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Periodico Societa’ Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Volume VI n. 1 Bollettino della SIRR Aprile 2003 INTRODUZIONE ALLA LUMINESCENZA DISPUTE SCIENTIFICHE E CRONACHE POPOLARI LEGATE AL FOSFORO DI BOLOGNA RECENTI APPLICAZIONI DELLA LUMINESCENZA IN CAMPO BIOMEDICO, AMBIENTALE E TOSSICOLOGICO II Riunione Nazionale della Societa’ Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni I Convegno Nazionale della Federazione Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Radiazioni in Medicina e Biologia: stato delle ricerche ed applicazioni cliniche Legnaro-Padova, 20-22 novembre 2003 spedizione in A. P. 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - DCO - DC - Roma

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Periodico Societa’ Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

Volume VI n. 1 Bollettino della SIRR Aprile 2003

INTRODUZIONE ALLA LUMINESCENZADISPUTE SCIENTIFICHE E CRONACHEPOPOLARI LEGATE AL FOSFORO DIBOLOGNARECENTI APPLICAZIONI DELLA LUMINESCENZA IN CAMPO BIOMEDICO,AMBIENTALE E TOSSICOLOGICO

II Riunione Nazionale della Societa’ Italiana per le Ricerche sulle RadiazioniI Convegno Nazionale della Federazione Italiana per le Ricerche sulle RadiazioniRadiazioni in Medicina e Biologia: stato delle ricerche ed applicazioni clinicheLegnaro-Padova, 20-22 novembre 2003

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In copertina:Nucleo di fibroblasto umanomarcato con anticorpi specificiper PML (anticorpo monoclonalepgm3; fluorocromo cy5, bianco),p53 (anticorpo policlonale fl393;fluorocromo alexa 488, verde) esirt1 (anticorpo policlonale noncommerciale; fluorocromo alexa568, violetto).L'immagine, acquisita da unmicroscopio confocale, è statafornita dal Dr. M. Faretta (IstitutoEuropeo di Oncologia, Diparti-mento di Oncologia Sperimenta-le, Flow Cytometry and ImagingCore)

SOMMARIOBOLLETTINO SIRRSocietà Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

Pubblicazione Periodica Quadrime-straleAprile 2003 - Vol. V1 n. 1

Direttore Responsabile

Gianfranco Grossi [email protected]

Responsabile Editoriale

Raffaele De [email protected]

Capo Redattore

Francesca [email protected]

Comitato di Redazione

Mauro [email protected] Corvò[email protected] [email protected] [email protected] [email protected]

Per Informazioni e CorrispondenzaFrancesca BallariniTel. 02 50317399 Tel. 0382 507906Fax 02 50317630e-mail: [email protected]

Registrazione del Tribunale di Roma n. 406 del 6 Agosto 1998

Grafica: Renato Cafieri

Stampa: Tipolitografia SEA srlZona Ind. Settevene Nepi (VT)Tel. 0761527323

Pubblicità: Tipolitografia SEA

INTRODUZIONE ALLALUMINESCENZA pag. 3Margherita Venturi

DISPUTE SCIENTIFICHE E CRONACHE POPOLARI LEGATE AL FOSFORO DI BOLOGNA 4Marco Taddia

RECENTI APPLICAZIONI DELLA LUMINESCENZA IN CAMPO BIOMEDICO, AMBIENTALE E TOSSICOLOGICO 6Aldo Roda

FOCUS ON MICROSCOPY13-16 APRILE 2003 - GENOVA, PALAZZO DUCALE 10Mario Faretta

EDITORIALE 12Gianfranco Grossi

12TH L.H. GRAY WORKSHOP6TH INTERNATIONAL WORKSHOPMicrobeam Probes of Cellular Radiation Response, Oxford, March 29-31, 2003 13Dieter Frankenberg

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Nel 1603 Vincenzo Casciarolo, di professionecalzolaio ed alchimista dilettante, scopriva neidintorni di Bologna la “pietra bolognese”. Questapietra divenne il primo oggetto di studio sul feno-meno della luminescenza aprendo una delle pagi-ne più interessanti della storia della Chimica.

Nonostante siano trascorsi quattro secoli daallora, l’entusiasmo e la curiosità sorti intorno alle“misteriose” proprietà di una pietra in grado diimprigionare e liberare la luce del sole non sonomai tramontati. I fenomeni legati all’assorbimentoe all’emissione di luce sono ormai patrimoniodella conoscenza scientifica, ma non hanno persoil fascino che fin dal principio li ha accompagnati.

La luminescenza trova oggi vasto impiego neipiù avanzati settori della ricerca scientifica e nellosviluppo di nuovi materiali ad altissimo contenu-to tecnologico. L’accoppiamento di componentiottici ed elettronici miniaturizzati ha portato allaproduzione di microchip in grado di integrare ungran numero di funzioni e di display attivi conproprietà uniche. La luce è inoltre il segnale piùefficace per comunicare con le singole molecole;permette, infatti, di interrogarle e di modificarlefino a farle operare come veri e propri dispositividi dimensioni nanometriche (1 nm =.10-9 m).

Sull’argomento presso il Dipartimento di Chi-mica “G. Ciamician” dell’Università di Bolognasi è svolto il 25 marzo 2003 il Convegno “Lumi-nescenza: dalla scoperta della pietra di Bolognaalle più recenti applicazioni”. In questo numerodel Bollettino viene riportato un breve riassuntodelle relazioni che Marco Taddia e Aldo Rodahanno tenuto nell’ambito del suddetto Convegno;spero che molti di voi siano incuriositi e stimola-ti a leggere di più su questa branca della Chimicache promette molto per il futuro, non solo dalpunto di vista della ricerca di base, ma anche esoprattutto per le sue applicazioni nei più svariati

INTRODUZIONE ALLA LUMINESCENZA

Margherita Venturi Dipartimento di Chimica "G. Ciamician"

Universita' di [email protected]

campi, incluso quello della biologia e della medi-cina.

Gli Atti del Convegno verranno pubblicatisulla rivista La Chimica e Industria, con moltaprobabilità nel numero di settembre; tale rivista èconsultabile on-line alla seguente pagina web:

http://www.ilb2b.it/chim_indus/home.asp?ses-sion=0&ricerca=8, da cui è possibile scaricaregratuitamente gli articoli di interesse.

Società Italiana per le Ricerche sulle RadiazioniBollettino SIRR anno VI n. 1

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Per circa tre secoli, dai primi del '600 all'iniziodel '900, la città di Bologna deve il suo posto nellastoria della chimica soprattutto ad una pietra, cheda essa prese il nome, utilizzata per ricavarnefosfori, ossia materiali capaci di dare fosforescen-za. Eppure, specialmente dal 12 dicembre 1711,quando fu fondato l'Istituto delle Scienze ad operadi Luigi Ferdinando Marsigli, al tempo del gover-no napoleonico che lo soppresse, non mancanomotivi d'interesse verso la chimica bolognese.Basti ricordare, ad esempio, l'allestimento di una"camera" della chimica nell'Istituto suddetto, icontributi di Laurenti, Menghini, Valsalva, Van-delli e, soprattutto, quello di Jacopo BartolomeoBeccari (1682-1766) medico, anatomico e chimi-co. Beccari, professore di fisica dal 4 dicembre1711, passò alla cattedra di chimica, istituita perla facoltà medica con decreto del 16 novembre1737, dando avvio, primo in Italia, all'insegna-mento universitario della chimica, corredato diparte sperimentale. Evidentemente, il pur celebrecontributo di Beccari alla scoperta del glutine ealtri suoi studi in vari campi, incluso quello deifosfori, con l'ausilio di dispositivi sperimentalioriginali, non ebbero risonanza europea pari aquella della Pietra di Bologna. La Pietra colpìinnanzitutto la curiosità e l'immaginario popolare,attirò verso la città l'interesse dei viaggiatori, ispi-rò testi letterari, suggerì teorie più o meno fanta-siose e alimentò numerose dispute scientifiche.

La data della scoperta delle singolari proprietàdella Pietra di Bologna non è nota con esattezza.Tuttavia, secondo gli storici, si colloca fra il 1602e il 1604. Essa viene generalmente attribuita aVincenzo Casciarolo (o Casciorolo), un calzolaiobolognese che, secondo Camillo Galvani (1780),"si dilettava di travagliare nelle cose chimiche" e,passeggiando presso Paderno "per divertirsi daqualche sua naturale malinconia", vide scintillareuna pietra, la raccolse, la portò a casa, la fece cuo-

DISPUTE SCIENTIFICHE E CRONACHE POPOLARI

LEGATE AL FOSFORO DI BOLOGNA

Marco TaddiaDipartimento di Chimica "G. Ciamician"

Università di Bologna

cere e scoprì, forse casualmente, che mettendolaal buio dopo averla esposta al sole, riluceva. Lapietra, cui furono attribuiti vari nomi (pietrafosforica bolognese, pietra di Bologna, pietraluciferina, pietra di luna, spongia lucis, lapis illu-minabilis, lapis lucifer, phosphorus ecc..) è unavarietà di baritina (solfato di bario anidro), rag-giata e nodulare, che una volta macinata, impasta-ta con bianco d’uovo o altri leganti e calcinata sucarbone, si trasforma in solfuro di bario. La sotto-stante figura, riprodotta da un testo di Luigi Bom-bicci (Corso di Mineralogia, G. Monti, Bolo-gna,1862), un autore che amava disegnare dalvero, ne fornisce un esempio che trova riscontronei pregevoli esemplari conservati presso ilmuseo a lui intitolato.

La prima citazione delle proprietà della pietradi Bologna è dovuta a Giulio Cesare La Galla(1612), mentre la prima descrizione dettagliatadella preparazione di materiale fosforescente apartire da essa è di Pietro Poterio (PharmacopeaSpagyryca, Iacobi Montis, Bologna, 1622).

Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Bollettino SIRR anno VI n. 1

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Secondo Poterio, colui che per primo rese lumi-nosa la pietra nell’intento di ricavarne oro, fu unnoto alchimista di Bologna, Scipio Bagatello. Ilnome di Casciarolo non compare nel lavoro diPoterio. L’attribuzione della scoperta al “chimi-co” Casciarolo è di Majolino Bisaccione (1582-1663) e Ovidio Montalbani (1602-1671), in duelettere pubblicate nel 1634. Quest’ultimo, addirit-tura, propose di chiamare la pietra “lapis cascia-rolanus”. Il riconoscimento pieno a Casciarolovenne da Fortunio Liceti (o Licetus) (1577-1657),nell’opera Litheosforus sive de Lapide Bononien-sis, pubblicata a Udine nel 1640. Secondo Liceti,fu appunto Casciarolo, uomo di umili condizioni,che trovò la pietra, ne scoprì le proprietà e lamostrò a Bagatelli. Questi ne parlò a Magini, pro-fessore di matematica a Bologna, il quale nemandò campioni a vari scienziati, tra cui GalileoGalilei, e ad alcuni sovrani europei. Tutto ciò reserapidamente famosa la pietra, indusse a riprodur-re il procedimento di preparazione dei fosfori edad interpretarne il comportamento. Nacquero leipotesi più disparate. Per un certo periodo, daparte di alcuni (Niccolò Cabeo, Athanasius Kir-cher), si pensò che la pietra si comportasse con laluce così come un magnete si comporta con ilferro. Anche Galileo intervenne nella disputa,seppure di sfuggita, con una lettera a Leopoldo diToscana, scritta per confutare alcune osservazionidi Liceti sulle opinioni dello stesso Galileo inmerito al "candor lunare". La scoperta di un resi-duo luminoso nella distillazione delle urine calci-nato su carbone (il fosforo elementare), avvenutaad opera di Brand nel 1669, ravvivò ulteriormen-te la discussione sulle proprietà dei fosfori natura-li ed artificiali e vi partecipò anche Robert Boyle.Nel ‘700, il sistema newtoniano influenzò anchele teorie sulla pietra. I bolognesi contribuironoalla discussione ed un gruppo di membri dell’Ac-cademia (Beccari, Galeazzi e Laurenti) fecenumerosi esperimenti in proposito. I Commentari,una sorta di diario scientifico del segretario Fran-cesco Maria Zanotti (De Bononiensis scientiarumet Artium Instituto atque Accademiae. Commenta-rii), registrarono i risultati, compresi quelli dellostesso Zanotti, riportando altresì anche due studidi Beccari sui fosfori, di carattere più generale.Marsigli dedicò all'argomento un'apposita disser-tazione e l’Accademia delle Scienze di Parigi nonfu da meno, come risulta dai Mémoires di Hom-berg e Du Fay. Fra i trattati di chimica, il celebreCours de Chymie di N. Lémery (1645-1715) è

forse quello che si occupa più diffusamente dellaPietra di Bologna, anche dal punto di vista speri-mentale e con il supporto di una bella tavolaesplicativa. Quest’opera ebbe numerose riedizionie traduzioni. L'ultima edizione, pubblicata in ita-liano nel 1719 da Gabriele Hertz, racconta la sto-ria della Pietra, spiega come trovarla, ne cita leproprietà depilatorie, descrive minuziosamente ilprocedimento per farne fosforo e propone unateoria per spiegarne la luminosità. Certo, Lémerynon è indulgente con i predecessori; egli affermache “Poterius, Montalbanus, Maginus, Licetus,Menzelus, ed alcuni altri hanno scritto di questapietra, ed hanno date le maniere di calcinarla; Male loro descrizioni non servono a nulla, perché,seguitandole, non s’ottiene alcun fine”. Il secondotomo del Dictionnaire de Chimie di Macquer,pubblicato a Parigi da Lacombe nel 1769, dedicaalcune pagine a quello che è ritenuto il fosforopietroso più celebre, la Pierre de Boulogne inter-pretandone il comportamento con il ricorso al flo-gisto. Ciò rifletteva lo sforzo del chimico tedescoS. Maargraf, convinto sostenitore della teoria diStahl. Superata questa teoria, la Pierre de Boulo-gne, continuò a trovar posto anche nei testi didat-tici francesi. Un esempio è il Cours de physiqueexperimentale et de chimie; a l’usage des Ecolecentrales, spécialment de l’Ecole centrale de laCôte d’Or”, pubblicato a Digione e a Parigi all’i-nizio del 1801, che riporta il procedimento perottenere i piccoli gateaux fosforescenti.

Gli studi sulla Pietra di Bologna, come docu-mentato dalla letteratura chimica, si protrasserofino al 1940 circa, ma il procedimento e le condi-zioni che assicurano la piena riuscita della prepa-razione presentano tuttora qualche incognita.D’altronde, meraviglia e mistero accompagnanoda sempre la strana luce della pietra. Anche Goe-the ne rimase influenzato e, quando passò daBologna, se ne procurò alcuni esemplari, citandopoi la Pietra anche nel Werther. Nel clima dicuriosità e di diletto che a livello popolare inco-raggiava il lavoro degli studiosi sui “mirabiliaminerali e naturali”, ben si comprendono le burleche la pietra ispirava e i piccoli commerci di que-sta autentica rarità.

Si può allora concludere che passeggiando suicalanchi di Paderno per scacciare la “naturalemalinconia”, il calzolaio Vincenzo Casciaroloraggiunse l’intento anche a vantaggio di moltialtri tra i quali, forse, potremmo includere anchenoi.

Società Italiana per le Ricerche sulle RadiazioniBollettino SIRR anno VI n. 1

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IntroduzioneLuminescenza è il termine generico che defi-

nisce l’emissione di luce da parte di molecolesenza specificare la causa che la ha originata; laforma più nota di luminescenza è quella conse-guente all’assorbimento di luce (fotoluminescen-za), della quale la fluorescenza è l’esempio piùcomune.

Meno conosciuta è la “chemiluminescenza”che rappresenta la luminescenza derivante da unprocesso chimico esoergonico che porta ad unprodotto in uno stato elettronicamente eccitato, ilquale decade allo stato fondamentale emettendofotoni. All’interno della chemiluminescenza, la“bioluminescenza” è sempre causata da un pro-cesso chimico ma avviene in organismi viventi edè catalizzata da enzimi.

Dal punto di vista chimico-analitico la lumine-scenza rappresenta uno strumento fondamentale emolto versatile per lo sviluppo di metodologieanalitiche sensibili e specifiche, con ampie appli-cazioni in biomedicina, biotecnologia, biologiamolecolare, farmacologia e in chimica ambienta-le e agroalimentare. I radioisotopi, quali 3H e 125I,largamente utilizzati per oltre 30 anni in chimica-clinica per la marcatura e preparazione di trac-cianti, sono stati ormai quasi completamente rim-piazzati da sistemi basati su principi di lumine-scenza.

FotoluminescenzaStoricamente la fotoluminescenza, ed in parti-

colare la fluorescenza, ha rappresentato il primoesempio di metodologia analitica con elevatarivelabilità. Molti fluorofori sono stati sviluppatied applicati; basta ricordare il vasto utilizzo dellafluorescina e di suoi analoghi in campo immunoi-

stochimico e come tracciante ed il suo ruolo trai-nante per la ricerca di traccianti sempre più effi-cienti e selettivi.

Sono ormai disponibili nella routine bioanali-tica sistemi su chip microarray per analisi discreening ad elevata produttività analitica in bio-logia molecolare e genetica. L’accoppiamentodella specificità della reazione di ibridazionedegli acidi nucleici con l’uso di “probe” fluore-scenti con emissione a diverse λ, e quindi condiversi colori, ha permesso di sviluppare microar-ray di piccole dimensioni basati su una serie disonde geniche immobilizzate e su imaging delsegnale fluorescente mediante CCD.

Un altro, e forse più importante, avanzamentotecnologico della fluorescenza è stata la scopertae la definizione del meccanismo della fluorescen-za di proteine, ed in particolare della “green fluo-rescent protein” (GFP) estratta dalla medusaAeqorea victoria. Oggi si conosce tutto sulla GFP,dalla sua struttura al sito attivo, e questa proteinaè stata clonata ed utilizzata in moltissimi settoridella biochimica. E’ ad esempio possibile,mediante ingegneria genetica, accoppiare il genedella GFP ad altri geni che codificano la produ-zione di proteine organo - o organello - specifi-che: in parole semplici è possibile rendere fluore-scenti specifici elementi sub-cellulari permetten-do lo sviluppo di affascinanti tecniche istochimi-che fluorescenti per lo studio dell’architettura cel-lulare.

Sono state inoltre ottenute forme mutanti dellaGFP che emettono luce ad altre lunghezze d’onda(nel verde, giallo, rosso) permettendo lo sviluppodi metodi per lo studio di più funzioni o analitisimultaneamente.

La principale limitazione per lo sviluppo di

RECENTI APPLICAZIONI DELLA LUMINESCENZA IN CAMPO

BIOMEDICO, AMBIENTALE E TOSSICOLOGICO

Aldo RodaDipartimento di Scienze Farmaceutiche

Università di Bologna

e-mail: [email protected] ; web: www.unibo.it/anchem

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metodi fotoluminescenti ultrasensibili è legata alfatto che la fotoeccitazione non è selettiva: moltealtre molecole presenti nel campione o matricebiologica vengono anch’esse eccitate, dandoluogo a processi di autofluorescenza con conse-guente drastica riduzione del segnale analitico“pulito”. Sono stati effettuati numerosi tentativiper aumentare la selettività del segnale fluore-scente, sviluppando per esempio traccianti con unelevato assorbimento molare, caratterizzati da unelevato spostamento di Stokes e con emissionenel rosso, zona spettrale dove poche molecoleorganiche naturali emettono. Tra queste, le piùstudiate sono le porfirine e le ficobiliproteine: peresempio la ficoeritrina presenta un ε molare di2x106 M-1cm-1. Tuttavia, la sovrapposizione dellebande degli spettri di eccitazione ed emissione nonpermette di ottenere la selettività necessaria perabbassare i limiti di rivelazione a valori di 10-15-10-18 moli, idonei per la determinazione di mole-cole di interesse diagnostico o presenti in tracce,quali inquinanti ambientali, farmaci, ecc.

Le migliori prestazioni analitiche in termini dirivelabilità derivano da una originale e interessan-te proprietà fotofisica di alcuni complessi dimetalli di transizione, quali i lantanidi, utilizzati

come traccianti per metodi biospecifici di tipoimmunologico o genico. La sorprendente peculia-rità di questi chelati è la loro capacità di assorbireflash di luce della durata di ~10-6 sec e di trasferi-re l’energia assorbita al metallo, che la riemette inun tempo molto più lungo (~10-6-10-3 sec) rispet-to alla fluorescenza delle comuni molecole orga-niche (~10-9 sec). La misura dell’emissione conun ritardo rispetto all’eccitazione permette di rile-vare solo la fluorescenza derivante dal traccianteeliminando quella di fondo, con conseguenteaumentata selettività rispetto ad una misura infotoeccitazione costante. Tale tecnica, definita difluorescenza risolta nel tempo, ha avuto e conti-nua ad avere notevoli applicazioni nell’ambitodella bioanalitica ed ha permesso lo sviluppo dimetodi immunologici con limiti di rivelazione di10-15-10-18 moli, superando le prestazioni di radio-traccianti quali 3H o 125I.

Va ricordata inoltre una interessante applica-zione della fluorescenza riguardante lo sviluppodi metodi immunologici basati su misure di fluo-rescenza polarizzata. E’ noto che una luce pola-rizzata eccita solo quelle molecole che hanno iloro oscillatori paralleli al piano della luce eccita-trice. Il grado di polarizzazione della risultanteemissione dipende quindi dal tempo di emivitadella stato eccitato (τ) e dal movimento rotatoriodella molecola. Una grossa molecola (anticorpo orecettore) ha un tempo di movimento di ~ 10-100ns, mentre una piccola molecola (farmaco) di ~0,1-1 ns. Una piccola molecola marcata con fluo-rescina non sarà quindi in grado di mantenerepolarizzata la luce emessa, mentre se essa è lega-ta ad un anticorpo la sua fluorescenza sarà ancoraparzialmente polarizzata; mediante tale principioè stato possibile mettere a punto una serie dimetodi omogenei per la determinazione di farma-ci, ormoni steroidei e droghe d’abuso. I metodibasati su misure di fluorescenza polarizzata sonotra i più diffusi a livello mondiale nei laboratori dichimica clinica.

Bio e ChemiluminescenzaCome riportato precedentemente la misura

della luce derivante da un processo chimico èpotenzialmente di estremo interesse in chimicaanalitica. In appropriate condizioni sperimentali ilsegnale analitico, cioè l’emissione di fotoni, èstrettamente legato alla concentrazione di analitanel campione, permettendo così lo sviluppo dimetodi quantitativi precisi ed ultrasensibili. I

Società Italiana per le Ricerche sulle RadiazioniBollettino SIRR anno VI n. 1

Piastra microtiter osservata in chemiluminescenza in falsicolori. (Immagine fornita da Massimo Guardigli).

Localizzazione immunoistochimica dell’antigene specificoPSA in sezioni di prostata, ottenuta con tecniche di fluore-scenza risolta nel tempo (TRF). Da sinistra: immagine in lucetrasmessa, segnale TRF e loro sovrapposizioni. (Immaginefornita da Massimo Guardigli).

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sistemi chemiluminescenti più interessanti sonoquelli caratterizzati da una cinetica dell’emissionedi tipo “steady-state”, cioè con un segnale analiti-co stabile per alcuni minuti, che semplifica lastrumentazione richiesta ed in genere tutte le fasidel processo analitico.

La bio-chemiluminescenza offre potenzial-mente la strada più breve per ottenere una miglio-re rivelabilità rispetto ad altre tecniche fotolumi-nescenti. Il primo vantaggio riguarda il migliorerapporto segnale/rumore, in quanto l’emissione difotoni deriva da un processo “buio” e l’unico tipodi rumore è quello strumentale. Al contrario, letecniche fotoluminescenti presentano fenomeni diemissione aspecifica del campione e problemistrumentali legati a fenomeni di “drift” della sor-gente e del rivelatore ed a fenomeni di scatteringdella luce. Un altro vantaggio della bio-chemilu-minescenza è che l’emissione di fotoni deriva daun processo chimico altamente specifico ed èquindi meno influenzata dai costituenti dellamatrice.

Il processo di emissione bio-chemilumine-scente è comunque meno intenso rispetto a quellofotoluminescente che è ovviamente funzione dellapotenza della sorgente di eccitazione; tuttavia,esso può essere amplificato chimicamentemediante reazioni consecutive e cicliche. Il segna-le analitico presenta un ampio ambito di linearità,per almeno 5 decadi di concentrazione, e raggiun-ge il valore ottimale di steady-state in pochisecondi, rendendo la bio-chemiluminescenza unatecnica ideale per lo sviluppo di metodi rapidi eultrasensibili.

L’accoppiamento di reazioni enzimatiche (chi-nasi o idrogenasi) che utilizzano ATP o NAD-(P)/NAD(P)H come cofattore con sistemi biolumi-nescenti, quali la reazione luciferina/ATP/luciferasio quella della luciferasi batterica NAD(P)-/NAD(P)H-dipendente, ha permesso di svilupparemetodi ultrasensibili per la determinazione di moltisubstrati, quali alcol, lattosio, acidi biliari, ecc.Anche il sistema chemiluminescente lumino-lo/H2O2/perossidasi è stato accoppiato a molte ossi-dasi che coinvolgono H2O2 quali la glucosio ossi-dasi, la colesterolo ossidasi o la colina ossidasi, perl’analisi di glucosio, colesterolo e fosfolipidi. Esi-ste inoltre una vastissima letteratura scientifica sul-l’accoppiamento di reazioni enzimatiche utilizzan-do enzimi coimmobilizzati e sistemi a flusso tipoFIA (Flow Injection Analysis) per la determinazio-ne rapida, sensibile ed automatizzata sia di analiti

sia di attività enzimatiche in molti fluidi biologici ein matrici agro-alimentari. L’utilizzo di sistemienzimatici accoppiati ha inoltre permesso di valu-tare la localizzazione di analiti ed enzimi in tessutie cellule in modo estremamente più sensibilerispetto all’utilizzo di cromogeni o substrati fluore-scenti.

La più importante applicazione dei metodichemiluminescenti è lo sviluppo di metodi immu-nologici che utilizzano traccianti chemilumine-scenti per la diretta marcatura di anticorpi o anti-geni (analoghi del luminolo o N-sulfonil-acridi-nio-9-carbossiamidi), oppure traccianti enzimatici(perossidasi, fosfatasi alcalina, β-galattosidasi) esubstrati chemiluminescenti. Il vantaggio dei mar-catori enzimatici è che permettono l’amplificazio-ne e stabilizzazione del segnale chemilumine-scente. Molti dei kit e sistemi automatici di anali-si presenti oggi nei laboratori di chimica clinicautilizzano questi sistemi al posto dei radioisotopi.

Mille molecole di fosfatasi alcalina rappresen-tano il record di rivelabilità dei metodi chemilu-minescenti che sono ampiamente utilizzati anchenelle tecniche di ibridazione di acidi nucleici,eventualmente combinati con metodi immunolo-gici. Una sonda DNA, marcata con digossigenina,può essere rivelata dopo sua ibridazione con unanticorpo anti-digossigenina marcato con un enzi-ma ed un substrato chemiluminescente. Il segnalepuò essere ulteriormente amplificato mediante ilsistema biotina-streptavidina, arrivando alladeterminazione di pochi femtogrammi di DNAomologo.

I sistemi chemiluminescenti sono stati ancheutilizzati per tecniche di immunoistochimica(IHC) e di ibridazione in situ (ISH) per la localiz-zazione di antigeni specifici e acidi nucleici insingole cellule e in tessuti. Tali tecniche, rispettoa quelle che utilizzano la fluorescenza, presentanoil vantaggio di fornire informazioni quantitativesulla distribuzione spaziale di patogeni, antigeni,ecc.

Biosensori cellulari e sistemi foto-bio-chemilu-minescenti (sistemi FRET e BRET)

L’uso di geni reporter luminescenti rappresen-ta uno stimolante ed attuale capitolo della biolo-gia cellulare e delle sue applicazioni analitiche. E’stato possibile mediante ingegneria genetica otte-nere batteri, lieviti o cellule di mammifero ingrado di produrre fotoni in seguito all’interazionecon l’analita. Il sistema consiste nell’inserimento

Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Bollettino SIRR anno VI n. 1

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di un gene reporter, che codifica per una proteinaluminescente (luciferasi da lucciola luc, battericalux,..), sotto il controllo di una specifica sequen-za, la quale induce l’espressione del gene reportersolo in presenza dell’analita. Questi biosensorisono stati applicati alla determinazione di metallipesanti (tra i quali Hg, Cd, Cr, Pb) o tossiciambientali (quali modulatori endocrini, idrocar-buri aromatici polialogenati, ecc). Oltre alla ele-vata rivelabilità, questi sistemi presentano il van-taggio di fornire direttamente informazioni sullabiodisponibilità dell’analita, quindi sull’effettivatossicità del campione.

Sono stati inoltre sviluppati sistemi basati sultrasferimento non radiativo di energia da un dona-tore fluorescente (FRET, fluorescence resonanceenergy transfer) o bioluminescente (BRET, biolu-minescent resonance energy transfer) ad un accet-tore. Questi sistemi sono particolarmente adattiper lo studio di interazioni molecolari a corto rag-gio (10-100 Å), quindi interazioni proteina-protei-na, ligando-recettore, o studi di modificazioneconformazionale di proteine ed enzimi. Poiché

l’efficienza del trasferimento di energia vienemisurata come rapporto tra l’emissione dell’ac-cettore e quella del donatore, questi metodi pre-sentano, rispetto a quelli basati sulla semplicemisura dell’intensità di segnali fluorescenti o bio-chemiluminescenti, il vantaggio di ridurre lavariabilità dovuta a cambiamenti del numero dicellule e dei parametri sperimentali in genere.Inoltre, poiché non necessita di una eccitazioneradiativa, la BRET presenta il vantaggio, rispettoalla FRET, di permettere la misura anche in cellu-le fotosensibili (ad esempio della retina) o chepresentano elevata autofluorescenza. La FRET e,più recentemente, la BRET sono state estesamen-te applicate allo studio di interazioni proteiche,attivazione di recettori, screening di nuovi farma-ci e studio dei processi di “signaling” intra- edintercellulare.Campbell AK (1988), Chemiluminescence: Principles and Applica-

tions in Biology and Medicine. VCH, Cambridge.Garcia-Campana AM, Baeyens WRG (2001) (eds), Chemilumine-

scence in analytical chemistry. Marcel Dekker, New York, NY.Van Dike K, Van Dike C, Woodfork K (2002) (eds), Luminescence

biotechnology: instruments and applications. CRC Press, BocaRaton, FL

Società Italiana per le Ricerche sulle RadiazioniBollettino SIRR anno VI n. 1

CONSIGLIO DIRETTIVO SIRR 2003-2004PresidenteGiustina SimoneLaboratorio di Fisica - Istituto Superiore di SanitàViale Regina Elena 299 - 00161 RomaTel: +39 06 4990 2719 - Fax: +39 06 4938 7075e-mail: [email protected]

Segretario - TesoriereRaffaele De VitaUnità di Tossicologia e Scienze Biomediche - ENEA, CasacciaVia Anguillarese, 301 -00060 RomaTel: +39 06 3048 4671 - Fax:: +39-06.30484891e-mail: [email protected]

ConsiglieriArmando ButtafavaDipartimento di Chimica Generale - Università di PaviaViale Taramelli 12 - 27100 PaviaTel: +39 0382 507353 - Fax: +39 0382 258544e-mail: [email protected]

Roberto CherubiniLaboratori Nazionali di Legnaro – INFNVia Romea 4 - 35020 LegnaroTel: +39 049 8069393 - Fax: +39 049 641925e-mail: [email protected]

Renzo CorvòUnità Operativa Oncologia RadioterapicaIstituto Nazionale per la Ricera sul CancroLargo Rossana Benzi 10 - 16132 GenovaTel: +309 010 5600014 - Fax: +39 010 5600039e-mail: [email protected]

Laura GuidoniLaboratorio di Fisica - Istituto Superiore di SanitàViale Regina Elena 299 - 00161 RomaTel: +39 06 4990 2804 - Fax: +39 06 4938 7075e-mail: [email protected]

Andrea OttolenghiDipartimento di Fisica Nucleare e Teorica - Università di PaviaVia Bassi 6 - 27100 PaviaTel: +39 0382 507892 (02 50317655) - Fax: +39 02 50317 630e-mail: [email protected]

Simona PazzagliaUnità di Tossicologia e Scienze Biomediche - ENEA, CasacciaVia Anguillarese, 301 - 00060 RomaTel: +39 06 3048 4998 - Fax:: +39-06.30484891e-mail: [email protected]

Paola ScampoliDipartimento di Scienze Fisiche - Università di Napoli Federico IIVia Cintia - 80126 NapoliTel: +39 081 676353 - Fax: +39 081 676346e-mail: [email protected]

Presidente OnorarioMarcello QuintilianiViale XXI Aprile 21 - 00162 Romae-mail: [email protected]

Consigliere EmeritoMario CoppolaVia Flaminia, 811 - 00191 Roma e-mail: [email protected]

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Dal 13 al 16 aprile si è tenuta a Genova l’an-nuale edizione del “Focus on Microscopy”, orga-nizzata dai Proff. A. Diaspro (Università di Geno-va), F. Brakenhoff (Università di Amsterdam) e C.Usai (CNR). La conferenza ha coperto aspetti tec-nologici di base quali teoria ottica, sviluppo dinuova strumentazione confocale, metodi alterna-tivi alla microscopia confocale per sezionamentoottico e microscopia Raman, unitamente a temati-che legate all’applicazione delle nuove tecnologiea problemi biologici, medici e di scienza deimateriali.

Negli ultimi anni, accanto alle tecniche classi-che di microscopia confocale, si è imposta all’at-tenzione degli utilizzatori la possibilità di eccitaresostanze fluorescenti con la tecnologia multifoto-ne. Il primo riferimento a tale fenomeno risale allatesi di dottorato del premio Nobel per la fisicaMaria Goppert-Mayer, mentre l’applicazioneall’osservazione di campioni fluorescenti risaleagli anni ‘90 (Denk et al. 1990). L’elevata traspa-renza dei materiali biologici rispetto alla radiazio-ne infrarossa utilizzata nell’eccitazione multifoto-ne fa della microscopia a due fotoni una risorsa divalore inestimabile per lo studio di campioni bio-logici spessi quali tessuti, embrioni ed organi. S.Fraser (California Institute of Technology) haesposto il notevole impatto prodotto dalle tecno-logie avanzate di imaging nello studio dei mecca-nismi di sviluppo embrionali. La microscopia adue fotoni può essere usata per seguire la migra-zione di specifiche popolazioni cellulari responsa-bili dello sviluppo del sistema nervoso negliembrioni di pollo. La possibilità di effettuareosservazioni in vivo costituisce una svolta rispet-to agli studi classici, che richiedevano il sacrificiodegli embrioni stessi. La microscopia confocalemultifotone rimane però una tecnica superficiale(capacità di penetrazione fino a 500 micron) separagonata alle dimensioni di organismi comples-

si quali embrioni di mammifero, per cui sonoentrate a far parte della ricerca di base tecnologiedi immagine non ottiche finora utilizzate incampo diagnostico. Sempre nell’ambito dello svi-luppo di organismi viventi, D. Arndt-Jovin (MaxPlanck Institute, Goettingen) ha presentato l’uti-lizzo di tecnologie avanzate per lo studio dellosviluppo di embrioni di Drosophila. L’espressionedi proteine fondamentali nella definizione dell’i-dentità dei diversi segmenti corporei (geni Poly-comb), modificate per essere espresse come fusio-ne con Green Fluorescent Protein, permette laloro visualizzazione a livello cellulare in vivo,aprendo nuove frontiere nello studio del ruologiocato da tali proteine nel corso dello sviluppoembrionale.

La microscopia in fluorescenza ha inoltrepreso piede nel campo degli studi funzionali dibiomolecole attraverso lo sviluppo dei metodi di“Fluorescence Recovery After Photobleaching”(FRAP) e “Fluorescence Correlation Spectro-scopy” (FCS). Nel caso della FRAP, che può for-nire una valutazione delle capacità diffusive dispecifiche macromolecole all’interno di diversicompartimenti cellulari, l’illuminazione ad eleva-ta intensità di una specifica regione cellulare portaall’inattivazione irreversibile (bleaching) dell’e-missione di fluorescenza delle molecole irradiate.Tale analisi richiede la creazione di modelli per ilfitting dei dati sperimentali e per la predizione dicomportamenti complessi dovuti ad esempio allapresenza di sottopopolazioni aventi differentigradi di mobilità a causa di interazioni molecola-ri, come presentato da B. Sprague (National Can-cer Institute/National Institute of Health, Bethe-sda) e A. Houtsmuller (Erasmus University Rot-terdam). Quest’ultimo ha applicato le metodolo-gie sopra descritte allo studio in vivo delle cineti-che di reazione coinvolgenti proteine responsabi-

FOCUS ON MICROSCOPY13-16 APRILE 2003 - GENOVA,

PALAZZO DUCALEMario Faretta

Flow Cytometry and Microscopy CoreDipartimento di Oncologia sperimentale - Istituto Europeo di Oncologia Milano

[email protected]

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li dei meccanismi di riparo dei danni al DNA eaventi simultaneamente un ruolo nella trascrizio-ne. Studi di microscopia confocale in vivo, unita-mente ad analisi con metodi FRAP e successivamodellizzazione, hanno portato ad evidenziarecome il fattore di trascrizione e riparo TFIIH,coinvolto sia nella trascrizione dipendente daRNA Polimerasi I e II sia nell’ eliminazione deidanni a singola elica indotti da radiazione UV,presenti una diversa mobilità a seconda dell’atti-vità funzionale svolta. La risultante dipendenzatra diffusività e attività funzionale porta le mole-cole a risiedere per qualche secondo nei siti attividi trascrizione per poi essere sostanzialmenteimmobilizzate nei pressi del DNA danneggiatoper qualche minuto, indicando una sostanzialediversità nel ruolo giocato dal fattore TFIIH alivello molecolare nei due processi. La FCS per-mette di estrapolare dalle fluttuazioni temporalidell’intensità di fluorescenza informazioni su unadata molecola presente nel cono di illuminazionedel fascio laser di un microscopio confocale.Esempi di tali informazioni sono la concentrazio-ne, la capacità diffusiva e, applicando la tecnica afluorocromi diversi, la possibile interazione fraspecie molecolari. Il tempo richiesto per il cam-pionamento è dell’ordine dei millisecondi conun’osservazione generalmente limitata ad un sin-golo punto. Recenti innovazioni nel settore (E.Gratton, University of Illinois) hanno portato adestendere i limiti di raccolta del segnale ad areerelativamente ampie, consentendo di stimare inregioni cellulari le frazioni di molecole mobili edimmobili unitamente ai gradienti locali di veloci-tà. Il passo successivo si concretizza nelle tecni-che di “Image Correlation Spectroscopy” (P.Wiseman, McGill University, Montreal), utilizza-te per estrapolare le proprietà di trasporto e aggre-gazione in membrane cellulari dallo studio dellecorrelazioni spaziali e temporali dell’intensità difluorescenza. Una seconda modalità di indaginenel campo delle interazioni proteiche viene forni-ta dalla “Fluorescence Resonance Energy Trans-fer” tra due fluorocromi aventi specifiche proprie-tà spettrali (A. Periasamy, University of Virginia,Charlottesville). L’emissione di fluorescenza perFRET avviene tramite l’eccitazione di un moleco-la donatrice che si diseccita trasferendo la propriaenergia ad un secondo fluoroforo, che a seguito ditale assorbimento viene eccitata per poi emetterefluorescenza. Il verificarsi dell’emissione perFRET indica la prossimità spaziale (tipicamente

inferiore ai 10 nm) e quindi l’interazione fra ledue specie molecolari. L’utilizzo di modificazionipuntiformi nella struttura di GFP ha portato allosviluppo di nuove proteine fluorescenti soddisfa-centi i criteri richiesti per l’osservazione dei feno-meni di FRET (“Cyan fluorescent Protein” e“Yellow Fluoresccent Protein”). Fondendo talimolecole a macromolecole biologiche di interessee sfruttando le tecnologie di microscopia confoca-le a singolo e multi fotone, si è conseguentemen-te realizzata la possibilità di valutare interazionimolecolari in cellule viventi. Un nuovo metodo dimisurazione di tali fenomeni si basa sul “Fluore-scence Lifetime Imaging”, che prevede la misura-zione del tempo di vita medio sfruttando la naturaimpulsata delle sorgenti di eccitazione multifoto-ne. In presenza di FRET la vita media della mole-cola donatrice risulta abbreviata; la misura, essen-do indipendente dalla concentrazione di fluorofo-ro, fornisce un metodo di valutazione più robustorispetto ai rapporti di intensità.

Parallelamente alla disponibilità di una varietàsempre crescente di sostanze fluorescenti, è cre-sciuta la necessità di strumenti ad elevato poteredi risoluzione spettrale per la separazione deidiversi fluorocromi. Le maggiori ditte produttricidel settore microscopia confocale hanno presenta-to le diverse soluzioni esistenti per soddisfare lecrescenti richieste nel campo della microscopia“spettrale”. L’utilizzo di modulatori acusto-otticiotticamente attivi in sostituzione dei classici filtridicroici, unitamente all’uso di elementi dispersivi,ha trovato impiego nella microscopia confocalead alta risoluzione spettrale (R. Borlinghaus,Leica Microsystems, Heidelberg). Le stesse capa-cità di analisi spettrale possono essere ottenutemediante reticoli di diffrazione in grado di proiet-tare i massimi del primo ordine su un array difotomoltiplicatori (R. Ankerhold, Carl Zeiss,Jena). La tecnologia a filtri (A. Dixon, Bio-Rad,UK) può acquisire capacità di risoluzione spettra-le mediante l’impiego in sequenza di filtri dielet-trici a banda passante bassa ed alta, creando unafinestra minima di 10 nm estensibile tra i 450 ed i610 nm.

La sfida classica nella microscopia ottica con-siste nel superamento del limite di diffrazioneimposto dalla legge di Abbe; gli sviluppi raggiun-ti in tale settore sono stati presentati da S. Hell(Max Planck Institute, Gottingen). In particolarela “Stimulated Emission Depletion” e la “GroundState Depletion” permettono il superamento di

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tale limite mediante processi non lineari. L’utiliz-zo di intensità e/o lunghezze d’onda di eccitazio-ne che modulano spazialmente la sorgente prima-ria di eccitazione consentono di portare la risolu-zione ottica al di sotto dei 100 nm. L’uso di geo-metrie particolari come la microscopia 4πin cui siimpiegano due obiettivi contemporaneamente,rappresenta un ulteriore strumento per l’incre-mento della risoluzione spaziale. L’applicabilità aproblemi biologici è stata dimostrata dall’osserva-zione ad alta risoluzione del reticolo mitocondria-le di cellule di mammifero (A. Egner, Max PlanckInstitute, Gottingen). Tecniche di illuminazionestrutturata consistenti nella modulazione spazialedell’intensità di illuminazione in microscopia incampo largo possono essere utilizzate per incre-mentare il numero di informazioni ad alta risolu-zione nell’immagine osservata (M. Gustafsson,

University of California, San Francisco). Lo sviluppo di nuova strumentazione ottica

con sempre maggiori capacità risolutive può apri-re nuove strade verso la soluzione di problemilegati alla ricerca biologica di base ed applicata.Le tecnologie ottiche forniscono, rispetto alle tec-nologie di microscopia elettronica, l’ineguagliabi-le proprietà di essere compatibili con l’osserva-zione di campioni viventi. Risulta tuttavia indi-spensabile un continuo confronto tra sviluppatoried utilizzatori, unica carta vincente per il futuro,come testimoniato dalla crescente partecipazionea congressi interdisciplinari di cui il “Focus onMicroscopy” ha rappresentato e rappresenterà uneccellente modello.

L’autore si scusa con tutti coloro che perragioni di spazio non hanno potuto essere men-zionati.

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Carissimi,ho sempre pensato che il Bollettino, oltre che essere un importante veicolo di diffu-

sione di informazioni fra i soci SIRR, dovesse svolgere principalmente il compito di farconoscere la nostra Associazione, nei suoi diversi aspetti, a quante più persone possibile,dovesse essere uno dei nostri “fiori all’occhiello”, il nostro biglietto da visita nello svolgi-mento di questo compito. Obiettivamente, nei suoi oramai dodici anni di vita, quest’operadi divulgazione non sempre è riuscita, e questo ci ha portato a fare una critica dell’operatoche ci auguriamo possa diventare positiva.

A nome della Redazione del Bollettino, totalmente rinnovata nel normale avvicenda-mento ad esclusione del Direttore Responsabile, vorrei ringraziare la passata Redazione, ein particolare Marco Durante, per il lavoro svolto, e presentare la nuova versione graficadella nostra rivista. Ho volutamente utilizzato il termine “rivista”, in quanto i nostri sforzisaranno indirizzati al raggiungimento di questo obiettivo. Infatti da questo numero “Bollet-tino della Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni (SIRR)” appare come occhiello.Vi verranno infatti pubblicati anche articoli su argomenti di attualità in campo scientifico,che pur se non strettamente legati alle radiazioni possano essere di stimolo per tutti noi.

Il compito che attende tutta la Redazione è abbastanza arduo, ma io sono molto fidu-cioso. Tutti hanno accettato l’incarico con entusiasmo e quando si lavora con questo spiri-to ottenere gli obiettivi prefissati è più facile. Speriamo comunque di interagire fortementecon tutti i soci e gradiremmo molto avere suggerimenti e opinioni.

Auguro a tutti buon lavoro e uno splendido successo.Gianfranco Grossi

Editoriale

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12TH L.H. GRAY WORKSHOP6TH INTERNATIONAL WORKSHOP

Microbeam Probes of Cellular Radiation Response,Oxford, March 29-31, 2003

Dieter FrankenbergUniversity of Goettingen

[email protected]

The scientific programme of the workshop canbe subdivided into 2 major and 2 minor groups.The contents of the 2 major groups are (1) deve-lopment and construction of microbeams and (2)bystander effects including their interrelations-hips to other low dose phenomena. The subjectsof the 2 minor groups are (3) reports about firstqualitative results of microbeams or X-ray-micro-probes which will enter the quantitative phasewithin the next one or two years and (4) micro-beam related radiation physical and microdosime-tric considerations.

(1) Worldwide there are strong activities in thedevelopment and construction of microbeams,most of which will be based on beam focusingthus avoiding the straggling problems when usingcollimators.

The existing and future microbeams will coverthen an LET-range from about 2 to 10,000keV/µm. The beam directions are from bottom orare horizontal with their specific problems andsolutions. The Gray Cancer Institute has added totheir existing CK and AlK X-ray probes a TiK X-ray probe to extend the LET-range to lowervalues. A general introduction into X-ray opticsdocumented the difficulties faced with increasingphoton energies. Reports on software develop-ments to control charged particle microbeams,and cell imaging techniques available for micro-beams complemented this first group of presenta-tions.

(2) In this group of presentations several que-stions were addressed concerning bystandereffects and their interrelationships to LET-depen-dence, inducible radioresistance, genomic instabi-lity, adaptive response or cell density.

Using the conventional track etching method itwas shown that the cyclin-dependent kinase inhi-bitor CDKN1A (p21) was not significantly enhan-ced in bystander cells after exposure of 1 to 2 %

of all cells to heavy ions with an LET of 4000keV/µm (zinc ions) or 150 keV/µm (carbon ions)(Taucher-Scholz et al).

Growing cell populations of different originsshowing bystander effects after alpha particlesexposure did not exhibit any bystander effect afterexposure to 50 to 70 keV electrons using a specialcollimator for irradiation of selected areas. Asendpoints were used fluorescence assays forCDKN1A and PCNA. These investigations que-stion the possibility of an endpoint-dependence ofobserving bystander effects (Braby and Ford).

Nuclear targeting of primary human fibro-blasts with counted 10 MeV protons with an LETof 5 keV/µm, the lowest LET ever used in targe-ting of cell nuclei, yielded cell killing as expectedfrom broad beam exposures. Targeting of only 10% of all cells did not show any bystander effectalthough cells were approximately 70 % con-fluent to form gap junctions, as it was in all expe-riments performed at the Columbia microbeamusing alpha particles. Based on these preliminaryresults it was hypothesized that an existingbystander effect could be masked by inducedradioresistance which is known to be absent afterexposure to high LET irradiation (Franken-berg/PTB Braunschweig).

Exposure of fractions (20 % of all cells downto one particle per population) of T-lymphocytesto 3He ions indicated a clear bystander effect forlong term chromosomal instability. The inductionof the instability phenotype was substantiallyreduced in bystander cells when antibioticsagainst TNF-α were introduced into the medium.From these data it was concluded that bystandermechanisms are powerful mediators of the dela-yed instability phenotype, and that cytokines playa pivotal role (Kadhim at al).

In experiments combining either low dose(0.02 Gy to 0.5 Gy) pre-irradiation using X-rays

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or subsequent high dose (3 Gy) X-irradiation withexposure of only 10 % of AL-cells at high celldensity to alpha particles showed interaction bet-ween bystander effect and adaptive response. Thedata indicate that bystander mutagenesis is sup-pressed by the adaptive response, i.e. by 0.02 to0.5 Gy pre-irradiation. On the other hand the 90 %bystander AL-cells after exposure of 10 % of theAL-cells with a lethal dose exhibited an increasedmutation yield when subsequently exposed to 3Gy of X-rays. The mutant yield was higher than asimple additive effect of bystander mutation andX-irradiation (3 Gy) (Zhou et al.).

Irradiation of sparsely seeded cells with con-ventional doses after a bystander treatment whereonly a single cell was targeted yielded significantprotection even after X-ray exposures of as low as20 mGy (Prise et al.).

Cell density is an important parameter for thedevelopment of bystander effects. A bystandereffect is evident even at low cell density when gapjunction communication is not possible asdemonstrated in a variety of experiments at theGray Laboratory microbeam. Bystander effectsfor cell killing and neoplastic cell transformationof C3H10T1/2-cells were investigated at low andhigh cell density after exposure of 10 % of allcells to alpha particles. For both endpoints thebystander effect was significantly higher whencell communication was possible (Mitchell et al.).

Using the CK X-ray microprobe it was demon-strated that irradiation of the cytoplasm of a singlecell reduces the clonogenic potential of the wholecell population. This suggests cytoplasm damagebeing a critical factor in triggering the bystandereffect. Micronuclei (MN) induction was found tobe dependent of the number of targeted co-cultu-red cells (one single cell up to 10 % of all co-cul-tured cells) and independent from the number of3He-ions delivered to the targeted cells, indicatingthat radiation itself is just a trigger of the bystan-der effect.

Incubation of cells in NO-specific scavengers(c-PTIO or aminoguadinine) reduced the bystan-der MN induction to the background. Incubationof cells in 8% DMSO, known as radical scaven-ger, did not significantly affect the bystanderresponse in contrast to protecting cells in the caseof all samples irradiation (Shao et al.).

Microbeams allow relatively precise measure-ments of single cell transcriptional state/gene

expression. However, a considerable cell-cellvariability was observed implying that monitoringexpression of genes at a particular time point can-not be used for prediction of a given phenotype(Geard et al.).

Bystander effects were observed in severalnovel artificial human skin tissue systems afterexposure to alpha particles. A quantitative mecha-nistic model of bystander effects was extended toinclude protracted exposure, with inverse doses-rate effects attributed to replenishment of a sub-population of cells being hypersensitive tobystander signals. In this approach bystandereffect and inverse dose-rate effect are manifesta-tion of the same basic phenomenon. The analysisconcluded that a linear extrapolation of radonminer data to low doses without accounting fordose-rate/bystander effect would result in anunderestimation of domestic radon risks by a fac-tor of about 4. Since the BEIR VI report hasalready applied a phenomenological correctionfactor of about 4, the current domestic radon riskestimates are unlikely to be underestimated as aresult of bystander effect (Belyakov et al.).

(3) In this subgroup progress reports were pre-sented for the microbeams at the University ofBordeaux (CENBG), at the University of Leipzig(LIPSION microbeam), at the microbeam instal-led on TIARA, JAERI-Takasaki, and at the12.5keV X-ray microprobe beamline at the AdvancedLight Source of the LBNL in Berkeley. The Bor-deaux group tested successfully targeting accu-racy and cell dish conditions. At the LIPSIONmicrobeam were tested the cell dishes consistingof a 35 mm diameter petri dish with a Si3N4 win-dow at the centre (2 mm x 2 mm, 200 nm thick-ness). First exposures of EaHy926-hybrid cells to2.25 MeV protons were performed to check qua-litatively for survival using specific staining forvital and dead cells. The TIARA-group reportedas preliminary results slightly limited cell growthof non-hit cells in the dish where one cell was tar-geted with one 40Ar ion (11.5 MeV/u) and of cellsafter exposure of solely their cytoplasm. At theBerkeley X-ray microprobe 100 µm wide stripesas photon beams and various distances betweenstripes (100 µm to 900 µm) were applied to inve-stigate cell communication applying immunohi-stochemical assays such as for induction ofCDNK1A and phosphorylation of H2AX andp53-serine15. Preliminary results showed a dose

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and cell type dependent expression of p53 serine-15p.

(4) In this subgroup 3 presentations weredevoted to simulation of low LET (electrons andsoft X-rays) energy depositions important formicrobeam exposures. It was pointed out thatseveral parameters such as beam size, windowthickness and depth into the sample have a largeimpact on the amount of energy delivered to par-ticular cells, for example in multicellular targetssuch as explants or an acinus. This has to be con-

sidered especially for microbeam exposures usingheavy ions with their energetic delta rays. Furtheron, for the comparability of microbeam exposuressufficient physical and biological informationhave to be provided to allow repeats of specificexperiments at another installation. Meaningfulintercomparisons between microbeam installa-tions related to different radiation qualities or totargeting different regions in the cell are conside-red to be very useful to solidify microbeam data.

II Riunione Nazionale dellaSocietà Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

I Convegno Nazionale dellaFederazione Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

su:Radiazioni in Medicina e Biologia: stato delle

ricerche ed applicazioni clinicheLegnaro-Padova, 20-22 novembre 2003

La Riunione, nella sua seconda edizione, organizzata congiuntamente al I Convegno Nazionale FIRR, vuole essere punto di incontro di stu-diosi di diverse discipline (fisici, biologi, medici, chimici), appartenenti a Università ed Enti di Ricerca italiani, impegnati sulle problemati-che della radiobiologia e sulle applicazioni cliniche delle radiazioni. Si discuterà in particolare lo stato attuale delle ricerche di base e delletecniche diagnostiche e radioterapiche innovative. L’incontro permetterà il confronto e il migliore coordinamento delle attività delle Societàscientifiche interessate e dei programmi di ricerca.

E’ previsto l’accreditamento dell’evento nell’ambito del Programma Educazione Continua in Medicina (ECM) per ottenere i crediti formativi.

Argomenti:● Meccanismi ed effetti cellulari e molecolari

delle radiazioni ionizzanti e non● Target molecolari per diagnosi e terapia● Suscettibilità individuale● Interazioni radiazioni e farmaci ● Radioterapia con adroni● Tecniche innovative in radioterapiaSono previste presentazioni di relazioni su invito, comunicazioni orali e posters.

Società Italiana per leRicerche sulle Radiazioni

Federazione Italiana per leRicerche sulle Radiazioni

Istituto Nazionaledi Fisica Nucleare

Laboratori Nazionali di Legnaro

● Piani di trattamento ed implicazioni radiobiologiche

● Imaging funzionale● Dosimetria e sviluppi tecnologici● Radioprotezione● Chimica delle radiazioni ● Radiochimica

Presidenza del Convegno:Roberto Cherubini (INFN-Legnaro, Padova)Piercarlo Muzzio (Università di Padova)Donatella Tirindelli Danesi (ENEA, Roma)

Segreteria Organizzativa Locale:Anna D’EsteLaboratori Nazionali di LegnaroIstituto Nazionale di Fisica NucleareViale dell’Università 235020 Legnaro (Padova)Tel.: 049/8068310 - Fax: 049/8068829e-mail: [email protected]

Paolo SchiavonLaboratori Nazionali di LegnaroIstituto Nazionale di Fisica NucleareViale dell’Università 235020 Legnaro (Padova)tel. 049/8068547 - Fax. 049/641925e-mail: [email protected]

Comitato Scientifico:Emilio Bombardieri (Milano)Armando Buttafava (Pavia)Leopoldo Conte (Varese)Mario Coppola (Roma)Renzo Corvò (Genova)Raffaele De Vita (Roma)Laura Guidoni (Roma)Roberto Orecchia (Milano)Andrea Ottolenghi (Pavia)Simona Pazzaglia (Roma)Marcello Quintiliani (Roma)Gian Luca Sannazzari (Torino)Paola Scampoli (Napoli)Giustina Simone (Roma)Giorgio Trenta (Roma)

Tutte le informazioni riguardanti il Convegno, le date di scadenza ele istruzioni per la sottomissione dei contributi scientifici sono ripor-tate nella pagina web della manifestazione:

www.Radiazioni2003.lnl.infn.ite-mail: [email protected]

Segreteria Scientifica:Raffaele De VitaSezione Tossicologia e ScienzeBiomedicheENEA, Centro Ricerche Casaccia s.p. 016Via Anguillarese, 301 - 00060 RomaTel.: 06/30484671 - Fax: 06/30484891e-mail: [email protected]

Silvia GerardiLaboratori Nazionali di LegnaroIstituto Nazionale di Fisica NucleareViale dell’Università 2 - 35020 Legnaro(Padova)Tel.: 049/8068393 Fax. 049/641925e-mail: [email protected]

Giustina SimoneDipartimento Tecnologie e SaluteIstituto Superiore di SanitàViale Regina Elena 299 - 00161 RomaTel: 06/4990 2719 - Fax: 06/4938 7075e-mail: [email protected]

Guido SottiUnita' Operativa Radioterapia Azienda Ospedaliera di Padova Via Giustiniani 1 - 35128 Padova Tel: 049/8212940 - Fax 049/8212958 e-mail: [email protected]

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