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Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace 10 Come si crea un modello? Ciò che comunemente intendiamo per "comprendere" coincide con "semplificare": senza una profonda semplificazione, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfiderebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni. Siamo insomma costretti a ridurre il conoscibile a schema: a questo scopo tendono i mirabili strumenti che ci siamo costruiti nel corso dell’evoluzione e che sono specifici del genere umano, il linguaggio ed il pensiero concettuale. [...] Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. E’ un’ipotesi di lavoro, utile in quanto sia riconosciuta come tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, e non semplici della semplicità che piacerebbe a noi. P. Levi, I sommersi e i salvati Credo che queste parole di Primo Levi diano una descrizione molto efficace del processo e delle motivazioni che conducono a formulare un modello di un sistema, ossia di un settore limitato della realtà, o di un fenomeno, ossia di un particolare comportamento esibito dal sistema. Il termine "modello" possiede un ampio spettro di significati. In ambito scientifico, per modello di un sistema si intende, in generale, una schematizzazione che ne considera solo gli aspetti essenziali: enucleando dal sistema le sole funzioni o caratteristiche che determinano un particolare fenomeno, se ne semplifica notevolmente l’analisi e se ne garantisce la riproducibilità. Questo processo di astrazione di peculiarità non vuole fornire una rappresentazione fotografica della realtà, bensì mira ad essere strumento per interpretarla e per individuare e analizzare le regolarità che in essa si manifestano. Nell'ambito di questo corso, ci concentreremo su sistemi dinamici e in particolare su modelli di neuroni. Un modello matematico di un sistema dinamico S è costituito da equazioni, una o più, le cui singole soluzioni in risposta a un dato ingresso rappresentino una buona approssimazione delle corrispondenti variabili misurate in S: le equazioni, in generale, sono non

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Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace

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Come si crea un modello? Ciò che comunemente intendiamo per "comprendere" coincide con "semplificare": senza una profonda semplificazione, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfiderebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni. Siamo insomma costretti a ridurre il conoscibile a schema: a questo scopo tendono i mirabili strumenti che ci siamo costruiti nel corso dell’evoluzione e che sono specifici del genere umano, il linguaggio ed il pensiero concettuale. [...] Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. E’ un’ipotesi di lavoro, utile in quanto sia riconosciuta come tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, e non semplici della semplicità che piacerebbe a noi.

P. Levi, I sommersi e i salvati

Credo che queste parole di Primo Levi diano una descrizione molto

efficace del processo e delle motivazioni che conducono a formulare un

modello di un sistema, ossia di un settore limitato della realtà, o di un

fenomeno, ossia di un particolare comportamento esibito dal sistema.

Il termine "modello" possiede un ampio spettro di significati. In ambito

scientifico, per modello di un sistema si intende, in generale, una

schematizzazione che ne considera solo gli aspetti essenziali: enucleando

dal sistema le sole funzioni o caratteristiche che determinano un

particolare fenomeno, se ne semplifica notevolmente l’analisi e se ne

garantisce la riproducibilità. Questo processo di astrazione di peculiarità

non vuole fornire una rappresentazione fotografica della realtà, bensì mira

ad essere strumento per interpretarla e per individuare e analizzare le

regolarità che in essa si manifestano.

Nell'ambito di questo corso, ci concentreremo su sistemi dinamici e in

particolare su modelli di neuroni. Un modello matematico di un sistema

dinamico S è costituito da equazioni, una o più, le cui singole soluzioni in

risposta a un dato ingresso rappresentino una buona approssimazione delle

corrispondenti variabili misurate in S: le equazioni, in generale, sono non

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lineari e possono includere equazioni algebriche, equazioni differenziali

ordinarie, equazioni differenziali alle derivate parziali e/o equazioni

integrali. Spesso si ricava un modello matematico realistico combinando le

leggi fisiche di base che governano il sistema con uno "scheletro" di

modello la cui topologia è basata sulla geometria e sulla struttura del

sistema (esempio: transistor).

E’ importante notare che un modello di un sistema S non è, in generale, un

sistema equivalente a S, perchè nessun sistema reale può essere imitato

esattamente da un modello matematico: un dato sistema può anche avere

modelli distinti, a seconda dell’applicazione. Non sempre esiste dunque un

modello ottimale valido per tutte le occasioni: in ogni data situazione, il

modello migliore è il modello più semplice in grado di produrre soluzioni

realistiche.

Un modello deve soddisfare alcuni requisiti fondamentali.

In primo luogo deve essere ben posto, nel senso che, connesso con altri

modelli ben posti, non deve dar adito a situazioni non fisiche.

In secondo luogo un modello deve possedere una buona capacità di

simulazione: i risultati ottenuti utilizzando il modello devono fornire una

buona approssimazione di un insieme finito di soluzioni ammissibili -

detto insieme di verifica - misurate a priori sul sistema.

Il terzo requisito è la somiglianza qualitativa: il modello deve esibire lo

stesso comportamento qualitativo manifestato dal sistema. Se, per

esempio, in certe condizioni S dà luogo a una risposta periodica, nelle

stesse condizioni il modello deve esibire lo stesso comportamento.

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Il quarto requisito riguarda la capacità predittiva: essa riguarda la

possibilità che il modello sia in grado di predire modi di funzionamento

non noti a priori, suggerendo così nuovi esperimenti e applicazioni.

Infine, il modello deve possedere una certa stabilità strutturale: le sue

proprietà qualitative non devono cambiare in seguito a piccole

perturbazioni dei parametri.

Per i sistemi lineari esiste un teorema di rappresentazione che permette, ad

esempio, di stabilire l'equivalenza di modelli lineari, confrontando la

risposta del modello con quella del sistema da rappresentare per uno stesso

insieme di eccitazioni sinusoidali. Purtroppo la validità di questi risultati è

circoscritta ai sistemi lineari. Il teorema di rappresentazione per sistemi

non lineari dovuto a Wiener richiede, per fornire una caratterizzazione

completa, un insieme infinito di coefficienti e non esiste una prova

costruttiva per ricavarli, per cui non è facilmente utilizzabile a fini

modellistici.

La definizione di un modello avviene, finchè è possibile, seguendo

procedimenti ormai assestati nell’ambito della teoria dei sistemi e

affidandosi per il resto all’esperienza e all’abilità individuale. Per definire

modelli che esibiscano un buon grado di similitudine con il

comportamento qualitativo di sistemi reali, si fa riferimento di frequente a

due procedimenti: uno di tipo fisico, detto physical approach, e uno di tipo

sistemistico, detto black-box approach. In entrambi i casi occorre,

preliminarmente, ricavare una descrizione matematica che approssimi il

comportamento del sistema.

Poichè lo scopo di un modello è "simulare" il più accuratamente possibile

un dato sistema fisico S, è essenziale individuare tutte le proprietà

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importanti e tutti i comportamenti interessanti di S: è questa la

considerazione su cui si basa il physical approach. Il criterio più sicuro e

più logico per estrarre l’informazione su che cosa il modello deve simulare

consiste in un accurato studio dei meccanismi fisici e funzionali del

sistema: in tal caso, la validità del modello dipende dalla validità della

rappresentazione fisica del sistema e da quella di ogni approssimazione cui

si fa ricorso nel processo di approdo al modello finale.

L'efficacia di questo metodo presuppone la comprensione dettagliata dei

meccanismi fisici di funzionamento del sistema da modellare.

Sfortunatamente tale comprensione è spesso incompleta o grossolana.

Inoltre l'identificazione con la struttura interna del sistema richiede molte

ipotesi semplificative e idealizzazioni.

Nell'ambito del corso, ci concentreremo sul black-box approach, a cui

tipicamente si ricorre quando la fisica del sistema e i meccanismi di

funzionamento non sono del tutto chiari, o quando il sistema è talmente

complesso che il physical approach sarebbe improponibile.

Schematicamente si distinguono, ancora una volta, quattro passi, l'ultimo

dei quali si riferisce alla sintesi (per esempio, circuitale) del modello.

1) Il sistema viene sottoposto a diversi segnali di prova (per esempio,

impulsi, "piccoli segnali" sinusoidali a varie frequenze, segnali in

continua e a gradino di differenti ampiezze, segnali periodici

sinusoidali, triangolari e rettangolari di diverse ampiezze e periodi,

ecc.) e ogni risposta viene misurata e memorizzata per la successiva

verifica quantitativa. Dalle misure ottenute occorre estrarre anche il

maggior numero possibile di proprietà qualitative. Per esempio, la

presenza di un ciclo di isteresi di una certa forma è un’importante

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proprietà qualitativa; un'altra può essere l’esistenza di una risposta

subarmonica a particolari eccitazioni. Queste proprietà sono necessarie

per il successivo processo di verifica qualitativa.

2) Si sintetizza un modello matematico in grado di simulare la totalità o

quasi delle proprietà osservate al passo precedente. Se possibile, si

cerca di trovare un sistema di equazioni algebriche non lineari e di

equazioni differenziali ordinarie le cui soluzioni soddisfino tali

proprietà.

3) Si analizza il modello matematico elaborato: si determina se esso è in

grado di riprodurre (e, in tal caso, con quale grado di approssimazione)

i dati misurati e le proprietà qualitative osservate. Questa procedura di

verifica è in genere costituita da due fasi: nella fase di verifica

quantitativa si applicano al modello gli stessi segnali di ingresso usati

per le misure effettuate al primo passo e si confronta la corrispondente

risposta simulata al calcolatore con la risposta misurata; nella fase di

verifica qualitativa si sviluppa una dimostrazione matematica per

provare che il modello esibisce tutte le proprietà qualitative estratte al

primo passo. Questo passo è essenziale per conferire al modello

capacità predittive, dato che il modello non si basa sulla fisica del

dispositivo nè su meccanismi funzionali interni.

4) Posto che al passo 3) si sia riusciti a definire un elemento dinamico a

parametri concentrati come modello matematico di S, il passo 4)

consiste nel sintetizzare un modello (circuitale, meccanico, ecc.) a

parametri concentrati. Se, viceversa, non è stato possibile ricondursi a

un modello a parametri concentrati, giunti al passo 4) si sintetizza un

modello che comprenda sia elementi a parametri concentrati, sia

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elementi a parametri distribuiti (per esempio linee di trasmissione, nel

caso dei circuiti).

Un illustre esempio di modello ottenuto seguendo il black-box approach è

il modello di Hodgkin e Huxley, che consente di riprodurre il

comportamento caratteristico della membrana di un neurone. Partendo da

osservazioni sperimentali sulla propagazione del potenziale d’azione

sull’assone (gigante) del calamaro, negli anni ‘50 Alan Lloyd Hodgkin e

Andrew Fielding Huxley ottennero un sistema di equazioni che consentì

loro di ricavare il modello della membrana neuronale.

Per quanto riguarda il problema dell’identificazione dei parametri di

uno specifico modello, comunque lo si sia ottenuto, occorre

essenzialmente un sistema di misura efficiente direttamente associato a

un’efficace procedura di ottimizzazione computerizzata.

Sta all’abilità e all’esperienza del modellista "dosare" nel modo più

appropriato gli "ingredienti" a disposizione (le entità identificabili nel

dispositivo) e sfruttare al meglio gli strumenti concettuali di cui può

usufruire per riuscire ad ottenere il modello migliore nel senso specificato

in precedenza. A tal fine, egli dovrà usare con perizia il "rasoio di

Ockham", in modo da chiamare in causa le sole entità necessarie e

sufficienti a ottenere il risultato voluto (le semplificazioni "giustificate" di

Levi): "Non sunt multiplicanda entia sine necessitate"[1].

Il modello del sistema dinamico, una volta ricavato, va sottoposto ad

analisi (passo 3 del black box approach) per studiare esistenza e unicità

[1] Versione vulgata della formulazione ockhamistica "Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora" (Guglielmo

di Ockham, in "Expositio aurea super totam artem veterem"), ossia "Si fa inutilmente con molte cose ciò che si

può fare con poche cose".

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della soluzione, proprietà delle soluzioni, loro espressioni analitiche o

approssimazioni numeriche, ecc. Nel caso di sistemi dinamici non lineari,

tipicamente non esistono soluzioni in forma chiusa, per cui occorre

ricorrere ad altri sistemi. I principali metodi di analisi sono due:

• metodo geometrico, introdotto verso la fine dell'800 da Poincaré,

che risulta applicabile a sistemi di complessità non troppo elevata;

• metodi numerici, di integrazione numerica o di continuazione.

Nel secolo scorso, un enorme impulso allo sviluppo dell'analisi

numerica fu dato dall'introduzione dei moderni calcolatori (subito prima e

durante la seconda guerra mondiale) e dall'introduzione di linguaggi di

programmazione ad alto livello. Alan Mathison Turing e John von

Neumann furono pionieri in questo ambito.

I metodi di analisi numerica vengono programmati su calcolatori e,

applicati ad esempi significativi, forniscono risultati: l'analisi dei risultati

numerici può portare a nuove idee, nuovi algoritmi e perfino a nuove

teorie (è esattamente quanto accadde con il caos e i frattali). Per questo

l'analisi numerica può essere definita come un misto di analisi matematica

e calcolo numerico.

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Modelli di neuroni Un modello di neurone biologico è una descrizione matematica delle

proprietà di cellule nervose (neuroni) sufficientemente accurata nel

descrivere e predire processi biologici. Non appartengono a questa

categoria i cosiddetti neuroni artificiali, che sono modelli più orientati

all'efficienza computazionale (reti neurali artificiali) che alla aderenza al

sistema a cui sono ispirati.

NEURONI ARTIFICIALI Il modello più semplice di un neurone (supponiamo il j-esimo all'interno di

una rete) consiste di una variabile di uscita yj ottenuta applicando una

funzione non lineare φ (detta a volte funzione di attivazione) a una somma

di variabili di ingresso xi provenienti da altri neuroni, ciascuna moltiplicata

per un peso sinaptico wij:

j ij ii

y w x⎛ ⎞= φ⎜ ⎟⎝ ⎠∑

Questo tipo di modello, estremamente astratto, viene impiegato nelle reti

neurali artificiali e non lo considereremo nell'ambito del corso.

IL NEURONE BIOLOGICO Nel caso dei modelli di neurone biologico si utilizzano analogie fisiche

piuttosto che astrazioni quali i pesi e la funzione di attivazione.

Il neurone è una cellula eccitabile del sistema nervoso ed è in grado di

elaborare e trasmettere informazione mediante meccanismi elettrochimici.

Ci sono neuroni specializzati per determinate funzioni: sensoriali (per

rispondere al tatto, al suono, alla luce, agli odori e ad altri stimoli), motori

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(che causano contrazioni dei muscoli a seguito di stimoli da parte del

cervello), di collegamento (i cosiddetti interneuroni), ecc.

Tutti i neuroni rispondono a stimoli e/o comunicano la presenza di stimoli

al sistema nervoso centrale, che elabora l'informazione e invia le risposte

alle opportune parti del corpo. I segnali inviati/ricevuti sono di natura

elettrochimica.

Esistono neuroni di diverse forme e dimensioni. L'anatomista Camillo

Golgi ne individuò 2 classi: di tipo I, caratterizzati da lunghi assoni per

trasportare i segnali a lunghe distanze e di tipo II, privi di assone o con

assoni molto corti.

Una cellula neuronale di tipo I può essere schematizzata come nella figura

sottostante:

Il corpo cellulare (o soma) contiene il nucleo e ha molte propaggini:

alcune sono più corte (dendriti) e hanno il compito di facilitare la

ricezione di segnali da altri neuroni; una è molto più lunga e sottile

(assone), è ricoperta dalla guaina mielinica (formata da cellule gliali, come

le cellule di Schwann) e ha il compito di trasmettere segnali a distanza. La

guaina mielinica ha proprio la funzione di mantenere pressoché inalterato

il segnale trasmesso.

Nucleo

Dendrite

Soma

Assone

Guaina mielinica

Nodo diRanvier

Cellula di Schwann

Terminale assonico

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L'assone termina ramificandosi nei terminali assonici, che sono in grado di

rilasciare particelle dotate di carica (neurotrasmettitori) negli interstizi

(detti sinapsi) che li separano dai dendriti di un altro neurone.

Della funzione dei cosiddetti nodi di Ranvier parleremo più avanti.

La membrana del neurone non è uniforme e ha la proprietà di essere

elettricamente eccitabile: questo significa che, in risposta a stimoli

elettrochimici, può produrre un segnale elettrico detto potenziale

d'azione.

Vediamo meglio come è fatta la membrana dell'assone e del soma.

La membrana dell'assone e del soma è formata da un doppio strato

lipidico, con teste idrofiliche all'esterno e code idrofobiche all'interno:

Le membrane sono stabilizzate e gli ioni presenti all'interno e all'esterno in

soluzioni acquose non sono in grado di permearle in numero significativo,

a causa dei ponti idrogeno che le teste dei lipidi formano con le molecole

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di acqua. La presenza di uno strato isolante in mezzo a 2 strati conduttori

permette di assimilare la membrana cellulare a un condensatore.

La differenza di concentrazione ionica all'interno e all'esterno della

membrana determina una differenza di potenziale (tensione) ai suoi capi.

In condizioni di "riposo", la tensione di membrana (potenziale interno

meno potenziale esterno) è di circa -65mV: questo significa che la

concentrazione di ioni negativi è più alta all'interno che all'esterno della

cellula. La tensione di membrana gioca un ruolo molto importante nelle

dinamiche neuronali. Quando il valore assoluto della tensione di

membrana diminuisce, si dice che la membrana si depolarizza; quando

invece aumenta, si dice che la membrana si iperpolarizza.

Oltre ai lipidi, le membrane contengono anche canali ionici, ossia delle

proteine che costituiscono percorsi specializzati nella conduzione di ioni

attraverso la membrana:

Il canale ha una sorta di "collo di bottiglia" in cui si ha un'alta probabilità

di trovare uno ione e che serve come filtro, per selezionare il passaggio di

determinati ioni.

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"Foto" al microscopio elettronico di un canale:

Alcuni canali sono sempre "aperti" (con il meccanismo di filtraggio

descritto) e costituiscono dei "pori" nella membrana. Questi canali possono

essere rappresentati come resistori lineari collegati in serie a un generatore

di tensione costante che tiene conto dello sbilanciamento di carica tra

interno ed esterno della membrana.

Esistono poi altri canali (che si concentrano nei nodi di Ranvier

dell'assone) la cui apertura e chiusura dipende dalla tensione di membrana:

quelli più importanti riguardano il passaggio di ioni sodio (Na+), potassio

(K+) e, in misura minore, calcio (Ca++) e cloro (Cl−).

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La variazione di tensione che induce l'apertura di questi canali può

avvenire a causa del passaggio ionico attraverso i pori della membrana

(lento, passivo, dovuto a diffusione), oppure a causa di un flusso di

correnti ioniche indotto in qualche modo dall'esterno. Quando per effetto

di questi flussi ionici la membrana si depolarizza rispetto alla situazione di

riposo, la tensione di membrana sale verso lo zero: se raggiunge un valore

di soglia (intorno ai −55mV), la tensione di membrana comincia a salire

rapidamente per poi ridiminuire altrettanto rapidamente. È questo il

cosiddetto potenziale d'azione (o spike) caratteristico delle dinamiche

neuronali. Il potenziale d'azione può propagarsi lungo il neurone, causando

a sua volta l'apertura/chiusura dei canali.

Ciascuno di questi canali può essere modellato elettricamente da un

resistore con resistenza (o conduttanza) che dipende dalla tensione (o dal

tempo) collegato in serie a un generatore di tensione costante.

Quando la cellula è "a riposo" il flusso di ioni verso l'esterno è

perfettamente bilanciato da quello verso l'interno.

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Vediamo ora come è fatta la membrana dei terminali assonici.

I terminali assonici possono essere direttamente collegati con i dendriti, il

soma o (più raramente) l'assone di un altro neurone tramite sinapsi

elettriche, che permettono la trasmissione diretta di un potenziale

d'azione. Oppure, la trasmissione del potenziale di azione può essere

mediata da processi chimici: in questo caso, l'arrivo del potenziale d'azione

stimola il rilascio di neurotrasmettitori (particelle dotate di carica

contenute in vescicole) da parte del terminale assonico (del neurone

presinaptico) negli interstizi che li separano dai dendriti di un altro

neurone (post-sinaptico): gli interstizi vengono superati tramite processi

diffusivi e attivano dei recettori nel neurone post-sinaptico. In questo caso

si parla di sinapsi chimiche o elettrochimiche.

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Le sinapsi possono essere eccitatorie o inibitorie: nel primo caso stimolano

l'attività elettrica del neurone post-sinaptico, ossia depolarizzano la

membrana agevolando il raggiungimento della soglia di generazione del

potenziale d'azione; nel secondo caso iperpolarizzano la membrana,

allontanando così la tensione dalla soglia e inibendo l'attività elettrica del

neurone.

Il potenziale d'azione si propaga lungo il neurone: l'assone funge da cavo

di trasmissione, grazie alla mielinizzazione (che riduce le perdite) e grazie

alla presenza dei nodi di Ranvier che rinforzano il segnale.

Il cervello umano contiene circa 1011 neuroni, ciascuno dei quali ha in

media 7000 connessioni sinaptiche con altri neuroni.

PRINCIPALI COMPORTAMENTI DINAMICI Quando la membrana è attraversata da una corrente (ionica), che si

stabilizza a un valore costante, la tensione di membrana può dare luogo a

dinamiche molto diverse, a seconda del valore di corrente e delle

condizioni sperimentali (tipo di neurone, sue caratteristiche, caratteristiche

ambientali, ecc.). Lasciando per un attimo da parte il transitorio, i

principali tipi di regime conseguibili sono 4:

-) regime stazionario (comportamento quiescente): la tensione di

membrana è al valore di riposo (o nelle vicinanze);

-) regime periodico "spiking": il neurone genera a intervalli regolari uno

spike;

-) regime periodico "bursting": il neurone genera a intervalli regolari una

raffica ("burst") di spike;

-) regime caotico: il neurone genera spike a intervalli irregolari.

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Analizzando anche il transitorio, uno dei comportamenti tipici è il

cosiddetto adattamento della frequenza di spiking (spike frequency

adaptation), in base al quale prima di raggiungere un regime periodico

spiking un neurone varia la propria frequenza "di sparo", riducendola

progressivamente.

MODELLI DI NEURONE BIOLOGICO Il neurone può essere modellato a diversi livelli. Se si tiene conto degli

effetti propagativi, occorre fare ricorso o a equazioni differenziali alle

derivate parziali o a modelli a compartimenti, come per le linee elettriche.

Se invece si suppone che la propagazione del potenziale d'azione sia

pressoché istantanea rispetto alla scala dei tempi di generazione dello

stesso, si possono definire modelli (detti a singolo compartimento)

definiti da equazioni differenziali ordinarie ed equazioni algebriche.

Nell'ambito dei modelli di neurone biologico a singolo compartimento,

esistono fondamentalmente 2 categorie di modelli: quelli di tipo "integrate

and fire" e quelli "conductance-based".

Modelli "integrate and fire"

I modelli di tipo "integrate and fire" sono caratterizzati da un elevato

livello di astrazione. In altri termini, l'aderenza a quanto accade nei

processi bioelettrochimici che originano il comportamento dei neuroni è

molto bassa, ma si cattura l'evento più eclatante, ossia la generazione di un

potenziale d'azione o "spike". Hanno il vantaggio di poter essere utilizzati

per simulare reti di neuroni anche di elevate dimensioni.

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Il modello originale, introdotto da Lapicque nel 1907 tiene conto dei soli

effetti capacitivi di membrana:

I(t) = CM dv/dt

dove CM è la capacità di una porzione di membrana [F/cm2], v è la

tensione ai capi della stessa [V/cm2] e I(t) è la corrente (ionica) che viene

iniettata nella membrana [A/cm2].

Dunque l'equivalente elettrico è questo:

v

I(t)CM

Applicando una corrente positiva in ingresso al modello, la tensione

comincia a crescere con velocità costante finché non raggiunge un valore

di soglia VTH: a questo punto, il modello impone che v(t) produca un

impulso e ritorni quindi al valore di riposo, dopodiché si riparte con il

comportamento lineare. Da qui il nome "integra e spara".

Difetti del modello: trascura molti aspetti della natura del neurone; la

frequenza di sparo cresce linearmente senza limiti al crescere della

corrente di ingresso.

Un modello più accurato ("Leaky Integrate and Fire" o LIF) tiene conto

degli effetti di "perdita" dovuti alla presenza dei canali passivi nella

membrana:

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v

I(t)CM

RL

VL

+

Dunque il modello diventa:

I(t) = CM dv/dt + (v−VL)/RL

Ossia (esprimendo RL come 1/gL):

CM dv/dt = − gL(v−VL) + I(t)

Nuovamente, quando v(t) raggiunge la soglia VTH l'uscita del neurone

"spara" e la tensione (variabile di stato) viene riportata al valore di riposo

VRE.

Modelli "conductance-based"

In questo caso, la membrana viene modellata in maniera decisamente più

accurata, tenendo conto anche delle correnti ioniche attraverso i canali

"attivi":

Esterno della cellula v

I(t)CM

gL

VL

+

gK

VK

+

gNa

VNa

iNa iK+

Interno della cellula

N.B.: v è la tensione di membrana (potenziale interno meno potenziale

esterno) cambiata di segno.

Oltre agli elementi già noti, compaiono due rami che modellano i canali

del sodio e del potassio. Le conduttanze gNa e gK sono non lineari e

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controllate in tensione: il loro valore dipende in modo non banale dalla

tensione di membrana v.

Quello appena descritto è il modello di Hodgkin e Huxley (1952)

dell'assone gigante del calamaro, che si può formalizzare in termini

analitici come segue:

I(t) = CM dv/dt + gL(v−VL) + iNa + iK

iNa = (v−VNa) gNa(v) = (v−VNa) GNa m3h

iK = (v−VK) gK(v) = (v−VK) GK n4

con m, n e h variabili di stato (dette anche "gating variables" perchè

descrivono l'apertura/chiusura dei canali sodio e potassio) governate dalle

seguenti equazioni (ricavate empiricamente da Hodgkin e Huxley): v

80v 1010

n nn

dn 0.01(v 10)(1 n) n 0.125edt e 1

n (v) n(1 n) (v) n (v)(v)

+

⎛ ⎞+= − − =⎜ ⎟

⎝ ⎠−−

= − α − β =τ

v18

v 2510

m mm

dm 0.1(v 25)(1 m) m 4edt e 1

m (v) m(1 m) (v) m (v)(v)

+

⎛ ⎞+= − − =⎜ ⎟

⎝ ⎠−−

= − α − β =τ

v20

v 3010

h hh

dh 1(1 h)0.07e hdt e 1

h (v) h(1 h) (v) h (v)(v)

+

= − − =+

−= − α − β =

τ

Nome delle variabili: m attivazione del sodio, h inattivazione del sodio, n

attivazione del potassio. Le equazioni possono essere espresse

equivalentemente in termini delle funzioni αj(v) e βj(v) (originariamente

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introdotte da Hodgkin e Huxley), oppure delle funzioni j∞(v) e τj(v), con

j = m,n,h. Queste ultime sono legate alle precedente dalle seguenti

relazioni:

jj j

1(v)(v) (v)

τ =α +β

jj j

j j

(v)j (v) (v) (v)

(v) (v)∞

α= α τ =

α +β

e hanno un vantaggio intepretativo: le variabili j∞(v) rappresentano il

regime a cui tendono le variabili j (= m,n,h), mentre i termini τj(v) sono le

"costanti" di tempo (dipendenti da v) che governano la dinamica di

ciascuna variabile. Come sappiamo, a seconda del valore di v la dinamica

di ciascuna variabile può essere più lenta o più veloce. Le figure seguenti,

mostrano gli andamenti delle variabili j∞(v) e τj(v) al variare di v:

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Quindi il modello complessivo (del quarto ordine) è:

3 4M Na Na K K L L

dvC I(t) (v V )G m h (v V )G n (v V )gdt

= − − − − − −

v80

v 1010

dn 0.01(v 10)(1 n) 0.125e ndt e 1

+

+ −= −

v18

v 2510

dm 0.1(v 25)(1 m) 4e mdt e 1

+

+ −= −

v20

v 3010

dh h0.07e (1 h)dt e 1

+= − −+

Le tensioni sono espresse in mV, le correnti in μA/cm2, la capacità in

μF/cm2 e il tempo in ms; le variabili m, n e h sono adimensionali e sono

nell'intervallo [0,1] perchè rappresentano la frazione di canali aperti.

.

Parametri (per l'assone del calamaro a 6.3ºC, con potenziale di riposo

scalato a 0V):

CM = 1 [μF/cm2]

GNa = 120 [mS/cm2]; GK = 36 [mS/cm2]; gL = 0.3 [mS/cm2];

VNa = −115 [mV]; VK = 12 [mV]; VL = −10.6 [mV].

I modelli conductance-based sono tutti riconducibili a questo tipo di

descrizione: si possono tenere in conto canali diversi, si possono cambiare

le equazioni, ma il principio di funzionamento è quello descritto.

Al variare dei parametri, si possono ottenere tutti i comportamenti

dinamici descritti in precedenza.

Vediamo qualche altro modello appartenente a questa categoria.

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Il modello di FitzHugh-Nagumo (1962) è una semplificazione del

modello di Hodgkin e Huxley: perde aderenza con la fisica del neurone,

ma riesce a riprodurne le dinamiche essenziali.

Le semplificazioni sono legate alle osservazioni seguenti (dovute a

Richard FitzHugh, 1961):

-) le variabili n e h hanno dinamiche più lente rispetto alla variabile m;

-) per i parametri specificati da Hodgkin e Huxley, la somma n+h rimane

circa costante al valore 0.8.

Dunque le equazioni del modello di Hodgkin e Huxley possono essere

semplificate così:

3 4M Na Na K K L L

dvC I(t) (v V )G m (v)(0.8 n) (v V )G n (v V )gdt ∞= − − − − − − −

ndn(v) n (v) ndt ∞τ = −

Normalizzando le variabili e facendo qualche ulteriore semplificazione, il

modello si riduce a queste 2 ODE: 3dv vv w I(t)

dt 3= − − +

dw 0.08(v 0.7 0.8w)dt

= + −

Generalizzabili a queste due:

dv f (v) w I(t)dt

= − + , con f(v) polinomio di terzo grado

dw a(bv cw)dt

= −

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Nonostante si perda il significato fisico e le variabili siano adimensionali,

manteniamo la notazione v per la variabile che riproduce la tensione di

membrana e I(t) per la variabile che emula la corrente esterna.

La variabile w (che rappresenta l'attivazione del sodio) ha una dinamica

più lenta della variabile v. I parametri a, b, c sono costanti, con a << 1.

L'ingegnere giapponese Jin-Ichi Nagumo realizzò nel 1962 un circuito

elettronico (contenente un diodo tunnel per realizzare la nonlinearità

cubica) governato dalle equazioni di FitzHugh, per cui il modello è noto

con entrambi i nomi.

Anche il modello di Morris-Lecar (Cathy Morris e Harold Lecar, 1981) è

una riduzione del modello di Hodgkin e Huxley, in cui si considera il

canale calcio anziché quello sodio:

M Ca Ca K K L LdvC I(t) (v V )G m (v) (v V )G n (v V )gdt ∞= − − − − − −

ndn (v)[n (v) n]dt ∞= λ −

con

1

2

v Vm (v) 0.5 1 tanhV∞

⎡ ⎤⎛ ⎞−= +⎢ ⎥⎜ ⎟

⎝ ⎠⎣ ⎦

3

4

v Vn (v) 0.5 1 tanhV∞

⎡ ⎤⎛ ⎞−= +⎢ ⎥⎜ ⎟

⎝ ⎠⎣ ⎦

3n

0 4

V V1(v) coshT 2V

⎛ ⎞−λ = ⎜ ⎟

⎝ ⎠

Parametri (per un particolare tipo di neurone di un crostaceo):

CM = 5 [μF/cm2]

GCa = 4.4 [mS/cm2]; GK = 8 [mS/cm2]; gL = 2 [mS/cm2];

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VCa = 120 [mV]; VK = −84 [mV]; VL = −60 [mV];

V1 = −1.2 [mV]; V2 = 18 [mV]; V3 = 2 [mV]; V4 = 30 [mV];

T0 può variare in un ampio range per cellule diverse ed è molto sensibile

alla temperatura. Si hanno comportamenti diversi dal punto di vista delle

biforcazioni al variare di I per T0 = 15 [ms] e per T0 = 25 [ms].

Il modello di Hindmarsh-Rose (1984) è un modello fenomenologico (non

derivato direttamente da misure/osservazioni sperimentali) che può essere

visto sia come una generalizzazione delle equazioni di FitzHugh sia come

una semplificazione del modello di Hodgkin e Huxley.

Il modello permette di riprodurre anche l'adattamento della frequenza di

sparo, oltre ai comportamenti di regime più tipici (stazionario, spiking

periodico, bursting periodico, spiking irregolare o caotico).

È descritto dalle seguenti equazioni, espresse in termini di variabili

adimensionali: 3 2

2

rest

x y x bx I zy 1 5x yz [s(x x ) z]

= − + + −

= − −= μ − −

dove x gioca il ruolo della tensione di membrana, I quello della corrente, b

è un parametro di controllo che permette di cambiare il comportamento

dinamico del sistema, μ controlla la velocità di variazione della variabile

(lenta) z ossia l'efficienza dei canali lenti nello scambiare ioni, s permette

di controllare l'adattamento della frequenza di spiking, xrest corrisponde al

potenziale di riposo.

Al variare dei parametri, il modello produce dinamiche di vario tipo. In

particolare ci concentreremo sui parametri I e b.