcuni casi fino alla ripresa quasi “letterale”

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20. Francesco Solimena, Rinaldo e Armida(1680-82). Londra, collezione privata.

Page 15: Sogno di Scipione l’Emiliano - Palazzo chigi Ariccia...Sogno di Scipione l’Emiliano 1682-85 Olio su tela, cm 48,5 x 82,5 Inghilterra, collezione privata Provenienza: Monaco di

di sue invenzioni formali ecompositive, come delle suesoluzioni cromatiche, sonoprecise e inequivocabili te-stimonianze alcuni dipintidi Francesco datati o data-bili soprattutto intorno al1680. Come, tra gli altri, èil caso, in particolare peralcuni dettagli, ma non so-lo, dei citati affreschi conStorie di Santa Tecla, San-t’Archelaa e Santa Susannain San Giorgio a Salerno,nei quali sono presenti an-che precisi riferimenti, comeindicato dalla critica recen-te, a opere sia di Bernini aRoma che del Domenichinonella Cappella del Tesoro diSan Gennaro.È, tuttavia, soprattutto nel-la pala con la Madonna del Rosario della Gemäldegaleriedi Berlino e nelle due grandi tele collocate sugli altari lateralidel transetto di San Nicola alla Carità, che Solimena mostra,forse anche più che negli affreschi di San Giorgio a Salernoo nelle citate tele più o meno coeve, a quali altissimi verticiqualitativi seppe spingere, per originalità di soluzioni formalie compositive, per bellezza di resa pittorica e per intensitàd’impatto visivo, la sintesi tra naturalismo, classicismo ebarocco avviata verso la fine degli anni Settanta. Dipinti,questi della Galleria di Berlino e di San Nicola alla Carità,nei quali passate o recenti suggestioni per Lanfranco comeper Domenichino, per Pietro da Cortona come per LucaGiordano, giungono a tale grado d’incandescente fusione,da rendere quasi irriconoscibili o marginali i pur evidentiprelievi dall’uno o dall’altro di questi suoi pur sicuri edesemplari riferimenti, peraltro opportunamente già più voltesegnalati dalla critica.Che è, del resto, quanto agli stessi livelli qualitativi si ri-scontra in altre composizioni dello stesso momento: come,in particolare, nell’Adorazione dei Magi già presso FrancoDi Castro a Roma e in alcune tele con soggetti prevalente-mente profani, tratti, certo, su richiesta di una colta com-mittenza, ma anche con il ricordo di passate letture giovanili,da “storie dell’antica Roma” (come nel caso della Conti-

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21. Francesco Solimena, Educazione di Maria(1680-81). Bristol, The City Museum and ArtGallery.

Page 16: Sogno di Scipione l’Emiliano - Palazzo chigi Ariccia...Sogno di Scipione l’Emiliano 1682-85 Olio su tela, cm 48,5 x 82,5 Inghilterra, collezione privata Provenienza: Monaco di

nenza di Scipione appartenente alle raccolte della Banca Po-polare di Modena) come, nell’ambito di una lunga tradizioneanche partenopea, sia dall’Eneide di Virgilio (Enea ferito ecurato da Venere della Fondazione Cassa di Risparmio diVolterra) che dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso(il Rinaldo e Armida di una privata collezione a Londra) o,caso unico, per quanto di mia conoscenza, nella pittura na-poletana, dal De re publica di Cicerone (il Sogno di Scipionel’Emiliano della stessa raccolta londinese).Dipinti, questi, che si affiancano a composizioni coeve o dipoco successive nelle quali si fanno più rilevanti i segni diulteriori interessi anche per esempi “tenebristi” di MattiaPreti: sono i casi, ad esempio, dell’Adorazione dei Magi giàpresso Spencer A. Samuels a New York della Lapidazionedi Santo Stefano di una privata raccolta napoletana del Gia-cobbe che solleva la pietra del pozzo della stessa collezione,o della pala con San Giovanni Evangelista con il cardinaleCaracciolo già in San Giovanni in Porta e del San GiovanniBattista della Pinacoteca di Ascoli Piceno. Così da anticipareo affiancare molte soluzioni adottate dal pittore, ormai inuna fase di piena maturazione, nella decorazione a frescodel Coro di Donnaregina Nuova, suo primo e rilevante in-carico in una chiesa napoletana.

Nicola Spinosa

note inserite da Fiorella Sricchia Santoro in calce alla Vita delCavalier Francesco Solimena pittore ed architetto inclusa nelleVite del De Dominici e nell’edizione critica curata dalla studiosacon Andrea Zezza pubblicata nel 2008. È, tuttavia, pareredello scrivente che siano necessarie nuove e più estese indaginisia sui rapporti di Solimena con la committenza pubblica e pri-vata (non solo quella di lingua tedesca o di area veneziana, co-me fatto rispettivamente dalla Hojer e dalla Carotenuto), siasul metodo operativo applicato dal pittore per la realizzazionedi gran parte delle sue composizioni a fresco e su tela dinotevole impegno: metodo che comportava il progressivo pas-saggio dalla “prima idea”, trasferita sul foglio disegnato o tra-dotta su tela, ma anche talvolta su carta, in uno “schizzo” co-lorato al bozzetto da sottoporre all’approvazione del commit-tente e, di qui, al modello “finito” per l’opera finale, per laquale, soprattutto per lavori realizzati in età avanzata, Solimenasi avvalse di necessità, certo sotto il suo diretto controllo, del-l’intervento di aiuti e collaboratori.2 Vedi la recente monografia a cura di N. Spinosa, FrancescoSolimena (1657-1747) e le Arti a Napoli, 2 voll., Ugo BozziEditore, Roma 2018, I, pp. 20-39.

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1 F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, pp. 41-ss.; id.,Aggiunte a Francesco Solimena. La giovinezza e la formazione(1674-1684), in “Napoli Nobilissima”, s. 3, 2, 1962-63, pp.1-12; id., A youthful work by Francesco Solimena and othermatters concerning his early carrer, in “The Register of theSpencer Museum of Arty”, IV/4, 1987, pp. 64-80. Accresci-menti notevoli per una più ampia e documentata conoscenzadell’opera di Francesco Solimena pittore sono stati apportati,in aggiunta ai citati contributi del Bologna, dai risultati, nontutti sempre pienamente condivisibili, degli studi e delle ricerchedi Mario Alberto Pavone, di Antonio Braca, di Wolfgang Pro-haska, di Enrico De Nicola, di Annette Hojer, soprattutto peri rapporti di Solimena con la committenza austriaca e tedescain relazione alle scelte tematiche e alle soluzioni iconografichedei dipinti commissionati, e più di recente di Simona Carote-nuto, in particolare per nuove aggiunte al catalogo del pittoreentro gli inizi del Settecento e per più estese argomentazionisulle sue relazioni con alcuni dei suoi noti committenti veneziani(Francesco Solimena. Dall’attività giovanile agli anni della ma-turità (1674-1710), Roma 2015). Rilevante, per riferimenti bi-bliografici e annotazioni critiche, anche il denso corredo di

22. Francesco Solimena, Adorazione deiMagi (1684-85). Ubicazione ignota.