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SICUREZZA E CONSERVAZIONE STORIA DELLE COSTRUZIONI ANTISISMICHE: ALCUNE RIFLESSIONI U. BARBISAN Università Iuav di Venezia SOMMARIO La storia delle costruzioni antisismiche, cioè della cosciente capacità di costruire nelle regioni soggette ai sismi è lunga quanto incerta, ma fertile di stimoli. Nei tempi più remoti, quando il terremoto era considerato punizione divina, ben poco si è fatto; viceversa, ad iniziare dal Secolo dei Lumi, l’analisi laica del fenomeno - che lentamente lo riconosce espressione della più forte natura - innesca una serie di riflessioni, alcune anche stravaganti, per aumentare la sicurezza degli edifici rispetto al sisma; si tratta di un processo che prosegue fino al Novecento quando, dopo il terremoto di San Francisco e quello di Messi- na, si sviluppano studi interdisciplinari (scienza delle costruzioni, sismologia, dinamica, etc.) che risolvono la questione teori- ca delle costruzioni antisismiche, pur non mancando errori drammatici e folli invenzioni. SUMMARY The history of the buildings in seismic areas - or the conscious ability to build in areas subject to earthquakes - is long and uncertain, but fertile of stimulations. In the earliest times, when the earthquake was considered a divine punishment, not much was done; vice versa, beginning from the Enlightenment, the laic analysis of the phenomenon - that is slowly recog- nizes it as an expression of the strongest nature - starts a succession of reflections, some of those even bizarre, to increase the safety of buildings in relation to the earthquakes, it is a process that continues up to the Twentieth Century when, after the earthquakes of San Francisco and Messina, when interdisciplinary studies resolving the theoretical problem of the earth- quake resistance of building were developed (science of construction, seismology, dynamics, etc.) while terrible mistakes and mad inventions were not lacking. I coscienti prodromi dei tentativi di concepire il comportamento di un edificio durante un sisma si possono individuare nel Rinascimento quando diversi personaggi, noti e meno noti, tentano di tralasciare la visione religiosa del fenomeno - la puni- zione divina che non viene negata, ma superata - e si concentrano sull’osservazione dei danni causati dai sismi, tentando di risolvere, seppure con essenziali osservazioni, la questione della sicurezza. Prima di tale periodo abbiamo poche osservazioni, spesso incerte e avvolte dal manto della leggenda, come quella del tempio di Artemide ad Efeso, voluto da Creso e progettato da Chersifrone, che si vuole sia stato costruito sopra uno strato di lana per proteggerlo dai terremoti; una leggenda che non trova fondamento in quanto il tempio in questione fu distrutto e ri- costruito più volte ma a seguito di incendi e danni bellici. Anche la tradizione delle chiese in Armenia vuole che le fondazioni fossero edificate, su scavo in trincea, sopra uno spesso strato di sabbia per migliorare la resistenza sismica, ma, in questo caso, si tratta di osservazioni fatte a posteriori di fronte a tale soluzione costruttiva; dal punto di vista pratico il sistema non appare troppo efficace se non altro per l’inevitabile compattamento della sabbia e l’interagire dei fianchi, spesso rocciosi, dello scavo di fondazione. Plinio, nell’Historia Naturalis, suggeriva l’impiego di pozzi attorno agli edifici perchè “esalavano il vento sotterraneo”, le strutture ad arco e forti cantonali degli edifici; ovviamente il suggerimento sugli archi è errato, ma Plinio era, soprattutto, un enciclopedico che raccoglieva documentazione e opinioni senza verificarne la veridicità. Ciò non significa che in alcune realtà l’arte del costruire, quella intuitiva basata sull’esperienza, non fosse in grado di rea- lizzare edifici con alcuni accorgimenti in grado di migliorare la resistenza sismica, ma si tratta sempre di fatti disarticolati, lo- cali e senza chiare spiegazioni del fenomeno Il Medioevo europeo non vede sostanziali progressi, passivo all’accettazione della catastrofe come divina punizione, questione che, comunque rimarrà presente fino ai primi del Novecento con processioni, santi protettori e preghiere.

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SICUREZZA E CONSERVAZIONE

STORIA DELLE COSTRUZIONI ANTISISMICHE: ALCUNE RIFLESSIONI

U. BARBISAN

Università Iuav di Venezia

SOMMARIO

La storia delle costruzioni antisismiche, cioè della cosciente capacità di costruire nelle regioni soggette ai sismi è lunga quanto incerta, ma fertile di stimoli. Nei tempi più remoti, quando il terremoto era considerato punizione divina, ben poco si èfatto; viceversa, ad iniziare dal Secolo dei Lumi, l’analisi laica del fenomeno - che lentamente lo riconosce espressione dellapiù forte natura - innesca una serie di riflessioni, alcune anche stravaganti, per aumentare la sicurezza degli edifici rispetto al sisma; si tratta di un processo che prosegue fino al Novecento quando, dopo il terremoto di San Francisco e quello di Messi-na, si sviluppano studi interdisciplinari (scienza delle costruzioni, sismologia, dinamica, etc.) che risolvono la questione teori-ca delle costruzioni antisismiche, pur non mancando errori drammatici e folli invenzioni.

SUMMARY

The history of the buildings in seismic areas - or the conscious ability to build in areas subject to earthquakes - is long and uncertain, but fertile of stimulations. In the earliest times, when the earthquake was considered a divine punishment, not much was done; vice versa, beginning from the Enlightenment, the laic analysis of the phenomenon - that is slowly recog-nizes it as an expression of the strongest nature - starts a succession of reflections, some of those even bizarre, to increasethe safety of buildings in relation to the earthquakes, it is a process that continues up to the Twentieth Century when, after the earthquakes of San Francisco and Messina, when interdisciplinary studies resolving the theoretical problem of the earth-quake resistance of building were developed (science of construction, seismology, dynamics, etc.) while terrible mistakes and mad inventions were not lacking.

I coscienti prodromi dei tentativi di concepire il comportamento di un edificio durante un sisma si possono individuare nel Rinascimento quando diversi personaggi, noti e meno noti, tentano di tralasciare la visione religiosa del fenomeno - la puni-zione divina che non viene negata, ma superata - e si concentrano sull’osservazione dei danni causati dai sismi, tentando di risolvere, seppure con essenziali osservazioni, la questione della sicurezza. Prima di tale periodo abbiamo poche osservazioni, spesso incerte e avvolte dal manto della leggenda, come quella del tempio di Artemide ad Efeso, voluto da Creso e progettato da Chersifrone, che si vuole sia stato costruito sopra uno strato di lana per proteggerlo dai terremoti; una leggenda che non trova fondamento in quanto il tempio in questione fu distrutto e ri-costruito più volte ma a seguito di incendi e danni bellici. Anche la tradizione delle chiese in Armenia vuole che le fondazionifossero edificate, su scavo in trincea, sopra uno spesso strato di sabbia per migliorare la resistenza sismica, ma, in questo caso, si tratta di osservazioni fatte a posteriori di fronte a tale soluzione costruttiva; dal punto di vista pratico il sistema non appare troppo efficace se non altro per l’inevitabile compattamento della sabbia e l’interagire dei fianchi, spesso rocciosi, dello scavo di fondazione. Plinio, nell’Historia Naturalis, suggeriva l’impiego di pozzi attorno agli edifici perchè “esalavano il vento sotterraneo”, le strutture ad arco e forti cantonali degli edifici; ovviamente il suggerimento sugli archi è errato, ma Plinio era, soprattutto, un enciclopedico che raccoglieva documentazione e opinioni senza verificarne la veridicità. Ciò non significa che in alcune realtà l’arte del costruire, quella intuitiva basata sull’esperienza, non fosse in grado di rea-lizzare edifici con alcuni accorgimenti in grado di migliorare la resistenza sismica, ma si tratta sempre di fatti disarticolati, lo-cali e senza chiare spiegazioni del fenomeno Il Medioevo europeo non vede sostanziali progressi, passivo all’accettazione della catastrofe come divina punizione, questione che, comunque rimarrà presente fino ai primi del Novecento con processioni, santi protettori e preghiere.

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Viceversa nel Rinascimento iniziano a germinare alcuni timidi approcci alla questione tentando di analizzare almeno gli effetti del terremoto e attirando la curiosità di vari studiosi che catalogano i terremoti passati, ripropongono le antiche opinioni e suggerimenti quali la funzione dei pozzi e cloache che avrebbero permesso di esalare i “fortissimi venti sotterranei”. Galesio nel De terraemotu liber, Bologna 1571, pubblicato dopo il terremoto ferrarese del 1570, conferma l’utilità di pozzi e cunicoli, ma aggiunge la necessità di costruire edifici di modesta altezza ed esalta la sicurezza delle costruzioni in legno. Lucio Maggio nel Del terremoto, Bologna, 1571, scriveva che le “abitazioni basse ancora molto più sicure sono... e anco assai più sicuro è abitare in campagna né tuguri di legnami sottilissimi”. Jacopo Antonio Buoni nel trattato Dialogo del terremoto, edito a Modena nel 1571, contraddice l’ipotesi di Plinio sull’impiego delle volte e degli archi, affermando che “né Bologna né Ferrara non hanno nei suoi terremoti ritrovato rimedio o sicurezza né volti, anzi hanno imparato per pruova che i volti nel terremoto sono manco sicuri che le stante sostenute con travi; dica Plinio in questo ciò che gli piace”. Leon Battista Alberti, nel De re aedificatoria, dichiara che “una copertura a volta da maggiori garanzie contro gli incendi, mentre una travatura resiste meglio ai terremoti”, dimostrando di aver compreso i meccanismi di collasso delle strutture ar-chivoltate. Leonardo da Vinci non è da meno, anzi, nel Foglio 53 recto, del Codice A, scrive, con sorprendente lucidità, “ogni trave vole passare i sua muri e essere ferma di la da essi muri con sufficiente catene, perchè spesso si vede per tremoti le travi uscire de’ muri e rovinare poi i muri e solai, dove, se sono incatenate, teranno i muri insieme fermi, e muri fermano i solai”. Fra tutti appare interessante il manoscritto di Pirro Ligorio, Libro di diversi terrremoti, scritto, dopo il già citato terremoto di Ferrara, attorno al 1571; pur confermando l’ipotesi pliniana dei pozzi, ed accettando la visione religiosa del fenomeno, Li-gorio scrive un elenco di eventi sismici, ripropone le opinioni degli antichi pensatori, ma analizza con attenzione i danni regi-strati a Ferrara e tenta di capire come realizzare edifici antisismici; comprende la necessità di planimetria compatta, omoge-neità di “pesi e spessori delle murature”, fra quelle perimetrali esterne e le tramezze interne in quanto se “nel mezzo (n.f.t. in riferimento alle tramezze) minori di loro (n.f.t. in riferimento alle pareti perimetrali) per la minore sostanza, quelli infrangono et li crepano”. Di fatto Ligorio comprende che il terremoto si manifesta con un’azione laterale, come un forte vento, suggerisce massicce forme e “staffature” metalliche per collegare i paramenti murari.

- Pirro Ligorio, progetto di costruzione antisismica, XVI secolo.

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E’ però necessario attendere il Settecento affinché la riflessione teorica sulle costruzioni antisismiche si stacchi dai tratta-ti più generalisti per assumere un personale sentiero di pensiero. Due sono i fatti importanti del secolo dei Lumi: i catastrofici terremoti di Lisbona, nel 1755, e delle Calabrie nel 1783. Sorprendentemente quello di Lisbona non ha comportato soluzioni di particolare originalità teorica; infatti, come è noto, la ricostruzione fu affidata a Sebastiao Josè de Carvalho e Mello, poi noto come marchese De Pombal, che si avvalse della collaborazione di svariati tecnici fra cui l’ingegnere militare Carlos Mardel che, forse, fu fra i propugnatori del sistema costrut-tivo “a gajola”, poi detta “gajola pombalina”. Si racconta, ma forse è solo una tradizione orale, che Mardel fece costruire una “macchina” che permetteva di simulare le scosse sismiche su un modello in scala di un edificio a “gajola”, sfruttando le oscil-lazioni indotte da un distaccamento di soldati che marciavano a contrattempo. Purtroppo mentre abbiamo buona documentazione dei progetti urbanistici e architettonici della nuova Lisbona, della so-luzione costruttiva a “gajola” nulla pare sia rimasto negli archivi, come non esisterebbe documentazione di una qualsiasi for-ma di normativa per le costruzioni antisismiche. Di fatto la “gajola” era un sistema costruttivo fondato sull’impiego di un’intelaiatura lignea, controventata, annegata nella muratura, presente in molte altre realtà anche e, soprattutto, non in zona sismica (pensiamo solo agli edifici a telaio e tam-ponamento della Foresta Nera, o quelli francesi e inglesi). Inoltre, pare che dopo il terremoto garganico del 1627 venne ap-prontato un sistema costruttivo detto “casa baraccata alla beneventana”, con telaio ligneo e tamponamento leggero; notizia riferita anche al dopo i terremoti calabresi del 1638 e del 1783.

- G. Vivenzio, Istoria e teoria dei tremuoti..., Napoli, 1787, progetto per edificioantisismico secondo il sistema “baraccato” e simile alla “gajola”.

Fra i vari studiosi cimentatisi sull’argomento, dopo Lisbona, si evidenzi la figura del medico e astronomo veneziano Eu-sebio Sguario che diede alle stampe il breve trattatello Specimen physico-geometricum de terraemotu ad architecturae utili-tatem concinnatum, Venezia, 1756. Singolare è già il titolo che comprende i termini “terremoto e architettura”, interessante è la metodologia di analisi che propone, se pure giunga a conclusioni errate. Sguario dimostra un atteggiamento laico a riguardo del terremoto affermando l’ineluttabilità dell’evento, accettandone la convivenza e, conoscendone gli effetti, si propone “ita terraemotus damna impedire”. Con tali ipotesi di partenza, la realtà del fenomeno sismico passa in secondo piano in quanto Sguario null’altro fa che ribadire le antiche convinzioni del vapore sotterraneo, aggiungendo, però che gli effetti sono paragonabili a quelli dell’esplosione della polvere pirica nelle caverne.

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- Eusebio Sguario, formazione di un terremoto e relativo maremoto.

Sguario distingue il moto ondulatorio (“concussio”) da quello sussultorio (“succussio”), valutandone gli effetti sugli edifici, quindi propone tre regole architettoniche per le costruzioni antisismiche, di difficile interpretazione, ma fondate su una rudi-mentale analisi dinamica. La prima regola, la più tradizionale e su cui non ci soffermiamo troppo, è impostata sulla falsariga dell’ipotesi pliniana, e propone che si oppongano alla direzione prevalente di arrivo delle onde sismiche gli spigoli degli edifici; leggendo fra le righe si comprende che Sguario conferma la tesi di una direzione prevalente e costante di arrivo delle onde sismiche, idea rimasta in auge fino al Novecento e, quindi di opporre, interpretiamo, il lato corto di un edificio alle onde in arrivo; infatti, scrive “ladirezione della scossa dal vulcano o dall’epicentro del terremoto avrà colpito non estese superfici di muro ma gli angoli, an-che se con la frequenza della scossa potrà squassare i solai non potrà così facilmente far crollare i muri e distruggere le co-struzioni”. La seconda regola architettonica appare più interessante quanto Sguario afferma che “per quanto riguarda la distanza del centro di gravità dal suolo, bisogna osservare che, a parità di condizioni, quanto più grande essa è, tanto minore rende l’inclinazione del muro... Da cui deriva un utilissimo insegnamento per la difesa delle case e delle costruzioni dalla devasta-zione dei terremoti: costruire edifici, oppure caricare quelli già costruiti, di pesi in modo che il centro di gravità di tutta la co-struzione si allontani dal suolo e sia portato in alto il più possibile”; in sostanza realizzare edifici con tetti molto pesanti sia per alzare il baricentro della struttura, sia per aumentare lo stato di compressione sulle murature.

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- Eusebio Sguario, in basso a destra i due disegni inerenti al centro di gravità degli edifici.

L’errore di Sguario è evidente, ma il metodo è corretto in quanto ha intuito che l’edificio è sollecitato da scosse sismiche che si trasformano in forza laterale dinamica che fa oscillare l’edificio come un pendolo rovesciato. L’ipotesi del Nostro è fondata anche sull’errata idea che le murature siano infinitamente rigide; una possibile interpretazione del ragionamento di Sguario è la seguente:

Nella terza regola, Sguario propone un’impostazione simmetrica in pianta e anche in elevazione, con pareti speculari con riferimento a dimensioni, spessore e aperture, con la limitazione delle altezze come tradizione voleva.

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Con tutti i limiti già esposti, comunque Sguario ha il merito di aver impostato l’analisi dinamica degli edifici in un periodoin cui la questione delle costruzioni antisismiche è risolta, in sostanza, con il sistema costruttivo a telaio in legno (“casa ba-raccata”) sancito anche dalla normativa emanata dopo il terremoto calabrese del 1783. Per tutto l’Ottocento, mentre la sismologia compie significativi passi che permetteranno, nel Novecento, di sviscerare la questione, la riflessione teorica sulle costruzioni antisismiche appare ancora confusa e incerta. In Europa il dopo Messina (1908), da nuovo impulso alla ricerca teorica cui si affiancano diverse decine di “invenzioni” (quasi tutte brevettate) per le costruzioni antisismiche, molte delle quali di dubbia praticità, come le suggestive proposte di G. Torres contenute nel suo trattato La casa antisismica, edito a Roma nel 1909. Torres dopo un’analisi storica giunge alla con-clusione che gli edifici a pianta circolare fossero più sicuri in quanto, da qualsiasi direzione provenisse il sisma, rispondevano con uguale resistenza; di fatto Torres supera la questione di un’unica direzione di arrivo del sisma e intuisce la necessità distrutture simmetriche e la concentricità fra centro delle masse e delle rigidezze.

- Esempi di case antisismiche sviluppate sulla pianta circolare secondo G. Torres, 1909.

A fianco di trattati come quello del Torres troviamo anche, nel dopo Messina, profonde intuizioni, come quella di A. Da-nusso, presentata nel 1909 alla Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, dal titolo La statica delle costruzioni anti-sismiche. Danusso inizia con una nota leggermente polemica, in riferimento a tutte le bizzarrie proposte per le costruzioni antisismiche; afferma Danusso che “gli studi sull’edilizia antisismica hanno condotto finora, eccettuati pochissimi casi, all’espressione di una serie di criteri personali, più o meno empirici, i quali meritano bensì grande rispetto, poiché la buonacostruzione poggia per tre quarti sul buon senso e sulla pratica di chi progetta, ma non bastano per risolvere scientificamen-te ed utilmente il problema che interessa oggi tutti gli Italiani”. Poi Danusso passa ad analizzare la questione affermando che “non è difficile stabilire il punto di partenza, esprimendo con caratteristiche meccaniche precise una serie di movimenti ondu-latori che interpretino con sufficiente approssimazione il movimento sismico. Qualunque moto, anche se molto complesso, può ridursi alla sovrapposizione di moti elementari più semplici; il principio della sovrapposizione degli effetti, da cui la mec-canica è governata, varrà dunque a semplificare, sotto questo punto di vista il problema”. Applicando il principio di scompo-sizione e sovrapposizione delle forze e staticizzando le forze, Danusso risolve in maniera brillante il problema, partendo dall’ipotesi di un edificio “la cui base è rigidamente unita al terreno”, considerando la struttura resistente come un sistema di masse concentrate alle altezze dei diversi piani da azioni laterali e funzionante come un pendolo rovesciato.

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- A. Danusso, 1909, analisi strutture antismiche.

Fra i trattati comprendenti riflessioni teoriche appare interessante, seppure incerto, quello di F. Ruffolo, La stabilità sismi-ca dei fabbricati, Roma, 1912, che trattando della simmetria in planimetria e in elevazione (come Sguario) e del profilo pros-simo a quello parabolico delle murature, scrive che “il vantaggio dei muri con profili prossimi ai parabolici s’intuì in Italia fin dal medio evo, e precisamente in una città sismica per eccellenza: Aquila”; Ruffolo quindi propone una serie di sbiadite im-magini di edifici con tale caratteristica che, però, non sono medioevale ma settecenteschi.

- F. Ruffolo, l’Aquila, casa Antonini, di origini settecentesche.

Ruffolo, comunque ritiene che il profilo delle murature completamente parabolico, come le soluzioni proposte dal giappo-nese prof. Omori, non siano idonee per l’edificato residenziale, ma solo per pile di ponti e acquedotti, dighe e strutture simili; quindi propone un perfezionamento del sistema, combinando il profilo delle murature prossimo a quello parabolico e la pla-nimetria che segue la curva asteroidale; di fatto partendo dall’equazione del circolo, quello usato da Torres prima citato:

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- Prospetto e pianta di edificio asteroidale secondo F. Ruffolo, 1912.

F. Masciari-Genoese, nel suo poderoso Trattato di costruzioni antismiche, Milano, 1915, scritto ancora sotto l’influsso del terremoto di Messina, compendia tutti i saperi noti, per esempio cita anche Eusebio Sguario. In mille pagine, Masciari tratta di sismologia, di meccanica delle strutture, di resistenza dei materiali, storia, costruzioni antisismiche, etc. La prima analogia fatta dal Masciari è comparare l’azione del sisma a quella del vento o “dell’acqua in moto contro gli ostacoli di varia natura che incontra” ma ritiene anche che le onde sismiche possano ripresentarsi, nel medesimo luogo, con direzione analoga, secondo le antiche credenze; non manca l’analisi delle tipologie planimetriche e in elevazione, comprese quelle circolari e asteroidali. A riguardo dell’altezza degli edifici, il procedere di Masciari si fa più sicuro “perocchè per quanto esso possa essere di struttura monolitica e possa avere dondolamenti sincronici, pure oscillando non cessa di essere un ve-ro pendolo composto, e di avere oscillazioni di un’ampiezza che cresce in ragion diretta dell’altezza”.

F. Masciari-Genoese, 1915, momento flettente di una struttura in relazione all’altezza e all’accelerazione sismica.

Masciari quindi si applica nell’esame dei principali tipi di costruzioni antisismiche, dalla “gajola pombalina” alla “casa ba-raccata”, ancora in auge ai primi del Novecento, ai primi esempi di costruzione a telaio in calcestruzzo armato e in acciaio. A riguardo dei “calcoli di stabilità antisismica”, Masciari ricorda che si “debbono considerare le azioni statiche... accumulate con le azioni dinamiche, dovute al moto sismico orizzontale e verticale, derivandole dall’accelerazione massima locale applicata alle singole masse del fabbricato, operante in entrambi i sensi di ogni direzione”, ricordando che per edifici di carattere “non eccezionale”, è possibile sostituire le azioni dinamiche con equivalenti azioni statiche. Per la valutazione dell’azione sismica orizzontale Masciari ritiene che, in sintonia con le “Istruzioni Ministeriali, è permes-so eziandio di ragguagliarle... ad una frazione delle gravità applicata alle masse del fabbricato ed aggiungere al peso di es-se”; semplificando e approssimando l’azione sismica viene valutata pari a un carico di 1/10 della peso della struttura distri-

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buito lateralmente in maniera uniforme. Per l’azione sussultoria si suggerisce, in via ancora approssimata, di aumentare i carichi statici permanenti da 2/3 a 1/2. A riguardo dell’approssimazione, Masciari osserva che essendo dovendo partire da dati sismici di larga approssimazio-ne, “così nei calcoli di stabilità è uopo appagarsi anche di formole approssimative, semplici e pratiche... un laborioso proce-dimento analitico, giustamente osserva il prof. Canevazzi, condurrebbe sempre a risutati approssimati”.

F. Masciari-Genoese, 1915, sezione e pianta di edificio antisismico in muratura e armature soggetto ad azione sismica laterale.

Concludiamo quelle riflessioni con uno degli ultimi trattati scritti ancora sotto l’enfasi del terremoto di Messina; si tratta de L’ossatura murale, di G. B. Milani, edito a Torino si suppone nel 1922 (la data non è dichiarata nel testo); Milani, docente di Architettura Tecnica alla Reale Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Roma, realizza un poderoso trattato diviso in tre grandi fascicoli, con testo separato dalle tavole sciolte, e affronta tutte le tematiche del costruire evidenziando, però ancoravarie incertezze terminologiche. Nel primo fascicolo, La stabilità, affronta il tema delle costruzioni “asismiche”, facendo rife-rimento alla normativa del 1912, le Norme tecniche ed igieniche obbligatorie per le riparazioni, ricostruzioni e nuove costru-zioni nei Comuni colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908 o da altri precedenti. Milani ritiene che le costruzioni antisismi-che in muratura semplice non possano superare un piano di altezza (max 5 metri), per altezze maggiori suggerisce edifici completamente in calcestruzzo armato (con tondini lisci e lamiera stirata come in uso all’epoca) oppure di utilizzare, ancora una volta, il sistema “baraccato” in legno o in acciaio, in alternativa al sistema a telaio, “ingabbiamento”, in calcestruzzo ar-mato. Nonostante i secoli passati, il sistema “baraccato”, a telaio ligneo, appare ancora in auge negli anni Venti del Nove-cento.

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G. B. Milani, 1922 (?), stabilità sismica degli edifici.

In sintesi, nell’Occidente europeo, alcune germinazioni sulla concezione strutturale degli edifici antisismici si possono individuare nel Rinascimento, per ampliarsi nel secolo dei Lumi, piccolo passo dopo passo, per superare l’accettazione fata-listica del fenomeno, fino al primo Novecento quando, ancora con incertezze, la scienza delle costruzioni getta le basi per gliattuali risultati, dalla corretta analisi dinamica, ai sistemi di isolamento sismico etc. Permane la questione della valutazionedella sicurezza sismica del patrimonio edilizio esistente (storico e non storico) dove l’analisi della cultura sottesa alla costru-zione, in ogni periodo, può dare sostanziale contributo per corretti interventi, cioè svolgendo una precisa anamnesi storica sipotrà elaborare diagnosi, terapia e prognosi.