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Maurits Cornelis Escher, Striscia di Moebius II, 1963
P R O F . G I O V A M B A T T I S T A F A T E L L I
SOCIOLOGIA
DELLA COMUNICAZIONE
CONCETTI-CHIAVE
La complessità dei fenomeni comunicativi contemporanei
e le difficoltà che incontra il loro inquadramento scientifico
sia per la eterogeneità dell’insieme fenomenico e sia per
la stratificazione delle conoscenze lungo molteplici
dimensioni disciplinari rimanda a concetti chiave che
devono essere brevemente approfonditi.
COMPLESSITÀ
Il termine «complesso» (dal latino complector:
cingere, tenere avvinto strettamente, e in senso
metaforico abbracciare, comprendere, riunire in un
solo pensiero) nel linguaggio comune è sinonimo di
ingarbugliato, pieno di implicazioni, difficile da
controllare e appianare, ma nel dibattito scientifico
contemporaneo indica qualcosa di più e di diverso.
COMPLESSITÀ
In epoca moderna il termine è stato usato per definire
situazioni o problemi composti da molte parti interrelate,
che si influenzano a vicenda, un senso solo in apparenza
contiguo a quello di «complicato» (dal latino com-plico:
piego, arrotolo, avvolgo), che definisce invece un
groviglio faticoso da districare, che contiene un gran
numero di parti nascoste, da individuare una per una.
COMPLESSITÀ
Un oggetto “complicato”, sebbene con fatica, può essere compreso mediante la scomposizione nei suoi elementi costitutivi e la ricostruzione analitica dei dettagli, poiché ciascuno di essi obbedisce alle stesse leggi degli altri ed è inserito in un progetto finalizzato e uniforme; sebbene sia evidente che l’analisi dei “componenti” non restituisca sempre la totalità, così come un essere umano non si esaurisce nella somma dei dati anagrafici e delle prestazioni psicofisiche.
LINEARITÀ
Un sistema complesso invece non è riducibile all’esame
delle sue singole parti. E, per analogia, le cause ultime di
un problema complesso non sono quelle delle sue parti
essenziali. Il problema che può essere scomposto in una
serie di sotto-problemi indipendenti tra loro e risolto
passo-passo è detto «lineare», mentre quando
l’interazione tra i vari componenti rende impossibile la
separazione “a blocchi” si parla di «non-linearità».
LINEARITÀ
I sistemi e i problemi che si presentano in natura sono essenzialmente non-lineari. Ma l’impostazione scientifica del sapere, almeno in Occidente, pur sapendo che il mondo è pieno di fenomeni “complessi”, ha preferito «scommettere» sulla esistenza di un fondo “semplice” oltre lo schermo intricato delle apparenze empiriche, adottando un paradigma “semplicistico”, fondato su un metodoanalitico, un’epistemologia lineare e un orientamento riduzionista.
La Linea, Osvaldo Cavandoli 1969
MECCANICISMO
Questo metodo di riduzione
della complessità è definito
paradigma meccanicistico
e/o riduzionista:
meccanicistico, perché tende
a concettualizzare e
rappresentare ogni realtà (ivi
compresi gli organismi viventi,
l’uomo, la psiche, la società)
come un dispositivo
meccanico.
PARADIGMA RIDUZIONISTA
Il suo fascino ha persuaso
spesso anche le scienze
umane, ma con risultati
meno brillanti che in quelle
naturali: pur favorendo
l’istituzionalizzazione degli
studi sulla comunicazione e
un aumento notevole delle
conoscenze, ha imposto
secondo molti una serie di
costosi compromessi.
Paul Felix Lazarsfeld (1901-1976)
PARADIGMA RIDUZIONISTA
Gli studi sulla comunicazione di
massa subiscono la fascinazione
fin dall’inizio, tramite la contiguità
con i laboratori di psicologia
scientifica e riflessologia, il flirt col
marketing, le ricerche sulla
trasmissione dei patterns culturali,
sull’opinione pubblica, sul legame
tra formazione degli
atteggiamenti e comportamento. Carl Hovland (1912-1961)
Il Public Opinion Research Laboratory dell’Università della Florida del Nord
Il meccanicismo che ha dominato la
scienza occidentale (spesso tradotto
in termini generali nella dicotomia fra
«tecnica» e «spirito») ha suscitato le
crescenti critiche di numerosi filosofi e
intellettuali, sempre più dubbiosi circa
le sue reali possibilità di interpretare il
mondo e di cambiarlo in meglio.
Nelle scienze umane in
particolare, il meccanicismo
è stato frequentemente
accusato di produrre un
senso di distacco dell’uomo
da se stesso, dagli altri e
dalla natura, di obbedire a
una logica funzionale alla
razionalità capitalista.
SOVRAPPOSIZIONE
Il secondo motivo d’imbarazzo per la scienza della
comunicazione proviene dalla sovrapposizione di
molti settori disciplinari, consapevoli a fatica l’uno
dell’altro. L’impatto di visioni specialistiche molteplici
enfatizza singoli aspetti, livelli o parti, con evidenti
vantaggi empirici, ma vela la totalità dei fenomeni.
FRAMMENTAZIONE
«Nel XIX secolo la
frammentazione ha svolto
un importante ruolo nella
nascita di discipline
separate per la biologia, la
chimica, la fisica, la
matematica, la psicologia,
la sociologia, etc. Ma
quando consideriamo le
grandi sfide che l’umanità
ha oggi di fronte a sé…»
Giorgio Gallo. Professore
di Ricerca Operativa,
Dipartimento di
Informatica, Università di
Pisa
FRAMMENTAZIONE
…«noi ci accorgiamo che
abbiamo bisogno di un
approccio interdisciplinare.
Pertanto in questo momento
storico, io credo che sia
veramente molto
importante enfatizzare la
fine della frammentazione, o
almeno il suo superamento»
Ilya Prigogine, Intervista postuma, New
Perspective Quarterly, 2004.
Giorgio Gallo. Professore
di Ricerca Operativa,
Dipartimento di
Informatica, Università di
Pisa
In effetti, le sfide più importanti che il mondo di
oggi si trova ad affrontare sono in genere di
portata «globale», interessano cioè ambiti diversi e
implicano conoscenze di ogni tipo, come i
problemi ambientali e gli effetti del riscaldamento
globale, l’instabilità politica e le tensioni in varie
regioni, la povertà, il sottosviluppo, i grandi flussi
migratori.
In questo nuovo contesto, le politiche unilaterali, ignare della globalità dei processi e delle relazioni, producono effetti drammatici sugli «ecosistemi»: inquinamento, disboscamento selvaggio, sovrappopolazione, dispersione delle scorie radioattive, sfruttamento del terzo mondo, povertà e abusi.
CAMBIAMENTO CLIMATICO
Sebbene nel panorama scientifico la consapevolezza dei problemi ambientali costituisca un punto sensibile almeno dal 1972, a partire dal Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma, la difficoltà a superare la dimensione unidisciplinare ha nuociuto a una politica di interventi integrata e coerente tanto quanto la miopia dei governi, l’egoismo degli apparati industriali o la cecità dei «negazionisti».
VISIONE SISTEMICA
Anche in questo settore si è affermata la necessità di condurre studi fortemente interdisciplinari, con la collaborazione di studiosi provenienti da aree scientifiche molto diverse, e soprattutto di superare i confini disciplinari in una visione sistemica di tipo globale, radicalmente interdisciplinare.
«Il cambiamento climatico rappresenta una sfida unica per le scienze economiche: è il fallimento del mercato maggiore e di più ampia portata fra quelli finora visti. L’analisi economica deve pertanto essere globale, avere un orizzonte di lungo periodo, porre al centro l’economia del rischio e dell’incertezza, e valutare la possibilità di cambiamenti di grosso respiro, non marginali».
Dal Rapporto Stern, elaborato su incarico del governo inglese, 2006
NUOVI APPROCCI
La crescente disillusione per il dogmatismo e la frantumazione disciplinare ha generato nel tempo due importanti linee di frattura nel paradigma riduzionista: una impegnata a superare le delimitazioni di campo spingendo sul pedale dell’«interdisciplinarità», l’altra tesa a prospettare una visione globale dei problemi sociali, articolata sui concetti di sistema, di complessità e di «olismo», in grado di definire un nuovo paradigma scientifico.
INTERDISCIPLINARITÀ
L’interdisciplinarità è oggi
una parola d’ordine in tutti
gli ambiti scientifici, ma lo
scambio di concetti e
metodi, idee e pratiche fra
le varie discipline diventa
veramente strategico nelle
scienze umane, che si
confrontano con fenomeni
basati sulle interazioni tra
gli individui.
INTERDISCIPLINARITÀ
Questa indicazione che mette in discussione la
funzionalità dell’articolazione del sapere in
singole discipline proviene da due tendenze:
l’aspirazione ad adottare visioni più unitarie sui
diversi momenti dell’esperienza pratica e
conoscitiva («unificazione del sapere») e l’uso di
postulare, in alcuni settori, l’apporto convergente
di più metodi di analisi intorno a un medesimo
oggetto di studio, a seconda delle necessità
pratiche della ricerca scientifica.
INTERDISCIPLINARITÀ
L’interdisciplinarità è la collaborazione tra diverse
discipline per raggiungere scopi comuni: «Rete dei
rapporti di complementarità, integrazione e
interazione per cui discipline diverse convergono in
principi comuni sia nel metodo della ricerca sia
nell’ambito della costruzione teorica».
INTERDISCIPLINARITÀ
Sono quindi interdisciplinari le aggregazioni intrinseche a un determinato problema, intorno al quale convergono conoscenze di origini diverse ma organizzate in modo funzionale alla sua risoluzione. La localizzazione di una centrale elettrica, ad esempio, integra nozioni sul suolo, l’ambiente, le fonti energetiche, livelli della domanda, i costi di distribuzione etc.
INTERDISCIPLINARITÀ
Alcuni autori – tra cui
Jean Piaget - hanno
introdotto una distinzione
tra le forme, più deboli o
più forti, in cui si
aggregano le diverse
competenze disciplinari.
MULTIDISCIPLINARITÀ
Le aggregazioni sulla base di un criterio estrinseco (lo storico del Novecento, per esempio, deve considerare anche aspetti politici, sociali, artistici, etc.) ovvero le semplici convergenze di più discipline verso un comune termine di riferimento sono da considerare «multidisciplinari» (o «pluridisciplinari»).
MULTIDISCIPLINARITÀ
Ma se l’aggregazione nasce dalla necessità pratica, dalla
constatazione che i problemi reali spesso non sono
separabili secondo le linee delle diverse discipline, le
nuove relazioni possono produrre forme di connessione
più stabili. Parliamo in questo caso di «transdisciplinarità»:
«l’integrazione epistemologica o la progressiva
unificazione di più ambiti disciplinari, che può a volte
significare l’individuazione di un nuovo settore di ricerca».
TRANSDISCIPLINARITÀ
La transdisciplinarità insomma
non è una semplice
collaborazione tra diverse
discipline ma un tipo di
«integrazione» metodologica,
epistemologica e concettuale
che può condurre
all’individuazione di nuove aree
disciplinari e al consolidamento
di un approccio multidisciplinare
di tipo sistemico.
Giorgio Gallo, Dipartimento di Informatica,
Università di Pisa
DOCIMOLOGIA
Alla confluenza della trans-disciplinarità e degli
approcci sistemici possiamo situare nuovi settori
della conoscenza come la docimologia (che
integra elementi di didattica, legislazione scolastica,
statistica, psicologia) ma anche l’ecologia,
l’informatica etc.
ECOLOGIA UMANA
«L’ecologia, che tradizionalmente
si basava sull’osservazione degli
ecosistemi in modo svincolato dai
sistemi sociali umani, evade dalla
sua tradizionale orbita di
competenza per un viaggio nelle
scienze sociali e nell’economia,
trasformandosi nell’unica ecologia
oggi possibile: l’ecologia umana».
Gerald G. Marten, School of Policy Studies dell’università
giapponese di Kwansei Gakuin
ECOLOGIA UMANA
«Certo, il “gioco” della conoscenza
si fa più laborioso. Il primo nodo da
chiarire, dunque, è proprio questo:
l’uomo può ancora restare
affacciato alla finestra a osservare
e misurare il suo ambiente di vita?
O deve piuttosto imparare a
riconoscere il ruolo che, più di
qualsiasi altro essere sul pianeta,
riveste nelle dinamiche impazzite
degli ecosistemi?»
ECOLOGIA UMANA
«Non sono interrogativi di poco conto. Sopra questi
interrogativi si sta giocando una partita dai toni non
sempre pacati in seno alla comunità scientifica, alla
politica e alla società civile. I dibattiti più accesi
riguardano il significato e le potenzialità da attribuire
all’ecologia e all’economia: due discipline unite da
una comune radice etimologica, ma che finora si
sono divise sbattendo la porta circa le risposte da
dare all’atavico dualismo uomo-natura».
Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818
TRANS-DISCIPLINARITÀ
La transdisciplinarità non può essere rinchiusa negli
schemi che definiscono le singole discipline, con un
oggetto e un metodo definiti, e tende naturalmente
a trasformarsi in ideologia, in una complessità
epistemologica praticamente senza limiti, in un
«nomadismo» radicale.
TRANS-DISCIPLINARITÀ
Essa quindi attraversa e «supera» tutte le discipline, nel tentativo di afferrare la complessità, assumendo le vesti di un atteggiamento intellettuale e scientifico rivolto a comprendere meglio la complessità del mondo moderno con un approccio di tipo enciclopedico funzionale al paradigma olistico.
COMPLESSITÀ
Ma se sono le esigenze pragmatiche connesse alla complessità di molte questioni a spingere oltre la molteplicità o la momentanea convergenza delle competenze, verso cornici radicalmente nuove,nello stesso concetto di complessità, sorto nell’ambiente fisico e matematico, è già implicito il superamento dei confini disciplinari rigidi.
COMPLESSITÀ
Tra gli anni ’50 e ’60 del
Novecento, l’idea di
complessità costituisce
l’embrione di un nuovo
paradigma epistemologico, a
cavallo tra la fisica, che si
affranca dal riduzionismo, lo
studio dei sistemi «squilibrati»
(Ilya Prigogine) e una teoria
dei sistemi transdisciplinare
(Ludwig von Bertalanffy).
LUDWIG VON BERTALANFFY (1901-1972)
Il biologo viennese Ludwig von Bertalanffy (1901-1972), emigrato in Canada nel 1949, propone nel 1968 una Teoria generale dei sistemi come prospettiva unificante per tutte le scienze. Nel 1979 il chimico belga di origine russa IlyaPrigogine (Nobel nel 1977) pubblica La nuova alleanza.
ILJA PRIGOGINE (1917-2003)
Secondo Prigogine, che auspica una nuova relazione tra l’uomo e la natura, il mondo deve essere pensato non come un cosmo vivente o come un orologio ben regolato o come una macchina in via di esaurimento, ma come un caos generatore d’ordine paragonabile al disordine creativo dal quale emergono le opere d’arte.
GREGORY BATESON (1904-1980)
Un altro passaggio-chiave di
questa evoluzione
epistemologica è l’opera di
Gregory Bateson Verso
un’ecologia della mente
(1972). Lo psichiatra e
antropologo americano
allarga lo studio della malattia
mentale alla cultura, ai valori,
al ruolo sociale e ispira un
indirizzo di studi denominato
«pragmatica della
comunicazione umana».
COMPLESSITÀ
Ancora oggi l’uso del termine complessità risulta un po’ instabile, gravato dagli usi colloquiali, confuso con i concetti di sistema o di cibernetica, e spesso si riduce a un appello generico all’interdisciplinarità. I concetti di «complessità» e di «sistema» faticano pertanto ad affermare il loro autentico valore per l’analisi dei fenomeni contemporanei, vittime del retaggio etimologico e del riferimento continuo agli esempi “concreti”, come gli organismi viventi, importantissimi ma pur sempre specifici.
SISTEMA
Collegato al concetto di
complessità è quello di
«sistema»: un’entità nuova
che si ottiene mettendo
insieme (concettualmente)
dei componenti in una
interrelazione stabile nel
tempo. Ogni interrelazione
stabile o regolare assume
un carattere «organizzato»
e produce un sistema.
SISTEMA
Una molecola si ottiene mettendo insieme dei
componenti (atomi), ma non è un aggregato
qualsiasi bensì un’entità nuova identificata con un
suo nome e definita da proprietà molecolari non
riducibili a quelle atomiche. Il nuovo soggetto dovrà
essere spiegato mediante le caratteristiche del
mondo microscopico, che la compone, ma anche
di quello macroscopico, con cui intrattiene relazioni
significative.
SISTEMA
Allo stesso modo, la società, pur essendo fatta dagli
uomini e per gli uomini, “trascende” gli individui in
vari modi, non tutti ben percepibili, intervenendo sulle
strutture relazionali attraverso forme organizzative
(istituzioni) che «impongono» dinamiche proprie.
EVOLUZIONE EMERGENTE
I sistemi complessi presentano caratteristiche non
possedute dai loro elementi costitutivi. I fenomeni di
organizzazione sono disposti in una gerarchia di
complessità crescente i cui gradi superiori non sono
«riducibili» a quelli inferiori. Eventi rari e imprevedibili
determinano nella storia dell’universo l’emergere di livelli di
organizzazione della materia sempre nuovi e più articolati.
COMPORTAMENTO EMERGENTE
Emergono quindi nuove proprietà, non facilmente riconoscibili, che non possono essere dedotte dal comportamento di entità del livello più basso, che risultano imprevedibili, rappresentando un livello inedito di evoluzione del sistema. Buoni esempi possono essere la forma e il comportamento di uno stormo di uccelli o di un branco di pesci.
COMPORTAMENTO EMERGENTE
Il comportamento emergente s’incontra facilmente in
sistemi di organismi viventi o sociali o economici, ma
anche nei contesti elementari della fisica atomica e
delle particelle, a riprova che la conoscenza scientifica
non è connessa in esclusiva alle leggi che governano le
particelle elementari, anzi l’aumento della scala degli
aggregati fa emergere leggi nuove che, senza violarle,
integrano e superano quelle dei livelli precedenti.
NON-LINEARITÀ
«Il comportamento emergente di un
sistema è dovuto alla non-linearità. Le
proprietà di un sistema lineare sono
infatti additive: l’effetto di un insieme
di elementi è la somma degli effetti
considerati separatamente, e
nell’insieme non appaiono nuove
proprietà che non siano già presenti
nei singoli elementi. Ma se vi sono
termini/elementi combinati, che
dipendono gli uni dagli altri, allora il
complesso è diverso dalla somma
delle parti e compaiono effetti nuovi».
Percy Williams Bridgman
(1882-1961)
NON-LINEARITÀ
Le qualità emergenti non scaturiscono quindi dalla numerosità delle interazioni, ma proprio dalla loro non-linearità. Perciò, nel sistema vivente umano, la coscienza, il linguaggio o la capacità auto-riflessiva sono ritenuti oggi proprietà emergenti, poiché non risultano spiegabili in base alla «semplice» interazione tra neuroni o tra la madre e il bambino.
NUOVI PARADIGMI
La smentita della «finzione di linearità» - che considera la
complessità una nube di apparenze da diradare – fa
emergere con chiarezza la non-linearità delle interazioni
tra le componenti di un sistema, conducendo da alcuni
decenni numerosi scienziati ad auspicare un nuovo
paradigma che si faccia carico della ricomposizione di
ciò che è stato scomposto e analizzato, in modo da
ottenere processi conoscitivi più completi e una
soddisfacente visione d’assieme delle realtà studiate.
«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico
l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a
intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è
impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è
un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto».Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI
Naturalmente il sapere teorico si consolida nella
coerenza analitica e metodologica delle singole
piattaforme disciplinari, ma gli obiettivi della conoscenza
oggi esigono risposte più complesse. La lettura del gran
libro dei fatti risulta insomma più ostica di quanto previsto
dal paradigma riduzionista.
NUOVI PARADIGMI
La visione dell’essere umano come sistema interdipendente è uno dei punti di forza del nuovo paradigma: il corpo non è svincolato dalla mente, un organo non è isolato dagli altri e dal tutto, la coscienza e lo spirito si riflettono sulla realtà materiale, emozionale, mentale.
PARADIGMA OLISTICO
Le medicine alternative,
l’attenzione per l’ecologia,
le nuove forme di spiritualità
e di ricerca del sacro (yoga,
sciamanesimo, channeling)
la globalizzazione della
cultura e la filosofia new age
hanno illustrato negli ultimi
decenni la diffusione di una
sensibilità profondamente
intrisa di opzioni olistiche.
PARADIGMA OLISTICO
Il termine olismo risale a JanSmuts (Holism and Evolution, 1926) ma solo negli ultimi decenni ha registrato un enorme sviluppo, influenzando profondamente, in ogni parte del globo, movimenti, gruppi e filosofie che rifiutano la «cultura della frammentazione» e tendono ad una visione unitaria del mondo e dell’essere umano.
PARADIGMA OLISTICO
Il paradigma olistico emergente non rifiuta i
contributi della scienza riduzionista, ma si
propone di collegarli tra loro, di riconciliare la
visione materialista, matematica e razionale con
la visione spiritualista, artistica e intuitiva. Come
infatti ha dimostrato la fisica quantistica, è
inevitabile che coesistano modelli diversi della
realtà (corpuscolare e ondulatorio, oggettuale e
processuale): si tratta di trovare i collegamenti
per giungere a un modello integrato di livello
superiore, un metamodello.
PARADIGMA OLISTICO
Nel panorama scientifico attuale sono molti i
tentativi di giungere a sintesi interpretative che
puntano a spiegare i comportamenti umani in
connessione con le basi biologiche, dalle
neuroscienze alla sociobiologia, dal cognitivismo
alla teoria della pertinenza di Sperber e Wilson.
SCIENZE COGNITIVE
Oltre alla comunicazione, che vedremo in dettaglio, un esempio di fervore interdisciplinare sono le «scienze cognitive», che trovano una forte spinta centripeta nel concetto di «mente», un punto di snodo complesso che costituisce la chiave di volta per spiegare le evoluzioni dei contenuti culturali.
SOCIOBIOLOGIA
«I sociobiologi» afferma
Sperber «ritengono che la
cultura sia un’estensione
dell’ambito biologico. Ci
sarebbe una selezione sia
dei tratti fisici
dell’organismo sia dei tratti
comportamentali. La
variabilità ambientale
farebbe parte di un
programma biologico».
Edward Osborne Wilson
SOCIOBIOLOGIA
«Presa in sé l’idea di una genetica comportamentale
non è sbagliata. È possibile studiare alcuni aspetti del
comportamento riconducendoli alle basi biologiche:
il fatto che si suda quando fa caldo è un
comportamento che ha una precisa base biologica.
[Ma] più i comportamenti sono diversi e complessi,
più dipendono dalla storia e dalla società».
ANTROPOLOGIA COGNITIVA
L’antropologo francese Dan Sperbersi è avviato dalla fine degli anni Ottanta verso un’«antropologia cognitiva» che accomuni le diverse prospettive con cui si studia la mente per poter riunire linguaggi, criteri e problematiche divergenti, elaborando con la linguista inglese Deirdre Wilson una teoria imperniata sul concetto di «pertinenza» che mira a spiegare il comportamento umano negli scambi comunicativi in modo unitario, cognitivamente plausibile ed empiricamente testabile.
L’originalità dell’approccio di Sperber consiste nel tentativo di trovare una fondazione dei fenomeni sociali nel quadro delle «scienze cognitive» con riferimento alla caratterizzazione del concetto di «rappresentazione». In tale ambito la mente è un sistema che elabora informazione e che, come qualsiasi altro sistema, ad ogni istante di tempo si trova in un certo stato. Le rappresentazioni mentali sono così gli stati del sistema-mente, da cui dipende un certo output, un comportamento o una transizione a un altro stato.
Gloria Origgi, Postfazione a Dan Sperber, L’epidemiologia delle
credenze, Anabasi, Milano 1994
Per Sperber trasporre questa nozione nelle scienze sociali
non basta: alcune delle nostre rappresentazioni mentali
diventano «pubbliche» grazie ai sistemi di comunicazione
di cui disponiamo. Le scienze sociali devono allora
spiegare i meccanismi attraverso i quali avviene questa
trasformazione e i motivi per cui certe rappresentazioni
pubbliche diventano stabili e diffuse in una popolazione,
vale a dire come esse diventano cultura.
Da qui l’idea di uno studio «epidemiologico» che spieghi
perché certe rappresentazioni sono più «contagiose» di
altre, integrando la spiegazione psicologica con
elementi ecologici sugli effetti che esse hanno
sull’ambiente degli individui, così come l’epidemiologia
medica nasce dall’integrazione tra lo studio dei
fenomeni patologici e quello dei fattori ambientali che
contribuiscono alla diffusione di un certo virus o batterio.
Attraverso l’idea di un’epidemiologia delle
rappresentazioni, Sperber vuole mostrare come sia
possibile una «pratica materialista minimale» nelle
scienze sociali, a patto di uscire dalla visione delle
rappresentazioni sociali come entità «collettive» a statuto
ontologico indefinito e considerarle come
rappresentazioni mentali rese sociali dalla loro
distribuzione. In questa prospettiva, i fatti culturali non si
riducono a fatti psicologici, né restano le entità vaghe
degli approcci semiotici e strutturalisti alla cultura, ma
sono concatenazioni ecologiche di fatti psicologici.
EPIDEMIOLOGIA
I fatti psicologici e i fatti sociali non provengono da due realtà diverse, ma dalla stessa realtà considerata in due scale differenti: «Sarebbe un errore pensare che i processi psicologici individuali possano essere isolati dal mondo sociale. Gli stati mentali possono avere delle cause e degli effetti sociali perché è la stessa vita mentale che è immersa nella vita sociale. (…) Se si pensa alla vita sociale in termini di catene causali che legano gli individui al loro ambiente, i modelli epidemiologici forniscono un punto di partenza costruttivo».
EPIDEMIOLOGIA
«Credo che ci sia un rapporto di pertinenza reciproca tra lo studio della mente e lo studio della vita sociale. (…) Non si capisce cosa è un fenomeno sociale se non si tiene conto che tanti episodi della vita sociale accadono nel cervello degli individui e, d’altra parte, non si comprende la vita mentale degli individui se non si rende conto del fatto che la vita mentale individuale ha luogo in una rete sociale».