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benessere tecnologia società Chiara Pattaro Claudio Riva Chiara Tosolini Sguardi digitali Studenti, docenti e nuovi media

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benessere tecnologia società

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Chiara Pattaro Claudio RivaChiara Tosolini

Sguardi digitaliStudenti, docenti e nuovi media

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Chiara Pattaro è ricercatrice di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Padova. I suoi interessi di ricerca includono i processi educativi e di socializzazione, con particolare riferimento ai temi dell’identità e dei nuovi media.

Claudio Riva è ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Padova. Si occupa di teoria dei media, analisi dei pubblici, giovani e nuove tecnologie della comunicazione, con particolare riguardo ai processi di costruzione delle identità.

Chiara Tosolini è docente di Filosofi a e Scienze Umane nelle Scuole Secondarie di II Grado. I suoi interessi di ricerca sono rivolti alle metodologie e ai processi di innovazione nella didattica, con specifi ca attenzione verso l’uso delle nuove tecnologie a scuola.

Il volume presenta i risultati di un articolato progetto di ricerca avente come oggetto gli sguardi digitali adottati da studenti e docenti per dare signifi cato all’uso che, fuori e dentro la scuola, essi fanno dei nuovi media. Ci sono gli sguardi dei ragazzi che danno per scontata la presenza di Internet o dei social network nella loro quotidianità. E gli sguardi adulti sui media e sulle tecnologie, spesso intese da genitori e insegnanti più come fonte di rischio che di opportunità. In una prospettiva educativa più ampia, c’è anche lo sguardo della scuola come istituzione che, con alterne fortune, dà una certa direzione all’introduzione del digitale. Inoltre, nella quotidianità delle aule, ci sono gli sguardi degli insegnanti, che testimoniano l’uso dei media da parte dei ragazzi, interpretandolo attraverso la loro competenza professionale e la propria esperienza del digitale. È in grado la scuola di fronteggiare le tante sfi de poste dal digitale? Quali immagini e rappresentazioni stanno circolando tra gli insegnanti e gli studenti? Di quali risorse dispongono i docenti per riconoscere, formare o riposizionare le competenze che i ragazzi hanno rispetto all’uso dei nuovi media? Cosa signifi ca parlare di literacy nell’uso dei media digitali? A partire dalle voci stesse di studenti e docenti, il volume affronta questi interrogativi complessi, nel tentativo di identifi care terreni di dialogo e di confronto nei quali, superando l’opposizione noi-loro, le diverse generazioni possano giocare il proprio ruolo nel mondo dei media.

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Direzione scientifica: Antonio Maturo (Università di Bologna)

Lo sviluppo tecnologico appare oggi in accelerazione esponenziale, soprattutto grazie al digitale.

Comunicazioni, pratiche sociali e culture si presentano come forme simboliche sempre più

elusive, evanescenti e cangianti. L’ambito della salute è una delle dimensioni più investite

dalle scoperte e dalle nuove applicazioni. Possiamo utilizzare lo smartphone per curarci, fare

prevenzione, migliorarci. In generale, possiamo raccogliere big data su noi stessi. Ovviamente,

anche le organizzazioni e le professioni si giovano delle nuove possibilità. Parallelamente, il

discorso sulla salute si estende oltre la medicina e la malattia per abbracciare le dimensioni

dello stare bene e della qualità della vita. In altri termini, accanto alla cura, prendono corpo

interventi istituzionali, aziendali e di altre organizzazioni volti ad accrescere il benessere

(well-being) delle persone e la loro felicità. Non va tuttavia dimenticato che il “soluzionismo

tecnologico” non ha inciso molto sulle grandi e gravi diseguaglianze sociali e che i bramini

della rete hanno spesso alimentato aspettative irrealistiche. La stratificazione sociale

condiziona ancora pesantemente i destini individuali.

In questo contesto, la Collana BTS – aperta anche a tematiche relative al welfare e al

benessere sociale nella sua accezione più ampia – attraverso contributi sociologici rigorosi, ma

scritti con uno stile divulgativo, vuole proporre modelli teorici, ricerche empiriche e strumenti

operativi per analizzare e intervenire su questa mutevole realtà sociale.

Comitato ScientificoKristin Barker (University of New Mexico); Andrea Bassi (Università di Bologna); Jason Beckfield

(Harvard University); Giovanni Bertin (Università Ca’ Foscari); Giovanni Boccia Artieri (Università di

Urbino); Piet Bracke (Ghent University); Mario Cardano (Università di Torino); Giuseppina Cersosimo

(Università di Salerno); Federico Chicchi (Università di Bologna); Costantino Cipolla (Università di

Bologna); Dalton Conley (Princeton University); Cleto Corposanto (Università Magna Graecia di

Catanzaro) Paola Di Nicola (Università di Verona); Maurizio Esposito (Università di Cassino); Anna

Rosa Favretto (Università del Piemonte Orientale); Luca Fazzi (Università di Trento); Raffaella Ferrero

Camoletto (Università di Torino); Guido Giarelli (Università Magna Graecia di Catanzaro); David

Lindstrom (Brown University); Massimiliano Magrini (United Ventures); Luca Mori (Università di

Verona); Sigrun Olafsdottir (Boston University); Anna Olofsson (Mid Sweden University); Paltrinieri

Roberta (Università di Bologna); Riccardo Prandini (Università di Bologna); Claudio Riva (Università

di Padova); Domenico Secondulfo (Università di Verona); Mara Tognetti (Università Bicocca Milano);

Stefano Tomelleri (Università di Bergamo); Assunta Viteritti (Università La Sapienza Roma).

RedazioneLinda Lombi (coordinamento) (Università Cattolica Milano); Alberto Ardissone (Università di

Bologna); Flavia Atzori (Università di Bologna); Emilio Geco (Università La Sapienza, Roma);

Roberto Lusardi (Università di Bergamo); Giulia Mascagni (Università di Firenze); Veronica

Moretti (Università di Bologna); Arianna Radin (Università di Bergamo); Alessandra Sannella

(Università di Cassino).

I manoscritti proposti sono sottoposti a referaggio in doppio cieco.

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Chiara Pattaro Claudio Riva Chiara Tosolini

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Il volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali – SPGI e del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata – FISPPA dell’Università degli Studi di Padova.

Progetto grafico di copertina di Alessandro Petrini

Copyright © 2017 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste e

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Indice

Introduzione: una questione di sguardi, di Chiara Pat-taro, Claudio Riva e Chiara Tosolini

pag. 7

Metodologia della ricerca » 10 La struttura del volume » 13

1. Giovani, adulti e nuovi media, di Claudio Riva » 17

1.1. Narrazioni e retoriche » 17 1.2. Tra panico morale e febbre tecnologica » 22 1.3. Una vecchia storia: lo sguardo adulto su giovani e media

» 25

1.4. Rischi e opportunità del digitale nella quotidianità dei ragazzi

» 31

2. Lo sguardo degli studenti, di Chiara Tosolini » 37

2.1. Civiltà, barbarie e confini » 38 2.2. Indizi e luoghi della mutazione » 42 2.3. Una scuola che accoglie i barbari? » 48 2.4. La comprensione del testo da parte dei ragazzi » 53

3. Lo sguardo dei docenti, di Chiara Pattaro » 56 3.1. Uno sguardo ambivalente » 57 3.2. Reazioni di chiusura e tentativi di avvicinamento » 62 3.3. Pensare strategie possibili » 64 3.4. Vecchie risposte per nuove domande? » 67

4. Giovani e competenze digitali, di Claudio Riva » 71 4.1. Divari e disuguaglianze » 71 4.2. Capitali digitali e chance di vita » 74

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4.3. Media e digital literacy pag. 79 4.4. Quale ruolo per la scuola? » 84

5. La corsa al digitale nella scuola, di Chiara Tosolini » 87 5.1. I nuovi media nelle politiche educative » 87 5.2. Normative e progetti nella scuola italiana » 90 5.3. L’uso didattico della tecnologia: dalla LIM all’a-nimatore digitale

» 96

5.4. Risorse e limiti dei media nella didattica » 101

6. Formarsi per formare, di Chiara Pattaro » 108 6.1. Insegnanti digitali? » 109 6.2. Docenti a scuola di media » 114 6.3. Nuovi strumenti, nuove proposte » 119

Conclusioni: uno sguardo d’insieme, di Chiara Pattaro, Claudio Riva e Chiara Tosolini

» 125

Riferimenti bibliografici » 129 Notizie sugli Autori » 143

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Introduzione: una questione di sguardi

di Chiara Pattaro, Claudio Riva e Chiara Tosolini

Ma il gran torto degli educatori è di volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o al-la maturità; che la vita giovanile non differisca dalla matura; di voler sopprimere la differenza di gusti, di desiderii ec., che la natura invincibile e immutabile ha posta fra l’età de’ loro allievi, e la loro, o non vo-lerla riconoscere. Giacomo Leopardi, Zibaldone.

L’attuale società, globalizzata e della comunicazione, plurale e in rete,

come ricorda Manuel Castells (2002), è costruita intorno a flussi – di capi-tali, di informazioni, di immagini, di simboli, ecc. – che stanno progressi-vamente definendo nuove forme di produttività e di lavoro, di organizza-zione sociale e di relazioni, di elaborazione culturale e partecipazione. Una network society (Van Dijk, 2012) che si basa sulla centralità dell’informazione, ma i cui processi di mutamento non riguardano solo le tecnologie e l’innovazione ma investono le forme tradizionali dell’econo-mia – il capitalismo informazionale, globale e interconnesso –, della politi-ca – il nuovo ruolo degli Stati-nazione, nella relazione con le periferie, le organizzazioni sovranazionali e lo spazio delle organizzazioni non governa-tive – e della socialità e dell’identità.

Berry Wellman (Rainie, Wellman, 2012) sottolinea come i mutamenti sociali e tecnologici degli ultimi decenni mettano a disposizione nuovi mezzi e nuove opportunità per definire relazioni sociali in forma inedita, slegate dalle limitazioni inerenti lo spazio fisico o le forme del riconosci-mento e dell’appartenenza ascritta. Come già molto prima aveva fatto Georg Simmel (1995a, edizione originale 1903), possiamo descrivere la so-cietà contemporanea come un insieme di aggregazioni fluide, di individui immersi in diverse cerchie sociali contemporaneamente, in network rela-zionali che attivano o disattivano legami sociali più o meno forti con gli at-tori della propria rete. Tale processo, che preesiste alla diffusione su larga scala di Internet, è amplificato dalla crescente espansione e pervasività dei media digitali, che si offrono agli individui come un ulteriore mezzo per entrare facilmente in contatto con persone con le quali si condividono valo-ri, interessi o passioni. Interazioni che non si contrappongono a quelle che si formano negli incontri faccia a faccia nella vita quotidiana ma si integra-

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no a essi (Bakardjieva, 2003; boyd, 2008), attraverso dinamiche che con-fondono e sovrappongono contesti online e offline. Sono spazi di relazione mediati o non mediati dalle tecnologie, che definiscono scenari inediti di interazioni che talvolta possono apparire meno dense e vincolanti rispetto a quelle tradizionali ma che danno ugualmente modo di ottenere riconosci-mento sociale e identificazione, quindi identità. I concetti di cultura con-vergente e spreadable media (Jenkins, 2007; Jenkins et al., 2013) o di net-worked publics (boyd, 2008) sono utilizzati per descrivere questa possibili-tà di circolazione dei contenuti attraverso reti sia formali sia informali, in cui i pubblici possono essere sempre più autonomi e coinvolti nell’appropriarsi in maniera non passiva dei messaggi veicolati dai canali tradizionali, nel produrre in maniera creativa e originale nuovi contenuti, nel condividere idee e valori che possono non essere quelli tradizionali.

Cambiamenti sociali – in atto o potenziali – alla cui base, tuttavia, vi è una più o meno elevata consapevolezza del trovarci in un campo, tecnolo-gico e comunicativo, quantitativamente e qualitativamente diverso, che por-ta gli individui a non essere solo oggetto di comunicazione, bensì soggetti attivi «più potenti, ma soltanto se sapranno riconoscere e usare quel potere in veste di consumatori e cittadini, come partecipanti attivi della nostra cul-tura» (Jenkins, 2007, p. 285). I nuovi media digitali, multimediali, interatti-vi, mobili, pervasivi (Arvidsson, Delfanti, 2013; Stella et al., 2014) hanno modificato il modo in cui si producono e circolano informazioni e compe-tenze, mettendo a disposizione degli individui vie e luoghi d’interazione, discussione e formazione delle opinioni che sono indipendenti dal sistema dei media tradizionali. Ma come riconoscere questi fattori di novità, di in-clusività e universalità (Lévy, 1996), di libertà di espressione, di empo-werment, di partecipazione, di media and civic engagement (Bennett, 2008)? Come produrli e rafforzarli o, al contrario, mediarli e moderarli, qualora mettano in discussione i principi fondanti della libertà e della tolle-ranza democratica?

Sono questioni che, per non risultare astratte, necessitano di ancoraggio specifico, che in questo volume abbiamo voluto individuare nel rapporto tra giovani, scuola e media digitali. Da un lato, le ragazze e i ragazzi che, pro-babilmente più dei loro genitori, educatori, insegnanti, trovano nei new media le risorse privilegiate per vivere relazioni, emozioni, esperire cultura e partecipare (Pattaro, 2015; Riva, Scarcelli, 2016). Dall’altro lato, appun-to, quel mondo adulto che guarda con un certo sospetto alle giovani gene-razioni e alla relazione che essi hanno con Internet, il web o i social net-work e osserva il mutamento tecnologico con una certa ansia rispetto a qualcosa che, forse, non è mai fino in fondo compreso perché non del tutto

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parte della propria cultura adulta. Preoccupazioni pedagogiche, evidente-mente, che talvolta assomigliano più a una forma di panico morale che, pe-riodicamente, investe e ha investito ogni innovazione tecnologica e media-le: Internet è, per molti degli adulti di oggi, ciò che prima era stata la Tv, o la musica, o il cinema, o la narrativa per chi era adulto nel momento in cui le allora giovani generazioni hanno cominciato a usare e incorporare nella propria scontata quotidianità quelle che, all’epoca, erano le nuove tecnologie.

Sguardi adulti sui media e sulle tecnologie che, seppur ormai radicate nei contesti sociali, sono spesso viste come fonte di rischio più che di op-portunità e talvolta assunte al comodo e deresponsabilizzante ruolo di capro espiatorio di comportamenti devianti o comunque spropositati, di condizio-ni di disagio. Diversamente, vi sono gli sguardi dei ragazzi, che a loro mo-do sono al centro del mutamento simbolico e tecnologico proprio della cul-tura contemporanea e che danno per scontata la presenza dei nuovi media nella loro vita di tutti i giorni. Sguardi diversamente competenti che si scru-tano in maniera talvolta benevola e complice, talvolta timida e sospettosa, che sicuramente si incrociano nelle aule scolastiche, terreno privilegiato per cogliere le direzioni di questi diversi sguardi, lo strabismo, la fissità, la miopia. È allora lo sguardo della scuola, delle istituzioni politiche e scola-stiche, che, con alterne fortune, dà una certa direzione all’introduzione del digitale tra gli studenti. Sono gli sguardi degli insegnanti, che guardano all’uso che i ragazzi fanno dei media con l’attenzione dell’educatore, le competenze della sua professione e l’esperienza che ne viene dall’uso o meno che essi fanno del digitale nelle attività didattiche e nella propria vita quotidiana. Sguardi degli insegnanti che ovviamente si posano anche sui processi, sugli strumenti e sui risultati che la scuola digitale sta ottenendo.

L’obiettivo di questo volume è lavorare sul terreno condiviso della scuola per capire come comporre, scomporre o ricomporre le direzioni di ciascuno di questi sguardi rispetto al digitale: è in grado, la scuola, sia dal punto di vista strumentale sia culturale, di fronteggiare le sfide poste dal digitale? Di quali risorse dispongono i docenti per intercettare, riconoscere, legittimare, formare o riposizionare le competenze che bambini e ragazzi hanno rispetto all’uso dei nuovi media? Quali risorse chiedono, di quali avrebbero bisogno? Quali immagini e rappresentazioni, di senso comune, magari stereotipate, probabilmente disallineate rispetto agli usi ordinari del web da parte degli studenti, stanno circolando, anche a scuola, tra gli inse-gnanti e tra i ragazzi stessi? Cosa significa discutere del ruolo e della re-sponsabilità della scuola nei processi di acquisizione delle competenze le-gate al digitale, per favorire l’agency e l’empowerment degli studenti? Cosa significa parlare di competenze e di literacy nell’uso dei media digitali?

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Quali sono i divari legati all’uso del digitale tra i ragazzi e quali i livelli della disuguaglianza digitale? Sono interrogativi certamente complessi, che riguardano i diversi sguardi digitali che interessano il mondo della scuola e ai quali tenteremo di rispondere non solo dal punto di vista teorico ma, so-prattutto, attraverso i risultati di un’articolata ricerca empirica che presen-tiamo nel paragrafo che segue.

Metodologia della ricerca All’interno di un quadro teorico che mette a confronto media studies,

sociologia dell’educazione e sociologia della scuola sui temi relativi alle rappresentazioni sociali delle tecnologie, delle competenze legate ai media, della digital literacy e delle politiche per l’innovazione didattica e metodo-logica, la ricerca che presentiamo in questo volume si focalizza sul rapporto che studenti e docenti hanno con i nuovi media, per individuarne le rappre-sentazioni di senso comune, i significati più profondi e le modalità d’uso di entrambi all’interno e all’esterno del contesto scolastico. Lo scopo è quindi quello di analizzare i rispettivi sguardi – gli sguardi digitali degli studenti e dei docenti – anche per identificare confini o terreni di confronto sui quali costruire occasioni di dialogo tra le generazioni.

A questo proposito, la ricerca si è articolata in due fasi che si sono svol-te in parallelo. La prima è consistita in un percorso laboratoriale che ha coinvolto tre classi terze di due Licei in Veneto, con l’obiettivo di indagare le autorappresentazioni degli studenti in merito al loro rapporto con i nuovi media e all’utilizzo che essi ne fanno. La seconda fase è consistita invece nella realizzazione di interviste semistrutturate a docenti di scuola seconda-ria di secondo grado – sempre nel contesto veneto – per esplorare le loro opinioni sulle nuove tecnologie, sia in riferimento all’uso che ne fanno i ra-gazzi, sia per quanto riguarda i significati che loro stessi vi attribuiscono e l’uso che ne fanno fuori e dentro le classi1. Si tratta di uno studio di caso, i cui risultati non possono essere generalizzati. Tuttavia, tenendo conto che ci ha accompagnato una logica di carattere categoriale – che guida quella che comunemente viene definita ricerca qualitativa, o secondo più recenti approcci epistemologici ricerca non-standard (Marradi, 1996; Nigris, 2003; 2010) –, essi possono fornire utili indicazioni e mettere in luce alcu-ne tematiche emergenti, che utilizzeremo come spunti per confrontare il

1 Un’analisi preliminare dei risultati della ricerca è già apparsa in Tosolini et al., 2016 e

Riva et al., 2016.

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mondo adulto e le pratiche dei giovani che emergono dalle principali ricer-che soprattutto italiane ed europee.

Negli anni scolastici 2013/2014, 2014/2015 e 2016/2017 è stato realiz-zato il progetto I Barbari, che ha coinvolto 50 studenti di tre classi terze del Liceo delle Scienze Umane. Il primo e l’ultimo anno, il progetto è stato messo in atto presso l’Istituto Superiore “Veronese-Marconi” di Chioggia (Ve), mentre il secondo anno è stato realizzato presso l’Istituto Superiore “Benedetti-Tommaseo” di Venezia. Il progetto si è concretizzato in un in-tervento che, in entrambe le scuole coinvolte, è stato di circa 2 mesi, in cui l’insegnante, per 2 ore a settimana, leggeva e commentava assieme agli studenti il testo I Barbari. Saggio sulla mutazione, scritto da Alessandro Baricco. L’insegnante di Filosofia e Scienze Umane che ha preso parte al progetto è stata la medesima in ambo gli Istituti e ha svolto questa ricerca nelle ore settimanali di Pedagogia, sebbene all’interno di un’Unità di Ap-prendimento che non poteva che essere trasversale, poiché il tema trattato coinvolge tutte le scienze umane. Il primo passaggio è stato leggere e commentare il testo di Baricco assieme agli studenti, dando voce a interro-gativi e dubbi che nascevano rispetto alle parti lette in classe o a casa – al-cune volte sono state assegnate delle parti esaminate a casa e poi commen-tate in classe, per indirizzare gli alunni a una lettura più autonoma e critica –, per poi passare alla verifica finale, scritta e svoltasi in aula. A partire da una frase estratta dal saggio, che poteva essere consultato durante tutto il tempo della prova, si chiedeva ai ragazzi di esprimere le proprie considera-zioni sull’idea centrale presente nell’opera, soffermandosi maggiormente sul rapporto che intercorre tra giovani, adulti e media. Dopo la valutazione attribuita agli studenti, gli elaborati sono stati sottoposti ad un’analisi tema-tica del contenuto, con il supporto del software Weft-QDA2, per rispondere agli interrogativi della ricerca.

La seconda fase ha invece riguardato i docenti, attraverso lo strumento dell’intervista semistrutturata, una tipologia di intervista con un livello in-termedio di direttività e standardizzazione (Bichi, 2007), che prevede una traccia fissa con le stesse domande, ma rende possibile adattarle ai singoli intervistati, sia nel modo in cui vengono poste, sia nell’ordine (Zammuner, 1998; Corbetta, 1999), lasciando ampio spazio ai soggetti per raccontarsi e, se lo desiderano e lo ritengono importante, approfondire alcuni punti e for-nire descrizioni più dettagliate.

L’intervista ha previsto l’esplorazione dei seguenti nuclei tematici:

2 Weft-qda è un software gratuito e open-source per l’analisi di dati testuali, in grado di

eseguire un processo di codifica, a partire da un set di categorie definite dai ricercatori.

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• gli stili di fruizione dei nuovi media da parte dei ragazzi: le domande hanno avuto lo scopo di esplorare il ruolo che, secondo gli insegnanti, i nuovi media rivestono nella vita quotidiana dei ragazzi;

• gli aspetti positivi dei nuovi media: l’obiettivo è stato approfondire la rappresentazione dei nuovi media con un focus specifico sui vantaggi che gli adolescenti possono trarre dal loro utilizzo;

• gli aspetti negativi e i possibili rischi: questa parte ha invece riguardato il dark side dei nuovi media e i rischi cui ragazzi possono incorrere;

• le strategie e proposte per la riduzione dei rischi: in relazione ai rischi e agli aspetti negativi percepiti, è stato quindi chiesto agli insegnanti di indicare le possibili soluzioni per prevenire o risolvere le problematiche che essi stessi hanno evidenziato;

• suggerimenti per la riduzione della distanza generazionale: un focus trasversale dell’intervista ha riguardato le opinioni degli insegnanti sulle possibili soluzioni per ridurre le distanze tra giovani e adulti relative al mondo dei media;

• l’uso dei nuovi media a scuola come supporto per la didattica: la se-conda parte dell’intervista inizia con una domanda a carattere generale su questo argomento, con lo scopo sia di comprendere l’opinione dei docenti, sia di aprire il campo a temi più specifici;

• i nuovi media nella didattica quotidiana: le domande di questa parte dell’intervista hanno riguardato l’utilizzo dei nuovi media per fini didat-tici nella quotidianità della pratica professionale. A questo proposito, sono stati esplorati i temi relativi all’utilizzo delle nuove tecnologie in classe, sia per quanto riguarda la familiarità d’uso da parte degli inse-gnanti, sia nei confronti dei limiti e delle potenzialità che vengono ri-scontrate;

• gli insegnanti e la formazione al digitale: il tema della formazione al di-gitale dei docenti è stato esplorato attraverso due domande, l’una volta a fare il punto sulla formazione fruita, l’altra tesa ad indagare quali po-trebbero essere, secondo gli insegnanti, le formule più adatte e quindi auspicate per i corsi futuri;

• l’intervista si chiude con una domanda relativa al ruolo dei nuovi media nella vita personale dei docenti e all’utilizzo che essi ne fanno nella sfe-ra domestica. L’intervista è stata sottoposta a 50 docenti di scuola secondaria di se-

condo grado (25 maschi e 25 femmine) che insegnano in Istituti tecnici, Li-cei e Istituiti professionali in Veneto. I docenti, di età compresa tra i 27 e i 61 anni (con un’età media di 50 anni), coprono le cattedre di quasi tutte le materie insegnate nella scuola italiana: lettere, storia e filosofia, lingua

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straniera, matematica, chimica, informatica, diritto ed economia, scienze umane, scienze motorie, educazione musicale, biologia e varie discipline tecniche. Sui testi delle interviste3 è stata condotta un’analisi del contenuto con il supporto del software Weft-QDA al fine di enucleare le categorie sa-lienti emerse dalle narrazioni degli intervistati. La struttura del volume

Oggetto del volume sono gli sguardi digitali che studenti e docenti

adottano per dare significato all’uso che, fuori e dentro la scuola, essi fanno dei nuovi media, in un piano composito e complesso di auto-rappresentazioni, narrazioni, senso comune e politiche che, assieme, costi-tuiscono il terreno su cui tracciare confini o costruire ponti e definire terreni di dialogo tra le generazioni. Il libro può essere idealmente distinto in due sezioni: la prima, composta dai primi tre capitoli, riguarda il confronto tra gli sguardi dei ragazzi sui media e gli sguardi adulti – in particolare degli insegnanti – sull’uso che i ragazzi fanno dei media. La seconda, composta dagli ultimi tre capitoli, è più centrata sulle competenze che servono ai ra-gazzi per usare i media, sugli obiettivi e gli strumenti messi in campo dalla scuola su questo tema, sugli sguardi e i modi con cui i docenti si confronta-no con tali responsabilità e politiche d’innovazione.

Nello specifico, il primo capitolo ha l’obiettivo di decostruire il modo in cui, molto spesso, gli adulti guardano alla relazione che bambini e ragaz-zi hanno con i media digitali. A fronte di una sempre più pervasiva e radi-cata presenza delle nuove tecnologie nella vita quotidiana dei minori di età, da una parte, e, dall’altra, dei continui investimenti su una formazione che sia improntata anche al digitale nella scuola, è facile verificare, nella cro-naca giornalistica e nei discorsi di senso comune, una sorta di dibattito – di adulti tra adulti – che guarda alle nuove generazioni tematizzando più i ri-schi che le opportunità, le paure anziché le speranze, negandosi così all’ascolto e al confronto con i più giovani. Ragionare sulle preoccupazioni pedagogiche e le paure, vecchie e nuove, relative ai media, dovrebbe aiu-tarci – ricercatori, insegnanti, educatori, genitori, ecc. – a individuare gli strumenti più idonei per agire al fianco dei ragazzi nell’uso che essi fanno delle tecnologie, conoscendo e utilizzando anche il loro sguardo, giovane, assieme al nostro, adulto.

3 Ogni intervista, durata dai 45 ai 60 minuti, è stata registrata digitalmente e trascritta in-

tegralmente.

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Nel secondo capitolo ci si focalizza sulle rappresentazioni che i giovani hanno di sé e sull’utilizzo che fanno dei media; da quanto possano essere influenzati e come il loro comportamento possa essere modificato da ciò che pensano e dicono gli adulti. Al centro vi è il progetto I Barbari, che prende in esame le differenze tra il mondo degli adulti e quello dei giovani. La metafora più volte usata è quella della civiltà, gli adulti, e dei barbari, i ragazzi, avendo scelto di utilizzare il linguaggio presente nel testo di Ales-sandro Baricco che fa da cardine al progetto. Nel capitolo, il libro viene più volte citato proprio per familiarizzare il lettore agli scenari e alle parole che gli studenti hanno conosciuto e su cui si sono confrontati in aula. In linea con quanto visto nel primo capitolo, dove si è trattato del panico morale e dell’influenza che i media possono esercitare nei nostri vissuti e sulle no-stre opinioni, sono presentate alcune tra le rappresentazioni e convinzioni che fanno parte del pensiero adulto – e che spesso sono nutrite da pregiudi-zi che ricadono sulla percezione che i ragazzi hanno di sé e degli altri – e la rilevanza che ha la scuola, in quanto ambiente formativo, a cui viene rico-nosciuta la finalità di attuare un lavoro di costruzione e di mediazione.

A questo proposito, il terzo capitolo si concentra proprio sullo sguardo degli insegnanti, adulti di riferimento di quei processi di educazione e so-cializzazione di cui le nuove tecnologie fanno parte a tutti gli effetti. Le opinioni in merito ai nuovi media in riferimento all’uso che ne fanno i ra-gazzi vengono esplorate tramite i racconti dei docenti, cercando di com-prenderne rappresentazioni, potenzialità e limiti percepiti, timori e strategie educative. In altre parole, il capitolo si sofferma sul modo in cui lo sguardo adulto fotografa e interpreta il rapporto tra i giovani e i nuovi media, com-prendendone e condividendone o meno i linguaggi. E su quanto, ma soprat-tutto in che modo, gli adulti si mettano in gioco con un atteggiamento di apertura verso il nuovo e una tensione verso il miglioramento professiona-le, in vista di un dialogo e di una relazione educativa più proficua all’interno dell’attuale società dell’informazione e della comunicazione. Ne emerge un ritratto nel quale spicca un forte e sincero interesse per la com-prensione delle dinamiche e dei processi con cui i loro studenti crescono nel mondo di Internet e dei social media. Tuttavia, è un ritratto nel quale alcuni elementi (uno su tutti, i rischi del web) sono dipinti a tinte piuttosto forti e altri si stagliano, quasi invisibili, sullo sfondo, come per esempio le differenze nell’utilizzo dei media sulla base di fattori familiari, socioeco-nomici e culturali diversi.

La riflessione sui concetti relativi alle forme della disuguaglianza nell’uso dei media, della digital literacy e dei capitali digitali posseduti da bambini e ragazzi, viene quindi affrontata nel quarto capitolo, che si con-

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centra sul tema delle competenze che i minori di età è opportuno possegga-no non semplicemente per accedere ai nuovi media ma soprattutto per uti-lizzarli con efficacia e in modo appropriato. I contenuti, i registri e i lin-guaggi utilizzati nella rete vanno adeguati e resi pertinenti ai contesti e ai pubblici con cui comunichiamo: tra le retoriche sui nativi digitali e il pani-co morale adulto, possiamo individuare strumenti e luoghi in cui promuo-vere e sviluppare abilità che non sono solo operative ma soprattutto analiti-che, critiche e relazionali. La scuola è, evidentemente, il contesto formativo più interessato a questo tipo di progetto.

Il quinto capitolo, partendo dalle strategie internazionali fino a giungere alla normativa e ai progetti nazionali, cerca di fare chiarezza sulle politiche adottate per la promozione della media education e della digital literacy negli Istituti Scolastici. In particolare, viene sottolineata la rilevanza del Piano nazionale per la scuola digitale (MIUR, 2015) rispetto alla demate-rializzazione amministrativa, all’implementazione dei digital tool nelle me-todologie didattiche e, soprattutto, relativamente al cambiamento della pro-spettiva educativa, da rendere più innovativa, grazie ai corsi di aggiorna-mento per gli insegnanti e all’introduzione di nuove competenze e ruoli, come l’animatore digitale. Nel capitolo vengono inoltre evidenziati i limiti ancora sussistenti e le difficoltà, sia di ordine strutturale e organizzativo, sia di resistenze personali di alcuni docenti, nell’utilizzare strumenti digitali e multimediali durante le loro lezioni.

Infine, il sesto capitolo approfondisce il tema della formazione continua degli insegnanti nell’ambito delle nuove tecnologie. Poiché i docenti rap-presentano il motore propulsivo delle attività di insegnamento-apprendimento che si sviluppano nella scuola, è evidente il ruolo cruciale che rivestono nel processo di integrazione delle tecnologie nella didattica quotidiana. Le voci degli intervistati ci raccontano a questo proposito di un processo non sempre facile, che può però riuscire se il docente è disposto a investire nella propria crescita professionale. Una crescita che guarda ad una formazione che non si limiti ad acquisire gli strumenti per l’inserimento delle tecnologie nella prassi didattica, ma che lo possa aiutare a comprendere il rapporto che i suoi studenti hanno con i nuovi media, per poter progettare attività educative utili ad accompagnarli nel loro percorso di crescita attraverso un utilizzo critico, creativo e consapevole dei media.

In questo modo, si tornerebbe alla necessità di incrociare gli sguardi per identificare, insegnanti e studenti insieme, luoghi di incontro e di confronto nei quali, superando l’opposizione noi-loro, ognuno possa giocare il pro-prio ruolo: gli adolescenti quello di crescere, sperimentarsi imparare e co-struire la propria identità, spostandosi di continuo tra il piano digitale e

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quello fisico; gli adulti ponendosi come figure davvero competenti, moti-vanti e valorizzanti, in grado di fornire loro strumenti che li aiutino a co-struirsi il futuro.

Il libro è frutto di un lavoro e di una riflessione comune e condivisa tra

gli autori, tuttavia Chiara Pattaro ha scritto i capitoli 3 e 6, Claudio Riva i capitoli 1 e 4, Chiara Tosolini i capitoli 2 e 5, i tre autori assieme l’Introduzione e le Conclusioni.

Si ringraziano gli insegnanti, le ragazze e i ragazzi che hanno partecipa-to alla ricerca empirica e Martina Baggio, Elisa Bissacco, Anna De Gaspa-ri, Cristina De Roit e Giulia Sbrulli, per la collaborazione all’attività di rac-colta dati. Un sentito ringraziamento va ai Dirigenti Scolastici Luigi Zenna-ro e Roberto Sintini, per la loro disponibilità nella realizzazione del proget-to I Barbari, e a Tiziana Piccioni per i consigli e il tempo che ha dedicato a questo lavoro.

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1. Giovani, adulti e nuovi media

di Claudio Riva

Negli ultimi anni, i nuovi media sono diventati elementi fondanti della

nostra socialità, occupando gli spazi e scandendo i ritmi della vita quotidia-na, invadendo gran parte delle esperienze comunicative, conoscitive e crea-tive che possiamo compiere (boyd, 2014). Il radicamento e la pervasività dei media digitali coinvolge una vasta gamma di individui, imprese e istitu-zioni, coinvolge dinamiche e pratiche sia formali, accademiche e profes-sionali, sia legate ai movimenti culturali non istituzionalizzati e di protesta. È sicuramente alla base delle relazioni e dei vissuti delle più giovani gene-razioni, cresciute in un tessuto sociale e culturale che ha i media al centro di buona parte delle esperienze che riguardano la socialità, il gioco e l’apprendimento (Riva, Scarcelli, 2016). Il rapporto tra giovani e media ha a che fare con strumenti, contenuti e pratiche diversificate e ricche di signi-ficato per i bambini e i ragazzi che, tuttavia, non sempre sono comprese, fino in fondo, dagli adulti. Il senso comune sul rapporto tra Internet e mino-ri di età, infatti, tende talvolta a ignorare quelle esperienze che, a casa e a scuola, con amici, insegnanti o genitori, i bambini e i ragazzi fanno della rete, e solo di rado sembra rendersi conto che essi vivono in un mondo mol-to diverso da quello che ha caratterizzato la gioventù di chi oggi è adulto.

1.1. Narrazioni e retoriche Molte sono le narrazioni che, nel corso degli ultimi decenni, hanno dato

voce e forma alla relazione che bambini e ragazzi hanno con i nuovi media (digitali, multimediali, interattivi, ecc., Stella et al., 2014; Arvidsson, Del-fanti, 2013). Si tratta di discorsi (e pratiche) che, di volta in volta, hanno assunto connotati ora utopici e acriticamente celebrativi, ora distopici e dai

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toni ingiustificatamente allarmistici, ora addirittura mitologici, quando si rifanno agli esordi di Internet (Reid, 1991; Rheingold, 1994; Turkle, 1995; Negroponte, 1995). Da un lato, i new media, e la rete Internet in particola-re, possono venire descritti come portatori di grandi novità sul piano civico e partecipativo o rispetto all’empowerment degli individui. Sono visti come tecnologie con le quali produrre importanti miglioramenti per le società contemporanee, sempre più interconnesse: il voto elettronico; la teleassi-stenza o la telemedicina; l’energia, l’edilizia, la logistica e i trasporti intel-ligenti, ecc. Dall’altro lato, al contrario, ad emergere sono voci critiche, che disegnano un quadro a tinte cupe, per gli effetti negativi dei nuovi media sui sistemi di disuguaglianza e sulle forme di esercizio del potere e del con-trollo o rilanciando, per quanto riguarda l’individuo, i pericoli derivanti da un uso incauto e incontrollato della rete: la violazione della privacy e del diritto d’autore, le frodi telematiche, la pedo-pornografia e l’adescamento, ecc. Cyber-ottimisti e cyber-scettici che definiscono frame divergenti, fre-quentemente veicolati anche dai media stessi, perché entrambi rispondono a criteri di spettacolarità, drammatizzazione e banalizzazione del dibattito pubblico (Russ-Mohl, 2011), nei quali alla partecipazione, democrazia, li-bertà o rivoluzione si contrappongono forme più velate di controllo, autori-tarismo e manipolazione. Sono narrazioni retoriche che raramente hanno trovato un appiglio empirico adeguato (Selwyn, 2009) e che evidentemente riguardano anche il rapporto tra nuovi media e bambini e ragazzi, che pos-sono trovare, con le nuove tecnologie digitali, opportunità di emancipazio-ne, partecipazione e integrazione sociale, o che, al contrario, incorrono in lunghi elenchi di rischi e pericoli che da soli non saprebbero fronteggiare.

Internet, i social network, la tv e la musica digitale, il cinema, i video-giochi e i fumetti, tanto per citare alcuni tra i device e i canali più utilizzati dai minori di età (Pattaro, Setiffi, 2016), sono al centro di discorsi e dibatti-ti che, in sintesi, possiamo ricondurre a due posizioni antitetiche. Da una parte, vi sono coloro che teorizzano un’apocalittica idea della morte dell’infanzia e dell’adolescenza, causata dall’erosione dei confini tra mino-re età e adultità e che conduce bambini e ragazzi a confrontarsi col mondo adulto anticipatamente rispetto a bisogni derivanti dall’età biologica. Dall’altra parte, invece, vi sono coloro che, con l’espressione digital nati-ves (Prensky, 2001) intendono riassumere la maggiore capacità che bambi-ni e ragazzi hanno di far fronte alle sfide della complessità contemporanea proprio grazie alla disponibilità di strumenti e contenuti offerti dai media digitali. Bambini e ragazzi che troppo spesso vengono polarizzati in descri-zioni che li vedono o naturalmente competenti o estremamente vulnerabili (Drotner, Livingstone, 2008; Buckingham, 2008), a seconda della posizio-

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ne che si intende assumere rispetto a ciò che da entrambe le fila viene posto al centro del dibattito, ovvero il divario intergenerazionale tra giovani e adulti. I primi, per ragioni demografiche, sociali e culturali, sono cresciuti con i linguaggi e gli strumenti tipici della nuova cultura digitale e, per que-sto, ovvero per il solo fatto di essere giovani, sarebbero maggiormente pre-disposti a sfruttare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. I secondi, gli adulti, nati e formatisi all’interno di una cultura analogica che sta pro-gressivamente scomparendo, siano essi genitori, educatori, insegnanti, ab-biano o non abbiano responsabilità educative, sono coloro che, più fatico-samente, provano a venire a capo di questa nuova società networked (Rai-nie, Wellman, 2012), in cui le relazioni offline e quelle online si interseca-no continuamente e in cui non sono solo le persone, e i pc o gli smartphone, a connettersi a Internet, ma anche apparecchi per il fitness, parchimetri, termostati, videocamere per il traffico, pneumatici, ecc. (l’Internet delle co-se, Greengard, 2015).

Al di là della capacità o dell’interesse nel condividere gli specifici con-tenuti che i più giovani consumano attraverso la tv, il cinema, la musica, i fumetti, ecc., molti adulti sanno usare questi media tradizionali, accedervi e consumare la comunicazione che essi veicolano. Quando invece ci riferia-mo alla rete Internet, all’uso dei social network, dei tablet, delle app scari-cabili per gli smartphone, questi media prevedono specifiche competenze che escludono molti adulti e che, quindi, accrescono il gap tra le generazio-ni (Livingstone, 2010): in assenza sia di competenze operazionali sia di quelle critiche, molti genitori sono davvero immigrati di quella società dell’informazione che i loro figli abitano in qualità di nativi. E un divario intergenerazionale che la narrazione apocalittica descrive utilizzando i ter-mini dell’isolamento sociale, dell’apatia, dell’adultizzazione precoce, della mercificazione del consumatore giovane, sedotto dalle astuzie ingannevoli dei pubblicitari. Una narrazione che inevitabilmente genera quell’ansia che talvolta si cerca di placare attuando rigide disposizioni in merito all’attenzione da porre ai contenuti veicolati e alla riduzione, quantitativa, dell’esposizione ai media da parte dei più giovani.

Ma e un divario che la retorica dei nativi digitali rischia di tradurre in un confine, quello tra giovani e adulti, che non è solo prodotto e ribadito dai media digitali, ma reso ancora più rigido dall’idea, implicita, che con que-ste nuove tecnologie i genitori e gli educatori non hanno quasi più strumen-ti e autorità per intervenire nei processi di crescita. I cosiddetti nativi digita-li, secondo i media che ne parlano e il senso comune adulto che ne è spa-ventato, sono il risultato di un effetto di modellamento cognitivo indotto dalla diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione che generereb-