Simone Ferrari, Nota in tema di procurata inosservanza di pena

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Cosicche, per i procedimenti pendenti alla data dientrata in vigore di esso (e vale la pena di sottolineareche il decreto, sullo specifico argomento, e stato mo-dificato in sede di conversione), il giudice di pace do-vrebbe continuare a giudicare dei reati di cui ai sud-detti articoli commessi dal 2 gennaio 2002 (data dientrata in vigore della competenza penale di tale giu-dice) al 12 agosto 2003, applicando, ai sensi dell’art. 2,3o comma, c. p., l’ammenda da euro 774,69 ad euro2.258,28 o la permanenza domiciliare da venti giorni aquarantacinque giorni ovvero il lavoro di pubblica uti-lita da uno a sei mesi, in quanto sanzioni piu favorevolial reo. Il giudice di pace potra, sempre riguardo ai reaticommessi in detto arco temporale e purche ne ricor-rano le condizioni, anche ammettere il contravventoreall’oblazione facoltativa. Al contempo, la competenzadel giudice di pace dovrebbe restare ferma anche ri-guardo ai procedimenti per reati commessi prima del13 agosto 2003 ma il cui decreto di citazione a giudiziosia stato emesso dalla polizia giudiziaria in epoca suc-cessiva, ovvero rispetto a quei processi in cui l’istrut-toria dibattimentale sia in corso alla data di entrata invigore della novella.

Claudio Papagno

PROCURATA INOSSERVANZA DI PENA

Cassazione penale, II Sezione, 20 dicembre2005 (dep. 30 gennaio 2006), n. 3613 — MorelliPresidente — Cardella Relatore — Cesqui P. M.(diff.). — Corradino, ricorrente.

Reato in genere — Favoreggiamento reale e perso-nale — Procurata inosservanza di pena — Requisiti(C. p. art. 390).

La condotta del reato di procurata inosservanza dipena consiste in un’attivita volontaria, specificamentediretta ad eludere l’esecuzione della pena, che concorrecon quella del condannato ricercato. Tale attivita, chepuo assumere le forme piu diverse, deve tuttavia risol-versi in uno specifico aiuto prestato al condannato, ido-neo a conseguire l’effetto di sottrarlo all’esecuzione dellapena. L’aiuto, inoltre, deve essere in rapporto di causalitacon l’intenzione del condannato di sottrarsi all’esecuzio-ne della pena. Ne consegue che non puo ritenersi respon-sabile del reato in esame colui che, anche se a conoscenzadella qualita di condannato di una persona e del suoproposito di sottrarsi all’esecuzione della pena, non svol-ge alcuna specifica attivita di copertura del latitante ri-spetto alle ricerche degli organi di Polizia (nella speciel’imputato si era limitato a dare alla Polizia spiegazioni,ritenute dal giudicante non plausibili, della sua presenzanel luogo ove, subito dopo, fu trovato e tratto in arrestoun latitante) (1).

Omissis. — La condotta del reato di procurata inos-servanza di pena consiste in un’attivita volontaria, spe-

cificamente diretta ad eludere l’esecuzione della pena, checoncorre con quella del condannato ricercato. Tale attivita,che puo assumere le forme piu diverse, deve tuttavia risol-versi in uno specifico aiuto prestato al condannato, idoneo aconseguire l’effetto di sottrarlo all’esecuzione della pena.L’aiuto, inoltre, deve essere in rapporto di causalita con l’in-tenzione del condannato di sottrarsi all’esecuzione della pe-na. Ne consegue che non puo ritenersi responsabile del reatoin esame colui che, anche se a conoscenza della qualita dicondannato di una persona e del suo proposito di sottrarsiall’esecuzione della pena, non svolge alcuna specifica attivitadi copertura del latitante rispetto alle ricerche degli organi dipolizia.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (sez. V,9.12.2003, Bajtrami ed altri, 229231) «Integra il reato diprocurata inosservanza di pena (art. 390 cod. pen.) — che ereato a forma libera — la condotta che costituisce concausaproduttiva dell’effetto conseguito dal condannato, sicchel’aiuto prestato deve essere in connessione causale con l’in-tenzione del condannato di sottrarsi all’esecuzione della pe-na; l’elemento soggettivo richiede il dolo generico, che pre-suppone la consapevolezza da parte dell’agente della posi-zione di condannato della persona aiutata». (In applicazionedi questo principio la S.C. ha ritenuto insussistenti gli estre-mi del reato in questione nella condotta di un componente diuna delegazione di politici albanesi — della quale facevaparte sotto falso nome un soggetto ricercato, immediatamen-te riconosciuto e arrestato dai militari della Guardia di Fi-nanza — che alla domanda degli stessi militari si limito asegnalare che detto soggetto faceva parte della delegazionediretta a Strasburgo, non ravvisando in tale condotta unaforma qualsiasi di aiuto, posto che effettivamente la delega-zione albanese in rappresentanza di diversi partiti si stavarecando a Strasburgo per partecipare ad un incontro sullacriminalita).

Nel caso di specie, il Corradino, si limito a dare alla poliziaspiegazioni, ritenute dal giudicante non plausibili, della suapresenza nel luogo ove, subito dopo, fu trovato e tratto inarresto un latitante; ma non pare che questa condotta pre-senti i requisiti suddetti, in particolar modo quello dellaidoneita a determinare l’effetto di aiutare il condannato asottrarsi alla cattura. — Omissis.

(1) Nello stesso senso della sentenza in epigrafe, lagiurisprudenza di legittimita ha recentemente af-

fermato che integra il reato di procurata inosservanzadi pena (art. 390 c. p.) — che e reato a forma libera —la condotta costituente concausa produttiva dell’effet-to conseguito dal condannato, sicche l’aiuto prestatodeve essere in connessione causale con l’intenzione delcondannato di sottrarsi all’esecuzione della pena; l’ele-mento soggettivo — secondo la Corte — richiede ildolo generico, che presuppone la consapevolezza daparte dell’agente della posizione di condannato dellapersona aiutata (in applicazione di questo principio laCassazione ha ritenuto insussistenti gli estremi del de-litto in questione nella condotta del componente diuna delegazione di politici albanesi — della quale fa-ceva parte sotto falso nome un soggetto ricercato, im-mediatamente riconosciuto e arrestato dai militari del-la Guardia di Finanza — che alla domanda degli stessi

massima per il reato di falsa testimonianza previsto dall’art. 372c. p. La Suprema Corte (Sez. I, 18 novembre 1996, Giansante,in Cass. pen., 1998, 836) sul tema, preciso che, poiche dettanorma era di carattere sostanziale e soltanto come effetto riflessocomportava lo spostamento della competenza dal pretore altribunale, per i fatti commessi in data anteriore all’entrata in

vigore della suddetta disposizione continuavano ad applicarsi,in forza dell’art. 2, 3o comma, c. p., i limiti di pena preesistentie, conseguentemente, in assenza di disposizioni transitorie, lacompetenza continuava ad appartenere al pretore. V. pure, ana-logamente, Cass., Sez. I, 20 febbraio 1996, ivi, 1997, 94; Id., Sez.I, 4 aprile 1996, Scandaliato, ivi, 1996, 1849.

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militari si limito a segnalare che detto soggetto facevaparte della delegazione diretta a Strasburgo, non rav-visando in tale condotta una forma di aiuto, posto cheeffettivamente la delegazione albanese in rappresen-tanza di diversi partiti si stava recando a Strasburgo perpartecipare ad un incontro sulla criminalita) (Cass.,Sez. V, 9 dicembre 2003, Bajrami Fatbardha, in Riv.Pen., 2005, 1016). In sostanza, la Corte di cassazionevuole giustamente sottolineare che occorre una qual-che idoneita dell’aiuto a raggiungere l’effetto propo-sto1.

Come e evidente, la norma di cui all’art. 390 c. p.rappresenta un’ipotesi speciale di favoreggiamento etende ad assicurare l’effettivita della pena2. Il delittopuo essere commesso da qualsiasi persona che non siastata concorrente nel reato per il quale la pena e statainflitta3.

Il nucleo essenziale della condotta consiste nell’«aiu-tare», cioe in un comportamento diretto a realizzareinteressi altrui prima che interessi propri. Percio, l’aiu-to deve essere prestato a «taluno», vale a dire a personadiversa dall’agente. L’aiuto puo essere prestato nonsolo con attivita materiali, ma anche con consigli oistigazioni4.

In particolare, si e deciso che non e responsabile delreato chi, pur consapevole della condizione di condan-nato che si sottrae all’ordine di carcerazione, non svol-ge alcuna specifica attivita di copertura del latitanterispetto alle ricerche degli organi di Polizia, ma intrat-tiene con questi rapporti interpersonali leciti, ove postiin essere per umana solidarieta (nel caso di specie,l’imputata aveva presentato il proprio medico di fami-glia al latitante, che viveva sotto falso nome, pur nellaconsapevolezza della falsa identita dello stesso, e loaveva accompagnato all’ambulatorio di questi)5.

A nostro avviso occorre pero non fraintendere il ri-ferimento al concetto di «umana solidarieta»: l’averagito per motivi di «umanita» non elimina l’illiceita delfatto (qualora ricorrano tutti gli estremi del delitto diprocurata inosservanza di pena), ma rileva soltanto,eventualmente, ai fini dell’applicabilita dell’attenuantedi cui all’art. 62, n. 1, c. p.

La legge non specifica quale debba essere il tipo dipena all’esecuzione della quale si aiuta taluno a sottrar-si. Puo trattarsi, dunque, tanto di pena principale,quanto di pena accessoria. L’aiuto (che puo essere pre-stato prima che la sentenza o il decreto divenga esecu-tivo, purche dopo la sua pronuncia) deve avere effettosu una pena ormai eseguibile, cioe inflitta con una sen-tenza divenuta irrevocabile ed esecutiva o con un de-creto penale divenuto esecutivo. Puo trattarsi pure di

aiuto a non rientrare in carcere dopo un permesso o diaiuto a un evaso. L’aiuto prestato prima della pronun-cia della sentenza o del decreto potrebbe costituire ildelitto di favoreggiamento personale (art. 378 c. p.)6.

Come per il favoreggiamento l’aiuto deve consisterein fatti positivi e non in omissioni. Un consiglio soltan-to generico non puo essere considerato un «aiuto» aisensi dell’articolo in esame. E neppure lo puo il sem-plice rifiuto di fornire notizie utili alle ricerche7.

La giurisprudenza di merito ha precisato che il ver-bale di vane ricerche non rappresenta un presuppostodel reato di cui all’art. 390 c. p., in quanto commettetale illecito anche colui che, in assenza di una previavana ricerca del condannato, agevola la sua consape-vole e volontaria sottrazione alla carcerazione dispostadall’Autorita giudiziaria competente8.

Il delitto si consuma nel momento in cui l’inosser-vanza di pena raggiunge, in concreto, il suo «massimoapprofondimento»9. Il reato puo assumere anche laforma eventualmente permanente, come nel caso di chiocculta il condannato in un luogo sicuro per un certotempo10. Il tentativo e ammissibile.

Il dolo e generico11. Segnatamente, la procuratainosservanza di pena esige che l’aiuto sia diretto anchesoggettivamente a sottrarre il condannato all’esecuzio-ne della pena; e non soltanto, ad esempio, a dargli unlavoro o soccorrerlo perche malato12.

Il reato e attenuato se l’agente e un prossimo con-giunto della persona aiutata, ovvero se nel termine ditre mesi dal giorno in cui il condannato si e sottrattoall’esecuzione della pena, procura la cattura del con-dannato stesso o la presentazione di lui all’Autorita.

Occorre poi non confondere il delitto in discussionecon quello di favoreggiamento personale. In partico-lare, il reato di cui all’art. 378 c. p. ha come presuppo-sto la commissione (senza compartecipazione) di altroreato per il cui accertamento siano in corso indagini; e,quindi, favoreggiato puo essere solo colui che e inda-gato o imputato del medesimo. Una generica condottadi favoreggiamento per la sottrazione all’esecuzione diuna pena inflitta per un reato definitivamente accerta-to, concretizza invece gli estremi del reato di procuratainosservanza di pena13.

Tuttavia, il delitto di procurata inosservanza di penanon concorre con quello di favoreggiamento. Non con-dividiamo percio l’orientamento giurisprudenziale cheritiene configurabile il concorso formale tra i due reatiin discorso: «Il reato di favoreggiamento personale hacome presupposto la commissione, da parte di un altrosoggetto, di un altro delitto per il cui accertamentosiano in corso indagini, e si concreta con l’agevolazione

1 In quest’ottica v., in dottrina, Pagliaro, Principi di dirittopenale, parte speciale, II, Milano, 2000, 243; B. Romano, Delitticontro l’amministrazione della giustizia, Milano, 2002, 310.

2 Fiandaca-Musco, Diritto penale, parte speciale, 3a ed., I,Bologna, 2002, 418.

3 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 238.4 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 242.5 Cass., Sez. VI, 15 gennaio 2003, Pipone, in Riv. Pen., 2004,

135.6 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 242.7 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 242; contra An-

tolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, 14a ed., II,Milano, 2003, 533.

8 Trib. Milano, 22 dicembre 2000, in Foro Ambrosiano, 2001,11.

9 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 245.10 Cantone, in Lattanzi-Lupo, Codice penale, IV, II, Mi-

lano, 2005, 188.11 Fiandaca-Musco, Diritto penale, cit., 420; B. Romano,

Delitti contro l’amministrazione della giustizia, cit., 312.12 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 244.13 Cass., Sez. I, 18 ottobre 1995, Sgaramella, in Cass. Pen.,

1996, 2947.

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prestata a sottrarsi alle indagini stesse o alle ricercheconseguenti, mentre la procurata inosservanza di penasi esplica con qualsiasi aiuto volontariamente prestatoalla persona gia definitivamente condannata al fine disottrarsi all’esecuzione della pena inflitta» (fattispecierelativa ad ospitalita, presso la propria abitazione, pre-stata a condannato per delitto ammesso al regime disemiliberta, in relazione alla quale la Cassazione haritenuto l’ipotizzabilita del concorso formale tra le duefigure criminose)14.

Infine, una precisazione sui rapporti tra la procuratainosservanza di pena e la procurata evasione (art. 386c. p.): il bene giuridico tutelato dalle due norme e in-fatti simile. Vi e pero una differenza, dovuta al fattoche, contrariamente alla procurata evasione, la fattis-pecie qui considerata presuppone necessariamenteuna sentenza gia pronunciata. Ancora piu evidente chenell’evasione risulta, dunque, la finalita di tutela del-l’autorita delle decisioni giudiziarie in materia penale,con una specificazione nel senso di tutela del processoesecutivo scaturente da un provvedimento del giudicepenale15.

Simone Ferrari

MANDATO DI ARRESTO EUROPEO

Cassazione penale, VI Sezione, 12 dicembre2005 (dep. 20 dicembre 2005), n. 46357 — LeonasiPresidente — Di Virginio Relatore — Monetti P. M.(conf.). — Cusini, ricorrente.

Liberta personale dell’imputato — Mandato di ar-resto europeo — Segnalazione nel S.I.S. — Mancatoinvio del mandato — Misure cautelari — Perdita diefficacia — Esclusione (L. 22 aprile 2005, n. 69, artt. 6,13).

In tema di mandato di arresto europeo, nel procedi-mento per la convalida dell’arresto della persona richie-sta dall’estero, e sufficiente che pervenga entro il terminedi cui all’art. 13, 3o comma, L. 22 aprile 2005, n. 69, lasegnalazione della persona nel S.I.S. effettuata dall’au-torita competente, contenente le sole indicazioni previ-ste dal 1o comma dell’art. 6 L. 22 aprile 2005, n. 69. Neconsegue che non determina la perdita di efficacia delprovvedimento emesso dal presidente della corte di ap-pello il mancato arrivo della relazione sui fatti addebitatialla persona (1).

Omissis. — Ricorre C. R. avverso ordinanza della Cor-te d’Appello di Venezia in data 28.10.2005, che ha

rigettato richiesta tendente ad ottenere la dichiarazione diinefficacia della convalida del suo arresto, operato il13.10.2005 in esecuzione di mandato europeo, per essereinutilmente decorso il termine di dieci giorni di cui all’art. 13c. 3 l. 22.4.2005 n. 69. Aveva ritenuto l’ordinanza che lasegnalazione inserita nel Sistema Informativo Schengen(SIS) contenesse gia tutte le indicazioni di cui all’art. 6 c. 1della legge e che fosse stata pertanto rispettata la prescrizio-

ne dell’art. 13 c. 3. Deduce la ricorrente inosservanza oderronea applicazione della predetta norma: l’interpretazionecontenuta nell’ordinanza equivarrebbe a negarle qualsiasipossibilita di applicazione, posto che l’esistenza della segna-lazione costituisce presupposto necessario dell’arresto; edunque mai potrebbe verificarsi in concreto l’ipotesi sanzio-nata con la perdita di efficacia della convalida. Diversamenteda quanto ritenuto in motivazione, poi, l’equipollenza tramandato di arresto e segnalazione, ai fini del perdurare del-l’efficacia del provvedimento di convalida oltre il termine didieci giorni, e prevista per il caso in cui la segnalazione con-tenga tutte le indicazioni previste dall’art. 6, e non soltantoquelle previste dal primo comma, che l’ordinanza richiama;e percio anche la relazione di cui al quarto comma. Cio senzadire, infine, che la segnalazione non conterrebbe neppuretutte le indicazioni richieste dal primo comma, essendo in-dicata soltanto la pena massima edittale, e non quella mini-ma, prevista per il reato dalla legislazione dello Stato emit-tente.

Le censure della ricorrente non possono ritenersi fondate.Non e esatta l’affermazione secondo cui l’interpretazione

dell’art. 13 c. 3 l. n. 69/2005 fatta propria dall’ordinanzatoglierebbe in pratica alla norma qualsiasi possibilita di ap-plicazione; ed e anzi quella prospettata nel ricorso che pri-verebbe di qualsiasi portata applicativa la prevista equipara-zione, ai fini dell’efficacia della convalida, tra mandato diarresto e segnalazione. Tale equiparazione, invero, non eautomatica ed incondizionata, ma opera esclusivamente peril caso in cui la segnalazione contenga le indicazioni di cuiall’art. 6; ed e quindi inoperante nella diversa ipotesi in cui lasegnalazione, pur efficace ai fini dell’arresto ad iniziativadella polizia giudiziaria dal momento che l’art. 11 della leggenon richiama l’art. 6, tali indicazioni non contenga o noncontenga completamente. La tesi della ricorrente, per con-tro, secondo cui soltanto l’acquisizione del mandato di arre-sto e della documentazione allegata entro il termine di diecigiorni dalla convalida impedirebbe la perdita di efficaciadella medesima, e incompatibile col disposto del citato terzocomma dell’art. 13, negando qualsiasi effetto alla previsionedi tale norma nella parte in cui essa equipara al mandato diarresto la segnalazione corredata di tutti gli elementi di cuiall’art. 6. Compete al giudice di merito il controllo dellacompletezza della segnalazione ai fini della valutazione dellasua equipollenza al mandato di arresto; e nella specie questocontrollo e stato effettuato con esito positivo, accertando lapresenza nella segnalazione di tutti gli elementi previsti dal-l’art. 6.

Sostiene nondimeno la ricorrente che il richiamo all’art. 6riguarderebbe nella loro interezza le disposizioni in esso con-tenute; e percio non soltanto il primo comma, ma anche ilquarto, che prevede «una relazione sui fatti addebitati allapersona della quale e domandata la consegna, con l’indica-zione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commis-sione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica»; eche le indicazioni contenute nella segnalazione sarebbero, inconseguenza, comunque incomplete e percio inidonee aconferirle, ai fini dell’efficacia della convalida, valore equi-pollente a quello del mandato di arresto. Tale tesi non apparecondivisibile. Se pure l’art. 13 c. 3 rinvia genericamente, perquanto attiene ai requisiti della segnalazione, all’art. 6 e nongia al suo primo comma soltanto, si deve ritenere che i re-quisiti stessi siano esclusivamente quelli indicati nel primocomma e che tra di essi non rientri pertanto la relazione dicui al quarto comma, che non e qualificata dalla norma comeinformazione obbligatoriamente contenuta nel mandato diarresto ma come allegato obbligatorio allo stesso. Ne conse-gue che la relazione, al pari degli altri elementi indicati nelquarto comma, e necessaria ai fini della decisione sulla ri-chiesta di consegna, ma non costituisce elemento necessariodella segnalazione e non puo ritenersi richiamata anch’essa

14 Cass., Sez. I, 30 maggio 1997, Piva, in Cass. Pen., 1998,1107.

15 Pagliaro, Principi di diritto penale, cit., 238.

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