Sistemi idraulici ipogei nell’area di Santa Sabina a Roma

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O PERA  I  POGEA 2 - 2007   43

Sistemi idraulici ipogei

nell’area di Santa Sabina

a Roma

 Leonardo Lombardi1 , Carlo Germani 2 , Valentina Livi 31 Geologo specializzato in idraulica antica - [email protected] 2 Centro Ricerche Sotterranee “Egeria”, Roma - [email protected] - www.egeriasotterranea.it 3 Archeologa - [email protected]

Premessa

L’Aventino si presenta come unacollina completamente isolata, diforma quadrangolare, circondatada incisioni vallive che la delimi-tano su tutti i lati: a nord la valledel Circo Massimo, sbocco al Te- vere della Valle Camena; a sud ead ovest la Valle del Tevere; ad estdue modeste valli, una diretta a

nord l’altra a sud, lungo l’attuale Viale Aventino, con spartiacque inuna zona a morfologia più elevatain corrispondenza di Piazza Alba-nia.

Riassunto

 Sotto la chiesa di Santa Sabina, in Roma, si estende una rete di cunicoli realizzati a partire dal II secoloa.C. per l’approvigionamento idrico delle abitazioni presenti sul Colle Aventino. Tra la fine dell’800 e l’ini- zio del ‘900 tali cunicoli sono stati più volte indagati e in alcuni casi restaurati. Nel 2005 gli Autori e una equipe del CRS “Egeria” hanno potuto rivedere e studiare gli ambienti più profondi, documentandone an-

che la parziale scomparsa. Nell’articolo viene tracciato un profilo geologico del Colle Aventino, una brevestoria degli insediamenti presenti nell’area e vengono formulate nuove ipotesi sulla struttura sotterranea e sulla sua realizzazione.

 Parole chiave: Roma, Santa Sabina, Aventino, cunicoli idraulici, acquedotto Appio

 Abstract

Under the church of Santa Sabina in Rome one finds a net of tunnels dug from the beginning of the secondcentury BC, in order to provide water to the inhabitants of the Aventino Hill. Between the end of the 19thand the beginning of the 20th century, these tunnels have been investigated many times and, in some cases,restored. In 2005 the Authors and a team of the Egeria Center for Speleologic Researches have visitedand investigated the deepest levels, part of which was not found any more. In the paper we give a geologicdescription of the Aventino Hill, a short history of the settlements in the area, and new hypotheses on theunderground structure and on how it was carried out.

 Key words: Rome, Santa Sabina, Aventino Hill, water tunnels, Appia acqueduct.

I versanti della collina sono dolcinella porzione ad est, molto accli- vi, fino a subverticali sugli altrilati. In particolare alcuni trattiche guardano alla valle del Teve-re (Lungotevere e Via Marmorata)presentano una morfologia abrup-

ta vicina alla verticalità.La sommità ha una superficie ab-bastanza pianeggiante con quotemassime comprese tra 46 e 48 m

s.l.m., mentre le zone di pianura siattestano a quote tra i 16 e i 22 ms.l.m. A causa di frequenti dissesti, ilfianco che guarda al Tevere è stato

oggetto di diversi studi geologici.Recentemente, un’indagine con-dotta da “Risorse per Roma” nelGiardino degli Aranci (2005) haportato a riesaminare il sottosuolosia per quanto riguarda le testimo-nianze archeologiche sia nei suoicorrelati aspetti geologici.Grazie alla gentile accondiscen-denza di Padre Francesco Riccidel Monastero di S. Sabina, è stato

possibile discendere per i sotterra-nei e proseguire l’indagine voltaalla comprensione del loro uso ecollocazione nella storia dell’Aven-tino.

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La geomorfologiadel colle Aventino

La geologia e la morfologia del ter-ritorio romano sono strettamentederivate dall’alternarsi di periodiglaciali e caldi succedutisi nell’ul-

timo milione di anni; a questo siaggiunge la concomitante attivi-tà degli apparati vulcanici a nord(Bracciano - Sabatino) e a sud (Colli Albani), che con i loro prodotti han-no ricoperto in più fasi il territorio.Con una cadenza di circa 100.000anni il pianeta ha subito 10 ci-cli glaciali, in ognuno dei quali ilmare, a seguito del congelamen-to di enormi masse d’acqua (faseglaciale) si è ritirato portando ilsuo livello a oltre 100 metri sotto

la quota di oggi. Con il ristabilirsidi condizioni climatiche più calde(fase interglaciale) il livello delmare è risalito ogni volta fino aquote vicine all’attuale.In ogni fase glaciale si è verificatauna forte erosione, mentre nellefasi interglaciali si è avuto depo-sito di sedimenti, principalmentefluviali.Circa 700.000 anni fa iniziò l’atti- vità dei due apparati vulcanici, che

con numerose eruzioni contribui-

rono notevolmente all’assetto delterritorio romano. L’ultimo perio-do glaciale, iniziato circa 120.000anni or sono, ha avuto il suo mas-simo 18.000 anni fa. Il mare rag-giunse una quota di –120 m e tuttoil reticolo idrografico fu sottoposto,

per circa 100.000 anni, ad una for-tissima azione erosiva. Il letto delTevere, in particolare, raggiunsenell’attuale area urbana la quotadi 50 - 60 m sotto il livello marinoattuale.I torrenti che si immettevano nelTevere seguirono la stessa sorte,portando il letto di scorrimentodell’acqua a quote vicine a quelledel letto del grande fiume.I rilievi collinari che circondavanole valli furono sottoposti a forte

erosione delle pendici, con scalza-mento del piede e successivi crollidelle porzioni elevate e conseguen-te esposizione di pareti ad elevatapendenza.

La stratigrafia

La successione stratigrafica delsottosuolo dell’area romana è datadai seguenti termini (qui descritti

dai più recenti ai più antichi):

• Riporti antropici: costituiti daterreni eterogenei, discariche,ruderi e accumuli di varia ori-gine.

• Alluvioni recenti del Tevere edei suoi affluenti: costituiti dasabbie, limi, argille e torbe, af-

fioranti nelle piane che circon-dano il Colle ( di età compre-sa tra 12 e 1 Ka (= migliaia dianni)).

• Unità Aurelia: sequenze di am-biente continentale costituiteda ghiaie, sabbie e limi spessotravertinizzati, argille e mate-riale vulcanico rimaneggiato,affiorante nella parte orientaledel Colle (età compresa tra 340e 328 Ka).

• Vulcaniti dei Colli Albani e del

Sabatino: fondamentalmenteTufo Lionato, piroclastite lapi-dea di elevato spessore, e piro-clastiti più o meno incoerenti(355 ±2 Ka).

• Unità di Valle Giulia: sequen-ze di ambiente continentale,costituite da sabbie e limi,spesso travertinizzati, argille emateriale vulcanico rimaneg-giato (attorno a 500 Ka).

• Sequenza dei "tufi antichi":

costituita da tufi lapidei (deno-minati peperino, tufo del Pala-

tino, cappellaccio), tufi terrosie tufi rimaneggiati, derivantidalle attività dei Distretti Vul-canici Sabatino e Albano (514- 528 Ka).

• Paleotevere: sequenze di am-biente continentale, costituiteda sabbie, limi e ghiaie, sededi un'importante circolazioneidrica in pressione che alimen-tava quasi tutte le sorgentiantiche della città (870 - 600Ka).

• Unità delle Argille Vaticane:argille di ambiente marino,compatte, di elevato spessore,presenti a quota vicina al livel-lo del mare (4500 - 3000 Ka).

La successione stratigrafica ripor-tata nelle singole colline romanenon è sempre presente nella suainterezza. Le continue erosioni e

deposizioni, infatti, hanno fatto sìche in molte aree alcuni elementisiano scomparsi e si rinvenganoforti spessori di formazioni assentiin altre aree.

Fig. 1 - carta geologica del colle Aventino, da Lombardi e Angelucci 2004, modificata.

Legenda: Pt = Paleotevere; Ta = tufi antichi; Vg = Valle Giulia; Tl = Tufo lionato; Au =

Unità Aurelia; A = Alluvioni (grafica degli Autori).

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In particolare il Colle Aventino,a contatto con il Tevere e in cor-rispondenza di un'ansa con picco-lo raggio di curvatura, ha subitol'azione dei vari periodi erosivi edeposizionali dei cicli glaciali.Il Colle (Fig. 1) mostra scarsi af-

fioramenti dei terreni che ne costi-tuiscono la struttura, visibili solosul versante che guarda il Tevere.Nella porzione più elevata e lungole altre pendici, i terreni geologicisono mascherati in quanto ricoper-ti dai terreni di natura antropica,i "riporti".Sotto i riporti, sul versante occi-dentale, è presente la sequenzadell'Unità di Valle Giulia che giacesui depositi vulcanici più antichidell'area romana, denominati in

letteratura anche come "Tufi an-tichi" (vedi Ventriglia 1971, conbibliografia). Questi depositi sonostati in seguito studiati più accu-ratamente (vedi, da ultimo, Funi-ciello 1995, con vasta letteratura)e attribuiti a vari episodi vulcanicie sedimentari, per ognuno dei qua-li è stato coniato un termine. Traquesti vi è il Tufo del Palatino,noto nella letteratura archeologicacome "cappellaccio".

Sotto i termini vulcanici è presen-te la sequenza dell'Unità del Pa-leotevere, con sabbie e ghiaie, chepoggiano direttamente sulle ar-gille del Pliocene (Unità di Monte Vaticano).La porzione del Colle che si affacciasul Tevere è particolarmente sog-getta all'azione erosiva del fiume.Infatti, dopo l'ostacolo dell'isolaTiberina e un tratto rettilineo sulquale insisteranno le antiche ope-re di contenimento e di difesa dellesponde di epoca romana, il fiumeincontrava il rilievo dell'Aventino,che rappresentava un ostacolo alloscorrimento lineare del fiume. Inquelle condizioni l'energia del cor-so d'acqua cresceva e aumentavala capacità erosiva dell'acqua.Durante tutto l'ultimo periodo gla-ciale il Tevere ha scatenato la suaazione erosiva. Tale azione è conti-nuata in epoca protostorica e stori-ca fin quando il piede della collina

non è stato protetto con adeguatebanchine e arginature del Tevere.Il risultato di tale azione è statoquello di provocare continui crol-li delle pareti per scalzamento al

piede del rilievo. Le argille di basee la sequenza del Paleotevere, piùfacilmente erodibili, erano facil-mente asportati dalla corrente edeterminavano, con il tempo, ilcrollo di porzioni del versante conampliamento dell'ansa del Tevere

(Fig. 2).

Idrogeologia

È interessare sottolineare che iterreni riferibili all’Unità di ValleGiulia e la sottostante sequenza vulcanica sono poco o per nullapermeabili, quindi non contengonocircolazioni idriche sotterranee. Iterreni di riporto, invece, se con-nessi a bacini ampi e se costitui-

ti da terreni porosi e permeabili,possono contenere una circolazio-ne idrica significativa, soprattut-to quando questa è alimentata daperdite della rete degli acquedotti(v. piana del Campo Marzio e le valli che si immettono nel Tevere).Nel caso dell’Aventino, tuttavia, iriporti sono assolutamente privid’acqua. L’unico terreno acquife-

Fig. 2 - carta topografica antica dell’area (da Rossini in, Frutaz, Le piante di Roma,

1962, Tav. 86).

ro è rappresentato dall’Unità delPaleotevere che contiene costan-temente una notevole circolazioneidrica in pressione proveniente dasud-est.La connessione idraulica con lezone di alimentazione è possibile

solo attraverso la zona, legger-mente elevata rispetto alla pianadel Tevere, di Piazza Albania, ovela sequenza del Paleotevere è com-pleta. Per il resto della collina ilcontatto idraulico è stato asporta-to dall’erosione che ha generato la valle del Tevere e la valle del CircoMassimo, le cui alluvioni drenanole acque delle ghiaie del Paleote- vere. Attualmente, invece, i terre-ni sabbiosi e ghiaiosi del Paleote- vere nel sottosuolo dell’Aventino

sono praticamente privi d’acqua.Questo è dovuto a due importantilavori effettuati nel secolo scorso:la Metropolitana B, che dalla valledel Circo Massimo percorre tuttala sella di Viale Aventino per rag-giungere la stazione Ostiense, edil collettore fognario che traversatutto l’Aventino per raggiungere la Via Ostiense.1

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Le due importanti opere rappre-sentano uno sbarramento che habloccato il flusso sotterraneo pro- veniente da est. Tuttavia è possi-bile che una modesta circolazioneidrica seguiti ad interessare la for-mazione del Paleotevere presente

nell’Aventino e, come vedremo, ècertamente l’alimentazione dellasorgente osservata ai piedi del col-le verso il Tevere.

Gli interventi antropici

 Il Colle Aventino

Le prime costruzioni documentatearcheologicamente sull’Aventinosono databili al VI secolo a.C. eattribuite a Servio Tullio. Secondo

la tradizione egli edificò il santua-rio federale dei Latini dedicato aDiana, un tempio dedicato a Luna,posto probabilmente nella partesettentrionale, e parte del circuitomurario urbano, tratti del qualesono stati scoperti in Piazza Alba-nia, all’angolo tra Viale Aventinoe Via di S. Anselmo ed al di sottodella Chiesa di S. Sabina.In età repubblicana sono testi-moniati i rifacimenti delle Mura

Serviane e la costruzione di altritempli, molti dei quali si igno-ra l’esatta collocazione. Tra i piùantichi è quello di  Mercurius, co-struito nel 495 a.C. alle pendi-ci meridionali verso la curva delCirco Massimo; sulla estremitàopposta, presso i carceres del Cir-co Massimo, il tempio dedicato aCeres, Libero e Libera  (493 a.C.),nelle cui vicinanze era il tempio di Flora costruito nella seconda metàdel III sec. a.C.; sulla sommità delcolle era il tempio di  Iuno  Regina fondato da Furio Camillo dopo lapresa di Veio (396 a.C.) e adiacen-te il tempio di Minerva, posto pocopiù a nord del tempio di Diana,già presente durante la secondaGuerra Punica. Nel III secolo a.C.le fonti citano il tempio di Consus (272 a.C.), il tempio di Vortumnus,divinità di Volsinii, costruito dopola presa della città (264 a.C.) e untempio dedicato a  Iuppiter  Liber 

o Libertas, eretto da Tiberio Sem-pronio Gracco (238 a.C.).Il colle fu intensamente abitato.Già dal V secolo a.C. l’intera colli-na era stata dichiarata di proprie-

tà pubblica e distribuita ai plebeiperché vi costruissero case (lex Ici-lia de Aventino  pubblicando, 456a.C.). Da allora si andò formandoun quartiere a carattere commer-ciale e popolare denso di abitazio-ni, raggiunte da un acquedotto,

l’ Aqua Marcia, inaugurato nel 144a.C. Durante l’età repubblicana ilcarattere plebeo assume una suafisionomia ben definita: l’Aventinoè teatro delle lotte tra patrizi e ple-bei che si conclusero nel III secoloa.C. con l’equiparazione delle dueclassi sociali. Fu assunto allora iltempio di Cerere, Libero e Liberacome sede degli edili della plebe,degli archivi e centro dell’organiz-zazione politica ed economica dellaplebe.

 Augusto incluse l’Aventino nella XIII regione e restaurò alcuni tem-pli, come quello di Diana e il tem-pio di  Iuppiter  Liber  o  Libertas.Nel corso della seconda metà delI secolo d.C. divenne un quartiereresidenziale e signorile. Le fontiricordano le dimore di Vitellio, diTraiano (prima che diventasse im-peratore), di L. Licino Sura, amicodi quest’ultimo e di altre famiglienobili. Si trovavano sul colle due

complessi termali: le terme di Lici-nio Sura o di Traiano e quelle De-ciane del 252 d.C.Durante l’impero sono testimonia-ti vari culti orientali: il santuario

di Giove Dolicheno (Dolocenum)del II secolo d.C., rinvenuto sottola chiesa di S. Domenico, che riu-tilizza un edificio preesistente, unmitreo sotto S. Prisca e un’aulaisiaca sotto S. Sabina.Il quartiere fu quasi del tutto di-

strutto dai Goti con il sacco di Ala-rico del 410 d.C., ma continuò adessere abitato, come attesta la co-stituzione della Chiesa di S. Sabinaedificata tra il 420 e il 430 d.C. sudi una domus del III-IV secolo d.C.L’Aventino mantiene per secoliuna certa separazione dalla città.Nel colle si sviluppa una forte atti- vità di cave di tufo e pozzolana cheha lasciato enormi cavità e cumu-li di detriti. Solo con il XX secolo vede un nuovo impulso edilizio e

una profonda trasformazione ur-banistica.

 Il complesso di Santa Sabina

Le principali fasi appena descrittesono testimoniate dai resti venutialla luce sotto a S. Sabina (Fig. 3),in particolare negli anni 1855-57,1914-19 e 1936-39. Le testimo-nianze più antiche furono scoper-te sull’angolo nord-occidentale deigiardini della chiesa. Si tratta dei

resti delle Mura Serviane relativialle fasi del VI e del IV secolo a.C.,con filari in cappellaccio e in tufo diGrotta Oscura, che delimitavano ilciglio del colle. All’interno delle

Fig. 3 - carta archeologica dell’area (da Coarelli 1974).

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mura e in un luogo corrispondentealla navata destra della chiesa diS. Sabina, fu rinvenuto un piccolotempio in antis con due colonne inpeperino databile tra il IV e il IIIsecolo a.C. con restauri in operareticolata. Il tempio è stato identi-

ficato sia con quello di Iuppiter  Li-ber, edificato nel 238 a.C., sia conquello di Giunone Regina del 392a.C., sulla base del rinvenimentodi due iscrizioni che menzionava-no la dea (CIL VI. 364, 365=ILS4321a). Secondo le fonti anticheentrambi i templi furono costrui-ti in età repubblicana, restauratida Augusto e non più menzionatidopo il I secolo d.C. Addossata alle Mura Serviane viera una serie di abitazioni di età

repubblicana (II - inizio I secoloa.C.) costruite in opera incerta conambienti pavimentati a mosaicocon inserti di pietre policrome.Nel corso del I secolo d.C. l’area edi-ficata si amplia ulteriormente conla costruzione di nuovi ambientiall’esterno delle mura, pavimenta-ti a mosaico con motivi geometrici.Essi comunicavano con quelli intra muros  tramite aperture, evidentesegno che in quest’epoca era esau-

rita la funzione difensiva dellemura. Alla fine del III secolo d.C.tali ambienti furono trasformatiin cisterne fino ad essere inglobatinelle fondazioni della fortezza del X e XII secolo (Fig. 4).Durante l’età imperiale nell’areafurono realizzate sontuose domus.Una ricca e grande abitazione, da-tata tra il III e il IV secolo, è sta-ta rinvenuta sotto la chiesa e neigiardini di S. Sabina, con atriorettangolare e numerosi ambien-ti, i cui pavimenti e arredo furonoriutilizzati nella edificazione dellachiesa del V secolo (420-430 d.C.).In corrispondenza del quadriporti-co vi erano ambienti termali, conimpianti idraulici e vasche e localiaffrescati del II secolo d.C., che siestendevano tra le due strade pa-rallele vicus Altus e Armilustri.Sul ciglio occidentale del collel’edilizia è invece caratterizzatadalla presenza di insulae, a carat-

tere più popolare. Gli ambienti,rinvenuti durante la sistemazionedell’area negli anni Trenta, sonodisposti su tre piani e pavimentatia mosaico. Uno degli ambienti fu

utilizzato come luogo di riunionedi una comunità isiaca, con pitturesulle pareti e graffiti dei nomi de-gli adepti, per lo più greci di umilicondizioni, che lavoravano nelle vi-cine strutture portuali sul Tevere.La chiesa di Santa Sabina sorge,

secondo un’antica tradizione, oveera la casa di Sabina, matronaromana cristianizzata e martiriz-zata nel 114 d.C. durante le perse-cuzioni dell’imperatore Traiano esuccessivamente santificata.Durante il pontificato di CelestinoI (422-432), un ricco prete di nomePietro, proveniente dall’Illiria, feceerigere una piccola chiesa in luogodel “titulus Sabinae”  istituito nellacasa già appartenuta a Sabina, il cuinome fu poi confuso con quello del-

l’omonima santa di origine umbra.Il papa Sisto III (432-440) duran-te il suo pontificato trasformò lachiesa primitiva in una basilica,in seguito ampliata e arricchita dipreziosi arredi da Leone III (795-816).Nel IX secolo Alberico II, principee senatore romano, padrone del-la città dal 930 al 954, dispose latrasformazione della basilica inun fortilizio che dal colle Aventi-

no doveva dominare e controllareil traffico fluviale sul Tevere. Inseguito, le famiglie dei Crescenzie dei Savelli ne fecero la loro resi-denza baronale fortificata. CencioSavelli, dopo la consacrazione apontefice con il nome di Onorio III(1216-1227), la concesse nel 1222all’Ordine Domenicano.

 Il sottosuolo e i cunicoli

di S. Sabina

Nel 1855 il padre domenicano Bes-son diresse lo scavo di una porzio-ne di terreno tra la Basilica di S.Sabina e il fianco verso il Tevere.Le notevoli scoperte furono de-

scritte e studiate da Ch. Descemet(Descemet, 1864).Partendo dal giardino della chie-sa (quota 46 m circa s.l.m.), egliesplorò numerosi ambienti di etàromana addossati all’interno e al-l’esterno delle Mura Serviane (Fig.4). Gli ambienti (a quota 40 m cir-ca s.l.m.) comunicavano tramiteun tombino ovale in pietra con undoppio sistema di cunicoli: uno piùalto posto a 4 metri circa di profon-dità rispetto agli ambienti romani

(a quota 36 m s.l.m.), l’altro di 20metri più profondo e posto ad unaquota di circa 15 m s.l.m.Per meglio esplorare e svuotare idue livelli di cunicoli, egli realizzòalcune gallerie di accesso che con-sentirono anche l’asportazione deimateriali di risulta degli scavi.L’accesso al primo livello di cunico-li (quello di quota 36 m s.l.m. - Fig.5) a partire dagli ambienti romaniaddossati alle Mura Serviane era

posto in un ambiente denominato“V” tramite il tombino “e” (meglioindicato con “T” in Fig. 4).Dai cunicoli di quota 36, tramite unpozzo (Fig. 6), si raggiungevano - esi raggiungono ancora - dei cunico-li più profondi (15 m s.l.m., –30 mdal piano di calpestio attuale - Fig.7), costituiti da una galleria princi-

Fig. 4 - pianta degli scavi di abitazioni romane sotto la basilica di S. Sabina, da De-

scemet 1864, modificato. Con la lettera T è indicato il chiusino di discesa ai cunicoli

inferiori (grafica degli Autori).

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pale che da accesso a cunicoli tra-sversali, alcuni dei quali raggiun-gevano ambienti di età romana con

pavimenti a mosaico. La galleria fuesplorata per 380 m e fu interpre-tata da Descemet come un bracciodell’Acquedotto Appio (312 a.C.).Tra il 1936 e il 1939 F. M. D. Dar-sy (Darsy, 1968) riprese gli scavidi Descemet e risistemò il pozzod’accesso ai livelli più profondi edeseguì opere di consolidamento percontenere i dissesti presenti nellegallerie e nei cunicoli.Darsy ipotizzò che la rete di cuni-coli del livello più alto fossero fognerealizzate nel 184 a.C. da  M. Por-

cius Cato e da L. Valerius Flaccus nell’ambito di un vasto program-ma di sviluppo e risanamento del-l’abitato urbano e attribuì, come ilDescemet, all’Acquedotto Appio ilcunicolo più profondo.

Le ricerche attuali

Nel 2005, grazie all’impegno del

Centro Ricerche Sotterranee “Ege-ria”,2 sono stati nuovamente esplo-rati i cunicoli appartenenti sia allarete posta a 36 m s.l.m. sia a quel-la posta a 15 m s.l.m. (Fig. 8).

Essi sono apparsi in buono statodi conservazione, ad eccezione dialcuni degli ambienti più profondi,

occlusi da detriti e non più rag-giungibili.L’ingresso, posto nel giardino di S.Sabina, conduce agli ambienti sot-terranei di età romana addossatialle Mura Serviane. Queste sonorealizzate in blocchi di cappellac-cio, sui quali si sovrappongonoblocchi di tufo di Grotta Oscura.Le mura hanno un’altezza variabi-le tra 8 e 9 m ed uno spessore tra i4 e i 5 m (Fig. 9).Da uno degli ambienti, tramite ilgià citato tombino ellittico indivi-duato da Descemet (Fig. 4, punto“T”), si discende lungo un pozzo dicirca 8 metri attrezzato con scalametallica fino al primo livello po-sto a 36 m s.l.m. (Fig. 5).Il cunicolo è scavato nei terrenidell’Unità di Valle Giulia paral-lelamente al fianco interno delleMura Serviane, fino ad una quotadi circa 2 m più bassa del piano difondazione di queste. Dopo circa

7 m in direzione ovest, il cunico-lo piega a nord-ovest, passa sottole mura e raggiunge l’esterno delperimetro murario. Proseguendo,dopo pochi metri si incontrano dei

Fig. 6 - sezione del pozzo di discesa ai

cunicoli di quota 15 m s.l.m., da Desce-

met 1864.

Fig. 5 - pianta dei cunicoli inferiori sotto la basilica di S. Sabina, da Descemet 1864,

modificato. Con P sono indicati i pozzi, con T la base del tombino di accesso, al cen-

tro del cerchio il pozzo di discesa ai livelli inferiori (grafica degli Autori).

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terreni di riporto che presentanoevidenze archeologiche fra cui, giàsegnalata da Descemet, una molacon meta e catillus, in pietra vul-canica (leucitite).Nel primo tratto i cunicoli percorsisono alti circa 2 m e larghi 70 - 80cm, sono rifiniti a volta e privi dirivestimento. Sul soffitto sboccanoalcuni pozzi (Figg. 10 e 11) rivesti-ti con blocchi di Tufo del Palatino(cappellaccio) alti 80 cm, larghi

50-60 cm. I blocchi presentano unasuperficie lievemente concava ela pianta del pozzo dunque non èesattamente circolare. I pozzi ri-salgono verso l’alto per circa 4 m,

sono muniti di pedarole e chiusi intesta con delle pietre.Uno dei cunicoli, il meridionale(Fig. 5, punto “f”), termina allabase di una fossa che si allarga verso l’alto. Potrebbe trattarsi del-la zona d’alimentazione, cioè delpunto di entrata dell’acqua piova-na che, proveniente da un’area diraccolta opportunamente pulitae regolarizzata, viene incanalata verso il reticolo ipogeo.

In effetti, da questo punto i cuni-coli sembrano avere il piano di cal-pestio in pendenza, con minimi diquota sotto le bocche dei pozzi dicui si è trattato prima.

 All’incrocio tra quattro cunicoli sitrova il pozzo individuato da De-scemet e Darsy, che porta al livellopiù profondo (Fig. 12).Scavato nella roccia, il pozzo è apianta rettangolare e privo di ri- vestimento. Scende verticalmenteper circa 20 m (da quota 36 circa aquota 15 circa) e si sviluppa in tretratte attrezzate con scale metalli-che che si interrompono su ripianipredisposti artificialmente in epo-

ca non determinata. Al di sopra dell’imbocco, oltre i duemetri d’altezza del cunicolo, il poz-zo prosegue in alto attraversandocirca tre metri di terreno in posto e,

Fig. 7 - i cunicoli inferiori e gli ambienti collegati, da Descemet 1864.

Fig. 8 - rilievo dei cunicoli profondi (ril. CRS Egeria 2005; grafica e CAD C. Germani; originale in scala 1:100).

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apparentemente, uno strato di unmetro di terreno friabile (riporti) sucui poggia una muratura moderna.Il pozzo profondo sembra dunquein comunicazione con il piano dicalpestio antico che, nei pozzi con

pedarole, appare essere a circa 6metri dal piano dei cunicoli.Forse anche il pozzo profondo erautilizzato per estrarre acqua, inquesto caso dalla profondità di 25m dal piano di calpestio.Il cunicolo alla base del pozzo

profondo (Fig. 13), di dimensionimedie 70 x 160 cm ed orientatoNO-SE, risulta ora percorribileper circa 200 metri e realizzato, al-meno nel tratto visitabile, con tec-nica di scavo a fronti contrappostia partire dal fondo di pozzi, duedei quali ancora visibili (quello didiscesa ed un secondo posto circa40 metri a monte). La direzione discorrimento dell’acqua appare da

NO verso SE.Da entrambi i lati si possono no-tare dei cunicoli probabilmenterealizzati in epoche diverse alloscopo di drenare altra acqua ver-

Fig 9 - una impressione artistica del-le Mura Serviane, viste dai cunicoli di

quota 36 m s.l.m. (disegno di Manuela

Troilo).

Fig. 10 - pozzo di prelievo dal primo livello di cunicoli (foto: L. Lombardi).

Fig. 11 - un altro pozzo di prelievo dal primo livello di cunicoli (foto: L. Lombardi).

Fig. 12 - il pozzo di discesa ai livelli infe-

riori (foto: C. Germani).

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so il condotto principale. L’analisidei versi di scavo di questi condottisecondari suggerisce, infatti, unarealizzazione dall’esterno versol’interno.I cunicoli secondari posti sulla si-nistra idrografica (Fig. 14) condu-

cono agli ambienti topografati dalDescemet, ormai completamenteoccupati da detriti (Figg. 15, 16 e17); l’unico cunicolo sulla destra,di larghezza significativamentediversa, termina su una frana enon è stato possibile individuarnela provenienza.

L’approvvigionamento idricodel Colle Aventino

I dati archeologici e geologici appe-na descritti permettono di chiarirealcuni elementi riguardo al modo con cui è stato affrontato nel tem-

po l’approvvigionamento idricodella zona.In una prima fase fu certamenteutilizzata l’acqua piovana, imma-gazzinata in conserve sotterraneea cunicoli. Questa fase non dovettesubito comportare lo sfruttamentodella falda acquifera più profondatramite pozzi, come in altre zone di

Roma (vedi ad es. Sartorio, 1985).In quest’area, infatti, l’acquiferoè posto intorno a quota 15, cioè acirca 35 m al di sotto del piano dicalpestio attuale e 32 m circa al disotto del piano di calpestio antico.Queste profondità, ammesso chein età repubblicana fossero consa-pevoli della presenza della faldaprofonda, dovettero costituire perun certo tempo un valido deterren-te alla costruzione di pozzi.La rete di cunicoli rinvenuti allaquota più alta (36 m s.l.m.) permet-teva la conservazione dell’acquapiovana raccolta facilmente dallecoperture di edifici o direttamentedal terreno opportunamente siste-mato. Le gallerie erano scavate nelterreno impermeabile (non vi era-no dunque dispersioni) e ad unaquota facilmente raggiungibile.Tale sistema trova confronti con icunicoli rinvenuti a Roma ad es. alPincio (Lanciani, 1881, 28-33, tav.

2 n. 8; Schingo, 2004), all’internodel parco di Villa Medici e in varielocalità della campagna romana(v. Asbhy, 1907, 123; Quilici, 1974,51, 456-457 (n. 360), 594 (n. 495),

Fig. 13 - il cunicolo alla base del pozzo

da 20 metri (foto: C. Germani).

Fig. 14 - il cunicolo di diramazione versoi ninfei segnalati da Descemet (foto: C.

Germani).

Fig. 15 - muro a secco di epoca im-

precisabile che impediva l’accesso agli

ambienti, ormai crollati, segnalati da De-scemet nella sua opera del 1864. Il mu-

retto è stato parzialmente rimosso per

l’esplorazione degli ambienti successivi

(fig. 16 e 17) e quindi ripristinato (foto:

C. Germani).

Fig. 16 - il difficile accesso agli ambienti

segnalati da Descemet nel 1864 ed or-

mai completamente obliterati da frane(foto: C. Germani).

765-768, figura 1740 (n. 667), n.100; Quilici, 1978, 91-92+ ctr: 35-37, 89); al Salario, in Via Mascagni(L. Lombardi, inedito),3 datato etàrepubblicana. Si tratta di cister-ne a cunicoli, talvolta rivestite diintonaco idraulico e cordoli, colle-

gate con pozzi per l’attingimentodell’acqua.È possibile anche tentare una sti-ma dell’acqua disponibile con talesistema. Tenendo presente che icunicoli rinvenuti sotto S. Sabina,in base ai rilievi di Dechemet e no-

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stri, hanno una lunghezza totale dicirca 110 m e considerando una lar-ghezza media di 0,80 m e un’altez-za d’acqua di 1,5 m, è ipotizzabileun accumulo idrico di circa 130 m3. Valutando un consumo di 10 litrid’acqua al giorno per persona, que-sta cubatura poteva rappresentareun quantitativo sufficiente al fabbi-

sogno di 5 o 6 famiglie costituite da6-7 persone.4  Inoltre, ipotizzandouna piovosità dell’epoca non lon-tana da quella attuale (800 mm dipioggia annuale) recuperabile nelleconserve per l’80%, si può dedurreche per immagazzinare acqua era-no necessari 200 m2 di coperture odi terreno pulito (vedasi anche Ca-stellani - Mantellini, 2001).Per quanto riguarda l’inquadra-mento cronologico dei cunicoli, vatenuto presente che essi corronolungo la cinta delle Mura Servia-ne che poi sottopassano. È dunqueevidente che furono costruiti suc-cessivamente all’abbandono dellemura. Inoltre, i pozzi di attingi-mento sono in parte obliterati damuri di epoca tardo repubblicana,databili al I secolo a.C. mentre unaltro importante termine cronolo-gico è stabilito dalla costruzionedell’Aqua Marcia (144 a.C.), chepresumibilmente rese inutili i poz-

zi prima citati.5

Riteniamo dunque che la data-zione possa essere fissata di pocoanteriore alla prima metà del IIsecolo a.C.

È possibile inoltre ipotizzare unasuccessione cronologica nell’esecu-zione dei cunicoli.Quelli di quota 36 precedono concertezza quelli più profondi, chefurono messi in comunicazione conquelli più superficiali in un secon-

do tempo, tramite il pozzo profon-do 20 m, dal cui fondo fu iniziato loscavo del cunicolo più basso.Tale cunicolo, che fu erroneamenteattribuito dal Piranesi, Descemete Darsy ad una diramazione del-l’Acquedotto Appio, è posto ad unaquota di 15 m s.l.m. ed intercettala circolazione idrica sotterraneacontenuta nelle ghiaie del Paleo-tevere, l’acquifero più importantedell’area romana.L’acquifero nel sottosuolo del-

l’Aventino, anche senza gli ostacolicitati precedentemente (la metro-politana e il collettore sinistro),non poteva essere molto produtti- vo in quanto è, ed era, drenato dal-la valle del Circo Massimo che neriduceva la potenzialità. Per que-sto gli antichi costruttori furonoobbligati a intercettare un ampiotratto trasversale dell’acquiferocon un lungo cunicolo, allo scopodi accrescere la quantità d’acqua

disponibile.In un secondo tempo il cunicolo fuutilizzato per alimentare alcune vasche e i ninfei visti e disegnatida Descemet e risalenti al II-III se-colo d.C. (Chini, 1996).In merito all’attribuzione del cu-nicolo profondo a una derivazionedall’Acquedotto Appio (312 a.C.),

si può affermare che tale ipotesi èerrata in base alle seguenti osser- vazioni:• le fistule collegate ai citati am-

bienti sono di dimensioni mol-to piccole, il che indica che laportata derivata dal cunicolo,

che peraltro tramite piccoletraverse era totalmente devia-ta verso tali utenze, era moltomodesta e non riconducibile aun acquedotto.

• Dell'acquedotto Appio, esclu-dendo le scaturigini, si conser- vano scarsissime testimonian-ze6  e l’unico resto rinvenutonella zona dell’Aventino è rap-presentato da un tratto citatoda Lanciani all’angolo tra Viadi San Saba e Viale Aventino.7

• Frontino pone l'arrivo "in fon-do al Clivo Pubblico, presso Porta Trigemina"  che Lancia-ni e Ashby ipotizzano ad unaquota di arrivo di 15 m s.l.m.presso o sotto la chiesa di S. Anna.8

• Il cunicolo è semplicementescavato nel vivo dei terreni ar-gillosi della formazione Paleo-tevere, non vi è alcuna tracciadel canale dell'acquedotto ed

è stato realizzato partendo dapozzi che discendevano dall'al-to dell'Aventino.

• È anche da escludersi che l'ac-quedotto terminasse nel luogoipotizzato da Piranesi ai piedidell'Aventino in corrisponden-za del complesso di S. Sabina(Fig. 18).9

Fig. 17 - quanto rimane degli ambienti

segnalati da Descemet nel 1864, ormai

del tutto occlusi da frane e terriccio (foto:C. Germani).

Fig 18 - il bottino dell’emergenza sorgentizia alla base del colle Aventino (punto B),

da Piranesi, Vol. I, Antichità (Lanciani 1881, p. 251).

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  Qui attualmente può essereidentificata una modestissimaemergenza sorgentizia postaalla quota di 5 m s.l.m., sulgreto del Tevere ed alla basedelle strutture dell’approdo diFasolo (Fig. 19), la cui continua

emissione di acqua non può es-sere attribuita all’Acquedotto Appio, abbandonato e privo diflusso. Si tratta evidentemen-te di un drenaggio della faldaindividuata a 15 m s.l.m. checontinua ancora a fornire ac-qua.10

Conclusioni

I dati appena esposti hanno per-

messo di trarre alcune conclusionisulla storia dell’approvvigiona-mento idrico in rapporto allo svi-luppo abitativo dell’Aventino.In una prima fase l’acqua fu ot-tenuta dalla pioggia e conservatain cisterne sotterranee, costituiteda una rete di cunicoli scavati al-l’interno del banco roccioso imper-meabile e collegati alla superficieda pozzi. Questa scelta è spiegatadal fatto che la profondità dell’ac-

quifero era notevole (–30 m dalpiano di calpestio delle abitazionidi età romana) cosa che, ovvia-mente, rendeva l’attingimento diacqua assai difficoltoso. È probabi-le che in questa fase fossero anchesfruttate le sorgenti nella porzione

bassa del colle (versante occiden-tale e, forse, meridionale).Il primo acquedotto che raggiunseil colle fu l’ Aqua Marcia, inaugura-ta secondo le fonti nel 144 a.C. Lacostruzione dell’opera comportò,probabilmente, il graduale abban-dono del sistema di conservazioned’acqua in cunicoli e l’obliterazio-ne dei pozzi da parte delle nuove

strutture in opera reticolata. Al-l’acquedotto furono collegati i ca-stelli terminali presenti sull’Aven-tino e rimase la principale fontedi approvvigionamento idrico del-l’area in età imperiale.In base alle nostre osservazioni è da

Fig. 19 - l’emergenza sorgentizia ai piedi delle strutture dell’approdo di Fasolo (foto:L. Lombardi).

escludersi, infine, che il lungo cuni-colo presente a 15 m s.l.m. sia unaderivazione dell’Acquedotto Appio,inaugurato nel 312 a.C.: più proba-

bilmente la sua realizzazione avevalo scopo di incrementare il volumed’acqua disponibile nel sistema cu-nicolare, drenando la più importan-te falda acquifera dell’area.

Fig. 20 - fontana con mascherone posta

accanto alla chiesa di Santa Sabina. Il

mascherone faceva parte di una grande

fontana, costituita da una vasca in granitoin cui si versava l’acqua del maschero-

ne stesso, progettata da G. Della Porta e

realizzata nel 1593. La vasca fu trasferita

al Quirinale, su un progetto di Carlo Fon-

tana messo in atto solo nel 1816, ed ab-

bellisce ancora la base della fontana deiDioscuri. Il mascherone fu prima trasferi-

to, nel 1827, al porto fluviale di Ripetta epoi spostato, nel 1937, in piazza Pietro di

Illiria e poggiato su un catino proveniente

da una delle Terme romane.

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Note

1) I lavori per la Metropolitana sono stati documentati solo parzialmente; per quanto riguarda i lavori del collettoredi sinistra, la presenza di ghiaie e sabbie del Paleotevere è stata segnalata dal De Angelis d’Ossat (1937, p. 4) nelloscavo che attraversa tutto il Colle, tra le quote di 11,70 e 5,50 m s.l.m.2) Centro Ricerche Sotterranee “Egeria”, c/o Carla Galeazzi, via Po 2, 00198 Roma, sito internet www.egeriasotterranea.it.3) Alcuni di questi presentano un rivestimento di intonaco bianco, perfettamente lisciato, con cordoli angolari vertica-

li e orizzontali. Essi sono identificabili certamente come cisterne del tipo a cunicoli intercomunicanti (Lanciani 1881,28-33, tav. 2 n. 8: cisterna degli Horti Aciliorum al Pincio; T. Ashby, PBSR IV 1907, 123, tav. 13; E. Lissi Caronna,NotSc 1969, 114-120; Quilici Collatia, 51, 465, 594, 762. CFR. S. Judson, A.Kahane, PBSR 31 (1963); L. Lombardi haesaminato in corrispondenza di un piccolo parcheggio interrato, in Via del Fosso di S. Agnese, un sistema di cunicolirivestiti con intonaco bianco che alimentavano una cisterna ad uso, forse, di una villa.4) Non è forse casuale che il numero di pozzi di attingimento rinvenuti siano proprio cinque, come il numero dellefamiglie ipotizzate.5) Con la costruzione dell’Aqua Marcia, inaugurata nel 144 a.C., furono realizzati sull’Aventino i grandi serbatoi inopus reticulatum e strutture secondarie connesse all’acquedotto Marcio.6) Tre sono i punti di rinvenimento dell’acquedotto: le scaturigini, Porta Capena (Opus arcuatum proximam Portam

Capenam) e un cunicolo rinvenuto in una cava all’angolo tra Via di San Saba e Viale Aventino. Quest’ultimo fu sco-perto da Fabretti (Fabretti 1680, p. 39) e Lanciani (Lanciani 1975, p. 250), seguendone le indicazioni, lo individua inuna cava in parte ora occupata dagli edifici della sede FAO e quindi obliterata dalle costruzioni. Nella carta topogra-fica del 1907 si vede con chiarezza lo scavo della cava in parte a cielo aperto.7) Le dimensioni corrispondono a quelle riportate dal Fabretti (Fabretti 1680) che sono: 5 piedi e mezzo di altezza edi larghezza dello scavo, entro il quale vi è il condotto fasciato con tre ordini di blocchi in peperino che lasciano uncanale di un piede. Lanciani (Lanciani 1881, p. 250) indica che la copertura è a volta e rivestimento in cocciopesto conuno spessore di mezzo piede (circa 15 cm).8) Lanciani (Lanciani 1881, p. 251) afferma: L’Eiseiedlens dice “La vera bocca ed il sito della mostra (dell’acquedotto

 Appio) si dovranno ricercare presso o sotto la chiesa di S. Anna, o tutto al più fra questa e la “schola graeca... indicazio-ne che non può riferirsi né all’“aqua circuli” o di Mercurio, perché cade nella cloaca massima al Giano del foro boario,

né alla marrana Mariana, perché condotta soltanto nel duodecimo secolo”.

9) Piranesi, vol. I, Antichità Tav. XXIII, p. 9 n. 476.10) Valgono ancora le acute osservazioni di Lanciani (Lanciani 1881, p. 251).