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Socialismo municipale e industria elettrica a Catania in età giolittiana di Pinella Di Gregorio Crescita urbana e ricambio delle élites poli- tiche “Onorevoli Colleghi, se è vero ciò che dis- se un gentile poeta francese che ‘Tout le plaisir des jours est en leurs matinées’, prendiamoci la dolce soddisfazione in que- sta bella mattinata della primavera della nuova vita comunale di porre le nostre pri- me cure alla preparazione della municipa- lizzazione dei pubblici servizi, dalla distri- buzione delle acque potabili alla illumina- zione pubblica e privata, dall’impianto dei forni municipali alla costruzione dei tram- ways elettrici... I doveri del nuovo consi- glio comunale sono vasti e delicati com- prendendo essi, oltre la formazione sociale del comune il risorgimento economico del paese. A Catania la grande industria, e quindi la borghesia moderna non si può dire del tutto sviluppata. Occorre un go- verno locale forte e coraggioso e una bor- ghesia intelligente e onesta che ne promuo- va lo sviluppo”1. Con questa dichiarazione del prosindaco Giuseppe De Felice Giuffrida, nella seduta di insediamento del nuovo consiglio comu- nale il 19 giugno 1902, aveva inizio la lunga egemonia dei partiti popolari a Catania. Il blocco popolare si era presentato all’appun- tamento elettorale con un ampio progetto ri- formatore mutuato dal programma ammini- strativo del partito socialista del 18952. L’al- largamento del suffragio del 1882 e la rifor- ma dell’elettorato amministrativo di sei anni dopo avevano ravvivato all’interno del so- cialismo italiano un vasto dibattito culturale e politico sul ruolo degli enti locali in rela- zione alle concrete possibilità di conquista del potere municipale. Nel corso degli anni ottanta il gruppo radicale e repubblicano milanese e quello democratico siciliano di Edoardo Pantano e Napoleone Colaianni avevano rilanciato l’ideologia autonomistica per attenuare il rigido controllo statale sugli enti locali3. I socialisti italiani, facendo pro- prie tali istanze, le collegavano ad un pro- gramma amministrativo che trovava un im- portante referente ideologico nel movimento fabiano inglese. Quest’ultimo inseriva le atti- vità economiche proprie del municipal trading liberale in un vasto programma riformatore che saldava nazionalizzazione e municipaliz- zazione in una prospettiva di superamento 1 Discorso di insediamento della nuova giunta dell’onorevole De Felice, “Corriere di Catania”, 20 giugno 1902. 2 II programma dei partiti popolari, in “Unione”, 25 maggio 1902. Vedi anche Rosario Spampinato, Il movimento sindacale in una società urbana meridionale. Catania 1900-1914, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1977, n. II, p. 394. 3 Napoleone Colaianni, Le istituzioni municipali. Cenni ed osservazióni, Piazza Armerina, 1883; sull’argo- mento cfr. Salvatore Massimo Gangi, Da Crispi a Rudinì. La polemica regionalista (1894-1896), Palermo, 1973, p. 52. “Italia contemporanea”, settembre 1987, n. 168

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Socialismo municipale e industria elettrica a Catania in età giolittiana

di Pinella Di Gregorio

Crescita urbana e ricambio delle élites poli­tiche

“Onorevoli Colleghi, se è vero ciò che dis­se un gentile poeta francese che ‘Tout le plaisir des jours est en leurs matinées’, prendiamoci la dolce soddisfazione in que­sta bella mattinata della primavera della nuova vita comunale di porre le nostre pri­me cure alla preparazione della municipa­lizzazione dei pubblici servizi, dalla distri­buzione delle acque potabili alla illumina­zione pubblica e privata, dall’impianto dei forni municipali alla costruzione dei tram­ways elettrici... I doveri del nuovo consi­glio comunale sono vasti e delicati com­prendendo essi, oltre la formazione sociale del comune il risorgimento economico del paese. A Catania la grande industria, e quindi la borghesia moderna non si può dire del tutto sviluppata. Occorre un go­verno locale forte e coraggioso e una bor­ghesia intelligente e onesta che ne promuo­va lo sviluppo”1.

Con questa dichiarazione del prosindaco Giuseppe De Felice Giuffrida, nella seduta di insediamento del nuovo consiglio comu­

nale il 19 giugno 1902, aveva inizio la lunga egemonia dei partiti popolari a Catania. Il blocco popolare si era presentato all’appun­tamento elettorale con un ampio progetto ri­formatore mutuato dal programma ammini­strativo del partito socialista del 18952. L’al­largamento del suffragio del 1882 e la rifor­ma dell’elettorato amministrativo di sei anni dopo avevano ravvivato all’interno del so­cialismo italiano un vasto dibattito culturale e politico sul ruolo degli enti locali in rela­zione alle concrete possibilità di conquista del potere municipale. Nel corso degli anni ottanta il gruppo radicale e repubblicano milanese e quello democratico siciliano di Edoardo Pantano e Napoleone Colaianni avevano rilanciato l’ideologia autonomistica per attenuare il rigido controllo statale sugli enti locali3. I socialisti italiani, facendo pro­prie tali istanze, le collegavano ad un pro­gramma amministrativo che trovava un im­portante referente ideologico nel movimento fabiano inglese. Quest’ultimo inseriva le atti­vità economiche proprie del municipal trading liberale in un vasto programma riformatore che saldava nazionalizzazione e municipaliz­zazione in una prospettiva di superamento

1 Discorso di insediamento della nuova giunta dell’onorevole De Felice, “Corriere di Catania”, 20 giugno 1902.2 II programma dei partiti popolari, in “Unione”, 25 maggio 1902. Vedi anche Rosario Spampinato, Il movimento sindacale in una società urbana meridionale. Catania 1900-1914, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1977, n. II, p. 394.3 Napoleone Colaianni, Le istituzioni municipali. Cenni ed osservazióni, Piazza Armerina, 1883; sull’argo­mento cfr. Salvatore Massimo Gangi, Da Crispi a Rudinì. La polemica regionalista (1894-1896), Palermo, 1973, p. 52.

“Italia contemporanea”, settembre 1987, n. 168

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della società capitalistica4. Il dibattito in­stauratosi su questi temi condusse i socialisti italiani ad indicare nella riforma tributaria e nella municipalizzazione dei pubblici servizi i punti salienti di quel “governo locale del­l’economia” da realizzare mediante un’arti­colata politica di alleanze con la parte più avanzata della borghesia urbana5. Su tali ba­si maturò la convergenza fra i partiti dell’e­strema sinistra (repubblicani, radicali e so­cialisti) che portò alla vittoria in alcune grandi città dei blocchi popolari all’inizio del secolo. L’incipiente industrializzazione permise alle amministrazioni socialiste di cit­tà come Torino e Milano di svolgere appie­no una funzione mediatrice tra esigenze pro­duttive private e bisogni collettivi6. In tal modo i blocchi popolari si assumevano il compito di regolare e compensare i costi so­ciali provocati dalla modernizzazione. Nel Mezzogiorno, invece, la prevalente struttura agricola e la mancanza di meccanismi pro­pulsivi di sviluppo poneva gli enti locali nel­la difficile condizione di supplire la carente iniziativa privata. L’esempio offerto da Ca­tania è emblematico. Il programma dei po­polari è ambizioso: “Accanto alla abolizione del dazio sul pane, deliberato dal parlamen­to, la riduzione dei dazi sul carbon fossile, che è il pane della industrializzazione, la municipalizzazione e la vendita a buon mer­cato della forza motrice che è l’anima del

progresso, vi sono le cure efficaci e assidue verso quei grandi strumenti di produzione e commercio, come il porto e le altre vie mo­derne di comunicazione e di trasporto, che danno impulso efficace e potente allo svilup­po della nuova vita sociale”7.

Municipalizzare servizi quali l’acquedot­to, l’illuminazione elettrica, la rete tramvia- ria significava non solo facilitare la crescita economica della città ma assicurare al Co­mune una fonte autonoma di reddito che avrebbe dovuto risolvere la questione del reperimento delle risorse finanziarie in gra­do di alimentare la crescente spesa pubbli­ca8. Il risanamento del bilancio (obiettivo primario per la nuova giunta) avrebbe per­messo al Comune di svolgere una funzione di traino nell’attività produttiva attraverso una politica di incremento dei lavori pub­blici, la protezione delle categorie sociali più deboli e gli sgravi fiscali sui consumi popolari.

Dopo la crisi economica del 1888-95 la ri­presa di una forte domanda di prodotti agri­coli e di materie prime (esportazione dello zolfo utilizzato dall’industria chimica euro­pea) e gli effetti positivi dell’emigrazione sul mercato del lavoro, innescarono anche in Si­cilia una favorevole congiuntura. Gli effetti sono vistosi: nel giro di un decennio viene ri- costituito il vigneto, si intensificano le coltu­re arboree, si assiste ad una riconversione

4 François Bédarida, Il socialismo in Gran Bretagna dal 1875 al 1914, in Jacques Droz (a cura di), Storia del So­cialismo, vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1974; per una più approfondita trattazione del socialismo municipale in­glese, vedi R. Roberts, Teoria e prassi politica dei socialismo municipale in Inghilterra, 1880-1914, in Aa.Vv., Le sinistre e il governo locale in Europa dalia fine dell’800 alla seconda guerra mondiale, Pisa, Nistri-Lischi, 1984, pp. 156.5 Giulio Sapelli, Il “governo economico municipale”: l ’esperienza prefascista dei socialismo italiano, in Aa.Vv., Le sinistre e il governo locale in Europa, cit., pp. 52 e Maurizio Degl’Innocenti, Il comune nel socialismo italiano 1892-1922, in “Italia contemporanea”, 1983, n. 153, pp. 8-9.6 Sull’esperienza dei comuni socialisti di Milano e Torino cfr. Maurizio Punzo, Socialisti e radicali a Milano. Cin­que anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze, Sansoni, 1979 e Mario Grandinetti, Movimento sindacale e politica socialista a Torino negli ultimi anni deH’800, in Aa.Vv, Storia del movimento operaio, del so­cialismo e delie lotte sociali in Piemonte, Bari, De Donato, 1979, vol. I.7 “Corriere di Catania", art. cit., 20 giugno 1902.8 Municipio di Catania, Un comune odierno, Catania, Tipografia Galatola, 1905, pp. 25.

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produttiva di alcuni comprensori tradizio­nalmente latifondistici. Le zone interne del­l’isola si spopolano a favore delle zone co­stiere, dove più intensi divengono i traffici commerciali e dove esistono maggiori sboc­chi occupazionali. Le città si qualificano co­me i luoghi privilegiati in cui avviene la com­mercializzazione dei prodotti: dai porti sici­liani partono gli emigranti, ma anche vini, agrumi, primizie e zolfo. Catania, epicentro di un vasto hinterland agricolo particolar­mente ricco di vigneti, frutteti e agrumeti, diviene alla fine del secolo, tramite la co­struzione di un efficiente asse portuale inte­grato con la ferrovia, il crocevia degli intensi traffici mercantili della costa orientale sici­liana. La ripresa commerciale della città fa­vorì, accanto ai tradizionali settori alimenta­ri e tessili, lo sviluppo di un settore indu­striale legato alla raffinazione dello zolfo e alla produzione di acido solforico e concimi chimici9. La classe politica liberale, espres­sione di una proprietà terriera legata ad una visione agricolo-commerciale dello sviluppo, si trovò impreparata a gestire la trasforma­zione industriale della città. La modernizza­zione urbana comportò una scollatura tra ceti produttivi ed élites moderate che, inde­bolite dalla crisi del mercato vinicolo e dal crollo della rete bancaria locale degli anni ottanta, si dimostrò incapace di affrontare un crescente malessere sociale aggravato dal­l’epidemia di colera del 1887 e culminato nel movimento dei Fasci. Agli inizi del ventesi­

mo secolo le classi dirigenti liberali si mo­strarono incapaci di governare lo sviluppo urbano e di fronte ai nuovi compiti che era chiamato ad assumere l’ente locale per diri­gere l’impetuosa crescita della città esse ri­masero arroccate tra fiscalismo e contrazio­ne della spesa pubblica, clientelismo e iner­zia amministrativa. L’approfondimento delle contraddizioni socioeconomiche pro­vocò all’intemo dello stesso blocco mo­derato una spaccatura tra un’ala conser­vatrice e un’altra intraprendente e dinami­ca, cooptata da De Felice nelle elezioni del 190210.

Le élites popolari, che resteranno al pote­re per vent’anni, non rappresentavano certa­mente una classe omogenea, ma piuttosto un conglomerato sociale basato sull’alleanza tra ceti medi urbani e la parte più avanzata della classe operaia catanese organizzata nel­le leghe di mestiere e nella Camera del lavo­ro. La formazione del nuovo blocco sociale attorno ad un progetto politico che puntava a coniugare crescita economica e riformismo sociale può considerarsi come il primo movi­mento borghese siciliano11. Di esso indiscus­so leader fu Giuseppe De Felice Giuffrida, uomo politico in cui confluivano esperienze diverse: da un lato il comunalismo socialista di Andrea Costa e dall’altro la tradizione democratica del mondo meridionale che “nel comune, nella sua conquista, nelle lotte intorno al patrimonio comunale, alla difesa dei demani, alla difesa degli usi civici, aveva

9 Sulla trasformazione economica della Sicilia in questo periodo cfr. Giuseppe Barone, Ristrutturazione e crisi del blocco agrario. Dai Fasci siciliani al primo dopoguerra, in Aa.Vv., Potere e società in Sicilia nella crisi dello stato liberale, Catania, Pellicano, 1977; sulla crescita di Catania vedi il volume II Commercio di Catania. Un quindicen­nio di vita economica (1898-1912), Catania, Tipografia Galatola, 1913; lo sviluppo della città è evidenziato dall’in­cremento demografico della popolazione tra il 1901 al 1913, valutato intorno al 40 per cento circa. Vedi Alberto Di Blasi, La dinamica demografica della provincia di Catania dal 1861 al 1961, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1967, n. 1. Per un profilo generale della città vedi la recente opera di Giuseppe Giarrizzo, Catania, Ro- ma-Bari, Laterza, 1986.10 Rapporto riservato del prefetto di Catania, Emilio Bedendo, a! Presidente del Consiglio A. Fortis, Catania mag­gio 1905, Acsmi, Dir. Gen. Amm. Civile, anni 1907-1909, (Catania, Amm. com.) Cat. 15800.11 Francesco Renda, Giuseppe De Felice Giuffrida capo de! movimento popolare catanese, in “Movimento Ope­raio”, novembre-dicembre 1954, n. 6, pp. 912.

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individuato uno dei tratti caratteristici della contesa civile del Mezzogiorno”12. Ma an­cora più direttamente il “popolarismo” di De Felice saldava la propria credibilità po­litica alla presenza di una cultura socio­giuridica formatasi a Catania sin dagli anni ottanta con il dibattito aperto da Angelo Majorana e Napoleone Colaianni intorno alla democratizzazione delle istituzioni poli­tiche.

Il rinnovamento delle classi dirigenti locali rimette in discussione l’interpretazione sal- veminiana di un Mezzogiorno appiattito sui moduli tradizionali dell’ascarismo politico. Il fenomeno della sostituzione delle élites politiche va, al contrario, rivisto, almeno per le grandi aree meridionali, in relazione all’emergere di nuovi gruppi sociali. In que­sto senso le inchieste governative promosse da Giolitti nel 1900-02 sui municipi di Paler­mo, Messina e Catania appaiono emblemati­che in quanto ebbero lo stesso risultato: l’avvicendamento al potere di gruppi diri­genti favorevoli al nuovo corso politico13.

Nella città etnea, dove lo schieramento li­berale si era consumato in una lunga serie di conflitti interni, l’atteggiamento di Giolitti provocò una dura opposizione da parte del Circolo Umberto I attorno a cui si erano raccolti i resti dei gruppi moderati; e nello stesso tempo causò a De Felice l’accusa di ascarismo da parte dei più intransigenti tra i socialisti. In realtà il collegamento instaura­tosi tra centro e periferia, sulla base di con­

crete esigenze di modernizzazione politica e sociale, fu una delle condizioni primarie per l’egemonia “popolare” nella città etnea.

Ristretta la cinta daziaria, abolito il dazio sui farinacei, attuati alcuni sgravi fiscali, municipalizzati i forni, problema energetico e trasporti urbani ed extra-urbani costituiro­no i punti salienti del programma ammini­strativo dei “popolari” . L’alto costo del car­bone e la mancanza di rapidi collegamenti con i ricchi paesi del Bosco Etneo frustrava­no la vocazione metropolitana della città. Su questo terreno il Comune fu chiamato subi­to a confrontarsi con le decisioni di investi­mento dei gruppi capitalistici interessati nel nuovo settore elettrotramviario. Alla fine dell’Ottocento il monopolio delle Compa­gnie del Gas e delle Società tramviarie bel- ghe e francesi era stato messo in discussione dalle applicazioni della nuova fonte di ener­gia, l’elettricità14. Le grandi imprese elettri­che tedesche Schukert, Siemens e Aeg deten­trici del monopolio tecnologico del settore, sollecitate dalla saturazione del mercato in­terno, avevano iniziato negli anni novanta la loro espansione verso l’estero al fine di col­locare la loro produzione di materiale elet­trotecnico. Ma “la diffidenza verso gli im­pianti elettrotecnici, che erano appena giunti alla loro maturazione tecnico-produttiva, la mancanza di disponibilità al rischio e la de­bolezza finanziaria dei potenziali investitori, in particolare degli enti pubblici che erano coinvolti più degli altri in questi investimenti

12 Discorso del Prof. Giuseppe Giarrizzo, (Estratto da Cinquant’anni di vita dell’Istituto Tecnico Commerciale “Giuseppe De Felice Giuffrida” di Catania) .Catania, 1970; su De Felice vedi pure Rosario Spampinato, L ’attività politica di Giuseppe De Felice Giuffrida prima dei Fasci Siciliani (1880-1890), in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1971, n. II-III, e dello stesso autore, Profilo di Giuseppe De Felice, in Aa.Vv., I fasci siciliani, Bari, De Donato, 1976, vol. II.13 Giuliano Procacci, La lotta di classe in Italia agli inizi del secolo, Roma, Editori Riuniti, 1970; vedi pure Salva­tore Lupo e Rosario Mangiameli, La modernizzazione difficile: blocchi corporativi e conflitto di classe in una so­cietà arretrata, in Aa.Vv. La modernizzazione difficile. Città e campagna nel Mezzogiorno dall’età giolittiana al fa ­scismo, Bari, De Donato, 1983, pp. 255.14 Cfr. Francesco Saverio Nitti, Scritti sulla questione meridionale. La conquista della forza. Il capitale straniero in Italia, a cura di Domenico De Marco, voi. V ili, Bari, Laterza, 1966; su Francesco Nitti vedi la documentata bio­grafia di Francesco Barbagallo, Nitti, Torino, Utet, 1984.

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infrastrutturali, costrinsero le imprese elet­trotecniche a dedicarsi oltre alla costruzione di centrali elettriche, di linee tramviarie elet­triche e di impianti di illuminazione, anche al loro finanziamento”13 * 15.

Tramite 1 ’ Unternehmergeschaft le Società elettriche tedesche realizzavano l’integrazio­ne tra centrale elettrica, distribuzione di energia e rete tramviaria che, nei paesi se­cond comers, permetteva all’impresa di ver­ticalizzare il ciclo produttivo. Alla fine del secolo si apriva una intensa fase di concor­renza tra le Compagnie del Gas e le Società tramviarie a capitale belga e le nuove impre­se elettriche tedesche che andavano organiz­zandosi in trusts. Attorno al nodo delle in­frastrutture urbane si addensò a Catania lo scontro di interessi economici tra le imprese ma anche la lotta politica tra i gruppi capita­listi e il blocco popolare che intendeva con­trollare lo sviluppo.

Illuminazione pubblica e tramvie tra affari­smo e politica

Dopo una prima concessione a Vincenzo Guerra, titolare di una piccola impresa na­poletana, il comune di Catania nel 1864 ave­va affidato l’appalto per l’illuminazione a gas della città ad una società di Bruxelles, la Compagnie générale pour l’Eclairage e le Chauffage par le gaz16. Per circa un venten­nio la società belga mantenne il monopolio nella erogazione e distribuzione di energia alla città: le relazioni con le élites dominanti e l’inconsistenza finanziaria delle imprese lo­cali protessero la società da qualsiasi con­correnza. Parallelamente al servizio di illu­

minazione pubblica la crescita commerciale della città rendeva necessaria la realizzazione di rapidi collegamenti viari urbani ed extra­urbani. Agli inizi degli anni novanta il Comu­ne aveva deciso di fare costruire una rete tramviaria a vapore concedendone l’appalto a due affaristi messinesi, Gatto Lo Bruto e Giu­seppe Battaglia17. Il carattere speculativo dell’impresa emerse chiaramente, poiché i la­vori non furono mai iniziati, e ciò causò un contenzioso con il Comune prolungatosi sino al 1902. La vertenza era ancora in corso quando anche a Catania si affacciò l’ipotesi dell’impianto di una rete tram viaria elettrifica­ta. Le possibilità di espansione offerte dal nuovo settore mobilitarono l’energia impren­ditoriale locale, come la ditta Prinzi, attiva nel settore molitorio, e gruppi affaristi interpro­vinciali legati in qualche modo alla finanza in­ternazionale e imprese straniere. La proposta della ditta Prinzi fu presto ritirata; restarono in lizza l’offerta dell’impresa messinese di Gatto Lo Bruto e Giuseppe Battaglia, che agiva in questa occasione come rappresen­tante della banca lionese Durand, e quella della Società elettrica tedesca Felix Singer. Entrambi i progetti proponevano la costruzio­ne di una rete tramviaria, comprendente linee urbane ed extra-urbane e l’impianto di un’of­ficina termoelettrica la quale, oltre a fornire la forza motrice per le vetture, avrebbe distribui­to energia alla città. In seguito a queste offerte si fronteggiarono a Catania due partiti, uno pro Durand, l’altro pro Singer. La battaglia per ottenere la concessione venne condotta con tutti i mezzi, ma soprattutto attraverso pressioni sulla stampa locale. Il gruppo Du­rand finanziava nel dicembre 1897 la nascita del giornale “L’Elettrico” . Il quotidiano pre-

13 Peter Hertner, Il capitale tedesco in Italia dall’Unità alla prima guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1984,pp. 45-46.16 Atto di concessione per l ’appalto di illuminazione pubblica a Catania, Archivio legale Carnazza (da ora in poiA1C), Società Tramviaria (da ora in poi St), pacco 20, fascicolo II.17 Convenzione per l ’impianto e l ’esercizio dei Tramways a vapore in Catania, 8 gennaio 1892, A1C, St, p. 18, fase. XXI.

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sento, fin dal primo numero, le motivazioni per cui si sarebbe battuto: far conoscere al pubblico “coi documenti alla mano la vera storia della questione che sta dietro l’elettri­ficazione dei trams”18.

Il giornale mascherava gli interessi del gruppo francese dichiarando di porsi dalla parte dell’interesse pubblico per il progresso della città, contro “i falsi giudizi che la gen­te disturbata dai colpi di gran cassa o travia­ta da false insinuazioni è portata a ritenere esatti”19.

Nella sua breve ma intensa campagna giornalistica contro la Singer, “L’Elettrico” puntava soprattutto su due linee di attacco: una riguardava l’immagine della società te­desca accusata di millantato credito (giac­ché si era presentata come la casa america­na di macchine da cucire) e del reclutamen­to di personale per organizzare claque in favore della Singer per influenzare consi­glieri comunali; l’altra critica, più grave, era ripresa dalle obiezioni che De Felice muoveva al progetto dalle colonne del suo giornale “L’Unione”, e accennava a quella connivenza tra impresa elettrica e Compa­gnia del gas20.

Ma di questa seconda accusa non vi erano prove concrete. D’altra parte i difensori del­la Singer ribaltavano le argomentazioni so­stenendo che “i Durand non faranno i trams per favorire i commercianti del carbon fossile”21.

Il riferimento era preciso, poiché Batta­glia, rappresentante della Casa Durand, diri­

geva la filiale messinese della Hugo Stinnes. Ma al di là delle polemiche giornalistiche la proposta dell’impresa tedesca presentava un vantaggio indiscutibile rispetto a quella della Casa Durand. A differenza del gruppo fi­nanziario francese, che si sarebbe limitato a subappaltare i lavori ad un’impresa costrut­trice locale, la Singer dichiarava di realizzare essa stessa gli impianti elettrici e le tramvie, con la garanzia di non gonfiare le spese con subappalti e, quindi, di non speculare sui costi22. A questa condizione fu particolar­mente sensibile il Comune, scottato dalle precedenti concessioni ad imprese puramen­te speculative. Dopo sette mesi dall’inizio delle trattative, I’ll giugno 1898 il Comune concedeva l’appalto per la produzione e di­stribuzione di energia elettrica e la costruzio­ne di una rete tramviaria urbana ed una li­nea extra-urbana che collegava la città alle agrotowns delle pendici etnee23. Il Comune fu costretto ad inserire nel contratto la tram- via del Bosco Etneo, di difficile realizzazio­ne tecnica, pressato dalle istanze di un ceto mercantile-terriero che sin dalla metà del se­colo diciannovesimo aveva proceduto ad un’intensa trasformazione fondiaria nelle cosiddette “terre forti”.

I problemi che la Singer dovette affronta­re durante la sua attività a Catania furono molteplici. Anzitutto l’irriducibilità della Compagnia del gas, la quale, oltre gestire un’officina termica per illuminazione del giardino pubblico, aveva iniziato la cos­truzione di un’altra centrale elettrica24. In

18 “L’Elettrico”, 16 dicembre 1897.19 “L’Elettrico", art. cit.20 “L’Elettrico”, 10gennaio 1898.21 Un p o ’ più di luce sulla questione dei trams elettrici in Catania, Catania, 1898; e “L’Elettrico”, 12 febbraio 1898.22 La questione tramviaria, in “Corriere di Catania”, 29 dicembre 1897.23 Contratto per l ’impianto di tramvie, illuminazione e forza motrice mediante l’energia elettrica, fra il Comune e la provincia di Catania e la Elettricitas Gesellschaft Felix Singer & co. di Berlino, Catania, 1906, A1C, St, p. 18, fase. VI.24 Comparsa conclusionale innanzi alla Corte di Appello di Catania per la Società Felix Singer contro la Società del Gas, A1C, St, p. 20, fase. II.

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secondo luogo una crisi di liquidità che le impedì di mantenere gli impegni assunti con il Comune e che ne determinò nel 1899 l’as­sorbimento da parte di un’altra società tede­sca, la Helios Electricitas Aktien Gesell- schaft di Colonia25. Fondata nel 1884, la Helios era stata la prima impresa tedesca ad utilizzare il sistema a corrente alternata; in pochissimo tempo la società aveva registrato una notevole crescita economica (il capitale azionario era passato dai 2 milioni di lire del 1895 ai 20 milioni del 1901) e, pur restando un’impresa di media grandezza, verso la me­tà degli anni novanta si lanciò anch’essa alla conquista del mercato italiano. La maggiore iniziativa in tal senso fu senz’altro l’acquisi­zione della Bank fur Elektrische Industrie di Berlino, che permise alla Helios di soppian­tare, almeno in parte, le forniture di mate­riale elettrico della ditta americana Walker, fino ad allora utilizzato dalla Singer nella costruzione della rete tramviaria a Cata­nia26. Il cambiamento di proprietà non mo­dificò i problemi connessi alla costruzione della tramvia del Bosco Etneo che avevano ritardato l’inizio dei lavori. Le difficoltà tec­niche venivano giudicate dalla Singer-Helios insormontabili rispetto ai costi di costruzio­ne e gestione della rete.

La situazione sembrò sbloccarsi quando i popolari conquistarono il governo della cit­tà. In seguito alla sentenza del Tribunale ci­vile di Catania del 24 novembre 1902, con la quale si condannava la società tedesca per inadempienza, il contratto poteva essere di­chiarato nullo. A tal fine l’amministrazione

popolare decise di avviare trattative con la Siemens e l’Aeg, per realizzare la costruzio­ne della tramvia27. Ma entrambe risposero di essere disposte a costruire ma non a gestire la rete tramviaria etnea28. Fallite le trattativa con i tedeschi, i popolari si trovarono a do­ver scegliere tra la rescissione del contratto con la conseguente municipalizzazione, o una transazione con la Singer che escludesse la costruzione della tramvia etnea. Poiché l’amministrazione defeliciana si orientò ver­so la trattativa, divenne oggetto di forti e contrapposte pressioni. Per i socialisti era giunta l’occasione favorevole per procedere alla realizzazione della parte più qualificante del programma popolare: la municipalizza­zione dei tram29. Sull’altro fronte l’opposi­zione conservatrice si spaccava in due tron­coni: da una parte protagonisti politici come Beneventano e Carnazza che giudicavano inutile ed onerosa la municipalizzazione, dall’altra gli esponenenti dell’aristocrazia terriera (Paterno Castello, il principe di Manganelli, Vadalà-Papale, Monastra), in­teressati alla commercializzazione dei pro­dotti delle “terre forti”, che insistevano per l’impianto della tramvia del Bosco, con cui solidarizzavano i notabili locali dei paesi etnei30. L’“affare tramviario” polarizzò per mesi interi lo scontro politico che culminò in un’agitata seduta del consiglio comunale del 15 maggio 1903 durante la quale l’ammini­strazione fu accusata dai socialisti di venire meno al programma popolare. In polemica con l’opposizione socialista si incaricò di di­fendere la posizione della giunta Luigi Mac-

25 Lettera della Helios Elektrizitas-Gesellschaft di Colonia, all’avvocato Carnazza, 12 dicembre 1899, A1C, St, p. 18, fase. VI.26 P. Hertner, Il capitale tedesco nell’industria elettrica italiana fino alla prima guerra mondiale, in Aa.Vv., Ener­gia e sviluppo. L ’industria elettrica italiana e la società Edison, Torino, Einaudi, 1986, pp. 241.27 Le offerte rimaste, in “Corriere di Catania”, 29 aprile 1903.28 La riunione della maggioranza ed il rinvio della discussione, in “Corriere di Catania”, 5 maggio 1903.29 La municipalizzazione dei trams, in “Il Riscatto”, 13-14 giugno 1903.30 Cfr. Parere della difesa del comune di Catania sui dichiaratori dei comuni dì Mascalucia, S. Giovanno La Punta e S. Agata Li Battiati, relativi alla transazione per le tramvie, Catania, 1903.

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chi, esponente di spicco del popolarismo e più volte assessore ai lavori pubblici31. An­zitutto egli sottolineò la differenza tra il concetto di municipalizzazione e quello di impresa municipale: carattere distintivo del­la prima era il beneficio sociale che deriva­va alla comunità indipendentemente dall’u­tile economico che il Comune poteva rica­varne; le imprese municipali, chiamate a gestire servizi di tipo industriale avevano, al contrario, il preciso compito di assicura­re alle finanze comunali un reddito da riu­tilizzare per diminuire le tasse oppure per produrre altri servizi32. Secondo Macchi il Comune di Catania non poteva farsi carico della municipalizzazione né tantomeno del­la costruzione di una rete tramviaria perché ciò avrebbe comportato un forte immobi­lizzo di risorse che le condizioni della fi­nanza locale realisticamente non consenti­vano di reperire. La redditività del servizio poteva essere assicurata soltanto da un’im­presa privata, per le maggiori disponibilità di capitali e tecnologie. Davanti alla com­missione consiliare incaricata di studiare la questione, De Felice difese la scelta del­l’amministrazione comunale di orientarsi verso la transazione con la considerazione che, fallite le trattative con le altre imprese e tenuto conto che un’azione legale contro la Singer si sarebbe protratta nel tempo, l’accordo era l’unico modo per ottenere en­tro breve termine i tram e la luce elettrica a Catania33. Le motivazioni addotte dal lea­der “popolare” furono decisive e il 4 mag­gio 1904 il Comune e la Singer-Helios sot­toscrivevano un accordo nel quale veniva

esclusa la realizzazione della tramvia del Bosco Etneo34. La firma della transazione sancì la rottura definitiva tra il blocco defe- liciano e i socialisti catanesi.

Il disimpegno della Helios e il rifiuto del­la Siemens e dell’Aeg riflettono il disagio economico in cui si dibattevano le imprese tedesche. La crisi economica del 1901, poco più di un rallentamento nel lungo periodo di favorevole congiuntura della economia europea, aveva aggravato la debolezza strutturale del mercato di capitali in Ger­mania. All’industria tedesca esportatrice di tecnologia venne a mancare il supporto ne­cessario per sostenere le posizioni di merca­to già conquistate all’estero. Alla fine del secolo la fondazione di società finanziarie, promosse dai grandi trusts elettrici Aeg, Siemens e Schukert con il fine principale di rastrellare capitali senza distinzione di na­zionalità aveva risolto, parzialmente, la dif­ficoltà di reperire nuove risorse per l’indu­stria elettrotecnica tedesca. La crisi di liqui­dità delle società elettriche, dopo il 1901, accrebbe la necessità di ampliare il mercato di capitali e favorì il sistema delle parteci­pazioni incrociate attraverso cui si realizza­va la ricomposizione dell’alta finanza euro­pea. È di questo periodo la costituzione di società a carattere multinazionale35, che, sfruttando la domanda di tecnologia e di investimenti industriali dei paesi second comers, accelerarono l’integrazione finan­ziaria internazionale, superando nei fatti la tradizionale immagine di un capitale tedesco nazionalista ed imperialista e di un capitale franco-belga rentier e pa

31 Proprio in seguito a questa vicenda Macchi si era dimesso da direttore dell’organo ufficiale socialista il 1 marzo 1903; vedi “La questione tramviaria”, in “Il Riscatto”, 21-22 giugno 1903.32 La questione tramviaria. Una lettera dell’avvocato Luigi Macchi, in “Corriere di Catania”, 16 maggio 1903.33 Verbali della Commissione Consiliare Provinciale per lo studio della questione tramviaria, Catania, 1904, pp. 10-13.34 Transazione tra la provincia e il Comune di Catania e la Società Felix Singer, 4 maggio 1904, A1C, St, p. 18, fase. VI.35 P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia, cit., pp. 45-50.

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rassitario36. Emblematiche al riguardo ap­paiono le vicende catanesi. In seguito alla crisi nel 1903 la Helios era stata posta in li­quidazione e i suoi impianti acquistati dal- l’Aeg, dalla Siemens e dalla Lahwmeyer37. Le difficoltà finanziarie delle società elettri­che tedesche permisero il reinserimento del capitale balga nel settore delle infrastrutture a Catania attraverso la formazione di un nuovo gruppo. Di questo si fece promotore, grazie ai contatti con l’Elektrobank, finan­ziaria dell’Aeg, l’Union des Tramways, trust controllato dalla Banque internationale de Bruxelles (interessata nella Compagnie géné­rale d’Eclairage et le Chauffage par le gaz) e dalla Banca centrale di Anversa38. Il 19 no­vembre 1904 si costituiva a Bruxelles la So­ciété anonyme Tramways et Eclairage à Ca­tane la quale un mese dopo otteneva dalla Singer il trasferimento della concessione del 189839. Nel corso del 1905 entravano in fun­zione la centrale termoelettrica e le principa­li linee tramviarie della città40 che collegava­no il centro storico e la stazione ferroviaria con le borgate Gioeni, Acquicella, Cibali e Ognina41, più densamente popolate, che po­ste fuori dalla cinta daziaria, costituivano le aree di espansione industriale. La realizza­zione della rete tramviaria rappresentò una importante svolta per la stessa struttura ur­bana che in tal modo inglobava al suo inter­no i quartieri periferici, aprendo la via al

nuovo sviluppo edilizio e commerciale che avrebbe continuato a svolgersi a lungo per quelle direttrici. La scelta dell’amministra- zione “popolare” di optare per la transazio­ne con l’impresa privata raggiunse l’obietti­vo principale: dopo ben sette anni dalla sti­pula del primo contratto Catania disponeva di linee tramviarie e di una rete elettrica.

I rapporti tra la Tramways ed il Comune si deteriorarono, però, immediatamente. In base alla transazione del 1904 amministra­zione comunale e società tramviaria avreb­bero dovuto procedere insieme alla stima del costo dell’impianto elettrotramviario, che avrebbe permesso al Comune di ottenere, una volta ammortizzate le spese di costru­zione, il 20 per cento di utili sui profitti del­l’azienda. Nel dicembre del 1905 il direttore della Tramways, Monteverde, e il prosinda­co De Felice tentarono una mediazione, ma senza risultato, poiché sul valore degli im­pianti si aprì una battaglia di cifre che alla fine impedì il raggiungimento dell’ac­cordo42.

Sulla questione tramviaria si innestava lo scontro politico tra i popolari e il partito monarchico-costituzionale riorganizzatosi intorno al deputato giolittiano Gabriello Carnazza. “Affarista senza scrupoli” (come lo definiva il “Corriere di Catania”), rappre­sentante della Singer poi della Helios, ammi­nistratore della Tramways, consulente legale

36 Cfr. Lenin, L ’imperialismo fase suprema del capitalismo, Roma, Editori Riuniti, 1974; e Antonio Bechelloni, Politica estera nell’età dell’imperialismo: Francia, in II mondo contemporaneo, Storia d ’Europa, Firenze, La Nuo­va Italia, 1980, vol. II, t. II, p. 721.37 P. Hertner, Il capitale tedesco nell’industria elettrica, cit., p. 244.38 Michel Dumoulin, Italie-Belgique: 1861-1915, Relations Diplomatiques, culturelles et économiques, Troisième partie, Les Relations Economiques, vol. 2, Les Investissements, Louvain-la-Neuve, 1981, pp. 854-855.39 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du conseil d ’administration et du collège des commissaires au 31 décembre 1925, Bruxelles, 1926; e Comparsa conclusionale innanzi al Tribunale di Napoli per la Società dei trams contro la ditta Vitale, 1 marzo 1909, A1C, St, p. 18, fase. VI.40 La centrale termica di Catania, in “Sicilia Elettrica”, 1931, n. 2.41 Société anonyme Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du conseil d’administration, Assemblée générale du 28 avril 1906, Bruxelles, 1906.42 La questione tramviaria, in “Corriere di Catania”, 31 dicembre 1905; e La bomba del prosindaco, Lettera del di­rettore Monteverde, in “La Sicilia” , 1-2 gennaio 1906.

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della Società catanese di elettricità, Carnaz- za era inserito nelle attività economiche più redditizie dell’isola, dalle miniere di zolfo al­le ferrovie. Legato a gruppi finanziari italia- nini e stranieri rappresentò l’alternativa po­litica a De Felice. Le rivalità personali, ali­mentate dai giornali, traducevano più con­cretamente differenti concezioni nel modello di sviluppo da prospettare per la città. Da una parte campeggiava il Comune “popola­re” intenzionato a pilotare il decollo indu­striale della città tramite la pianificazione controllata dalle risorse pubbliche e private. La previsione ottimistica era di acquisire dalla concessione tramviaria una consistente compartecipazione agli utili che l’ammini­strazione avrebbe poi redistribuito global­mente alla città sotto forma di altri servizi, sgravi fiscali o per l’incremento delle opere pubbliche. L’alternativa privatista, caldeg­giata da Carnazza, difendeva invece l’auto­nomia dei gruppi monopolistici operanti nel­la città etnea che non intendevano farsi con­dizionare nelle loro scelte tecniche e finan­ziarie dalle élites socialriformiste. Il nodo cruciale dello scontro verteva pertanto sul controllo politico e sulla gestione della mo­dernizzazione urbana.

Fallito l’accordo sul valore da attribuire agli impianti, l’amministrazione popolare vide spezzarsi il binomio su cui aveva punta­to con la transazione del 1904: dotare la cit­tà di luce elettrica e tramvie, e contempora­neamente conseguire un utile finanziario per il Comune. Entrato in crisi quello che Mac­chi aveva definito il principio della “munici­palizzazione fruttifera”43 e sconfitto dal pri­

vatismo, il blocco defeliciano spostò lo scontro con l’impresa capitalista sul terreno delle rivendicazioni sociali che gli era più congeniale. In tal modo l’amministrazione popolare promosse l’organizzazione sinda­cale di operai, tramvieri e impiegati della so­cietà fino all’appoggio diretto di vertenze sa­lariali e di scioperi44.

La sostituzione della Tramways alla Singer-Helios non risolveva di certo le dif­ficoltà economiche del progetto. Il disegua­le rapporto stabilitosi tra investimenti e profitti poneva la Società dei tram in una situazione contraddittoria. Da una parte i redditi di esercizio dell’impresa continuava­no a rimanere bassi per l’incompletezza delle linee, per la scarsa utenza, per i vin­coli tariffari previsti dal contratto ed infine per l’oggettiva arretratezza industriale del­l’ambiente produttivo che costringeva ad una sottoutilizzazione degli impianti45. Dal­l’altra, però, la crescente domanda di ener­gia, dovuta al forte incremento demografi­co della città (soprattutto nei quartieri peri­ferici) imponeva un continuo ampliamento delle linee di trasmissione elettrica46. Sareb­be stato possibile superare questa strozzatu­ra attraverso un aumento di investimenti per completare le reti tramviarie urbane, allargando cosi il mercato degli utenti, e assicurare energia elettrica all’intera città, ma ciò avrebbe richiesto una forte disponi­bilità finanziaria. Fino a che punto gli inve­stitori esteri erano disposti ad accrescere la loro partecipazione ad una impresa che necessitava di immediati e cospicui finan­ziamenti, promettendo profitti a lungo ter-

43 “Corriere di Catania”, 16 maggio 1903, art. cit.44 Per l’atteggiamento della giunta popolare ed in particolare di De Felice nei confronti della Tramways durante lo sciopero dei lavoratori tramvieri del maggio 1907, cfr. Lo sciopero dei tramvieri, in “Corriere di Catania”, 19 maggio 1907.45 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale des Actionnaires du 25 avril 1908, Bruxelles, 1908.46 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale des Actionnaires du 30 avril 1910, Bruxelles, 1910.

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mine? Già nei primi mesi del 1907 la Socie­tà aveva fatto ricorso ad un aumento di ca­pitale, sottoscritto in parte dalla Tramways di Livorno, e l’anno seguente aveva avuto bisogno di un ulteriore finanziamento47. Tale situazione si rifletteva sul valore delle azioni della società scese da 150 ad appena 95 franchi48. Era senza dubbio un forte se­gno di sfiducia del mercato belga verso l’impresa tramviaria catanese; insistere ad ampliare gli impianti con un crescente im­mobilizzo di capitali cominciava a sembrare ai finanziatori belgi un affare troppo ri­schioso. Era ormai urgente, piuttosto, com­piere un salto di qualità, diversificando la produzione di energia elettrica dalla trazio­ne in modo da ottenere una maggiore ra­zionalità e produttività, con il risultato di abbassare i costi di esercizio della Tram­ways.

E monopolio della SeSo e la crisi del munici­palismo defeliciano

Agli inizi del ventesimo secolo l’impiego di tecnologie avanzate quali l’uso della corren­te trifase, il trasporto a lunga distanza del­l’energia idroelettrica, i grandi serbatoi arti­ficiali per immagazzinare l’acqua, consenti­vano l’utilizzazione anche delle scarse risor­se idriche della Sicilia. A puntare sulla scelta idroelettrica furono i gruppi finanziari ita­liani Bastogi e Comit. Sulla riconversione produttiva, basata sulla costruzione di cen­trali idroelettriche nell’isola, si sarebbe rea­lizzata la collaborazione finanziaria tra i

nuovi protagonisti Comit e Bastogi e i grup­pi belgi e tedeschi.

La Società elettrica della Sicilia orientale (Seso) si costituì a Roma il 14 maggio 1907 con capitale di 3 milioni di lire49. Presidente della nuova società era Maurizio Capuano, fondatore della Società meridionale di Elet­tricità, e consigliere delegato l’ingegnere En­rico Vismara, già amministratore della So­cietà tirrena di Elettricità. Nel consiglio di amministrazione della società figuravano i rappresentanti del capitalismo italiano,- Pie­tro Calapay (Navigazione generale italiana), il senatore Luigi Della Torre (Banca Zacca­ria di Pisa), Pietro Fenoglio (direttore della Bei), Iacopo Barbisio (Società italiana per le Strade ferrate meridionali), del capitale te­desco, Giovanni Barberis (direttore della So­cietà per lo sviluppo delle imprese elettriche in Italia) e gli esponenti della Compagnie gé­nérale pour l’Eclairage et le Chauffage par le gaz, della Société générale belge d’Entre- prises électriques e della Chemins de Fer économiques50. L’intervento di un pool fi­nanziario di tale livello integrato dalla pre­senza di managers qualificati quali il Visma­ra e l’Omodeo impostava per la prima volta la scelta dell’industrializzazione come strate­gia di fondo per lo sviluppo dell’economia regionale. Combinando insieme innovazioni tecniche e ingenti capacità di investimento, la Seso si poneva come il principale fattore di trasformazione nella struttura economica della Sicilia orientale. Già nel 1908 Vismara pubblicò a Milano un opuscolo, Lo sviluppo idroelettrico della Sicilia, nel quale veniva chiarificata la strategia di intervento della

47 Trattative in tal senso tra l’Union des Tramways e la Tramways de Livorno erano già avvenute nel corso del 1906. La Società dei trams di Livorno faceva parte di un trust, la Compagnie internationale des Tramways, sotto il controllo della Paribas e della Banque internationale de Bruxelles. Cfr. Michel Doumoulin, Italie-Belgique: 1861-1915, cit., pp. 854-855; Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale du 25 avril 1908, c i t .

48 “Gazette Financière Revue Hebdomadaire”, 13 dicembre 1908, Aie, Seso, p. 23, fase. VII.49 L ’opera della Società Generale elettrica della Sicilia in oltre 50 anni di attività per l’isola, sd.50 Società elettrica della Sicilia orientale, Assemblea generale ordinaria del 31 marzo 1914, Milano, 1914.

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Seso nell’isola51. Le condizioni di arretratez­za della Sicilia imponevano alla società elet­trica di approntare un progetto di moderniz­zazione riguardante non solo l’elettrificazio­ne dell’intera area regionale, ma anche la si­stemazione idrogeologica del terreno mon­tuoso, la costruzione di bacini artificiali e la bonifica dei territori malarici, così da inse­diare iniziative agricole produttive52: la di­stribuzione di energia idroelettrica, per i suoi bassi costi e per l’ampiezza delle zone servite, avrebbe risolto la principale strozza­tura dello sviluppo industriale dell’isola.

La costruzione delle due grandi centrali idroelettriche dell’Alcantara e del Cassibile, poste rispettivamente a nord e a sud della città etnea, nel giro di pochi anni collocaro­no Catania al centro della rete di produzione e distribuzione dell’energia elettrica della Si­cilia orientale53. La Seso iniziava la sua atti­vità specializzandosi nel settore della produ­zione di energia, laddove la fase della distri­buzione nelle città venne delegata ad impre­se collaterali già esistenti o in via di forma­zione. A differenza di Siracusa e Messina, dove il servizio venne affidato a due società locali già esistenti, a Catania il gruppo Seso attuò una ristrutturazione dell’intero setto­re. Nell’aprile del 1909 si costituì la Società catanese di Elettricità, con capitale di1.500.000 lire diviso in 10 mila azioni privi­legiate del valore di cento lire l’una e 5.000 azioni comuni dello stesso valore54. Vismara

ne sottoscrisse 5.200 per conto della Seso, e 4.800 furono acquisite dal gruppo belga55. La compartecipazione azionaria tra i due gruppi divenne accordo operativo l’anno se­guente, quando la Seso fu in grado di forni­re l’energia idroelettrica, momento fonda- mentale dell’intero progetto di ristruttura­zione. Il piano prevedeva la costruzione di una nuova rete di distribuzione elettrica a corrente alternata, fornita dalla Seso, man­tenendo quella a corrente continua al centro della città, dove si trovavano le tramvie, gli uffici e gli edifici pubblici, per permettere di servire completamente e senza interruzione l’intera area urbana e le zone adiacenti. La Tramways avrebbe pagato il canone per l’e­nergia fornita dalla Catanese, che a sua vol­ta avrebbe versato una somma à forfait con la cessione della centrale termoelettrica; me­desimo accordo fu raggiunto con la Compa­gnia del gas, il cui servizio era ormai limita­to soltanto al Giardino pubblico della cit­tà56. Il compito affidato alla Catanese emer­ge chiaramente: assumere il controllo di tut­te le grandi o piccole imprese che fornivano energia nella provincia di Catania. Oltre alla presenza di un intraprendente manager co­me l’ingegnere Francesco Fusco e l’onnipre­sente Carnazza, era essenziale a tal fine la partecipazione alla società di esponenti del­l’aristocrazia catanese57. Tale presenza ga­rantiva alla See appoggi o quanto meno be­nefici difficilmente raggiungibili in altro mo-

51 Enrico Vismara, Lo sviluppo idroelettrico della Sicilia, Milano, 1908.52 Cfr. G. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea, Torino, Einaudi, 1986.53 Per informazioni tecniche sulle due centrali idroelettriche vedi L ’impianto idroelettrico sul Cassibile, in “Sicilia Elettrica”, marzo 1930, n. 1; e Gli impianti della Sges sull’Alcantara, in “Sicilia Elettrica” , luglio 1930, n. 5.54 Atto di costituzione della Società Catanese di Elettricità, 21 aprile 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. IV.55 Transazione privata tra i signori Giovanno Celona e Michele Calderoni con l ’avvocato Gabriello Carnazza, 21 aprile 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. IV.56 Relazione del direttore della Società Catanese di Elettricità ingegnere Fusco ai consiglieri belgi, 12 aprile 1910, A1C, Seso, p. 1, fase. V.57 Tra gli altri figuravano come presidente della nuova società il barone Giuseppe Zappalà Asmundo e come consi­gliere il commendatore Nunzio Consoli Marano, vedi Verbale della seduta del Consiglio di amministrazione della Società Catanese di Elettricità, 14 giugno 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. V.

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modo. Tra il 1909 e il 1911 la Catanese as­sorbì ogni impresa autonoma del settore, o tramite fusione, come nel caso della Elek­tron di Acireale58, o con l’assunzione del servizio di illuminazione pubblica, o con la fornitura diretta ai privati. Ma l’attività del­la Catanese si svolse anche in altre direzioni, quali la partecipazione alla Società galatea per la costruzione della rete tramviaria Aci- reale-Catania59, l’ammodernamento degli impianti termici degli stessi Comuni e la co­struzione di linee di distribuzione elettrica, per una spesa complessiva di 2.500.000 lire60.

Di fatto la Seso assumeva il monopolio della produzione e distribuzione di energia elettrica per l’illuminazione e forza motrice di tutta la Sicilia orientale. La società elettri­ca continuò con successo la sua attività in­dustriale conseguendo uno sviluppo produt­tivo rapido ed esteso, accompagnato da una notevole crescita economica. All’ulteriore aumento di capitale del 1913 (da 10 a11.500.000 lire) si aggiunse un incremento netto degli utili che nel 1911 ammontarono a 271.574 lire, raddoppiarono nel 1912, e si stabilizzarno nel 1913 sulle 677.462, mante­nendosi costanti nei due anni successivi. Analogamente si ebbe una crescita dei divi­dendi saliti da venti a venticinque lire per azione61. Venivano potenziate le reti di di­stribuzione elettrica, e il completamento del­le linee di trasmissione permise di estendere l’alimentazione idroelettrica a tutte le città. Inoltre la Seso estendeva la sua zona di in­fluenza fino a raggiungere i due punti estre­

mi della Sicilia orientale. Nel giugno 1913 fu inaugurato un impianto a Barcellona e completato un altro a Milazzo; l’anno do­po venivano raggiunti accordi per la forni­tura di energia con una società di rivendita nella zona iblea62. La Seso divenne in tal modo l’unica interlocutrice per Comuni ed aziende che volessero acquistare energia elettrica. Le aziende servite erano nella maggior parte molini e pastifici, spesso a conduzione familiare, più raramente impre­se chimiche o metallurgiche. Lo schema de­gli accordi era sempre identico: contratti preferenziali per le ditte maggiori, tariffe differenziate a secondo delle ore di utilizzo dell’elettricità, durata media da cinque a dieci anni. Il sistema tariffario adottato pe­nalizzava in pratica le piccole aziende, alle quali l’energia veniva a costare in media 0,47 centesimi e favoriva le imprese di maggiori dimensioni che consumavano più di 40.000 kW. pagandoli 0,36 centesimi. L’alto consumo di energia, dovuto alle mag­giori potenzialità dei macchinari, permetteva a queste ultime di abbassare i costi energeti­ci. Al contrario molte piccole imprese, in se­guito al rifiuto della Seso di ridurre le tarif­fe, furono costrette a chiudere63.

Altrettanto complesso si dimostrò il rap­porto tra i Comuni della Sicilia orientale e la Seso. Questa puntava a realizzare in po­co tempo una rete di distribuzione estesa all’intera regione che comprendesse anzitut­to i Comuni tramite l’illuminazione pubblica di strade, piazze ed edifici. Ma gli enti locali, anche se interessati alla realizzazione degli

58 Sentenza del Tribunale Civile di Catania, 18 settembre 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. VI.59 Relazione de! direttore Fusco al Consiglio di Amministrazione della Società Catanese di Elettricità, 16 settembre 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. V.60 Preventivo di spesa della Società Catanese di Elettricità 16 settembre 1909, A1C, Seso, pi, fase. V.61 Credito italiano (a cura di), Società Italiane per Azioni. Notizie Statistiche 1916, Roma, 1916. .62 Seso, Rapporto del Consiglio di Amministrazione, 26 marzo 1915, Milano, 1915.63 Vedi Contratto per la fornitura di energia elettrica con la ditta Monaco & Figli, 7 marzo 1911, A1C, Seso, p. 4, fase. XIV; sui rapporti tra la Seso e le imprese siciliane vedi pure, Contratto con la ditta Lo Presti Marnilo, 10 dicembre 1913, A1C, Seso, p. 3, fase. IV; e Contratto con la ditta Colla e Concimi di Milazzo, A1C, Seso, p. 3, fase. XV.

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impianti, opponevano una resistenza cultu­rale e politica al monopolio elettrico64.

Grande impresa e politica municipale

A Catania la presenza del trust elettrofinan­ziario ripropose il tema dei rapporti tra capi­tale privato e Comune. Al centro della lotta politica del biennio 1909-11, che vedeva op­posti ancora una volta lo schieramento gui­dato dai Carnazza e quello defeliciano, si poneva la questione tramviaria65. L’ammini­strazione popolare, sotto pressione per l’in­chiesta governativa Bladier66, e spinta da motivi di rivalsa politica ed economica, ten­tava di rilanciare il ruolo del “comune mo­derno”, centro propulsore dello sviluppo economico e sociale in contrapposizione alla logica privatistica del monopolio elettrico. Sotto questo aspetto le rivalità interimperia­listiche del centro capitalistico per la supre­mazia sui mercati late comers si intrecciava­no in periferia alle lotte che si svolgevano nella ristretta cerchia dei brokers e tra le di­verse clientele elettorali per la conquista del potere locale.

Per tentare di sfuggire ai condizionamenti economici del trust elettrico della Seso, De Felice cercò di attivare la concorrenza indu­striale, così da ottenere almeno la costruzio­

ne delle tramvie del Bosco Etneo. Nel no­vembre del 1909 una società, rappresentata da Andrea Borioli e Edoardo La Porta, am­ministratori de Les Tramways de Paierme e da William Bouette direttore della Westin­ghouse a Milano, aveva presentato un pro­getto per l’ampliamento delle linee tramvia­rie urbane e la costruzione della rete etnea, immediatamente accettata dall’amministra­zione comunale67. La proposta sembrava, per la verità, costituire un buon affare per il Comune. Essa prevedeva la costruzione di tredici linee tramviarie, l’anticipo da parte della società delle somme occorrenti per l’a­pertura delle nuove strade, un compenso an­nuo per il Comune di 1.600 lire per ogni chi­lometro costruito, un eventuale prestito di500.000 lire alle finanze municipali a mite saggio di interesse, la compartecipazione agli utili ed, infine, la realizzazione della rete del Bosco etneo68. L’improvvisa decisione della giunta popolare causò l’immediato crollo della Société Tramways et Eclairage électri­ques à Catane, alla borsa valori di Bruxelles e le reazioni dei gruppi politici ad essa legati. Dalle colonne de “La Sicilia” , Carlo Carnaz­za, fratello di Gabriello, tuonava contro i “parassiti e i mestieranti della politica” : “I cittadini onesti sanno che siete assolutamen­te incapaci di governare una città veramente industriale, ritornatevene ai monti per

64 Sono esemplari al riguardo le vicende dei comuni di Siracusa (A1C, Seso, p. 4, fase. XI), Noto (A1C, Seso, p. 1, fase. Ili) e Augusta (A1C, Seso, p. 2, fase. V).65 Superata con qualche difficoltà la chiusura dei forni municipali e la crisi economica dell’anno seguente, l’ammini­strazione popolare subì nell’agosto del 1909 un’inchiesta governativa, voluta da Carnazza, sconfitto alle elezioni poli­tiche di marzo, nel tentativo di scalfire l’egemonia defeliciana. La sua pubblicazione nel febbraio 1910 causò la caduta della giunta comunale e preparò il terreno per la vittoria del Blocco cittadino (monarchici, liberali e cattolici), forma­tosi intorno al gruppo Carnazza, alle elezioni provinciali del 24 luglio 1910. Il Partito popolare, riorganizzato da De Felice intorno al Fascio democratico, dopo uno scontro assai aspro, riconquistava il Comune anche se di stretta misu­ra. Su 7.800 votanti il Fascio democratico conquistò 4.721 voti contro i 3.495 del Blocco cittadino. Su tutta la vicenda vedi Rapporto del prefetto Minervini al Ministro dell’Interno, Acs, ministero degli Interni, Comuni 1911-13, b 690.66 Sui risultati dell’inchiesta vedi Relazione Bladier sui Servizi pubblici del Comune di Catania. Dal 1902 al 1909. E Controrelazione del Comune di Catania, Catania, Tipografia Galatola, 1910.67 Compromesso per l’impianto e l ’esercizio di tramvie elettriche urbane e suburbane in Catania e dintorni, 4 novem­bre 1909, A1C, St, p. 18, fase. XIX.68 / / progetto in dettaglio per l ’impianto di tramvie elettriche, in “Corriere di Catania”, 9 dicembre 1909, e Compro­messo, cit.

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continuare i vostri antichi, vili mestieri di barbari caprai!”69.

Lo stesso Gabriello Carnazza in un me­moriale apocrifo diffuso in quei giorni ridi­mensionava gli apparenti benefici della pro­posta. Le linee previste erano in gran parte lasciate alla facoltà dei costruttori senza un limite di tempo per l’attuazione,il compen­so chilometrico di 1.600 lire si rivelava in­gannevole perché il Comune si addossava le spese di manutenzione delle nuove strade; in ultimo gli sbandierati utili per le finanze comunali si dimostravano un miraggio giacché erano subordinati ad un introito lordo di esercizio di 800.000 lire, che nep­pure le tramvie della rete urbana, più traf­ficata, riuscivano a raggiungere70. Ma l’o­biezione sostanziale riguardava l’assetto proprietario della società stessa dietro cui si nascondeva il redivivo finanziere messinese Giuseppe Battaglia, il cui tentativo specula­tivo era evidente: rivendere il contratto per realizzare la provvigione della mediazione. Le critiche sollevate dal pamphlet anonimo ritardarono la stipula del contratto che ven­ne siglato soltanto il 7 maggio 1910, dopo l’esclusione dalla società di Battaglia e do­po che Borioli e La Porta si impegnarono a presentare entro dieci mesi il piano tecnico e finanziario della rete tramviaria etnea. Appena quattro mesi dopo, accertata l’in­disponibilità della Westinghouse a soppor­tare gli oneri della rete tramviaria extraur­bana, l’impresa Borioli-La Porta vendeva la concessione al belga Paul Mouton, rap­presentante della Mutuelle mobilière et im­mobilière a Palermo, in cambio di 200.000 franchi e di due posti nel consiglio di am­ministrazione di una nuova società, la Che­

mins de Fer électriques de Catane71. La so­cietà venne costituita nell’agosto del 1911 a Bruxelles con l’apporto dei maggiori azio­nisti della Tramways de Paierme, dei ban­chieri parigini Fontaine, dell’ex ministro dell’industria Francotte, del senatore Leon Liard e dei Paterno Castello. Anche questa volta i lavori di costruzione della tramvia del Bosco etneo non vennero neppure ini­ziati, giacché i tecnici della società belga ne sconsigliarono la realizzazione per la sua evidente antieconomicità. Le velleità anti- monopolistiche dei partiti popolari subiro­no un colpo definitivo quando, nel maggio 1913, la Chemin de Fer preferì trasferire la convenzione alla Seso lasciandosi assorbire dalla società elettrica: il trust elettrofinan­ziario restava ancora una volta senza con­correnti72.

Il disimpegno della società belga spinse la Seso ad avviare trattative dirette con il Co­mune per la risoluzione della questione. L’atteggiamento di Vismara rimase intransi­gente sulla sostanza dell’affare: egli stesso informò De Felice che la Tramway era di­sposta a portare a termine l’ampliamento delle linee tramviarie urbane ma non a rea­lizzare la rete etnea73. Per tutto il 1913 l’am- ministrazione popolare continuò ad opporre un netto rifiuto, ma alla fine fu costretta a capitolare e a giungere ad un’intesa con la Seso per disciplinare l’intero servizio. Il ten­tativo delle élites socialriformiste di rompe­re l’accerchiamento del trust elettrofinanzia­rio si chiudeva con la vittoria del monopo­lio privato. Il Comune si era rivelato una struttura inefficiente di organizzazione im­prenditoriale ed impotente ad agire sulle de­cisioni di investimenti della grande impresa.

69 Risorse popolari, “La Sicilia”, 5 novembre 1909; e Bombe popolari, art. cit., 6 novembre 1909.70 II testo del memoriale in AIC, St, p. 20, fase. Offerta Westinghouse.71 A tto costitutivo della Chemins de Fer électriques de Catane, agosto 1911, AIC, St, p. 20.72 II carteggio riguardante le trattative con il gruppo Seso in AIC, St., p. 20.73 Lettera del 28 ottobre dell’ingegnere Vismara al prosindaco De Felice, in “Corriere di Catania”, 1 novembre 1913; e La questione tramviaria, risposta dell’onorevole Luigi Macchi, in “Corriere di Catania”, 6 novembre 1913.

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Nel maggio 1914 la Seso riusciva ad impor­re un nuovo contratto con il quale la Socie­tà catanese di Elettricità (impresa di distri­buzione della Seso) assumeva direttamente la gestione della fornitura di energia elettri­ca per la città, sostituendosi alla Tramways e all’antica Compagnia del Gas, che cedette dietro indennizzo i suoi impianti. La cen­trale termoelettrica della Tramways venne ufficialmente trasferita alla Catanese, che l’aveva in gestione sin dal 1910. E, infine, il Comune e la Tramways rinunciarono alle precedenti vertenze giudiziarie ancora aper­te, riconoscendo entrambi l’impossibilità di realizzare la rete tramviaria del Bosco etneo74.

In pochi anni la Seso aveva portato a termine l’elettrificazione dell’intera Sicilia orientale, consolidando la sua struttura fi­nanziaria, e si apprestava alla vigilia della guerra ad ampliare la sua attività al settore occidentale dell’isola. I belgi presenti nella Seso si mostravano soddisfatti: “Les résul­tés de la Société d’Electricité de la Sicile orientale continuent à être très satisfai­sants”75.

Tanto soddisfatti da proporre alla Comit la costituzione di un trust elettrico italo- belga. Il Syndacat d’études, formato dalla Commerciale, dalla Société financière de Transport et d’Entreprises industrielles e dalla Bank fur Elektrische Unternehmun- gen, sarebbe stato in un secondo tempo aperto alla partecipazione di altre società. La formazione del trust avrebbe consentito

l’acquisizione del controllo di alcune socie­tà elettriche italiane: l’Adamello, la Società Ligure-Toscana, la Brioschi e la Seso. Quando la costituzione del trust, per il cre­scente clima nazionalistico prebellico, si di­mostrò impraticabile, i belgi si dichiararo­no disposti a ritirarsi dalle altre società ita­liane, ma continuarono ad insistere per as­sumere una quota di maggioranza nella so­cietà siciliana76. La riluttanza della Banca commerciale a lasciare in mano ai belgi una società che iniziava a dare profitti non per­mise la conclusione dell’accordo77. Nel 1915 la Seso assunse il controllo delle due società elettriche esistenti a Palermo, la Si- cula Imprese Elettriche e la Società Elettro- tecnica Palermitana78, e alla fine della guer­ra trasformava la denominazione sociale in Società generale elettrica della Sicilia, rea­lizzando rapidamente il monoplio energeti­co nella regione79.

Il progetto defeliciano di sottoporre tempi e modi della modernizzazione urba­na all’azione politica del “comune sociali­sta” , riservando all’ente locale un ruolo di controllo dello sviluppo e di mediazione sociale ed economica, si era scontrato con le esigenze di profitto e le decisioni di investimento dell’alta finanza internaziona­le. La crisi del defelicianesimo e l’ascesa del gruppo carnazziano nel primo dopo­guerra va dunque letta nell’ambito del “disegno del potere economico di riappro­priarsi della ‘politica’ per gestire diretta-

74 Schema del contratto per la concessione della pubblica illuminazione della città di Catania, maggio 1914, A1C, Seso, p. 1, fase. V.75 Société Anonyme Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du Conseil d ’administration du 26 avril 1913, Bruxelles, 1913.76 Cit. da Antonio Confalonieri, Banca e industria in Italia. Dalla crisi del 1907 all'agosto 1914. Crisi e svi­luppo dell’industria italiana, vol. II, Milano, Banca commerciale italiana, 1982, pp. 363-364.77 A. Confalonieri, Banca e industria, cit. pp. 371-372.78 Sulle due società elettriche di Palermo, cfr. P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia, cit. pp. 293-309; e Pinel­la Di Gregorio, La modernizzazione difficile. Origine e sviluppo dell’industria elettrica in Sicilia (1898-1930), te­si di laurea, Fac. di Scienze Politiche delTUniversità di Catania, a.a. 1982-83, pp. 188-211.79 Piccola Storia della Sges, in “Sicilia Elettrica”, luglio 1964, n. 4.

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mente gli interessi della borghesia industria­le senza la mediazione di politici professio­nali”80.

Il municipalismo popolare, alla fine, ave­va dovuto arrendersi alla logica del mono­polio elettrico, ormai irriducibile al control­

lo delle élites locali per le dimensioni tecni­che e finanziarie di una realtà produttiva che superava i confini di una singola città per costituire un sistema energetico regionale.

Pinella Di Gregorio

80 G. Barone, Partiti ed élites politiche a Catania fra te due guerre, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1978, n. II-III, pp. 597.