Sogno di essere là

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DOMENICA 15 FEBBRAIO 2015 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 19 A proposito della scuola: dov’è di preciso? «Si trova nella regione himalayana che si chiama Mustang, in Nepal, ai piedi del- l’Annapurna». E come sta andando? «Bene. L’edificio è quasi finito, l’anno prossimo l’apriremo. L’adattamento al si- stema scolastico locale è la cosa più deli- cata. Per questo gli insegnanti saranno ti- betani che hanno studiato in India. E poi valuteremo se andare oltre la scuola ele- mentare e completare tutto il ciclo di istruzione». Come attrice, il tuo istinto è di essere cera e farti plasmare o essere diamante e tagliarti addosso ogni perso- naggio che interpreti? De Niro o Marlon Brando? «A me piace lavorare con gli al- tri. Gli attori sono strumenti, e a me piace essere uno strumento nelle mani del regista. Mi sono capitati registi con cui comunica- vo bene e altri con cui comunica- vo male, ma fondamentalmente mi piace essere diretta, cioè mi piace fare le cose come mi vengo- no chieste. Anche per sentire me- no la responsabilità». Sta per uscire «Maraviglioso Boccaccio» dei fratelli Taviani, che è il loro «Decameron». Tu sei nel cast, peraltro molto ric- co: fai Ghismunda, figlia del Principe Tancredi, in una delle novelle più truculente di tutta la raccolta. Con quali suggestioni hai interpretato questo ruolo estremo? «Quando ho letto il copione il personaggio mi è piaciuto tantis- simo, ma non avevo idea di come farlo. E con me, ormai lo so, fun- ziona così: quando non so come farli, i personaggi mi vengono be- ne. In situazioni come quelle, poi, mi aggrappo all’attore che mi recita accanto. Lello Arena riesce a fare il mostro in maniera vera- mente spaventosa, e io mi sono nutrita di lui. Mi sono lasciata portare dalla situazione che si creava sul set. Accadrà, mi sono detta. Ed è accaduto». Ora cosa stai facendo? «Sto facendo Limbo, una fic- tion per Raiuno, regia di Lucio Pellegrini, con Adriano Giannini, tratta dal libro di Melania Maz- zucco. Interpreto una soldatessa. Il limbo del titolo è l’Afghanistan, che è un po’ una delle nostre ver- gogne». Mettiamo che io sia un oraco- lo, e che ti dica che il terzo gior- no del prossimo mese di mag- gio, allo scoccare dell’ora di- ciassettesima, tu sarai impa- reggiabilmente, irripeti- bilmente felice — a patto che tu sia capace d’immaginarti ora, qui, quella felicità: come te la immagini? «Innanzitutto: dove sono? So- no là, in Mustang. Immagino quella fantastica luce pomeridia- na, il casino che c’è sempre. Bam- bini che escono dalla mia scuola. La scuola è molto colorata. Molto colora- ta». Come il centro nel quale lavorava tua madre, quello che hanno chiuso? «Sì, proprio così. E io sono lì, in quella luce, in mezzo a quei bambini, a quei co- lori, insieme a tutta la mia famiglia, com- presi i miei genitori, compresi i miei nonni. Siamo tutti insieme, sì, e sta per cominciare qualcosa». © RIPRODUZIONE RISERVATA Tra i più prestigiosi premi di fotografia internazionale c’è quello dedicato alle immagini naturalistiche. Wildlife Photographer of the Year, promosso dal Natural History Museum di Londra, è alla 50ª edizione e ha visto la partecipazione di 42 mila fotografi di tutto il mondo. Le immagini premiate sono in mostra anche in Italia fino al 2 giugno al Forte di Bard, in Valle d’Aosta. The last great picture è il titolo della foto vincitrice (a sinistra) dell’americano Michael Nichols. Il Forte di Bard custodisce la natura { Sguardi Personaggi Scatti flessibili di Fabrizio Villa L’attrice Figlia di un generale e un’infermiera, apre in Nepal la scuola in memoria del suo compagno Pietro Taricone Sogno di essere là, tra i bimbi tibetani Smutniak significa «triste», ma Kasia è bella e allegra «Noi polacchi siamo rivoluzionari falliti per troppo cuore» di SANDRO VERONESI È una delle attrici italiane più bra- ve ma è polacca. Ha chiesto la cittadinanza del nostro Paese ma non l’ha ancora ottenuta. Il suo cognome significa «triste» ma a scuola era soprannominata wesola, cioè «allegra». La sua bellezza mette sog- gezione ma basta che sorrida e sembra di conoscerla da sempre. Kasia Smutniak, ho letto diverse vol- te di tuo padre generale d’aviazione, con tutto quel che segue. Non ho mai letto niente di tua madre. Che donna è? «Mamma è un’infermiera, e ha lavora- to per anni in un centro che si occupava di bambini affetti da gravi sintomi. In re- altà lavorava soprattutto sui genitori: i ge- nitori di questi bambini venivano al cen- tro, stavano una settimana o due e mia madre gli insegnava come vivere con i lo- ro figli. Era una struttura unica. Io dopo la scuola andavo là, e ricordo che era un posto coloratissimo. Poi, un certo giorno, è stato chiuso». Credi che tua madre abbia avuto la vita che desiderava? «Fino a quando è stato aperto quel po- sto sì. Dopo che l’hanno chiuso non ha più lavorato». C’è stato, che tu ricordi, un momento preciso in cui ti sei accorta di desidera- re una vita diversa da quella dei tuoi ge- nitori? «Io ho sempre saputo che sarei andata via. Non ricordo il momento esatto. Forse la morte di mio zio, pilota d’aereo come mio padre, in un incidente: forse è stato lì. Di sicuro in quel momento ho capito che non avrei mai fatto il mestiere di mio padre, che non me l’avrebbero permesso, dato che ero figlia unica. E probabilmen- te è stato lì che ho deciso di andarmene via». E un momento in cui ti sei accorta che stavi uscendo dal mucchio, che ce l’avresti fatta? «Quello c’è stato, molto preciso, quan- do facevo la modella. Mi sono trovata da- vanti a un bivio e lì ho capito di avercela fatta, perché ho potuto permettermi di smettere. E ho fatto bene, per inciso. Fare la modella negli anni Novanta era diverso da oggi: andava il look androgino, che al- la lunga mi avrebbe trasformata». Noi latini, in realtà, abbiamo un’idea abbastanza vaga della Polonia, un’idea legata più che altro alla Prussia, alla re- ligione cattolica e al freddo. Quali sono i tratti distintivi dell’identità polacca? «Noi siamo stati fondamentalmente oppressi per la maggior parte della no- stra storia. Abbiamo fatto più rivoluzioni di tutti, tutte fallite per troppo cuore e ze- ro strategia. All’inizio della Seconda guerra mondiale, quando i nazisti inva- sero la Polonia, il vanto del nostro eserci- to era la cavalleria, che aveva delle unifor- mi pazzesche, coi pennacchi colorati di origine ussara. Be’, questi sono partiti co- sì, al galoppo, col fucile, al contrattacco contro i carri armati tedeschi, per dire che gente siamo. La Polonia è un posto romantico, nel senso di malinconico. È un posto struggente. Attesa, foglie, vento, freddo… ». E perché hai scelto l’Italia? Cosa ti ha spinto a vivere in Italia quelli che pro- babilmente ricorderai come gli anni più belli della tua vita? «È stato un caso: all’epoca del bivio, quando stavo a New York, decisi di torna- re in Europa. Venni a Milano per lavorare, e poi a Roma: era inverno e qui c’era il so- le, e mi sono detta “sai che c’è? Per adesso mi fermo qui”. E non sono più andata via. Poi di recente ho scoperto una cosa inte- ressante: nell’inno nazionale polacco è citata l’Italia (“Marsz, marsz, Dabrowski, Z ziemi włoskiej do Polski”, che significa “marcia, marcia, Dabrowski, dalla terra Biografia Kasia (Katarzyna Anna) Smutniak, qui a destra ritratta da Umberto Montiroli sul set del film Maraviglioso Boccaccio, è nata a Piła, nel nord della Polonia; il 13 agosto compirà 36 anni. Attrice e modella, è stata legata a Pietro Taricone, personaggio televisivo che debuttò nella prima edizione del Grande fratello e attore morto in un incidente con il paracadute nel 2010. Da lui ha avuto una figlia, Sophie, che oggi ha 11 anni. Dalla sua relazione con il produttore Domenico Procacci è nato, invece, nell’agosto del 2014, un figlio, Leone La scuola nel Mustang Nel 2003, durante un viaggio in Tibet con Taricone, Kasia Smutniak scopre il Mustang, regione nel nord-est del Nepal di cultura, lingua e storia tibetana popolata da circa 14 mila abitanti. Oggi nel villaggio di Ghami, a 3.650 metri di altezza, sta prendendo forma il progetto dell’associazione Pietro Taricone Onlus, fondata da un gruppo di amici dell’attore e presieduta dalla stessa Smutniak: una scuola per 120 bambini in una regione dove l’analfabetismo supera l’80% La carriera Kasia Smutniak ha lavorato, al cinema, in Nelle tue mani (2007) di Peter Del Monte con cui ha vinto il Nastro d’Argento; Caos calmo (2008) di Antonello Grimaldi dal romanzo di Sandro Veronesi; Tutta colpa di Giuda (2009) di Davide Ferrario, Benvenuto Presidente! (2013) di Riccardo Milani, Allacciate le cinture (2014) di Ferzan Özpetek. Il 26 febbraio esce Maraviglioso Boccaccio (sopra: la locandina) di Paolo e Vittorio Taviani. Con lei nel cast anche Lello Arena, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Kim Rossi Stuart e Riccardo Scamarcio. In televisione Smutniak, dal 2004, ha recitato in numerose fiction e miniserie; sta girando Limbo i italiana alla Polonia”), e nell’inno di Ma- meli sono citati i polacchi (“e il sangue polacco bevé col cosacco ma il cor le bru- ciò”). Strano, no? Non credo ci siano altri casi del genere». Da quando è morto Pietro Taricone una costante della tua vita è che quan- do esci di casa devi sempre fare i conti coi paparazzi. Ti sarai pur chiesta per- ché sei rimasta un loro bersaglio, an- che dopo tanti anni. «Perché la tragedia attira, e continua ad attirare nel tempo». E non esiste — immagino tu ti sia in- formata — nessun modo legale di le- varsi di torno i paparazzi, cioè di difen- dere la propria privacy? «No. Non c’è modo. Il problema è il principio: chiunque può vendere un giornale usando la tua immagine senza il tuo consenso. Bisognerebbe discutere su questo principio». I Radiohead hanno scritto una can- zone perfetta, per te. La conosci? «Come no? Life in a glass house». Ovviamente quando vai in Nepal a occuparti della scuola che ci stai co- struendo, i paparazzi non ti seguono, giusto? «No. Lì non ci vengono. Pare che la gente preferisca vedermi cambiare un pannolino». Sta per uscire al cinema «Maraviglioso Boccaccio», dove interpreta Ghismunda. «Ma io immagino di essere nella luce del Mustang, in una scuola molto colorata, come l’istituto dove lavorava mia madre. E siamo tutti insieme: i miei genitori, i miei nonni» NEPAL CINA (Tibet) INDIA Mustang 80 km Kathmandu

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Intervista a Kasia Smutniak

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DOMENICA 15 FEBBRAIO 2015 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 19

A proposito della scuola: dov’è dipreciso?

«Si trova nella regione himalayana chesi chiama Mustang, in Nepal, ai piedi del-l’Annapurna».

E come sta andando?«Bene. L’edificio è quasi finito, l’anno

prossimo l’apriremo. L’adattamento al si-stema scolastico locale è la cosa più deli-cata. Per questo gli insegnanti saranno ti-betani che hanno studiato in India. E poivaluteremo se andare oltre la scuola ele-mentare e completare tutto il ciclo diistruzione».

Come attrice, il tuo istinto è di esserecera e farti plasmare o essere diamante

e tagliarti addosso ogni perso-naggio che interpreti? De Niro oMarlon Brando?

«A me piace lavorare con gli al-tri. Gli attori sono strumenti, e ame piace essere uno strumentonelle mani del regista. Mi sonocapitati registi con cui comunica-vo bene e altri con cui comunica-vo male, ma fondamentalmentemi piace essere diretta, cioè mipiace fare le cose come mi vengo-no chieste. Anche per sentire me-no la responsabilità».

Sta per uscire «MaravigliosoBoccaccio» dei fratelli Taviani,che è il loro «Decameron». Tusei nel cast, peraltro molto ric-co: fai Ghismunda, figlia delPrincipe Tancredi, in una dellenovelle più truculente di tutta laraccolta. Con quali suggestionihai interpretato questo ruoloestremo?

«Quando ho letto il copione ilpersonaggio mi è piaciuto tantis-simo, ma non avevo idea di comefarlo. E con me, ormai lo so, fun-ziona così: quando non so comefarli, i personaggi mi vengono be-ne. In situazioni come quelle,poi, mi aggrappo all’attore che mirecita accanto. Lello Arena riescea fare il mostro in maniera vera-mente spaventosa, e io mi sononutrita di lui. Mi sono lasciataportare dalla situazione che sicreava sul set. Accadrà, mi sonodetta. Ed è accaduto».

Ora cosa stai facendo?«Sto facendo Limbo, una fic-

tion per Raiuno, regia di LucioPellegrini, con Adriano Giannini,tratta dal libro di Melania Maz-zucco. Interpreto una soldatessa.Il limbo del titolo è l’Afghanistan,che è un po’ una delle nostre ver-gogne».

Mettiamo che io sia un oraco-lo, e che ti dica che il terzo gior-no del prossimo mese di mag-gio, allo scoccare dell’ora di-ciassettesima, tu sarai impa-reggiabi lmente, irr ipet i-bilmente felice — a patto che tusia capace d’immaginarti ora,qui, quella felicità: come te laimmagini?

«Innanzitutto: dove sono? So-no là, in Mustang. Immaginoquella fantastica luce pomeridia-na, il casino che c’è sempre. Bam-bini che escono dalla mia scuola.

La scuola è molto colorata. Molto colora-ta».

Come il centro nel quale lavorava tuamadre, quello che hanno chiuso?

«Sì, proprio così. E io sono lì, in quellaluce, in mezzo a quei bambini, a quei co-lori, insieme a tutta la mia famiglia, com-presi i miei genitori, compresi i mieinonni. Siamo tutti insieme, sì, e sta percominciare qualcosa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tra i più prestigiosi premi di fotografia

internazionale c’è quello dedicato alle immagini

naturalistiche. Wildlife Photographer of the Year,

promosso dal Natural History Museum di Londra,

è alla 50ª edizione e ha visto la partecipazione di

42 mila fotografi di tutto il mondo. Le immagini

premiate sono in mostra anche in Italia fino al 2

giugno al Forte di Bard, in Valle d’Aosta. The last great picture è il titolo della foto vincitrice (a sinistra) dell’americano Michael Nichols.

Il Forte di Bard custodisce la natura

{Sguardi PersonaggiScatti flessibili

di Fabrizio Villa

L’attrice Figlia di un generale e un’infermiera, apre in Nepal la scuola in memoria del suo compagno Pietro Taricone

Sogno di essere là, tra i bimbi tibetaniSmutniak significa «triste», ma Kasia è bella e allegra«Noi polacchi siamo rivoluzionari falliti per troppo cuore»di SANDRO VERONESI

Èuna delle attrici italiane più bra-ve ma è polacca. Ha chiesto lacittadinanza del nostro Paesema non l’ha ancora ottenuta. Ilsuo cognome significa «triste»

ma a scuola era soprannominata wesola,cioè «allegra». La sua bellezza mette sog-gezione ma basta che sorrida e sembra diconoscerla da sempre.

Kasia Smutniak, ho letto diverse vol-te di tuo padre generale d’aviazione, con tutto quel che segue. Non ho mailetto niente di tua madre. Che donna è?

«Mamma è un’infermiera, e ha lavora-to per anni in un centro che si occupavadi bambini affetti da gravi sintomi. In re-altà lavorava soprattutto sui genitori: i ge-nitori di questi bambini venivano al cen-tro, stavano una settimana o due e miamadre gli insegnava come vivere con i lo-ro figli. Era una struttura unica. Io dopola scuola andavo là, e ricordo che era unposto coloratissimo. Poi, un certo giorno,è stato chiuso».

Credi che tua madre abbia avuto lavita che desiderava?

«Fino a quando è stato aperto quel po-sto sì. Dopo che l’hanno chiuso non hapiù lavorato».

C’è stato, che tu ricordi, un momentopreciso in cui ti sei accorta di desidera-re una vita diversa da quella dei tuoi ge-nitori?

«Io ho sempre saputo che sarei andatavia. Non ricordo il momento esatto. Forsela morte di mio zio, pilota d’aereo comemio padre, in un incidente: forse è statolì. Di sicuro in quel momento ho capito che non avrei mai fatto il mestiere di miopadre, che non me l’avrebbero permesso,dato che ero figlia unica. E probabilmen-te è stato lì che ho deciso di andarmenevia».

E un momento in cui ti sei accortache stavi uscendo dal mucchio, che cel’avresti fatta?

«Quello c’è stato, molto preciso, quan-do facevo la modella. Mi sono trovata da-vanti a un bivio e lì ho capito di avercelafatta, perché ho potuto permettermi dismettere. E ho fatto bene, per inciso. Farela modella negli anni Novanta era diversoda oggi: andava il look androgino, che al-la lunga mi avrebbe trasformata».

Noi latini, in realtà, abbiamo un’ideaabbastanza vaga della Polonia, un’idealegata più che altro alla Prussia, alla re-ligione cattolica e al freddo. Quali sonoi tratti distintivi dell’identità polacca?

«Noi siamo stati fondamentalmenteoppressi per la maggior parte della no-stra storia. Abbiamo fatto più rivoluzionidi tutti, tutte fallite per troppo cuore e ze-ro strategia. All’inizio della Secondaguerra mondiale, quando i nazisti inva-sero la Polonia, il vanto del nostro eserci-to era la cavalleria, che aveva delle unifor-mi pazzesche, coi pennacchi colorati di origine ussara. Be’, questi sono partiti co-sì, al galoppo, col fucile, al contrattaccocontro i carri armati tedeschi, per direche gente siamo. La Polonia è un postoromantico, nel senso di malinconico. Èun posto struggente. Attesa, foglie, vento,freddo… ».

E perché hai scelto l’Italia? Cosa ti haspinto a vivere in Italia quelli che pro-babilmente ricorderai come gli anni più belli della tua vita?

«È stato un caso: all’epoca del bivio,quando stavo a New York, decisi di torna-re in Europa. Venni a Milano per lavorare,e poi a Roma: era inverno e qui c’era il so-le, e mi sono detta “sai che c’è? Per adessomi fermo qui”. E non sono più andata via.Poi di recente ho scoperto una cosa inte-ressante: nell’inno nazionale polacco ècitata l’Italia (“Marsz, marsz, Dabrowski,Z ziemi włoskiej do Polski”, che significa“marcia, marcia, Dabrowski, dalla terra

BiografiaKasia (Katarzyna Anna)

Smutniak, qui a destra ritrattada Umberto Montiroli sul set

del film Maraviglioso Boccaccio,è nata a Piła, nel nord della

Polonia; il 13 agosto compirà36 anni. Attrice e modella, è

stata legata a Pietro Taricone,personaggio televisivo che

debuttò nella prima edizionedel Grande fratello e attore

morto in un incidente con ilparacadute nel 2010. Da lui ha

avuto una figlia, Sophie, cheoggi ha 11 anni. Dalla suarelazione con il produttoreDomenico Procacci è nato,

invece, nell’agosto del 2014,un figlio, Leone

La scuola nel Mustang

Nel 2003, durante un viaggioin Tibet con Taricone, Kasia

Smutniak scopre il Mustang,regione nel nord-est del Nepal

di cultura, lingua e storiatibetana popolata da circa 14

mila abitanti. Oggi nel villaggiodi Ghami, a 3.650 metri di

altezza, sta prendendo forma ilprogetto dell’associazione

Pietro Taricone Onlus, fondatada un gruppo di amici

dell’attore e presieduta dallastessa Smutniak: una scuola

per 120 bambini in unaregione dove l’analfabetismo

supera l’80%La carriera

Kasia Smutniak ha lavorato, alcinema, in Nelle tue mani

(2007) di Peter Del Monte concui ha vinto il Nastro d’Argento;Caos calmo (2008) di Antonello

Grimaldi dal romanzo diSandro Veronesi; Tutta colpa di

Giuda (2009) di DavideFerrario, Benvenuto Presidente!

(2013) di Riccardo Milani,Allacciate le cinture (2014) di

Ferzan Özpetek. Il 26 febbraioesce Maraviglioso Boccaccio

(sopra: la locandina) di Paolo eVittorio Taviani. Con lei nel cast

anche Lello Arena, PaolaCortellesi, Carolina Crescentini,

Kim Rossi Stuart e RiccardoScamarcio. In televisione

Smutniak, dal 2004, harecitato in numerose fiction e

miniserie; sta girando Limbo

i italiana alla Polonia”), e nell’inno di Ma-meli sono citati i polacchi (“e il sanguepolacco bevé col cosacco ma il cor le bru-ciò”). Strano, no? Non credo ci siano altricasi del genere».

Da quando è morto Pietro Tariconeuna costante della tua vita è che quan-do esci di casa devi sempre fare i conticoi paparazzi. Ti sarai pur chiesta per-ché sei rimasta un loro bersaglio, an-che dopo tanti anni.

«Perché la tragedia attira, e continuaad attirare nel tempo».

E non esiste — immagino tu ti sia in-formata — nessun modo legale di le-varsi di torno i paparazzi, cioè di difen-

dere la propria privacy?«No. Non c’è modo. Il problema è il

principio: chiunque può vendere ungiornale usando la tua immagine senza iltuo consenso. Bisognerebbe discutere suquesto principio».

I Radiohead hanno scritto una can-zone perfetta, per te. La conosci?

«Come no? Life in a glass house».Ovviamente quando vai in Nepal a

occuparti della scuola che ci stai co-struendo, i paparazzi non ti seguono,giusto?

«No. Lì non ci vengono. Pare che lagente preferisca vedermi cambiare unpannolino».

���Sta per uscire al cinema «Maraviglioso Boccaccio», dove interpreta Ghismunda. «Ma io immagino di essere nella luce del Mustang, in una scuola molto colorata, come l’istituto dove lavorava mia madre. E siamo tutti insieme: i miei genitori, i miei nonni»

NEPALCINA

(Tibet)

INDIA

Mustang

80km

Kathmandu