Siamo ancora capaci di pensare insieme? P · La riforma prevede l’obbligo per le esin - gole Bcc...

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P Più che una domanda retorica, un’inutile provocazione, un interrogativo inque- tante, la cui risposta però non può essere che «sì». La questione sorge “sfogliando” le pagine di questo numero di Toniolo Ricerca. Che si parli di banche, di sviluppo del Nordest, di Etica civile, di norme per l’am- biente o di relazioni internazionali, sotto i riflettori rimane la capacità di pensare insieme, di progettare in forma comune, di cooperare per il bene comune. Una capacità di cooperare che pare demolita dalla recente riforma del credito cooperativo imposta d’imperio, come spiega Alberto Lanzavecchia (con Giulio Tagliavini) nella sua lettura di una legge che di fatto ha spazzato via 360 tavoli di democrazia diretta dal territorio: tanti quante erano le banche di credito cooperati- vo fino alla fine dello scorso anno. Ma “insieme” è la parola chiave anche per il Nord Est, se vuole vincere la sfida che ha di fronte, stando al Rapporto 2016 della Fondazione Nord Est commentato Paolo Giaretta. Iniziative spot e finanziamenti a pioggia hanno fatto il loro tempo: serve una risposta sistemica che unisca istitu- zioni, industriali, terzo settore e anche la Chiesa. Un “insieme” di istituzioni e singoli privati stanno camminando verso il 2017 quando un evento pubblico milanese sarà il fulcro del secondo Forum di Etica civile, spiegato da Simone Morandini e pro- mosso dalla fondazione Lanza. Persino il collegato ambientale (la legge in materia ambientale licenziata a fine 2015 dall’esecutivo) spinge sorprendentemente gli italiani alla collaborazione, allo scambio, alla condivisione: Matteo Mascia ci racconta come la norma rappresen- ti lo sbarco, finalmente anche in Italia, dell’economia circolare basata su riciclo e riuso, e incentiva anche il baratto. Infine le relazioni tra Italia e Africa. Al centro della recente conferenza interministeriale che si è svolta alla Farnesina, il continen- te nero è stato visitato negli ultimi mesi sia dal capo dello stato sia dal presidente del consiglio, che al G7 giapponese, il 26 maggio, ha parlato di piano strategico per l’Africa. Alessandra Coin fa il punto, nell’attesa che lo scandaloso 0,19 per cento del Pil che il nostro paese destina alla cooperazione internazionale aumenti sensibil- mente. Luca Bortoli [email protected] Siamo ancora capaci di pensare insieme?

Transcript of Siamo ancora capaci di pensare insieme? P · La riforma prevede l’obbligo per le esin - gole Bcc...

PPiù che una domanda retorica, un’inutile provocazione, un interrogativo inque-

tante, la cui risposta però non può essere che «sì».

La questione sorge “sfogliando” le pagine di questo numero di Toniolo Ricerca.

Che si parli di banche, di sviluppo del Nordest, di Etica civile, di norme per l’am-

biente o di relazioni internazionali, sotto i riflettori rimane la capacità di pensare

insieme, di progettare in forma comune, di cooperare per il bene comune.

Una capacità di cooperare che pare demolita dalla recente riforma del credito

cooperativo imposta d’imperio, come spiega Alberto Lanzavecchia (con Giulio

Tagliavini) nella sua lettura di una legge che di fatto ha spazzato via 360 tavoli di

democrazia diretta dal territorio: tanti quante erano le banche di credito cooperati-

vo fino alla fine dello scorso anno. Ma “insieme” è la parola chiave anche per il

Nord Est, se vuole vincere la sfida che ha di fronte, stando al Rapporto 2016 della

Fondazione Nord Est commentato Paolo Giaretta. Iniziative spot e finanziamenti

a pioggia hanno fatto il loro tempo: serve una risposta sistemica che unisca istitu-

zioni, industriali, terzo settore e anche la Chiesa. Un “insieme” di istituzioni e singoli

privati stanno camminando verso il 2017 quando un evento pubblico milanese sarà

il fulcro del secondo Forum di Etica civile, spiegato da Simone Morandini e pro-

mosso dalla fondazione Lanza.

Persino il collegato ambientale (la legge in materia ambientale licenziata a fine

2015 dall’esecutivo) spinge sorprendentemente gli italiani alla collaborazione, allo

scambio, alla condivisione: Matteo Mascia ci racconta come la norma rappresen-

ti lo sbarco, finalmente anche in Italia, dell’economia circolare basata su riciclo e

riuso, e incentiva anche il baratto. Infine le relazioni tra Italia e Africa. Al centro

della recente conferenza interministeriale che si è svolta alla Farnesina, il continen-

te nero è stato visitato negli ultimi mesi sia dal capo dello stato sia dal presidente

del consiglio, che al G7 giapponese, il 26 maggio, ha parlato di piano strategico per

l’Africa. Alessandra Coin fa il punto, nell’attesa che lo scandaloso 0,19 per cento

del Pil che il nostro paese destina alla cooperazione internazionale aumenti sensibil-

mente.

Luca Bortoli

[email protected]

Siamo ancora capacidi pensare insieme?

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EconomiaLavoro

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PremessaIl decreto legge contenente misure urgenti

per la riforma delle banche di credito coo-perativo ha l’obiettivo dichiarato di «rafforzar-lo, renderlo più resistente agli shock, metteregli istituti nelle condizioni di finanziare adegua-tamente l’economia reale e quindi favorire lacrescita e l’occupazione». Come ormai è con-suetudine, il Parlamento lo ha poi recepito conalcune modifiche “blindate” dal voto di fiduciaposto dal governo.

La riforma prevede l’obbligo per le sin-gole Bcc (erano 365 a fine 2014) di aderirea un gruppo bancario cooperativo. Una Bccche non intendere aderire a un gruppo ha duealternative: la cessazione dell’attività o la tra-sformazione in società per azioni (o bancapopolare). In ogni caso, fine della banca coope-rativa. La seconda opzione è però riservata allesole Bcc più grandi, con un patrimonio superio-re a 200 milioni di euro, e l’opzione va esercita-ta in gran fretta: entro 60 giorni dalla data diconversione definitiva del decreto devono deci-dere, da sole o con altre più piccole, di fareistanza a Banca d’Italia per conferire l’attivitàbancaria a una spa, pur controllata dalla “vec-

chia” società cooperativa. Ottenuto il nullaosta dovranno infine pagare una imposta stra-ordinaria del 20 per cento sul patrimonio net-to.

Perché tanta fretta e tanta forza sui processi democraticie sulla libertà d’impresa?

Le necessità che sono alla base dell’inter-vento di riforma sono sicuramente reali. Lebanche oggi sono assai più instabili rispet-to a qualche anno addietro. È un fenomenoche tocca le banche di tutte le dimensioni sutre fronti:

u la gestione dell’intermediazione deldanaro (che genera il margine da interessi)da alcuni anni è poco remunerativa in con-seguenza degli effetti della politica monetariaeuropea che ha surrogato l’attività bancariaquale fornitore di liquidità all’economia (idemanche in Giappone);

u il livello raggiunto dai crediti deteriorati

Alberto

Lanzavecchia

insegnaFinanzaaziendalee finanzainternazionaleall’Universitàdi Padova.La sua carrieraaccademica èiniziata dopoun’esperienzaprofessionalenei servizibancari enella consulenzamanageriale.Ha conseguitoun masterin Financialmanagementalla Universityof London e il dottoratoall’Università di Bologna.Firma questocontributo conil collegaGiulio

Tagliavini

dell’universitàdi Parma

CANCELLATI D’IMPERIO 360 LUOGHI DI PARTECIPAZIONE E DI DEMOCRAZIA DIRETTA

Riforma delle Bcc: una fratturatra cittadino e bene comune

Tonioloricerca - maggio 2016

sugli impieghi, coerente con il quadro econo-mico generale e talvolta amplificate da com-portamenti non adeguati del management;

u il crescente rischio sul debito pubblicoitaliano presente negli attivi delle banche ita-liane (l’esposizione verso lo Stato italiano incinque anni è aumentata di un valore pari aquello delle sofferenze accumulate sui creditiverso la clientela).

In tale contesto generale, occorre dotarsidi un quadro istituzionale volto a preveni-re crisi divenute più probabili rispetto alpassato, e prendere in carico il problemaqualora si manifestino difficoltà sulla sta-bilità di singole banche. Sul primo punto(prevenire le crisi) occorre rafforzare i meccani-smi di controllo manageriale e l’efficacia deipresidi di monitoraggio esterno. In tal sensol’elevata numerosità delle banche di creditocooperativo è indubbiamente un ostacolo. L’in-tenzione di creare ex lege un gruppo di perso-ne dotate di competenze e adeguati strumentidi controllo va senza dubbio nella giusta dire-zione. Sul profilo invece delle procedure idoneead affrontare il dissesto di una banca, è ogget-tivo costatare che il profilo istituzionale dellasocietà cooperativa rende più complesso unpiano per il suo salvataggio. Non che lo sia me-no nei casi delle altre banche, ma qui la com-plessità è amplificata dal voto capitario: qual-siasi nuovo apportatore di capitale (necessarioper coprire lo sbilancio patrimoniale) si trove-rebbe sempre in minoranza rispetto alla com-pagine societaria precedente, vanificando cosìil suo potere di controllo o di indirizzo del nuo-vo capitale immesso. Serviva quindi fornire unincentivo all’investitore in una banca in crisi,che superasse il limite appena descritto: è statacosì introdotta la società capogruppo, una so-cietà per azioni idonea ad attirare capitalefresco all’occorrenza, che domina le ban-che controllate non grazie al voto nell’as-semblea dei soci, bensì tramite un contrat-to imposto per legge.

L’innovazione è per definizione interessantee meritevole di approfondimento. Ma una in-novazione di tale portata deve essere analizza-ta con molta attenzione, con riferimento ai pe-ricoli e ai potenziali rischi sistemici.

Il modello di gruppo imposto dalla leggepuò andare nella direzione desiderata, ma esi-stono diversi profili di criticità. Nel modello

governativo, la capogruppo non detienepartecipazioni nelle banche cooperative (ocomunque è irrilevante, in quanto a valle ilvoto in assemblea resterebbe capitario),ma al contrario sono proprio le Bcc domi-nate che impiegano il loro capitale per co-stituirla e ne sono quindi proprietarie. Lacapogruppo deterrà una partecipazione rile-vante in alcune Bcc solo qualora necessitino diuna operazione di ricapitalizzazione. Il fattoche la capogruppo intervenga in operazioni diricapitalizzazione di Bcc che hanno esaurito ilproprio capitale di vigilanza corrisponde all’ideache sia corretto spostare capitale da aree del si-stema cooperativo dotate di capitale in eccesso(frutto di una sana e prudente gestione) versobanche che sono in deficit. Ammettiamo pureche questo approccio sia corretto, ipotizziamoanche che i controlli della capogruppo sianotempestivi: la procedura di prelievo forzosodi capitale sarà codificata e trasparente?

In ogni caso, sia chiaro che trasferire patri-monio da una Bcc a un’altra, per il tramite del-la capogruppo, comporta la sottrazione di capi-tale utile per lo sviluppo degli impieghi nellabanca che ne viene forzosamente privata. Maquel patrimonio non viene neppure utilizzatodalla Bcc che lo riceve per effettuare nuovi pre-stiti: quel patrimonio serve per coprire le perdi-

EconomiaLavoro

Nella foto,un momento

dell’acquisizione della Bcc

Padovana diCampodarsego

da partedell’omologa

di Romaa dicembre.

Un’operazioneslegata dalla

riforma volutadal governo

Renzi, macomunquediscutibile

per la scelta dichiudere lacooperativa

storica, nataoltre cento anni

fa, e spostarenella capitale gli

organismisocietari.

Nella paginasuccessiva,

Ilario Novella,presidente dellaconfederazione

veneta delle Bcc.

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Tonioloricerca - maggio 2016

te su impieghi già fatti, e andati perduti. Esistequindi il pericolo che questo modello pos-sa andare nel senso opposto a quanto di-chiarato nelle intenzioni: «mettere gli istitutinelle condizioni di finanziare adeguatamentel’economia reale e quindi favorire la crescita el’occupazione»!

Esiste anche la possibilità che il modello fini-sca per andare nella direzione opposta anchecon riferimento all’altra finalità dichiarata inpremessa: rendere il sistema bancario più resi-stente agli shock. Come noto, la EuropeanBanking Authority monitora con attenzione leistituzioni finanziarie di dimensioni tali che uneventuale loro dissesto si riverbererebbe su tut-to il sistema finanziario. La soglia fissata per in-dividuare questi giganti finanziari portatori dirischio sistemico è fissata in attività pari ad al-meno 200 miliardi di euro. Ebbene, il nuovogruppo bancario cooperativo creato ex lege su-pera questa soglia! Con l’introduzione di unnuovo soggetto portatore di rischio siste-mico (prima frazionato in oltre 300 piccoleunità) il rischio presente nei mercati finan-ziari aumenta. Qualsiasi gestore di rischi sabene che a diversificare e frazionare si contrap-pone minore varietà nella tipologia di attività econcentrare. La vigilanza prudenziale sul nuovogruppo cooperativo passerebbe alla competen-za dell’EBA (con o senza l’art. 47 della nostraCostituzione). In definitiva, con la nuova

norma nasce un gruppo too big to fail,espressione che per alcuni occorre leggerecome too big to exist.

Ci soffermiamo infine su un ulteriore profilodi analisi nascosto nello schema “Capogruppo-non-holding”. Abbiamo già detto che il con-trollo della capogruppo non avviene sulla basedel possesso azionario, bensì tramite un con-tratto di dominio. Sicché un potenziale investi-tore nella capogruppo non valuta il suo patri-monio come somma delle partecipazioni nellesingole Bcc né tantomeno come valore del flus-so di dividendi attesi dalle società partecipate. Ilvalore della partecipazione nella capogruppopotrebbe invece essere determinato dal valoredelle sinergie (minori costi totali) nell’erogazio-ne alle banche dominate dei servizi di direzionee coordinamento: l’utile della gestione della ca-pogruppo, al netto delle imposte che gravanosulle società di capitali, sarà infatti dato dallasomma dei ricavi per servizi addebitati alle do-minate al netto dei costi di produzione. Qualepotenziale investitore esterno investirebbe nellacapogruppo al fine principale di acquisire, inbase alla sua quota di partecipazione agli utili,di parte delle sinergie realizzate? L’investitoredovrà invece riflettere su quale meccanismo at-tivare per “estrarre” ricchezza dalle oltre 300banche dominate. In pratica è ben possibileche lo strumento operativo sarà legato alle si-nergie distributive. Con oltre 4.200 sportelli adisposizione della Dominante, un investi-mento del valore di un miliardo di euro,pari a quanto almeno detenuto complessi-vamente dalle 365 banche dominate, corri-sponde a circa euro 238 mila per sportello.In tal senso, la Capogruppo è l’obiettivoideale di società-prodotto, che con un sin-

Sopra, il patrimoniodi vigilanzadi alcune delle 360banche dicreditocooperativoesistenti in Italiaprima della riforma. L’opzione offertadal legislatore,di continuare aesercitare unapropriaautonomia apatto dipossedere 200milioni di eurodi patrmonio digaranzia, difatto per questebanche èpreclusa.L’attivitàbancaria in autonomiapiù che da unacerta soglia dipatrimoniodipendedall’organizza-zione interna.Molte banchedipendono giàdai serviziconsortili.

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golo investimento possono accedere a unarete distributiva capillare senza investi-menti significativi. In via comparativa è utilericordare che i 13.200 uffici postali, punti distri-butivi di prodotti finanziari di società terze, so-no stati offerti sul mercato per euro 8,8 miliar-di: euro 666 mila per singolo punto vendita.

Perché non aggregarsiin un modo diverso?

È probabilmente poco utile esaminare que-ste ipotesi sotto il profilo dell’equità, degli in-centivi, della libertà che gli operatori devonoavere nel perseguire i propri obiettivi economicio cooperativistici. La questione non è tanto dirispetto di principi generali di ordine astratto. Ilproblema deve essere esaminato rispetto al po-tenziato o depotenziato disegno di raggiungi-mento degli obiettivi dichiarati in apertura. Sela riforma vuole perseguire l’irrobustimentodelle soluzioni organizzative e manageriali ecreare uno spazio per realizzare afflusso di ca-pitale in caso di bisogno, anche il profilo dellaaggregazione attorno a un secondo o terzo po-lo o la soluzione di mantenere una attività au-tonoma attraverso lo schema dello scorporodevono essere analizzate con riguardo al po-tenziale raggiungimento di questi obiettivi spe-cifici.

Sotto un primo profilo, sembra evidenteche l’aggregazione forzata, non accompa-gnata da un potenziale piano alternativo,

rende i contraenti indeboliti rispetto ai“poteri forti”, registi del disegno di riorga-nizzazione. Un’alternativa lascia sempre piùforza contrattuale ai contraenti deboli. E persimpatia, oltre che per coerenza con i principidella teoria dei contratti, ci sembra preferibiletutelare il contraente o il negoziatore in posi-zione debole. Portare gli operatori economici inuna situazione in cui non possono scegliere è lapremessa per la realizzazione di strutture socie-tarie e processi imprenditoriali disfunzionali ri-spetto alle regole della buona governance. Tut-tavia, il termine di 60 giorni vanifica ognivelleità di equità: quale banca può trovarein così poco tempo un soggetto con cuicondividere un piano industriale e far deli-berare l’assemblea dei soci di conseguen-za? Chi ha scritto questa norma farsa conosce-va i termini per gli adempimenti societari ine-renti e conseguenti?

La prevista soglia minima pari a 200 milionidi euro, necessaria per esercitare il diritto a so-pravvivere in autonomia e con libertà di iniziati-va economica, merita una notazione specifica.La concreta possibilità di esercitare l’attivi-tà bancaria in autonomia e libertà di im-presa non deriva da una qualche soglia pa-trimoniale o dimensionale, bensì da vincoliorganizzativi interni (e quindi non codifi-cabili in via quantitativa). I vincoli manage-riali e di struttura aziendale-organizzativa, esi-stenti in tutte le aziende, sono più efficaci co-me deterrente all’opzione way-out rispetto al-l’imporre soglie minime patrimoniali (peraltroarbitrarie). La stessa presenza di prospettiveeconomiche incerte, legate al particolare mo-

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mento macroeconomico, è già un efficace in-centivo verso l’aggregazione. Le banche pic-cole che sono già oggi completamente di-pendenti dai servizi resi da iniziative con-sortili, o che dispongono non di manager,ma meri amministratori, non hanno con-crete opzioni strategiche, con o senza patri-monio disponibile, rispetto a strategie aggrega-tive.

Sotto un secondo profilo, la soluzione delloscorporo dell’azienda bancaria dalla cooperati-va è perfettamente coerente con l’esigenza direndere possibile la ricapitalizzazione della ban-ca qualora sia necessario. L’esperienza dellefondazioni bancarie è particolarmente significa-tiva in questo senso. In esecuzione della leggeAmato-Carli, le fondazioni bancarie hanno rea-lizzato in effetti uno schema perfettamentefunzionale rispetto all’esigenza di eseguire au-menti di capitale nella banca e di segregarenella fondazione attività intergenerazionale ditipo filantropico e sociale.Ebbene, non si capisce perché se allora

non fu imposto alle Casse di risparmio diunirsi in un unico gruppo (cosa che poi av-venne di fatto con la nascita del GruppoIntesa e Unicredit, ma fu per libera scelta)oggi alle Bcc si chiede di formare un unicogruppo bancario.

Un nuovo equilibrio di Nash

Un equilibrio di Nash è una situazione incui le controparti non hanno, ciascuno, alcunaconvenienza a modificare la propria situazio-ne. È un risultato storico della teoria matema-tica dei giochi. È un risultato spesso utilizzatodagli economisti per modellizzare il comporta-mento di aziende, operatori, Stati.

Un equilibrio di Nash è stabile, nel sensoche una sollecitazione esterna viene assorbitaabbastanza rapidamente, in quanto gli opera-tori cercano di comportarsi con attenzione eraziocinio, e quindi in coerenza con quanto ènecessario per tornare nella posizione di par-tenza.

Ma non è detto che l’equilibrio diNash, per quanto stabile, sia una buonasoluzione al problema. Potrebbe essereuna pessima soluzione, o comunque peg-giore di una diversa soluzione. Per tutte lesoluzioni e per tutti gli assetti di sistemaci sarà un tempo, presente o futuro, in cuicertamente sarà una pessima soluzione.

Ma non saranno i soggetti protagonisti aevidenziare la convenienza ad abbandonarel’equilibrio raggiunto. Per loro è veramente ra-zionale mantenere l’equilibrio esistente. Persuperare un equilibrio di Nash, quando neces-sario, occorre agire dall’esterno, in modo vigo-roso. Così ha fatto il governo con la riforma. Ènecessario ora passare ad un equilibrio diver-so.

Quello che è certo, è che indietro non sipuò tornare: distrutto il principio di liber-tà di impresa (alle cooperative dissenzien-ti è sancita l’estinzione), distrutta la de-mocrazia interna alle imprese (il potere digestione e di indirizzo della banca è oraesterno alla compagine societaria), inver-tito il rapporto tra potere esecutivo e po-tere legislativo della Repubblica (non c’èpiù un legame tra elettore e organo legi-slativo), si crea una frattura, un solco, tracittadino e bene comune; si recide il legametra responsabilità e azione.

Come i muscoli, che se esercitati rinvigori-scono, ma se trascurati, si indeboliscono, cosìl’aver cancellato d’imperio oltre 360 luoghi diesercizio della reciprocità, condanna il creditocooperativo verso l’assonnamento. n

A sinistra,il celebrematematicoJohn Nasha cui si devela teoriadell’equilibrio,spiegata qui afianco, che prende il suo nome.Nash,scomparsoesattamente unanno fa, ha rivoluzionatol'economia con i suoi studidi matematicaapplicata alla teoria dei giochi,vincendo il premio Nobelper l'economianel 1994.A lui è dedicatoanche il film A beautiful mind

interpretato da RusselCrowe.

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Tonioloricerca - maggio 2016 EconomiaLavoro

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SviluppoNordest

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La lettura del Rapporto 2016 della Fonda-zione Nord Est è davvero raccomandabile.Non solo per l’accurata e consueta rassegnadei dati statistici più significativi per capire dovesta andando il Nord Est ma anche per la capa-cità di aprire un’acuta riflessione sui punti didebolezza che si sono manifestati e che an-drebbero contrastati e offrire un’indicazione dinuovi fattori di crescita che dovrebbero essereal centro dell’azione delle istituzioni.

Dunque nel 2015 l’economia del Nord estha ripreso a crescere, poco ma con più conti-nuità. Sono ripartiti i consumi privati e gli inve-stimenti, è buono il bilancio occupazionalecon un incremento del 15 per cento delleassunzioni: 84 mila posti di lavoro, come viera da immaginarsi, per il sistema produttivodel Nord Est, Jobs act e incentivi sono un buonmix. La reattività di un sistema economicoaperto si è subito manifestata con un incre-mento dell’export del 5,8 per cento, nono-stante la crisi con la Russia abbia provato il no-stro sistema di uno sbocco di mercato moltoimportante.

Però dobbiamo soffermarci su due puntiche ci fanno comprendere che bisognerebbefare di più: il Pil di quest’area, che una voltasi chiamava la locomotiva d’Italia, è cre-sciuto secondo la media italiana, non ha

segnato la vivacità reattiva di altri tempi.E, purtroppo, i dati segnalano un allargamentodella forbice con le aree più dinamiche dellaGermania, con cui eravamo abituati a confron-tarci in un’orgogliosa rivendicazione delle per-formance: nel 2000 il Nord Est aveva un Pil su-periore del 41 per cento alla media europea,meglio di Baviera e Baden Wuttemberg cheerano al 36. Alla fine del 2015 i tedeschi aveva-no migliorato le performance (44 per cento su-periore alla media) e noi di molto peggiorate,scendendo al 13 per cento.

C’è una sfida e fin qui il Nord Est la sfida

FONDAZIONE NORD EST, RAPPORTO 2016. TRA LUCI (OCCUPAZIONE) E OMBRE (DEMOGRAFIA)

La sfida c’è. Manca una risposta di sistema

Paolo Giaretta

è stato Sindacodi Padova,senatore e

sottosegretariodi Stato.

Dirigente della Camera

di commercio di Padova

si è occupato in particolare

dei temi dello sviluppo

economicolocale.

È consigliere di amministra-

zione dellaFondazione

Zancan e dellaFondazione

Achille Grandi.Oltre

a intervenire su quotidiani

e riviste scrive su www.paolo

giaretta.it

Tonioloricerca - maggio 2016

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SviluppoNordest

A sinistra,una veduta di Este. Il processo di fusionecon la vicinaOspedaletto,piuttostoostacolato che incentivatodalla Regione è uno dei simboli della mancatareattività venetanel rispondereanche attraversoil rtirdinoistituzionalealle sfide che hadi fronte a sé.Nella pagina a fronte,cantieri dellaPedemontananel Vicentino.

non ha saputo affrontarla. Non perchémanchino punti di eccellenza ma perché èmancata una risposta sistemica. Ed i fattorisu cui il Rapporto della Fondazione invita apensare richiedono appunto una risposta siste-mica. Perché c’è una struttura demograficamolto preoccupante. L’indice di vecchiaia nel-l’ultimo quinquennio è peggiorato drastica-mente, con una estremo del Friuli che raggiun-ge 200 punti: vuol dire che per ogni friulanocon meno di 15 anni ci sono due ultra sessan-tacinquenni. Nel Veneto siamo a 158. Le crona-che si occupano delle paure legate all’immigra-zione straniera, ma ormai quella spinta, compli-ce la crisi economica, si è esaurita. Il dato è sta-bilizzato attorno alle 715 mila unità. Una pre-senza robusta, pari al 10 per cento della popo-lazione, che richiede politiche consapevoli, manessuna invasione è in atto. E semmai più diquelli che vengono dovremmo preoccuparci diquelli che se ne vanno. Il saldo tra iscritti ecancellati per l’estero registra un meno1.900 unità per i laureati. Una piccola dia-spora di ceto innovativo con una fortissimaimpennata negli ultimi anni da non trascurareanche perché molti di più sono i laureati che sene sono andati senza cancellarsi dalle anagrafi.

In ogni caso il Nord Est copre da solo un quintodel saldo negativo italiano: cervelli che se nevanno.

E purtroppo dobbiamo dire che di fronte al-le sfide poste dagli anni della crisi la rispostadel sistema Nord Est è rimasta alquanto debo-le. Il Rapporto individua con schiettezza alcunilimiti emersi. Per restare al Veneto (per le dueregioni a statuto speciale la situazione è diffe-rente) le cronache di questi tempi ci portanonotizie di sconfortate sconfitte.

Pensiamo al grande tema della infrastruttu-razione come supporto alla crescita. MentreMilano andava all’attenzione delle opinio-ni pubbliche internazionali per la sfida vin-cente dell’Expo il Veneto era travolto dallevicende criminogene del Mose, in cui unagrande opera pubblica veniva asservita all’in-gordigia di gruppi dirigenti pubblici e privati.Oppure l’eterna vicenda dell’Alta Velocità,bloccata non per la mancanza di denari maper una incapacità a produrre un progettoadeguato. Ora il governo Renzi ha assegna-to al Veneto oltre 300 milioni di euro persostenere investimenti per l’estensionedella banda larga: si tratta di una infrastrut-tura essenziale, speriamo che il Veneto non

Tonioloricerca - maggio 2016

perda anche questa occasione.Sulle vicende bancarie non serve aggiunge-

re molto, se non come indicatore di un falli-mento di un intero gruppo dirigente imprendi-toriale: le banche del territorio rapinatricidel territorio, basta ricordare, come fa il Rap-porto, che tra il 2011 ed il 2016 i valori perazione di Veneto Banca e della Popolare Vicen-tina sono crollati da 39,5 a 7,3 euro e da 62,5a 6,3 euro per azione. Una perdita di ricchez-za stimata in 10 miliardi di euro sottrattaai patrimoni di aziende e famiglie. E qui lapolitica c’entra molto poco.

Parecchie cose si sono mosse a livello nazio-nale in direzione di una ridefinizione dell’archi-tettura istituzionale per favorire una maggioreefficienza dei livelli di governo: la riforma costi-tuzionale, il superamento delle province, learee metropolitane, norme per incentivare fu-sioni e organizzazioni sovra comunali dei muni-cipi. La società veneta non sembra aver reagitocon altrettante determinazione. Semmai le co-se nascono dal basso, con fusioni comunali(vedi Este-Ospedaletto) piuttosto ostacola-te che sostenute dalla Regione, o l’idea for-temente innovativa che si sta discutendo nelCamposampierese per far evolvere una effi-ciente Unione dei Comuni in una vera nuovacittà. Ma a livello superiore ci si trastulla con

l’idea di un inutile referendum sull’autono-mia o una irrealizzabile fusione con Friuli eTrentino. Invece di lavorare perché l’areametropolitana di Venezia diventi un qual-cosa di utile come aggregazione delle funzio-ni urbane del Veneto centrale, per riorganizza-re in modo efficiente le ex province, per aprireuna seria trattativa con lo Stato centrale per leforme di autonomia contrattata già previste aCostituzione vigente e rafforzate con il nuovotesto della Costituzione che sarà sottoposto alreferendum.

Rinvio alla lettura del Rapporto per valutareproposte operative su temi strategici: l’aperturadi una nuova fase nell’internazionalizzazionedel sistema Nord Est, la valorizzazione strategi-ca del capitale umano, un intreccio virtuoso traformazione, azienda, città, cultura tecnica, unariorganizzazione metropolitana del territorio, ealtro. Quello che emerge è l’assoluta necessi-tà di impostare una nuova agenda del si-stema Nord Est, una alleanza virtuosa traistituzioni, impresa, associazionismo civico,le varie forme di un capitale sociale cosìricco nel Nord Est ma che rischia rapida-mente di degradare. La sfida c’è, le risorseci sarebbero, c’è bisogno di un imprendito-re sociale collettivo capace di organizzarleal meglio. n

SviluppoNordest

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Sopra,un grafico tratto

dal Rapporto2016 della

FondazioneNord Est

dimostra comel’occupazione

nell’Italianordorientale

sia ripartitagrazie al giusto

mix generato dalJobs act

e dagli incentivifiscali.Sotto,

il preoccupanteandamento

dellademografia

del Nord Est. In Friuli Venezia

Giulia ci sonodue over 65

per ogniminorenne.

Tonioloricerca - maggio 2016

L

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Valorinuovi

La città non sembra più una buona me-tafora per pensare la convivenza tra diver-si. Troppo spesso essa è segnata dal degrado,attraversata da uno stile di società urlata chesistematicamente delegittima gli interlocu-tori, da una corruzione che sembra diffonder-si a macchia d’olio. Eppure, se tanti segnali te-stimoniano della fragilità del tessuto civile, essaresta comunque prezioso; se così diffusi sono isintomi di lacerazione della convivenza, essaporta pure efficaci anticorpi che occorre valo-rizzare. Basti pensare in tal senso al dinamismodi una società civile che opera per la curadell’ambiente, per l’accoglienza, per la so-lidarietà, per la cultura, quasi a manifesta-re la forza tenace di quello che papa Fran-cesco nella Laudato si’ chiama «amore civi-le e politico».

Non va però neppure dimenticato che a talearticolato scenario non partecipiamo da merispettatori, ma come attori, coinvolti, soggettiagenti e pensanti. Ciò che occorre chiedersi èallora soprattutto come operare per contrasta-re una pratica diffusa che spesso vede gli

interessi particolari operare come unici cri-teri motivanti per i comportamenti personalie collettivi, talvolta in spregio di ogni attenzio-ne per il bene comune. Occorre domandarsicome supportare quei percorsi di riflessio-ne e di azione che costruiscono positiva-mente civitas, nel dialogo, nell’attiva colla-borazione, nella cura dei beni comuni.

A queste domande intendono rispondere ilsecondo Forum di Etica civile ed il percorso chead esso conduce. È una dinamica che vede lacollaborazione della Fondazione Lanza (cui sideve il primo Forum del 2013 ) con un’ampiarete nazionale di soggetti – l’associazione Cer-casi un fine (Ba), il Centro studi Bruno Longo(To), la Focsiv, l’Istituto di formazione politicaPedro Arrupe (Pa), le riviste Aggiornamenti So-ciali, Il Regno, Incontri. La convinzione condivi-sa è quella di un nocciolo etico da valorizza-re per ritrovare una convivenza sostenibilenelle città; di una tutela del pluralismo deiriferimenti ideali che non può ribaltarsi inindebolimento della tessuto della convi-venza.

Simone

Morandini

è laureato in fisica e dottore di ricerca in teologiaecumenica.Coordina il progettodi “Etica,filosofia e teologia”dellaFondazioneLanza. Insegnateologia della creazionealla Facoltàteologica del Triveneto. È membro della giunta del comitatopreparatorio del Convegnoecclesiale di Firenze “In Gesù Cristoil nuovoumanesimo” (9-13 novembre2015).

LA FONDAZIONE LANZA PREPARA IL SECONDO FORUM DI ETICA CIVILE. È ORA DI PARTECIPARE

Società urlata o civile...Tutti a caccia dell’etica

Tonioloricerca - maggio 2016

L’evento nazionale avrà luogo a Milano il1-2 aprile 2017, sul tema “La cittadinanza…ed oltre?”, a individuare un nodo centrale perpensare la convivenza in realtà complesse. Unnodo che si rivela, però, anche carico di tensio-ni, nel momento in cui diviene necessario decli-narlo su scala sovranazionale. E d’altra partetale passaggio è assolutamente determinanteper pensare le sfide di una società globale, incui le frontiere tra gli stati sono sempre più po-rose e non sono confini per persone e proble-mi. Come valorizzare la ricchezza di conte-nuto della cittadinanza senza racchiuderlain una comprensione troppo ristretta? Suquesto si interrogherà il Forum, in una riflessio-ne che si articolerà su diverse dimensioni:

u l’attenzione per una politica da ripensare;u la considerazione del delicato rapporto

tra economia ed ambiente;u l’interrogazione circa il ruolo delle religio-

ni in ordine ad una convivenza civile;u la delicata questione del contributo che

ad essa possono dare comunicazione e forma-zione.

Il sito dell’iniziativa – www.fondazione-lanza.net/eticacivile – offre alcuni testi di rife-rimento, espressivi di elementi condivisi daisoggetti promotori. Essi offrono anche indica-zioni utili per articolare quel confronto cui chia-ma il percorso di preparazione al Forum. Se, in-fatti, l’appuntamento nazionale è ancora lonta-no, in questi mesi si stanno raccogliendo ade-sioni da parte di soggetti diversi, personali e as-sociativi, disponibili a lasciarsi coinvolgre in unariflessione in rete. Si tratta di raccogliere idee econtributi, parole chiave a sostegno di una pra-tica di convivialità: i testi più significativi trove-ranno spazio negli appuntamenti zonali pre-visti per il prossimo autunno, aprendo lastrada all’elaborazione del testo-base del Fo-rum.

È una dinamica qualificante per il Forum: sedialogo e confronto sono essenziali per un con-fronto civile, essi lo sono pure per la relativatraiettoria di ricerca condivisa.

Alla partecipazione è quindi invitata una va-sta platea di soggetti personali e/o associativi,secondo le modalità indicate nello stesso sitowww.fondazionelanza.net/eticacivile, in cui sipuò consultare tra l’altro la relativa Lettera diinvito. Anche il pensare assieme, in una rete in-tessuta di dialogo rispettoso e fecondo, è unasfida impegnativa, ma qualificante per rico-struire un tessuto di etica civile. n

Valorinuovi

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Tonioloricerca - maggio 2016

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C

Casacomune

Con l’approvazione della legge 221 del2015 “Disposizioni in materia ambientale perpromuovere misure di green economy e per ilcontenimento eccessivo di risorse naturali” me-glio conosciuta come collegato ambientale, ilnostro paese inizia a dotarsi di un insieme diprovvedimenti che vanno nella direzione diun’economia più verde e sostenibile.

Il testo normativo è composto da 79 articolie 11 capi che toccano quasi tutti i principaliambiti afferenti alla tutela dell’ambiente: ener-gia, rifiuti, mobilità, protezione della natura, di-fesa del suolo, accesso all’acqua, impatto am-bientale e sanitario... Si tratta, dunque, di unprovvedimento alquanto corposo e in parte an-cora disorganico all’interno del quale però, siriscontra lo sforzo di indirizzare i processi pro-duttivi e organizzativi nella direzione di unaprogressiva introduzione di un modello di eco-nomia circolare.Con l’economia circolare le nostre socie-

tà sono chiamate a superare il tradizionaleprocesso produttivo lineare –estrazione,produzione, discarica- per adottare un mo-dello economico e sociale dove i materiali

e il loro relativo valore viene mantenuto ilpiù a lungo possibile all’interno di un cir-cuito virtuoso di produzione, utilizzo, recu-pero per garantire una maggiore efficienzanell’uso delle risorse e una riduzione del consu-mo di natura e dell’inquinamento.

I punti salientiQuesta idea di circolarità permea buona

parte del collegato ambientale, ma sono in par-ticolare tre le parti che contengono il fulcrodella proposta normativa verso un’economiacircolare:

u il capo quarto che incentiva i Green pu-blic procurement, rendendo obbligatorio in tut-to o in parte gli acquisti verdi (beni e servizi abasso impatto ambientale) da parte della pub-blica amministrazione; introduce nei bandi digara agevolazioni per le imprese in posses-so di registrazioni e certificazioni ecocom-patibili (Emas e Iso 14001); inserisce tra i crite-ri di valutazione dell’offerta economicamentepiù vantaggiosa il possesso del marchio “Eco-label” che certifica l’attuazione di procedimen-ti produttivi per ridurre il consumo di natura

IL COLLEGATO AMBIENTALE DI FINE 2015 È UN PASSO IMPORTANTE. ORA I DECRETI ATTUATIVI E LE RISORSE

L’Italia strizza l’occhiolinoall’economia circolare

Matteo Mascia

è specialista inistituzioni etecniche di

tutela dei dirittiumani

all’Università di Padova. È direttore

dell’associazio-ne Diritti umani

Coordina ilprogetto “Etica

e politicheambientali”

dellaFondazione

Lanza.

Tonioloricerca - maggio 2016

nella fase di progettazione, realizzazione, esmaltimento di un bene o servizio;

u il capo quinto dedicato a promuovere esostenere, con appositi incentivi, percorsi di na-tura economica per la produzione e l’acquistodi prodotti derivanti dai materiali post-consu-mo, dal recupero degli scarti e dal disassem-blaggio dei prodotti complessi, così dall’indiriz-zare il riutilizzo, il recupero e il riciclo deimateriali verso una nuova filiera di merca-to delle materie prime secondarie. Tra gli attoridi questa trasformazione oltre agli enti pubblicie alle imprese sono indicate anche le associa-zioni di volontariato e di promozione sociale.

u il capo sesto, il più corposo dell’intero te-sto normativo, che contiene una serie di misurerelative alla gestione dei rifiuti rivolte a raffor-zare la raccolta differenziata di qualità; pe-nalizzare il conferimento in discarica e lo smal-timento negli inceneritori senza recupero dienergia; sviluppare programmi regionali e localidi prevenzione e riduzione con il coinvolgimen-to di associazioni, università, scuole; reintro-durre, in via sperimentale, il vuoto a ren-dere nei bar e ristoranti; agevolare le attivitàdi compostaggio a livello di comunità.

La responsabilità dei cittadini

Significativo anche segnalare che se l’im-pianto normativo per la promozione di un’eco-nomia circolare si rivolge principalmente aglienti pubblici e alle imprese, vi sono alcune mi-sure che mirano specificatamente a rafforzarela responsabilità dei cittadini e il loro con-tributo al processo di transizione verso una

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Casacomune

Ridurre,riutilizzare,

riciclare sono leparole chiave

dell’economiacircolare

verso la qualeanche il nostro

paese si èincamminato

attraverso il collegatoambientale

approvato dal governo

Renzi in chiusura

di 2015Un documento

vasto in cuil’attenzione per

la salutedell’ambiente

occupa il postoprincipale.

Tonioloricerca - maggio 2016

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maggiore sostenibilità. Vanno in questa direzio-ne, per esempio, la norma che promuove loscambio di beni usati all’interno delle rici-clerie e dei centri di raccolta comunali,quella che prevede la copertura assicurativaper chi va al lavoro in bicicletta, così comel’introduzione di sanzioni amministrative percontrastare il fenomeno dell’abbandono dei ri-fiuti di piccole dimensioni (gomme da mastica-re, mozziconi di sigarette, scontrini, e altro).

È solo il primo passoIl collegato ambientale rappresenta, dun-

que, un primo importante passo nella direzionedello sviluppo nel nostro paese di un’economiacircolare, in linea con le indicazioni dell’Unioneeuropea che il 2 dicembre 2015 ha adottatouna strategia complessiva in materia.

Si tratta di un percorso ineludibile per af-frontare in modo adeguato la crisi ecologi-ca di questo nostro tempo nei confronti delquale siamo fortemente in ritardo come ci haricordato anche papa Francesco nell’enciclicaLaudato si’: «Non si è ancora riusciti ad adot-tare un modello circolare di produzione che as-sicuri risorse per tutti e per le generazioni futu-re, e che richiede di limitare al massimo l’uso

delle risorse non rinnovabili, moderare ilconsumo, massimizzare l’efficienza dellosfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affron-tare tale questione sarebbe un modo di contra-stare la cultura dello scarto che finisce per dan-neggiare il pianeta intero, ma osserviamo che iprogressi in questa direzione sono ancora mol-to scarsi» (22).

Vedremo nei prossimi mesi con l’approva-zione dei numerosi decreti attuativi e dellerisorse finanziarie che saranno messe a di-sposizione per dare concreta attuazione ai mol-ti provvedimenti inseriti nella nuova normativase vi sarà a livello politico, ma anche economi-co, sociale e culturale, l’auspicata accelera-zione nel processo di costruzione di unmodello produzione e consumo che “ridu-ce, ricicla, riusa”. n

Balzato all’onoredelle cronacheperl’inasprimentodelle pene perchi vienescoperto agettare rifiutinell’ambiente inmodoillegittimo (vedi il caso dei mozziconi di sigaretta),nel documentotrpvano postomolte altri punticome, forse unpo’ a sorpresa,la promozionedello scambio di merce usatanelle riciclerie.Detto in altritermini, si trattadel baratto.

Tonioloricerca - maggio 2016 Casacomune

Paceinsieme

OOggi l’Africa sembra molto lontana

dall’Europa e dall’opinione pubblica. La crisidei migranti, se da un lato ci porta l’Africa incasa, dall’altro fa velo e rende questo continen-te una terra lontana da cui, oggi come oggi, sifugge e basta.

Eppure papa Francesco ha aperto la pri-ma porta dell’anno santo proprio a Bangui.In Centrafrica.

E oggi, dopo anni di una guerra civile, salu-tiamo l’elezione del nuovo presidente, Fau-stin Archange Touadera, con speranza perun futuro di pace e di sviluppo. Egli stesso, auna delegazione della Comunità di Sant’Egidioche si è recata a fargli visita, ha espresso grati-tudine per il lungo lavoro per la pace in Centra-frica svolto e ha sottolineato l’importanza fon-damentale della visita di papa Francesco, che la

Comunità ha contribuito a rendere possibile,nel processo di pacificazione e riconciliazionenazionale.

Nel mese di marzo il presidente della Re-pubblica Sergio Mattarella ha compiuto unavisita di stato in Etiopia e in Camerun. AdAddis Abeba ha incontrato il presidente etiopee i rappresentanti dell’Unione Africana. Dopoaver visitato la scuola italiana, si è recato alcampo rifugiati di Teirkidi-Kule nella regione diGambela, al confine con il Sudan. La visita inCamerun è stata la prima di un capo di sta-to italiano in quel paese: in quell’occasione,Mattarella ha detto parole importanti: «I destinidi Italia e Africa sono legati in maniera indisso-lubile nel futuro. E la collaborazione è semprepiù indispensabile. L’Italia lo ha compreso, an-che per questo il 18 maggio ha organizzato la

Alessandra

Coin

è dirigentemedico presso

la clinicageriatrica

dell’Universitàdegli studi di Padova.

Sposata e mamma,

è la responsabiledella Comunitàdi Sant’Egildio

nella città del Santo.

A GENNAIO È PARTITA LA NUVA AGENZIA ITALIANA PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Il futuro è l’“Eurafrica”Ma l’Italia a che punto è?

Tonioloricerca - maggio 2016

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Sopra,scorcio di Yaoundé,capitale delCamerun,naziona inrapida crescita.Nella paginaprecedente,il presidentedella RepubblicaSergioMattarella invisita in Etiopia,a marzo; quicon il presidenteTeshome.

Tonioloricerca - maggio 2016 Paceinsieme

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Conferenza inter-ministeriale Italia-Africa a Ro-ma e mi auguro divenga punto prioritario del-l’agenda di tutta l’Unione Europea». Il vicemini-stro degli esteri Mario Giro, che lo accompa-gnava, grande conoscitore dell’Africa per il suoimpegno nel lavoro per la pace della Comunitàdi Sant’Egidio in questo continente, ha osserva-to: «Dobbiamo stare in Africa in un modo nuo-vo: per la nostra sicurezza, per le nuove oppor-tunità economiche offerte alle nostre imprese,per rafforzare un legame con gli africani che datempo guardano a noi come partner».

Con il Camerun sono stati siglati cinque ac-cordi di cooperazione, uno dei quali coinvolgeanche l’Università di Padova.

Vi è forse una nuova stagione nella presen-za del nostro Paese nel continente africano: ri-

cordiamo anche la visita del Presidente delConsiglio Renzi in tempi recenti. Eppure l’Ita-lia rimane ultima tra i Paesi del G7 nellacooperazione internazionale con lo 0,19per cento del Pil destinato all’aiuto pubbli-co allo sviluppo. L’obiettivo del governo è diportare questa cifra allo 0.25 per cento, percollocarsi al quarto o quinto posto. Secondo ilministro degli Esteri Gentiloni, la cooperazioneè un investimento strategico. In effetti, inAfrica vi sono economie in grande crescita:l’Etiopia cresce negli ultimi dieci anni a unritmo medio del 10 per cento, il Camerun,dove l’Italia è il secondo partner dopo laFrancia, dovrebbe crescere quest’anno del6%. Ma non bisogna dimenticare nemmeno itanti paesi purtroppo ancora fragili, soprattuttoin ragione di guerre e della minaccia terroristi-

A destra,il premier Renzi

parla allaConferenza

interministe-riale Italia-Africa che si è tenuta

alla Farnesina lo scorso 18

maggio.Sotto,

papa Francescoin visita

a Bangui, nella Repubblica

Centroafricana a novembre.

Lì ha aperto laprima porta

santa del Giubileo

dellaMIsericordia.

Paceinsieme Tonioloricerca - maggio 2016

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ca. Basti pensare all’Eritrea, sottoposta a unregime dittatoriale molto duro, colpita da famee violenze, oppure a quanto sta accadendo inNigeria, sconvolta dalla violenza di Boko Ha-ram, e nei Paesi confinanti, dal Mali al Ciad.

Con l’entrata in vigore della nuova leg-ge sulla cooperazione internazionale allosviluppo, è auspicabile che finalmente l’Ita-lia dia vita a un nuovo modello. Ci sono for-ti aspettative rispetto al lancio della nuovaAgenzia italiana per la cooperazione inter-nazionale, entrata ufficialmente in funzio-ne lo scorso primo gennaio. Occorre guarda-re all’Africa con occhi nuovi. Fra Europa e Afri-ca c’è un destino comune: È necessario andareincontro alla richiesta di partnership. La nuovastrada è la sinergia: non più semplicemente ilmodello di un paese che aiuta e un altro che ri-ceve aiuti. È un’occasione unica: si deve comin-ciare a pensare il futuro dell’Europa assiemeall’Africa. l’orizzonte di domani è Eurafrica.L’Europa è il più prossimo interlocutore del-l’Africa. Africani ed europei hanno una stra-da da percorrere insieme in un continenteche è vasto, vario e molto cambiato. n

26 maggio 2016In una

conferenzastampa in piena

campagnaelettorale nel

North Dakota,Donald Trump

annuncia: «Mi dicono

che ho ricevutola nomination».

Trump haottenuto i 1.237grandi elettori

necessari percandidarsi

ufficialmentealla presidenza

degli Stati Unitid’America

per il partitoRepubblicano.Si realizza così

ciò a cui inpochi credevano

tre mesi fa. E a nulla sonovalsi gli sforzi

dello stessopartito

Repubblicanoper mettere ibastori tra le

ruote a uncandidato

che i piùconsiderano

impresentabile.Sono continui

gli attacchi di Trumpa Obama,

ma va ricordataanche la

querelle conpapa Francesco

sul muro tra Usae Messico

promesso dalmagnate

newyorkese.

Fotomese

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