Sicuramente ve la ricorderete: girava per i corridoi...

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“Ti ho visto crollare sotto i colpi dell’etica socratica” 2

Per ricordare una persona speciale pagina 3 Editoriale pagina 5 Una festa andata in fumo pagina 5 Un’islandese fra noi pagina 6 Intervista a Fiore&Anto pagina 7 Prof...mi dia un credito! pagina 8 Convegno sull’Informazione pagina 9 Intervista al sindaco Variati pagina 10 Viel spaβ gehabt! pagina 11 Romania 2008 pagina 12 Kankerbezem!! pagina 13 Il latino vivo provato sulla nostra pelle pagina 14 Come onde sugli scogli pagina 15 Ti racconto una storia, o vita pagina 16 Realtà o fantasia? Pirandello interroga ancora… pagina 17 Recensione: sei personaggi in cerca d’autore pagina 18 Recensione: Ironman pagina 19 Sentirsi filosofi pagina 20 Il genocidio armeno pagina 21 Questo ti riguarda! pagina 22 Mafia: deve avere una fine pagina 23 Ambiente, Europa e studenti pagina 23 Campioni di orienteering pagina 24 Karate Kid pagina 25 We love el dialeto pagina 26 Una giornata di… 2^ parte pagina 27 Noschoolman in “La divina commedia” pagina 28 Alla scoperta del S.Paolo pagina 30 Soluzione de “Gli enigmi del pensiero laterale” pagina 30 Picross pagina 31

Direttore:

Galvanin Marco 5BI

Vice-direttore:

Trombetta Francesca 2ALG

Impaginatori:

Sara Pezzato 2ALG

Rampazzo Federico 3AI

Disegnatrice (copertine):

Romano Francesca 4CI

Gelain Laura 3^BT

Uomo obbiettivo:

Prof. Giuliano Cisco

Redazione:

Berton Giovanni 5BLG

Borneo Aurora 4BT

Cariolato Laura 4ALG

Ceretta Federico 2AI

Cimmino Alberto 2CLG

Conti Alfredo 3AST

De Boni Sara 4ALG

D’Odorico Lidia 2CLG

Ferretto Francesca 2CLG

Galvanin Marco 5BI

Lucchin Martina 3AT

Maistrello Davide 1AI

Marangoni Elena 4BT

Menarin Laura 2AT

Pellizzaro Pierluca 5BLG

Pezzato Sara 2ALG

Pigatto Francesco 5AST

Romano Francesca 4CI

Salvatelli Feliciana 4BT

Savoca Enrico 1BST

Spiller Agata 2ALG

Stefani Davide 4CI

Trentin Francesca 2ALG

Trombetta Francesca 2ALG

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Chi era Maria Pia Cimmino? Il suo carattere si potrebbe definire con qualche parola: vitalità, entusiasmo, disponibilità, autenticità, allegria, grinta e molto altro…. Sicuramente ve la ricorderete: girava per i corridoi con la sua inseparabile tracolla, piccolina nonostante i tacchi, vestita dei colori più disparati, sempre con il sorriso sul volto………… Per questi motivi, e per molti altri, per noi non è stata solo una prof, ma un punto di riferimento dal nostro arrivo al Quadri. Vogliamo riportare la lettera che ha potuto leggere qualche mese fa; perché la sentiamo ancora qui con noi e non riusciamo ad esprimere definitive parole di commiato.

Cara prof, dopo quasi quattro anni che scriviamo pensando: ”questo lo leggerà la prof, aspetta che scrivo decentemente” è così… strano… vedere come ora ci stiamo indirizzando proprio a lei, come se il titolo del compito fosse: <Scrivi una lettera alla prof>…ma quale compito?! E’ forse un lavoro forzato questo?! No… Finalmente non c’è stato nessuno che ci ha detto cosa fare, molto semplicemente, è una cosa che vogliamo noi, una nostra iniziativa. Tutto nasce dal desiderio che abbiamo di essere con lei, ma siccome ciò non è fisicamente possibile (non ancora!), ecco che ci armiamo nuovamente di carta e penna e, questa volta, ceste titoli, le regole di grammatica, i pensieri non comprensibili e i temi da sviluppare! Siamo noi, noi 19, che parliamo a lei…proprio come se fosse di fronte a noi….e sappiamo quanto il nostro dialogo sia speciale, privo di formalità, aperto a tutto. Speriamo proprio che ora non le sembri di parlare con i muri come quando (pochissime volte!) era in classe l’anno scorso! Però, bisogna ammetterlo, l’idea di scrivere una lettera un po’ intimorisce perché non abbiamo la più pallida idea di cosa buttar giù. Non sono certo i pensieri a mancare e nel nostro silenzio, per una volta, ci sentiamo uniti; forse non riusciamo ad esprimerci e ad aprirci tra di noi, ma è sufficiente anche solo nominarla in classe perché 19 persone si sentano parte di un legame che solo loro possono comprendere; non siamo più dei singoli e in quell’istante sappiamo esattamente a chi è rivolto il pensiero di ciascuno. Ed ognuno lo vede: non siamo 19, siamo 20. Lei è sempre lì, con noi. Se “essere classe” significa rispettarsi, aiutarsi, crescere assieme, condividere gioie e dolori scolastici e non, lei professoressa, lei occupa il primo posto della 4BLg, ma conoscendola crediamo che le piaccia di più stare nei banchi centrali, in modo da averci tutti vicini e non lasciare che nessuno si allontani e poterlo richiamare se nota che sta prendendo la decisione sbagliata. Una di noi, una per noi, una con noi.

Gli alunni della 4BLg

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Per lei che rallegrava tutte le nostre lezioni con la sua vitalità,

per lei che ogni parola la prendeva come spunto per una divagazione interessante,

per lei che ci ha fatto sudare su quello strano metodo Oerberg,

per lei che non lasciava passare una lezione senza una battuta,

per lei che l’ottimismo lo trasmetteva,

per lei che passava decine di minuti a tranquillizzare gli “ansiosi cronici” interrogati,

per lei che poche settimane fa era in aula professori attiva come sempre,

per lei che scherzava dicendo che insegnava perché non aveva trovato un lavoro migliore,

per lei che ci ha fatto aprire gli occhi dopo le medie,

per lei che si arrabbiava quando tornavamo in ritardo dopo educazione fisica carichi di lattine di tè,

per lei che diceva che voleva fare l’attrice,

per lei che non voleva essere soltanto un’insegnante di latino,e ci è riuscita benissimo,

per lei che non abbiamo potuto conoscere abbastanza,

per lei che il sorriso non l’ha mai perso,

per lei che semplicemente non morirà mai, perché sarà sempre viva nei nostri cuori…

Perché anche quando, tra parecchi anni, il ricordo della sua immagine sarà sbiadito dentro di noi, come una foto consumata dal tempo, sapremo sempre che quel ricordo nasconde qualcosa che è molto di più, un anno indelebile di insegnamenti e risate, un anno che ci ha visti crescere più di quanto non possiamo

immaginare.

È per questo, e per tanto altro, che non possiamo che dirle

GRAZIE PROF!!

…ci mancherà…

la 2^BLG

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I sentimenti sono un tergicristallo tra amore e odio 5

La Redazione

Si avvicinano la fine della scuola, l’estate, e gli addii…E per salutare le nostre quinte (che quest’anno ci lasciano, sigh!) quale occasione migliore dell’ultima assemblea, nonché festa della creatività? Purtroppo questa opportunità ci è stata negata da persone che non capiscono il valore delle assemblee e in particolare di questa festa, che ci dà la possibilità di trascorrere una giornata decisamente diversa dalle altre. E’ un’occasione non solo per salutare i nostri vecchi compagni, ma anche per le quinte stesse di vivere l’ultima indimenticabile assemblea del loro percorso al Quadri. Quindi ci sembra d’obbligo dedicare un pensiero speciale da parte di tutto l’istituto ai ragazzi che, trasgredendo le regole (...tutti sanno come...), hanno compromesso le nostre assemblee, facendo sì che la scuola ne vietasse altre fino alla conclusione dell’anno scolastico. Inoltre un grazie ancor più sentito ai fantastici ragazzi della Security, che molto responsabilmente hanno lasciato uscire gli studenti dalla sede, permettendo loro di fare ciò che hanno fatto… Siamo comunque convinti che nella Security siano presenti molte persone responsabili; non ce la stiamo prendendo con tutti, ma solo con chi ha contribuito a creare questa situazione. Ad ogni modo, gli errori servono sempre a qualcosa, e allora prendiamo la palla al balzo e facciamo un discorsetto forse un po’ moralistico: al di là delle opinioni personali su questo tema, rimane il fatto che la scuola è uno spazio di tutti e ha un ruolo educativo; dunque è evidente che certe scelte, in particolare in questo contesto, sono del tutto fuori luogo e dunque da condannare. Ci chiediamo con quale coraggio ci definiamo ‘grandi’ e pretendiamo autonomia dai nostri genitori, se appena voltano le spalle ci fiondiamo a spararci un cannone?! E’ vero, crescere significa anche imparare dagli errori, ma questo tipo di errori possono essere decisamente evitati. Il solo fatto di studiare in questa scuola significa che le nostre vite, anche se ricche di piccoli drammi e difficoltà quotidiani, sono avventure tutto sommato privilegiate rispetto a quelle di molti altri. Concludendo, rinnoviamo i nostri ringraziamenti a chi di dovere; sempre in gamba. P.S.Ci sembra opportuno, in tale contesto, salutare e mandare un augurio a tutti gli studenti di quinta impegnati fra non molti giorni nell’Esame di Stato. In particolare il nostro augurio va a coloro che hanno collaborato al faticosissimo lavoro della Redazione: Marco Galvanin (detto “cugino”), Federico Zanon (meglio conosciuto come “Orky” o “Pistacchio”), Francesco Pigato (“Pig”), Giovanni Berton (“Johnny” per i suoi fans) ed infine Pierluca Pellizzaro (soprannominato anche “Pierluca Pellizzaro”). In bocca al lupo a tutti!

Galvanin Marco 5BI “Questa scuola non è un mercato”. Suppongo non si possa più dire. Ormai da qualche settimana i tramvieri si

divertono con deviazioni dell’ultimo minuto, tanto quanto gli automobilisti in uscita dalla rotatoria di via Rosmini, per cercare di evitare le transenne. Che limitano il simpatico, per non dire folcloristico e tanto caro agli anziani, mercatino composto da bancarelle di vario tipo. Per cui, se arrivate a scuola ben prima dell’ orario d’inizio lezioni, sapete come passare il tempo (pensateci per l’anno prossimo). Sì, perché oramai manca poco all’alba, quanto meno per la maggior parte degli studenti. E per i maturandi, beh, dopo sarà finita, si spera. Sembra passato ancora poco tempo dal primo giorno di scuola, nella nuova sede. Sede che le quinte han potuto gustare poco, senza colorirla di qualche particolarità, com’ era successo con la vecchia; anche se gli spunti ci sono già, come una classe dell’ edificio A, che par esser caratterizzata da presenze a volte fastidiose ( si accendono e si spengono le luci senza volerlo, il vento fischia come in un castello abbandonato). Volevo riflettere qualche momento su un fatto di cronaca recente. Quello del ragazzo entrato in coma e dopo poche ore deceduto per le percosse di un gruppo di giovani. Non credo che una sigaretta possa aver provocato una reazione di questo tipo; cose come queste la gente le cerca. A me pare alquanto assurdo che ci siano ancora al giorno d’oggi simili comportamenti, mentalità e tragedie. Ben venga la libertà di pensiero, ma senza calpestare i diritti individuali. Non si è trattato di una bravata giovanile, ma qualcosa di molto più grave. Ed è ancora più preoccupante che i responsabili siano dei giovani. Tornando alla vita nel Quadri, ho potuto apprezzare il nostro preside mentre leggeva una copia del secondo numero del Quadrifoglio e constatare per l’ ennesima volta quanto possano essere scomodi i sedili dell’ Aula Magna dopo almeno tre ore e sentire qui e là delle voci sulla mancanza di fondi e sulle assemblee dei prossimi anni. A riguardo della “furbata” che ha provocato la sospensione della festa della creatività, c’è qui sotto una riflessione della Redazione. Non credo comunque che millequattrocento studenti abbiano valutato positivamente quello che è successo con le conseguenze che ne sono derivate.

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“Pezzo di nutria” 6

Ciao a tutti! Mi chiamo Berglind, sono quella ragazza islandese che magari ogni tanto avete visto girare per i corridoi della scuola :) Sono venuta qui in Italia a settembre con Intercultura per studiare la lingua italiana. Mi è stato chiesto di dire cosa penso dell'Italia. L'Italia è un paese più caldo del mio. Comunque dovete sapere che non c'è sempre la neve in Islanda, però non fa così caldo in estate come in Italia. Il Cibo italiano è buonissimo, troppo buono e quindi tutti i ragazzi stranieri sono ingrassati:P I miei cibi preferiti sono la pizza napoletana, le torte salate e gli gnocchi della mia nonna ospitante. Qui in Italia ho visitato tante città come Venezia, Milano, Bolzano, Napoli e Siena. Per sfortuna non sono riuscita ad andare nelle isole, Sardegna e Sicilia ma andrò un'altra volta quando tornerò in Italia :) Ho scoperto che l'Italia è molto diversa dal nord al sud. Anche la gente, il modo di vivere e le tradizioni cambiano a seconda della regione e della città. Per esempio sono stata a Napoli per una settimana, ho visto che le persone sono più aperte di qui a Vicenza.

Io amo Vicenza, però secondo me è più facile incontrare e conoscere nuova gente al sud rispetto al nord. Siamo in 400 ragazzi stranieri in Italia per quest'anno. Sono molto contenta e mi sento molto fortunata che sono venuta qui a Vicenza. La mia famiglia ospitante è bellissima e loro sono simpaticissimi. Sono molto contenta della mia classe e ringrazio le mie care amiche che mi hanno aiutati molto. Fra due mesi tornerò a casa in Islanda. Quest’anno è volato, quando si sta bene il tempo passa veloce. Comunque non è sempre facile essere all'estero, soprattutto quando non conosci la lingua, però nel mio caso i momenti belli sono molto di più di quelli meno belli. Tutto è grazie ai miei amici italiani e ai miei amici stranieri d'Intercultura. Sono quasi pronta a tornare a casa, anche perchè incontrerò mia sorella gemella che è stata in Ecuador per un anno, però tornerò presto in Italia. Amo l'Italia per le sue bellezze, per le sue tradizioni, per le persone italiane e per tutte le sue piccole cose che è impossibile scoprire senza vivere in Italia, ma soprattutto perchè la mia seconda casa è in Italia. Penserò sempre all'Italia con un sorriso. :) Vorrei ringraziare tutti i miei professori che sono stati veramente gentili epazienti con me e tutte le persone che mi hanno aiutato a rendere quest'anno indimenticabile. Gleðilegt sumar og sjáumst fljótt aftur! Buone vacanze e ci vediamo presto!

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Gli sparerei con un fucile a canne mozze! 7

Feliciana Salvatelli4^BT

1. Fiorenza 2. Biasi 3. Fiore 4. 47 5. Coniugata 6. 2 femmine 7. 21 8. Mi piace e mi soddisfa 9. Maglierista e venditrice di angurie!

Sai ora si vendono gelati,mentre prima angurie!! 10. Ho messo tutto in banca 11. Un sogno che poi ho realizzato…avere una famiglia 12. E’ già successo! A Pasqua e sono venuta anche con alcuni insegnanti!!! 13. •Studenti : 9 perché qualcuno abbassa la media!!! •Personale ATA: Beh,

•Insegnanti:10 •Preside: 10 ma con un piccolo asterisco da recuperare a settembre!!!

14. Mai stata antipatica come quest’ anno!!!A parte gli scherzi,dopo 16 anni che lavoriamo insieme non la cambierei!!!

15. Sì

1. Nome 2. Cognome 3. Soprannome 4. Età 5. Stato civile 6. Figli? Se sì,quanti? 7. Da quanti anni sei al Quadri? 8. Descrivi il tuo lavoro con un aggettivo 9. Che lavori hai svolto prima di questo? 10. Cosa hai comprato con il tuo primo stipendio? 11. Quale era il tuo sogno più grande quando avevi più o meno la nostra età? 12. E’ la mattina di Natale ti chiamano dicendo:”Si sono rotte le tubature!La scuola si sta

allagando!”Come ti comporti?Molli tutto e vai a salvare il Quadri dal diluvio universale ormai imminente oppure ritorni a dormire?

13. Dai un voto a: •Studenti •Personale ATA •Insegnanti •Preside 14. Cosa pensi dell’altra? 15. Se potessi scegliere, rifaresti questo lavoro?

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Il vostro libro vi racconta le favole dei logaritmi a pag… 8

1. Antonella 2. Rauli 3. Anto e una volta Raula 4. Mi piacerebbe tornare a 25,ma sono 47!!! 5. Sposata 6. Una figlia 7. 16 8. Sottovalutato,ma comunque mi piace! 9. Lavoravo in una fabbrica dove si cucivano abiti per le sfilate e quando serviva provarne qualcuno...c'ero io! 10. L’ho dato in casa!!!Sono sempre stata una lavoratrice,dopo la terza media sono andata a lavorare,me lo ricordo era il primo luglio!

11.Tanti e confusi ,tipici dell’età credo 12 Sarei arrivata immediatamente! 13 Studenti: 10

Personale ATA : 10,pensando a quelli più bravi! Insegnanti: 10 (Sì,avete ragione ragazzi!!!Per alcuni ho esagerato ,ma sono pochi!!!) Preside:Per il momento ricambio il voto che lui ci ha dato nella sua prima intervista una volta diventato preside,ma spero si sia ricreduto

14 E’ una falsa bacchettona,taccagna(non mette la carta igienica nei bagni per paura che finisca,ma comunque…) 15. Con le possibilità che avevo sì

Alfredo Conti (3AST) Ogni studente , terminato lo sfiancante biennio , si trova di fronte alla dura scelta di quale attività svolgere nel triennio per accaparrarsi il tanto agognato credito formativo . Inutile dire che le modalità per ottenerne uno sono veramente tante , tuttavia alcune , piuttosto che altre , appaiono più accattivanti per lo studente . Quella che raccoglie la maggior parte dei consensi sembra essere l’ECDL (patente europea di informatica) che può essere conseguita dagli studenti in seguito al superamento di diversi esami. Se non ne siete a conoscenza vi informo che intere classi si arruolano in massa e si accalcano agli sportelli della segreteria per inscriversi ai diversi esami. C’è da sperare che siano mossi da vera passione per l’informatica . Altri giovani preferiscono invece fare parte del laboratorio musicale dove hanno possibilità di esprimere le loro doti artistiche con la supervisione del professor Banovich; questi studenti in genere suonano e interpretano canzoni di famosi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana . E’ possibile inoltre fare parte del gruppo sportivo dove sarà data ad ognuno dei partecipanti la possibilità di tenersi in forma e tonificare il proprio corpo a forza di corsa e ginnastica aerobica . Il nostro liceo ha pensato anche a coloro che sono più legati al piacere della riflessione che non a quello dell’azione e così è stato creato il Laboratorio di filosofia. Non dimentichiamo poi il giornalino scolastico: grazie alla brillante direzione del professor Cisco, gli studenti da circa dieci anni hanno avuto l’opportunità di esprimere la loro opinione in merito agli argomenti più disparati e interessanti . Tutte le attività proposte dalla scuola e riconosciute nel POF consentono di accedere al credito; inoltre anche attività esterne alla scuola, se caratterizzate da un’apprezzabile valenza educativa, vengono prese in considerazione. E’ utile inoltre ricordare che per qualsiasi attività che garantisca un credito formativo è richiesta una certa frequenza minima. In conclusione, all’inizio del prossimo anno scolastico vedete di informarvi bene su questo argomento: è nel vostro interesse!

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Hai un delirio di onnipotenza? 9

Francesca Trentin 2^ALG “Udite udite: il signor Taldeitali, quello indagato per l’omicidio della fidanzata, è stato immortalato dai nostri fotografi mentre andava al mare con sua nonna: che fosse un incontro romantico?” La notizia... Capita spesso che, da oggettiva, stringata e strettamente informativa, si trasformi in una telenovela… Quante volte capita di leggere un articolo di cronaca e trovare i succosi pettegolezzi su chi vi è coinvolto? E’ fidanzato? Con chi? Scandalo! Con il risultato di banalizzare i sentimenti e appiattirli su uno schermo televisivo o su una rivista, per assecondare la morbosità dei lettori. La notizia… Darne una definizione è abbastanza facile: è un fatto raccontato, mediato, spiegato. Come raccontato dai giornalisti di Famiglia Cristiana, Il Giornale di Vicenza e Tva in un incontro formativo con tema la notizia, il pericolo di questo strumento indispensabile all’aggiornamento quotidiano sta proprio in questa mediazione. Ognuno ha ovviamente una sua opinione, ma quando è richiesto uno scritto finalizzato ad incrementare la capacità critica del lettore e alla sua informazione, bisogna metterla da parte e cercare di non “contaminare” la realtà oggettiva e tangibile con le proprie supposizioni. Evitare al lettore l’inglobamento di opinioni preconfezionate e lasciargli la libertà di formare un proprio pensiero sul tema trattato è una grande forma di rispetto. Per dare notizie reali bisogna innanzitutto seguire le cinque domande : -Chi: E’ importantissimo conoscere i protagonisti della vicenda narrata, perché sono loro che sono stati presenti al fatto e solo loro sanno realmente cos’è accaduto. La parte giudiziaria è sì fondamentale, ma incompleta senza la parte umana. -Che cosa: Il fatto è l’epicentro della notizia. E’ la cosa realmente importante, motore di ogni avvenimento successivo. -Dove: Ovviamente sapere il luogo dove è accaduto ciò che è narrato contestualizza e rende valido l’articolo. -Quando: Come il luogo, il tempo circoscrive l’accaduto a un preciso momento, più o meno recente. -Perché: Le cause dell’azione sono parte integrante dell’approfondimento, che, anche se oggettivo, non deve essere superficiale. Fatto questo esistono però dei limiti e quei limiti si chiamano editore, politica e sensibilità. Capita spesso di trovare dettagli raccapriccianti, inutili approfondimenti su vicende aberranti che scioccano prepotentemente il lettore. L’editore e il direttore sono invece quelli che selezionano il materiale, quindi bisogna cercare di non andare contro il carattere generale che possiede il giornale. La politica pone freni soprattutto quando la verità è scomoda. Sono successi parecchi episodi in passato che dimostrano quanto le libertà di stampa e di parola vengono censurate per l’inconvenienza a qualche personaggio eminente. Ma se da una parte l’informazione è influenzata dalla politica, se si è giornalisti non bisogna modellare i fatti sulle proprie convinzioni ideologiche. Internet sembra il paradiso di questa benedetta libertà di opinione. E’ un mare immenso, contrastante, pieno di contraddizioni. Una potenza incontrollabile e incontenibile, dove regna l’impunità.Molti sono i rischi nell’aggiornarsi tramite esso: non c’è certificazione e fatica nei suoi contenuti, nessuno mette la sua faccia e se anche ciò che ha scritto fosse falso nessuno potrebbe perseguirlo. “Internet vuol dire rete. Attenti a non caderci dentro come pesci!” E come fare a non rimanere intrappolati? L’unico modo è armarsi di conoscenza e dunque criticità, confrontare i diversi strumenti per avere una visuale più completa e che si avvicini il più possibile alla realtà. Il bello dei giornali è proprio questo: raccontano l’uomo, un essere imperfetto. Raccontano le sue redenzioni, i suoi sbagli, le sue svolte, le sue atrocità. La realtà è sfaccettata, a volte violenta, complicata, ma è quella attorno a noi, quella che ci fa vivere.

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Adesso io imparo ad uscire da questa porta 10

Silvia dalle Rive 3^BLG 1. Qual è stata la sua emozione nel tornare sindaco di Vicenza, a distanza di anni, dopo un campagna elettorale tutta in salita e nel quale appariva sfavorito? È stata senza dubbio un’emozione fortissima. Vicenza è la città che amo. Ed è per amore verso questa città che ho accettato la sfida di candidarmi sindaco, rifiutando la proposta di correre per un comodo posto in parlamento. Il risultato finale ha sorpreso molti osservatori, che davano sino alla vigilia per scontata la vittoria del centrodestra. Ma io ho sempre saputo che la partita era aperta. Ci ho creduto sino in fondo e questo è stato essenziale per vincere. 2. Se dovesse fare dei nomi o indicare un gruppo di persone che sono state decisive per la campagna chi citerebbe? Qual è stato l'apporto dei giovani? Se c’è qualcosa di cui sono veramente soddisfatto è il fatto di essere riuscito a coinvolgere tanti giovani nella mia campagna elettorale. Era giovane la squadra dei miei collaboratori e sono stati tanti le ragazze e i ragazzi che hanno lavorato per rendere possibili le mille iniziative di questi mesi. Il loro entusiasmo ha rafforzato il mio, dandomi sicurezza e fiducia. 3. Se potesse citarne uno solo, quale sarà l'impegno primario nei suoi primi cento giorni da sindaco? Posso solo confermare l’impegno assunto davanti agli elettori: al più presto una consultazione popolare sulla questione della base al Dal Molin. 4. Questo è l'anno del cinquecentenario del Palladio. Come valuta le iniziative intraprese e la promozione degli eventi, dei quali è responsabile Lia Sartori? Non intendo fare polemica e spero sinceramente nel successo dell’anno palladiano. Certo, come vicentino, provo un po’ di amarezza quando vedo che in tanti, turisti e studenti provenienti da tutto il mondo, quando arrivano in Piazza dei Signori per scattare una foto alla Basilica, trovano un edificio impacchettato come nemmeno le opere di Christo. Credo che qualcosa non abbia funzionato. Ora però, occorre guardare avanti e lavorare per fare di Vicenza una città capace di ospitare iniziative culturali di alto livello. Perché Vicenza non viva di solo Palladio. 5. Se potesse scegliere qualcuno dell'opposizione da portare con sè su chi cadrebbe la scelta? (politici anche di livello nazionale) Non mi piace il gioco degli identikit. Ma come ho detto ripetutamente, mi considero un sindaco di tutti i cittadini, non soltanto di quelli che hanno votato centrosinistra. Questo è l’impegno che ho assunto e questa è l’indicazione che ho dato a tutta la mia squadra. Sono stato eletto con il voto del 50.5% degli elettori, ma governeremo nell’interesse di tutti i vicentini. È per questo che ho scelto di avere al mio fianco, accanto ad esponenti delle liste che mi avevano sostenuto, anche dei professionisti, che hanno accettato di mettersi al servizio della città. 6. Con il senno di poi che giudizio dà del dibattito al liceo Quadri tra i candidati sindaci? I giovani le sono sembrati partecipi? Quel dibattito, e non lo dico per piaggeria, è stato davvero una delle esperienze più belle della mia campagna elettorale. Una volta nelle scuole c’erano i rappresentanti di istituto, il comitato studentesco e tutto si fermava lì. Invece i vostri “animatori” rappresentano un gruppo molto più vasto e mi sono reso conto, dalle domande che avete posto a noi candidati, che dietro l’iniziativa di una mattinata c’era un lavoro di preparazione molto serio e ben fatto. Complimenti. Quel giorno avevo espresso ai professori l’auspicio che il Sindaco, una volta all’anno, possa confrontarsi senza veli con gli studenti. Ora, da sindaco, posso dire che quell’auspicio, per quel che mi riguarda, è diventato un impegno. 7. Che consigli darebbe a un giovane che si avvicina oggi al mondo della politica? Gli direi di impegnarsi con generosità, senza riserve. Dimenticatevi gli incarichi, i ruoli. Quello che non sopporto sono quei giovani che nascono già vecchi e giocano a fare i piccoli senatori, riproducendo in piccolo i meccanismi peggiori dei politici più maturi. La politica è una passione e come tale va vissuta. Per diventare servizio verso la comunità, però, la passione deve essere affiancata da un metodo serio. Piaccia o no, per fare della buona politica occorre molta preparazione: bisogna saper ascoltare e bisogna studiare. Occorre il coraggio della modestia. Non c’è nulla di peggio di chi pretende di far politica senza saper di cosa sta parlando. 8. Vicenza oggi e Vicenza fra 5 anni. Che cosa spera che sia cambiato e che cosa invece cercherà di mantenere intatto? La mia speranza è che la Vicenza del 2013 sia, come ho scritto nelle cartoline con cui ho spiegato ai vicentini il mio programma, una città più verde, più sicura, più unita e più viva. Insomma, vorrei una Vicenza più moderna, che i giovani possano amare. Quello che vorrei restasse intatto, invece, è lo spirito dei vicentini: persone miti e pazienti, ma allo stesso tempo fiere, che non hanno mai accettato di farsi mettere i piedi in testa da nessuno.

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Il problema è che gli dei sono dei deficienti 11

Alice Rizzetto e Sara De Boni con la collaborazione della 4^ALG Non vi è mai capitato di svegliarvi alle sei del mattino, dirigervi verso la vostra cucina e, aprendo la porta, scoprire una ragazza tedesca che vi saluta con un allegro “guten Morgen!” mentre con il vostro ferro da stiro si sta sistemando la maglietta?? beh, a noi sì! E’ questa una delle sorprese che ci si può aspettare durante uno scambio culturale con gli studenti di una scuola tedesca vicino a Colonia! Noi della 4ALG li abbiamo ospitati all’inizio di aprile (come qualcuno avrà notato, soprattutto qualche ragazza alla ricerca di un biondino da abbordare…) dopo essere stati in Germania all’inizio di febbraio. Già la nostra settimana trascorsa da loro era stata un’esperienza davvero particolare (con gli aspetti negativi e positivi che ci sono in tutte le cose) ed eravamo rimasti tutti – o quasi – in attesa di incontrarci di nuovo! La cosa che forse ci aveva sconvolto di più erano state le ore di lezione nella loro scuola, nel loro sistema scolastico…che è completamente diverso dal nostro! Si respira una certa aria di anarchia, e gli insegnanti non sono poi così autoritari…le lezioni sono in ogni momento un’occasione per farsi uno spuntino (sì ma…non con lo sneakers delle macchinette…loro vanno sul sano: peperoni e carote, ragazzi!!) Ma gli episodi più caratteristici li abbiamo avuti durante la settimana in Italia…oltre alla ragazza del ferro da stiro, chi di voi arrivato a casa non ha mai osservato un tedesco che con fare disinteressato si avvicina al vostro frigorifero e ne estrae il prezioso formaggio di casa, per divorarlo in due o tre bocconi??! E’ stato interessante anche notare come tengano al loro look! Avere in valigia cinque paia di scarpe per sette giorni non è mica da tutti!! E attenzione! La prima volta che un tedesco dovrà andare al bagno, vi conviene accompagnarlo e tenervi pronti a sorreggerlo, perché alla vista di una turca la loro psiche ne risulterà alquanto sconvolta e usciranno gridando disperatamente, dopodiché sverranno davanti a voi. Uno scambio culturale, come dice la parola stessa, ci permette di incontrare altre culture e di imparare da

esse qualcosa di nuovo,ed arricchire il nostro patrimonio. Per esempio, se avete intenzione di trasferirvi in Germania per frequentare l’università, preparatevi alla possibilità di dover affrontare un duello di scherma per mantenervi il posto! E se siete delle giovani pulzelle, procuratevi un vestito abbastanza carino che esibirete all’ asta delle donne del villaggio (il ricavato andrà in beneficenza, ricordatelo!) Eh già…questo è quello che ci hanno trasmesso i nostri compagni di scambio…che sono ripartiti, qualcuno portando come souvenir per la famiglia un bel pacco di crackers, qualcun’ altro approfittando di formaggi e pasta, ma sicuramente tutti con il ricordo di una settimana frenetica e di divertimento!

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Non è l'orario ferroviario, è la Bibbia 12

Samuele Sottoriva, 3BLG “No grazie”. Credo sia stata questa la risposta (o almeno quella più civile) che hanno fornito quasi tutte le classi e i ragazzi di questo istituto di fronte alla proposta di uno scambio culturale con la Romania, e più precisamente con la città di Timisoara. La 3 BLg quasi nella sua totalità e alcuni ragazzi della 3 CI e 4 CT, accompagnati dal preside e da alcuni professori (la prof. Peruffo e il prof. Rossi) hanno invece deciso di intraprendere questa esperienza per conoscere una cultura diversa dalla nostra, eliminare dei pregiudizi, migliorare l’inglese…certamente, ma anche per saltare una settimana di scuola. Lo scambio è stato interessante dal punto di vista culturale, divertente per ciò che riguarda i rapporti con i ragazzi/e rumeni, ma estremamente stancante dal punto di vista fisico. La nostra avventura è iniziata lunedì mattina del 21 aprile verso le quattro quando siamo saliti (come sonnambuli) sul pullman, che sarebbe diventato per noi una specie di seconda casa visto le ore trascorse al suo interno. Tralascio i particolari del viaggio per dire soltanto che si è trattato di “solo” 14 ore di viaggio intervallato da piacevolissime pause alla frontiera per controllo passaporti/ carte d’identità (con relative risate degli addetti al controllo per ogni fototessera)/bagagli, ecc…Finalmente arrivati con un po’ di ansia al “Colegiul Banatean”, la scuola che aveva accettato lo scambio, siamo stati accolti in stile Moira Orfei accompagnata dai suoi animali: quando hanno visto il nostro pullman i ragazzi rumeni, come fossimo delle specie di animali rari, ci hanno travolto con i flash delle loro macchine fotografiche e salutato con urla belluine che sfioravano i 200 decibel. Scesi dalla corriera (con un fondoschiena ettagonale) e presi i bagagli, dopo le presentazioni e un breve discorso della preside della scuola e del presidente del Comitato Culturale Italiano (che avremo visitato il giorno seguente), ci siamo divisi ognuno accompagnato dal proprio ragazzo rumeno alla casa che l’avrebbe ospitato per la seguente settimana per cenare ( o spuntino di mezzanotte visto che siamo arrivati alla scuola verso le 10 e mezza)e per il meritato riposo. Il giorno dopo, Martedì 22 Aprile, la giornata è cominciata con una visita alla scuola rumena dove siamo venuti a

conoscenza del grande, pesante, stressante, carico di studio e di fatica che la scuola pretende; un solo dato: esami semestrali, cioè nessuna interrogazione (o su una paginetta) e pomeriggi (complice anche l’uscita dalla scuola all’incirca verso le 15) completamente liberi! Un sogno! E dimentico il sabato senza lezioni! Dopo una visita alle aule e anche alla cappella ortodossa all’interno dell’istituto stesso (apprezzata in modo particolare dal preside che pensa di replicarla al posto di uno dei già fin troppo capienti spogliatoi della nostra palestra ), ci siamo diretti verso la mensa scolastica per mangiare qualcosa e successivamente verso il centro della città, che devo dire è tenuto molto meglio del centro di Vicenza grazie soprattutto ad ampi spazi verdi.

Un risultato generale molto positivo da entrambe le parti. Il pomeriggio era libero: noi ragazzi ci siamo trovati in un campo da calcetto, noleggiato per la classica partita Italia – Romania (10-4), mentre le ragazze si dedicavano a un ultimo tour nei principali negozi. Dopo la cena pasquale (in Romania c’è una maggioranza ortodossa e la Pasqua quest’anno cadeva il 27 aprile) ci siamo ritrovati per trascorrere l’ultima serata in uno dei tanti locali. La partenza da Timisoara era fissata per le 8 ma a causa di ritardi vari, siamo partiti circa un’ora dopo. Baci, abbracci, lacrime e tanta nostalgia per lasciare dei ragazzi eccezionali diventati subito nostri amici e con cui abbiamo trascorsi dei momenti veramente di divertimento ma anche di conoscenza reciproca. A dir la verità siamo partiti con un po’ di timore dall’Italia preoccupati di trovare ragazzi troppo lontani e diversi da noi, ma siamo stati smentiti: abbiamo avuto un’accoglienza calorosissima (anche da parte delle famiglie ) e ci siamo subito integrati in una realtà molto simile alla nostra. Ma il nostro scambio non era ancora terminato: ci aspettava la visita alla città di Belgrado e al liceo serbo, dove siamo stati accolti da dei ragazzi serbi che parlavano un italiano perfetto nonostante lo studiassero da pochi mesi, che ci hanno fatto visitare la capitale.Salutati e ringraziati per la loro gentilezza si poneva un nuovo problema: trovare un ristorante/fast-food/ bar/supermercato per mettere qualcosa sotto i denti. Risolto anche questo problema tornammo a casa (: il pullman) per dormire di notte mentre ci avrebbe portato in Italia, o almeno di tentare di riposare.

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Là dove finisce la logica...c'è la ferrovia! 13

Andra Meneganzin , Francesca Trombetta e Redona Reci 2^ALG Kankerbezem!!tiefeshomo!!!!slurji!!!!ja ik botsen nu!!! Questo è un piccolo esempio del nostro „incremento culturale“ dopo un emozionante scambio con l’Olanda (non vi proponiamo la traduzione delle parole sopra citate ,il significato è facilmente intuibile c on un po’ di maliziosa fantasia). Lo scambio si è svolto dal 5 all’11 aprile,tra due classi del Quadri,la 2ast e la 2ci,più eccellenze astutamente imbucate,e due classi provenienti dalla città di Breda, Olanda,regno dei papaveri e delle piantine ambigue a cinque foglie ,fonte del 10%del pin nazionale olandese. Dopo 17 ore di viaggio in pullman,i ragazzi olandesi hanno raggiunto la cosmopolita ed elegante Vicenza,di cui hanno potuto assaporarne tutti i piaceri(non solo culinari!). Durante la settimana abbiamo permesso loro di farsi travolgere dal romanticismo di città come Venezia e Verona, apprezzatissime e scenari di bizzarri avvenimenti (come la storica

dispersione in massa a Verona),poi ancora Bassano e le grappe tentatrici e i castelli di Marostica,il tutto con un tempo maledettamente freddo e piovoso,ma stranamente gradito ai ragazzi olandesi,abituati a contesti climatici ben peggiori … Mentre il pomeriggio era dedicato alla visita di città e musei(l’indispensabile e prevedibile parte di ogni scambio culturale)la sera era in balia del nostro irrefrenabile desiderio di divertimento. C’è da dire che il loro sangue nordico non ha mai perso occasione di rivendicare le proprie necessità nelle birrerie,ideale luogo per il nutrimento dello spirito,ma noi italiani non pensavamo che gli amici olandesi detenessero il primato nella consumazione di gelato artigianale:il record ammonta a tre coppette di due palline ciascuna in un solo pomeriggio). È stato anche sfatato il pregiudizio comune che accusa i “vichinghi”di essere chiusi e introversi,per descriverli sarebbe invece opportuno parlare si scioltezza,spontaneità, humor a 1000 e perfetta sintonia. Si è arricchita la nostra conoscenza del reparto “imprecazioni in olandese”,come avete potuto notare,abbiamo esibito le nostri dote culinarie,rimodellando di conseguenza la loro longilinea silhouette,tanto da farli innamorare della nostra patria. Il momento più triste,ma forse il più intenso,è stato indubbiamente l’addio.Immersi in un patetico ma inevitabile fiume di lacrime,la scena era grosso modo questa:mani che cercavano di toccarsi da una parte all’altra del finestrino del pullman(mieloso),dichiarazioni d’amore(ancora più mieloso),baci appassionati(e qui ce ne sarebbe da dire),intrusioni nel pullman e ancora abbracci,saluti,promesse imprecazioni(…kankerbezem!!)… Anche l’incorruttibile orgoglio maschile suo malgrado si è sciolto in lacrime…e dopo tal traumatico addio ognuno dei due mondi tornò al suo posto..(finale epico ihih)..ma non è la fine!A ottobre in prima visione “Italia-Olanda 2-la vendetta”,da non perdere!Si vedranno i ragazzi italiani alle prese con la patria “dei papaveri e delle piantine ambigue …”

Gruppo Olandesi!

Svegliati all’alba (6 e mezza!) a Lubiana ( capitale della Slovenia) per una rapida colazione in un bar e discusso brevemente sul da farsi ci dirigemmo verso il Belpaese (l’Italia). Orario di arrivo:12 e mezzo, giusto in tempo per salutare amici di altre classi che terminavano scuola e cominciare il racconto della nostra esperienza. Un breve resoconto: Siamo partiti, forse con un po’ di timore dall’Italia preoccupati di trovare ragazzi troppo lontani e diversi da noi, ma siamo stati smentiti: abbiamo avuto un’accoglienza calorosissima (anche da parte delle famiglie )e ci siamo subito integrati in una realtà molto simile alla nostra, abbiamo condiviso tutti assieme momenti belli e di grande divertimento grazie anche alla loro grande simpatia e spontaneità, ma soprattutto abbiamo incontrato ragazzi e ragazze, che con i loro pregi e difetti, sono uguali a noi.

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Ti tolgo mezzo voto per questioni estetiche 14

Mara Bassi 3^BLG e Valeria Godi 3^ALG Sì, cari ragazzi, avete letto bene. Si tratta di un annuncio ufficiale che io (Mara, 3 BLG), Valeria (3 ALG), Veronica (3 AT) e Andrea (3 CI) possiamo fare, nonostante la comprensibile perplessità di qualcuno: il latino è ancora vivo (e vegeto!!). Dopo una singolare ed insolita esperienza a Montella (piccola cittadina non lontana da Napoli) abbiamo infatti avuto modo di verificare ciò che in precedenza non avremmo mai creduto poter essere vero: la lingua che veniva parlata nell'Impero Romano è tutt'oggi usata come lingua veicolare all'Accademia Vivarium Novum del professor Miraglia. Questa Accademia è anche la casa editrice dei testi scolastici "Famiglia Romana" e "Roma Aeterna" utilizzati dagli studenti che in tutta Italia, e non solo, apprendono il latino con il metodo Oerberg. Noi ci siamo stati e, che ci crediate oppure no, abbiamo comunicato in latino con studenti e professori ex toto orbe terrarum!

LATINE: Salvete pueri!!! Sumus Mara, Valeria, Veronica et Andrea. Quis inter vos putat linguam latinam mortuam esse? Minime !! Immo !! Nimis viva est ! Nos miseret quod discipuli scientiae et artis instrumenti computatorum non intellegent hoc magnificum et micans scriptum, sed legent versionem lingua vulgari venetica scriptam. Nos volumus vobis narrare de itinere nostro in terra neapolitana quod fecimus mense februario cum magistra Garzia. Vicetia profecti sumus ut linguam latinam studeremus una cum maximo magistro Aloisio Miraglia et discipulis suis ex tota Europa et novo mundo quoque ( id est ex toto orbe terrarum!!). Fecimus quoque discum ubi insunt multae imagines lectionum nostrarum (id est quod nunc appellatur DVD). In lectionibus nos revisimus capitula omnia libri nostri «Familia Romana » et recitavimus quoque aliquae colloquia. Cum nos in Campania essemus vidimus templa Paesti et urbem pompeianam Neapolimque quoque. Recitavimus et intelleximus versiones illustrium auctorum qui difficillima scripserunt. Nos convivimus com aliis latinae linguae maximi studiosi J nostra aetate venientes ex tota Italia atque magna amicizia inter nos stricta est. In Academia mores, cibum et cantus vocum et nervorum illius loci cognovimus. Vesperi lusimus et multa beneque edimus. Post unam hebdomadam nos felices at multo crassiores Vicetiam repetivimus. Nunc latine bene loquimur et vertimus...et versiones nostrae auctorum ab amicis nostris transcriptae sunt in eorom tabulis linguae latinae!

DIAETTO: Salve gente!! Noialtri semo Mara, Valeria, Veronica e Andrea. Chi xe che de voialtri pensa che el latin sia ‘na lengua morta???..beh..poemo assicurarve che el xe sbaja de grosso, ma proprio de grosso, parchè ghemo avuo la prova che la xe na lengua anca massa viva. Me dispiaxe che quei che studia al tecnologico no i possa capire un figo secco de queo che ghemo scrito in latin, ma mìa par gnente ghemo fato anca sta magnifica tradusion par non farli sentire da manco. Aeora, noialtri voevimo parlarve del viajo che ghemo fato a Napoi co a prof Garzia in febraro. Semo partii da Vicensa ae sette de mattina par ‘ndare studiare el latin coll’egregio professor Aloisio Miraglia e co i so alunni che, pensè un poco, i vien da tutta l’Europa e anca dall’America: insomma, i vien da tuto el mondo. Ghemo anca fato un DVD con e lession che i me ga fato e con le scenette che ghemo recità. Finchè jerimo in Campania ghemo fato anca dee escursion e ghemo visità i templi de Paestum, Pompei e anca Napoi, che a xe proprio ‘na bea città, altro che tutta a mondisia che i fa vedar par teevixion e che ‘a sconde tutte ‘e robe bee che, invese, ghe xe. Quando che jerimo là semo stà insieme a un mucio de altri tosi che i vegneva da tutta l’Italia e che, come noialtri, i gaveva l’obiettivo principae de studiare el latin; ghemo fatto amicisia e se ghemo proprio divertio. In accademia ghemo conosuo le tradision, el magnare, e la musica de chel posto. De sera xugavimo e magnavimo tanto e ben! Dopo ‘na settimana semo tornà indrio a Vicensa contenti e un bel poco ingrassai!! Desso poemo dire tranquii de saver parlare e tradure abastansa ben el latin, infatti spesso xe fasie trovare ‘e version nostre anche in te i quaderni de i nostri compagni…ma voialtri no ste dirgheo a nessuno, me raccomando, che resta tra de noialtri!!!

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Federico Ceretta 2AI Grigia campagna, acque nere. Non un alito di vita o una brezza leggera. Solo quello scoglio e sotto… Lei stava lì sola, ferma, respirando al ritmo placido della risacca. Solo lei, nessun altro. Non un pensiero che le fosse estraneo, non un rumore imprevisto. Niente a turbare quella pace. Una pace fredda, strappata dalla vita a forza, è vero, una pace morta. Eppure era pace. Quale non ne sentiva da tanto, tantissimo tempo. E questo bastava. Perché non c’erano folle gracidanti e moleste, mancavano le pubblicità e le vetrine. Basta con i riflessi di una vita che non avrebbe mai avuto, di mondi al di fuori della sua portata. Basta con quelle sciagurate speranze che le portavano il cuore sempre più in alto, per poi lasciarlo crudelmente precipitare ancora una volta, una volta di più. Basta con le angosce e con le paure, con le attese e con le delusioni, con quel umore così volubile e voltafaccia. Non ne poteva più. Aveva sempre voluto lasciarsi indietro quella vita. Voltarsi una volta per tutte e fare in modo che ogni cosa si confondesse mescolandosi con le altre lungo la propria scia. Che diventasse sottile come nebbia, che aleggiasse appena nell’aria come gocce di pioggia dopo un temporale. Ma non ci riusciva. Come un fantasma aleggiava su di lei l’ombra del disprezzo, insanabile squarcio che segnava tutta la sua anima senza darle tregua. Il biasimo era negli occhi della gente, nelle loro parole, nel loro incedere altezzoso e in quel tener alto lo sguardo a dispetto di ogni colpa o vergogna. Lo sdegno era nel suo viso allo specchio, in ogni pensiero che le scavasse dentro. Era in ogni centimetro di mondo che le stava attorno e che, muto, la derideva fino a ricacciarla nel più intimo meandro di se stessa. Ma ogni onda che s’infrangeva su quello scoglio leniva un po’ tutto questo dolore e le dava calma, e la rendeva più decisa. Si tolse piano e con cura gli occhiali. Un gesto che aveva fatto milioni di volte nella sua vita, senza mai pensare senza mai fermarsi un attimo a capire quanto fosse importante. Si tolse quelle lenti che così a lungo le avevano impedito di vedere davvero. Col pretesto di poter osservare, non aveva mai intravisto la vita, così difficile da scorgere. Ma ora sarebbe stato diverso. Mai più quel velo spento a coprire le cose e togliere loro qualsiasi forma, colore, realtà. Mai più quel vuoto crescente a riempire gli spazi grigi lasciati dalla monotonia. La sua anima avrebbe visto benissimo, meglio di ogni lente, microscopio, meglio di qualunque strumento umano avesse preteso di comprendere la vastità del più piccolo istante. E la sua anima vide. Vide cosa c’era al di là di quel mare sconfinato, cosa c’era al di là del tempo e di quel sole che, così rosso ormai, si andava abbassando. Vide attraverso gli occhi di milioni di uomini che avevano sofferto, avevano gioito, si erano arresi o avevano lottato. E prese forza da questi sguardi, li fissò a uno a uno nella propria memoria, indelebili. Era questa la pace. Non qualcosa di necessario, nemmeno qualcosa di utile. Qualcosa di più grande del dolore e della gioia, dell’angoscia e del sollievo. Era qualcosa che veniva da dentro ma che dentro non poteva restare. Lanciò quel suo ultimo grido al cielo e al mare. Lei stava lì sola, ferma, respirando al ritmo placido della risacca. Solo lei, nessun altro. E non aveva più senso aspettare. Un uomo era in macchina. Gli era sembrato di vedere qualcuno in piedi su uno scoglio ma, se c’era, era scomparso subito. Per un attimo gli venne la strana idea di andare a controllare quelle rocce così a picco sul mare, ma era già in ritardo, e si stava facendo buio. Continuò a guidare.

La bellezza di certi sentimenti come il sesso… ehm, l’amore… 15

Ora i suoi occhi vedevano benissimo, perché non aveva più bisogno d’occhi. E la sua anima ferita si univa a tutte le altre che trovavano consolazione nel mare, abbracciando le onde nel loro continuo infrangersi su quegli scogli.

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Stupefacente vi è più noto come aggettivo 16

CONCORSO PER RAGAZZI INDETTO DALLA “ZANICHELLI”: Si chiama “Pennellate di parole” il concorso indetto dalla Zanichelli per il 2007\08, un concorso dove

ragazzi e ragazze possono dar frutto alla loro fantasia osservando alcuni celebri quadri. La principale richiesta era di inserire alcune sfumature di parole per promuovere i nuovi dizionari della

stessa. Anche nel nostro istituto alcuni ragazzi hanno partecipato e una ragazza è riuscita a passare il concorso:

Federica Fianchetti di 1^ALG. Vi riportiamo ora il racconto:

Ho guardato lo specchio questa mattina, e ho visto un fagotto di stracci sterilizzati, un volto calcareo, occhi incavati e vuoti.La parola “Capelli” mi è sconosciuta: non li ho mai visti sul mio pallido capo.La mia vanità femminile non ha mai trovato spazio nel mio corpo.Odio le cannette che mi attraversano il viso, che mi fanno mangiare e addormentare.Non sono mai stata libera di muovermi, di essere una bambina come le altre e questo ha fatto crescere un dolore a me sconosciuto. Non so più come sì gioca…ma ho imparato a conoscere la mia stanza d’ospedale. La finestra che mi apre varchi meravigliosi nel mondo, è l’unico amico che riesco ad avere.Il vecchio abete che tende i suoi nodosi rami, mi tiene compagnia nei momenti di solitudine.Ascolta il mio grido d’aiuto, il mio inespresso desiderio di non essere rinchiusa in questo corpo malato e di liberare i miei pensieri verso nuovi orizzonti. Ma non so quali prospettive ha riservato per me la Vita.Ho due genitori meravigliosi che mi stanno accanto e fin dalla mia nascita si sono presi cura di me, senza rimpianti, senza elogi, senza ricevere nulla in cambio se non un sussurrato “vi voglio bene”.Ora li guardo in viso e scorgo i segni di un’avversaria stanchezza, di una ferita mai rimarginata, ma non manca mai in loro l’affetto che mi trasmettono nei loro gesti…Comprendo la loro stanchezza e piango lacrime amare, che sporcano ogni mio singolo pensiero. Ti racconto una storia o, Vita, ti racconto la mia storia, con l’inchiostro della Speranza.Ho annusato la Primavera che leggiadra entrava dalla finestra e mi cantava di grandi sogni che spiccano il volo.Con il pensiero ho corso per praterie, ho aperto la mano e una farfalla si è posata sulle mie dita.Ho visto un fanciullo nel volto dei miei genitori, e ho desiderato di non riaprire più gli occhi.Ti racconto questa storia, Vita, perché mi hai regalato un cuore che batte, un respiro appassionato.Mi hai fatta camminare a piedi nudi sulla sabbia della realtà, ho lasciato delle impronte sul mio cammino per dirti che esisto, anche se non sono come gli altri. Nel mio cuore di bambina ho timorosi sogni che temono di essere spenti un giorno da una rivale realtà.Ti prego prendili con te, fai d’ogni giorno che mi resta una poesia, concedimi di danzare con le foglie dell’Autunno, stammi accanto e non lasciare sbandare a povere mete chi è perso in quel mondo là fuori..Vita, ti prego, non far tramontare mai il sole ancora alto di speranza, e non slegare mai le mani dei miei genitori da te. Io lo so, l’Inverno giungerà presto al mio letto, e renderà la mia anima libera dalle macchine.Scusa la scrittura tremante, ma io ti prometto che il mio pianto diventerà una farfalla che asciugherà le lacrime di chi, unito a me, una storia da raccontare non ha più.

BY LAURA MENARIN

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Il bastone di Eratostene e la verga di Aronne 17

Manfrin Miriam 3^AT La Sicilia, patria dei Pupi e di Pirandello: cos’hanno in comune? ogni autore di teatro conduce, manovra e modifica per tutto lo spettacolo i suoi personaggi, che poi verranno rappresentati da un attore. In “Sei personaggi in cerca d’autore”, il drammaturgo siciliano non è un “burattinaio” e i suoi personaggi delle marionette, ma questi ultimi sembrano allontanarsi da lui stesso e vagare alla ricerca di un altro autore che li rappresenti, che permetta loro di vivere. Non sono personaggi usuali: sono “nati vivi” e ora vogliono vivere; hanno una loro personalità molteplice e tutti portano il proprio dramma. Essi sono apparsi sul palcoscenico della fantasia di Pirandello, improvvisamente, senza che egli se ne rendesse conto, e cominciano a tormentarlo perché la loro tragedia sia rappresentata: “ho scritto questa commedia per liberarmi da un incubo”, dice lo stesso drammaturgo. Ed eccoli, quindi, questi sei personaggi: entrano in scena dalla porta principale del teatro San Marco, Sabato 2 Febbraio, e passano in mezzo alle file di spettatori attoniti. Va bene, Pirandello è Pirandello, ma chi si poteva aspettare un’entrata così singolare? L’atmosfera è inquietante, le luci quasi spente, e la musica molto cupa… si vede il Padre, un uomo sulla sessantina, vestito di nero, molto triste: Antonio Romano lo impersona perfettamente, dando l’idea del Padre voluto dallo stesso Pirandello. Segue la Figliastra, rappresentata da Paola Senatore, che la rende accattivante e colorita, ma di grande fascino. Dietro, a distanza, camminano la Madre (Amelia Imparato), tragicamente composta, il Giovinetto (Gianmarco Torre) e la Bambina (Caterina Micoloni). Ancor più distante, come se avesse in dispetto tutti quanti, avanza altero il Figlio (Rocco Romano). Ma come e perché sono nati questi personaggi? Nessuno lo sa, ma Pirandello ci offre una suggestiva spiegazione: “Il mistero stesso della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale…un artista non può mai dire come e perché, ad un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per diventare anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile vana esistenza quotidiana”. Potremo definire “Sei personaggi in cerca d’autore”, rappresentata Sabato dalla Compagnia del Giullare, una commedia-manifesto dell’opera pirandelliana. Infatti racchiude in sé tutti i temi più ricorrenti del drammaturgo, come la pazzia, la molteplicità della natura umana, la morte… In aggiunta, tocca anche delle caratteristiche che la rendono unica e straordinaria: sono l’inganno della comunicazione, poiché questa è fondata sulla “vuota astrazione delle parole” e il continuo conflitto fra l’essere che è e la vita che cambia. Ma Pirandello, non contento della complessità dei temi, propone allo spettatore un nuovo teatro, con gli attori che impersonano se stessi mentre i loro ruoli vengono presi dal vero personaggio, colui che “è” quel ruolo. Riprende vigore il teatro nel teatro, lo stesso usato da Plauto e Terenzio nelle loro divertenti commedie latine. Siamo nel bel mezzo di una prova, sconvolta dall’apparizione di questi sei personaggi che pretendono di essere rappresentati. Tuttavia, non appena il capocomico tenta di intrappolare i loro drammi all’interno delle regole teatrali, dagli stessi (soprattutto dal Padre e dalla Figliastra) escono risate fragorose e eclamazioni di dissenso: la loro storia non può essere rappresentata da attori, poiché, così facendo, interpretano “una cosa che… diventa di loro” e non più dei sei personaggi. In questo modo viene accentuata la sottile linea che separa la realtà dalla finzione, fra le quali non c’è alcuna connessione: ciò che per gli attori è pura finzione, per i sei personaggi è l’unica realtà (“non abbiamo altra realtà al di fuori di questa finzione”). Ed è proprio questa impalpabile linea di divisione che la Compagnia del Giullare ha cercato di marcare, cogliendo in pieno l’anima della commedia. Sotto la guida di una buona direzione di regia, dosando saggiamente luci e musiche, lo spettacolo è risultato suggestivo, elegante e “tradizionale”, così come Pirandello lo volle. Da notare è la preparazione degli attori e, fra tutti, quella di Paola Senatore, che con un brillante uso del tono di voce e della gestualità, ha catturato gli occhi del pubblico per tutta la sera. Ancora una volta, attraverso attori capaci e ben preparati, Pirandello ci ha stupito e, pur essendo di quasi novant’anni fa, la commedia lascia lo spettatore privo di certezze… che cos’è il palcoscenico? È “un luogo dove si giuoca a far sul serio”? ed è pazzia “far parer vero ciò che non è”? non lo sapremo mai… Il drammaturgo siciliano ci dà solo un piccolo indizio sulla sua opera: “Sei personaggi in cerca d’autore” è “un misto di tragico e di comico, di fantastico e di realistico, in una situazione umoristica affatto nuova e quanto mai complessa; un dramma che da sé, per mezzo dei suoi personaggi, spiranti parlanti semoventi… vuole ad ogni costo trovare il modo d’esser rappresentato; e la commedia del vano tentativo di questa realizzazione scenica improvvisa”.

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Nessuno di voi ha una segheria, vero? 18

Rossato Chiara 5^AI "Non si dà vita invano a un personaggio"diceva Pirandello. E non si dà vita invano nemmeno a una rappresentazione come quella messa in scena Sabato 2 Febbraio al S.Marco per la ventesima edizione della "Maschera d'oro". La grandezza dei "Sei personaggi in cerca d'autore" è stata straordinariamente rappresentata dalla Compagnia del Giullare di Salerno. Assieme a "Ciascuno a suo modo" e "Questa sera si recita a soggetto", il dramma fa parte di quella trilogia che lo stesso Pirandello definì "teatro nel teatro", in cui non viene più messa in scena la vita, ma il teatro stesso. Con che intento? "Niente, signore. Dimostrarle che si nasce alla vita in tanti modi, in tante forme:albero o sasso, acqua o farfalla. o donna. E che si nasce anche personaggi!" Pirandello, con quest'opera, intuisce che qualcosa si nasconde dietro la facciata della rappresentazione, della recita quotidiana che la vita impone ad ogni uomo, e ritiene che il suo compito, in quanto scrittore, sia quello di metterlo a nudo, di portarlo alla luce, attraverso la "Fantasia", "servetta sveltissima"che "ebbe parecchi anni or sono, la cattiva ispirazione o il malagurato capriccio di condurmi in casa tutta una famiglia,da cui, a suo credere, avrei potuto cavare il soggetto per un magnifico romanzo". Così accade al S. Marco: palcoscenico vuoto e sipario alzato. Due sedie da una parte e tre dall'altra, accanto a un tavolo. Un telone che offusca la parte finale del palcoscenico. Il pubblico bisbiglia in attesa, guardando l'orologio. E poi ecco: mentre le luci ancora sono accese, il palco è occupato: gli attori salgono uno dopo l'altro facendosi spazio tra le poltrone del pubblico. Gli spettatori hanno proprio la sensazione di assistere, senza essere visti, alle prove di una compagnia teatrale. La commedia che si sta provando e "Il giuoco delle parti" di LuigiPirandello e non manca nessuna delle canoniche passioni di chi fa teatro: insoddisfazione, paura, gelosie. All'improvviso, annunciate dall'usciere, ecco comparire sei misteriose figure. La tensione emotiva è alle stelle, anche grazie all'indovinata scelta musicale di Alfredo Micoloni. I sei personaggi dichiarano fin da subito di essere una famiglia abbandonata e alla ricerca di un nuovo autore che racconti la loro vicenda. Così, a poco a poco, tra l'irrisione degli attori, si delinea la storia di cui sono protagonisti. Tutto il pubblico conoscerà le disgrazie del Padre, della Madre e del Figlio. Tutti ci faremo stregare dalla personalità della Figliastra, dal suo coraggio di osare e di raccontare i dettagli più difficili di questa storia. E tutti, infine, ci commuoveremo di fronte ai due bambini, vittime innocenti delle azioni altrui. Tutti capiremo che la storia di Pirandello è quella di una famiglia. Una famiglia "moderna", potremo dire. Il Padre decide di lasciare la Madre di suo Figlio nelle mani di un altro uomo. "Ma a fin di bene io lo feci. e più per lei che per me:lo giuro". Alla morte del secondo compagno della madre, la famiglia torna al paese d'origine. Qui la Figliastra è iniziata alla prostituzione nella casa di Madama Pace e come cliente le capita proprio il Padre. Attratto dalla tragica storia, il Capocomico propone ai Personaggi di metterla in scena affidando le loro parti ai suoi Attori. I personaggi però non comprendono: vogliono essere loro, in prima persona, a dare vita a un dramma che non può essere di nessun altro. "Ecco penso che, per quanto il signore s'adoperi con tutta la sua volontà e tutta la sua arte ad accogliermi in sè.difficilmente potrà essere una rappresentazione di me, com'io realmente sono". Colpi di scena, riflessioni, flashback, il macchinista che per uno sbaglio fa calare per la prima volta il sipario. Tutto questo interrompe continuamente il corso della rappresentazione. Bisogna sempre tener presente il tentativo pirandelliano di svelare il meccanismo e la magia della creazione artistica e il passaggio dalla persona al personaggio, dall'avere forma all'essere forma, sembra dirci il regista. Il racconto si conclude nella casa del Padre, dove avviene la morte accidentale della Bambina, annegata nella fontana del giardino, e il suicidio del Giovinetto che, di fronte al corpo senza vita della sorellina, estrae una pistola e si spara. Sul palcoscenico esplode lo scompiglio: gli Attori, impressionati dalle grida dei Personaggi, si chiedono se tutto ciò che è accaduto sia finzione o realtà e il pubblico, sorpreso, si chiede cosa esattamente sia successo. Cala infine il buio e dietro al telone un riflettore illumina, imponenti e tragiche, le sagome dei Personaggi in un ennesimo ben riuscito sottofondo musicale. La storia di questa famiglia è la storia di più vite. Vite ostacolate da rimpianti, rabbia e rimorsi, che, scorrendo incessantemente, dominano la scena e il suo tono drammatico. I frequenti cambi e scambi di luce ed ombra e le musiche, infatti, guidano raffinatamente il pubblico attraverso il continuo intrecciarsi di un tempo presente e passato, e contribuiscono all'onnipresente gioco di scambio tra realtà e finzione. Specchio dell'animo dei personaggi sono inoltre i costumi. Perfetta è sembrata infatti la scelta di Michele Paolillo: accesi i vestiti degli attori, neri quelli dei Personaggi, ad accentuare ancor di più, se ce ne fosse stato il bisogno, la differenza tra la Prima Attrice e la sua camicetta rosso acceso e la Figliastra che in lutto è "davvero".

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Spero che pensiate a tutti quelli che sono morti facendo i libretti dei funghi e facciate un minuto di silenzio

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“Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre "qualcuno". Mentre un uomo - non dico lei, adesso - un uomo così in genere, può non esser "nessuno". Teatro amatoriale? Sarà. Ma ciò che ha colpito di più è proprio la bravura degli attori. E' il dinamismo del Padre (uno straordinario Antonio Romano) a trainare la conversazione: si esprime ora con un tono, ora con un altro, gesticola continuamente, si sistema i vestiti, si guarda di continuo le mani. Sorprendente la giovane Paola Senatore nel ruolo della Figliastra, con una forza d'animo e un'espressività davvero invidiabili. Bravi comunque tutti gli attori e particolare la scelta di vestire la Bambina di bianco, una delle pochissime modifiche al testo originale. Un discorso a parte merita la figura del Capocomico, interpretata da uno scoppiettante Carmine De Martino Adinolfi, che non ha mancato di far sorridere e stupire il pubblico, con la particolarità di sedersi continuamente al di sotto del palcoscenico,nella prima fila, in una magistrale interpretazione.Le emozioni di sicuro non sono mai mancate, la voglia di ascoltare nemmeno. Dunque soddisfatto il pubblico,a giudicare dai lunghi applausi finali, e che comunque non sono scarseggiati nel corso della rappresentazione. Regia straordinaria quella di Carraro, vista anche la difficoltà dell'opera. Per un classico come questo, infatti, è necessario un impegno maggiore. È importante non cadere nel banale, nel visto e rivisto, riuscire ad appassionare. E Carraro ha impresso all'opera un'originalità speciale. Così le piccole imperfezioni, tipo l'annegamento un po' troppo caricato della Bambina o l'eccessivo protrarsi del sipario calato per lo sbaglio del macchinista, sono subordinate all'ottima rappresentazione. Certo il teatro non è come un romanzo,una lettera, un racconto. Quelle sono parole scritte, e quindi continuamente consultabili, citabili, rileggibili. E lo spettacolo? A teatro quello che non si coglie subito, è perso per sempre. A teatro bisogna cercare di rubare qualsiasi sensazione del momento, tenersela stretta, esserne gelosi, forse. E Andrea Carraro, sembra proprio averlo capito: "quando affronti un lavoro come questo te lo porti dentro per sempre". Noi siamo certi che anche questo spettacolo ce lo porteremo dentro per sempre. Probabilmente, seduto tra il pubblico, Pirandello avrebbe applaudito, sorridendo.

Giovanni Berton 5^BLG Titolo: Iron Man Anno: 2008 Durata: 126 min. Nazione U.S.A. Spiderman, Superman, Barman….volevo dire Batman, i Fantastici Quattro, Hulk, Daredevil e chi più ne ha più ne metta: negli ultimi anni le sale cinematografiche sono state letteralmente tempestate di film su supereroi Marvel e D.C., con risultati oscillanti. Si passa dal buono (i primi due Spiderman, Batman Begins) al mediocre (Superman Returns) al penoso (Daredevil, Hulk, Spiderman 3…) al più che penoso (Elektra, Hellboy…).Comunque, a prescindere dal risultato, tutti ‘sti film di supereroi devono fruttare parecchio al botteghino, visto che la loro produzione non accenna a fermarsi, con un Capitan America e un secondo Hulk in cantiere, oltre a questo Iron Man nuovo di zecca. Veniamo alla trama: Tony Stark è un super-mega-iper-genio della scienza, oltre che un super-mega-iper-miliardario. Ha fatto fortuna costruendo armi sempre più letali ed avanzate, convinto (da buon patriota capitalista) che esse servissero a difendere il suo paese da terroristi e affini. Ma un giorno tutto cambia: Tony viene rapito, durante un “viaggio d’affari” in Afghanistan, da una banda di fondamentalisti islamici chiamata I Dieci Anelli (nome privo di apparente spiegazione logica e razionale) che lo costringono a fabbricare le sue stesse armi per i loro fini. Tuttavia, con l’aiuto di un geniale fisico (arabo) Tony costruisce una super armatura in grado di deflettere le pallottole (eh si, è proprio in grado di defletterle), alimentata da un super-generatore da 3 gigajoule (?!?) al secondo con la quale riesce a fuggire. Tony realizza, una volta tornato in patria, che anche i “cattivi” fanno uso delle sue superarmi (regolarmente acquistate, badate bene!) e decide di migliorare la sua armatura per difendere il mondo dalle sue stesse creazioni. Il film, partendo da una trama dotata di interessanti spunti (la redenzione del protagonista corrotto, la riflessione sulla guerra), non convince pienamente: l’inizio è piuttosto lento e noioso, tant’è che per vedere il protagonista indossare la sua famosa armatura (quella rossa e oro, per intenderci) bisogna aspettare il secondo tempo e andando avanti le cose non migliorano. A salvare il film ci pensano comunque le spettacolari sequenze d’azione e gli incredibili effetti speciali (notevole soprattutto la sequenza dei caccia) che purtroppo costituiscono solo una piccola parte del film. Ad ogni modo Iron Man risulta, in ultima analisi, essere un film divertente e abbastanza coinvolgente, che si pone sopra la media generale dei film su supereroi, ottimo per passare un pomeriggio spensierato, lasciandosi abbagliare dalle esplosioni e dalla luccicante cyber-armatura del protagonista. Ah, un’ultima cosa: se andate a vedere il film, ricordatevi di rimanere anche dopo i titoli di coda poichè…oh, ma cosa ve lo dico a fare: tanto quando leggerete questo numero del Quadrifoglio, il film sarà già uscito in DVD….

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Oh Dio! El Nilo gà trasbordà ancora! 20

Marta Peruzzo 5^ALG Vivere con filosofia. Probabilmente anche questo è uno dei soliti proverbi che pronunciamo spesso ma il cui significato nemmeno ci sfiora. O forse lo abbiamo trasfigurato in un “vivere accettando tutto quello che viene”. Non secondo Luc Ferry (L. Ferry, Vivere con filosofia, Garzanti): la filosofia permea ogni nostra azione, ma non ce ne rendiamo conto: quando rispettiamo l’ambiente in realtà agiamo sulla scia dell’armonia greca con il cosmos; quando ci tuffiamo, vitali, controcorrente abbiamo lo stesso impulso dell’oltreuomo di Nietzsche. “Accettare quello che viene” è solo un ramo di questa vita “riflettuta”. Scommetto che pochi di noi avevano mai immaginato di scoprire questo studiando quegli astratti palazzi di elucubrazioni di menti più o meno illuminate, e forse trovare dei contatti con la nostra semplice vita di liceali ci fa sentire “un gradino più su”! No? Come sarebbe stimolante la filosofia se nei programmi scolastici rientrassero ore di “attualizzazione” del pensiero filosofico! Capiremmo quanto potremmo tutti essere potenziali filosofi, e saremmo estremamente più divertiti e più interessati a quell’ora di lezione che magari non incontra il nostro spirito interiore, e forse non faremmo così fatica a imparare sviluppi di teorie a volte anche poco sensate (per noi). Non dimentichiamoci che anche i filosofi vivevano, come tutti, nel mondo degli uomini comuni! Da qualche loro esperienza avranno dovuto trarre ispirazione! Ovviamente non si può diventare filosofi dal nulla… la conoscenza del pensiero precedente è necessaria… e così, probabilmente già prima della fine del curriculum scolastico avrete sviluppato una vostra teoria, o forse vi sarete resi conto, relativisticamente parlando, che non esiste una verità assoluta e ognuno la può pensare come vuole. Non parlo solo di Dio, o dell’infinitezza dell’universo! Se avrete voglia di leggere quel libro, magari anche a salti (diritto universalmente riconosciuto del lettore), saprete in che cosa consiste davvero la filosofia, e come illumina in maniera davvero ineguagliabile le nostre domande su come potremmo o dovremmo vivere.

Davide Stefani 4^CI

Si è concluso ieri, mercoledì 30 Aprile, il corso pomeridiano di filosofia. Sotto l’attenzione dei professori-filosofi Caleari, Cisco, Pilastro, Rossi e Vidali, tre gruppi di studenti hanno confrontato le loro idee sul tema in esame quest’anno; “la libertà tra caso e destino”. L’esposizione delle tesi e delle argomentazioni, obiezioni e contro-argomentazioni, hanno fatto emergere un gruppo vincitore, anche se tutti sono stati premiati con dei libri. La disputa finale, gestita in maniera più organizzata dopo l’esperienza dell’anno scorso, è stata solo l’ultimo atto di una serie di cinque incontri. Nei primi due abbiamo imparato le regole della corretta discussione dialettica (il cui scopo è il raggiungimento della Verità), evitando quindi di cadere nella retorica (che è, invece, l’arte del persuadere) o tantomeno nelle fallacie argomentative (a tal proposito consiglio a tutti di andare sul sito http://www.wikihost.org/wikis/labofilo/wiki/start e di scaricare il breve e divertentissimo testo “Polly e le fallacie”, tra i materiali del secondo incontro). I due incontri prima della disputa sono serviti per analizzare la questione con l’aiuto di testi selezionati dai professori e di confronti tra noi ragazzi, che hanno poi portato alla formazione dei tre gruppi. Il laboratorio è un’ottima occasione per confrontare le proprie idee in un dialogo in cui non prevale chi alza di più la voce, ma chi riesce a giustificare le proprie idee con ragionamenti razionali e condivisibili, cercando punti di contatto con chi la pensa diversamente e tenendo in considerazione le obiezioni senza cercare di “distruggere” gli oppositori (a differenza di quanto avviene spesso nel nostro mondo politico). Frequentare il corso è consigliato a tutti gli studenti del triennio, soprattutto a chi andrà in quarta e in quinta, ma non solo, perché, essendo un “corso di dibattito”, non è necessaria una vasta conoscenza della storia della filosofia, anche se averla aiuta.

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Mettiamola così, qualsiasi brusio venga dalla tua parte, sei tu 21

Di Isabella Cabianca 2^ AI

Genocidio: da genos (etnia) e caedes (uccisione), sterminio di massa di parte o di tutto un popolo, di una minoranza nazionale, di un gruppo etnico, sociale, religioso o linguistico. Quanti genocidi sono avvenuti nel corso della storia? Sicuramente tutti voi, carissimi lettori del prestigioso giornalino “Il Quadrifoglio” (è la prima volta che scrivo per questo giornalino e ne vado molto fiera). Ricorderete l’annientamento di città durante la seconda guerra mondiale come Hiroshima e Nagasaki a causa della bomba atomica, lo sterminio nazista di prigionieri slavi (polacchi e russi), di omosessuali, di zingari, e, primo fra tutti, l'Olocausto nazista degli ebrei, ma chi ricorda il GENOCIDIO ARMENO? Pochissimi. Devo infatti confessare che anch’io non ero a conoscenza di questo argomento prima di lavorare a fondo su di esso con alcune attività assieme alla mia classe. E allora proviamo a ricordare! Gli Armeni sono una popolazione indoeuropea che ai tempi della Prima Guerra Mondiale costituiva una piccola minoranza in Turchia. I rapporti tra i due popoli, nonostante le differenze etniche, erano tranquilli e c’era pieno rispetto reciproco fino a che, per l’affermarsi dell’idea di identità nazionale (per chi non lo sapesse il concetto che su una nazione ci debba essere un unico popolo), al tempo della Prima Guerra Mondiale, il Partito dei Giovani Turchi decise di eliminare le minoranze per fare la cosiddetta “pulizia etnica”. Così si compì il genocidio armeno, primo del ventesimo secolo:1.500.000 armeni furono uccisi e per le donne iniziò una lunga odissea di marce forzate, di umiliazioni e violenze. Incominciò anche la diaspora armena , simile a quella ebraica, che porterà questo popolo a disperdersi per il mondo,in Turchia, Romania,Ungheria, Iran,USA e in Europa, compresa l’Italia, come ho potuto rilevare da una gita fatta a Venezia , all’Isola di S.Lazzaro degli Armeni (prima gita lunga che è stata concessa, per grazia dei professori, alla nostra classe!), dove è situato un monastero armeno. E’ importante evidenziare la forte personalità dimostrata dal popolo armeno durante il genocidio. Per mia esperienza, leggendo il libro”La Masseria delle Allodole” e guardando l’omonimo film che trattano l’argomento in questione , ho potuto capire che gli Armeni , nonostante il massacro, nota dolente e triste nella loro storia , hanno sempre conservato un grandissimo coraggio e un’enorme bontà tanto che ancora oggi non odiano i Turchi, loro popolo aggressore, sono sempre rimasti molto forti anche di fronte al pericolo e sempre disposti a dare la loro vita per salvare qualcuno a loro molto caro. Gli uomini adulti, durante il genocidio, hanno sempre cercato di rimanere sereni, forti e di proteggere e rassicurare i loro figli ma vanno soprattutto ricordate le donne : donne forti, coraggiose, con grande cuore e sempre pronte a lottare nonostante la fatica. Proprio grazie a quelle che riuscirono a salvarsi, straordinarie nel loro animo, si è conservata l’identità del popolo armeno. E’ per questi motivi che ho capito che questo sterminio è importante come tutti gli altri, paragonabile a quello ebreo, degno di essere ricordato e mi meraviglia, per le scene che ho letto e visto, cose realmente accadute a una famiglia armena, che alcuni stati come la Turchia, prima responsabile, non lo riconoscano ancora. Vorrei quindi concludere (prima di annoiarvi troppo, visto che non è mia intenzione) lasciando un messaggio a tutti voi che state leggendo: cerchiamo di ricordare sempre, specialmente nella Giornata della Memoria, che ricorda gli olocausti, insieme al genocidio ebreo e a tutti i genocidi esistenti, anche quello armeno perché tutti i genocidi provocano morti e i morti, di qualunque razza, paese, religione, lingua e costumi siano, prima di tutto sono UOMINI. Come noi.

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Manfrin Miriam 3^AT “Ci sono due modi per fare letteratura: fare letteratura e creare spilli per infilzare le mosche”. Roberto Saviano sa benissimo che il suo saggio “Gomorra”, è letteratura, non un futile passatempo: ha moltiplicato le parole, la conoscenza, la rabbia in tutta Italia, in tutto il mondo, contro il “sistema” che distrugge la sua regione e la scredita agli occhi delle persone. Per questo motivo, i trenta ragazzi del Quadri che hanno potuto partecipare all’incontro con il noto scrittore, sono poi diventati più numerosi, tanto che la prof. Caleari (nostra accompagnatrice assieme alla prof. Petrillo) ha dovuto chiedere altri quindici posti. Sabato 19 gennaio, l’aula magna del Canova è traboccante di studenti, seduti persino per terra, ma tutti accomunati dal desiderio di vedere Saviano, di parlare di camorra in modo diverso. Purtroppo di mafia e camorra si parla tanto, ma non si arriva mai a risolvere questo problema; la stampa tace tanti particolari importanti di ciò che accade laggiù, in quelle regioni che noi stessi lasciamo tanto lontane, probabilmente perché i giornalisti non hanno voglia di scrivere, o sono costretti a tacere, o si sono adattati al sistema. Ma noi sapevamo che in questo incontro non sarebbe andata così, non sarebbe stato un parlare vuoto… Ed eccolo il nostro Saviano: non è un vip della televisione, ma un uomo che solo dieci anni fa era anche lui sui banchi di scuola, temendo verifiche prof, interrogazioni,… ma forse già allora meditava di denunciare la condizione della Campania e di Napoli in particolare. Ora invece, è circondato da guardie del corpo che cercano di garantirgli la sicurezza, perché la camorra ha paura di lui: Saviano ha capito la forza della parola e ne ha fatto un arma. Se i camorristi guardano in faccia, sempre, tutti quanti, dagli agenti che gli arrestano o coloro che uccidono, per incutere terrore, Saviano ha guardato in faccia i camorristi, dicendone nome e cognome. Parla a noi giovani con un linguaggio deciso e sconcertante, ci parla di una ragazza, uccisa perché uscì uno o due mesi con un ragazzo camorrista: questa breve “cotta” anche se terminata, la marchiò con il fuoco e la condannò a morte. E così morirono e muoiono altre persone, legate ai clan da deboli fili, ma sufficienti per trasformarli in “buste di carne” contenenti messaggi per i rivali. Lo scrittore intercetta una nostra domanda: perché i giovani entrano a far parte dei clan? Per soldi e fascino: se sei un camorrista, tutte le ragazze ti corrono dietro, sei un figo, un duro, uno che fa paura con lo sguardo… e poi hai tanti soldi: il traffico di coca frutta 500000 euro al giorno solo a Scampia… Tutto questo disgusta! Ci fanno schifo i politici, la classe dirigente, le istituzioni che proteggono le losche associazioni perché a loro va bene così, perché fa comodo, perché ci guadagnano (persino sui rifiuti) e si fanno la bella vita. Anche loro assecondano la logica della camorra secondo cui il profitto non genera danno, ma solo ricchezza. A questo punto arriva la fatidica domanda: quali possono essere le soluzioni? E qui Saviano un po’ ci delude, forse è troppo pessimista: non indica un'unica soluzione, ma un insieme che per noi, studenti che girano fra i banchi di scuola, è ancora vago. Non possiamo dimenticarci poi dell’altro ospite, Raffaele Cantone, magistrato che continua a combattere la camorra nella sua città. Ci dispiace dirlo, ma il suo intervento è passato in secondo piano, poiché tutti gli occhi erano puntati sullo scrittore napoletano. Siamo tutti usciti dall’auditorium del Canova, consapevoli che la camorra è un problema anche e soprattutto nostro, abitanti del nord Italia, perché qui viene riciclato il denaro sporco. Tuttavia siamo anche sicuri che “non è il poco di tanti, ma il tanto di pochi che cambia il mondo”. Diamoci da fare!!!

Avete fatto compito su Shrek?

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L’enciclopedia è il dramma dei traslocatori 23

Martina Lucchin e Valentina Seretti 3^AT

Sabato 29 marzo è una lezione di civiltà, quella rivolta ai giovani studenti, che tra le poltrone del nuovo teatro comunale di Vicenza assistono al dibattito pubblico organizzato dalla COISP (Coordinamento per l’indipendenza sindacale delle forze di polizia) e presieduto da Luca Prioli (segretario Regionale COISP Veneto). “Per fare la mossa giusta”, è il tema e slogan della mattinata, che richiama i giovani ad un impegno civico, a scegliere la legalità e responsabilità come armi contro la mafia L’attenzione si concentra sulla mafia in quanto fenomeno umano e quindi su quegli uomini che la costituiscono, che ne sono le vittime o che guardano in silenzio, vivendo nell’illusione che quello non sia un problema loro. La mattinata è segnata dall’eco delle parole e azioni di Falcone, Borsellino e degli uomini che come loro hanno lottato e sono morti per la legalità. Vengono analizzate anche il lavoro della polizia, ricordate le famiglie delle vittime di mafia che tuttora si trovano spesso da sole e si richiama il mondo giovanile a parlare di questo fenomeno, perché la minaccia maggiore non viene dalla mafia del sud, o del nord ma dalla “mafia mentale”: il silenzio, l’indifferenza, l’infrazione delle regole. Testimonianze dirette, di persone come Mirko Schio, poliziotto che si batte per dare appoggio alle famiglie delle vittime che spesso vedono negati aiuto e sostegno, assicurati invece ai detenuti e due filmati preparano la conversazione che vede coinvolti Antonio Fojadelli, Giuseppe Caruso, Franco Maccari e Claudio Tessarolo come moderatore. La mafia è fatta di uomini che traggono la loro forza dal controllo del territorio, dalle attività imprenditoriali, dall’omertà, ed è combattuta sempre da uomini: la polizia, che dopo quarant’anni di latitanza riesce ad arrestare persone come Provenzano o Sandro Lo Piccolo, o dai giovani dell’associazione “Addio Pizzo” che usano la parola per smuovere le coscienze e ribellarsi. Come dice Caruso, però “i colletti bianchi” non sono ancora stati sconfitti, il pizzo continua ad essere pagato, la mafia altera le regole del mercato e blocca il progresso. Se la polizia è riuscita in parte ad intaccare la credibilità e potere dei mafiosi, aggredendone i beni patrimoniali, non solo un popolo, ma un intero stato continua a sottostare alle loro regole: “…la mafia è cosa nostra, di tutti noi, danneggia sud e nord…” L’invito quindi rivolto da coloro che sono coinvolti in prima linea ai giovani è quello di parlare di mafia, di vivere per la legalità quotidianamente, di conoscere il passato per costruire un presente, perché “…la mafia è un evento umano e come tutti gli eventi umani ha un inizio, uno sviluppo e una fine…”. ( G Falcone)

Yes, we can Pellizzaro Pierluca 5^BLG

Come alcuni di voi sapranno il 2008 è un anno importante per l'Unione Europea; è l'anno del trattato di Lisbona ed è il cosidetto “Anno del dialogo interculturale” e, in questo ambito, alcune scuole del Veneto sono state coinvolte per dirigere il “Manifesto degli studenti sul dialogo interculturale”. Come potrete fa-cilmente intuire anche la nostra scuola è stata coinvolta in questo progetto (Sennò che lo scrivevo a fare questo articolo?). In particolare gli studenti coinvolti dovevano redigere il capitolo sull'ambiente com-prendente vari sottoparagrafi. Il risultato è un documento che potrete trovare nella rete della scuola all'interno della cartella ecoquadri o, prossimamente, nella vostra mail di classe. Leggendolo potrete trovare interessanti spunti su questo argomento, anche perché è stato fatto dagli studenti per gli studenti.

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Gli ebrei se ne vanno in Olanda: chi vuole lavorare a Rotterdam, chi farsi una canna ad Amsterdam

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Davide Zuin 1^AI

Il 29 Marzo si è svolta la fase

provinciale di corsa di

orientamento: il nostro liceo è

risultato il primo. Ma cos’è

l’orienteering? E’ lo sport detto

“dei boschi” perché si svolge

prevalentemente nelle foreste,

ma anche nei centri città e in

campagna; deriva dall’antico

addestramento militare ed è

molto diffuso nei paesi nordici

come Scandinavia e Norvegia. Da

qualche anno l’orienteering viene

presentato come sport ricreativo

anche a scuola ma pochi vi partecipano agonisticamente; esso,infatti, necessita di una buona

consapevolezza dello spazio e buona resistenza poiché consiste nel compiere un tragitto, nel minor tempo

possibile, orientandosi mediante bussola e cartina molto dettagliata. La gara infatti è una prova a

cronometro in cui il partecipante deve raggiungere il traguardo seguendo un percorso preciso segnato

sulla mappa; lungo il percorso sono posti dei punti di controllo, paletti su cui è posta una bandierina di

colore arancione e bianco, detti lanterne. Sopra la lanterna è posta una pinzetta ad aghi che serve per

perforare un cartellino; quest’ultimo verrà alla fine della

gara controllato come prova dell’effettivo passaggio del

concorrente per quel punto di controllo: ogni lanterna ha

infatti un proprio codice che la distingue dalle altre.

Durante la fase provinciale, svoltasi a Barbarano Vicentino, i

nostri atleti del Biennio (allievi) sono riusciti a posizionarsi al

1°,2° e 4° posto su 73 concorrenti provenienti da tutta la

provincia, conquistando un posto per le regionali.Negli ultimi

anni,nonostante

la presenza di

s p o r t p i ù

affermati,questa disciplina si è diffusa a macchia d’olio in tutta

la penisola,in quanto rappresentando la perfetta unione tra

ragionamento e movimento, ha contagiato innumerevoli

ragazzi non attirati dagli sport tradizionali..

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Leggi della fisica: quando il gesso cade si frantuma in 10.000 pezzettini

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Nei corridoi della nostra scuola non ci sono solo studenti

modello, innamorati, metallari, fumatori, gente “delle

macchinette”, … ci sono anche bravissimi atleti come il

campione di karate di figura Luca Zorzetto (1^ AST), cintura

nera di primo dan.

Fin da quando aveva sei anni, si allena con il fratello sotto la

guida esperta del padre:

L - “Ho iniziato questo sport considerandolo come un gioco

che mi ha appassionato sempre di più fino a diventare un

vero e proprio impegno” mi risponde quando gli chiedo

come ha cominciato.

I suoi sforzi e la costanza negli allenamenti alla fine sono stati ampiamente ripagati: Luca, infatti, ha partecipato alla

competizione mondiale di karate, arrivando quinto in classifica nella categoria "esordienti". L - “Faccio agonismo da

quando avevo otto anni e ho vinto la mia prima medaglia quando ne avevo nove. Ho partecipato a parecchie

competizioni nazionali, piazzandomi sempre tra i primi posti ma non avevo mai gareggiato ai mondiali” mi racconta,

non senza modestia (quelli bravi e umili sono sempre i migliori!).

L - “Sono molto felice dei risultati ottenuti, anche se speravo di fare meglio…”. L’uno e il due dicembre, Luca è andato

a Jesolo per confrontarsi con altri 1500 atleti della sua categoria. Dice di essersi sentito piuttosto tranquillo, che

ormai è abituato a gare importanti ed è forse questo uno dei segreti per il successo.

M - “In che cosa consiste una gara?” chiedo curiosa.

L - “Bisogna eseguire una sequenza di tre, quattro katà davanti a cinque arbitri. Un katà è una serie di una trentina di

tecniche e mosse varie. Io ho eseguito principalmente parate di pugni”.

M - “Wow! E qual è il tuo katà preferito?”

L - “Beh, ce ne sono tantissimi fra cui scegliere… Forse l’Empj ma non chiedermi di descrivertelo! E’ troppo

complicato” mi spiega sorridendo Luca.

M - “Hai intenzione di continuare, vero? Quali sono le tue speranze per il futuro?”

L - “Sì sì, ho intenzione di allenarmi ancora perché un giorno vorrei

diventare cintura nera di decimo dan e campione mondiale”.

M - “Punti molto in alto vedo! Ti auguro tutta la fortuna possibile per

realizzare i tuoi sogni, sono sicura che se continui così raggiungerai

presto i tuoi obbiettivi!!! Ma hai sempre avuto questo entusiasmo

oppure ci sono stati anche dei momenti in cui avresti voluto smettere e

mollare tutto?”

L – “Non lo nego, verso l’inizio dell’estate mi viene voglia di lasciare la

palestra e cambiare sport. Per fortuna c’è il mio maestro, mio padre,

che insiste e mi incoraggia sempre molto. Se non fosse per lui non avrei

mai raggiunto questi risultati e sono felice che lui sia sempre vicino a

sostenermi”.

Luca, credo di parlare a nome di tutti noi augurandoti un grande in

bocca al lupo! Speriamo di poterti intervistare di nuovo in futuro, con il titolo di campione mondiale!!!

In sintesi, i risultati più importanti conseguiti da Luca sono stati: 1 Secondo classificato ai campionati italiani dell’ A.I.C.S. (associazione italiana cultura e sport). 2 Quinto classificato ai mondiali dell’A.C.L.I. 3 Terzo classificato agli italiani del C.S.I. (centro sportivo italiano).

Mary Francy 1^AST

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Se non me lo dicete... Oh no, scusate!! Non mettetelo nel giornalino! 26

Davide 4^CI e Valeria 3^ALG In inglese anche le parole più semplici acquistano un fascino irresistibile. E dunque come rendere la lingua grezza (boara n.d.davide) per eccellenza, il nostro dialetto veneto, simbolo di charme ed eleganza esportabile in tutto il mondo? Ma è chiaro! Con la lingua d'oltremanica... Leggere per credere. No xe dito = It's not finger Sito drio schersare? = Are you behind joking? No te capissi 'na madonna = You don't understand a virgin mary Ma vuto mètare? = But do you want to put? Vegnendo in bicicleta fasso gamba = Coming by bike I make leg Te parli come un libro stampà = You speak like a printed book Te a ghè ciapà sui denti = You got it on the teeth Te me fe vignère el late ai xenoci = You make me get milk to the knees Me faria na ombra de vin (beria ‘na ombreta) = I would make a wine shadow (I'd drink a little shadow) Ridendo e schersando el soe magna e ore = Laughing and joking the sun eats the hours Cioè te spiego = That is I explain to you Ne gò do maroni pieni = I've got two full chestnuts of it Sèmo a cavao = We are on horse Sèmo ciapà co e bombe = We're caught with the bombs Te stè a vardàre el caveo = You stay looking at the hair Còri, va' là = Run, go there 'nco no xe giornata = Today is not the day Vanti col Cristo che a procesion se ingruma = Go ahead with the Christ that the procession gets lumpy No ghe xe gnanca un can = There's not even a dog Gò na fame che non ghe vedo = I'm so hungry I can't see Scolta qua = Listen here No sta 'ndare in cerca de fregole par el leto = Don't look for crums in the bed Vuto vèdare? = Do you want to see? Va a savèr ti = Go to know you Xe de plastegòn = It's made of big plastic So pì de là che de qua = I'm more there than here Mi, par mì, fasì vialtri = Me, for me, make yourself Zio scampà pai campi = Uncle run away for the fields Ma varda tì se xe parmesso! = But look you if it's allowed! Lassa perdare = Let it lose E scusame se xe poco = And forgive me if it's few Me gà tirà pacco = He threw me a package Te sì na bronxa coerta = You are a covered ash Ghe mancarìa altro = It would lack the other Anca massa = Hip mass Te sì fora come 'n balcòn = You are out like a balcony I gà ciamà beo par domàn = They've called beautiful for tomorrow Tirar un porco = To throw a pig Te bato come un caco = I beat you like a persimmon

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Te sì alto un metro e 'n tappo = You are tall a meter and a stopper Come te gò fato te disfo = As I made you I undo you No ghe piove = It doesn't rain on it Va' cagare = Go and shit Nota: per motivi di decenza abbiamo dovuto omettere le espressioni più volgari ma, purtroppo, con trasposizione inglese più divertente. Teniamo a citare solo questa: your sea cow. A voi l'interpretazione!

“Quando l’acqua vede il ponte idrogeno fa come il sottoscritto con le ragazze: si scioglie”

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Branco di lavative saponificate 28

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Il tipo della penicillina ha avuto l'intuizione pensando al gorgonzola

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Sembri una bottiglia di acido cloridrico 30

Francesca Trombetta 2^ALG E dopo una lunga attesa ecco le soluzioni degli enigmi del pensiero laterale!Ma prima una breve definizione… PENSIERO LATERALE:modalità di risoluzione di problemi logici che prevede l’osservazione del problema da diverse angolazioni,contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta.Soluzioni! 1.La spiegazione di questo strano comportamento è data dal fatto che l’uomo è un nano e non arriva a premere il tasto del decimo piano,quindi schiaccia quello del settimo,che non è troppo alto e fa gli ultimi 3 a piedi. 2.La corte è indecisa perché i gemelli sono siamesi e se ne punisce uno,deve per forza incarcerare anche l’altro. 3.L’uomo era un paracadutista,ma mentre si lanciava non è riuscito ad aprire il paracadute,schiantandosi quindi al suolo. 4.L’uomo aveva il singhiozzo e il barista,accortosi di questo suo disturbo,tirò fuori la pistola per fargli prendere uno spavento e quindi fargli passare il singhiozzo.L’uomo capi il suo gesto e finirono a ridersela sgaiatamente. 5.L’uomo morto nell’appartamento,che chiameremo Gino,era uscito per andare al lavoro.Un ladro,che chiameremo Pino,aveva quindi deciso di intrufolarsi a casa di Gino. Gino,però,si era dimenticato le chiavi dell’auto in casa e quindi era risalito.Pino,sentendolo arrivare,si era nascosto nel frigo,che era vuoto perché Gino aveva appena traslocato.Gino,affacciatosi casualmente alla finestra,aveva notato Concetta,la ex-moglie e i due avevano cominciato a insultarsi.Gino,preso dalla rabbia,aveva scaraventato il frigo,molto pesante a causa di Pino,fuori dalla finestra per colpire Concetta ma è orto per la fatica.Pino,dentro al frigo,è morto l’impatto.Concetta piange il povero ex-marito,sentendosi profondamente in colpa. 6.L’uomo morto nel circo era un nano che godeva di molto successo e che era solito misurare la sua altezza,di cui andava molto fiero,con un’asticella di legno. Questa sua bassezza era invidiata da un suo collega,anch’esso nano,che non riscuoteva dello stesso successo,che decise cosi di metterlo fuori gioco,tagliando l’asticella di legno. Il nano famoso ,vedendosi più alto dell’asticella,vide la sua carriera andare in fumo e si suicidò.

Di Pellizzaro Pierluca 5^BLG Il misterioso fabbricato E. ritrovato circa 100 anni fa dagli archeologi del museo storico di Vicenza deve ancora essere totalmente studiato. Purtroppo il budget del nostro gruppo è limitato e potremo solo guidarvi in due degli ambienti che costituiscono il misterioso fabbricato E: la sala ricreativa e le aule degli antichi studenti. La sala ricreativa: qui i giovani, prima ma anche durante le lezioni, si ritrovavano per svolgere le loro attività ricreative che comprendevano giochi da tavolo, purtroppo andati perduti, il ping-pong (uno sport che è l'antenato del moderno table ball) e delle antiche apparecchiature elettroniche, dalle cronache le più moderne dell'epoca. questo ci dimostra due importanti cose: quanto questa antica civiltà fosse evoluta e quanto ricchi fossero i sacerdoti, dato che potevano permettersi queste apparecchiature. Ma indubbiamente gli oggetti più interessanti sono i cosiddetti “calcetti”, pensate ne sono stati ritrovati addirittura tre esemplari, sebbene assai rovinati. Questi calcetti erano composti da una sorta di spesso tavolo scavato all'interno in modo da creare una sorta di concavità, all'interno della quale erano infilati dei pali, a diverse distanze, con infilate un diverso numero di figure umanoidi stilizzate; è difficile capire il perché di questi numeri anche se sono ripetuti tutti due volte e con perfetta simmetria e possiamo fare solo delle supposizioni, forse avevano un particolare significato religioso o forse erano degli strumenti che utilizzavano a fini scolastici oppure degli oggetti rituali, una recente e interessante teoria dell'archeologo tedesco Friderich Balill afferma che questo apparecchio potrebbe essere una sorta di strumento ricreativo, insomma un gioco. Una volta giunti al secondo piano troviamo quelle che erano le aule dove gli studenti si ritrovavano per studiare, guidati da dei “professori” una figura professionale che trasmetteva loro le conoscenze. Le aule sono piccole, sporche, chiuse, con rari spiragli per far passare l'aria senza contare che l'impianto di riscaldamento era inefficiente e quindi d'inverno le cose si facevano problematiche. Notiamo che gli alunni dovevano essere ammassati e che forse il loro studio era reso più difficile dalle difficili condizioni igienico-sanitarie. Osservando i bagni notiamo che sono divisi fra i due sessi, una consuetudine assai strana per la nostra epoca eppure per quel periodo significava una significativa innovazione. Molto bene, qui si conclude il nostro viaggio all'interno del misterioso fabbricato E. Grazie per averci seguito e buonanotte.

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Fra un po' mi faccio le palline di carta e ve le tiro! 31

Di Davide Stefani 4^CI e Elena Marangoni 4^BT Questo è il picross: dovete colorare le caselle seguendo le indicazioni poste ai lati del riquadro. I numeri scritti in verticale indicano le caselle da colorare nella colonna corrispondente dall'alto verso il basso. I numeri scritti in orizzontale indicano le caselle da colorare nella riga corrispondente da sinistra verso destra.Se i numeri in una riga o colonna sono più di uno allora dovete colorare i quadrati in due serie lasciando almeno uno spazio tra le due serie (es. se trovate 3 4 allora dovete colorare prima 3 quadrati di fila e poi 4 lasciando almeno uno spazio tra le due serie)Un consiglio è quello di segnare con una X le caselle che siete sicuri non vanno colorate (nell'esempio di prima, se avete colorato la serie da 4 allora siete sicuri che le caselle prima e dopo vanno lasciate bianche, e potete segnarle con la X). Buon divertimento!

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