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146 | | 16 ottobre 2014 L a sfida all’ultimo fornello si gioca tra cinque contendenti in camice bianco. Con l’aria ispi- rata da maître à penser, tutti intenti a glassare, rosolare, di- sossare, impiattare. Sembra MasterChef ma non lo è: la guerra (vera) tra i grandi cuochi si combatte dietro le quinte, in cucina e in sala, non in tv. E - almeno per ora - ha un solo vincitore: Massimo Bottura e la sua Osteria Francesca- na a Modena, che con 19,75 ventesimi - lo stesso punteggio dei due anni precedenti - si aggiudica anche stavolta la leadership nella guida“I ristoranti d’Italia 2015”dell’Espres- so (672 pagine, disponibile a 19,50 euro in edicola e in libreria, e in versione digitale a 7,99 euro), a cura di Enzo Vizzari. Presentata Società Ristoranti d’Italia 2015 CHEF DA RECORD La guida dell’Espresso incorona ancora una volta Massimo Bottura. Dietro a lui, quattro cuochi quarantenni si contendono lo scettro. L’exploit di Niko Romito e il drappello degli emergenti DI EMANUELE COEN

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La sfida all’ultimo fornello si gioca tra cinque contendenti in camice bianco. Con l’aria ispi-rata da maître à penser, tutti intenti a glassare, rosolare, di-sossare, impiattare. Sembra MasterChef ma non lo è: la

guerra (vera) tra i grandi cuochi si combatte dietro le quinte, in cucina e in sala, non in tv. E - almeno per ora - ha un solo vincitore: Massimo Bottura e la sua Osteria Francesca-na a Modena, che con 19,75 ventesimi - lo stesso punteggio dei due anni precedenti - si aggiudica anche stavolta la leadership nella guida “I ristoranti d’Italia 2015” dell’Espres-so (672 pagine, disponibile a 19,50 euro in edicola e in libreria, e in versione digitale a 7,99 euro), a cura di Enzo Vizzari. Presentata

Società Ristoranti d’Italia 2015

chef da record

La guida dell’Espresso incorona ancora una volta Massimo Bottura. Dietro a lui, quattro cuochi quarantenni si contendono lo

scettro. L’exploit di Niko Romito e il drappello degli emergenti DI EMANUELE COEN

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il 9 ottobre alla Stazione Leopolda a Firenze, in un evento in collaborazione con Pitti Im-magine. Dietro a Bottura, si fa aspra la bat-taglia tra gli aspiranti allo scettro di miglior chef tricolore. Appaiati a 19,50 ventesimi ci sono Heinz Beck con il ristorante La Pergola a Roma; Massimiliano Alajmo con Le Ca-landre a Rubano, vicino Padova; Enrico Crippa con Piazza Duomo ad Alba. Dopo la terza stella Michelin e gli allori internaziona-li, entra nel gotha Niko Romito del Casadon-na Reale a Castel di Sangro, un centinaio di chilometri a sud dell’Aquila, che ha fatto un balzo in avanti di mezzo punto nella classifi-ca della guida dell’Espresso. È lui la new en-try del gruppo di testa.

Malgrado la crisi, è il segno dell’ottimo stato di salute (ve-di articolo a pag. 149) della “nuova cucina italiana”, per riprendere l’espressione co-niata qualche anno fa da Enzo Vizzari, direttore delle guide dell’Espresso. Sulla scia dei grandi chef internazionali come Alain Ducasse e Gordon Ramsay, ora i gran-di cuochi italiani aprono scuole di cucina e locali in giro per il mondo (vedi articolo a pag. 150). «Dettano le linee e fanno tendenza», sintetizza Vizzari.

QUESTA È UNA CUCINA, NON UNO SHOW. Prendete Bottura. Il suo menu è la sintesi perfetta di territorio e creatività: tra gli an-

tipasti, il culatello di Spigaroli 42 mesi di stagionatura, selezionato dallo chef, convi-ve con la terrina di cavolo bianco legger-mente affumicata con gamberi rossi e cavia-le Calvisius Oscietra Royal; tra i primi propone le tagliatelle al ragù, ma anche i ravioli di gamberi e gelatina chiara di cote-chino. L’ultima creazione dello chef emilia-no si intitola invece “Pane è oro”: il dolce ideato per l’Expo 2015 ha una base di Fo

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RaFFaele e MassiMiliano alajMo. a lato: bRodo oRo. nell’altRa pagina: heinz becke

I migliori ristoranti d’Italia 2015 secondo la guida dell’Espresso

19,75Osteria Francescana Modena (Mo)

19,5Casadonna Reale castel di sangro (aq)Hotel Rome Cavalieri - La Pergola RomaLe Calandre Rubano (pd)Piazza Duomo alba (cn)

19Combal.Zero Rivoli (to)Uliassi senigallia (an)Villa Crespi Orta san giulio (no)Vissani baschi (tr)

18,5Antica Corona Reale - Da Renzo cervere (cn)Dal Pescatore canneto sull’oglio (Mn)Duomo RagusaEnoteca Pinchiorri FirenzeHotel Devero - Ristorante Enrico Bartolini cavenago di brianza (Mb)Hotel Rosa Alpina - St. Hubertus badia - abtei (bz)La Madia licata (ag)La Peca lonigo (Vi)Madonnina del Pescatore senigallia (an)Osteria del Povero Diavolo torriana (Rn)

18Agli Amici UdineColline Ciociare acuto (Fr)Cracco MilanoDa Vittorio brusaporto (bg)Laite sappada (bi)Perbellini isola Rizza (Vr)Taverna Estia brusciano (na)Torre del Saracino Vico equense (na)

Tre Cappelli

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crostini caramellati fatti con pane raffermo, latte e zucchero con un cucchiaio di gelato e infine una spolverata di zucchero con oro che ricopre tutto. Un’idea che viene dall’in-fanzia del cuoco, che da piccolo immergeva il pane nel latte caldo. Già in menu all’Oste-ria Francescana, sarà anche il dessert della cena con gli avanzi all’Expo milanese: Bot-tura, infatti, durante l’esposizione universa-le organizzerà negli spazi del Refettorio Ambrosiano un programma di trenta gior-ni all’insegna della lotta agli sprechi. Qua-ranta tra i migliori chef stellati del mondo, italiani e non, cucineranno per i poveri.«La cucina vera è fatta per essere mangiata, per arrivare al nostro palato, col suo carico emotivo di storie e racconti», filosofeggia lo chef: «La cucina televisiva, invece, è fatta per essere guardata, è la spettacolarizzazio-ne della parte più viscerale e popolare della gastronomia, nel bene e nel male».

CARCIOFO ASSOLUTO. Se i figli degli anni Settanta volevano diventare delle rockstar e quelli degli Ottanta imitavano i dribbling di Maradona, i pargoli di oggi sognano di servire in tavola il brasato perfetto. E magari un giorno diventare food writer di successo o giudice di Ma-sterChef (da dicembre la quarta edizione su SkyUno, con Carlo Cracco, Bruno Barbieri e Joe Bastianich). È lo spirito dei tempi: basti pensare che quest’anno le iscrizioni alle scuole di enogastronomia e ospitalità alberghiera hanno surclassato quelle agli istituti tecnici di amministrazio-ne, finanza e marketing. Meglio cuochi e sommelier che ragionieri, insomma.

Sulla formazione punta soprattutto Niko Romito, 40 anni, che insieme alla sorella Cristiana ha costruito un piccolo impero intorno alla loro scuola di alta cu-cina, in collaborazione con Slow Food e l’Università di Scienze Gastronomiche (ve-di articolo a pag. 152). «È una scuola dura: otto ore al giorno tutti i giorni per i primi cinque mesi. Alcuni allievi scoprono la cu-cina con il Web o la tv, e pensano di poter realizzare un piatto in dieci minuti. Nella realtà, invece, a volte per costruire un piatto servono anni di studio. Alcuni studenti li perdiamo, non sono pronti a una vita di sacrifici», spiega lo chef di Casadonna Re-ale. A Rivisondoli, inoltre, dove un tempo c’era il suo locale, Romito ha aperto Spazio, laboratorio-ristorante pensato dagli allievi. Da novembre, 12 di loro lavoreranno a un nuovo progetto: il ristorante “Spazio Ro-

ma” da Eataly, nella capitale. La cucina di Romito è fondata su semplicità e concretez-za: la crostatina di olive e il gelato di piselli con croccante di guanciale tra le entrate; la seppia (rosa) al pepe rosa e riduzione di seppia; il “carciofo assoluto”. «Io lavoro sui gusti primordiali. Il carciofo lo riconosci come tale, ma in realtà viene preparato mettendo insieme 4 o 5 tipi di carciofo. Le successive laccature sono sempre a base dello stesso ortaggio. Alla fine però, assag-giandolo, emergono gusti “terziari” come acciuga, liquirizia e miele, che in realtà nel piatto non esistono. Un po’ come avviene nei quadri monocromi di Ettore Spalletti: sembra bianco ma è la somma di tanti bianchi diversi», aggiunge Romito.

BECK E DUCASSE. Uno stile diretto, lineare, che tende ad esaltare gli ingre-dienti senza strafare. Con un occhio alle

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PUIATTIper il Pranzo dell’AnnoHotel Devero - Ristorante Enrico Bartolinidi Cavenago di Brianza (Mb)

KETTMEIRper la Cantina dell’AnnoJoia di Milano

FEUDO PRINCIPI DI BUTERAper il Maître dell’AnnoPAOLO CIA RAMITARORistorante Villa Crespi di Orta San Giulio (No)

BOLLAper il Sommelier dell’AnnoROBERTO BROVEDANILaite di Sappada (Bl)

ALTEMASIper il Giovane dell’AnnoILARIA DI MARZIO, MATTEO LORENZINI, TOMMASO VERNILe Tre Lunedi Calenzano (Fi)

ACQUA SPAREAper la Novità dell’AnnoDel Cambio di Torino

POMMERYper il Piatto dell’AnnoEnoteca Pinchiorri di Firenze

DOMORI AGRIMONTANAper la Pasticceria dell’AnnoMistral - Grand Hotel Villa Serbellonidi Bellagio (Co)

TERRA MORETTIper la Cucina di Pesce dell’AnnoCera di Campagna Lupia (Ve)

IL POLLENZAper la Performance dell’AnnoCasadonna Reale di Castel di Sangro (Aq)

CECCHIper la Cuoca dell’AnnoMARIANNA VITALESud di Quarto (Na)

DE CECCOper la Pasta dell’AnnoD’O di San Pietro all’Olmo di Cornaredo (Mi)

LAVAZZAper il Caffè dell’AnnoLa Ciau del Tornavento di Treiso (Cn)

GUIDO BERLUCCHIper la Selezione di “bollicine”La Bottega del Vino di Milano

EATALYper la Qualità del Made in ItalyRoscioli di Roma

VIGNAIOLI DI SCANSANOper la Trattoria dell’AnnoLo Stuzzichino di Sant’Agata sui Due Golfi (Na)

LA VISalla CarrieraIGLES CORELLIAtman di Pescia (Pt)

Tutti i premi dell’Espresso

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calorie, in sintonia con i più grandi inter-preti dell’alta cucina contemporanea: Alain Ducasse, ad esempio, in nome di ecosostenibilità e leggerezza ha quasi eliminato la carne dal nuovo menu (ma anche il foie gras, la tartare, il paté di ca-nard) del Plaza Athénée, il suo ristorante parigino con menu degustazione a 380 euro. Non si tratta di una scelta vegeta-riana in senso stretto, perché il pesce tiene ancora banco: aragosta, coda di rospo del Mediterraneo, spigola. E il mare è il gia-cimento preferito anche di Heinz Beck, chef del ristorante La Pergola dell’hotel Rome Cavalieri. «Siamo ciò che mangia-mo. I piatti devono essere sempre leggeri e salutari perché noi, a differenza dei

nostri nonni, non lavoriamo con la forza dei muscoli», spiega il cuoco, nato in Germania quasi 51 anni fa ma romano d’adozione. Nella carta il pesce abbonda - spaghetti con scorfano, zucchine e pe-peroni; San Pietro in crosta di prezzemo-lo con aglio e peperocino; filetto di triglia su purè di piselli e verdure - anche se tra i piatti emozionanti spiccano l’emincé di salame di capriolo con tartufo bianco e il filetto di vitello marinato ai pepi su purè di melanzane con ristretto di vitello: «Oggi i piatti di carne rappresentano circa il 22 per cento del menu, ma non superano mai il 30 per cento. Il pesce è più digeribile, e poi Roma è piuttosto vicina al mare». Numeri a parte, Beck

punta molto sulla salubrità della cucina, per evitare di ingrassare. «L’organismo deve restare in equilibrio, chi è in sovrap-peso rischia diabete, disturbi cardiova-scolari e altre malattie». Ma un giorno toglierà la carne dal menu? «Mai dire mai. Chissà, magari un giorno faremo un menu solo vegetariano».

SUSCI PIÙ CHE MAI. Alle spalle dei cinque big, scalpitano gli altri. Le tavole che nella scorsa edizione raggiungevano i 19 vente-simi restano allo stesso livello: Combal.Zero di Rivoli (Davide Scabin), Uliassi di Senigallia, Villa Crespi di Orta San Giulio (Antonino Cannavacciuolo), Vissani di Baschi. Mentre salgono a 18,50 ventesimi Enrico Bartolini del ristorante Devero, a Cavenago Brianza, nonché Moreno Ce-droni della Madonnina del Pescatore, a Senigallia. È tempo di celebrazioni, per

La carica dei giovani cuochi-ambasciatori dI Enzo VIzzArI

In Italia questo 2014, almeno per la gastronomia, potrà essere segnato come anno memorabile: l’alta cucina tricolore, con i suoi portabandiera e con l’eccellenza del nostro agroalimentare, si insedia nelle capitali strategiche del gusto. Dopo anni di proliferazione un po’ ovunque di insegne più “italian sounding”, sta delineandosi una svolta decisa, che ha per protagonisti i più brillanti interpreti di quella che la Guida dell’Espresso qualche anno fa battezzò “nuova cucina italiana”. Che cos’è cambiato rispetto al recente passato? La differenza sta nel fatto che a viaggiare non sono più la “cucina della nonna”, gli spaghetti e la pizza, che bene o male hanno conquistato il mondo nell’ultimo secolo con stereotipi e storpiature aberranti, bensì quella dei Bottura e degli Alajmo, degli Scabin e dei Beck, dei Crippa e dei Romito, e anche quella dei più giovani Bartolini o Parini. Una cucina moderna, aperta, “nuova”, ma inequivocabilmente italiana. La Guida

Ristoranti d’Italia 2015 fotografa e racconta questo mondo sempre più variegato, che è fatto sì di “cucine di qualità”, ma che è popolato da una miriade di “cucine di varietà”, perché la ristorazione sta cambiando connotati e contenuti: fast food, street food, botteghe di gastronomia che nell’arco della giornata mutano fisionomia e proposta; e poi gli etnici, i vegetariani e i vegani; le pizzerie creative e quelle tradizionali, le hamburgerie, le piadinerie, le paninerie. Ma è la “nuova cucina italiana” quella che si afferma nel mondo, riscuotendo rispetto e consensi fra i gourmet, i critici e gli stessi ristoratori stranieri, oltreché naturalmente fra i clienti. I cuochi di questa generazione, oggi tra i 30 e i 50, riescono in ciò che i loro predecessori - Marchesi in testa, Vissani, Santin, Paracucchi, tutti maestri di indiscusse capacità - non sono stati neppure in grado di immaginare: essere i primi ambasciatori, autentici ed efficaci,

dei nostri prodotti e della nostra cucina. Passata l’ondata spagnola, affievolitasi la curiosità per il fenomeno nordeuropeo, è - sarebbe - questo il momento per l’Italia di concentrare impegno e investimenti sulla risorsa turismo, della quale l’enogastronomia è componente essenziale. Anche perché nessuno all’estero sta fermo. È noto quanto prima la Spagna, poi gli scandinavi e ora i Paesi del Sud America scommettano sulla gastronomia come arma strategica per lo sviluppo del turismo. E nelle settimane scorse il ministro francese degli Esteri, Laurent Fabius, ha avviato un ambizioso progetto che in cinque anni dovrebbe riportare l’enogastronomia transalpina al ruolo di fattore trainante per una politica di sviluppo del turismo. In Italia i prodotti d’eccellenza ci sono, ma occorre proteggerli e valorizzarli con convinzione; i cuochi-ambasciatori non sono mai stati così capaci, stimati, aperti… Mancano la sceneggiatura e il regista.

DA SInIStRA: EnRICo BARtoLInI; MASSIMo BottURA; MARIAnnA VItALE; MoREno CEDRonI. nELL’ALtRA PAGInA: LA CoPERtInA DELLA GUIDA AI RIStoRAntI D’ItALIA 2015 DELL’ESPRESSo; nIko RoMIto

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Londra, Istanbul, Hong Kong, New York, Parigi, Tokyo: nell’arco di sei mesi, sei dei ventisette cuochi che con un punteggio da 18 ventesimi in su presidiano il vertice della

Guida I Ristoranti d’Italia 2015 accendono le loro insegne su altrettanti locali strategi-camente collocati nelle capitali del gusto e del business mondiali. Protagonisti, nell’or-dine, Tonino Mellino, Massimo Bottura, Enrico Bartolini, Davide Scabin, Massimi-liano Alajmo, Heinz Beck. Con il proposito, dichiarato e praticato da tutti, di fare cucina italiana autentica, ma moderna, compren-sibile, fruibile: è la “nuova cucina italiana” che si propone in forze al mercato globale

dei gourmet. Non sono evidentemente i primi cuochi italiani a esportare la propria firma, ma certo non fu entusiasta la risposta di Parigi quando il grande Angelo Paracuc-chi approdò al Royal Monceau; e doloro-so fu il flop di Gualtiero Marchesi, pur gratificato da una “stella” Michelin, al Lotti di Parigi e poi a Cannes.

Più brillanti le performance di Pinchiorri a Tokyo e a Nagoya, degli Iaccarino a Ma-cao e poi a Marrakech, di Nino Graziano a Mosca e, più recente, di Philippe Léveillé con “L’Altro” a Hong Kong. Tutt’altra storia, e radiosa, quella di Umberto Bom-bana, che la carriera e il successo se li è co-struiti tutti all’estero, e con il suo “8 ½” di

Hong Kong è l’unico “tre stelle” Michelin italiano fuori d’Italia. Del “Quattro Passi” di Tonino Mellino a Londra e del “Risto-rante Italia” di Bottura nell’Eataly di Istan-bul già si è scritto in queste pagine nei mesi scorsi. In attesa dell’apertura di Heinz Beck a Tokyo, sono da raccontare le start up in queste settimane di “Sepa” a Hong Kong, del “Mulino a Vino” di New York e del “Caffè Stern” di Parigi, tutti visitati in an-teprima da chi scrive quest’articolo. Il tan-dem Enrico Bartolini-Giacomo Marzotto, con il solido partner locale Gerard Li, ha creato Sepa (“seppia” in veneto), “bacaro” di ispirazione veneziana, collocato in posi-zione-chiave, a due passi dalla lunghissima

In pochi mesi, sei cuochi al vertice della nostra guida hanno aperto ristoranti italiani nelle capitali del gusto. Da Hong Kong a New York di Enzo Vizzari

l’inventore del “susci all’italiana”, che ha festeggiato i suoi primi 50 anni e i primi 30 del ristorante sulla bella spiaggia di Mar-zocca. Che sia tempo di revival, per Cedro-ni, lo rivela anche il menu: la “grigliata di pesce dieci anni dopo con molliche croc-canti e salsa di lattuga” segna il ritorno di un grande classico. «Un tempo la prepara-vo così: pesci piccoli, cucinati interi. Nella nuova versione cambia tutto: i pesci ven-gono sfilettati e cotti sulla piastra giappo-nese, “teppanyaki”, coperta con una cam-pana: gli odori si amplificano e la cottura si riduce». A proposito di Giappone, lo chef marchigiano ha appena dato alle stampe un libro scritto con Cinzia Benzi, “Susci più che mai” (Giunti editore): un viaggio attra-verso 20 ricette regionali rivisitate in chia-ve “susci”. Nel cous cous di pesce siciliano il pesce spada si declina in agrodolce e viene cotto sottovuoto; in Emilia Roma-gna, lo chef ha inventato una versione di piadina con tataki di tonno pinna gialla, mousse di parmigiano, marmellata di ace-to balsamico e gelatina di katsuobushi, fiocchi di tonnetto affumicato.

CUoCa dELL’anno. E le donne? Dal punto di vista strettamente statistico, in cucina sono in netta minoranza. «Quello degli chef è sempre stato un ambiente di duri e di “bruti”, ma le cose stanno cam-biando. È il segno della crescita della cultura della ristorazione», dice Vizzari, che snocciola alcuni casi emblematici: Cristina Bowerman (Glass a Roma), Aurora Mazzucchelli (Marconi a Sasso Marconi, Bologna), Fabrizia Meroi (Lai-te a Sappada, Belluno). Dall’hinterland napoletano, inoltre, viene uno dei nomi più promettenti della nuova generazione: Marianna Vitale, sorridente e determina-ta, è la chef di Sud (16,5 ventesimi), a Quarto, che si aggiudica il premio Cecchi per la Cuoca dell’anno. Una tecnica che matura, accostamenti inediti: insalata aromatica su crema di fegato; bicchiere di baccalà e parmigiana di melanzane in olio della Sabina; e quello diventato un classico, il “quinto quarto” di calamaro. «Un conto è aprire un ristorante a Roma o Milano, un conto in un territorio diffi-cile come il suo», conclude Vizzari. n

cucine da exportosTeriA FrAncescAnA A ModenA

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scala mobile che sale a Caine Road, all’in-tersezione fra SoHo, la zona dei ristoran-ti e della movida, e il residenziale Mid Levels. Tutto esaurito sin dai primi giorni, con palese, alto gradimento per una carta, vini e cibi, tutta e solo italiana: “cicheti” veneziani, sì, ma anche “bomba con vitel-lo tonnato”, “ravioli di guancia di vitel-lo”, “seppia al nero”. Facile pronosticare il successo.

Nel cuore del palpitante Meatpacking District di Manhattan, in un elegantissimo seminterrato, a vista la cucina dove vengo-no finiti i piatti, ha aperto ai primi di set-tembre “Mulino a Vino”, l’“Italian wine restaurant” creato da Paolo Meregalli, altro ramo della nota famiglia di distributori di vini di qualità: parla solo italiano la pode-rosa carta dei vini (tutti a bicchiere, anche per le bottiglie più preziose) che devono accompagnare le “tagliatelle Felicetti alla bolognese”, i ”bomboloni cacio e pepe”, i “ravioli di pollo arrosto”, il “polpo alla luciana”… i piatti messi a punto da Davide Scabin con il suo tocco sempre imprevedi-bile. Apertura per il pubblico il 18 settem-bre del “Caffè Stern” di Massimiliano e Raffaele Alajmo, dopo che per due settima-ne la crema della Parigi gourmande, da Alain Ducasse a Pierre Hermé, aveva con-diviso la sperimentazione dei piatti. La ge-stazione è stata lunga ma il locale è un gioiello: Stern, al 47 del Passage des Pano-ramas (Boulevard Montmartre), è monu-mento protetto, avendo ospitato per un secolo e mezzo la bottega dei più esclusivi incisori-stampatori di Parigi. Un restauro minuzioso e rispettoso, con il tocco di Phi-lippe Starck a perfezionare arredamento e illuminazione, ha dato nuova vita alla vecchia boiserie, costellata da pezzi unici d’arredo del ’700 e dell’800. Il Caffè è aperto dalle 8,30 a mezzanotte: croissant e brioche, ovviamente fatti in casa, per co-minciare; aperitivo con “cicheti” (dal bac-calà mantecato alla pappa al pomodoro); piccola antologia di classici italiani rivisti in chiave contemporanea a pranzo e cena, dagli spaghetti alla carbonara alla costolet-ta alla milanese. A prezzi moderati, “perché sarebbe un grave errore replicare qui, a Parigi, i piatti, e i prezzi, de Le Calandre”, sottolinea Raffaele Alajmo. Che ha ben capito che cosa vuol dire oggi esportare con successo la cucina italiana in paesi ad ele-vata e diffusa cultura gastronomica. La strada è segnata. n

il libro “vieni in italia con me” (ippocampo/phaidon) di massimo bottura; il caffÈ stern. dal basso: raffaele alajmo; philippe starck; david lanher; davide scabin

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Da MasterChef alla Prova del Cuoco, la tv è tutta un soffrig-gere e lardellare. Osservata dal salotto di casa, la faccenda sembra piuttosto semplice e

invita a trarre facili conclusioni. E che ci vorrà mai per fare il cuoco? Mentre la comunicazione di massa scardina la complessità della cucina, Carlo Petrini rema controcorrente. La piega dozzina-le che ha preso il settore a lui non piace. «Di cucina e cuochi se ne parla in con-tinuazione, spesso in maniera superfi-ciale», dice il fondatore di Slow Food, che lo scorso 17 settembre ha tenuto a battesimo la nuova Scuola di cucina popolare italiana di qualità. Il master

di un anno, teorico e pratico, è il tassello mancante di quel prezioso puzzle del gusto che Petrini ha cominciato a costru-ire dieci anni fa a Pollenzo (Bra) con l’Università di Scienze Gastronomiche. Fino a ieri l’ateneo ha sfornato ferratissi-mi teorici del cibo, gastronomi che s’ispi-rano ai principi di bontà e qualità di Slow Food. Ma una vera e propria scuola di cucina mancava. Petrini ci ha dovuto ragionare parecchio, su quale potesse essere una formula non banale.

La soluzione è arrivata a settembre, con il primo master in Cucina popolare. E chi si attende un corso per imparare a cucinare le lasagne come tradizione comanda, resterà deluso. Qui la didat-

tica è più complessa e affascinante. Lapo Querci, 26 anni, di Firenze, da circa un anno e mezzo è il boss della mensa dell’Università. Petrini l’ha tenu-to d’occhio e lo ha nominato responsa-bile delle lezioni pratiche, nonostante le sue stravaganze: ha frequentato l’Uni-versità di Pollenzo, ma non ha conse-guito la laurea, perché ha deciso che gli attestati non gli servono. In tasca non ha la laurea ma un’esperienza di nove anni ai fornelli del Cibreo, il ristorante di Fabio Picchi, genius loci della cucina fiorentina. Querci insegnerà agli aspi-ranti chef un approccio scientifico con la cucina tradizionale. Qualche esem-pio. Perché in cucina si parte sempre dal

taglio della cipolla? Per-ché disinfetta e pulisce il tagliere su cui si andrà a lavorare. E l’approccio, all’apparenza grossola-no, delle lunghe cotture della carne, poniamo il ragù, in realtà serve a sviluppare amminoaci-di utili al corpo umano, che si creano solo dopo un lungo periodo di cot-tura di carne, pomodoro e olio. «Per capire la cu-cina di tradizione è ne-cessar io avere bas i scientifiche, culturali, di chimica e di storia. Que-sto master coniuga gli insegnamenti teorici con il saper fare», spiega Querci. E le ricette? «Quelle non servono. Questa scuola insegna un metodo di cucina di-verso da tutti gli altri, mette i futuri chef nella condizione di adattare le ricette al luogo dove apriranno il loro locale.

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Nasce la Scuola di cucina popolare italiana. Lezioni

all’università e tirocini nei ristoranti

DI GLORIA RIVA

master stellato

l’universitÀ di scienze gastronoMiche a pollenzo. nell’altra pagina: un MoMento dei corsi

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Quello che serve ai cuochi è un po’ di consapevolezza, perché hanno la re-sponsabilità di valorizzare l’intera catena del ciclo alimentare». L’Univer-

sità non ha fatto fatica a raccogliere le prime 20 adesioni al primo ciclo del master. E a gennaio partirà il secondo round, questa volta in inglese. Anche

qui sono già al completo. Gli studenti vengono da tutte le parti del mondo: Germania, Romania, India, Etiopia, Messico, Stati Uniti e Singapore. Effet-tivamente il piano di studi è allettante: oltre alle lezioni universitarie, ci sono i tirocini nelle osterie di Slow Food e poi ancora tre mesi di formazione in ristoranti stellati d’Italia. Inoltre, tre viaggi didattici da Nord a Sud per ve-dere, studiare e assaggiare in loco i prodotti tipici italiani, conoscere i pro-duttori, gli artigiani e i ristoratori che fanno della cucina italiana la numero uno nel mondo. n

Sul sito dell’Espresso lo speciale interattivo dedicato alla Guida 2015: videointerviste ai top chef, le ricette dei migliori piatti, chi sale e chi scende, i premi ai professionisti della sala e delle cantine

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