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×C 2016 Institute of Food Technologists® doi: 10.1111/1541-4337.12199 Vol. 00, 2016 Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety Sicurezza microbiologica del legno a contatto con gli alimenti: una revisione Florence Aviat, Christian Gerhards, José juan Rodriguez-Jerez, Valérie Michel, Isabelle Le Bayon, Rached Ismail, and Michel Federighi Riassunto: L’imballaggio degli alimenti svolge molteplici funzioni, offrendo protezione dalla fase del raccolto fino al momento in cui il cibo viene portato in tavola. Nella letteratura vengono menzionati quattro gruppi principali di materiali per il contatto diretto con gli alimenti: legno, vetro, plastica e metallo. Questa revisione è incentrata sul legno come materiale da imballaggio per il contatto diretto con gli alimenti. In Europa, il legno come materiale a contatto con gli alimenti è soggetto al Regolamento europeo (CE) n. 1935/2004, che afferma che i materiali non devono trasferire i loro costituenti agli alimenti. Attualmente, il legno, come altri materiali da imballaggio, non è soggetto a un regolamento specifico, armonizzato a livello europeo, pertanto gli Stati membri legiferano a livelli diversi. Per secoli il legno è stato utilizzato in modo sicuro nel contatto con gli alimenti, ma è generalmente messo in discussione a causa del suo comportamento microbiologico rispetto ai materiali a superficie liscia. In base a una revisione delle conclusioni pubblicate di studi scientifici condotti nell’arco degli ultimi 20 anni e dopo aver descritto le proprietà generali degli imballaggi in legno, ci concentreremo sullo stato microbiologico del legno naturale. Discuteremo poi i parametri che influenzano la sopravvivenza dei microorganismi sui materiali in legno. Infine, riferiremo in merito al trasferimento di microorganismi dal legno agli alimenti e presenteremo i fattori che influiscono su tale fenomeno. Questa revisione dimostra che la natura porosa del legno, soprattutto se confrontata con superfici lisce, non è responsabile della limitata igiene del materiale utilizzato nell’industria alimentare e che può persino rappresentare un vantaggio per il suo stato microbiologico. In effetti, la sua superficie ruvida o porosa genera spesso delle condizioni sfavorevoli per i microorganismi. Inoltre, il legno è dotato della particolare caratteristica di produrre componenti antimicrobiche in grado di inibire o limitare la crescita di microorganismi patogeni. Parole chiave: alimenti, microorganismi, imballaggio, sicurezza, legno MS 20151732 presentato 19/10/2015, accettato 19/1/2016. Autori Aviat, Ismail, e Federighi di LU NAM , Oniris, SECALIM, route de Gachet, CS 40706, 44307, Nantes, Francia e INRA, UMR1014 SECALIM, 44307,Nantes, Francia. Autore Gerhards della Facoltà di Scienze Biologiche, Albstadt- Sigmaringen Univ., Anton-Guenther-Str. 51, 72488 Sigmaringen, Germania. Autore Rodriguez- Jerez della Facoltà di Scienze Veterinarie, Univ. Auto `noma de Barcelona, Travesera dels Turons S/N, Campus UAB, 08193 Bellaterra (Barcelona), Spagna. Autore FCBA, alle ´e de Boutaut, BP 227, 33028, Bordeaux, France. Inviare eventuali richieste direttamente all’autore Aviat (E-mail: [email protected]). Formattato: Inglese (Stati Uniti) Formattato: Inglese (Stati Uniti)

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×C 2016 Institute of Food Technologists®

doi: 10.1111/1541-4337.12199 Vol. 00, 2016 • Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety

Sicurezza microbiologica del legno a contatto con gli alimenti: una revisione Florence Aviat, Christian Gerhards, José juan Rodriguez-Jerez, Valérie Michel, Isabelle Le

Bayon, Rached Ismail, and Michel Federighi

Riassunto: L’imballaggio degli alimenti svolge molteplici funzioni, offrendo protezione dalla fase del

raccolto fino al momento in cui il cibo viene portato in tavola. Nella letteratura vengono menzionati quattro

gruppi principali di materiali per il contatto diretto con gli alimenti: legno, vetro, plastica e metallo. Questa

revisione è incentrata sul legno come materiale da imballaggio per il contatto diretto con gli alimenti. In

Europa, il legno come materiale a contatto con gli alimenti è soggetto al Regolamento europeo (CE) n.

1935/2004, che afferma che i materiali non devono trasferire i loro costituenti agli alimenti. Attualmente, il

legno, come altri materiali da imballaggio, non è soggetto a un regolamento specifico, armonizzato a livello

europeo, pertanto gli Stati membri legiferano a livelli diversi. Per secoli il legno è stato utilizzato in modo

sicuro nel contatto con gli alimenti, ma è generalmente messo in discussione a causa del suo comportamento

microbiologico rispetto ai materiali a superficie liscia. In base a una revisione delle conclusioni pubblicate di

studi scientifici condotti nell’arco degli ultimi 20 anni e dopo aver descritto le proprietà generali degli

imballaggi in legno, ci concentreremo sullo stato microbiologico del legno naturale. Discuteremo poi i

parametri che influenzano la sopravvivenza dei microorganismi sui materiali in legno. Infine, riferiremo in

merito al trasferimento di microorganismi dal legno agli alimenti e presenteremo i fattori che influiscono su

tale fenomeno. Questa revisione dimostra che la natura porosa del legno, soprattutto se confrontata con

superfici lisce, non è responsabile della limitata igiene del materiale utilizzato nell’industria alimentare e che

può persino rappresentare un vantaggio per il suo stato microbiologico. In effetti, la sua superficie ruvida o

porosa genera spesso delle condizioni sfavorevoli per i microorganismi. Inoltre, il legno è dotato della

particolare caratteristica di produrre componenti antimicrobiche in grado di inibire o limitare la crescita di

microorganismi patogeni.

Parole chiave: alimenti, microorganismi,

imballaggio, sicurezza, legno

MS 20151732 presentato 19/10/2015, accettato 19/1/2016. Autori Aviat, Ismail, e Federighi di LU NAM , Oniris, SECALIM, route de Gachet, CS 40706, 44307, Nantes, Francia e INRA, UMR1014 SECALIM, 44307,Nantes, Francia. Autore Gerhards della Facoltà di Scienze Biologiche, Albstadt-Sigmaringen Univ., Anton-Guenther-Str. 51, 72488 Sigmaringen, Germania. Autore Rodriguez- Jerez della Facoltà di Scienze Veterinarie, Univ. Autonoma de Barcelona, Travesera dels Turons S/N, Campus UAB, 08193 Bellaterra (Barcelona), Spagna. Autore FCBA, allee de Boutaut, BP 227, 33028, Bordeaux, France. Inviare eventuali richieste direttamente all’autore Aviat (E-mail: [email protected]).

Formattato: Inglese (Stati Uniti)

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Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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Introduzione L’imballaggio degli alimenti svolge molteplici funzioni: offre protezione dalla fase del raccolto fino al

momento in cui il cibo viene portato in tavola, preserva, trasporta, distribuisce e fornisce informazioni al

consumatore. Nella letteratura vengono menzionati quattro gruppi principali di materiali per il contatto

diretto con gli alimenti: legno (tutti i materiali del settore della silvicoltura, carta/cartone inclusi), vetro,

plastica e metallo. Questa revisione è incentrata sul legno come materiale da imballaggio per il contatto

diretto con gli alimenti.

L’utilizzo del legno come materiale da imballaggio è iniziato durante l’Impero romano. Affermandosi

rispetto all’anfora, la botte in legno è stata poi utilizzata per 2000 anni quasi esclusivamente per la

maturazione, la conservazione, il trasporto e la vendita del vino. L’entità del volume di vino un tempo

trasportato nei tini in legno è evidenziata dal fatto che i grossi quantitativi sono ancora misurati in

“tonnellate”. Nel ventesimo secolo, emersero altri materiali per la costruzione delle botti, quali

calcestruzzo, vetroresina e acciaio inossidabile, ma l’uso delle botti in legno è persistito nei settori del vino

e del vino distillato, dell’aceto balsamico e dell’olio di oliva. La botte in legno non è soltanto un contenitore

per la conservazione, ma incide anche in modo diretto sulla struttura e sull’aroma del vino. Oltre alle botti

per vino e vino distillato, la presenza di legno a contatto diretto con gli alimenti si ritrova anche in altre

forme, quali utensili da cucina, taglieri e casse e cesti per il raccolto, la conservazione e il trasporto. In

particolare, gli “imballaggi leggeri in legno” sono utilizzati per casse, cesti e scatole per frutta e verdura,

frutti di mare, pesce e prodotti caseari. Attualmente, tali imballaggi sono realizzati a partire da materie

prime ottenute da foreste gestite in maniera sostenibile. In Europa, vi sono 80 milioni di ettari di foresta,

l’80% dei quali è gestito in modo sostenibile, e ad essere sfruttato è solo il 64% dell’incremento annuale di

queste foreste.

Questo tipo di imballaggio soddisfa alcuni requisiti dei consumatori, quali la sostenibilità dello sviluppo,

nonché l’uso di imballaggi naturali e la protezione degli alimenti, di cui garantisce la sicurezza.

In Europa, il legno come materiale a contatto con gli alimenti è soggetto al “Regolamento (CE) n.

1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 sui materiali e sugli articoli

destinati a entrare in contatto con gli alimenti che abroga le Direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE”.

(Anonimo 2004c). Si tratta del testo di riferimento che stabilisce i principi generali (Anonimo 2004a).

Riguarda materiali e articoli già a contatto con gli alimenti, materiali e articoli destinati al contatto con gli

alimenti e materiali e articoli che potrebbero ragionevolmente essere portati a contatto con gli alimenti o

trasferire i loro costituenti agli alimenti in condizioni d’uso normali o prevedibili. L’Articolo 3 di questo

regolamento afferma che “i materiali e gli articoli, inclusi materiali e articoli attivi e intelligenti, dovranno

essere prodotti in conformità alle norme di Buona pratica di fabbricazione, in modo tale che non

trasferiscano i loro costituenti agli alimenti in quantità che potrebbero: (a) mettere a rischio la salute

dell’uomo; o (b) causare un cambiamento inaccettabile nella composizione degli alimenti; o (c) provocare

un deterioramento delle caratteristiche organolettiche. Etichettatura, promozione e presentazione di un

materiale o di un articolo non dovranno risultare ingannevoli per i consumatori”. Nell’Allegato I di questo

regolamento, è fornito un elenco di 17 materiali e articoli, incluso il legno, che potrebbero essere soggetti

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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a misure specifiche. Ad oggi, misure specifiche sono state armonizzate e adottate a livello europeo per le

plastiche, i derivati epossidici, i materiali attivi e intelligenti, la cellulosa rigenerata e le ceramiche, ma non

ancora per il legno.

Il Regolamento della Commissione “(CE) n. 2023/2006 del 22 dicembre 2006 sulle norme di Buona

pratica di fabbricazione per i materiali e gli articoli destinati a entrare in contatto con gli alimenti” si

applica a tutti i gruppi di materiali e articoli elencati nell’Allegato I al Regolamento (CE) 1935/2004

(Anonimo 2006). Questi devono essere prodotti secondo le norme di Buona pratica di fabbricazione (Good

Manufacturing Practice, GMP). L’Articolo 3 di questo regolamento afferma che “per Buona pratica di

fabbricazione (GMP) s’intendono quegli aspetti del sistema di garanzia della qualità che assicurano che

materiali e articoli siano prodotti e controllati in modo coerente, tale da garantirne la conformità alle

norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi adeguati all’impiego cui sono destinati, senza

comportare rischi per la salute umana o modificare in modo inaccettabile la composizione del prodotto

alimentare o provocare un deterioramento delle caratteristiche organolettiche dello stesso”.

Fatta eccezione per questi principi generali, a livello europeo non sono state stabilite norme specifiche

per i materiali in legno. Tuttavia, il servizio scientifico interno della Commissione, il Joint Research Centre,

ha recentemente dimostrato interesse nei settori dei materiali a contatto con gli alimenti e ha stabilito

politiche EU al riguardo avvalendosi di supporti e riferimenti scientifici e tecnici indipendenti, basati

sull’evidenza. In aggiunta ai regolamenti europei, descriviamo ora in maggior dettaglio quelli di Francia,

Spagna e Germania, dal momento che questi 3 Paesi sono tra i maggiori produttori e acquirenti di

imballaggi in legno a livello europeo.

In Francia, l’uso del legno come materiale idoneo al contatto con gli alimenti è regolato dal French

Arrêté del novembre 1945 (Anonimo 1945) e dalla nota informativa della Direzione generale francese per

le politiche sulla concorrenza, il consumo e il controllo delle frodi (General Directorate for Competition

Policy, Consumer Affairs and Fraud Control, DGCCRF) contenuta nel Decreto n. 2012–93 (Anonimo 2012).

Il French Arrêté´ del 15 novembre 1945 autorizza l’uso del legno di quercia, castagno, frassino, carpino e

acacia per il contatto con qualsiasi alimento; e del legno di noce, olmo e pioppo per il contatto con

alimenti solidi. Questo testo, scritto per strumenti di misurazione senza alcuna relazione con il problema

dei “materiali a contatto con gli alimenti”, continua a essere utilizzato in assenza di un testo che lo abroghi

o lo modifichi. La nota informativa n. 2012-93 del DGCCRF francese è stata redatta sotto forma di

raccomandazioni per le parti interessate del settore del legno (Anonimo 2012). La nota autorizza altre

specie legnose (abete, abete rosso e così via) per il contatto con gli alimenti.

In Spagna, la disposizione specifica è stata inserita nel Decreto 2484–1967 (Anonimo 1967) e nel Decreto

Reale 888–1988 (Anonimo 1988). Il Decreto spagnolo dell’ottobre 1967 autorizza l’uso del legno come

materiale da imballaggio, senza differenziare tra specie. I materiali con corpi estranei o parassiti e il legno

resinoso sono stati esclusi dall’uso per l’affumicatura del pesce. Nell’ambito dello stesso regolamento, il

riutilizzo del legno è considerato accettabile, previa pulizia e disinfezione. Tuttavia, nel DR 888–1988,

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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l’Articolo 5 afferma che gli imballaggi in legno non sono materiali riutilizzabili, presumendo che, come gli

imballaggi in cartone e in polistirolo, non possano essere puliti e sanitizzati dopo l’uso.

Il regolamento tedesco sull’igiene della carne “Fleischhygiene- Verordnung-FlHV” (Anonimo 1997a)

afferma dal 1997 che “le superfici ( . . . ) che sono a contatto con prodotti alimentari devono essere in

buono stato di manutenzione e facili da pulire o disinfettare, ove necessario” (Capitolo II, 1.6).

Nell’Appendice 2, si asserisce che l’uso del legno è consentito esclusivamente nelle camere di affumicatura

e maturazione, nei taglieri o per il trasporto di prodotti a base di carne confezionata (Capitolo I e 2).

L’Appendice 2a specifica per gli stabilimenti alimentari approvati all’interno dell’UE che “l’uso dei pallet di

legno è autorizzato solo per il trasporto di carne o prodotti a base di carne confezionati”. Requisiti legali

simili concernenti l’uso del legno sono stati stabiliti dal regolamento tedesco sull’igiene della carne di pollo

“Geflügelfleisch-Verordnung-GFLHV” a partire dal 1997 (Anonimo 1997b). Entrambi i regolamenti sono

stati sostituiti in data 15 agosto 2007, quando è entrato in vigore il regolamento tedesco sull’Igiene dei

prodotti alimentari di origine animale (“Tierische Lebensmittelhygiene-Verordnung- Tier-LMHV”)

(Anonimo 2007a). Questo regolamento non fa alcuna menzione dell’uso del legno; né lo fa la Legge

tedesca LFBG (“Lebensmittel- und Futtermittelgesetzbuch”) su cibi, prodotti di consumo e alimentazione

del 2005, il cui emendamento più recente risale al 5 dicembre del 2014 (Anonimo 2005). Il regolamento

tedesco sull’igiene nella produzione, nel trattamento e nel commercio dei prodotti alimentari

(“Lebensmittelhygiene-Verordnung-LMHV”) del 2007, insieme all’ultimo emendamento del 14 luglio 2010,

è stato approntato per risolvere specifiche problematiche igieniche (Anonimo 2007b). L’Articolo 6 verte su

alcuni prodotti alimentari tradizionali, non soggetti ai requisiti del Regolamento (CE) n. 852/2004 relativi a

locali, utensili e attrezzature (Anonimo 2004b). Questi prodotti alimentari sono elencati nell’Allegato 3 del

regolamento: per i prodotti a base di latte, è possibile usare utensili in legno; nel caso della carne tritata

sottoposta a fermentazione naturale, è ammesso l’uso di sbarre in legno per appendere il prodotto

durante la fermentazione o l’affumicatura. Le stesse disposizioni si applicano alle carni crude. Per le

preparazioni alimentari quali dolci, zuppe e stufati, possono essere utilizzati utensili in legno. Per la frutta

e la verdura in salamoia acida o agrodolce, le verdure fermentate o l’aceto, è ammesso l’utilizzo per la

produzione di botti in legno. Infine, l’utilizzo di utensili in legno per la produzione è consentito per il pane

e altri prodotti da forno. Al di fuori delle eccezioni elencate, questo regolamento non fa menzione dell’uso

dei materiali in legno. In Germania quindi, l’uso del legno a contatto con gli alimenti non è regolamentato

dalla legislazione nazionale, fatto salvo per gli specifici prodotti alimentari menzionati sopra.

Per secoli il legno è stato utilizzato in modo sicuro nel contatto con gli alimenti. Frutta e verdura, nonché

pesce fresco o affumicato, sono stati conservati in casse da imballaggio in legno. Nella produzione

tradizionale di formaggi e vino, tavole e botti in legno hanno svolto un ruolo essenziale. Vi sono molti altri

esempi di impiego del legno come materiale da imballaggio leggero e tuttavia ruvido o poroso ottenuto

da fonti naturali. Ciò nonostante, sono state mosse obiezioni all’uso del legno a contatto diretto con gli

alimenti, dal momento che si tratta di un materiale generalmente considerato meno igienico di altri

materiali lisci o sintetici. Ad oggi, non vi è alcuna evidenza che un uso adeguato del legno, che tenga conto

degli standard igienici relativi a produzione, conservazione e applicazioni, abbia favorito l’insorgenza di

patologie di origine alimentare. Tuttavia, a partire dagli anni ’90, le ricerche condotte sull’uso del legno a

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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contatto con gli alimenti hanno portato a un parziale capovolgimento di tale concezione. Da allora, è stata

condotta una serie di studi scientifici sul legno e sul suo stato microbiologico, volti a valutare l’impatto di

pulizia, disinfezione, contenuto di umidità e tipo di legname sulla sopravvivenza e sul trasferimento di

microorganismi. Ad esempio, tra il 1992 e il 1993, la Food and Drug Administration statunitense ha

sponsorizzato un’indagine telefonica a livello nazionale, che ha raccolto dati per valutare le pratiche di

trattamento degli alimenti messe in atto dai consumatori e la loro consapevolezza dei rischi microbiologici

(Klontz e altri, 1995). Gli intervistati dovevano parlare inglese, avere un’età pari almeno a 18 anni e vivere

in una casa dotata di attrezzature da cucina. È stato portato a termine un totale di 1620 interviste, per un

tasso di risposta del 65%. I risultati principali dell’indagine hanno suggerito che alcune pratiche ad alto

rischio erano piuttosto comuni, ad esempio il consumo di uova crude, hamburger poco cotti e frutti di

mare crudi e la mancata attenzione alla possibilità di una contaminazione crociata tra gli alimenti,

conseguente all’impiego di taglieri non puliti adeguatamente. Da allora, sebbene gli studi abbiano fornito

risultati diversi in relazione al recupero di batteri sulla superficie dei taglieri in legno (Abrishami e altri,

1994; Ak e altri, 1994a), gli Autori hanno raccomandato l’adozione di pratiche più sicure, come la pulizia

della superficie dei taglieri.

In questa revisione, presentiamo innanzitutto le proprietà generali degli imballaggi in legno per il

contatto diretto con gli alimenti: materiali in legno e loro proprietà meccaniche, fisiche e naturali, uso

degli imballaggi in legno nell’industria alimentare e alcuni esempi della percezione dei consumatori

relativa agli imballaggi in legno. Nella seconda parte, descriviamo lo stato microbiologico del legno

naturale per il legname utilizzato nella fabbricazione degli imballaggi in legno e i metodi di analisi

microbiologica dei materiali in legno ad oggi disponibili. Successivamente, discutiamo i parametri che

influenzano la sopravvivenza dei microorganismi sui materiali in legno, quali trattamento degli alimenti,

pulizia e disinfezione e composti antibatterici presenti nel legno. Infine, riferiamo in merito al

trasferimento di microorganismi dal legno agli alimenti e presentiamo i fattori che influiscono su tale

fenomeno: le proprietà intrinseche dei materiali in legno, il tempo di contatto tra legno e alimenti a

contatto diretto e il contenuto di umidità del legno.

Imballaggi in legno Caratteristiche del legno

Il legno è forse il materiale più antico utilizzato dall’uomo. La sua struttura è cellulare e porosa. Inoltre,

è un materiale eterogeneo, altamente anisotropo e alquanto igroscopico. Per anisotropo si intende che le

sue proprietà fisiche variano a seconda dell’orientamento delle fibre. Igroscopico significa che l’acqua può

essere trattenuta nelle cellule del legno da forze molecolari o capillari. Il legno è un componente

importante degli alberi, che possono essere grossolanamente suddivisi in 2 categorie: conifere o alberi di

legno morbido e latifoglie. Entrambi i gruppi includono migliaia di specie diverse.

La struttura del legno si forma durante la crescita dell’albero. La struttura e le proprietà del legno sono

influenzate da fattori genetici e ambientali (Wodzicki 2001). La sua resistenza meccanica e il trasporto di

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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acqua e nutrienti sono forniti da una struttura unica, formata da cellule biologiche. Le cellule del legno

hanno un orientamento prevalentemente longitudinale, ovvero, nella direzione del tronco. Nel legno di

conifera, queste cellule sono chiamate tracheidi. Hanno una lunghezza da 3 a 5 mm e un diametro di 20-

80 µm. Nel legno di latifoglie, le cellule sono più corte (0,7-3 mm), più strette (fino a 20 µm) e non sono

usate per il trasporto di liquidi (Monteiro 2014). Queste cellule sono chiamate fibre del legno. Il trasporto

dell’acqua nel legno di latifoglie è fornito da strutture speciali denominate elementi vascolari. Solo la

parte più esterna del tronco, chiamata alburno, è coinvolta nel trasporto dell’acqua, mentre non lo è la

parte più interna, il cosiddetto durame. A causa della presenza di depositi minerali, gomme e resine, il

durame appare di colore più scuro rispetto all’alburno. I tipici anelli di accrescimento del legno sono

dovuti a effetti stagionali. Durante l’inverno, l’albero non cresce, mentre in primavera si formano cellule a

parete sottile e con ampie cavità (legno primaticcio). D’estate, le pareti delle cellule si ispessiscono e il

diametro delle cavità diminuisce (legno tardivo). Questi anelli annuali sono visibili nelle superfici legnose e

dipendono dalla direzione della segagione (Monteiro 2014).

L’acqua può essere trattenuta nella struttura del legno come acqua legata incongelata o come acqua

libera (Engelund e altri, 2013). L’acqua libera si localizza nelle cavità delle cellule, se il contenuto in acqua

è al di sopra del cosiddetto punto di saturazione delle fibre (PSF). Il PSF varia da specie a specie, ma

corrisponde a un contenuto in acqua pari circa al 28%-30% (peso dell’acqua/peso del legno secco). Le

proprietà fisiche del legno (ad esempio, resistenza meccanica, elasticità, conduttività termica) sono

fortemente correlate al contenuto in acqua al di sotto del PSF, mentre lo sono appena al di sopra del PSF

(Monteiro 2014). Il legno secco, utilizzato nella maggior parte delle applicazioni tecniche, ha un contenuto

di umidità inferiore al 19%, mentre per il legno verde il contenuto di umidità va dal 60% al 200% (Greer e

Pamberton, 2008). Pertanto, l’acqua presente nel legno secco deve essere considerata acqua legata, e

viene assorbita nelle regioni amorfe delle pareti delle cellule, costituite da cellulosa, emicellulosa e lignina.

Durante l’assorbimento dell’acqua è possibile notare un rigonfiamento considerevole di queste regioni

amorfe (Engelund e altri, 2013).

La relazione tra contenuto in acqua e umidità relativa all’equilibrio (relative humidity, RH, correlata

all’attività dell’acqua secondo un fattore 100) è data dall’isoterma di assorbimento. Una tipica isoterma di

assorbimento mostra un contenuto in acqua del 7% a una RH del 30%, del 10% a una RH del 60% e del

14% a una RH dell’80% (TIS 2015). Pertanto, il legno può assorbire una notevole quantità d’acqua e

rilasciarla nuovamente, a seconda dell’umidità relativa dell’ambiente. L’assorbimento di acqua causa un

rigonfiamento della struttura del legno, mentre la sua eliminazione determina una contrazione della

struttura. Questa contrazione macroscopica va tenuta in considerazione quando il legno è esposto a

un’umidità variabile.

Il legno contiene nella sua struttura porosa un certo numero di composti liberi a basso peso molecolare,

chiamati estratti (Stevanovic e altri, 2009). Questo nome generico deriva dal fatto che tali componenti,

data la loro natura chimica, possono essere estratti utilizzando solventi. Includono composti organici

volatili e composti organici non volatili (Stevanovic e altri, 2009). Sebbene gli estratti volatili rappresentino

solo una piccola percentuale degli estratti del legno, influenzano l’acidità del legno (Stevanovic e altri,

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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2009), l’igroscopicità, il colore (Gierlinger e altri, 2004; Amusant e altri, 2007), l’odore, le proprietà

meccaniche, nonché la durabilità naturale dei materiali in legno (Schultz e altri, 2000; Aloui e altri, 2004).

Gli alberi sono molto diversi. Le proprietà del legno variano a seconda della specie, delle condizioni di

crescita e del contenuto di umidità. Pertanto, le seguenti caratteristiche fondamentali distinguono i

materiali in legno da altri materiali: eterogeneità, igroscopicità, anisotropia, elasticità, impregnabilità e

acidità.

Imballaggi in legno: proprietà e usi In base alla sua funzione, ogni imballaggio può essere classificato come primario, a contatto diretto con

gli alimenti, o come secondario o terziario a seconda del numero di strati presenti tra l’imballaggio e il

prodotto alimentare che contiene. L’imballaggio primario contiene il prodotto; è il contenitore a diretto

contatto con il prodotto alimentare. L’imballaggio secondario consiste in una seria di imballaggi primari

per agevolare la consegna del prodotto ai banchi vendita e può poi costituire unità di vendita al

consumatore. L’imballaggio terziario è utilizzato per proteggere e trasportare il prodotto tra i negozi.

Il legno è dotato di proprietà meccaniche, fisiche e chimiche naturali favorevoli per un materiale da

imballaggio. Le sue proprietà meccaniche sono la resistenza alle forze, ovvero a compressione, tensione e

flessione, la resistenza agli urti e alla scheggiatura e la durezza. Un’altra proprietà fisica è la bassa

conduttività termica ed elettrica. Tuttavia, il legno ha un’elevata capacità di idratazione, che può essere

dimostrata da un assorbimento di acqua piuttosto ingente in base alle condizioni ambientali.

All’equilibrio, il legno presenta un dato contenuto di umidità, dipendentemente dall’umidità relativa

dell’ambiente circostante. Di fatto, l’acqua è presente ovunque nel legno fresco o raccolto; nei pori del

legno, all’interno delle cellule ed entro le loro pareti. Il tronco è fortemente impregnato d’acqua, sebbene

il durame contenga meno acqua libera dell’alburno, che del tronco rappresenta la parte viva e funzionale.

Il legno appena tagliato o legno verde contiene una quantità d’acqua che dipende dalla specie di legname.

Oltre al suo contenuto di umidità naturale, la struttura di legno e legname è dotata anche della capacità di

assorbire o rilasciare acqua in equilibrio con l’umidità atmosferica dell’ambiente o con gli alimenti con cui

si trova a diretto contatto. Questa è una delle caratteristiche ricercate dagli operatori nei settori ittico,

ortofrutticolo e caseario. Inoltre, la maggior parte delle specie legnose è caratterizzata da un pH acido

dovuto alla presenza di acidi naturali. Il pH può variare da 4,3 (larice europeo) a 5,2 (pino del Paraná)

(Fengel e Wegener, 1989). Questa caratteristica influenza la sopravvivenza dei batteri sulle superfici

legnose.

Gli imballaggi in legno sono costituiti prevalentemente da elementi di legno grezzo, assicelle di legno

segato, tranciato o sfogliato, impiallacciato e lavorato, associate alla fabbricazione di cassette, vassoi,

cestini o contenitori per formaggio. Gli imballaggi leggeri in legno vengono utilizzati durante il raccolto,

l’immagazzinamento, la conservazione e il trasporto. A seconda della specifica normativa vigente a livello

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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nazionale e delle catene di commercializzazione, possono essere considerati sia per uso singolo che come

imballaggi riutilizzabili.

La Tabella 1 offre alcuni esempi del grado di diffusione del legno utilizzato come materiale da

imballaggio per prodotti alimentari e settori diversi.

Percezione relativa agli imballaggi in legno Secondo consumatori e clienti, alcuni dei principali vantaggi commerciali degli imballaggi in legno sono

la naturalezza e sostenibilità, la leggerezza e le qualità di resistenza e buona capacità di conservazione,

anche in condizioni di umidità, grazie alla porosità e alla capacità di assorbimento del materiale. Tuttavia,

da un punto di vista igienico, l’ultima caratteristica potrebbe essere considerata svantaggiosa.

A tal riguardo, è disponibile un certo numero di studi sulla percezione dei consumatori relativa agli

imballaggi in legno, come lo studio condotto dall’Università di Lille 1 in Francia e dal French Technical

Cheese Institute (ITFF) (Gigon e Martin, 2006). Nel caso specifico della stagionatura del formaggio, questo

lavoro ha fornito informazioni sulla percezione dei prodotti messi a maturare in contenitori in legno da un

punto di vista sensoriale e della sicurezza alimentare. L’indagine si è basata su un questionario inviato per

posta ad alcuni consumatori, che a loro volta lo inoltravano a un’altra persona, assicurando così la

casualità del campionamento. Il pannello è risultato formato da 322 individui (50% donne, 50% uomini) di

età da 18 a più di 55 anni; per il 30% si trattava di studenti, per il 19% di lavoratori occasionali e per il

12,7% di dipendenti. Gli altri erano amici o parenti. Il 78% degli intervistati percepiva il legno come

sinonimo di calore, cordialità, benessere e tradizione. I consumatori con meno di 25 anni erano meno

ricettivi rispetto all’uso del legno per la stagionatura del formaggio. Si è osservato che circa il 70% dei

partecipanti preferiva acquistare formaggio in imballaggi in legno piuttosto che in confezioni di plastica.

Questa tendenza è stata confermata dal 60% circa degli intervistati, che riteneva che “un prodotto in un

imballaggio in legno è più invitante”. Più del 60% degli intervistati ha inoltre affermato che “i prodotti

alimentari in un imballaggio in legno hanno un aspetto sano”, mentre solo il 30% riteneva che “il legno è

un materiale che preserva gli alimenti”. Queste tendenze dimostrano che gli imballaggi in legno

garantiscono la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari. Un ultimo punto importante è che il concetto

di “rispetto per l’ambiente” si è dimostrato potente: più dell’80% degli intervistati riteneva che “l’uso del

legno per imballare gli alimenti contribuisce a proteggere l’ambiente”. Pertanto, questa indagine ha

evidenziato che la maggior parte dei consumatori rifletteva un’immagine positiva del legno utilizzato a

contatto con gli alimenti.

Gli autori di un altro studio, realizzato in Spagna nel 2002, hanno condotto 1004 interviste telefoniche

rivolte a un campione rappresentativo del Paese, costituito da uomini e donne di età compresa tra 15 e 74

anni; lo scopo dell’indagine era apprendere se gli intervistati nutrissero delle preoccupazioni in merito

all’igiene di confezioni di materiali diversi per prodotti ortofrutticoli, e quale offrisse loro un’immagine più

naturale, una qualità adeguata e vantaggi dal punto di vista ambientale (FEDEMCO e Partner Espana S.A.

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

9

2002). Lo studio ha concluso che la questione igienica preoccupava oltre l’80% degli intervistati. Il 70% di

questi riteneva che il legno fosse il materiale dall’aspetto più naturale rispetto agli altri. Tuttavia, solo il

60% valutava positivamente il legno come materiale igienico, mentre il 30% riteneva che non lo fosse.

Inoltre, gli imballaggi in legno erano considerati occupare una posizione lievemente migliore rispetto ad

altri materiali in termini di sostenibilità e associazione con prodotti di qualità.

Imballaggi in legno e valutazione della sicurezza alimentare Il legno può essere contaminato in molti modi diversi e può anche comportare dei rischi per la salute.

Nel 2007, la Commissione per il Codex Alimentarius ha pubblicato una linea guida (CAC/GL 62–2007) per

“fornire un orientamento ai governi nazionali per la valutazione, la gestione e la comunicazione del rischio

in relazione ai rischi per la salute dell’uomo connessi ai prodotti alimentari” (Anonimo 2007c). Tale linea

guida ricorda che l’obiettivo degli studi di analisi del rischio applicati alla sicurezza alimentare è quello di

garantire la tutela della salute dell’uomo e produrre alimenti sicuri. L’OMS raccomanda inoltre che “i

governi, giocando un ruolo chiave nello sviluppo di politiche e assetti normativi, rendano la sicurezza

alimentare una priorità di salute pubblica, stabilendo e implementando sistemi efficaci di garanzia della

stessa che assicurino che produttori e fornitori lungo tutta la catena alimentare operino in modo

responsabile e forniscano alimenti sicuri ai consumatori” (Anonimo 2014). I prodotti alimentari possono

comportare dei pericoli per la salute legati a rischi chimici, microbiologici e di altro tipo.

Ad esempio, gli alimenti possono essere contaminati da sostanze chimiche responsabili di avvelenamento

acuto o dello sviluppo di tumori. La contaminazione microbiologica degli alimenti può essere causata da

microorganismi diversi. Nel 2015, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e il Centro europeo per la

prevenzione e il controllo delle malattie hanno pubblicato una relazione riguardante “Tendenze e fonti

delle zoonosi, agenti zoonotici ed epidemie di origine alimentare nel 2013” (EFS e Autorità, 2015), che ha

presentato le più importanti epidemie in 32 Paesi europei. Dal 2005, Campylobacter continua a essere il

patogeno batterico più comunemente descritto a livello gastrointestinale nell’Unione europea e il 31,4%

dei campioni (singoli o in lotto) di carne di pollo fresca è risultato essere Campylobacter-positivo, mentre

la sua presenza in altri prodotti alimentari è stata rilevata a livelli molto bassi. Nel 2013, sono state

segnalate 414 epidemie da Campylobacter, 32 delle quali erano con forte evidenza epidemie legate alla

carne di pollo e ai suoi prodotti; le altre coinvolgevano carne di pollame misto o non specificato e relativi

prodotti, nonché latte e alimenti misti. La salmonellosi rappresenta la seconda infezione più diffusa in

Europa, con un totale di quasi 83.000 casi confermati descritti. I prodotti alimentari contaminati da

Salmonella includono carne fresca bovina, di pollo e di maiale, ma la fonte più importante è

rappresentata dalle uova. Questo studio ha segnalato che la prevalenza dei sierotipi di Salmonella oggetto

di interesse è diminuita in tutte le popolazioni di pollame. Ciò nonostante, in questi 32 Paesi europei,

Salmonella è rimasta l’agente causale rilevato con maggior frequenza nelle epidemie di origine alimentare

(22,5% del totale delle epidemie). Il terzo patogeno più comune responsabile di casi ed epidemie

nell’uomo è Listeria. In Europa sono stati segnalati 1763 casi confermati di listeriosi nell’uomo, con 91

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

10

decessi. I prodotti alimentari contaminati da L. monocytogenes erano innanzitutto alcuni cibi pronti

(ready-to-eat, RTE) venduti al dettaglio (la percentuale più alta di campioni positivi nelle vendite al

dettaglio riguardava prodotti ittici [soprattutto pesce affumicato], formaggi a pasta molle e semimolle,

prodotti RTE a base di carne e formaggi a pasta dura). Nel 2013 sono state segnalate 13 epidemie di

listeriosi, comprese 8 la cui fonte era chiara, ad esempio crostacei, frutti di mare, molluschi e prodotti

derivati. In quarta posizione si situa Escherichia coli produttore di verocitotossina (verocytotoxigenic

Escherichia coli, VTEC), responsabile di 6043 casi in Europa e il cui sierotipo più comune è il sierotipo

O157. Il patogeno è stato individuato in ruminanti (bovini, ovini, caprini) e carni derivate. Nel 2013,

nell’UE sono state segnalate 73 epidemie correlate a VTEC; il veicolo principale erano le carni bovine e i

prodotti derivati, seguiti da “verdure, succhi e altri prodotti derivati” e formaggi. Altri microorganismi

responsabili di epidemie di origine alimentare nell’UE sono stati Brucella e Trichinella.

In relazione ai prodotti in legno, Abdul-Mutalib e altri (2015) hanno individuato la presenza di batteri su

26 taglieri da cucina (in plastica o in legno) raccolti a livelli diversi in locali di produzione alimentare in

Malesia. I ricercatori hanno utilizzato tecniche di pirosequenziamento e di reazione polimerasica a catena

(polymerase chain reaction, PCR) quantitativa per studiare la diversità microbica in questi 26 campioni e

per identificare i batteri di origine alimentare in essi presenti. Abdul-Mutalib e colleghi (2015) hanno

dimostrato che ogni campione conteneva una comunità microbica fortemente diversificata e hanno

identificato 40 batteri. Hanno inoltre dimostrato che l’abbondanza di agenti microbici sulla superficie dei

taglieri raccolti a livelli diversi in locali di produzione alimentare era molto simile. Ancora, gli Autori non

hanno registrato una correlazione tra il materiale dei taglieri e l’abbondanza di agenti microbici

individuata sulla loro superficie. Abdul-Mutalib e colleghi (2015) hanno raccomandato un corretto

trattamento degli alimenti in tutte le cucine per evitare l’insorgenza di patologie di origine alimentare.

Tabella 1 - Esempi di utilizzo di legno grezzo, lavorato e non trattato nell’industria alimentare.

Settore Prodotto in legno Impiego Qualità del legno Specie legnosa

Domestico Utensili da cucina Culinario Longevità, comodità e

sicurezza per

l’utilizzatore, semplicità

di manutenzione

Bosso, ulivo, faggio

Domestico Taglieri Taglio Comodità e sicurezza per

l’utilizzatore, semplicità

di manutenzione

Faggio duro

Liquidi Botti Utensili

tecnologici,

conservazione

Aroma, conservazione

per l’invecchiamento di

vini e liquori

Quercia, castagno

Liquidi Scatole promozionali Bevande

spiritose,

bottiglie d’olio o

di vino

Imballaggi secondari di

lusso

Pino

Prodotti ittici Ceste per ostriche e

molluschi

Marketing,

trasporto

Mantenimento degli

scambi di umidità

Pioppo, legno bianco

Prodotti ittici Scatole per pesce e frutti

di mare

Marketing,

trasporto

Mantenimento degli

scambi di umidità

Pioppo, legno bianco,

pino

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

11

Formaggi Tavole per la stagionatura

del formaggio

Utensili

tecnologici,

conservazione

Conservazione del

biofilm per la

stagionatura del

formaggio

Abete, faggio

Formaggi Scatole, porta formaggi,

base delle scatole

Trasporto,

marketing

Promozione degli scambi

di umidità

Pioppo, pino

Prodotti

ortofrutticoli

Casse Trasporto,

marketing

Promozione degli scambi

di umidità

Pioppo, pino

Carni Taglieri, ceppi da taglio Taglio Comodità e sicurezza per

l’utilizzatore, semplicità

di manutenzione

Legno di latifoglie

Carni Terrine Marketing Imballaggi di lusso Pioppo, pino

Dolci, prodotti da

forno

Stampi, teglie, porta

crostate, base delle scatole

Uso culinario,

marketing

Cottura in forno o

microonde,

mantenimento degli

scambi (umidità, sapori e

calore) e della fragranza

Pioppo

Contatto con prodotti

alimentari

Confezioni da regalo Cioccolato, sale,

dolci, carni,

conserve

Imballaggi di lusso Pioppo, pino

Trasporto Casse Conservazione

prodotti

ortofrutticoli

Conservazione a lungo

termine, stoccaggio

Pino

Trasporto Pallet Imballaggi

primari/secondari

Conservazione a lungo

termine, stoccaggio

Pino

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

12

Ad oggi, il legno come materiale a contatto con gli alimenti non è risultato responsabile di alcuna

epidemia di origine alimentare, e tuttavia tende a essere considerato meno igienico rispetto ad altri

materiali a contatto con gli alimenti quali plastica, acciaio inossidabile e vetro, tutti utilizzati nell’industria

alimentare. Questa concezione nasce dal fatto che il legno è noto per essere un materiale poroso, difficile

da disinfettare. Sebbene meno comune al giorno d’oggi, l’uso del legno a contatto con gli alimenti è stato

in genere ritenuto igienico e sicuro. Viene estesamente utilizzato nel mondo in alcuni settori tradizionali,

quali l’industria vinicola, la produzione di formaggi, la conservazione di prodotti ortofrutticoli e il trasporto

di prodotti ittici e carni. Di conseguenza, è necessario siano disponibili metodiche per lo studio dei

materiali in legno in “ambienti microbiologici” diversi, a seconda dei diversi settori alimentari che

utilizzano il legno come materiale a contatto diretto con gli alimenti. In questa sezione quindi, dopo una

nota relativa alla flora microbica naturale del legno, descriveremo alcune metodiche per la rimozione di

microorganismi dal legno al fine di condurre studi incentrati specificamente sui materiali in legno. In primo

luogo, discuteremo la sopravvivenza di alcuni microorganismi sul legname dopo le fasi di fabbricazione, la

disinfezione, o in presenza di composti antibatterici derivati dal legno. Se i microorganismi sopravvivono

sulle superfici a contatto con gli alimenti, possono essere trasferiti a questi ultimi ed essere anche

responsabili di fenomeni di contaminazione crociata. Questo punto importante per l’industria alimentare

sarà affrontato in relazione al caso dei materiali in legno a contatto con gli alimenti. Chiaramente, il

concetto di superfici di lavoro igieniche destinate al contatto diretto con gli alimenti è importante in

quanto queste stesse superfici, di qualunque materiale siano, possono essere responsabili di crisi

sanitarie. Per il consumatore, i rischi principali derivano dalla diversità degli alimenti portati a contatto con

le superfici di lavoro. Ad esempio, una particolare popolazione microbica dell’alimento A può contaminare

l’alimento B per contaminazione crociata sulla superficie di lavoro (Brown e altri, 1988). Per l’industria

alimentare, il rischio deriva dalla quantità di prodotti preparati e spediti su larga scala, che possono

causare importanti epidemie di patologie di origine alimentare.

Stato microbiologico naturale delle superfici legnose È noto che il legno contiene naturalmente una popolazione microbica in base al proprio contenuto di

umidità, allo stato di decomposizione, alla durata del periodo di conservazione dopo il taglio dell’albero

(Dutkiewicz e altri, 1992) e dopo il contatto con l’acqua, come dimostrato da Beyer e altri (2002) con i

pallet in legno. I microorganismi descritti in diversi studi non sono generalmente patogeni alimentari, ma

fanno parte della flora totale di microorganismi comunemente presente nel suolo e sulle piante. Questa

popolazione naturale di microorganismi, come i coliformi totali, può derivare da fonti diverse, ad esempio

la microflora naturale del terreno (Cosenza e altri, 1970) o i sistemi radicali.

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

13

Metodi di analisi microbiologica del legno come materiale a contatto con

gli alimenti Le superfici legnose non sono generalmente considerate lisce, in quanto sono ruvide o porose. Sulle

superfici legnose sono stati utilizzati metodi quantitativi per l’analisi della contaminazione microbica, quali

i metodi basati su piastre da contatto con terreno agar e la tecnica dello swabbing (Miller, 1996; Lortal e

altri, 2009), in conformità agli standard internazionali ISO 18593:2004 (Anonimo 2004a). Tuttavia, questi

metodi presentano bassi tassi di recupero su questo tipo di materiale poroso (Carpentier, 1997). Sono

state impiegate anche altre tecniche, come i metodi con stomacher e con ultrasuoni (Le Bayon e altri,

2010) e il brushing (spazzolamento) (Mariani e altri, 2007), ma non esiste alcuna metodica standard di

recupero descritta per le superfici legnose, a causa della difficoltà di recuperare microorganismi da questo

materiale naturale (Isma¨ıl e altri, 2013). Isma¨ıl e altri (2014) hanno dimostrato che utilizzando metodi

distruttivi quali levigatura o piallatura si poteva ottenere un tasso più alto di recupero dei microorganismi

presenti sulle superfici legnose. Questi Autori hanno dimostrato che la levigatura era la metodica più

affidabile per il recupero di microorganismi da campioni di legno di pioppo, pino e abete, con una resa

media del 30,1% per Listeria monocytogenes sui campioni di abete e per Escherichia coli su quelli di

pioppo e del 30,4% per Penicillium expansum sui campioni di pioppo, a un contenuto di umidità del legno

pari al 37%. La piallatura è risultata essere una metodica efficiente per campioni di legno di spessore

maggiore. Tuttavia, non esiste alcuna evidenza scientifica riguardo la probabilità di ritrasferimento sulla

superficie dei microorganismi intrappolati all’interno delle cavità delle superfici legnose. Su questo punto

dovranno essere condotti ulteriori studi.

Sopravvivenza dei microorganismi sulle superfici legnose: parametri

significativi Impatto dei composti antibatterici del legno. Come tutte le piante, gli alberi possono essere soggetti

all’attacco di microbi, contro i quali hanno sviluppato una serie di strategie difensive. La prima è

rappresentata dalla loro struttura e dall’esistenza di superfici protettive, come il periderma e il ritidoma,

che impediscono l’ingresso di microorganismi dall’esterno (Pearce 1996). Questa prima linea di difesa è

integrata all’interno dell’albero da altri meccanismi, quali la bassa disponibilità attiva o passiva di ossigeno

nei tessuti più profondi, la presenza di altre barriere anatomiche, l’accesso limitato ai nutrienti necessari

per la sopravvivenza dei microorganismi, la sintesi di enzimi litici e gomma e la presenza di composti

antimicrobici (Pearce 1996). Questi ultimi sono un meccanismo di difesa importante a causa della loro

persistenza, persino, ad esempio, quando l’albero viene trasformato in materiale per il contatto diretto

con gli alimenti (Canillac e Mourey, 2001).

In effetti, sono stati condotti diversi studi sulle proprietà antimicrobiche dei composti del legno. Nella

maggior parte dei casi, i microorganismi bersaglio sono a contatto con componenti purificati o con estratti

del legno ottenuti dopo estrazione con un solvente. Questi microorganismi sono solitamente batteri,

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

14

lieviti e muffe rilevanti ai fini dell’igiene degli alimenti. I composti più frequentemente studiati

appartengono a un numero limitato di classi: fenoli, lignani, tannini, stilbeni, flavonoidi e terpenoidi

(Pearce 1996). I loro effetti sono descritti come antimicrobici nei confronti dei batteri, ma non è chiaro se

si tratti di effetti batteriostatici o battericidi (Mourey e Canillac, 2002); in genere, ciò dipende dalla

concentrazione del componente antimicrobico e dal ceppo del microorganismo. Gli effetti sulle muffe

sono controversi. Alcuni studi non hanno osservato alcun effetto inibitorio di flavonoidi e composti

fenolici su Aspergillus niger (Rauha e altri, 2000), mentre altri hanno dimostrato un effetto inibitorio di

stilbeni (pinosilvina) e flavonoidi (pinocembrina) su Aspergillus fumigatus e Penicillium brevicompactum

(Valimaa e altri, 2007). Un altro stilbene, resveratrolo, ha mostrato un effetto inibitorio significativo su

muffe presenti sulla pelle umana, nonché su S. aureus, un altro abitante naturale della pelle (Chan e altri,

2002). Nel complesso, i lieviti sono generalmente inibiti da estratti del legno o composti purificati (Lee e

altri, 2005). Ad esempio, Valimaa e altri (2007) hanno dimostrato una forte attività inibitoria nei confronti

di Candida albicans e Saccharomyces cerevisiae con estratti del legno o composti purificati (pinosilvina e

pinocembrina). Questo risultato è stato successivamente confermato per la pinosilvina da Plumed-Ferrer e

altri (2013) su Saccharomyces cerevisiae.

Per quanto riguarda le cellule batteriche, alcuni studi hanno dimostrato un effetto inibitorio di estratti

del legno o composti purificati su un’ampia gamma di batteri di interesse nel campo dell’igiene degli

alimenti. Pertanto, Karaman e altri (2003) hanno condotto uno screening su larga scala di un ampio

numero di specie legnose (54) e ceppi batterici (143). Gli Autori hanno utilizzato estratti ottenuti dal

Juniperus oxycedrus e dimostrato che il metanolo era il solvente migliore per estrarre dal legno composti

dotati di un effetto inibitorio sui ceppi testati, mentre gli estratti ottenuti mediante estrazione acquosa

non hanno mostrato alcun effetto inibitorio. Ciò è dovuto alla capacità di concentrare alcune sostanze

presenti nelle piante. Se la loro solubilità in acqua è alta, le proprietà antibatteriche vengono perse dopo il

lavaggio. Quando le sostanze chimiche antibatteriche sono apolari, possono migrare nel polimero delle

resine o in altri polimeri organici, portando a una stabilizzazione nel tempo di tali proprietà. I dati ottenuti

hanno inoltre dimostrato reazioni molto diverse nei 143 ceppi; infine, sono stati inibiti solo 54 ceppi

appartenenti a 24 specie batteriche diverse. È importante osservare che nessuno dei funghi testati si è

dimostrato sensibile agli estratti del legno (Karaman e altri, 2003).

Questa diversità in termini di attività è stata riscontrata anche in altri lavori. Ad esempio, Canillac e

Mourey (2001) hanno testato olii essenziali estratti dal pino marittimo su Listeria monocytogenes,

Staphylococcus aureus e su coliformi fecali (Escherichia coli, Klebsiella oxytoca, Enterobacter cloacae).

Solo L. monocytogenes e S. aureus sono stati inibiti da questi estratti, che non hanno invece inibito i

coliformi (Mourey e Canillac, 2002). Viceversa, secondo Chacha e altri (2005), E. coli nonché Bacillus

subtilis e S. aureus sono stati inibiti sia da flavoni che da isoflavoni estratti dal legno. L. monocytogenes è

un batterio che è stato testato in numerosi studi, mostrando ogni volta sensibilità a estratti o a composti

purificati (Mourey e Canillac, 2001; Plumed-Ferrer e altri, 2013).

Il meccanismo d’azione dei composti implicati in tali effetti non è chiaro. In effetti, è difficile trovare una

spiegazione per la diversità di comportamento dei batteri menzionati sopra. Ad esempio, Plumed-Ferrer e

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

15

altri (2013) hanno segnalato che la pinosilvina esercita un reale effetto inibitorio su batteri Gram-positivi

(L. monocytogenes, S. aureus, B. cereus), ma non sui lattobacilli e, in particolare, su Lactobacillus

plantarum. Differenze nelle caratteristiche di membrana e la capacità di depolarizzazione della stessa

potrebbero spiegare tale diversità (Plumed-Ferrer e altri, 2013). Evidentemente, il legno contiene diversi

composti dotati di effetti antimicrobici su un ampio numero di microorganismi (batteri, lieviti, muffe) di

interesse nel campo dell’igiene degli alimenti, ma il cui meccanismo d’azione non è noto. Per quanto a

nostra conoscenza, nessuna ricerca ha testato questi composti sui virus. Sono necessarie ulteriori ricerche

per identificare con precisione i diversi composti e il loro meccanismo d’azione, sebbene alcuni siano già

impiegati in trattamenti medici (resveratrolo) o nello sviluppo di film per l’imballaggio di prodotti

alimentari (Chana-Thaworn e altri, 2011).

È necessario parlare delle procedure normalizzate per la valutazione delle proprietà antibatteriche del

legno: ISO-22196:2011 è una norma che si applica alla plastica e alle sostanze non porose (Anonimo 2011),

mentre alle sostanze tessili si applica la norma ISO-20743:2013 (Anonimo 2013). ISO 22196 è una norma

valida, ma la matrice polimerica del legno può frequentemente trattenere microorganismi, con la

possibilità di una valutazione in eccesso dell’attività antibatterica (Anonimo 2011). Secondo Isma¨ıl e altri

(2014), l’utilizzo di metodiche distruttive porta a risultati microbiologici migliori. Per valutare l’effetto

antibatterico di un materiale poroso come il legno, è possibile ottenere un risultato accurato levigando la

superficie del materiale, come si fa per le fibre tessili porose. Pertanto, ISO 20743 sarebbe la norma

appropriata (Anonimo 2013). D’altra parte, per valutare l’effetto antifungino, sarebbe necessaria una

norma diversa. ISO-846:1997, che valuta l’azione dei microorganismi per la plastica (Anonimo 1997c),

potrebbe essere una scelta migliore, considerando la possibilità di analizzare un campione di legno e di

esporlo all’azione di muffe e lieviti per 4 settimane in atmosfera satura di umidità. In questo caso, è

possibile ottenere un’analisi visiva dell’effetto antifungino finale.

Valutazione di superfici legnose nuove e usate. Impatto di pulizia e

disinfezione.

Negli anni ’90, si sospettava che i taglieri in legno fossero più difficili da pulire a causa della porosità del

materiale legnoso. In quel periodo, la Food News for Consumers del Dipartimento dell’Agricoltura degli

Stati Uniti (United States Department of Agriculture, USDA) raccomandava di utilizzare taglieri in plastica

anziché in legno, mentre oggi questo ente raccomanda entrambi i tipi (USDA 2013). Nel 2014, alcune

associazioni di consumatori, ovvero la Léo Lagrange, un’associazione per la tutela dei consumatori, e la

“Confédération Syndicale des Familles et Familles Rurales” hanno approntato delle linee guida ispirate ai

principi della Buona pratica igienica (Association Léo Lagrange 2014). Queste linee guida sono state

valutate dall’Agenzia francese per la salute e la sicurezza degli alimenti, dell’ambiente e del lavoro (French

Agency for Food, Environmental and Occupational Health and Safety, ANSES) e approvate dalle autorità

pubbliche francesi (Associazione Léo Lagrange, 2014). Gli esperti hanno raccomandato di utilizzare 2

taglieri, 1 per la carne e 1 per la frutta e la verdura, per evitare la contaminazione crociata tra cibi crudi

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

16

diversi, e di sostituire i taglieri sottoposti a usura eccessiva. Hanno consigliato di lavare i taglieri in legno

dopo ogni uso con un liquido per stoviglie, di strofinarli bene e di sciacquarli con acqua tiepida. Infine, i

taglieri devono essere lasciati asciugare all’aria aperta o strofinati con un panno asciutto pulito.

Nel 1994, Ak e altri (1994b) hanno confrontato la pulizia e la decontaminazione di taglieri in plastica e in

legno. L’obiettivo era impedire la contaminazione crociata in casa e anche nei ristoranti, nelle macellerie

al dettaglio e nell’industria della carne. Gli Autori hanno utilizzato tavole in plastica e in legno nuove e

usate, tagliate in blocchi quadrati di 5 cm. I taglieri in legno erano fatti di legno di frassino, tiglio, faggio,

betulla, noce grigio, ciliegio, acero duro, quercia e noce nero americano; i taglieri in plastica di poliacrilico,

polietilene, polipropilene schiumato, polistirene e gomma dura. Le condizioni sperimentali erano basate

su quelle di una cucina casalinga, a eccezione del fatto che i contaminanti erano generalmente

monocolture. Ak e altri (1994a) hanno studiato la contaminazione crociata con 3 ceppi di E. coli, incluso E.

coli O157:H7 e 2 ceppi di Listeria, inclusi L. monocytogenes e Salmonella typhimurium. Le superfici sono

state inoculate per pressione su piastre di Petri per bassi livelli di concentrazione batterica e mediante

deposito batterico diretto sulle superfici per livelli di concentrazione batterica elevati. Per la conta dei

batteri sulle superfici, i batteri sono stati recuperati premendo direttamente un blocco su una piastra di

Petri o immergendo la superficie contaminata in brodo nutritivo. Nel caso di E. coli O157:H7, i risultati

hanno dimostrato un’ampia diminuzione dei batteri inoculati su taglieri in legno nuovi, in cui è stata

osservata una perdita pari a 3 log 10 CFU entro 2 ore, mentre sulla plastica la popolazione di E. coli

O157:H7 è rimasta stabile. Gli Autori hanno ipotizzato in prima battuta che la natura del legno fosse

responsabile della letalità dei batteri testati in questo studio, mentre la natura della plastica consentiva ai

batteri di sopravvivere o persino crescere. Una seconda ipotesi era che il legno fosse dotato di proprietà

antimicrobiche, a differenza dei taglieri in plastica. Ak e altri (1994b) hanno concluso che con un

ragionevole sforzo di pulizia i taglieri in legno nuovi o usati potevano essere utilizzati in modo sicuro in

cucine casalinghe. Tagliere in legno non è sinonimo di alto rischio di contaminazione crociata degli

alimenti. Nel caso dell’uso commerciale (cucine di ristoranti, macellerie al dettaglio e impianti di

lavorazione del pollame e della carne), gli Autori hanno raccomandato di identificare i punti critici che

potrebbero compromettere la sicurezza dei materiali dei taglieri.

Un altro studio condotto da Miller (1996) ha confrontato il recupero di microflora batterica della carne

bovina da taglieri in plastica (polietilene) e legno (acero e/o faggio laminato lungo la direzione

longitudinale). La carne macinata è stata in contatto con i taglieri in plastica e in legno per 0, 30, 60 e 90

minuti. Al termine del periodo di contatto, i taglieri sono stati sciacquati con acqua o strofinati utilizzando

4 diversi detergenti chimici. I taglieri sono stati contaminati con

E. coli O157:H7 e sottoposti a conta dopo ogni test. Il risultato principale è stato l’assenza di qualsiasi

differenza statistica (P >0,05) tra la fase della pulizia con acqua o detergenti chimici operata sui taglieri in

legno e in plastica. In questo studio, gli Autori hanno utilizzato detergenti atipici nell’uso commerciale

(Liquid-Nox e Ajax) e una quantità d’acqua inferiore rispetto a quella usata commercialmente. Pertanto,

Miller (1996) ha suggerito di lavare i taglieri (in legno o in plastica) con acqua calda e di utilizzare un

detergente chimico per ridurre al minimo la carica batterica residua su queste superfici.

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

17

Gough e Dodd (1998) hanno studiato la sopravvivenza di Salmonella typhimurium su taglieri in plastica

(polietilene) e legno (faggio) prima e dopo una fase di decontaminazione, in presenza o in assenza di

residuo alimentare. I taglieri erano o non trattati o usurati. Salmonella typhimurium è stata in contatto

con il legno e con la plastica per 10 minuti prima che i taglieri venissero sciacquati. Le cellule di Salmonella

typhimurium sono state contate nella soluzione di risciacquo nonché con metodo della piastra a contatto

sulle superfici di legno e di plastica contaminate (30, 60, 90 e 120 min). Sono state valutate 2 condizioni

sperimentali: con e senza residuo grasso (da una braciola di maiale o un petto di pollo crudi). Il risultato

principale è stato una conta batterica più elevata nel liquido di risciacquo ottenuto dai taglieri in plastica

rispetto ai taglieri in legno. Gli Autori hanno dimostrato che sulla superficie legnosa la conta batterica era

più alta dopo 2 ore di contatto. Questo studio ha inoltre dimostrato che la conta batterica era più elevata

sulle superfici non trattate che su quelle danneggiate (graffiate con un bisturi), fino a 2 ore dopo il

contatto batterico. Gli Autori hanno concluso che i batteri restavano attaccati più tenacemente sulle

superfici in legno che su quelle in plastica o che i batteri venivano intrappolati nei taglieri in legno. In

presenza di residuo alimentare, non è stata osservata alcuna differenza significativa nel recupero di S.

typhimurium tra taglieri in legno e in plastica. Gli Autori hanno suggerito che, rispetto a taglieri in legno

danneggiati, si debba preferire l’impiego di taglieri in plastica. In effetti, il recupero batterico è stato più

semplice dalla plastica che dal legno, a suggerire un’adesione tenace di Salmonella ai taglieri in legno e

non a quelli in plastica. In ogni caso, gli Autori hanno anche affermato che i taglieri rappresentano un

potenziale veicolo per la contaminazione crociata, a prescindere dal materiale.

Gehrig e altri (2000) hanno confrontato gli aspetti igienici di taglieri in legno e in polietilene per

determinare il rischio di contaminazione degli alimenti in cucine casalinghe e commerciali. Le tavole di

legno sono state tagliate in direzione longitudinale o trasversale per simulare rispettivamente taglieri o

ceppi; sono stati esaminati taglieri nuovi oppure già utilizzati in cucine commerciali e casalinghe ed è stato

fatto un confronto con campioni di taglieri in polietilene nuovi e usati. Le superfici sono state esaminate

mediante microscopia elettronica a scansione (scanning electron microscopy, SEM). Anche le superfici in

polietilene assumono un aspetto rugoso dopo l’uso, in modo simile alle superfici in legno. Metà dei

campioni è stata rivestita con uno strato sottile di grasso vegetale (contenente il 10% di burro), mentre

l’altra metà è stata utilizzata come se si trovasse in condizioni analoghe a quelle successive a un’iniziale

pulizia e disinfezione. Tutti i campioni sono stati contaminati con batteri (E. coli) in soluzione acquosa e

puliti in una lavastoviglie da laboratorio (uso commerciale) o manualmente utilizzando una spazzola (uso

domestico). Il sistema automatizzato di pulizia a 60 °C per 2 min e risciacquo a 65 °C per 1 min era

paragonabile a un processo di lavaggio industriale. In questo caso è stato utilizzato un detergente

commerciale contenente cloro. La pulizia manuale è stata effettuata a 50 °C utilizzando un detergente

multiuso per uso domestico. La maggior parte dei campioni è stata lavata subito dopo la contaminazione;

una piccola parte è stata conservata per 15 ore a 21 °C in condizioni di umidità per permettere la

germinazione batterica. Tutti i campioni in legno conservati in condizioni di umidità hanno mostrato una

crescita batterica significativa, indipendentemente se la superficie fosse unta o meno. Lo stesso dicasi per

i taglieri in polietilene. Nel caso dell’uso domestico, i taglieri in polietilene hanno mostrato una conta

batterica superiore rispetto a quelli in legno. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i taglieri in legno

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

18

hanno assorbito una quota minore di acqua durante la fase di pulizia manuale e sono stati fatti lievemente

asciugare dopo la pulizia. Le superfici unte hanno mostrato in tutti i casi una crescita batterica superiore

rispetto alle superfici pulite. La conta batterica più alta è stata ottenuta sui taglieri in polietilene dopo la

conservazione. La pulizia automatizzata in lavastoviglie non ha determinato una riduzione della conta

batterica in tutti i campioni; dopo la fase di pulizia descritta sopra, si è potuto considerare sterile solo il

15% circa dei campioni in legno. Tuttavia, solo 1 campione in polietilene (su 60) è risultato sterile dopo

essere stato sottoposto a pulizia automatizzata. Il lavaggio manuale utilizzando una spazzola pulita ha

prodotto risultati di gran lunga migliori: la conta batterica è stata ridotta al minimo in tutti i campioni,

indipendentemente dal tipo di materiale e dalle condizioni d’uso. Gli Autori hanno concluso che un

ambiente umido, presente in molte cucine industriali, favorirà in tutti i casi la crescita batterica. Una

superficie unta o in polietilene può potenziare la crescita batterica in modo ancora più marcato. Pertanto,

la pulizia dei taglieri in legno non sembra comportare difficoltà maggiori rispetto alla pulizia dei taglieri in

polietilene. Un’asciugatura adeguata dopo la fase di pulizia assicura il mantenimento delle condizioni

igieniche. Superfici non unte di legno nuovo o usato permettono un’asciugatura rapida e si associano alle

condizioni di igiene migliori.

Snyder (2008) ha confrontato i parametri di assorbimento di taglieri in legno (acero duro) e in plastica

(acrilico). In questo studio, l’Autore ha utilizzato la polvere fluorescente Glo Germ×R in olio minerale su

entrambe le superfici per effettuare un semplice test visivo (Glo Germ TM, Moab, Utah, U.S.A). Il diametro

delle particelle della polvere era di circa 5 micron, come quello dei batteri. Prima dell’applicazione della

polvere fluorescente, i taglieri sono stati graffiati. La polvere in eccesso è stata poi rimossa con una

salvietta di carta e i taglieri sono stati portati a un lavabo, sciacquati con acqua calda, lavati e strofinati

due volte. Infine, dopo asciugatura, i taglieri sono stati esposti alla luce ultravioletta e sono state scattate

delle fotografie. Gli Autori hanno dimostrato che una piccola quantità di polvere fluorescente era stata

intrappolata nelle fibre del legno rispetto al tagliere in plastica, che mostrava una fluorescenza maggiore,

soprattutto a livello delle crepe (Figura 1).

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

19

Figura 1–Fotografie di un tagliere in legno duro (A) e di un tagliere in polietilene ad alta densità (B) dopo strofinatura con polvere fluorescente, lavaggio ed esposizione a radiazione UV a onde lunghe. Accordo sui diritti d’autore sottoscritto da Snyder (2008)

Un altro studio ha valutato l’efficacia della disinfezione di taglieri da cucina e superfici per la lavorazione

degli alimenti mediante immersione con acqua ossidante elettrolizzata (OE) (Chiu 2006). Lo scopo era

inattivare Vibrio parahaemolyticus, un batterio responsabile di un ampio numero di casi di gastroenterite

umana associati al consumo di prodotti ittici crudi o cotti. Pertanto, V. parahaemolyticus potrebbe essere

responsabile di contaminazione crociata da superfici per la lavorazione degli alimenti. I materiali

confrontati sono stati bambù (non considerato un legno ma una pianta), legno e plastica, a rappresentare

i taglieri, acciaio inossidabile e piastrelle in ceramica smaltata, a rappresentare gli impianti per la

lavorazione degli alimenti. Le superfici sono state inoculate con V. parahaemolyticus (5,5 log 10 CFU cm²,

campione di 25 cm²). I test di disinfezione, mediante immersione con OE, sono stati condotti per tempi

diversi: 1, 3 e 5 min. Si è osservata una maggior riduzione della conta di V. parahaemolyticus sulle superfici

in legno e plastica dopo 5 minuti di immersione, mentre il batterio era ancora rilevabile sul bambù. Nel

caso dell’acciaio inossidabile e delle piastrelle in ceramica smaltata, V. parahaemolyticus non è stato più

rilevato dopo soli 45 secondi. Questi risultati hanno dimostrato che l’inattivazione di V. parahaemolyticus

richiede tempi di penetrazione più lunghi nel tessuto legnoso e, inoltre, che il bambù potrebbe contenere

sostanze in grado di interagire con composti presenti nell’acqua OE e di neutralizzarne l’attività

antibatterica. Pertanto, lavaggio e pulizia dei taglieri sono essenziali per ridurre il rischio associato ai

patogeni propri del pesce crudo.

Lo studio più recente di confronto tra taglieri in legno e in plastica dopo adeguata pulizia è stato

condotto da Lucke e Skowyrska (2015), che hanno utilizzato 3 tipi di taglieri: taglieri in legno duro (acero)

certificati NSFR, taglieri in legno di faggio, comunemente utilizzati nelle case e taglieri in plastica rigida

(polietilene). Tutti i taglieri in origine erano nuovi. Alcuni sono stati utilizzati per test di laboratorio e altri

per test condotti in un ambiente gastronomico reale. I taglieri in plastica sono stati lavati in lavastoviglie

industriale, quelli in legno sono stati lavati a mano utilizzando un detergente comune. Nei test di

laboratorio, le tavole sono state sezionate e inoculate con una miscela alimentare per simulare un

normale utilizzo domestico. Nell’ambiente gastronomico, i taglieri sono stati utilizzati per 2 mesi in una

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

20

piccola unità di cucina, secondo l’uso consueto (taglio, lavaggio). Questi taglieri sono stati restituiti al

laboratorio e inoculati inoltre con una miscela alimentare. I risultati dopo la fase di pulizia sono stati tutti

accettabili, ovvero i taglieri in legno si sono dimostrati microbiologicamente sicuri per il contatto diretto

con gli alimenti. Dopo adeguata pulizia non sono state individuate differenze significative tra taglieri in

legno e in plastica in termini di conta microbiologica. Non è emersa alcuna evidenza di aumento del rischio

microbiologico associato all’uso in unità domestiche o gastronomiche di taglieri in legno sottoposti a

corretta manutenzione (Lucke e Skowyrska, 2015). Gli Autori hanno sottolineato l’importanza di attenersi

alle istruzioni dei produttori dei taglieri in legno per la pulizia e il primo utilizzo, al fine di garantire la

sicurezza degli alimenti.

Zangerl e altri (2010) hanno valutato la sopravvivenza di Listeria monocytogenes dopo processi di pulizia

e disinfezione a calore di piani in legno per la stagionatura dei formaggi finalizzati a garantire la sicurezza

del prodotto. È stata studiata la sopravvivenza di Listeria monocytogenes sulla superficie e all’interno dei

piani in legno. Per massimizzare il recupero di L. monocytogenes dalla struttura del legno sono stati

utilizzati metodi distruttivi. Ceppi per stagionatura con un anno di vita sono stati inoculati con una miscela

di 6 ceppi di Listeria monocytogenes (2 ceppi ATCC e 4 isolati dal formaggio) a una concentrazione di 5,5 ×

107 CFU/ml. Prima dell’inoculazione, la superficie dei ceppi in legno è stata trattata con luce UV per una

notte. I ceppi in legno sono stati poi asciugati per 1 ora in una cabina a flusso laminare. Dopo inoculazione

per 20-24 ore, i ceppi in legno sono stati immersi per 15 min in una soluzione di detergente alcalino caldo

(50 °C) (soluzione P3 Gamo plus ST allo 0,5%, Henkel Ecolab, Düsseldorf, Germania), spazzolati per circa 30

secondi e sciacquati con acqua calda (50 °C). Alcuni di questi ceppi sottoposti a pulizia sono stati

successivamente riscaldati a 80 °C per 5 min e a 65 °C per 15 min, rispettivamente, in un bagno d’acqua

(Julabo, Seelbach, Germania). Si è valutata la sopravvivenza di L. monocytogenes dopo il processo di

pulizia e il trattamento con calore utilizzando i trucioli di legno e campioni della piastra RODAC (metodo

della piastra a contatto agar). Non si è osservato alcun recupero di L. monocytogenes dai trucioli di ceppi

in legno di pioppo (2 mm di strato legnoso) dopo pulizia e successiva disinfezione con calore a 80 °C e 65

°C, rispettivamente. Questi risultati hanno confermato l’efficacia del processo di decontaminazione

solitamente utilizzato nei pascoli alpini austriaci, nonché in altri Paesi quali Francia e Svizzera. Gli Autori

hanno riferito che i piani in legno non compromettono la sicurezza igienica dei formaggi che vi si trovano

in contatto diretto. I piani in legno per la stagionatura devono essere in buone condizioni di manutenzione

e scrupolosamente puliti mediante trattamento con calore. Gli Autori hanno concluso che “non c’è alcun

motivo di sostituire il legno utilizzato nei processi di stagionatura del formaggio con altri materiali”, a

condizione che ci si attenga ad adeguate procedure di pulizia.

Nel 2000, un’indagine condotta in Francia su un ampio campione di produttori di formaggio ha

riscontrato che lo spazzolamento del legno con acqua (fredda o <35 °C) seguito da trattamento con acqua

ad alta pressione a 85 °C era il metodo più frequentemente utilizzato. Questo processo di pulizia era

responsabile di una riduzione di oltre 5 logaritmi della flora microbica totale (Actia 2000).

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

21

Impatto delle superfici legnose sul trattamento degli alimenti. La maggior parte delle pubblicazioni sugli imballaggi per alimenti in legno risale agli anni ’90 e la maggior

parte è comparsa dopo il 1998. Nel 1997, quando Carpentier (1997) scrisse una panoramica delle ricerche

condotte sulla sopravvivenza dei microorganismi su taglieri di vari materiali, di uso domestico o impiegati

da macellai professionali, su questo tema erano stati pubblicati solo 12 articoli scientifici. Sin dalle prime

battute del suo lavoro, Carpentier (1997) metteva in guardia circa l’opportunità di confrontare i risultati di

studi scientifici diversi. In effetti, i ricercatori non utilizzavano gli stessi parametri scientifici: (i) metodo di

contaminazione delle superfici; (ii) origine e condizione dei microorganismi utilizzati per contaminare le

superfici; (iii) tempo di contatto tra i microorganismi e la superficie prima della valutazione della

contaminazione; (iv) tipo di legno utilizzato; (v) orientamento delle fibre del legno; (vi) contenuto di

umidità del legno; (vii) stato della superficie legnosa; (viii) livello di sporcizia del legno prima della

contaminazione; (ix) metodo di campionamento per la conta dei microorganismi. A prescindere dalle

modalità di inoculazione del legno e dalla tecnica di estrazione, il numero di microorganismi può diminuire

dopo 30 minuti di contatto. Questo report ha dimostrato che l’igiene dei ceppi da taglio dipende

soprattutto dal contenuto di umidità del legno, che gioca un ruolo fondamentale nel ridurre il numero dei

microorganismi. In effetti, il legno secco causa una drastica diminuzione del numero di microorganismi

vivi, mentre la sopravvivenza è maggiore sul legno umido o coperto di materia organica, come nel caso dei

ceppi per il taglio della carne.

Dervisoglu e Yazici (2001) hanno studiato il processo di produzione del formaggio Kulek allo scopo di

standardizzarlo. Il Kulek, un formaggio stagionato di latte acido, è uno dei formaggi più importanti

consumati in Turchia. Nell’arco di 3 mesi, gli Autori hanno analizzato l’effetto dei materiali da imballaggio

e analizzato i cambiamenti microbiologici durante la stagionatura. Hanno confrontato il processo di

stagionatura in contenitori in legno costruiti a partire da assi di pioppo essiccato, di spessore pari a 1,5 cm,

e in contenitori di plastica, di spessore pari a 3 mm, acquistati da un rivenditore locale. Innanzitutto, tutti i

campioni prelevati sul campo analizzati in questo studio non contenevano coliformi. Secondo, gli Autori

hanno seguito microorganismi specifici del formaggio durante il periodo di stagionatura. È stato osservato

che i microorganismi aumentavano rapidamente durante i primi 30 giorni. Le conte batteriche totali sono

aumentate gradualmente nel legno e nella plastica, ma la differenza non è stata significativa. Le conte di

lieviti e muffe sono aumentate fino a 2 log CFU/g nel legno e nella plastica, ma l’incremento è stato

significativo solo per il legno rispetto alla plastica (P <0,05). Nei campioni di formaggio a contatto con il

legno è stata riscontrata una conta più alta di microorganismi proteolitici e batteri psicotropi rispetto ai

campioni di formaggio a contatto con la plastica (P <0,05). In generale, i risultati microbiologici hanno

indicato che il materiale legnoso possedeva una permeabilità all’aria e all’umidità più favorevole a

promuovere la crescita microbica. Pertanto, gli Autori hanno raccomandato di utilizzare imballaggi in

legno per la stagionatura del formaggio Kulek per ottenere risultati migliori.

Mariani e altri (2011) hanno condotto uno studio per caratterizzare lo sviluppo di Listeria

monocytogenes su taglieri in legno per la stagionatura del formaggio. I piani in legno per il processo

produttivo del formaggio DOP (denominazione di origine protetta) “Reblochon de savoie” sono stati

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

22

ottenuti per sezione longitudinale da legno d’abete (Picea abies). In questo studio, formaggi provenienti

da fattorie diverse sono stati raccolti in uno stagionatore tradizionale. Gli Autori hanno confrontato le

inoculazioni su campioni di legno nativo o autoclavato dopo pulizia-asciugatura, nonché su campioni di

legno prima dei processi di pulizia-asciugatura, dopo 2 incubazioni. Gli Autori hanno selezionato due ceppi

di Listeria monocytogenes in base al loro comportamento dopo inoculazione sui piani in legno: il più

resistente e il meno resistente. I piani in legno sono stati poi inoculati con un deposito statico per 30

minuti e i campioni sono stati nuovamente incubati a 15 °C in cassette in aria satura di umidità al 98%.

Dopo 1 o 12 giorni di incubazione, i microorganismi sono stati recuperati con metodo a ultrasuoni per la

conta batterica. I risultati hanno dimostrato che, indipendentemente dalle condizioni sperimentali, era

possibile osservare una riduzione significativa della conta di L. monocytogenes sui piani in legno dopo 12

giorni di incubazione. Tuttavia, quando i microorganismi residenti venivano inattivati al calore, si verificava

una crescita evidente di microorganismi patogeni. Questo effetto è stato osservato su campioni di legno

raccolti prima e dopo i processi di pulizia-asciugatura, indipendentemente dall’origine del formaggio.

Mariani e altri (2011) hanno concluso che il biofilm microbico residente presente sui piani in legno per la

stagionatura del formaggio mostrava un effetto anti-Listeria stabile in base alle condizioni sperimentali del

processo di stagionatura.

Negli stabilimenti alimentari per la produzione di pasta secca all’uovo (come fusilli e formati similari), la

pasta fresca viene essiccata utilizzando vassoi in legno. Solo una parte di questi si trova in contatto diretto

con la pasta e, attualmente, la plastica sta gradualmente sostituendo il legno. Questa fase del processo

produttivo della pasta è complessa e costosa e vi sono normative nazionali per la riduzione del contenuto

acquoso. Filip e altri (2012) hanno contato il numero totale di microorganismi presenti sul materiale

legnoso e plastico utilizzato per i vassoi per l’essiccazione della pasta ricorrendo alla tecnica dello

swabbing. Gli Autori hanno analizzato 105 campioni prelevati da vassoi in legno (Abies spp.) e 105 da

vassoi in plastica (polietilene tereftalato, PET). I microorganismi valutati in relazione alle conte aerobiche

totali (total aerobic count, TAC) sono stati Enterobatteriacee, Escherichia coli, muffe, lieviti e

Staphylococcus aureus. Lo studio si proponeva di rispondere al quesito “Il materiale dei vassoi e/o la sede

del campionamento tramite swabbing influenzano il numero di unità formanti colonie (CFU)/20 cm²?” Per

prima cosa, i risultati hanno dimostrato che il numero totale di microorganismi (CFU/20 cm²) era

significativamente più basso sui telai per la produzione della pasta in legno rispetto a quelli in plastica; nel

30% dei tamponi prelevati dai telai in plastica il numero superava le 200 CFU/20 cm², rispetto al 3%

soltanto dei telai in legno. Secondo, per quanto riguarda le conte dei microorganismi, nei 210 campioni

non è stata rilevata la presenza di Escherichia coli. Tra telai in legno e in plastica non è stata osservata

alcuna differenza in termini di conta delle Enterobatteriacee. La conta di Staphylococcus aureus è risultata

significativamente più bassa sui telai in legno rispetto a quelli in plastica, con una percentuale di tamponi

positivi del 3% e 54%, rispettivamente. Le conte di muffe e lieviti sono state significativamente più basse

sui telai in legno rispetto a quelli in plastica. Avvalendosi dei risultati di questi test sul campo eseguiti su

superfici a contatto con gli alimenti, gli Autori hanno concluso che il legno è un materiale adeguato per

l’uso nel settore alimentare della pasta da un punto di vista igienico e tecnologico.

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

23

Un altro processo dell’industria alimentare che utilizza il legno è la produzione del sidro. Swaffield e altri

(1997) sono stati i primi a descrivere i biofilm presenti sul legno in questo ambiente. Questo studio ha

identificato i batteri (batteri acido-lattici e acido-acetici) e i lieviti isolati da tini in legno per la

fermentazione del sidro. Gli Autori hanno dimostrato che entro 2 settimane i microorganismi penetravano

il legno poroso fino a una profondità di 1,2 cm, concludendo che questi tipi di biofilm stabili erano in

grado di influenzare i profili organolettici del sidro.

Mariani e altri (2007) hanno descritto i biofilm naturali presenti sui piani in legno per la stagionatura del

formaggio DOP (denominazione di origine protetta) “Reblochon de Savoie” per fornire ulteriori dati. In

effetti, la sicurezza dell’uso del legno durante la stagionatura del formaggio è stata messa spesso in

discussione. Si stima che la quantità di formaggio stagionato su legno sia superiore a 350.000 tonnellate

all’anno in Francia, soprattutto in produzioni con denominazione di origine registrata. I piani per la

stagionatura erano stati ottenuti mediante sezione longitudinale da legno d’abete (Picea abies) e utilizzati

nella stagionatura del formaggio per un tempo da 6 mesi a 14 anni. Mariani e altri (2007) hanno analizzato

50 piani in legno di 3 diverse età (da 4 a 8 anni) al termine del processo di stagionatura; i formaggi

provenivano da 8 diversi produttori agricoli. Per prima cosa, i piani in legno sono stati utilizzati nelle

aziende agricole dei produttori a 17 °C con un’umidità relativa del 95%. Secondariamente, i piani sono

stati prelevati dallo stagionatore tradizionale per un processo di stagionatura a 2 fasi in 2 camere di

stagionatura (i) a 13 °C con umidità relativa del 95% e (ii) a 14 °C con umidità relativa del 95%. Il biofilm è

stato poi rimosso con metodo a ultrasuoni per la conta delle popolazioni di batteri e lieviti su piani di

legno diversi. Gli Autori hanno rilevato bassi livelli di cellule di Pseudomonas (3,0 log 10 CFU/cm2) e, per

quanto riguarda i piani analizzati in estate, livelli molto bassi di coliformi (<2,2 log 10 CFU/cm2). La

caratterizzazione microbica dei piani in legno per l’appoggio dei formaggi durante la stagionatura è stata

effettuata durante 2 stagioni diverse (estate e autunno). Gli Autori hanno dimostrato che la microflora

dominante era costituita da micrococchi, corynebatteri e lieviti ed era omogenea per formaggi di origine

diversa. A livelli più bassi sono stati identificati inoltre leuconostocchi, lattobacilli eterofermentanti

facoltativi, enterococchi, stafilococchi e Pseudomonas. Queste popolazioni non erano statisticamente

diverse tra piani in legno di età differenti e la conta della microflora non risentiva di alcun effetto

stagionale. Gli Autori hanno determinato le proprietà fisico-chimiche (pH, attività dell’acqua [aw] e

concentrazione salina) dei piani in legno. Questo studio ha evidenziato che l’origine del formaggio incideva

in modo statisticamente significativo sulle proprietà fisico-chimiche dei piani in legno, mentre l’età di

questi ultimi non influiva sui parametri considerati. Questi dati hanno dimostrato la stabilità dei biofilm

presenti sui piani in legno.

“Cantal” e “Salers” sono formaggi DOP (denominazione di origine protetta) prodotti in Francia. Il latte

crudo viene posto direttamente in una tradizionale tinozza in legno chiamata “gerla”. Questo formaggio

viene preparato senza fermenti lattici e l’uso della gerla in legno è obbligatorio nel relativo regolamento di

produzione. Si tratta di una tinozza di forma cilindrica o conica, fatta di legno di castagno, con una

capacità da 100 a 1000 l (Lortal e altri, 2014). Nel 1997, Richard (1997) fu il primo a osservare, utilizzando

la microscopia elettronica a scansione, la presenza sulle gerle in legno di un biofilm composto da lieviti e

batteri. Didienne e altri (2012) hanno analizzato le caratteristiche dei biofilm microbici su queste gerle in

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

24

legno utilizzate per la produzione del “Salers”. Hanno esaminato le gerle provenienti da 10 diverse aziende

agricole e dimostrato che il biofilm era costituito in maniera predominante da lattobacilli, leuconostocchi,

batteri Gram-negativi, lieviti e muffe. Hanno inoltre descritto un’ampia biodiversità tra le 10 gerle in

legno, correlata alle procedure di gestione. Alla luce di questi risultati, gli Autori hanno concluso che le

gerle in legno erano estremamente efficaci nel promuovere lo sviluppo di batteri acidolattici vantaggiosi, e

sicure quindi per l’uso nella stagionatura del formaggio.

Menendez e altri (1997) hanno valutato la presenza di Listeria spp. in un caseificio spagnolo, analizzando

un totale di 311 campioni (liquidi [10 ml] e superfici [400 cm²]) entro un periodo di 10 mesi. Quarantasei

campioni sono risultati positivi per Listeria spp., dei quali 36 per L. innocua, 8 per L. monocytogenes e 2

per L. welshimeri. Il 20% dei campioni di latte crudo è risultato positivo per Listeria. L. monocytogenes è

stata rilevata in un campione prelevato da un piano in legno su 5 campioni totali. Viceversa, sui piani per

la stagionatura in acciaio inossidabile non è stata rilevata alcuna presenza di Listeria. Tuttavia, è

importante osservare che i campioni sono stati prelevati all’arrivo del latte crudo prima di qualsiasi

trasformazione e che era stata rilevata anche L. monocytogenes. Come si può essere certi che il legno sia

stato responsabile della contaminazione? Gli Autori hanno ipotizzato che sostituire i macchinari vecchi,

impedire agli operai di uscire all’esterno, modificare il sistema di disinfezione e rimuovere il legno dalle

cantine di stagionatura fossero i criteri per migliorare la qualità di questo formaggio. In tal senso, si può

avanzare l’ipotesi che il latte inizialmente contaminato con Listeria monocytogenes sia stato quello

utilizzato nella produzione del formaggio a contatto con i piani in legno e non con quelli in acciaio

inossidabile. In effetti, Listeria monocytogenes è stata rilevata anche sulla pressa, sui pavimenti e sui

macchinari per l’imballaggio. Pertanto, potrebbe essersi verificato un evento di contaminazione crociata

tra i piani in legno per la stagionatura e uno di questi elementi dell’impianto contaminati.

Per secoli, il legno è stato considerato un imballaggio naturale per la maturazione di vari prodotti

alimentari, soprattutto il formaggio. Le nuove norme per la sicurezza alimentare stanno contribuendo alla

sostituzione del legno con altri materiali, quali polipropilene, polietilene ad alta densità o acciaio

inossidabile (Galinari e altri, 2014; Scatassa e altri, 2015). Tuttavia, la sostituzione degli utensili in legno

con altri materiali modifica le caratteristiche del formaggio, compromettendone il sapore e la consistenza

tradizionali (Galinari e altri, 2014).

In Brasile, Galinari e altri (2014) hanno analizzato la composizione del biofilm presente sugli utensili in

legno utilizzati per la produzione di un formaggio artigianale brasiliano, il Minas. A partire dal 2002, i

produttori di formaggi hanno dovuto attenersi alle nuove norme di GMP, in base alle quali il legno è stato

sostituito con altri materiali. Tuttavia, tale sostituzione ha portato a cambiamenti delle caratteristiche

tradizionali di questo formaggio. I biofilm presenti sulle superfici legnose sono stati valutati con il metodo

dello swabbing. Lo studio ha concluso che i biofilm sono responsabili della sicurezza microbiologica, ma

giocano anche un ruolo importante nella stagionatura del formaggio. Si è dimostrato che 2 piani per la

stagionatura su 6 risultavano positivi per Staphylococcus aureus e 1 per E. coli prima del contatto con il

formaggio. Tuttavia, gli Autori hanno sottolineato che i formaggi a contatto con tutti e 6 i piani in legno

non sono stati contaminati da S. aureus,

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

25

E. coli, L. monocytogenes e Salmonella. Gli Autori hanno poi stabilito il nesso tra latte inizialmente

contaminato con S. aureus e coliformi e biofilm presenti sugli utensili in legno analizzati. In effetti, il latte è

la fonte principale della flora microbica responsabile della formazione di biofilm sulle superfici legnose e

sulla crosta dei formaggi. Pertanto, questa ricerca conferma che la qualità microbiologica del formaggio è

direttamente correlata alla qualità microbiologica del latte, nonché l’importanza di GMP relative alla

manutenzione delle superfici legnose piuttosto che alla loro sostituzione.

Nel Sud Italia, il legno è stato tradizionalmente utilizzato come materiale per la produzione di formaggi

da latte crudo senza inoculazione di colture starter (Gaglio e altri, 2015; Scatassa e altri, 2015). Scatassa e

altri (2015) hanno valutato la capacità dei batteri di colonizzare la superficie interna del legno, assicurando

una specifica combinazione microbica che viene trasferita al latte e alla cagliata durante la produzione del

latte. Gli Autori hanno studiato 20 tini in legno (13 in legno di castagno e 7 in abete di Douglas) utilizzati

per la produzione del formaggio Caciocavallo Palermitano e del formaggio Vastedda della valle del Belice. I

biofilm presenti sulle superfici legnose sono stati raccolti con il metodo del brushing (spazzolamento). I

risultati della conta hanno dimostrato che i batteri acido lattici (BAL) isolati dai tini in legno erano

rappresentati prevalentemente da Lactobacillus casei, Enterococcus faecium, Lactobacillus rhamnosus,

Streptococcus thermophilus e Pediococcus acidilactici. Inoltre, è stata dimostrata l’efficacia delle

procedure di sanitizzazione utilizzate durante la produzione del formaggio, in quanto non è stato possibile

rilevare alcun microorganismo “indicatore” (coliformi ed E. coli) o patogeno, come Listeria

monocytogenes (Scatassa e altri, 2015). Gli Autori hanno concluso che le GMP utilizzate nella produzione

di questi formaggi siciliani e la corretta manutenzione dei tini in legno sono 2 condizioni molto importanti

per il conseguimento degli obiettivi di sicurezza alimentare. Gaglio e altri (2015) hanno valutato lo

sviluppo di un biofilm stabile sulle superfici legnose vergini dei tini utilizzati per la produzione dei formaggi

siciliani. Quattro tini in legno di castagno sono stati inoculati con una coltura starter di siero naturale

(Lactococcus lactis subsp. cremoris PON36, PON153, PON203 isolate dai formaggi). Gli Autori si

proponevano di far crescere specifici batteri come biofilm sulla superficie legnosa che potesse essere

trasferito al latte durante il processo di produzione del formaggio. Dovevano però essere superate le

proprietà antibatteriche del legno. Per evitare che venisse impedita l’adesione batterica e consentire la

formazione del biofilm, la superficie legnosa è stata lavata giornalmente con acqua calda (75-80 °C) per 30

giorni prima dell’attivazione del biofilm (Gaglio e altri, 2015). Lactococcus lactis subsp. cremoris ha

dimostrato un’elevata capacità di formare biofilm stabili sulla superficie legnosa, con conte superiori a 6

log CFU/cm2. Questa quantità di batteri acido lattici ha consentito la corretta inoculazione del latte,

mantenendo le caratteristiche organolettiche tradizionali del formaggio (Gaglio e altri, 2015; Scatassa e

altri, 2015). L’analisi microbiologica dei biofilm neoformati sulle superfici legnose non ha indicato la

presenza di clostridi, stafilococchi coagulasi-positivi, Salmonella spp., L. monocytogenes, E. coli o

Pseudomonas spp. Gli Autori hanno suggerito che ciò fosse probabilmente dovuto alle particolari

condizioni di acidità presenti sulle superfici legnose con i biofilm neoformati di Lactococcus costituiti da

Lactococcus lactis spp.; e hanno concluso che le superfici legnose possono essere utilizzate come superfici

di inoculazione controllata per produrre formaggio tradizionale in modo sicuro.

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

26

Trasferimento di microorganismi derivante dal contatto legno-alimenti.

Fattori d’influenza Influenza delle proprietà del legno. Abbiamo precedentemente descritto lo studio condotto da Ak e

colleghi (1994b) di confronto tra taglieri in legno e in plastica intenzionalmente contaminati con 3 diversi

microorganismi. Gli Autori hanno valutato l’impatto della temperatura di conservazione (temperatura

ambiente e 4 °C) e dell’umidificazione conservando per una notte i ceppi in legno e in plastica a

temperatura ambiente e a+4 °C, con adeguata umidificazione in entrambe le condizioni. E. coli non è stato

recuperato dai ceppi in legno, o lo è stato solo in misura limitata (tasso di recupero del 2,7% per i ceppi in

legno d’acero e dell’1,6% per quelli in legno di betulla a temperatura ambiente e con umidificazione con

olio), mentre è stato possibile recuperarlo dai ceppi in plastica (tasso di recupero dal 3,9% al 158,3%, a

indicare la presenza di crescita batterica a temperatura ambiente o a 4 °C). Un’analisi multifattoriale della

varianza ha confermato che il recupero dai ceppi in legno e da quelli in plastica era significativamente

diverso (P<0,01).

L’anatomia del legno, in particolare la sua natura porosa, gioca un ruolo importante nella sopravvivenza

dei microorganismi. Gilbert e Watson (1971) hanno dimostrato una maggior contaminazione del legno

graffiato rispetto a quello nuovo. Ak e altri (1994a) hanno dimostrato che taglieri in legno ricoperti da un

multistrato di residui alimentari non assorbivano i batteri con la stessa rapidità di taglieri in legno nuovo.

Schonwalder e altri (2000, 2002) hanno condotto 2 studi sulla sopravvivenza di Escherichia coli ed

Enterococcus faecium su specie legnoso diverse, tra cui pino di Svezia (Pinus silvestris L.), abete rosso

(Picea abies Karst.), larice europeo (Larix deciduas Mill.), faggio (Fagus silvatica L.) e pioppo nero (Populus

nigra L.) rispetto alla plastica. Il pino di Svezia ha esercitato un effetto antibatterico su E. coli ed

Enterococcus faecium, che potrebbe essere dipeso dall’azione delle sostanze antibatteriche di questo

legno, nonché dalle sue proprietà igroscopiche. Gli Autori hanno concluso che le caratteristiche igieniche

del legno dipendevano fortemente dalla penetrazione e dall’assorbimento del materiale. In effetti,

quando i batteri venivano rapidamente trasferiti al legno, le superfici ne risultavano rapidamente libere.

Questa caratteristica di assorbimento dipendeva dalla specie legnosa e variava notevolmente.

I microorganismi sono in grado di penetrare più in profondità nel legno tagliato trasversalmente

(profondità di penetrazione maggiore di 4 mm) rispetto al legno sezionato longitudinalmente, come

descritto da Prechter e altri (2002). Il loro studio trattava gli aspetti igienici dei taglieri in legno per uso

domestico e ha confrontato i risultati con quelli relativi ai taglieri in plastica. Gli Autori hanno determinato

la profondità di penetrazione di cellule batteriche (E. coli) e spore batteriche (B. subtilis) in taglieri di

diversi tipi di legno, sezionati in direzione longitudinale o trasversale. I microorganismi riuscivano a

penetrare per più di 4 mm nel legno tagliato trasversalmente, molto più in profondità che nel caso del

legno sezionato longitudinalmente, dove la profondità massima di penetrazione era inferiore a 1 mm per

batteri vitali e inferiore a 2,5 mm per le spore. La pulizia è risultata più efficace se le assi di legno avevano

un orientamento longitudinale (ovvero, lungo l’asse del tronco) e una superficie liscia. Persino per le

superfici rugose, era possibile rimuovere più del 95% dei batteri, il che è più che sufficiente per l’uso

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

27

domestico. La pulizia dei taglieri in plastica costruiti in polietilene è risultata lievemente più efficace. Nella

maggior parte dei casi, lo spazzolamento della superficie e l’uso di un detergente per la casa si sono

dimostrati sufficienti a eliminare i rischi igienici. La sanitizzazione poteva essere migliorata, ove

necessario, utilizzando agenti sbiancanti (percarbonato di sodio più l’attivatore sbiancante tetra acetil

etilene diamina [TAED]) o acido acetico al 5%. Gli Autori hanno concluso che i taglieri in legno non

comportano rischi in ambito domestico se trattati in modo appropriato. L’asciugatura rapida dei taglieri

puliti è stato il metodo più efficace nel ridurre la carica batterica residua.

Soumya e altri (2013) si sono proposti di predire l’adesione microbica potenziale su diverse specie

legnose utilizzando un approccio termodinamico. I ricercatori hanno studiato l’adesione di 12

microorganismi, incluse 6 specie di batteri: Bacillus subtilis, Bacillus sp., Pseudomonas pseudoalcaligenes,

Klebsiella sp, Acinetobacter lwoffi e Oceanobacillus picturae, e 6 specie di muffe: Aspergillus niger,

Penicillium expansum, P. granulatum, P. commune, P. chrysogenum e P. crustosum. Le specie di legname

testate sono state cedro, faggio, pino, frassino, quercia e teak. Gli Autori hanno dimostrato che Bacillus

subtilis era l’unico ceppo batterico idrofobico, mentre gli altri ceppi sono risultati dotati di caratteristiche

idrofiliche simili. La maggior idrofilia è stata dimostrata per le spore di Penicillium commune, Penicillium

crustosum e Penicillium chrysogenum, mentre quella di Penicillium chrysogenum è risultata la più idrofila

tra tutte le specie di muffe. Questo studio ha dimostrato che le cellule batteriche erano dotate di una

maggior capacità di aderire al legno rispetto alle spore delle muffe. Tuttavia, l’adesione batterica è

apparsa dipendere dai batteri studiati, ad esempio il processo di adesione di Klebsiella sp. al frassino è

stato sfavorevole, quello alla quercia favorevole. Tranne che per il legno di teak, non è possibile fare delle

generalizzazioni riguardo l’adesione dei microorganismi al legno, dimostratasi dipendente dalla specie di

legname e dai microorganismi testati nello studio.

Di Grigoli e altri (2015) hanno studiato l’influenza del legno sulla produzione del formaggio Caciocavallo

Palermitano. Gli Autori hanno valutato le variazioni nelle caratteristiche fisico-chimiche e nelle popolazioni

microbiche durante la fase della stagionatura, confrontando formaggi prodotti tradizionalmente

attraverso l’impiego di attrezzature in legno rispetto a una produzione standard basata sull’utilizzo di

attrezzature in acciaio inossidabile. L’attrezzatura in legno utilizzata in ogni fase della produzione del

formaggio Caciocavallo Palermitano consisteva in un tino per la coagulazione del latte, un bastone per

rompere la cagliata, una fustella per la spremitura della cagliata, una rastrelliera di canne per eliminare

mediante spremitura il siero di latte residuo, un bastone orizzontale per il test di acidificazione della

cagliata, un tino troncoconico per la filatura della cagliata e uno stampo per la sagomatura. Di Grigoli e

colleghi (2015) hanno mostrato l’evoluzione della popolazione microbica durante la stagionatura a

seconda della durata della stessa e delle condizioni di produzione del formaggio. Ad esempio, sono state

confrontate le popolazioni di batteri acido lattici (BAL) di produzioni sia tradizionali che standard. Nella

produzione tradizionale è stato riscontrato 1 solo ceppo BAL, Lactobacillus delbrueckii, a evidenziare la

maggior biodiversità BAL delle produzioni tradizionali rispetto a quelle standard. Questo studio ha

dimostrato che Enterococcus faecalis, E. casseliflavus ed E. gallinarum erano presenti durante la

maturazione del formaggio solo nella produzione tradizionale. In particolare, si è riscontrato che E. faecalis

dominava la popolazione enterococcica al termine della fase di stagionatura, corroborando il ruolo dei tini

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

28

in legno nella variazione delle popolazioni BAL durante la stagionatura del formaggio Caciocavallo

Palermitano. Gli Autori hanno dimostrato che le qualità chimiche e fisiche di questo formaggio erano

fortemente influenzate dall’uso di attrezzature in legno nella sua produzione.

Influenza del tempo di contatto. Come descritto sopra, Chiu (2006) ha condotto uno studio

sulla sopravvivenza di Vibrio parahaemolyticus su taglieri e superfici di lavoro per il trattamento degli

alimenti. I materiali confrontati sono stati bambù, legno e plastica, a rappresentare i taglieri e acciaio

inossidabile e piastrelle in ceramica smaltata a rappresentare gli impianti per la lavorazione degli alimenti.

Le superfici sono state inoculate con V. parahaemolyticus per tempi di contatto diversi: 5, 10, 20 e 30

minuti per legno, bambù e plastica, e 15, 30, 45 e 60 minuti per acciaio inossidabile e piastrelle. Gli Autori

hanno osservato che, dopo 20 minuti, la presenza di V. parahaemolyticus diminuiva rapidamente sui

taglieri di bambù e di legno, mentre il patogeno sembrava sopravvivere meglio sulla plastica. Dopo 30

minuti, sui taglieri di bambù o di legno non erano rilevabili cellule vitali di V. parahaemolyticus, presenti

invece sui taglieri di plastica. I risultati ottenuti in relazione alle superfici per il trattamento degli alimenti

hanno dimostrato che V. parahaemolyticus persisteva dopo 30 minuti su acciaio inossidabile e piastrelle in

ceramica, riducendosi rapidamente dopo 45 minuti. Il microorganismo non era più rilevabile sull’acciaio

inossidabile dopo 1 ora, dopo 30 minuti invece sulle superfici legnose. Gli Autori hanno concluso che V.

parahaemolyticus sopravviveva meglio sulle superfici per il trattamento degli alimenti che sui taglieri

costruiti in legno, bambù e plastica.

Influenza del contenuto di umidità. I residui sui piani di lavoro possono essere la causa della presenza

e della proliferazione di batteri nei materiali a contatto con gli alimenti. Questa materia organica residua

impregna con facilità superfici porose o danneggiate e protegge i microorganismi a causa del contenuto di

umidità.

Abbiamo descritto sopra lo studio condotto da Ak e colleghi (1994b), di confronto tra taglieri in legno e

in plastica intenzionalmente contaminati con 3 diversi microorganismi. Gli Autori hanno testato l’impatto

dell’essiccazione ad aria, che influenza il contenuto di umidità delle superfici. Ceppi in legno e in plastica

non coperti e contaminati sono stati posti sotto una cappa a flusso laminare per un breve periodo di

tempo. La conta di L. monocytogenes è diminuita significativamente sui ceppi in plastica (da 6,8 log 10

CFU a 5,8 log 10 CFU entro 3 ore) e ancora più significativamente su quelli in legno (da 6,8 log 10 CFU a 4,5

log 10 CFU entro 3 ore). Quando lo stesso test è stato ripetuto, ma con i ceppi coperti, la conta di L.

monocytogenes è aumentata lievemente sulla plastica, mentre si è nuovamente ridotta sui ceppi in legno.

Nello studio di Chiu (2006) descritto sopra, riguardante la sopravvivenza di Vibrio parahaemolyticus su

superfici diverse, sono stati confrontati materiali ruvidi e porosi (bambù, legno) con materiali a superficie

liscia (plastica, acciaio inossidabile e piastrelle in ceramica smaltata). Si è dimostrato che V.

parahaemolyticus sopravviveva meglio su acciaio inossidabile, plastica e piastrelle in ceramica, ovvero su

superfici lisce, e non altrettanto bene su superfici ruvide e porose come quelle del bambù e del legno. Gli

Autori hanno ipotizzato che ciò fosse probabilmente dovuto al fatto che le superfici lisce potevano

mantenere un elevato contenuto di umidità e favorire la sopravvivenza di Vibrio parahaemolyticus. In

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

29

effetti, le superfici porose possono intrappolare e rendere non disponibili i liquidi e così l’umidità sulle

superfici legnose si riduce e l’ambiente diventa sfavorevole alla sopravvivenza dei microorganismi.

L’obiettivo di Abrishami e altri (1994) era valutare l’adesione e la sopravvivenza batterica su taglieri in plastica e in legno al fine di identificare le proprietà di promozione o inibizione della crescita batterica dei 2 tipi di superficie. A questo scopo, Escherichia coli è stato inoculato in taglieri di legno nuovo (acero duro) e plastica (acrilico trasparente) in ambiente asciutto o in condizioni di umidità. I risultati iniziali sull’impatto del contenuto di umidità hanno rivelato i diversi livelli di assorbimento degli inoculi in presenza di legno secco o umido. Ad esempio, 5 minuti dopo l’inoculazione, sono state recuperate più cellule di E. coli (non aderenti) dal legno umido che da quello secco. Questi dati suggeriscono un più alto livello di penetrazione dei liquidi nel legno secco; ciò consente l’adesione batterica alle superfici legnose e la sopravvivenza di E. coli. Nelle stesse condizioni, E. coli è stato rilevato sui taglieri in plastica anche dopo 24 ore in condizioni di ambiente asciutto.

Discussione Gli imballaggi in legno proteggono gli alimenti con cui sono a diretto contatto dal deperimento che può

verificarsi dalla fase del raccolto fino al momento in cui il cibo viene portato in tavola. È importante sapere

che nella produzione tradizionale degli alimenti vengono spesso utilizzate altre superfici legnose, come i

taglieri, e utensili in legno. Inoltre, è necessario sottolineare che i legnami e i prodotti testati negli studi

sopra descritti non erano trattati con prodotti chimici, come accade solitamente per l’uso nell’industria

alimentare. Da un lato, il legno nuovo è perfettamente idoneo al contatto con gli alimenti se vengono

scelte condizioni di conservazione adeguate. Dall’altro, le superfici in legno riutilizzate devono essere

sottoposte a un corretto processo di pulizia. Ad esempio, i piani di lavoro delle cucine sono generalmente

considerati un punto critico nel trattamento degli alimenti. A prescindere dal materiale costituente, le

superfici di lavoro devono essere sottoposte a manutenzione costante e monitorate in relazione a pulizia e

disinfezione.

La maggior parte degli studi descritti in questa revisione riguarda il primo utilizzo e il riutilizzo dei taglieri

in legno. Ciò sembra essere dovuto a una convinzione che mette in rapporto la natura porosa del legno

con l’esistenza di un problema igienico. In realtà, sono disponibili numerose evidenze del fatto che la

porosità rappresenta un vantaggio per lo stato microbiologico del legno a contatto con gli alimenti, anche

nel corso del loro trattamento. Infatti, la sua struttura genera delle cavità superficiali che possono

intrappolare i batteri in uno stato sfavorevole alla loro sopravvivenza, cosicché la crescita batterica risulta

estremamente limitata. La superficie ruvida o porosa del legno rappresenta inoltre un vantaggio per il

controllo del livello di umidità superficiale. Questo aspetto è stato messo particolarmente in evidenza

dall’Agenzia francese per la salute e la sicurezza degli alimenti, dell’ambiente e del lavoro (ANSES) nel caso

di assi di legno per la maturazione, che consentono la regolazione del contenuto di umidità richiesto per lo

sviluppo del biofilm sui formaggi (Agenzia francese per la sicurezza sanitaria degli alimenti [AFSSA], 2008).

Questa stessa agenzia autorizza l’uso di taglieri in legno per il contatto diretto con gli alimenti. Nel 2014,

Lortal e altri (2014) hanno descritto il ruolo del legno come “reservoir di biodiversità microbica per i

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

30

formaggi tradizionali” in base ai risultati delle valutazioni di sicurezza. Inoltre, i biofilm naturali che si

formano sulle superfici legnose si sono dimostrati sicuri e in grado di inibire i batteri patogeni con

meccanismi che devono essere ulteriormente indagati (Mariani e altri, 2011). Pertanto, in base agli studi

sopra descritti, nell’industria alimentare possono essere utilizzate diverse specie di legname non trattato

per il contatto diretto con gli alimenti.

Conclusione Come descritto in questa revisione basata su 86 riferimenti bibliografici, il legno è un materiale idoneo

per il contatto diretto con gli alimenti. Nel caso degli imballaggi leggeri in legno, il fatto che siano

monouso rappresenta un’argomentazione ulteriore a favore della natura sicura del legno utilizzato

nell’industria alimentare. Il legno incarna un immaginario ecologico che risulta attraente per i

consumatori, il che ha suscitato un nuovo interesse per il suo impiego nell’imballaggio degli alimenti.

Inoltre, alcuni prodotti alimentari quali frutta, verdura, pesce e formaggi dipendono fortemente dall’uso

del legno come indispensabile materiale da imballaggio. Appare chiaro che gli imballaggi in legno e le

superfici legnose degli utensili contribuiscono positivamente a qualità, sicurezza e carattere finali di

numerosi prodotti alimentari.

Ringraziamenti Siamo sinceramente grati ai partner del Consorzio scientifico francese EMABOIS per il supporto tecnico

e ai partner di Grow Intl. per la collaborazione. Siamo inoltre grati a Peter Snyder per l’autorizzazione

concessaci a utilizzare la fotografia della Figura 1.

Gli Autori dichiarano di non avere alcun conflitto d’interesse.

Contributi degli Autori Dr. Florence Aviat, Oniris-Nantes, Francia: stesura, revisione, ideazione, pianificazione, esecuzione. Professor Christian Gerhards, Albstadt-Sigmaringen Univ., Germania: stesura, revisione, esecuzione. Professor Juan Jose Rodriguez, Facoltà di Scienze Veterinarie, Barcelona, Spagna: stesura, revisione, esecuzione. Dr. Valerie Michel, Actalia, Francia: revisione. Isabelle

Le BAYON, Fcba, Francia: revisione. Rached Ismail, PhD Student, Oniris-Nantes, Francia: stesura. Professor Michel Federighi, Oniris-Nantes, Francia: stesura, revisione, ideazione, pianificazione, esecuzione.

Sicurezza alimentare delle superfici in legno . . .

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