Smartphone: Trump abolisce Netflix, ecco come MLOL, la ...Ora Topolino è pronto a sfidare i giganti...

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MAGAZINE n.169 / 17 18 DICEMBRE 2017 Disney compra Fox. Nasce il più grande polo dell’intrattenimento Ufficializzata l’acquisizione, tutta la parte portante di 21st Century Fox finisce dritta nelle mani di Disney Ora Topolino è pronto a sfidare i giganti dello streaming 02 MLOL, la biblioteca pubblica digitale che in pochi conoscono Trump abolisce la neutralità della Rete Che succede ora? 03 31 Nokia Steel HR Smart a metà Smartphone: valore e prezzo vanno d’accordo. Parola di utente. DDAY.it ha realizzato in questo finale d’anno una prova comparativa di smartphone, e più precisamente della funzione fotografica, che non ha precedenti: il suo nome è MasterClick e ha messo a confronto gli 11 top di gamma dei principali produttori con una lunga sequenza di scatti di valutazione realizzati in Israele a parità di scenari e condizioni. La prova, configurata con cin- que tappe ad eliminazione, si basa – anche questo un fatto notevole - solo sui voti del pubblico che, sin dalla prima puntata, ha avuto modo di votare scatto per scatto l’immagine preferita tra quelle in gara. Ma quello che rende MasterClick unica è che per realizzare questa comparativa a voto popolare è stata scritta un’applicazione che non rivela al lettore-votante la paternità di ogni scatto: le foto, da votare “alla cieca”, vengono mischiate ad ogni caricamento ed eventuali successive votazioni dal medesimo browser vengono trascurate dal sistema. Questo per “sterilizzare” i risultati dall’effetto di eventuali pre-giudizi nei confronti di que- sto o quel marchio e tagliare le polarizzazioni dei “fanboy” e degli “hater”: si vota solo l’immagine che piace di più agli utenti. In ognuna delle quattro puntate eliminato- rie, dal pool di 11 telefoni sono usciti dalla gara due modelli, gli ultimi nella classifica di tappa. Sono così arrivati in finale i tre smar- tphone che il pubblico ha giudicato migliori: si tratta, in ordine alfabetico, dell’Apple iPhone X, del Google Pixel 2 XL e del Sam- sung Galaxy Note 8. Nel momento in cui scriviamo sono in corso le votazioni della finale e la classifica parziale sta mostrano un incredibile equilibrio tra i modelli in gara, che si spartiscono i voti quasi equamente. Tra due giorni verranno chiuse le votazioni e avremo un vincitore della prima edizione di MasterClick: stiamo seguendo ora dopo ora l’evolversi della classifica con curiosità e la giusta dose di “thrilling”. Ma, in attesa di festeggiare lo smartphone vincitore, una prima conclusione ce la portiamo a casa: ad arrivare in finale, pur con un voto alla cieca e con 4 selezioni successive sono, guarda caso, i tre telefoni più costosi del pool. Per molti, i prezzi degli smartphone sono esagerati rispetto alla tecnologia che c’è all’interno. Ma una cosa possiamo dire, a questo punto: che se un modello costa di più dei motivi ci sono; e insieme a questi motivi arrivano anche le prestazioni, evidentemente tangibili da tutti gli utenti. Certamente è vero che con uno smartphone da 199 euro faccio chiamate voce valide; è altrettanto vero che con uno da 299 euro mando velocemente messaggi via WhatsApp; ma probabilmente, come abbiamo dimostrato, non è affatto vero che tutti gli smartphone facciano fotografie uguali. E questo al di là delle (odiose) fazioni pro o contro questo o quel marchio. Gli smartphone di oggi, soprattutto i top di gamma, sono concentrati di tecnologia incredibili: se avessimo potuto mettere ai voti anche gli altri aspetti del funzionamento degli apparecchi, avremmo probabilmente avuto risultati simili, con i prodotti più cari in testa. Il prezzo può essere considerato alto o commisurato alla tecnologia; ma MasterClick dimostra, in un mercato maturo e competitivo come quello degli smartphone, che il prezzo è un buon indicatore della qualità del prodotto. Non lo diciamo noi, ma le preferenze degli utenti. E detto questo… vinca il migliore! Gianfranco GIARDINA 33 B&W PX, il silenzio che suona bene 47 Nuova Fiesta, la Ford più hi-tech di sempre COMPARATIVA A VOTO POPOLARE SENZA PRECEDENTI 29 MasterClick: in finale iPhone X, Pixel 2 XL e Note 8 Una sfida tra 11 smartphone in cui i lettori di DDay.it hanno votato le foto migliori Siamo arrivati alla finale, chi vincerà? 36 Energica sarà il fornitore unico della Moto-e Sul Campionato Mondiale di moto elettriche sventola il Tricolore: dal 2019 l’italianissima Energica fornirà le moto Netflix, ecco come nasce un contenuto Dolby Vision 10 16

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  • MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    Disney compra Fox. Nasce il più grande polo dell’intrattenimento Ufficializzata l’acquisizione, tutta la parte portante di 21st Century Fox finisce dritta nelle mani di Disney Ora Topolino è pronto a sfidare i giganti dello streaming02

    MLOL, la biblioteca pubblica digitale che in pochi conoscono

    Trump abolisce la neutralità della Rete Che succede ora? 03

    31

    Nokia Steel HRSmart a metà

    Smartphone: valore e prezzo vanno d’accordo. Parola di utente.DDAY.it ha realizzato in questo finale d’anno una prova comparativa di smartphone, e più precisamente della funzione fotografica, che non ha precedenti: il suo nome è MasterClick e ha messo a confronto gli 11 top di gamma dei principali produttori con una lunga sequenza di scatti di valutazione realizzati in Israele a parità di scenari e condizioni. La prova, configurata con cin-que tappe ad eliminazione, si basa – anche questo un fatto notevole - solo sui voti del pubblico che, sin dalla prima puntata, ha avuto modo di votare scatto per scatto l’immagine preferita tra quelle in gara.

    Ma quello che rende MasterClick unica è che per realizzare questa comparativa a voto popolare è stata scritta un’applicazione che non rivela al lettore-votante la paternità di ogni scatto: le foto, da votare “alla cieca”, vengono mischiate ad ogni caricamento ed eventuali successive votazioni dal medesimo browser vengono trascurate dal sistema. Questo per “sterilizzare” i risultati dall’effetto di eventuali pre-giudizi nei confronti di que-sto o quel marchio e tagliare le polarizzazioni dei “fanboy” e degli “hater”: si vota solo l’immagine che piace di più agli utenti.

    In ognuna delle quattro puntate eliminato-rie, dal pool di 11 telefoni sono usciti dalla gara due modelli, gli ultimi nella classifica di tappa. Sono così arrivati in finale i tre smar-tphone che il pubblico ha giudicato migliori: si tratta, in ordine alfabetico, dell’Apple iPhone X, del Google Pixel 2 XL e del Sam-sung Galaxy Note 8. Nel momento in cui scriviamo sono in corso le votazioni della finale e la classifica parziale sta mostrano un incredibile equilibrio tra i modelli in gara, che si spartiscono i voti quasi equamente.

    Tra due giorni verranno chiuse le votazioni e avremo un vincitore della prima edizione di MasterClick: stiamo seguendo ora dopo ora l’evolversi della classifica con curiosità e la giusta dose di “thrilling”. Ma, in attesa di festeggiare lo smartphone vincitore, una prima conclusione ce la portiamo a casa: ad arrivare in finale, pur con un voto alla cieca e con 4 selezioni successive sono, guarda caso, i tre telefoni più costosi del pool. Per molti, i prezzi degli smartphone sono esagerati rispetto alla tecnologia che c’è all’interno. Ma una cosa possiamo dire, a questo punto: che se un modello costa di più dei motivi ci sono; e insieme a questi motivi arrivano anche le prestazioni, evidentemente tangibili da tutti gli utenti. Certamente è vero che con uno smartphone da 199 euro faccio chiamate voce valide; è altrettanto vero che con uno da 299 euro mando velocemente messaggi via WhatsApp; ma probabilmente, come abbiamo dimostrato, non è affatto vero che tutti gli smartphone facciano fotografie uguali. E questo al di là delle (odiose) fazioni pro o contro questo o quel marchio.

    Gli smartphone di oggi, soprattutto i top di gamma, sono concentrati di tecnologia incredibili: se avessimo potuto mettere ai voti anche gli altri aspetti del funzionamento degli apparecchi, avremmo probabilmente avuto risultati simili, con i prodotti più cari in testa. Il prezzo può essere considerato alto o commisurato alla tecnologia; ma MasterClick dimostra, in un mercato maturo e competitivo come quello degli smartphone, che il prezzo è un buon indicatore della qualità del prodotto. Non lo diciamo noi, ma le preferenze degli utenti. E detto questo… vinca il migliore!

    Gianfranco GIARDINA

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    B&W PX, il silenzio che suona bene

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    Nuova Fiesta, la Ford più hi-tech di sempre

    COMPARATIVA A VOTO POPOLARE SENZA PRECEDENTI

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    MasterClick: in finale iPhone X, Pixel 2 XL e Note 8Una sfida tra 11 smartphone in cui i lettori di DDay.it hanno votato le foto migliori Siamo arrivati alla finale, chi vincerà?

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    Energica sarà il fornitore unico della Moto-e Sul Campionato Mondiale di moto elettriche sventola il Tricolore: dal 2019 l’italianissima Energica fornirà le moto

    Netflix, ecco come nasce un contenuto Dolby Vision 10 16

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017 MERCATO Ufficializzata l’acquisizione dell’impero cinematografico di Murdoch da parte di Disney

    Disney ha comprato Fox. Simpson, Sky, Hulu e gli Studios venduti per 54 miliardi di dollari Disney crea il più grosso polo mondiale dell’intrattenimento. Il pagamento avverrà in azioni

    di Roberto PEZZALI

    D isney ha comprato parte dell’impe-ro televisivo di Rupert Murdochm, è ufficiale. Restano nelle mani del magnate australiano e degli azionisti Fox

    Broadcasting, Fox News, Fox Business e

    Big Ten Network, ma tutta la parte por-

    tante di 21st Century Fox finisce dritta in

    orbita Disney. Il prezzo, ancora da arro-

    tondare, è stato fissato a 52.4 miliardi di

    dollari da pagare in azioni e include i film

    e gli studi televisivi, la rete di intratteni-

    mento via cavo e tutte le partecipazioni

    di Fox a livello internazionale. Tra queste

    ci sono Hulu, il network di streaming, e

    Sky, inclusa la nostra Sky Italia (Fox de-

    teneva il 39% di Sky). A casa di Topolino

    finiscono anche brand importanti della

    famiglia Fox: X-Men, Avatar e I Simpson

    vanno ad arricchire il già ricchissimo pa-

    niere Disney, e oltre a questi non vanno

    dimenticati National Geographic e FX

    Network. Disney potrà ora riunire la fami-

    glia Marvel sotto un unico tetto: X-Men,

    Fantastic Four e Deadpool diventeranno

    presto protagonisti di nuove storie ed av-

    venture. Interessante anche la questione

    streaming: Hulu, piattaforma che ha 12

    milioni di utenti registrati e da poco ha ini-

    ziato anche le trasmissioni “Live” era fino

    ad oggi sotto il controllo di tre aziende,

    tutte con una quota paritaria, Comcast,

    Disney e Fox. Con l’acquisizione di Fox

    Disney diventa azionista di maggioranza

    di Hulu e la piattaforma potrebbe avere

    un ruolo fondamentale nel nuovo sistema

    di streaming che Disney sta creando per

    competere con Netflix e Amazon Prime

    Video. A capo di Disney rimarrà Bob Iger

    per ancora qualche anno: doveva ritirarsi

    a breve, ma tra le condizioni per finaliz-

    zare l’accordo c’è anche la permanenza

    dell’attuale CEO fino a 2021.

    ENTERTAINMENT Il canale 210 di Tivùsat si riaccenderà con Meraviglie - La penisola dei tesori

    Alberto Angela riaccende il canale RAI 4K Un viaggio lungo lo stivale per visitare i più bei luoghi artistici e paesaggistici del nostro Paese Il programma sarà trasmesso anche nella normale versione HD sul digitale terrestre su Rai 1 HD

    di R. F.

    S arà ancora una volta Alberto Angela a fornire contenuti in Ultra HD a chi già possiede un televisore aggiornato a questa tecno-

    logia. L’appuntamento è sul canale 210

    di Tivùsat con Meraviglie - La peniso-

    la dei tesori, un programma in quattro

    puntate girato interamente in qualità

    4K. Protagonista del nuovo program-

    ma culturale sarà l’Italia intera con le

    sue eccellenze artistiche e naturalisti-

    che. Il programma è in quattro puntate,

    ognuna delle quali sarà dedicata a tre

    diverse realtà del Paese, una ciascuna

    per nord, centro e sud. In ogni episodio

    incontreremo un personaggio storico

    legato a quel luogo, interpretato da

    un attore, e non mancheranno ospiti

    importanti sempre legati ai diversi luo-

    ghi. Tra i molti ospiti sono annunciati

    lo scrittore Andrea Camilleri, l’attrice

    Monica Bellucci e il cantautore Paolo

    Conte.

    Ogni puntata avrà una durata di circa

    due ore e verrà trasmessa in prima se-

    rata su Rai 1 HD in alta definizione, per

    vedere la massima qualità 4K Ultra HD

    invece sarà necessario accedere al

    canale 210 di Rai 4K sulla piattaforma

    satellitare Tivùsat.

    Dopo la prima puntata, in onda giove-

    dì 4 gennaio 2018, il programma pas-

    serà al mercoledì nelle date del 10, 17

    e 24 gennaio.

    Le Olimpiadi invernali 2018 tornano in chiaro sulla RaiConcluso l’accordo con Discovery per la trasmissione in chiaro delle Olimpiadi invernali. La Rai potrà trasmettere 100 ore in diretta e in chiaro della manifestazione di Roberto FAGGIANO

    Si è concluso l’accordo tra Rai e Discovery per la trasmissione in diretta e in chiaro di una buona parte delle gare della prossima Olimpiade invernale, che si ter-rà a PyeongChang, in Corea del Sud dal 9 al 25 febbraio 2018. I diritti per tutte le prossime Olim-piadi fino al 2020 sono stati ac-quistati da Discovery per i suoi due canali di Eurosport, visibili però solo a pagamento sulle piattaforme di Sky e Mediaset Premium, oppure sull’app Euro-sport Player. La Rai trasmette-rà in diretta circa 100 ore della manifestazione, si punterà sulle gare di sci alpino, sci nordico, pattinaggio artistico e di velocità, bob e slittino, dove si spera nella conquista di qualche medaglia azzurra. Ma ci sarà sul ghiaccio anche la squadra di curling, che ha da poco conquistato la quali-ficazione. Non ancora precisata la programmazione e la rete am-miraglia per la trasmissione delle gare. Con questo accordo la Rai torna a trasmettere le Olimpiadi dopo un lungo periodo di otto anni a favore di Sky. Il consiglio di amministrazione Rai ha pure approvato lo schema di intesa che dovrebbe portare alla Rai anche le future Olimpiadi estive di Tokyo del 2020.

    http://www.dday.it/redazione/25097/disney-compra-fox-ufficiale-sky-hulu-http://www.dday.it/redazione/25097/disney-compra-fox-ufficiale-sky-hulu-http://www.dday.it/redazione/25135/alberto-angela-riaccende-rai-4k-con-meraviglie-la-penisola-dei-tesorihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-raihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-raihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-raihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-rai

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017 MERCATO Negli USA si potrà variare la velocità della connessione in base ai clienti e ai servizi

    USA, Trump abolisce la neutralità della rete Gioiscono le telco, il mondo dell’hi-tech promette una battaglia senza esclusione di colpi

    di Emanuele VILLA

    D all’altra parte dell’Atlantico arri-va l’ennesima spallata dell’am-ministrazione Trump a quanto fatto da Barack Obama. La FCC (Fe-

    deral Communications Commissions)

    ha abolito le norme volute dall’ammi-

    nistrazione precedente in materia di

    neutralità della rete, quelle che – in

    buona sostanza – difendono il princi-

    pio democratico di un Internet a “una

    sola velocità”, uguale per tutti i citta-

    dini indipendentemente dal proprio

    Internet Provider: una rete neutrale

    è quella che non favorisce nessuno,

    che non permette agli ISP di apporre

    blocchi arbitrari (eccezion fatta per le

    prescrizioni di legge e dei giudici) né

    accessi prioritari a certi servizi o rallen-

    tamenti. In una rete “non neutrale” e in

    assenza di normativa specifica, le tel-

    co potrebbero variare la qualità della

    connessione internet dei propri clienti

    a seconda del sito o del servizio cui

    accedono: per dire, un ISP potrebbe

    favorire la visione di film su Netflix e

    sfavorire Amazon Prime a seconda dei

    propri accordi interni. Potrebbe oscu-

    rare Facebook, ci potrebbe essere

    quello che non permette ai suoi clienti

    l’uso del protocollo p2p, l’accesso a

    certi siti/social network e via dicen-

    do: è una visione estrema, certo, ma il

    concetto è quello.

    Gli schieramenti sono netti e ben de-

    finiti: da un lato ci sono le telco, tra

    cui le potentissime AT&T, Verizon e

    T Mobile, dall’altra i colossi della tec-

    nologia, Google e Facebook in prima

    linea, che proprio sul web libero e

    aperto hanno costrui-

    to le proprie fortune

    negli Stati Uniti e in

    buona parte del mon-

    do. Nonostante gli

    operatori stiano già

    rassicurando i propri

    clienti che non ap-

    porranno nessuna

    limitazione e che l’ac-

    cesso a Internet re-

    sterà quello di prima,

    la contesa si sposta ora nelle aule dei

    tribunali: sono infatti diversi gli Stati e i

    colossi del web pronti a dara battaglia

    a questa decisione che contrasta con

    i principi generali della democrazia a

    stelle e strisce. Costi quel che costi.

    In ogni caso, l’ipotesi che vengano

    apposte limitazioni alla libera fruizione

    di Internet è remota, quanto meno in

    tempi brevi, tanto più che un regime

    di forte concorrenza tra ISP potrebbe

    equilibrare naturalmente l’assenza di

    norme sulla net neutrality. Da questa

    parte dell’Oceano disponiamo di nor-

    me comunitarie sulla neutralità della

    rete (Regolamento UE 2015/2120 en-

    trato in vigore il 30 aprile 2016), che

    nonostante siano oggetto di forte cri-

    tica per le eccezioni che permettono,

    esse sanciscono in modo inequivo-

    cabile il principio della net neutrality,

    reso ulteriormente chiaro – pur non

    trattandosi di un testo normativo – dal-

    la Dichiarazione dei Diritti in Internet

    approvata in Italia nel luglio del 2015;

    all’interno della stessa, infatti, si parla

    di neutralità della rete come “diritto”

    degli individui a inviare e ricevere

    dati senza discriminazioni o restrizioni

    relative al contenuto, al mittente o al

    destinatario.

    Resta il fatto che la decisione della

    FCC americana, qualora resti integra

    dopo la battaglia legale che ci appre-

    stiamo a vivere, non può che generare

    ripercussioni in ogni parte del mondo:

    intanto è un precedente molto perico-

    loso che potrebbe facilmente “conta-

    giare” diverse altre aree, e in più po-

    trebbe condizionare negativamente

    lo sviluppo dell’economia digitale, per

    la quale gli USA sono un riferimento

    mondiale. Staremo a vedere: i prossimi

    mesi saranno determinanti.

    Tidal a rischio Ha liquidità per sopravvivere sei mesiPochi utenti e problemi finanziari mettono in difficoltà Tidal di Matteo SERVADIO

    Tidal è un servizio di streaming mu-sicale hi-fi e lossless che sta acqui-stando una certa popolarità anche dalle nostre parti. Tuttavia, stando ad un report della testata norvege-se Dagens Næringsliv, la piattafor-ma acquistata due anni fa da Jay-Z starebbe incontrando gravi difficol-tà finanziarie. Sono pari a 368 mi-lioni in corone norvegesi le perdite del servizio al lordo delle tasse nel 2016, pari 44 milioni di dollari. La società, che non ha rilasciato alcun commento a Dagens Næringsliv, si aspetta ora di raggiungere la redditività nel corso del 2018 e af-ferma di aver “ricevuto commenti negativi” sulla propria realtà sin dall’inizio e di “non aver fatto altro che crescere come azienda anno dopo anno.” Dichiarazioni che si scontrano con i dubbi già espressi in passato da DN riguardo i dati sul numero di iscritti diffusi da Tidal.A settembre 2015 Jay-Z scrisse in un tweet che la piattaforma aveva raggiunto il milione di iscritti, ma la testata affermò che si trattava di 350.000, basandosi sui pagamen-ti alle etichette discografiche. Sei mesi dopo gli iscritti avrebbero rag-giunto i 3 milioni, ma il sito norve-gese sosteneva fossero 850.000, 1.2 milioni nei report interni di Tidal. Dati infinitamente più bassi di quelli messi in mostra da Spotify (60 mi-lioni di utenti premium). Il grosso punto di domanda che pende ora sulla piattaforma di Jay-Z riguarda la situazione finanziaria, nono-stante l’entrata in campo di Sprint - l’operatore statunitense - come investitore a gennaio 2017 con un pacchetto azionario del 33 %.

    http://www.dday.it/redazione/25105/usa-trump-abolisce-la-neutralita-della-rete-che-succede-orahttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesihttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesihttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesihttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesi

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di Gaetano MERO

    Ted Sarandos, direttore capo della sezione contenuti di Netflix, ha fi-nalmente sciolto ogni dubbio sul destino di House of Cards dopo lo scandalo che ha investito Kevin Spa-cey, protagonista e co-produttore della serie.

    Pare che sia stato raggiunto finalmente

    un accordo tra i vertici del program-

    ma per riprendere la produzione nel

    mese di gennaio, di quello che sarà

    l’ultimo capitolo di House of Cards.

    Secondo quanto riportato da Variety, gli episodi della sesta stagione saran-

    no però solo 8, contro i 13 previsti, e

    non vedranno tra i protagonisti Frank

    ENTERTAINMENT Raggiunto un accordo tra i produttori della popolare serie tv House of Cards

    House of Cards ripartirà a gennaio senza SpaceyLa storia si concentrerà sul personaggio di Claire Underwood, moglie di Frank (Kevin Spacey)

    Underwood (Kevin

    Spacey). La storia si

    concentrerà infatti

    sul personaggio di

    Claire Underwood,

    moglie di Frank, in-

    terpretata da Robin

    Wright, come spe-

    rato dai fan della

    serie dopo le prime

    notizie sull’esclu-

    sione di Spacey. Le

    pesanti accuse di

    molestie arrivate dall’attore Anthony

    Rapp nei confronti di Spacey, risalenti

    a quando Rapp aveva appena 14 anni,

    avevano portato Netflix e il proprio

    partner Media Rights Capital il mese

    scorso a decidere di interrompere la produzione della sesta stagione in corso d’opera, per esaminare l’intera situazione prima di continuare con le

    riprese.

    di Roberto FAGGIANO

    Come tutti sappiamo i prossimi Mondiali di calcio 2018 in Russia non vedranno in campo la nostra Nazionale; questo ha ridotto conside-

    revolmente il valore dei possibili ricavi

    pubblicitari per la trasmissione in TV

    in chiaro, i cui diritti per l’Italia devono

    essere ancora assegnati. L’avvenimen-

    to comunque avrà sempre un grande

    numero di spettatori e quindi rimane

    la sorpresa nel constatare lo scarso

    interesse della Rai verso l’acquisizione

    dei diritti. Secondo quanto riportato da

    Prima Comunicazione, la redazione di Rai Sport sarebbe in agitazione proprio

    verso la dirigenza Rai, che rischia di ve-

    dersi sfuggire l’avvenimento a favore di

    Mediaset. Secondo alcune indiscrezio-

    ni l’offerta attuale di Mediaset sarebbe

    di circa 20 milioni di euro superiore a

    quella della Rai e l’azienda sarebbe

    poco propensa a rilanciare adeguata-

    mente per i diritti. Il motivo del risparmio

    sarebbero i diritti in chiaro della Cham-

    pions League della prossima stagione,

    per la partita in chiaro di ogni turno: nel

    2018/19 il torneo vedrà quattro squadre

    italiane protagoniste e quindi un po-

    tenziale aumento di audience e ricavi

    pubblicitari. Quindi, per avere maggio-

    MERCATO Mediaset in vantaggio nella corsa ai diritti per la trasmissione in chiaro dei Mondiali

    I Mondiali di calcio 2018 verso MediasetLa Rai potrebbe rinunciare al rilancio per puntare ai diritti della prossima Champions

    ri risorse nelle trattative del prossimo

    anno, si potrebbe sacrificare il torneo

    russo senza la nazionale in campo.

    La stessa sorte potrebbero seguire le

    gare di Formula 1 del prossimo anno,

    vicenda in questo caso ulteriormente

    complicata dalla volontà di Sky di ridur-

    re i Gran Premi visibili in diretta e in chia-

    ro. Sembra anzi che Sky possa seguire

    direttamente la scelta già svolta per i

    Moto GP: in mancanza di offerte econo-

    miche adeguate Sky potrebbe trasmet-

    tere la Formula 1 su Tv8 in chiaro e in

    differita, salvo le poche gare residue da

    trasmettere in diretta. La formula ha già

    portato ottimi ascolti per le moto e mi-

    nimi costi di produzione per i commenti

    da studio, mentre il commento gara è lo

    stesso dei canali Sky a pagamento.

    In mancanza di segnali da parte del-

    la dirigenza, la redazione di Rai Sport

    sarebbe già pronta a due giornate di

    sciopero in occasione delle due ultime

    giornate dell’anno di Serie A, il 23 e il

    30 dicembre. Il povero telespettatore

    italiano quindi dovrà doppiamente sof-

    frire: non solo non vedrà in campo gli

    eroi nazionali, ma quasi certamente non

    vedrà nemmeno le partite in 4K HDR,

    sperando di vederle almeno in HD. Di-

    scorso ancora peggiore per la Formula

    1, dove l’alternativa alla costosa visione

    in 4K o HD su Sky sarà il modesto stan-

    dard definition di TV8.

    TIM prepara un accordo con Mediaset per la Serie A e la ChampionsTIM vuole mettere a disposizione dei clienti nuovi contenuti lineari, film, serie TV ed eventi sportivi di Emanuele VILLA

    Il CdA di TIM ha delineato il Piano Industriale 2018-2020. La decisio-ne più interessante è senza dubbio il via libera a un nuovo (potenziale) accordo con Mediaset per l’acqui-sto di contenuti da proporre sul-la rete fissa e mobile. Il CdA TIM punta a un nuovo accordo con Mediaset che vada a coprire buo-na parte dell’offerta dell’emittente televisivo: parliamo di contenuti della TV lineare (leggasi, canali free), serie TV, film e news, tutti da convogliare su TimVision, sul piat-to, secondo le ultime indiscrezioni, ci sarebbero circa 400 milioni di euro da investire in contenuti nel-l’arco di 5 o 6 anni, mentre si parla di generico “2018” come data di potenziale chiusura dell’accordo sui canali lineari e on demand. A livello formale l’acquisto dei conte-nuti dovrebbe avvenire direttamen-te da TIM e non attraverso la joint venture Timvision. Il CdA avrebbe inoltre autorizzato i dirigenti TIM a negoziare l’acquisto dei diritti di Premium sulle partite del girone di ritorno della Serie A e sulla partite rimanenti della Champions League, prima che - dal 2018/19 in poi - pas-sino sotto il controllo di Sky. Occorre comunque fare i conti con Mediaset, alle prese con il conten-zioso con Vivendi che, a sua volta, è il primo azionista Telecom con il 24% delle quote: tutto ciò renderà le trattative quanto mai complesse, ma TIM ci vuole provare.

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di Gianfranco GIARDINA

    Avevamo lasciato Sony qualche mese fa in preda al dubbio su quale fosse il proprio TV top di gam-ma: l’OLED A1 o il sofisticato Full LED Z90. Ora, con la stagione più importante dell’anno oramai inoltra-

    ta, dovrebbe esserci qualche certezza in più.

    “Ma sì, l’OLED A1 è il top di gamma di Sony – ci con-

    fessa Stéphane Labrousse, amministratore delegato

    di Sony Italia -. Non lo dico io ce lo ha detto il consu-

    matore, con risultati di vendita incredibili. Sulla carta

    noi abbiamo due top di gamma paralleli, l’A1 e lo ZD9,

    ma sarebbe sbagliato non riconoscere che i numeri di

    vendita ci dicono che il nostro top di gamma è l’A1. Se

    mi si chiede qual è il modello più tecnologico, beh.. la

    risposta potrebbe essere diversa”.

    DDAY.it: La scommessa di un OLED visibilmente più costoso di altri modelli che montano lo stesso pan-nello era azzardata…Stéphane Labrousse: “Di scommesse, in realtà, ne abbiamo impostate tre a livello europeo, tre obiettivi

    sui quali non possiamo sbagliare. Il primo è il Progetto

    OLED: abbiamo per quest’anno fiscale giapponese (da

    aprile fino a marzo 2018, ndr) obiettivi ambiziosi in tutta

    Europa, che si traducono in 11 mila pezzi per l’Italia…”

    DDAY.it: Il secondo obiettivo qual è?Labrousse: “Riguarda il digital imaging: diventare nel minor tempo possibile i numeri uno a volume nel mer-

    cato delle fotocamere Full Frame.”

    DDAY.it: Una sfida non da poco, contro i colossi delle reflex…Labrousse: “In Italia siamo un po’ indietro, l’obiettivo per quest’anno è di diventare il numero due…”

    DDAY.it: E il terzo progetto?Labrousse: “Vogliamo consolidare la leadership nelle cuffie a livello europeo (Labrousse ci dice ‘off -the-re-

    cord’ l’impressionante obiettivo a cifra tonda, chieden-

    doci di non divulgarlo, ndr) . In Italia siamo già leader

    di mercato sia a valore che a volume. Dobbiamo però

    esprimerci meglio nella fascia più premium”.

    DDAY.it: Non è facile presidiare tutto il mercato con lo stesso brand dalle cuffie da 10 euro fino a quelle noise canceling da oltre 300…Labrousse: “No, ed è per questo che dobbiamo miglio-rare la nostra presenza sul mercato della fascia alta. I

    prodotti ci sono.”

    DDAY.it: Torniamo al mercato TV: come sta andando?Labrousse: “Malino, dopo un settembre che sembrava promettente, ottobre e novembre sono stati pessimi,

    con punte settimanali del -20% rispetto allo scorso

    anno. Mi chiedo se si tratti di una specie di effetto di

    attesa da Black Friday, ma fino a metà novembre è an-

    data male. E l’uscita della nazionale dai Mondiali non

    ci aiuterà certo…”

    MERCATO Abbiamo incontrato Stéphane Labrousse, amministratore delegato di Sony Italia, per parlare della ricetta vincente di Sony

    Intervista a Labrousse (Sony): “L’OLED è sempre più importante: spero in nuovi modelli al CES” Sony conferma le ottime performance: riesce a crescere a doppia cifra in un mercato che invece è in contrazione Abbiamo cercato di conoscere gli obiettivi della società, che sono ambiziosi ma ufficialmente non si possono dire

    DDAY.it: Sony?Labrousse: “In questo scenario preoccupante, noi co-munque riusciamo a crescere in valore, siamo allineati

    al mercato in volumi, con un prezzo medio che è più

    del doppio di quello del mercato: noi siamo a 850 euro

    contro una media di mercato di 407 euro.”

    DDAY.it: Effetto OLED A1?Labrousse: “Sicuramente sì. Ma anche sugli LCD di fa-scia media stiamo andando meglio del mercato.”

    DDAY.it: Se l’autunno parte così, l’anno rischia di es-sere compromesso. Il mercato del TV non ha bisogno di essere destagionalizzato?Labrousse: “I primi colpevoli siamo noi operatori: quando facciamo le previsioni, siamo molto cauti nei

    mesi di bassa stagionalità e questo porta anche ad

    avere minore pressione da parte dei produttori e quin-

    di minore promozionalità. Poi finisce che tutta la spinta

    promozionale la mettiamo adesso, tutti insieme. Anco-

    ra più quest’anno che non ci sono stati eventi forti nel

    periodo estivo, come Olimpiadi e Mondiali: sapendolo,

    i produttori hanno concentrato tutto sull’ultimo trime-

    stre dell’anno solare”.

    DDAY.it: Guardando i dati di vendita, si osserva a una costante concentrazione su pochi brand…Labrousse: “È una tendenza generalizzata che però in Italia è ancora più spiccata che altrove: il mercato si

    sta concentrando oramai su tre marchi (Samsung e LG,

    oltre a Sony, ndr)”.

    DDAY.it: Soprattutto in Italia?Labrousse: “Sì, in altri Paesi, anche vicini a noi come la Francia, i marchi coreani non hanno le quote che

    hanno da noi, soprattutto a valore. Samsung è molto

    forte, LG sta facendo un grande lavoro e noi anche: gli

    altri restano compressi da queste crescite.”

    DDAY.it: Il 4K prende piede, almeno a livello di tele-visori?Labrousse: “Direi di sì, un terzo dei TV venduti sono

    4K, che però corrispondono a due terzi del valore…”

    DDAY.it: Se guardiamo le vendite per segmento, sembrerebbe che la gamma media stia soffrendo molto: o si acquista un entry level oppure si va su TV più importanti…Labrousse: “Decisamente. E l’anno prossimo sarà una tendenza ancora più marcata. Sulla fascia bassa si

    andrà ancora più in tensione promozionale, con gran-

    di schermi a prezzi molto allettanti. L’OLED scenderà

    ancora un po’, andando a premere proprio sulla gam-

    ma media. E quindi la fascia tra 800 e 1400 euro farà

    sempre più fatica.”

    DDAY.it: Parliamo di OLED: come sta andando?Labrousse: “Molto bene. Se guardiamo il segmento dei TV, sia LCD che OLED, dei 55”, stiamo crescendo

    in maniera rilevante, molto più del mercato che invece

    fa fatica…”

    DDAY.it: Ma come è possibile, addirittura con picchi del 100% di crescita rispetto all’anno scorso?Labrousse: “In settimana 42 abbiamo riposizionato i prezzi dell’OLED e abbiamo attivato ulteriori attività

    sul mercato e la risposta è stata immediata. La stes-

    sa cosa sta accadendo nel segmento dei 60 pollici e

    oltre.”

    DDAY.it: OK, ma Sony cosa rappresenta oggi nel mer-cato degli OLED?Labrousse: “Se volessimo vedere i dati del 2017, da inizio anno, abbiamo una quota a pezzi di oltre l’8% e

    a valore del 13,5%, ma si tratta di un dato che a regime

    sarà ben più alto, visto che i nostri OLED sono arrivati a

    luglio. Nelle ultime settimane, dopo aver riposizionato i

    prezzi sia del 55 che del 65”, a valore rappresentiamo

    una market share tra il 25 e il 30%, pur mantenendo un

    prezzo medio più altro del mercato, il che dimostra la

    forza del brand Sony.”

    segue a pagina 06

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    DDAY.it: Sono numeri importanti che non possono essere sostenuti con una serie sola, la A1…Labrousse: “Assolutamente no. Io spero che la mia azienda espanda la propria gamma di prodotti OLED.

    Il prossimo futuro ce lo dirà: già a Las Vegas a gen-

    naio dovremmo saperne di più.”

    DDAY.it: È lecito quindi aspettarsi la presentazione di nuovi OLED Sony al CES?Labrousse: “In passato abbiamo sempre fatto così: nella prima stagione di una nuova tecnologia abbia-

    mo sempre presentato un modello ‘top’, sia come de-

    sign e tecnologia. Se il prodotto di esprime in un certo

    modo – ed è il caso dell’A1 che è un grande successo

    – solitamente l’anno successivo arrivano altri modelli

    a completamento della gamma. Questa deve essere

    la nostra strategia: spero di essere ascoltato.”

    DDAY.it: L’A1 ha un design sicuramente molto par-ticolare, ma in molti cercano un TV che abbia un layout più convenzionale…Labrousse: “L’A1 è unico in tutte le sue caratteristiche. Sicuramente aggiungere nuovi modelli ci potrà dare

    un’ulteriore spinta.”

    DDAY.it: Il successo dell’A1 riguarda soprattutto il 65”: nelle ultime settimane quasi un OLED su due venduti era Sony, con share tra il 40 e il 45%...Labrousse: “È vero, ma è più facile che un marchio come Sony, che ha un prezzo più alto del principale

    concorrente OLED, riesca a fare meglio sul modello

    più costoso. Ma io sono in realtà molto fiero del no-

    stro 18-20% a valore sui 55”: ben più difficile ottenere

    questo risultato con la concorrenza che su questo

    formato fa grandi promozioni di prezzo.”

    DDAY.it: Se il prezzo degli OLED dovesse limarsi verso il basso, come molti sperano, come si farà a garantire la coabitazione in gamma con alcuni LCD di prezzo medio-alto?Labrousse: “Il mercato non si può fare di solo OLED. L’LCD ha comunque le sue qualità, se non altro su

    polliciaggi diversi, visto che non comprano solo 55

    e 65 pollici. E comunque la tecnologia non si ferma

    mai e introdurrà nuovi valori, come abbiamo fatto con

    l’acoustic surface, il che sosterrà comunque i prezzi

    dei prodotti più innovativi, creando una continuità di

    gamma.”

    DDAY.it: Parliamo del 2018 senza l’Italia ai Mondiali: cosa accadrà al mercato dei TV?Labrousse: “Oggi, e anche l’anno prossimo, l’OLED, per prezzo, per le limitate disponibilità di prodotto e

    anche per le dimensioni schermo non può soddisfare

    che una piccola porzione del mercato. C’è comunque

    una necessità di continuare a raccontare gli LCD e

    le loro qualità, che per noi rappresentano comunque

    l’80% delle nostre vendite.”

    DDAY.it: Quali sono a suo avviso i punti di forza del-l’LCD?Labrousse: “Beh, sul fronte della luminosità l’LCD continua ad essere decisamente superiore all’OLED.

    Ma anche i vecchi ‘limiti’ come l’angolo di visione,

    sono largamente superati dai nuovi modelli, e anche

    su questo punto avremo delle novità l’anno prossimo.

    Siamo stati bravi a dire che OLED è qualcosa di nuo-

    vo, ma dire che OLED batte LCD è ancora tutto da

    vedere: oramai siamo arrivati a una stabilità e una

    maturità degli LCD incredibile, a un prezzo oramai

    decisamente accessibile. Quando vendo un TV da

    55” 4K a 1000 euro, che un prezzo irraggiungibile da

    un OLED, è ovviamente giusto e necessario dare al

    consumatore tutte le spiegazioni del caso, offrire alta

    qualità, design impeccabile, angolo di visione alto e

    neri profondi, lo stesso ambiente smart dell’OLED. In-

    somma, c’è ancora molto da dire sull’LCD e sarebbe

    un guaio se perdessimo l’abitudine a raccontarlo solo

    perché ora c’è l’OLED.”

    DDAY.it: Parliamo di switch off alla vigilia dell’ap-provazione della Finanziaria e dei relativi impegni 2020-2022: qual è il suo punto di vista?Labrousse: “Non lo so, io rimango molto pragmatico. Noi come fornitori dobbiamo essere pronti a comuni-

    care correttamente non appena avremo tutte le con-

    ferme del caso…”

    DDAY.it: Ma non sta mancando un po’ di coordina-mento, sul mercato. I consumatori ne parlano per-ché oramai la legge sta per essere approvata, ma forse c’è stata un po’ di carenza di comunicazione…Labrousse: “Io non vedo nessuna comunicazione, ed è una cosa abbastanza assurda. Io mi sarei aspettato

    delle attività da parte della autorità, perché l’impatto

    sul consumatore non è banale. Noi faremo la nostra

    parte, spiegando ai consumatori che, se non vorrà

    tornare al decoder, dovrà acquistare un nuovo TV e

    che quelli di oggi sono già perfettamente pronti. Ma

    chiedere agli utenti uno sforzo simile non è una cosa

    banale: ora, messa così, sembra una cosa che sbuca

    dal nulla, ma andava spiegata prima. Per il momento

    è una cosa che è rimasta circoscritta tra gli opera-

    tori.”

    DDAY.it: Se poi il mercato flette naturalmente, al momento dello switch off c’è il rischio che i TV da adeguare siano ancora più del previsto... Quanti TV si sono venduti nel 2017?Labrousse: “Noi speriamo di poter confermare i dati di previsione, che si attestano comunque in ribasso

    rispetto allo scorso anno, attorno a 4,1-4,2 milioni di

    pezzi. Certamente di questo passo, non ci sarà un ri-

    cambio totale per il 2022. Ma la cosa peggiore, a mio

    avviso, è che noi stiamo proponendo TV con poten-

    zialità inespresse come il 4K con un digitale terrestre

    che non ha neppure tutto in HD…”

    DDAY.it: Beh, se per quello, per vedere Sky in HD si pagano 6 euro al mese…Labrousse: “Non ha senso. Anche perché così indi-rettamente dai ragione a tutti i servizi di streaming

    che non aspettano nessuno e ti portano a casa via

    Internet sia il Full HD che il 4K a un costo ragionevole.

    In questo momento, il rischio è che passi al consuma-

    tore il messaggio che il digitale terrestre alla fine non

    serve più, perché tanto non ti offre quello che arriva

    via Internet, in termini di qualità e risoluzione. Non è

    una cosa bella.”

    DDAY.it: In questa ritorno alla crescita di Sony nel mercato TV, i prossimi cinque punti percentuali di quota a chi pensa di sottrarli?Labrousse: “Direi un paio di punti agli ‘altri’, ovverosia quelli che hanno quote inferiori alla nostra. Il resto va

    preso per forza ai coreani, direi metà da Samsung,

    sugli LCD, e metà da LG, sugli OLED.”

    DDAY.it: Veniamo al digital imaging: avete seria-mente l’ambizione di diventare primi sulle full frame solo con le mirrorless?Labrousse: “In Italia siamo un po’ indietro perché le mirrorless hanno tardato ad affermarsi, anche se

    stiamo crescendo velocemente, ma in altri Paesi in

    Europa l’obiettivo è già stato raggiunto. Negli ultimi

    mesi oltre un terzo del mercato delle fotocamere a

    ottiche intercambiabili sono state mirrorless. Il nostro

    obiettivo per l’Italia era arrivare almeno al 25% delle

    Full Frame, target che abbiano toccato con mano:

    grazie anche al successo della A9, siamo arrivati a

    superare nelle Full Frame il nostro obiettivo e a oc-

    cupare sia a luglio che a settembre il secondo posto

    del mercato. Adesso con la A7rIII in gamma possiamo

    solo fare meglio. Siamo molto soddisfatti di questo

    risultato, perché per arrivare fino a qui ci sono voluti

    dieci anni.”

    MRCATO

    Intervista a Stéphane Labrousse (Sony)segue Da pagina 05

    segue a pagina 07

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    DDAY.it: OK, ma la prima posizione che vorreste raggiungere dista ancora più di 10 punti percentuali: come pensate di recuperarli?Labrousse: “Con la qualità dei prodotti e con la scelta dei giusti canali. Per esempio, noi abbiamo deciso di

    scommettere, soprattutto per le macchine di fascia

    alta, anche sui negozi specializzati, che in molti da-

    vano per morti. Invece questi negozi sono tornati a

    crescere sulle mirrorless e anzi è il canale che cresce

    di più e che vende circa il 50% degli apparecchi.”

    DDAY.it: Nelle cuffie, invece, che è il terzo obiettivo, siete già numero uno…Labrousse: “Sì, con una quota intorno al 21,5% a pezzi e al 17% a valore. Ma, come si evince anche dal fatto

    che siamo più forti a pezzi che a valore, dobbiamo

    migliorare sui segmenti a prezzo più alto. Abbiamo

    identificato tre segmenti sui quali vogliamo migliora-

    re molto le nostre quote. Il primo è quello che cuffie

    Bluetooth da più di 250 euro, generalmente a can-

    cellazione di rumore: qui stiamo già crescendo con

    la prima 1000X e ora con i tre nuovi modelli della

    serie più importante per noi, un segmento sul quale

    continueremo ad innovare. Un secondo mercato im-

    portante è quello delle cuffie sportive, nel quale ab-

    biamo raddoppiato la nostra quota nell’ultimo anno e

    nel quale cresceremo ancora. Dove invece dobbiamo

    impegnarci per fare meglio è il mercato Bluetooth in

    generale, che ricomprende anche i modelli entry level

    e gli auricolari di derivazione più telefonica: volevamo

    crescere anche qui ma per il momento abbiamo accu-

    sato l’aggressività di alcuni concorrenti.”

    DDAY.it: Ma Sony Italia, tutta intera, come va?Labrousse: “Bene, in crescita abbastanza importante,

    a doppia cifra. Per essere onesti si tratta di una cre-

    scita che almeno parzialmente sconta il fatto che nel

    primo semestre dell’anno scorso abbiamo vissuto la

    crisi di Kumamoto (il terremoto che a metà aprile 2016

    ha devastato la zona in cui sorge la fabbrica di senso-

    ri di Sony, bloccando per mesi la produzione e portan-

    do all’azzeramento delle scorte di fotocamere, ndr).

    E pensare che stiamo crescendo bene in un mercato

    in contrazione. Se il mercato recuperasse un po’ di

    smalto, potremmo davvero realizzare dei risultati sto-

    rici. Ogni tanto mi piacerebbe essere in Germania…”

    DDAY.it: Perché in Germania le cose vanno bene?Labrousse: “Sì, è un’isola felice in Europa. Gli altri Paesi soffrono un po’ tutti degli stessi nostri mali, per

    motivi diversi, chi per il mercato, chi per la Brexit, chi

    perché ha fatto lo switch off l’anno scorso. In Germa-

    nia, il mercato cresce, il prezzo medio cresce, i con-

    sumatori sono contenti. Vorrei che fosse così anche

    da noi.”

    MRCATO

    Intervista a Stephane Labrousse (Sony)segue Da pagina 06

    MERCATO È uscito il rapporto di ITMedia Consulting che delinea il quadro presente e futuro del panorama televisivo italiano

    TV italiana: Pay TV avanti tutta. Internet e Sky protagonisti Nel 2017 la Pay TV ha fruttato più introiti della pubblicità, ma nei prossimi anni le internet TV sono destinate ad affermarsi

    di Matteo SERVADIO

    L a TV italiana è sull’orlo di un gran-de processo di cambiamento che di qui ai prossimi anni potrebbe non solo riportarne i ricavi ai livelli

    pre-crisi, ma che causerà un profondo

    mutamento delle forze in gioco e delle

    modalità di fruizione predominanti. È

    fondamentalmente questo il messag-

    gio che ci viene restituito dal nuovo rapporto di ITMedia Consulting sullo stato del mercato televisivo italiano di

    oggi e dei prossimi due anni.

    A spiccare è soprattutto il sorpasso dei

    ricavi della Pay TV su quelli pubblicitari,

    che vengono scavalcati dopo anni in

    cui le due voci sono state sostanzial-

    mente testa a testa. È un +2,6% di ricavi

    per la TV a pagamento contro il +0,7%

    dell’antagonista nel 2017 che diventa

    significativo soprattutto perché darà il

    via ad un trend analogo nel prossimo

    futuro. Nel 2017 i ricavi da Pay hanno

    infatti raggiunto il 40% del totale e al-

    meno fino al 2019 questa modalità con-

    tinuerà a battere una crescita media

    del 4,6% (un tasso medio di 2,7% per

    la pubblicità), generando il 41% delle

    risorse complessive, contro il 39% della

    pubblicità.

    Sono numeri che emergono al di sopra

    di una situazione generale del mercato

    televisivo nostrano comunque negati-

    va rispetto al biennio precedente, che

    aveva visto un +5,4% nel 2016. Di con-

    tro il 2017 chiuderà con un -1,1% in cui

    cala, più che Pay TV e pubblicità, che

    insieme fanno segnare +1,6% di ricavi,

    il canone Rai che è diminuito da 100 a

    90 euro in bolletta e con esso la quota

    dell’extra gettito a favore dell’emitten-

    te pubblica. Tutto questo contribuirà a

    rendere il 2017 un anno di assestamen-

    to, nonché di transizione fra la ripresa

    dei due anni passati e la nuova crescita

    che il mercato TV italiano conoscerà

    nel prossimo biennio. Secondo ITMe-

    dia Consulting infatti entro il 2019 il

    settore arriverà a valere 8,4 miliardi di

    euro (sono 8,1 nel 2017), con un +3%

    medio l’anno e “avvicinandosi così ai

    livelli pre crisi del 2010.”

    In particolare Augusto Preta, direttore

    generale ITMedia Consulting, ha di-

    chiarato quanto segue: “questo è un

    anno di assestamento che però por-

    terà il settore a crescere ancora. Sarà

    comunque una crescita selettiva, non

    riguarderà tutti indistintamente.”

    L’affermazione delle Internet TV e il dominio di SkyDi qui al 2019 quindi il mercato TV ita-

    liano muterà non poco per arrivare a

    costruire le basi di un nuovo ordine fu-

    turo in cui cambiano le modalità di frui-

    zione degli spettatori e la spartizione

    delle risorse. È vero, ad oggi la piatta-

    forma principale di consumo televisivo

    resta il digitale terrestre e nel rapporto

    di ITMedia sarà così anche per i pros-

    simi due anni, ma la quota è destinata

    a diminuire dal 61% attuale al 55% del

    2019, e parliamo di utenti che guardano

    la TV su una determinata piattaforma

    in modo prioritario rispetto alle altre.

    Stabile il satellite che avrà un picco di

    incremento dal 30 al 31%, mentre salta

    fuori di prepotenza la broadband TV

    che aumenterà dal 9% al 14%.

    Se poi si va ad osservare lo stato delle

    TV a pagamento in termini di utenza,

    si scopre che già oggi le internet TV si

    trovano alla pari con la Pay sul digitale

    terrestre (Mediaset Premium); entrambe

    con una quota del 25%. Se Sky (50%)

    resta e resterà la forza predominante in

    questo senso, nel 2019 le piattaforme

    in streaming sorpasseranno e allun-

    gheranno sulla Pay TV terrestre con un

    34% degli utenti contro il 20%.

    Questo importante dato, unito al calo

    del satellitare fino al 46%, ci restituisce

    un segmento internet TV che arriverà

    ad affermarsi in modo più deciso sul

    nostro mercato televisivo.

    Un mercato che resterà saldamente

    nelle mani di Sky che, secondo il report

    di ITMedia, aumenterà la sua fetta di

    mercato dal 32% al 34% entro il 2019,

    mentre Rai e Mediaset dovrebbero po-

    sizionarsi sotto con il 28%.

    Si delinea così nel complesso un qua-

    dro di interessante spostamento delle

    forze in gioco. Quantomeno una prima

    fase di redistribuzione degli equilibri

    nel nostro panorama televisivo, che fi-

    nisce inevitabilmente per muoversi ver-

    so una crescita di quelle nuove moda-

    lità di fruizione spesso più flessibili per

    gli utenti-spettatori, sempre più padro-

    ni delle proprie scelte nella visione di

    contenuti televisivi e cinematografici.

    http://www.dday.it/redazione/25060/presente-e-futuro-della-tv-italiana-pay-tv-avanti-tutta-internet-tv-e-sky-protagonistihttp://www.itmedia-consulting.com/it/documenti/comunicati/148-2017/1173-il-mercato-televisivo-in-italia-2017-2019-il-rapporto-itmedia-consulting-su-italia-oggi.htmlhttp://www.itmedia-consulting.com/it/documenti/comunicati/148-2017/1173-il-mercato-televisivo-in-italia-2017-2019-il-rapporto-itmedia-consulting-su-italia-oggi.html

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di Gianfranco GIARDINA

    H uawei cerca di impostare una strategia europea di negozi monomarca partendo dall’Italia (la na-zione, fuori dalla Cina, in cui è più forte) e da Mila-no in particolare, all’interno dello Shopping District del

    quartiere CityLife. Infatti ha aperto da qualche giorno

    il primo negozio Huawei in Italia (ed anche in Europa);

    anzi, come lo chiama l’azienda, il primo “Experience

    Store”. “Experience” proprio perché tutto è improntato,

    oltre che alla possibilità di acquisto dei prodotti (che è

    posta in secondo piano) alla vera e propria sperimen-

    tazione. Un negozio cosiddetto “flagship” perché di

    assoluto riferimento per il brand. In Cina non mancano

    i negozi Huawei (ce ne sono molte centinaia) ma nes-

    suno ha un format così inconsueto ed esperienziale,

    almeno per le abitudini della Cina che è separata dagli

    hipster della Silicon Valley da un intero oceano. Il ne-

    gozio è molto elegante e denso di tecnologie, anche

    se ben integrate in un ambiente chiaro e piacevole:

    a partire da tutta la parete di fondo, costituita da un

    gigantesco LEDwall che arreda e crea scenari sem-

    pre mutevoli. Molto belli anche i tavoli, con un display

    per caratteristiche e prezzo e con tutta la cavetteria

    integrata nel vetro.

    Dal caffè alla risoluzione dei problemi il passo è breveMa al di là della bella situazione espositiva, sono validi

    i servizi che il negozio offre: innanzitutto la possibilità

    di usufruire gratuitamente della consulenza di un tec-

    nico, con appuntamento da fissare in negozio o co-

    modamente da Web; appuntamenti con un’impronta

    tutta italiana: si parte con un caffè (se lo si desidera,

    ovviamente) servito in tazza personalizzata Huawei,

    con grafiche con il classico “petalo” del logo del

    marchio. La consulenza offerta va dal supporto nella

    scelta di acquisto, all’assistenza alla configurazione

    e installazione software, all’ottimizzazione delle pre-

    stazioni fino alla temutissima (da molti utenti) corretta

    MERCATO Huawei in scia ad Apple: sposa Milano e apre allo Shopping District di CityLife (nella zona della vecchia Fiera)

    Huawei ha aperto a Milano l’Experience Store È il primo negozio monomarca in tutta Europa Punti di forza i corsi gratuiti di tutti i tipi e la consulenza su appuntamento. Come in Apple Store, ma più “caldo” e vivo

    configurazione degli account di posta.

    Gli esperti in negozio sono riconoscibili non solo dalla

    classica maglietta ma anche dal pannello digitale di

    presentazione dello staff al lavoro in quel momento,

    che è posizionato all’ingresso del negozio.

    Volendo ci si può preparare anche da casa: sul sito

    del negozio, ci sono tutti i collaboratori con tanto di

    nome e incarico.

    Serigirafare lo smartphone in 10 minutiC’è poi anche la possibilità di vestire il proprio prodot-

    to Huawei (anche non comperato in questo store) con

    una classica custodia serigrafata in maniera persona-

    lizzata, o, in maniera più originale, con una stampa

    direttamente sulla scocca posteriore di smartphone

    o tablet.

    La decorazione può essere scelta da una libreria o

    caricata direttamente dal device, con l’aggiunta di

    eventuali scritte da impostare direttamente da un

    grande touch screen; il disegno può essere ulterior-

    mente impreziosito con un layer trasparente in rilievo

    per dare un tocco in più, rendere la superficie “tattile”

    e migliorare anche il grip della presa.

    I costi della decorazione (in negozio si chiamano “ta-

    too”) sono decisamente abbordabili per una stampa

    di tipo così professionale: 10 euro sulla cover e 30

    euro sul device. Per la stampa ci vogliono 10 minuti e

    viene effettuata direttamente in negozio.

    Una creazione di Isabella Lazzini, ex AppleIl punto forte però sono i corsi gratuiti, dal tema molto

    vario, sempre prenotabili in negozio o online, con un

    fitto calendario che tocca praticamente tutti i giorni

    della settimana. Il negozio, peraltro, non fa giorno

    di riposo ed è aperto praticamente sempre dalle

    9 alle 21. A progettare, coordinare e ideare questo

    nuovo format, Isabella Lazzini, nominata recentemen-

    te Retail Director CBG Huawei Italia e proveniente

    I tavoli in vetro sui quali sono appoggiati i prodotti nascondono in maniera perfetta i cavi di alimenta-zione e dei display di identificazione del prodotto e del prezzo.

    Per realizzare la cover o la personalizzazione dello smartphone si procede in autonomia scegliendo tuti gli elementi grafici su un grande touch screen.

    segue a pagina 09

    http://www.dday.it/redazione/25088/huawei-experience-store-negozio-milano-citylifehttp://www.dday.it/redazione/25088/huawei-experience-store-negozio-milano-citylife

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    – guarda caso – da Apple, dove curava i rapporti con

    il canale distributivo: “C’è un bel clima in azienda, ho

    potuto lavorare liberamente – ci ha raccontato – nel

    creare un nuovo format che non c’è da nessuna altra

    parte del Mondo”. Il contrasto con il “dirigismo” cen-

    tralista di Apple è evidente. “Il risultato è però piaciu-

    to molto anche alla Casa Madre – continua Lazzini -:

    dalla Cina sono venuti molti top manager a vedere

    le soluzioni che abbiamo adottato e le hanno trovate

    molto promettenti”.

    Nei corsi (anche no-tech) il punto di forzaNon c’è dubbio che nell’Experience Store di Huawei

    ci siano elementi che sono stati ispirati dall’Apple

    Store, come per esempio la possibilità di fissare gli

    appuntamenti di consulenza tecnica con gli addetti

    specializzati e la possibilità di sperimentare e toccare

    con mano pressoché tutta la gamma. Ma è stato fatto

    un grande sforzo per andare oltre, malgrado gli spa-

    zi, almeno per ora, siano decisamente più contenuti

    del classico Apple Store: innanzitutto il panorama dei

    corsi è molto più ampio; in alcuni casi verrebbe anche

    da dire troppo, visto che si fatica a capire il nesso tra

    i prodotti Huawei e i corsi di lingua cinese, inglese

    e russa. Ma sicuramente, molti corsi che potremmo

    definire “laterali”, sono invece molto sinergici perché

    legati non tanto a risolvere i “grattacapi” che ogni

    tanto la tecnologia pone ma all’utilizzo applicato dei

    prodotti: istituire le sessioni di corsa e allenamen-

    to, che si tengono tra i vialetti di CityLife 7 giorni al

    mese, è veramente il modo migliore per far conosce-

    re la Band 2 Pro; i corsi di fotografia, di disegno, di

    produzione musicale sono interessanti non solo per

    i “geek”, che tendono a vedere la tecnologia come

    fine, ma anche per gli un pubblico più variegato, che

    vive l’hi-tech semplicemente come un mezzo per col-

    tivare le proprie passioni “tradizionali”. Non mancano

    alcuni dettaglio che definiremmo “tecno radical chic”

    che finiscono per rendere la situazione un po’ troppo

    barocca, ipercomunicativa. Come per esempio lo zer-

    bino di ingresso che recupera energia al passaggio

    dei clienti grazie alla forza del calpestio: curioso ma

    decisamente effimero, dato che dubitiamo che l’ener-

    gia recuperata in un anno arrivi al chilovattora.

    L’unico vero limite, piuttosto, ci pare lo spazio, che non

    garantisce grandi margini di crescita: se i corsi gratuiti,

    come riteniamo, dovessero avere successo, inevita-

    bilmente le attese per uno slot libero diventerebbero

    lunghe, visto che i gruppi di discenti sono di circa 10

    persone. A quel punto uno spostamento in uno spazio

    più generoso diventerebbe una necessità, ma vorreb-

    be anche dire che il format ha colto nel segno.

    Gli appassionati del marchio di passaggio da Milano o

    anche solo i curiosi e gli amanti della tecnologia, non

    dovrebbero farsi scappare un giro da questo Expe-

    rience Store di Huawei. Con la speranza che il format

    venga presto replicato in altre città, in modo da poter

    accontentare il maggior numero di utenti anche lonta-

    no dalla Madonnina.

    MRCATO

    Huawei apre a Milano l’Experience Storesegue Da pagina 08

    MERCATO Ci aspettiamo diversi milioni di euro nelle casse dell’Erario italiano ma le cose potrebbero andare diversamente

    Facebook, addio Irlanda: pagherà le tasse dove genera ricaviC’è attesa per conoscere il comportamento degli altri big del web, ora sotto i riflettori a causa della decisione di Facebook

    di Alessandro CUCCA

    Tutto è confermato da un comuni-cato stampa ufficiale rilasciato da Facebook sul suo sito web. La svolta sta nella decisione di Facebook

    di passare velocemente a strutture

    di vendita locali in quei Paesi dove è

    presente un ufficio che vende e dà

    supporto agli inserzionisti del posto.

    Quindi, quando il passaggio sarà com-

    pletato entro la prima metà del 2019,

    i ricavi pubblicitari realizzati dai team

    locali di Facebook (Italia compresa)

    non saranno più contabilizzati esclu-

    sivamente a Dublino, ma dalla società

    presente in quel paese, e lì pagate le

    relative tasse.

    Dave Wehner, direttore finanziario Fa-

    cebook, dichiara che questa decisione

    va incontro alle richieste di maggiore

    visibilità da parte dei governi locali, sta

    di fatto che arriva con un utile tempi-

    smo, all’indomani delle dichiarazioni

    di Margrethe Vestager, Commissaria

    europea alla concorrenza. La Vestager,

    in un suo intervento fatto proprio alla

    Bocconi di Milano, chiedeva la rapida

    introduzione del country-by-country

    reporting, ovvero una normativa che

    obbligasse le multinazionali a pubbli-

    care quante tasse pagano in ciascun

    Paese.

    Un altro stimolo potrebbe essere arri-

    vato anche dal recente accordo che ha

    visto Apple cedere al pagamento di 13

    miliardi di dollari al governo di Dubli-

    no. Gli uffici da “convertire” nel mondo

    sono circa 30, e il passaggio inizierà

    presto nei primi mesi del 2018 per con-

    cludersi entro metà 2019. Anche l’Italia

    sarà ovviamente coinvolta e per noi il

    passaggio si dovrebbe concludere en-

    tro l’estate del 2018. Da quel momento

    i ricavi contabilizzati nel nostro Paese

    saranno dunque soggetti alla nostra fi-

    scalità, e dopo il necessario tempo per

    organizzarsi e adeguarsi alle nostre

    leggi, potrebbero iniziare a fluire nelle

    casse del nostro erario diversi milioni

    di euro che fino a ieri erano destinati

    al governo Irlandese. Il nostro ministe-

    ro dell’economia si è dichiarato ovvia-

    mente soddisfatto e ritiene che “si tratti

    di un cambiamento importante che va

    nella direzione giusta: assicurare che i

    redditi siano dichiarati e tassati dove

    vengono prodotti’’. Ai nostri politici va

    riconosciuto il merito di aver portato

    all’attenzione dell’Europa questo argo-

    mento già diverso tempo fa, in sede di

    G20 e G7 passati, quando venne fatta

    non poca pressione perché venissero

    prese opportune decisioni in merito.

    Parlando di numeri si stima che a fronte

    di circa 7,5 milioni di servizi venduti in

    Italia nel 2015, Facebook abbia versa-

    to da noi poco più di 200 mila euro di

    tasse. Con il nuovo sistema Facebook

    pagherà le tasse in Italia per i servizi

    qui venduti, ma trattandosi di tasse ba-

    sate sugli utili, rischiamo di non vedere

    i arrivare i versamenti sperati.

    Gli esperti temono che Facebook pos-

    sa applicare il metodo del transfer pri-

    cing in modo da fare aumentare i costi

    dei prodotti italiani riducendo gli utili,

    da cui le tasse. Tutto è ancora da vede-

    re quindi, per capire come si organiz-

    zeranno gli attori in campo; parimenti

    c’è attesa per conoscere le mosse

    degli altri big del web ora che il faro è

    stato puntato.

    Lo zerbino a recupero di energia: carino ma forse troppo “propagandistico”...

    http://www.dday.it/redazione/25081/facebook-addio-irlanda-paghera-le-tasse-dove-genera-ricavi-anche-in-italiahttps://newsroom.fb.com/news/2017/12/moving-to-a-local-selling-model/https://newsroom.fb.com/news/2017/12/moving-to-a-local-selling-model/

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di Roberto PEZZALI

    Quando si guarda lil TV non esiste il rosso che pia-ce di più o piace di meno. Esiste un rosso, ed è il rosso che il regista e il direttore della fotografia hanno pensato per una determinata scena. Per rendere

    possibile tutto questo c’è una figura professionale che,

    partendo da un filmato registrato da una videocamera,

    deve ricreare lo stesso rosso per ogni scena, una figu-

    ra professionale chiamata colorist. Netflix ci ha portato

    dietro le quinte di una produzione in Dolby Vision per

    capire quali sono i passaggi necessari per portare sulla

    piattaforma di streaming contenuti HDR certificati da

    Dolby. Abbiamo visto, in tempo reale, come funziona

    quel processo denominato “grading” e come vengono

    creati i contenuti a dinamica estesa che finiscono sulla

    piattaforma di streaming partendo dai vari master.

    Dell’HDR abbiamo già parlato tanto, ma sostanzialmen-

    te tutto si potrebbe riassumere nell’immagine a qui

    sotto. Il concetto è semplice: i televisori e tutto il flusso

    di lavorazione di un contenuto video sono stati fino ad

    oggi un collo di bottiglia. La videocamera, infatti, ha ri-

    preso molto di più ma parte del contenuto registrato

    sul master viene perso in fase di lavorazione proprio

    per rendere quei contenuti visibili su TV che hanno una

    dinamica meno ampia.

    La prima cosa da considerare è che non esiste una vi-

    deocamera o una ripresa in HDR: oggi quasi tutti i film

    girati in digitale vengono realizzati con videocamere

    che dispongono di una gamma dinamica elevatissima

    (oltre 16 stop di dinamica) e ogni master diventa quin-

    di un ottimo materiale di partenza per creare un vero

    master dinamica estesa. Perché l’HDR è questo: un

    sistema studiato per fare in modo che la dinamica di

    una scena catturata dalla videocamera, elevatissima,

    sia fruibile anche su un televisore. Fino ad oggi questa

    dinamica veniva compressa proprio perché i TV non

    erano in grado di visualizzare tutti i dettagli, ora con i

    TV HDR cambia la musica.

    Con un segnale di tipo HDR un colorist si diverte molto

    ENTERTAINMENT Abbiamo seguito un colorist durante una sezione di grading dei contenuti Dolby Vision destinati a Netflix

    Netflix dietro le quinte: scopriamo come nasce un contenuto realizzato in HDR Dolby VisionNetflix ci ha portato dietro le quinte di una produzione in Dolby Vision, ecco come vengono realizzati i master dei contenuti

    di più: se prima doveva preoccuparsi a cosa “togliere”

    ora ha un enorme spazio di manovra, può giocare con

    livelli e luminosità sapendo che il contenuto finirà su un

    televisore capace di mostrare le scene come lui stesso

    le vede davanti al suo monitor di riferimento.

    Fino ad oggi, ci spiegano i responsabili di Dolby e Net-

    flix, tutti i master per lo streaming e per l’home video

    sono stati realizzati ipotizzando come schermo un te-

    levisore capace al massimo di gestire 100 nits, ovvero

    100 candele al metro quadro. Questa è infatti la lumi-

    nosità tipica di un TV non HDR, un limite che il colorist

    deve tenere bene in considerazione: tutti gli elementi

    della scena con un livello di luminosità superiore devo-

    no essere portati ad un livello più basso altrimenti per

    evitare zone scure prive di dettaglio o zone luminose

    totalmente bruciate. Con l’HDR cambia tutto: non è più

    necessario abbassare i livelli perché il TV riesce a mo-

    strare chiaramente dettagli oltre i 100 nits. Davanti ad

    una fiamma intensa, o ad una forte luce, l’occhio riesce

    anche a percepire differenze e sfumature anche se la

    luminosità tocca i 500 o gli 800 nits. Quando si parla

    di luminosità non ci riferiamo solo al bianco ma a tutti

    i colori: luci LED o neon stile “Las Vegas”, alcuni livelli

    di rosso e certe tinte fino ad oggi non potevano essere

    usate dai colorist perché i TV non erano in grado di

    visualizzarle. Ora si può e a giocare con questi “nuovi”

    colori è il colorist.

    Davanti alla sua console, e con una serie di clip di riferi-

    mento, il colorist di Dolby al servizio di Netflix ci mostra

    come cambia con poche impostazioni una scena. De-

    cide quasi tutto lui, ha una traccia da seguire decisa dal

    direttore della fotografia e dal regista ma per la mag-

    gior parte delle scene ha una piena libertà. Decide lui

    quanto spingere in determinate scene, come rendere

    un tramonto o quanto far brillare un fuoco, e con i con-

    trolli a disposizione può davvero fare magia. La dina-

    mica e le informazioni presenti nel master di partenza

    sono talmente tanti che addirittura si può trasformare

    una scena girata in pian luce in una sequenza notturna,

    facendo risaltare le luci e mantenendo tutti i dettagli

    nelle ombre.

    Master a 1000 nits, a 4000 nits e a 10000 nits: cosa vuol dire?Il colorist, seduto di fronte alla sua una console, ci rac-

    conta i vari passaggi di intervento sulla scena e con il

    mouse ci mostra il “suo” potere immenso: basta variare

    un selettore per spingere il segnale a livelli di luminosità

    elevatissima, cambiando radicalmente l’impatto di una

    luce. Quanto devono abbagliare i fari di una automobile

    o il sole ci chiede? Vorremmo rispondere di alzare al

    massimo, perché il sole deve abbagliare, ma sappiamo

    che è una domanda tranello. Ogni modifica fatta al se-

    gnale è subordinata ovviamente al controllo: il risultato

    di ogni intervento viene visualizzato su un monitor di

    riferimento che, oltre ad essere perfettamente calibra-

    to, deve essere in grado di rappresentare esattamen-

    te il segnale che il colorist sta gestendo in tutta la sua

    dinamica. Questo vuol dire che volendo si potrebbe

    spingere l’intensità del sole a 10.000 nits, un livello di lu-

    minosità elevatissimo, ma se prende questa decisione

    il colorist deve poter vedere a schermo cosa succede

    all’intera scena quando spinge la luminosità così in alto.

    Oggi purtroppo non può farlo, perché il miglior referen-

    ce monitor per il grading di contenuti HDR è il Dolby

    Pulsar, un mostro da 4000 nits che non è nemmeno in

    vendita. Il Pulsar viene dato da Dolby solo ad una serie

    In questa scena l’HDR riesce a spingere le luci senza però toccare il livello di nero che resta molto basso.

    segue a pagina 11

    http://www.dday.it/redazione/25037/netflix-dolby-visionhttp://www.dday.it/redazione/25037/netflix-dolby-vision

  • torna al sommario 11

    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di studi di Hollywood specializzati nella color correction

    e nel mastering di contenuti HDR, e senza un monitor

    di questo tipo non è possibile masterizzare contenuti

    HDR a 4000 nits, figuriamoci andare oltre. Si deve te-

    nere un livello di riferimento più basso, ed è quello che

    fanno un po’ tutti.

    Nella sessione alla quale abbiamo assistito il colorist ha

    usato monitor Sony OLED BVM X 300, schermi 4K da

    30” di incredibile qualità dotati di una luminosità di pic-

    co di 1000 nits. I monitor OLED Sony sono i reference

    display più diffusi al mondo per il grading HDR e que-

    sto vuole dire che il 90% dei contenuti video HDR che

    vediamo su Netflix è stato masterizzato tenendo come

    riferimento 1000 nits. Questo non rappresenta un pro-

    blema, perché come non esistono monitor professio-

    nali capaci di arrivare a certi livelli di luminosità non

    esistono neppure televisori consumer capaci di rag-

    giungere determinate prestazioni. Anzi, nel campo dei

    TV, come dei fanno notare i tecnici, c’è pure un proble-

    ma legato ai consumi: secondo le regolamentazioni eu-

    ropee e americane un TV a seconda della dimensione

    dello schermo deve rispettare certi livelli di consumo e

    l’HDR, che richiede un aumento di luminosità, ha come

    diretta conseguenza anche un aumento dei consumi. I

    produttori per rispettare le normative hanno integrato

    nei TV un circuito denominato Automatic Brightness

    Limiting (ABL) che gestisce il rapporto tra consumo e

    luminosità di picco che un TV può generare. Un televi-

    sore Samsung HDR, che ha una luminosità di picco che

    tocca i 1000 nits, può arrivare a tale livello solo su una

    finestra molto piccola: se la stessa luminosità venisse

    richiesta a tutto il pannello, una schermata totalmen-

    te bianca a 1000 nits, il sistema Automatic Brightness

    Limiting (ABL) interverrebbe abbassando la luminosità

    globale. Il colorist deve quindi tener conto anche del

    possibile intervento dell’ABL: non può esagerare nelle

    scene con la luminosità perché l’intervento del circuito,

    con relativo taglio della luminosità, renderebbe vano

    il suo lavoro. Questo è il motivo principale per cui non

    esistono film HDR con scene super luminose, ma solo

    film dove alcuni dettagli della scena raggiungono lumi-

    nosità elevate: esagerando con la luce il TV limitereb-

    be la luminosità.

    Il master Dolby Vision Prima l’HDR, poi la versione standardNetflix, da sempre pioniere nel campo delle nuove

    tecnologie, ha subito abbracciato ogni formato HDR

    incluso il Dolby Vision. I formati HDR come sappiamo

    sono tre: l’HDR10, l’HLG e il Dolby Vision, ma Netflix

    gestisce solo HDR10 e Dolby Vision perché l’HLG è de-

    dicato alle trasmissioni Live che non sono parte della

    piattaforma. La scelta di Netflix di appoggiare entrambi

    i formati è dovuta principalmente ai vantaggi che il Dol-

    by Vision ha rispetto all’HDR10, ovvero la possibilità di

    gestire con uno stesso segnali diversi livelli di “qualità”,

    anche se è improprio chiamarla così.

    Per realizzare una serie TV in Dolby Vision gli studi

    che lavorano per Netflix partono e lavorano esclusi-

    vamente sulla versione HDR. Prima viene realizzata la

    versione a dinamica estesa, poi basta premere un tasto

    per far partire una analisi della scena automatica dove

    tramite un algoritmo il software provvede a generare

    in autonomia la versione a dinamica standard, pensata

    per TV con spazio colore ridotto (Rec.709) e 100 nits

    di luminosità.

    Il sistema di grading a disposizione del colorist preve-

    de una console di gestione, un processore Dolby che

    funziona in modo simile al chip che Dolby inserisce nei

    TV predisposti, un monitor di riferimento per l’HDR e un

    monitor di riferimento per il segnale non HDR. Il colorist

    lavora esclusivamente sul segnale HDR e può farlo a

    diversi livelli: può decidere di lavorare a 400 nits, poi

    a 600 nits e infine a 1000 nits, stabilendo per ogni li-

    vello una serie di parametri che vengono memorizzati

    nei metadati. Alla lavorazione dei vari livelli HDR segue

    l’analisi del contenuto con esportazione della versione

    a dinamica standard: anche se il target è l’HDR, la ver-

    sione a dinamica standard deve comunque soddisfare

    perché sarà quella che poi viene vista dal numero mag-

    gior di persone. A volte questo processo, che è fatto in

    automatico dal software, non porta il risultato sperato:

    in questo caso il colorist torna a lavorare sulla versione

    HDR delle scene che non lo hanno soddisfatto al fine di

    trovare un buon bilanciamento che possa andare bene

    per entrambe le modalità di visualizzazione.

    A processo completato il master, insieme ai metadati

    necessari per il Dolby Vision, vengono dati a Netflix

    che li carica sulla piattaforma. A seconda del tipo di

    contenuto e dell’azienda che ha fatto il grading del film

    o della serie TV potrebbero esserci più livelli di Dol-

    by Vision sfruttabili. Lo studio, a seconda del budget

    o della difficoltà, può infatti decidere di quanti livelli

    di master HDR realizzare. Qualcuno potrebbe fornire

    i metadati “magici” a 100 nits e a 2000 nits, prendendo

    gli estremi, qualcun altro potrebbe decidere di fornire

    anche una versione intermedia a 600 nits e una a 1000

    nits. Più versioni ci sono è meglio è, perché il TV cer-

    tificato Dolby Vision usa come riferimento quella più

    vicina alla luminosità per la quale è stato certificato.

    Un TV OLED LG, con Dolby Vision, ha una luminosità

    di picco di 750 nits: con una serie TV Netflix maste-

    rizzata a 2000 nits e a 100 nits il TV LG prenderebbe

    i metadati del master a 100 nits come riferimento, ma

    se ci fossero disponibili anche quelli a 600 nits e quelli

    a 1000 nits diventerebbero loro il riferimento offrendo

    una esperienza di visione più precisa ed appagante.

    Questa possibilità di scalare di qualità a seconda del

    TV è la caratteristica del Dolby Vision che più piace a

    Netflix; l’utente, purtroppo, non ha modo di sapere in

    che modo e a che livelli sono stati realizzati i master dei

    vari contenuti, ma chi ha una buona TV e un occhio al-

    lenato non ci metterà molto ad accorgersi di quali sono

    i film o le serie con una resa HDR migliore e più coinvol-

    gente. I dirigenti di Dolby e Netflix (qui l’intervista che

    abbiamo fatto) sono consapevoli che come ci sono sul

    mercato ottimi TV HDR ci sono anche modesti TV HDR,

    ma credono che grazie alla flessibilità del Dolby Vision

    sia possibile offrire una immagine migliore anche su

    un TV che ha una luminosità di picco non troppo alta.

    Non sarà mai una visione perfetta, ma il peggior HDR

    è comunque meglio di un contenuto non HDR. Netflix,

    proprio perché ormai la maggior parte delle produzio-

    ni sono girate in digitale con videocamere a dinamica

    estesa (Sony, RED, Arri), proporrà quasi tutte le nuove

    uscite in HDR. Un buon motivo per aggiornare il TV.

    La stessa immagine in SDR e HDR su due monitor di riferimento Sony.

    ENTERTAINMENT

    Come nasce un contenuto Dolby Visionsegue Da pagina 10

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di Roberto PEZZALI

    D olby Atmos e Dolby Vision sono le due tecnologie più promettenti in ambito audio video per i conte-nuti di prossima generazione. Netflix le adotta en-trambe, forte di una partnership con Dolby che dura da

    anni e che diventerà ancora più forte nei prossimi anni.

    Abbiamo intervistato Richard Smith, Senior Product Ma-

    nager, Partner Ecosystem di Netflix e Mathias Bendull,

    Vice President, Consumer Entertainment Group di Dol-

    by. Ecco i passi salienti.

    DDay.it: Ci avete fatto ascoltare una clip in Dolby At-mos e il risultato era ovviamente di altissimo livello. Come pensate di portare questa esperienza nelle case? Se contiamo i diffusori in questa stanza ce ne sono almeno sette, più un subwoofer probabilmente nascosto da qualche parte. Ma in casa...Mathias Bendull - Dolby: “Siamo partiti come Dolby con il surround e poi con il Dolby Digital 5.1, che richiedeva

    comunque cinque diffusori. Non sappiamo qual è la si-

    tuazione in Italia, ma se guardiamo agli Strati Uniti pos-

    siamo dire che almeno il 10% delle persone ha in casa

    un sistema 5.1. L’Atmos non è stato pensato per avvici-

    nare più persone all’audio multicanale, ma per offrire a

    chi ha già in casa un impianto home cinema un sistema

    che potesse migliorare ulteriormente i contenuti che

    sono abituati ad ascoltare. Chi vuole audio di qualità

    passa all’Atmos, chi non ha un sistema multicanale pro-

    babilmente non lo comprerà mai, neppure per ascoltare

    l’Atmos. Ci sono però le soundbar, noi crediamo molto in

    questo tipo di dispositivo. Sono facili da installare, com-

    patibili con piccoli ambienti e appartamenti e possono

    garantire un audio di gran lunga superiore a quello di

    un TV. Se guardiamo a quello che sta succedendo al

    mercato dei TV con gli OLED, sempre più sottili, vedia-

    mo un futuro roseo per le soundbar: i TV da appendere

    al muro saranno privi di diffusori integrati, servirà una

    soundbar esterna. Le TV, con i loro nuovi form factor,

    stanno cambiando il mercato dell’audio.”

    DDay.it: E’ un peccato però. Abbiamo vissuto negli scorsi anni un periodo d’oro per l’home cinema, dove in ogni negozio si dimostrava audio multicanale. Oggi nessuno lo propone più, eppure ci sono molti conte-nuti che meriterebbero un trattamento degno.Mathias Bendull - Dolby: “E’ vero, ma se guardiamo al

    ENTERTAINMENT Due executive di Netflix e Dolby ci spiegano come vogliono convincere gli utenti a provare nuovi formati audio-video

    Netflix: “Avevamo pensato di produrre un TV ma alla fine abbiamo deciso di scartare l’idea”Dalla Netflix TV al Dolby Vision sui TV Samsung, ne abbiamo parlato con Richard Smith (Netflix) e Mathias Bendull (Dolby)

    mercato dell’audio la crescita delle soundbar è stata

    drammaticamente più alta del declino dell’home cine-

    ma. Per la qualità audio è comunque un miglioramen-

    to”.

    DDay.it: L’HDR10 è gratis, il Dolby Vision si paga. Sam-sung, che è leader di mercato, non vi segue in questa avventura. Mathias Bendull - Dolby: “In realtà stiamo parlando con Samsung per convincerli a portare sui loro TV il Dolby

    Vision. Non ci sono ragioni tecniche per non averlo, è

    solo una questione strategica: Samsung ha fatto questa

    scelta e ci dobbiamo adeguare. Il fatto che promuovano

    l’HDR10 Plus come alternativa al Dolby Vision lo vedia-

    mo come un incentivo per lavorare duro e migliorare.

    Siamo convinti che è difficile per i consumatori capire

    che differenza c’è tra un formato e l’altro, ma dal nostro

    punto di vista è uno stimolo”.

    DDay.it: Però partite svantaggiati: uno si chiama HDR e richiama l’HDR, il vostro si chiama Dolby Vision, e senza conoscerlo nessuno direbbe che si tratta di un formato HDR. Netflix cosa pensa di questo doppio for-mato?Richard Smith - Netflix: “Come azienda di streaming vi-deo rispettiamo la competizione ma siamo consapevoli

    che ci troviamo davanti a discussioni tecniche non facili

    da capire, soprattutto per un consumatore. Crediamo

    tuttavia di essere stati bravi a evitare una sorta di guer-

    ra tra standard: non guardiamo al modello di TV o allo

    standard ma forniamo a ciascun consumatore la miglior

    resa possibile. Se un abbonato ha un TV Samsung gli

    forniamo un ottimo HDR, il migliore che può trovare, se

    ha un TV LG anche. Sarebbe meglio evitare questa con-

    fusione andando verso uno standard unico, ma noi non

    possiamo fare di più di quello che facciamo oggi: sem-

    plificare la vita agli utenti supportando ogni formato”.

    DDay.it: Non avete mai pensato di creare un TV o una soundbar firmati Netflix?Richard Smith - Netflix: “Ci abbiamo pensato molto tempo fa ma poi abbiamo scelto di non farlo. Avremmo il

    vantaggio di poter realizzare il TV perfetto per la nostra

    piattaforma ma ci sarebbero anche due controindica-

    zioni. Per prima cosa non sappiamo se la gente sarebbe

    interessata ad acquistare un TV Netflix o una soundbar

    Netflix, e inoltre non saremmo più partner di Samsung,

    LG e dei vari produttori ma loro competitor. Al momento

    ci troviamo bene in questo ruolo di partner: forse non è

    la situazione perfetta. ma per ora ci va bene così”.

    DDay.it: L’HDR è una grande tecnologia ma per goder-ne al meglio serve un TV di qualità. La vostra certifi-cazione “Raccomended Netflix TV” non considera la qualità.Richard Smith - Netflix: “E’ vero. Infatti quando abbia-mo deciso di puntare su 4K e HDR abbiamo pensato

    di puntare solo sui TV top di gamma perché eravamo

    convinti che solo con certi TV si potesse percepire la

    vera differenza tra un contenuto HDR e un contenuto

    standard. Poi i nostri partner ci han detto che non era

    una scelta troppo ragionevole perché il mercato è stra-

    tificato, e non sempre si deve dare il messaggio che se

    non si compra il prodotto più costoso non si ottiene il

    meglio. Bisogna comunque invogliare ad acquistare

    un TV più evoluto anche coloro che non hanno budget

    infinito”.

    DDay.it: Però dovete far capire ai consumatori che ma-gari quello che stanno guardando non è un vero Dolby Vision e quello che stanno ascoltando non è un vero Dolby Atmos.Mathias Bendull - Dolby: “Siamo convinti che un TV Dolby Vision anche di fascia bassa sia comunque me-

    glio di un TV non Dolby Vision. Come una soundbar At-

    mos è meglio di una soundbar normale”.

    Richard Smith - Netflix: “Se non si mostrano tecnologie che impressionano nessuno avrà voglia di investire per

    comprare un prodotto migliore. Ma crediamo che oggi,

    con la rotazione dei prodotti e le nuove tecnologie, se il

    TV non impressiona lo farà il prossimo modello. Perché

    se per acquistare un TV HDR da 1000 nits ora servono

    tanti soldi, tra un anno i TV da 1000 nits saranno pro-

    babilmente i modelli di fascia media. Tra due anni gli

    entry level”.

    http://www.dday.it/redazione/25039/netflix-avevamo-pensato-di-produrre-un-tv-ma-poi-abbiamo-scattato-lideahttp://www.dday.it/redazione/25039/netflix-avevamo-pensato-di-produrre-un-tv-ma-poi-abbiamo-scattato-lidea

  • www.audiogamma.it

    P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.

    P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.

    133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1

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    MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017

    di Roberto PEZZALI

    U n film a due facce, che potrebbe essere definito un capolavoro o l’ennesimo schiaffo a una Saga che ha fatto battere tanti cuori nel corso degli anni. Questo è Star Wars gli Ultimi Jedi, nei cinema da

    qualche giorno in tutta Italia e attesissimo da milioni di

    persone. Due facce, e due recensioni. Una vista con

    gli occhi da appassionati della Saga, da chi ha visto e

    rivisto i primi tre episodi centinaia di volte, da chi ha

    sofferto di fronte a quell’inutile personaggio dal nome

    di Jar Jar Binks e ha quasi abbandonato la sala quando

    durante Episodio 7 Kylo Ren si è tolto la maschera rive-

    lando una espressione da pesce lesso. Una vista con

    gli occhi di chi guarda al cinema moderno, riconosce il

    fatto che si tratta di un film Disney e che alla fine un film

    deve soprattutto divertire.

    Chi ama la trilogia uscirà dal cinema delusoAll’appassionato della Saga il nuovo Star Wars – Gli

    Ultimi Jedi non può piacere. Qualche sequenza go-

    dibile c’è, non manca qualche ricordo che riporta ai

    vecchi fasti del passato, ma sono troppi gli elementi

    che appaiono fuori posto. Il materiale su cui lavorare

    c’è, ma sembra quasi che Rian Johnson, sulla sedia del

    regista, sia stato costretto con una spada laser puntata

    alla gola a far combaciare tantissimi elementi che era

    impossibile tenere insieme. Dovevano esserci le vere

    battaglia di Star Wars, perché ogni film della Saga che

    si rispetti ha una battaglia memorabile, e il film parte

    proprio con una grandissima battaglia. Peccato che poi

    tenda un po’ a perdersi: non è difficile vedere all’inter-

    no di Episodio 8 il finale del Ritorno dello Jedi stirato

    temporalmente per farlo durare più di due ore, con tre

    storie parallele che si annodano in un finale che riesce

    comunque, e senza neppure esagerare con gli effetti

    speciali, a tenere incollati allo schermo.

    Il tema portante del nuovo episodio è “ricorda il passa-

    to e poi uccidilo”, ed è proprio Kylo Ren a dirlo Rey in

    uno dei momenti più delicati del film: “Uccidere il pas-

    sato è l’unico modo per diventare ciò che devi”. Il regi-

    sta cerca prima di conquistare il vecchio appassionato

    facendogli assaporare quello che ha amato dei vecchi

    episodi, ma poi allo stesso tempo gli fa anche capire

    che non potrà mai più riavere quello che Star Wars è

    stato, è tempo di cambiare. Le scene con Rey e Luke

    ENTERTAINMENT L’ultimo episodio di Star Wars mette in pista diverse novità ma taglia anche qualche filo con il passato

    Star Wars - Gli Ultimi Jedi, la nostra recensione L’appassionato lo detesterà, ma è un buon filmIl secondo capitolo della nuova trilogia è sicuramente meglio del precedente episodio. Ma ai puristi della Saga non piacerà

    Skywalker ricordano molto Luke e Yoda su Dagobah,

    quelle di Finn e della new entry Rose Tico rievocano

    Han Solo e Leila sul pianeta Endor, e di ricordi e legami

    con la prima Trilogia ce ne sarebbero ancora tanti. Dif-

    ficile entrare nei dettagli senza cadere nello spoiler, ma

    chi guarderà il nuovo film Disney non farà fatica a tro-

    varci elementi di Episodio 1 (la scena finale lascia capi-

    re di cosa parlerà il prossimo capitolo) e di Episodio 5.

    Negli Ultimi Jedi c’è tanto della vecchia saga, ma quel-

    lo che gli utenti si aspettavano erano idee nuove che

    non andassero a snaturare quella che è l’anima di Star

    Wars. Rogue One ci è riuscito, ma aveva la fortuna di

    essere un film libero da vincoli, Gli Ultimi Jedi fa decisa-

    mente più fatica. Se ci sono aspetti che convincono, ce

    ne s