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1304 Nasce ad Arezzo Francesco Petrarca. 1309 La sede papale di Clemente V si trasferisce da Roma ad Avignone. 1310 Discesa in Italia dell’imperatore Enrico VII. 1327 Discesa in Italia dell’imperatore Ludovico IV il Bavaro. 1337 Edoardo III sbarca a Calais. Ha inizio la Guerra dei Cento Anni tra Francia e Inghilterra. 1347 Cola di Rienzo viene proclamato tribuno di Roma. 1349 Inizia il governo di Giovanni Visconti a Milano. 1356 Con la Bolla d’oro Carlo IV riserva a sette autorità germaniche il diritto di eleggere l’imperatore. 1374 Petrarca, poco prima di morire, mette mano per l’ultima volta al libro poetico della sua vita, il Canzoniere. 1377 I genovesi assediano Chioggia in territorio veneziano. La curia pontificia lascia Avignone e fa ritorno a Roma con Gregorio XI. 1378 Tumulto dei Ciompi: insorgono i lavoratori salariati fiorentini. Viene eletto papa Urbano VI, ma il clero filo-francese lo disconosce ed elegge come proprio papa Clemente VII, generando lo Scisma d’Occidente. 1381 Pace di Torino: Venezia cede alcuni territori ma mantiene l’indipendenza e il monopolio sull’Adriatico. Sforza si impadronisce di Milano. 1453 Si conclude la Guerra dei Cento Anni: i francesi tornano in possesso dei loro territori; gli inglesi mantengono un solo presidio a Calais. Caduta di Costantinopoli assediata dai turchi ottomani. 1454 Nasce a Montepulciano Angelo Poliziano. 1455 Ha inizio la Guerra delle Due Rose tra i casati inglesi degli York e dei Lancaster. 1461 Luigi XI sale al trono di Francia. 1469 Il giovane Lorenzo de’ Medici eredita la signoria su Firenze. 1475 Poliziano inizia a comporre le Stanze per la giostra. 1478 Congiura dei Pazzi a Firenze: Lorenzo si salva, il fratello Giuliano viene ucciso. 1479 In Spagna Ferdinando II il Cattolico e la regina Isabella unificano il regno d’Aragona con quello di Castiglia. 1482 Marsilio Ficino pubblica la Theologia platonica de immortalitate animorum. 1483 Viene pubblicato a Reggio l’Inamoramento de Orlando (Orlando innamorato) di Boiardo. 1485 L’incoronazione di Enrico VII della casata dei Tudor pone fine alla guerra civile inglese. 1486 Pico della Mirandola scrive le Conclusiones philosophicae, cabalisticae et teologicae. 1492 Muore Lorenzo il Magnifico. 1382 La repubblica di Firenze viene retta da un’oligarchia. 1395 L’imperatore Venceslao IV riconosce Gian Galeazzo Visconti duca di Milano. 1402 Muore Gian Galeazzo Visconti e lo Stato regionale milanese si disgrega. 1406 Firenze si espande conquistando anche Pisa. 1414-1418 Concilio di Costanza: la contesa tra papi antagonisti si risolve con l’elezione di Martino V. 1416 Poggio Bracciolini ritrova il codice dell’Institutio oratoria di Quintiliano. 1420 Trattato di Troyes: il re d’Inghilterra Enrico V ottiene il diritto di successione al trono di Francia. 1421 Filippo Maria Visconti occupa Genova e prosegue la ricostituzione del ducato del padre Gian Galeazzo. 1429 L’esercito francese guidato da Giovanna d’Arco libera Orléans. 1431 Giovanna d’Arco è condannata al rogo. 1431-1449 Concilio di Basilea: parte del clero reclama maggiori poteri per i vescovi, ma alla fine prevale la supremazia papale. 1435 Leon Battista Alberti dedica a Filippo Brunelleschi il suo trattato De pictura. 1441 Alberti organizza a Firenze il “Certame coronario”. Nasce a Scandiano Matteo Maria Boiardo. 1450 Il condottiero Francesco Trionfo della Vanagloria, miniatura tratta dal De viris illustribus di Francesco Petrarca, 1380 circa. Parigi, Bibliothèque nationale de France.

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1304

Nasce ad ArezzoFrancesco Petrarca.1309

La sede papale diClemente V si trasferisceda Roma ad Avignone.1310

Discesa in Italiadell’imperatore Enrico VII.1327

Discesa in Italiadell’imperatore LudovicoIV il Bavaro.1337

Edoardo III sbarca a Calais.Ha inizio la Guerra deiCento Anni tra Franciae Inghilterra.1347

Cola di Rienzo vieneproclamato tribuno diRoma.1349

Inizia il governo di GiovanniVisconti a Milano.1356

Con la Bolla d’oro Carlo IVriserva a sette autoritàgermaniche il diritto dieleggere l’imperatore.1374

Petrarca, poco prima dimorire, mette mano perl’ultima volta al libropoetico della sua vita,il Canzoniere.1377

I genovesi assedianoChioggia in territorioveneziano.La curia pontificia lasciaAvignone e fa ritorno aRoma con Gregorio XI.1378

Tumulto dei Ciompi:insorgono i lavoratorisalariati fiorentini.Viene eletto papa UrbanoVI, ma il clero filo-franceselo disconosce ed eleggecome proprio papaClemente VII, generando loScisma d’Occidente.

1381

Pace di Torino: Veneziacede alcuni territori mamantiene l’indipendenza eil monopolio sull’Adriatico.

Sforza si impadronisce diMilano.1453

Si conclude la Guerra deiCento Anni: i francesitornano in possesso deiloro territori; gli inglesimantengono un solopresidio a Calais.Caduta di Costantinopoliassediata dai turchiottomani.1454

Nasce a MontepulcianoAngelo Poliziano.1455

Ha inizio la Guerra delleDue Rose tra i casatiinglesi degli York e deiLancaster.1461

Luigi XI sale al trono diFrancia.1469

Il giovane Lorenzo de’Medici eredita la signoriasu Firenze.1475

Poliziano inizia a comporrele Stanze per la giostra.1478

Congiura dei Pazzi aFirenze: Lorenzo si salva,il fratello Giuliano vieneucciso.1479

In Spagna Ferdinando IIil Cattolico e la reginaIsabella unificano il regnod’Aragona con quello diCastiglia.1482

Marsilio Ficino pubblica laTheologia platonica deimmortalitate animorum.1483

Viene pubblicato a Reggiol’Inamoramento de Orlando(Orlando innamorato) diBoiardo.1485

L’incoronazione diEnrico VII della casata deiTudor pone fine alla guerracivile inglese.1486

Pico della Mirandolascrive le Conclusionesphilosophicae, cabalisticaeet teologicae.

1492

Muore Lorenzo ilMagnifico.

1382

La repubblica di Firenzeviene retta daun’oligarchia.1395

L’imperatore Venceslao IVriconosce Gian GaleazzoVisconti duca di Milano.1402

Muore Gian GaleazzoVisconti e lo Statoregionale milanese sidisgrega.

1406

Firenze si espandeconquistando anche Pisa.1414-1418

Concilio di Costanza: lacontesa tra papiantagonisti si risolve conl’elezione di Martino V.1416

Poggio Bracciolini ritrova ilcodice dell’Institutiooratoria di Quintiliano.1420

Trattato di Troyes: il red’Inghilterra Enrico Vottiene il diritto disuccessione al trono diFrancia.1421

Filippo Maria Viscontioccupa Genova eprosegue la ricostituzionedel ducato del padre GianGaleazzo.1429

L’esercito francese guidatoda Giovanna d’Arco liberaOrléans.1431

Giovanna d’Arco ècondannata al rogo.1431-1449

Concilio di Basilea: partedel clero reclama maggioripoteri per i vescovi, ma allafine prevale la supremaziapapale.1435

Leon Battista Albertidedica a FilippoBrunelleschi il suo trattatoDe pictura.1441

Alberti organizza a Firenzeil “Certame coronario”.Nasce a Scandiano MatteoMaria Boiardo.1450

Il condottiero Francesco

Trionfo della Vanagloria, miniatura trattadal De viris illustribus di FrancescoPetrarca, 1380 circa. Parigi, Bibliothèquenationale de France.

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Mappa dei contenuti

Capitoli1 Francesco Petrarca2 Matteo Maria Boiardo3 Angelo Poliziano4 Gli umanisti

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2 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

La storia europea nei luoghidi Petrarca

Nell’ottobre del 1350 Francesco Petrarca (1304-1374) > p. 21 | è diretto a Roma, dove si celebral’anno del secondo giubileo della storia, indetto

da papa Clemente VI cinquant’anni dopo quello procla-mato da Bonifacio VIII. Passa prima da Firenze, dove inprossimità delle mura cittadine gli si fa incontro, impa-ziente di conoscerlo, Giovanni Boccaccio (1313-1375)> Tomo 1.1 |, di nove anni più giovane e suo estimatore: èil loro primo incontro di persona, ricordato con affettoda Petrarca proprio in una sua lettera del 1359 all’amico(Familiares, XXI, 15). In quel momento, alla metà esattadel secolo, l’Europa è ferita, prostrata: la peste propaga-tasi nel 1348 ha funestato tanto Firenze, portandosi via ilpadre di Boccaccio e alcuni suoi amici, quanto la Proven-za, la regione sud-orientale della Francia in cui Petrarcaha trascorso gran parte della sua vita, dal 1312, e incon-trato la donna amata che ispira la sua lirica, Laura, anchelei rimasta vittima della terribile epidemia. |1|

L’Italia alla metà del TrecentoBoccaccio sta componendo il suo Decameron, che com-pleterà nel 1352 e diventerà un’opera fondamentale perla prosa italiana dei secoli a venire; Petrarca è un celebreerudito e letterato e si sta dedicando, fra i tanti progetti,ai Rerum vulgarium fragmenta, l’opera poetica della suavita, più nota come Canzoniere, che sarà elevata a canoneimprescindibile per i poeti successivi. L’Italia del lorotempo è un mosaico di entità territoriali dai confini in-stabili, soprattutto nella parte centro-settentrionale. Lerealtà politiche più solide e destinate a espandersi fino acostituire organismi più ampi, tali da essere consideratiStati regionali, si sviluppano intorno alle città di Mila-no, Firenze e Venezia. Al centro, le terre assoggettate

allo Stato della Chiesa siestendono dall’area tirreni-ca laziale a quella adriaticamarchigiana e romagnolapassando per la regioneumbra. Al sud, dopo lamorte di Roberto d’Angiònel 1343 il regno di Napoliè ereditato dalla nipoteGiovanna I, che però hasoltanto sedici anni e deveaffrontare una lunga conte-sa di potere, mentre la Sici-lia e la Sardegna sono inmano agli Aragonesi.

Introduzione

via della seta

pellegrinaggi alla Mecca

BAGHDAD

TREBISONDA

SAMARCANDA

MECCA

PECHINO

DAMASCO

VENEZIA

COSTANTINOPOLI

1333

13511348

1348

1349

1349

1347

Legenda

Aree e datedi diffusione

Percorso del contagio

|1| La diffusione della pesteintorno alla metà del Trecento.

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Il potere delle signorieIn buona parte delle entità politiche delcentro-nord, in pieno Trecento, si è or-mai determinato un mutamento istitu-zionale provocato dalla crisi degli ordi-namenti comunali: spesso le magistra-ture e altri organismi cittadini sono an-cora presenti, ma il potere è perlopiùconcentrato nelle mani di una singolapersona, il signore, che in vari modi haassunto il governo del territorio comu-nale: in alcuni casi con la violenza, main molti altri per vie formalmente nonillegali, come l’investitura imperiale ola delega del potere da parte delle magi-strature tradizionali. Come abbiamo giàvisto a Firenze al tempo di Dante > In-

troduzione alla sezione 2, tomo 1.1 |, nellesocietà comunali emergono gravi con-flitti tra gli interessi politico-economicidelle famiglie nobili, della grande e pic-cola borghesia, dei diversi mestieri riu-niti in corporazioni, dei ceti produttivisu vasta scala oppure locale, e cresce lavolontà di rivolta dei contadini, dellaplebe emarginata. L’insediamento dellesignorie è perciò anche visto come unaforma di risposta a queste situazioni diingovernabilità, che avevano portato aferoci scontri interni: il signore si ponecome autorità al di sopra delle parti, ingrado di riportare l’ordine pubblico epromuovere gli interessi generali delloStato; un arbitro e moderatore che agi-sce con risolutezza ma promette giusti-zia imparziale; e anche un comandantecapace di difendere e di espandere i pos-sedimenti territoriali.

La curia di AvignonePetrarca |2| assiste personalmente alleattività della corte pontificia in quel periodo unico nellastoria della Chiesa in cui il papa non risiede sulle rivedel Tevere, bensì su quelle del Rodano: è ancora bambi-no quando la sua famiglia si trasferisce vicino ad Avi-gnone |3|, che dal 1309 ospita papa Clemente V contutta la sua curia; e morirà tre anni prima del ritorno delpontefice Gregorio XI a Roma, nel 1377. In questo lun-go periodo di lontananza (la cosiddetta “cattività avi-gnonese”), la Chiesa amplia e potenzia le sue struttureamministrative, allo scopo di consolidare la propria au-torità indipendente ed esercitare quel potere temporaleche non intende lasciare ad altri: anche dalla Franciacontinua a condurre la propria politica contro gli impe-ratori germanici e i ghibellini che ne caldeggiano la di-

scesa in territorio italiano. Ma questoramificato apparato di funzionari e diinteressi economico-politici genera unragguardevole innalzamento dei costi,cui la curia avignonese può fare frontesoltanto con un ingente aumento delprelievo fiscale presso lo stesso clero,le popolazioni e i potentati dei territorisotto la sua autorità; i quali si vedonoprivati di sostanziali risorse e ricchez-ze, portate oltre confine per alimenta-re le esigenze della corte, compreseuna notoria corruzione e una varietàdi vizi e abusi che Petrarca può consta-tare coi propri occhi e contro cui sca-glierà durissime accuse in diversi suoiscritti, in particolare nei tre sonetti“anti-avignonesi” del Canzoniere (136-138 > p. 90 |). Questo divario semprepiù netto tra ciò che la Chiesa avrebbedovuto rappresentare nell’adempierela sua missione spirituale e ciò che in-vece dimostrava di essere nella realtà,perseguendo finalità materiali oppo-ste ai suoi precetti teologici, unitamen-te all’insofferenza verso le sue ingeren-ze nello scacchiere politico, porterà aun malcontento diffuso e a una criticasempre più accentuata della sua stes-sa istituzione, che avrà ricadute signi-ficative sulla storia europea e condurràprima allo Scisma d’Occidente (dal1378 per la contemporanea presenza

di due sedi papali opposte fra loro, infi-ne risolta con l’elezione di Martino V nel 1417) e poi allaRiforma protestante del XVI secolo.

Lo Stato della ChiesaL’assenza del papa dalla sua sede romana, intanto, avevagettato nel disordine e nell’anarchia tutto il territoriodello Stato della Chiesa. Venendo a mancare il fulcrotangibile della sua autorità, l’unica almeno nominal-mente riconosciuta da tutti, si erano moltiplicati gliscontri armati tra signori, gruppi e famiglie più potenti.La popolazione viveva nell’insicurezza e nella miseria, acausa della diffusa criminalità, dell’arretratezza dellaproduzione agricola e dello scarso sviluppo delle atti-vità manifatturiere e commerciali. A Roma dominava-

| Introduzione | La storia europea nei luoghi di Petrarca | 3

|2| Francesco Petrarca, Galleria degli Uffizi, Firenze.

|3| Il Palazzo dei Papi di Avignone in una miniaturafrancese del XV secolo.

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no le grandi famiglie nobiliari, sututte quelle dei Colonna e degli Or-sini. Nel 1347, tuttavia, una persona-lità di origini popolane, Cola di

Rienzo (1313-1354) |4|, notaio e abi-le oratore, si pone alla guida di unaribellione allo strapotere e ai soprusibaronali, facendosi proclamare dalpopolo tribuno e liberatore dello sta-to romano. La sua promessa è quelladi ricostituire a Roma, senza ledere idiritti della Chiesa, una repubblicaispirata alla grandezza della storiaantica, che ponga fine alle violenze,destini le risorse pubbliche a favoredei cittadini e impedisca ai nobili dispadroneggiare con le armi. Per bre-ve tempo il progetto riesce a prenderecorpo e vede tra i suoi ferventi soste-nitori proprio Petrarca, nonostante fosse stato a lungo alservizio di quella famiglia Colonna che era acerrima an-tagonista del tribuno. La fortuna dell’impresa è però effi-mera, il governo popolare dura solo fino al dicembre1347, avversato dai nobili e dal legato pontificio. Cola ècostretto a fuggire, si rifugia tra gli eremiti della Maiella,poi riprende l’iniziativa nel 1350: si reca a Praga pressol’imperatore Carlo IV di Lussemburgo per convincerlo aintervenire, ma è arrestato come sospetto di eresia e por-tato ad Avignone presso papa Clemente VI. Viene poi li-berato e il nuovo papa, Alessandro VI, cerca di servirsidel consenso che Cola può ancora raccogliere inviandoloin appoggio del cardinale Egidio d’Albornoz, a cui è affi-dato il compito di restaurare l’autorità papale a Roma.Nel 1353 Cola assume nuovamente il governo della città,ma la sua azione politica si dimostra repressiva, arbitra-ria, gravosa a causa di nuovi tributi, al punto che quellastessa plebe che lo aveva acclamato gli diventa ostile eCola viene ucciso nei pressi del Campidoglio.

Il cardinale d’Albornoz, invece, continua con efficacirisultati la sua opera: riconduce i potentati sotto il domi-nio della Chiesa, concedendo ai signori sufficienti auto-nomie; attua una più oculata politica fiscale e ammini-strativa e soprattutto riporta l’ordine sul piano legislati-vo raccogliendo un corpus di norme precedenti insiemead alcune di nuova regolamentazione nelle cosiddetteCostituzioni egidiane del 1357, un codice di diritto gene-rale che, con l’aggiunta di una serie di leggi approvate nel1544, verrà rispettato e rimarrà in vigore nello Stato dellaChiesa fino al 1816.

La guerra dei Cento Anni (1337-1453)tra Francia e InghilterraIl trasferimento della curia pontificia ad Avignone avevasignificato per il re di Francia Filippo IV il Bello una im-portante vittoria politica, poiché poneva la Chiesa in un

rapporto di subordinazione rispetto allamonarchia francese > Tomo 1.1 |. Ma la for-tuna della sua famiglia e del regno era pre-sto destinata a precipitare. Filippo IVmuore nel 1314 e nel giro di pochi anniscompaiono anche i suoi successori; da ul-timo il figlio Carlo IV nel 1328, con il qua-le si estingue il ramo diretto della dina-stia dei Capetingi. Il trono viene allora ri-vendicato dal cugino Filippo di Valois edal re d’Inghilterra Edoardo III, in quantonipote di Filippo IV. Si riaccende così ilconflitto tra i due stati divisi dalla Manica,che già tra XI e XII secolo avevano combat-tuto a più riprese per ragioni feudali e di-nastiche.

Nel 1337 Edoardo III sbarca a Calaiscon la sua cavalleria e un reparto di arcieridel Galles. Inizialmente la guerra è condot-

ta soprattutto sul piano economico, poiché un motivofondamentale, se non addirittura primario, all’originedello scontro riguardava il controllo del mercato com-merciale delle Fiandre. In seguito si passa a una vera epropria guerra armata che vede a lungo prevalere la ca-pacità militare inglese.

Anche Petrarca ha modo di osservare le ripercussionidel conflitto sul territorio: per due volte visita Parigi, chegià dal Duecento è sede universitaria e noto centro cultu-rale; la prima nel 1333, la seconda nel 1360-1361, quandola città sulla Senna patisce gli stenti della guerra in annifunestati anche dalle ondate di peste.

La società francese, inoltre, è in frequente subbuglioper le rivolte antifeudali dei contadini (chiamatejacqueries) e per le conseguenze della spaccatura in duefazioni nobiliari: gli armagnacchi sostengono i sovranidi Francia, i borgognoni quelli d’Inghilterra. Dopo unalunga successione di battaglie e periodi di tregua, con iltrattato di Troyes del 1420 sembra realizzarsi il progettodi unificazione dei due stati sotto la corona inglese nellafigura di Enrico V, che ottiene in sposa la principessafrancese. Il sovrano, però, muore di febbre tifoide nel1422, lasciando i diritti reali appena acquisiti al figlioEnrico VI, che è nato soltanto l’anno prima.

Comincia la riscossa delle truppe francesi, che allaloro testa vedono una giovane contadina, Giovanna

d’Arco |5|. Nel 1429 l’esercito libera Orléans e Carlo VIIè consacrato nuovo re. Giovanna diventa il simbolo diuna guerra fino ad allora feudale che si trasforma in unalotta di liberazione nazionale del popolo francese. Sep-pure in modo graduale – tanto che inizialmente la stessaGiovanna viene poco supportata dalla corte, cade nellemani dei borgognoni ed è ceduta agli inglesi, che la con-dannano al rogo nel 1431 – la Francia riconquista entro il1453 tutti i suoi territori. All’Inghilterra rimane soltantoil presidio di Calais.

|4 | Il monumento a Cola di Rienzo allaCordonata di Campidoglio, Roma.

4 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

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gnati in continue e sanguinose guerre, condotte soprat-tutto contro le popolazioni slave e baltiche nell’Europaorientale, mentre a sud si va costituendo la confedera-zione dei cantoni svizzeri. Seppur formalmente eletti-va, di fatto la carica imperiale si tramanda per via eredita-ria all’interno della casa di Lussemburgo: da Carlo IV(1346-1378) ai due figli Venceslao IV (1378-1410) e Sigi-smondo (1411-1437), che un anno prima di morire desi-gna come suo erede il genero Alberto d’Asburgo, il cuinome familiare è destinato a inaugurare una lunga dina-stia di sovrani nell’Europa centro-orientale.

MilanoPer calarci nuovamente nelle vicende italiane, torniamoalle vite dei nostri due grandi letterati e al loro secondoincontro, pochi mesi dopo quello di Firenze. Questa vol-ta è Boccaccio a fare visita a Petrarca, nel marzo del 1351a Padova, l’importante sede universitaria che dal 1318 ègovernata dalla signoria della famiglia da Carrara. Laloro amicizia si fa più stretta e continuerà fino alla mortedi Petrarca, anche quando quest’ultimo, nel maggio del1353, decide di lasciare la Provenza e si trasferisce nellaMilano guidata dalla famiglia dei Visconti, signoria an-tagonista della repubblica di Firenze.

In quello stesso 1353 Milano sottomette la repubblicadi Genova dando ai suoi domini, già estesi nella Val Pada-na e in porzioni di Emilia e Toscana, anche uno sboccosul mare. La politica di espansione iniziata con MatteoVisconti, nominato vicario imperiale da Enrico VII nel1311, prosegue infatti con i suoi successori fino aGiovanni Visconti, che governa dal 1349 al 1354. Dopola sua morte i domini vengono spartiti, nel 1355, tra i ni-poti Bernabò e Galeazzo II. Proprio per quest’ultimoPetrarca svolge missioni diplomatiche in varie città, an-che a Parigi e a Praga presso l’imperatore Carlo IV, chesi dichiara suo ammiratore. In seguito Galeazzo riesce aottenere la riconferma del vicariato imperiale e, dal re diFrancia Giovanni II, la mano della figlia Isabella diValois per il proprio primogenito Gian Galeazzo (con-vincendo il sovrano impoverito dalla guerra dei CentoAnni con una ingente somma di denaro); in questo modoMilano si guadagna i favori sia dell’impero sia della mo-narchia francese e Galeazzo tenta di dare al dominio vi-sconteo una più efficiente organizzazione centrale.

Dopo la morte del padre (1378) e dello zio Bernabò(1385), Gian Galeazzo Visconti |6| estende ancora iconfini dello Stato: strappa Verona e Vicenza alla signo-ria degli Scaligeri (1387) e Padova ai Carraresi (1389),suscitando la crescente preoccupazione di Firenze, cheintuisce di essere nelle sue mire di conquista. Nel 1395l’imperatore Venceslao IV riconosce ai possedimenti

L’imperoDopo essere stato a Parigi, Petrarca prosegue il suo viag-gio del 1333 visitando altre città come Gand nelle Fian-dre, Liegi e, nel territorio del Sacro romano impero,Aquisgrana e Colonia, la città sul Reno che lo impressio-na per la civiltà della popolazione, l’eleganza delle donnee le suggestioni del legame con l’antica Roma, per esserestata fondata da Agrippa nel 38 a.C.

Nel 1327 era fallita la discesa in Italia di Ludovico IVil Bavaro, scomunicato da papa Giovanni XXII poiché lasua nomina a imperatore era avvenuta senza il giudiziopontificio. La legittimità dell’elezione imperiale, infat-ti, continua a rappresentare una fonte di controversie trai sovrani germanici e la Chiesa, finché nel 1356 Carlo IVdi Lussemburgo promulga la Bolla d’oro, un documentoche elimina il vincolo dell’incoronazione da parte delpapa e assegna lo statuto di elettori a sette autorità (treecclesiastiche e quattro laiche): gli arcivescovi di Magon-za, Treviri e Colonia, il re di Boemia, il conte del Palatina-to, il duca di Sassonia e il margravio di Brandeburgo.

L’impero si configura sempre più come una federa-zione di Stati (contee, ducati, regni) nella quale i princi-pi esercitano il potere effettivo nel proprio territorio, purriconoscendo l’imperatore come capo onorario. Carlo IV,inoltre, sposta il centro politico e culturale dell’imperodalle regioni renane all’area più orientale della natiaPraga, capitale del regno di Boemia.

I decenni seguenti vedranno gli stati germanici impe-

|5| Jean-Auguste-Dominique Ingres, Giovannad’Arco all’incoronazione di Carlo VII, 1854. Reims,Cattedrale di Notre-Dame de Reims.

| Introduzione | La storia europea nei luoghi di Petrarca | 5

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nezia è Genova e la loro lotta per lasupremazia commerciale maritti-ma sfocia in diversi scontri navali.Nel 1378 la flotta genovese pene-tra nella laguna veneziana e asse-dia la cittadina di Chioggia; laguerra coinvolge una rete di alle-anze e si protrae fino al 1381, con-

cludendosi con la Pace di Torino:Venezia cede Treviso e alcuni terri-

tori in Dalmazia, ma mantiene la suaindipendenza e il monopolio sul mare

Adriatico.È a questo punto che Venezia, per garan-

tirsi maggiore protezione, si convince di doverampliare i suoi domini sulla terraferma. Riacquista Tre-viso nel 1388 e soprattutto approfitta della crisi del du-cato milanese dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti

nel 1402; s’impadronisce di Verona, poi di Vicenza ePadova scacciando la signoria dei da Carrara, conqui-sta una parte del Friuli e nel 1420 anche Udine, dandovita a un esteso Stato regionale.

Firenze

La crisi economica, le carestie e le epidemie che afflig-gono l’Italia trecentesca, oltre a far fallire alcune impre-se fiorentine come le case bancarie dei Bardi e dei Pe-ruzzi, acuiscono i già accesi conflitti sociali cittadini,che culminano nel tumulto dei Ciompi del 1378: i la-voratori salariati delle Arti, in prevalenza cardatori del-la lana, scendono in rivolta e prendono il controllo della

città, nominando gonfaloniere di giusti-zia Michele di Lando, ma il loro tentativodi ottenere diritti e rappresentanza politi-ca costituendo tre nuove Arti del popolominuto (chiamate Arti del Popolo di Dio)viene presto represso nel sangue.

Dal 1382 Firenze viene governata daun’oligarchia di imprenditori, mercantie banchieri, di cui fanno parte le potentifamiglie degli Albizzi e dei Medici. Non siplacano le tensioni sociali, ma Firenze rie-sce comunque a espandersi annettendoArezzo nel 1384, Pistoia nel 1401 e Pisanel 1406.

viscontei la dignità di ducato. La signoria sitrasforma così in principato e il duca diMilano si impossessa in breve anche diLucca, Pistoia, Pisa, Perugia, Bologna,ma quando sembra sul punto di muo-vere l’assalto decisivo contro Firen-ze, Gian Galeazzo muore, forse dipeste o malaria, nel 1402. Svanito ilsuo potere, il ducato, privo di coe-sione amministrativa, si sgretola: aiVisconti rimane solo un nucleo didomini lombardi, mentre il restoviene spartito tra Firenze, Venezia eil papato. Già dal 1412, tuttavia, il se-condogenito Filippo Maria Visconti

si lancerà nell’impresa di ricostituire ilducato milanese del padre.

Venezia

Prima di ritirarsi ad Arquà, sui colli Euganei, Petrarcatrascorre a Venezia gli anni tra il 1362 e il 1370. Ormailetterato famoso in tutta Europa, è ospite della repub-blica nel palazzo Morlin e anche qui rincontra Boccac-cio nel 1363.

Venezia non ha subito la trasformazione in signoriae con la Serrata del Maggior Consiglio |7| del 1297 hariformato le sue istituzioni repubblicane in senso oli-garchico. A prendere le decisioni nel suo massimo orga-no di governo sono le famiglie storicamente più in-fluenti della sua aristocrazia di origine mercantile. Mol-to più che ai domini e ai mercati sulla terraferma, gliinteressi veneziani sono rivolti ai traffici nel Mediter-raneo, in particolare con il Medio Oriente e il mondomusulmano da cui s’importano seta e spezie. Per questofra Duecento e Trecento il principale antagonista di Ve-

|6| Gian Galeazzo Visconti.

6 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

|7| Joseph Heintz der Jüngere, Sala Maggior Consiglio,

1668. Palazzo ducale, Venezia.

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realtà già fra Trecento e Quattrocento al centro di trafficimarittimi tra il Nord e il Sud Europa, oltre che un fonda-mentale alleato per gli inglesi nelle battaglie sui mari du-rante la Guerra dei Cento Anni; ma soprattutto, grazie allasua vocazione navale e mercantile, è un centro di svilup-po tecnologico di nuove imbarcazioni, che partono all’e-splorazione dell’Africa e, dopo il 1492, si ritroverà con iporti e le navi nella posizione ideale per salpare verso leAmeriche.

Ai confini orientali, invece, le truppe turche ottomanedel sultano Maometto II conquistano Costantinopolidopo due mesi d’assedio nel 1453. L’evento segna la finedel millenario impero bizantino e rivela la forza dell’im-pero ottomano, nel secolo successivo destinato a espan-dersi anche in Grecia, nei Balcani e in Ungheria, oltre chenel Medio Oriente.

Le guerre in Italia fino alla Pace di Lodi (1454)Nel 1412, a soli venti anni, Filippo Maria Visconti dà in-zio alla rifondazione del ducato paterno. Riconquista idomini lombardi, occupa Genova nel 1421 e le valli diDomodossola e Bellinzona l’anno successivo, si volge allecittà romagnole.

Tra Milano, Firenze e Venezia, i tre Stati maggiormen-te in grado di espandersi fino a costituire entità macrore-gionali, si disputa allora, per tutta la prima metà del Quat-trocento, una lotta egemonica che vede coalizzarsi Firen-ze e Venezia contro il Visconti, per impedire che estenda ipropri domini verso la regione veneta e la Toscana; tutta-via, quando è Venezia a minacciare gli equilibri acquisen-do ampi territori nel suo retroterra, durante il dogato diFrancesco Foscari, Firenze si stacca dall’alleanza e passadalla parte di Milano, che dal 1450 è nelle mani del con-dottiero Francesco Sforza (Filippo Maria Visconti muo-re nel 1447 senza lasciare eredi).

La crisi della dinastia angioina, intanto, consente adAlfonso d’Aragona, già sovrano della Sicilia e dellaSardegna, di impossessarsi anche del regno di Napoli nel

Il quadro storico dell’Umanesimonel Quattrocento

Alla crisi del sistema feudale nel corso del Trecen-to segue un secolo circa di stagnazione econo-mica, fra 1380 e 1480. È un lungo periodo di lotte

egemoniche e rivolte sociali su cui si fonda e costruisce ilnuovo assetto degli stati europei, superato il quale l’Euro-pa vivrà, soprattutto nel corso del Cinquecento, una nuo-va fase di espansione commerciale e miglioramento dellecondizioni di vita, seppure in un continente dove le guer-re non conoscono interruzione.

La formazione dei nuovi Stati europeiPer la Francia, il rilancio della produzione agricola, delmercato interno e degli scambi internazionali cominciaal termine della guerra dei Cento Anni. Re Luigi XI, salitoal trono nel 1461, dopo aspre contese con i potentati nobi-liari e in particolare con Carlo il Temerario, duca di Bor-gogna, riesce ad annettere al dominio della monarchiagran parte del territorio francese, compresi tutti i possedi-menti della casa d’Angiò. Alla sua morte, nel 1483, lasciail regno nelle mani del figlio Carlo VIII, che come vedre-mo > p. 249 | sarà protagonista di una discesa in territorioitaliano nel 1494 |8|.

Nell’Inghilterra sconfitta, invece, si scatenano ricor-renti tumulti, soprattutto in Galles e in Scozia, e dal 1455ha inizio una lotta dinastica tra due casati del ramo deiPlantageneti che nel loro emblema araldico hanno unarosa: bianca quella degli York, rossa quella dei Lancaster.È la cosiddetta guerra delle due Rose, che si concludedopo trent’anni di scontri sanguinosi con l’ascesa al trononel 1485 di Enrico VII, discendente di una terza casata,quella dei Tudor.

Entro la fine del Quattrocento, anche grazie all’appog-gio dei ceti borghesi e produttivi, in Francia e in Inghilter-ra si consolida così il regime monarchico. E una svoltanella stessa direzione avviene in Spagna, grazie al matri-monio tra Ferdinando II il Cattolico, re di Aragona, eIsabella, regina di Castiglia, che nel 1479 unificano i dueregni sotto la loro monarchia e nel 1492, dopo un lungoassedio alla capitale, conquistano Granada, ultimo regnomusulmano nella penisola iberica.

Nel vastissimo territorio dell’impero, organizzato in-vece come una federazione di Stati, i principi che si riuni-scono nella dieta germanica (Reichstag) detengono ampieautonomie e tendono a limitare la libertà d’azione dell’im-peratore, che non dispone di un apparato amministrativoe finanziario centrale come quello dei sovrani francesi,inglesi e spagnoli.

Sempre più importante, a partire dalla fine del Trecen-to, è poi il piccolo Stato del Portogallo. Governato dalladinastia anglo-portoghese degli Aviz, questa striscia diterritorio apparentemente ai margini del continente è in

|8| Francesco Granacci, Carlo VIII fa il suo ingresso trionfale a Firenze il17 novembre 1494. Firenze, Museo delle Cappelle Medicee.

| Introduzione | Il quadro storico dell’Umanesimo nel Quattrocento | 7

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del poema Inamoramento de Orlando, noto anche comeOrlando innamorato, che sarà tra i maggiori letterati delQuattrocento insieme, specialmente, al poeta AngeloPoliziano (1454-1494) > p. 174 |, invece legato alla cortedi Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico > p. 225 | |10|.

La signoria dei Medici a FirenzeIl passaggio dalla repubblica oligarchica alla signoria av-viene in realtà senza evidenti mutamenti istituzionali,almeno sotto il profilo formale. Nel 1434 il malcontentopopolare suscitato dagli scarsi risultati, a fronte di graviperdite, della guerra antiviscontea permette a Cosimo de’Medici detto il Vecchio, oppositore dell’oligarchia do-minante, di imporsi come autorità in grado di risollevarele sorti dello Stato. Pur senza scardinare il regime repub-blicano, Cosimo il Vecchio accentra su di sé il potere, no-mina funzionari di fiducia e governa per trent’anni gliaffari economici e politici di Firenze, riuscendo effettiva-mente a inaugurare un’epoca di prosperità. Il suo mece-natismo, inoltre, contribuisce ad abbellire Firenze dimolte opere artistiche. Alla sua morte, nel 1464, gli suc-cede il figlio Piero de’ Medici detto il Gottoso, che però

muore nel 1469 lasciando l’eredità al primoge-nito Lorenzo, che ha solo vent’anni ma di-

mostra presto di avere una notevole abi-lità politica. Salvatosi da una congiuradella famiglia rivale dei Pazzi nel 1478,che costa la vita al fratello Giuliano,Lorenzo conduce una politica diplo-matica che mantiene gli equilibri fragli Stati e garantisce a Firenze altri

anni di fervore culturale oltre che eco-nomico. Egli stesso letterato di forma-

zione umanista, si circonda, come vedre-mo, di una corte di umanisti, poeti (fra cui

Poliziano > p. 174 | e Luigi Pulci > p. 228 |), artisti e filoso-fi (Marsilio Ficino > p. 213 |).

L’Umanesimo di Petrarca

Petrarca può essere considerato alle origini di quellacorrente culturale che prende il nome di Umanesi-mo e che raggiungerà il suo acme nel corso del

Quattrocento, creando le condizioni del Rinascimentoartistico e letterario in Italia e non solo.

L’Umanesimo si caratterizza infatti per una sete di ri-scoperta dei testi classici, specie della latinità (le huma-nae litterae), fondata innanzitutto su uno studio volto astabilire l’autenticità e la correttezza dei testi originali, eche porta a una ripresa e attualizzazione, spesso in rap-porto dialettico coi princìpi del cristianesimo, di valo-ri antichi e al contempo nuovi, orientati verso la cono-scenza della realtà e dell’uomo visti in quanto tali, nellaloro immanenza, più che nei loro risvolti e significati(simbolici, allegorici o figurali) trascendenti. In quest’ot-

1442, unificando sotto la sua corona un vastoregno esteso a tutta l’Italia meridionale.

I decenni di battaglie, trattati di pace e ripresedei conflitti si concludono infine con la Pace di Lodidel 1454 |9|: i confini tra Milano e Venezia sono fissati alfiume Adda e per mediazione di papa Niccolò V, preoc-cupato della minaccia ottomana dopo la caduta di Co-stantinopoli, si stipula fra le tre potenze la SantissimaLega, un’alleanza aperta a tutti gli Stati «intra terminositalicos» (“entro i confini italiani”).

L’Italia della seconda metà del QuattrocentoI quarant’anni seguenti la Pace di Lodi, sino alla crisi difine secolo > Introduzione alla sezione 4, p. 244 |, sono di re-lativa pace e di rinnovata vitalità culturale e artistica.Oltre al regno di Napoli, allo Stato della Chiesa e agli Sta-ti regionali del ducato di Milano, della repubblica di Ve-nezia e della repubblica di Firenze, la mappa politicadell’Italia comprende vari Stati minori, alcuni particolar-mente attivi e importanti nel panorama culturale comeil ducato di Ferrara amministrato dalla signoria degliEstensi e il marchesato di Mantova guidato dai Gonza-ga. Proprio nell’ambiente della corte di Ferrara operaMatteo Maria Boiardo (1441-1494) > p. 155 |, l’autore

rep. di venezia

regno d’ungheria

impero ottomano

confederazione

svizzera

ducato

di milano

rep.

di genova

Corsica(Genova)

Sardegna(Regno di Aragona)

Sicilia(Regno di Aragona)

ducato

di ferrara

marc.

di mantova

ducato

di savoia

stato

della chiesa

regno

di napoli

rep.

di ragusa

rep.

di firenze

princ. di massa

rep. di lucca

duc. di piombinorep.

di siena

Cagliari

Catania

Reggio

Cosenza

Bari

Salerno Napoli

Roma

Ancona Urbino

Zara

Spalato

Venezia

Firenze

Mantova

Manfredonia

PalermoMessina

MilanoTorino

marMediterraneo

marIonio

marTirreno

marAdriatico

|9| La suddivisione dell’Italia dopo la Pace di Lodi.

|10| Niccolò di Forzore Spinelli, medaglia conl’effigie di Lorenzo il Magnifico, 1490 circa.

8 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

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Le nuove invenzioni per la stampa e l’editoriaNel secolo dell’Umanesimo, un’innovazione tecnica rap-presentò nel modo più evidente l’inizio di una nuova era:la stampa a caratteri mobili, un sistema messo a puntoda Johannes Gutenberg (1398-1468). L’orefice di Ma-gonza aveva iniziato a studiare la costruzione di punzoniper caratteri verso il 1440 e nel 1453-1455 stampò laBibbia latina. Iniziava «l’infanzia della tipografia, prima

typographiae incunabula», come fu scritto in un trattatosull’arte tipografica due secoli dopo. E incunabolo vienechiamato ogni prodotto editoriale stampato a caratte-ri mobili nella seconda metà del Quattrocento. Di quelmezzo secolo si conoscono circa 6500 opere stampatein un migliaio di località, per un totale di 35.000 edizioni:le preziosissime “quattrocentine”.

Il torchio per la stampa messo a punto da Gu-tenberg e la procedura per la preparazionee la fusione dei caratteri rimasero sostan-zialmente identici per tre secoli. Un miglio-ramento si trova in un progetto di torchio diLeonardo da Vinci (1452-1519), ma cometante idee di quel genio non ebbe allora rea-lizzazione pratica. Oltre a inventare il modoper la fusione e il montaggio delle singolelettere che dovevano formare la riga e la pa-gina, Gutenberg realizzò anche un nuovo tipod’inchiostro: per aderire ai caratteri metallici,infatti, questo doveva avere caratteristichechimiche diverse da quelle utili nella stampaxilografica (cioè su matrici di legno).Verso la fine del Quattrocento, la stampa acaratteri mobili era diffusa in tutto l’Occiden-te ed erano attivi grandi stampatori e creatori

di caratteri, come Aldo Manuzio (1449-1515, attivo aVenezia dal 1490), che viene considerato il primo editorein senso moderno.

Le esplorazioni oceanicheUn altro settore in pieno sviluppo nel XV secolo fu l’e-splorazione navale oceanica, supportata da alcune in-novazioni tecniche. Protagonisti di questa fase furonoi portoghesi, sotto l’impulso di Enrico il Navigatore(1394-1460), figlio del re Giovanni I. I navigatori porto-ghesi in un primo tempo esplorarono la costa africanafino a Capo Verde. Poi, quando l’espansione ottomanarese difficili alcune rotte nel Mediterraneo orientaleverso le Indie, tentarono nuovevie per circumnavigare l’Africa.L’impresa riuscì infine a Vascoda Gama, che nel 1498 riuscìa oltrepassare il Capo di BuonaSperanza e a raggiungere le co-ste indiane.Per la navigazione oceanica iPortoghesi poterono disporredi nuovi modelli di nave, intro-dotti a metà del XV secolo: una(la caracca) di origine mediter-ranea, forse genovese; l’altra(la caravella) che ne rappresen-ta un perfezionamento e chefu messa in mare a Lisbona.La caracca era un veliero contre o quattro alberi, dallo scafoampio, la poppa rialzata e piana(non rotondeggiante). La cara-

Scienzae tecnologia

vella era più piccola di dimensioni, più leggera e veloce,dotata di due o tre alberi con un sistema di velatura piùefficiente. Fu quest’ultima la protagonista delle lungheesplorazioni e traversate oceaniche tra XV e XVI secolo:Cristoforo Colombo nel 1492 raggiunse il continenteamericano con due caravelle (la Pinta e la Nina) e unacaracca (la Santa Maria).

L’archibugioAnche la tecnologia militare fece progressi. Alla metà delQuattrocento va fatta risalire l’invenzione di una nuovaarma da fuoco: l’archibugio. I primi reparti di archibugierifurono utilizzati dal re d’Ungheria Mattia Corvino, impe-gnato a contenere l’assalto degli Ottomani di MaomettoII dopo la caduta di Costantinopoli. Era un’arma ancorarudimentale (la gittata non superava i 50 metri), ma fuoggetto di rapidi progressi e fu destinata a largo uso intutti i conflitti del secolo successivo, a cominciare dalleguerre d’Italia.

Nelle attività produttiveAltre innovazioni ebbero ricadute significative sulla vitaquotidiana. Ne ricordiamo due. Un nuovo modello di fila-toio ad aletta, che permetteva la filatura e il simultaneoavvolgimento del filo, è documentato intorno al 1480 e,come moltissime altre invenzioni, fu oggetto di miglioriein un successivo disegno di Leonardo. Intorno al 1430gli Olandesi misero a punto il wipmolen, che adibironoal drenaggio dei terreni: era un mulino a vento di piccoledimensioni montato su un palo cavo all’interno del qualepassava l’albero di trasmissione che collegava le pale almacchinario posto nella parte inferiore.

Umanisti scienziatiSono molti gli esempi della fitta trama di contatti fraumanisti, che erano personalità poliedriche e dedite astudi approfonditi di scienze e tecniche. Da questo cro-giolo intellettuale escono, per esempio, gli studi sullaprospettiva e l’architettura di Leon Battista Alberti> p. 204 | intorno alla metà del Quattrocento. Fra ipersonaggi emblematici dell’epoca ricordiamo NicolaCusano (1401-1464), filosofo, umanista, matematico,astronomo e al tempo stesso uomo politico e cardinale(fu principe-vescovo di Bressanone). Cusano entrò incontatto con molti studiosi dell’epoca; fra l’altro, mise indubbio l’autenticità della “Donazione di Costantino”, chein seguito Lorenzo Valla > p. 13 | dimostrò falsa. Si oc-

cupò di quadratura del cer-chio e di riforma del calen-dario, disegnò la prima cartadell’Europa centro-orientale.I suoi studi di fisica lo porta-rono, nel 1430 (nel quartolibro dei Dialoghi dell’idiota,dal titolo “Gli esperimentidi statica”), a progettare unmodello di igrometro, permisurare l’umidità dell’aria:si basava sulla variazionedi peso di una balla di lanaal variare dell’umidità. An-che questo strumento fumigliorato dal “solito” Leo-nardo, che nel 1500 costruìil suo modello di igrometromeccanico.

Autore anonimo Ritrattodi Johannes Gutenberg,XVII secolo. KeioUniversity Library.

Il torchio di Gutenbergin un’antica stampa.

| Introduzione | Scienza e tecnologia | 9

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ne di Petrarca su se stesso sia stata oggetti-vata nell’esame di coscienza in forma didialogo tra Francesco e Agostino che è ilSecretum > p. 118 |.

Del resto Petrarca ebbe chiara coscien-za del suo posto nella terra di mezzo dellastoria della civiltà italiana, come si intui-sce da un passo dei suoi Rerum memoranda-rum libri, nel quale, dopo avere aspramen-te giudicato il proprio tempo, colpevole diavere smarrito i monumenti della culturae della saggezza antica, scrive: «Io, postocome sul confine di due popoli, e guardan-do insieme a quello che mi sta dietro e aquello che mi verrà innanzi, questo giudi-zio non ereditato dai padri, volli trasmessoai posteri».

Il legame di Petrarca con la classicitàspiega anche l’importanza nella sua ope-ra della lingua latina, che egli cerca diriportare all’antica eleganza e chiarezzasenza però imitarla pedissequamente –come avrebbero fatto, nel Quattrocento,molti puristi emulatori di Cicerone o diVirgilio –, per farne lo strumento di unanuova cultura. Il suo latino rimane sì per-meato di elementi medievali ma, comehanno osservato gli studiosi, si rivela piùricco, vario e flessibile di quello dantesco.A Dante, peraltro, Petrarca si rapporta conlo sguardo di chi appartiene a un mondo

diverso e nuovo, giacché il sommo poeta apparteneva allagenerazione a lui precedente, quella di suo padre Ser Pe-tacco, che di Dante fu amico e coetaneo.

I caratteri dell’Umanesimo

Con il termine Umanesimo si usa indicare il movi-mento intellettuale che, dalla seconda metà delTrecento e lungo tutto il Quattrocento, propone

i valori dell’antichità classica come modello più alto dellaformazione dell’uomo. Se il Medioevo offre una visionereligiosa della realtà, l’Umanesimo contrappone un mon-do laico e antropocentrico in cui l’ideale primario è ladignità dell’uomo che si raggiunge attraverso la valoriz-zazione delle sue virtù intellettive. Grazie all’esercizio diqueste virtù l’uomo può controllare se stesso e dominareil mondo che lo circonda. Per esprimere le più nobili qua-lità etiche, egli deve dedicarsi agli studia humanitatis(espressione ciceroniana che significa “studi relativiall’uomo”), cioè alla conoscenza delle opere greche e lati-ne in quanto espressione di una civiltà insuperata. La let-tura di queste opere non viene piegata a interpretazionimoralistiche e allegoriche, come nell’epoca precedente,bensì cerca di coglierne il significato originario. In funzio-

tica Petrarca può essere considerato un anti-cipatore, se non il vero e proprio iniziatoredell’Umanesimo.

Fin dai suoi anni giovanili, infatti, eglimostra una spiccata tendenza ad approfondi-re le esperienze intellettuali e poetiche delleopere latine, non per inserirle e giustapporleentro il tessuto ideologico e culturale domi-nante nel suo tempo, magari rileggendolecome anticipazioni “figurali” della storia sa-cra, ma piuttosto per riallacciare i legamispezzati con la civiltà romana e per stabili-re con essa un rapporto di continuità. «Ilnostro animo», scrive il suo amato Senecanelle Lettere a Lucilio, «vorrei che fosse così:ricco di capacità, di precetti, di esempi di epo-che diverse, ma fusi armonicamente insie-me». Petrarca sembra quasi ignorare, diversa-mente da Dante, il grande spartiacque mora-le e ideologico costituito dalla rivelazionecristiana, convinto com’è che la grandezza euniversalità dell’anima umana possa acco-munare antichi e moderni. In altre parole, lasua convinzione che la coscienza morale siaalla base di tutta l’umanità lo porta a ricercareuna sintesi fra il mondo classico e quellocristiano, nella quale il primo non sia sempli-cemente usato in funzione del secondo, cioè,in sostanza, della rivelazione cristiana. Le sueaccanite letture e la sua attività di investiga-tore, raccoglitore e glossatore di testi classici,infatti, non hanno un carattere meramente erudito e anti-quario, ma vanno a innervare profondamente la sua vitaintellettuale e la sua attività letteraria, soprattutto le Fa-miliares > p. 130 | e, in misura più mediata, il Canzoniere> p. 31 |; le prime epistole di Petrarca sono indirizzate pro-prio agli autori latini, in particolare ai suoi prediletti Cice-rone, Virgilio, Seneca > Focus, p. 148 |.

Fra i poeti, oltre a Virgilio, ama specialmente Orazio,Ovidio e Properzio; fra gli storici Tito Livio e ValerioMassimo, oltre a Quintiliano, maestro dell’arte retorica.Anche nelle sue opere più palesemente classicistiche, l’A-frica e il De viris illustribus, si attenua progressivamentel’intento celebrativo delle grandezza di Roma e si fa stradain lui una crescente propensione alla penetrazione psi-cologica e morale dei personaggi che resta la cifra fonda-mentale della sua poetica e, in definitiva, del suo Umane-simo cristiano. Da questo punto di vista, uno dei princi-pali punti di riferimento è Agostino (354-430) |11|, uomoe intellettuale di formazione ellenistico-romana e insie-me biblico-cristiana, vissuto a cavallo fra due epoche e fradue mondi, che affrontò il tormento della conversioneattraverso una meditazione e una autoanalisi interioreche non aveva eguali in tutta la letteratura precedente.Non è un caso se la più appassionata e sincera meditazio-

|11| Vincenzo Foppa,Sant’Agostino, 1465-1470.Milano, Pinacoteca del CastelloSforzesco.

10 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

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mondo classico (a cominciare dal rispetto della dignitàdell’uomo e l’uso della ragione) che, a suo giudizio, nonsolo non contrastano con la dottrina cattolica, ma posso-no addirittura sostenerla.

La lingua dell’Umanesimo italiano ed europeo nellaprima metà del Quattrocento è il latino. Il latino è la lin-gua della cultura per eccellenza, ma lentamente comin-cia a essere studiato anche il greco, che nel Medioevo erastato trascurato. Studiare il greco, infatti, significa poterleggere in lingua originale i testi di Omero, Luciano,Teocrito, Platone e Aristotele, ovvero fare tesoro di unpatrimonio d’inestimabile valore che giunge dall’anti-chità. Il desiderio di comprendere a fondo testi sino a oraletti soltanto in traduzione latina spinge alcuni umani-sti a imparare anche l’ebraico, utile a cogliere il sensopiù autentico dei testi sacri.

Nella seconda metà del secolo cresce però anche laproduzione di opere in volgare che affrontano temi pro-pri dei dibattiti umanistici. Il Quattrocento divienecosì il secolo del bilinguismo. Ciò avviene soprattuttograzie all’impegno di Leon Battista Alberti (1404-1472)> p. 204 |, che, oltre a scrivere trattati in volgare, nel 1441si fa promotore a Firenze di una gara di poesia in volgare,il Certame coronario, e di Lorenzo de’ Medici (1449-1492)> p. 225 | |13|, che fa allestire la silloge poetica a più vocinota con il nome di Raccolta aragonese.

I centri del pensiero umanistico

Uno dei fenomeni più caratteristici della civiltàquattrocentesca è il mecenatismo: il signore sicirconda di intellettuali e artisti che con le loro

opere offrono diletto e danno lustro alla corte. Così lesignorie diventano veri e propri centri culturali in cuisi praticano le arti, la poesia, la filosofia, le scienze. Laletteratura gode di grande considerazione in quanto èritenuta alla base della formazione dell’individuo, senzala quale non può raggiungere l’elevatezza spirituale ne-

ne di questo obiettivo, il testo deve innanzitutto esserecollocato nella giusta prospettiva storico-culturale. Siteorizzano così i presupposti metodologici di una nuovascienza tutta umanistica: la filologia, il cui maggioreesponente nel Quattrocento può essere considerato Lo-renzo Valla (1407-1457) > p. 13 |.

L’Umanesimo non è un fenomeno di pedissequa imita-zione dei classici, che sono visti piuttosto come modelli diun’umanità autentica. Imitarli significa calarli nel pre-sente facendo rinascere un sapere antico che, assumen-do forma concreta, è ritenuto indispensabile alla forma-zione dell’uomo. La teoria dell’imitatio trova massima ap-plicazione nell’opera letteraria e filologica del finissimoumanista Angelo Ambrogini detto il Poliziano (1454-1494) > p. 174 |, che sostiene la necessità di una docta va-rietas, cioè l’inserimento in opere moderne di elementidesunti dai classici e ricomposti in modi personali, quasia formare un nuovo mosaico con vecchi tasselli. Con Po-liziano entra in polemica l’umanista Paolo Cortese(1465-1510), il quale propone invece un’imitazione piùrigida che si ispiri a un solo modello, Cicerone per laprosa e Virgilio per la poesia.

L’educazione dell’uomo e la libera ricerca del saperesono temi centrali del pensiero umanistico; di qui il ten-tativo di integrare i precetti della fede cristiana con iprincipi del pensiero classico che rivalutavano la libertàdell’uomo nell’ambito del sapere e della conoscenza. L’u-manista non vuole negare il sentimento religioso cristia-no, anzi lo abbraccia con fervore, ma rivendica al tempostesso l’autonomia della realtà: l’uomo si realizza an-che nell’esistenza terrena e nella vita sociale che rie-sce a forgiare grazie alla sua intelligenza e operosità edeve mirare a un ideale di misura razionale degli impul-si che garantisca un giusto equilibrio interiore. Da que-sto punto di vista, i testi antichi, che valorizzavano ilmondo terreno e la capacità dell’uomo di essere l’arte-fice del proprio destino (homo faber fortunae suae), sonomodelli da cui non si deve prescindere. Nella secondametà del Quattrocento è la filosofia di Platone che sem-bra essere la più adatta a coniugare classicità e religiositàcristiana: ne scaturisce un cristianesimo profondamenteimbevuto di platonismo, soprattutto grazie al pensierodi Marsilio Ficino (1433-1499) > p. 213 | |12|, una dellepersonalità più influenti del suo tempo.

Nel corso del Quattrocento l’Umanesimo si diffondedall’Italia in tutta Europa. Uno dei più insigni esponen-ti dell’Umanesimo europeo è Erasmo da Rotterdam(1466-1536) > p. 217 |. Debitore nei confronti della lezio-ne di Lorenzo Valla, Erasmo caldeggia lo studio dei clas-sici perché ritiene che tali opere debbano costituire labase dell’educazione dell’uomo, senza la quale è impos-sibile una riforma della società nel suo insieme. Quellaproposta da Erasmo è una nuova visione umanistico-religiosa: egli auspica da un lato la riscoperta del cristia-nesimo delle origini, dall’altro il recupero dei valori del

|12| Domenico Ghirlandaio, particolare dell’affresco Apparizionedell’angelo a Zaccaria, con (da sinistra) Marsilio Ficino, Cristoforo Landino,Angelo Poliziano, Demetrio Greco, 1486-1490. Firenze, Santa MariaNovella, Cappella Tornabuoni.

| Introduzione | I caratteri dell’Umanesimo | 11

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cessaria alla vita di corte. I letterati costituiscono quin-di un gruppo elitario, depositario dei valori alti dellaciviltà. Questi uomini di lettere sono ammirati e ricer-cati, per cui spesso viaggiano di corte in corte attraver-sando vari centri culturali italiani ed europei.

Firenze: dall’Umanesimo civile alla cortedi Lorenzo il MagnificoIl primo Umanesimo fiorentino tende a conciliare l’atti-vità filologica di studio dei manoscritti classici con unattivo impegno civile. I maggiori rappresentanti di que-sto “Umanesimo civile” sono tre intellettuali impegna-ti in politica in qualità di cancellieri: Coluccio Salutati(1331-1406) e i suoi discepoli Leonardo Bruni (1370-1444) e Poggio Bracciolini (1380-1459) > p. 199 |.

Salutati, che ha fra l’altro il merito di scoprire le Let-tere familiari di Cicerone, è un grande sostenitoredell’impegno dell’intellettuale nell’azione pubblica edel primato della volontà sulla ragione; è quindi unafigura fondamentale del passaggio dal nascente Umane-simo a quello maturo del pieno Quattrocento. L’aretinoBruni, traduttore di molti classici greci, è tra i più fervidiammiratori e divulgatori degli antichi. Si dedica soprat-tutto alla ricerca storiografica, condotta con grandescrupolo critico, che sfocia nella pubblicazione dellemonumentali Historiae fiorentini populi e dei Commentariirerum suo tempore gestarum. Bracciolini, che diviene can-celliere della repubblica dopo essere stato al servizio del-la curia pontificia, è scopritore di importanti opereantiche, fra cui dieci orazioni di Cicerone, le Silvae diStazio, il De rerum natura di Lucrezio, il De architectura diVitruvio. Egli polemizza soprattutto contro l’ozio con-templativo dei religiosi (nell’opera Contro hypocritas) inquanto considera il lavoro espressione della virtù e dellavera nobiltà dell’uomo (De nobilitate). La sua riflessioneassume toni sempre più malinconici, abbracciando

temi, anch’essi di origine classica, quali la fugacità deltempo e l’instabilità della fortuna (De varietate fortuna,De infelicitate principum, De miseria umane conditionis).

Tra Roma e Firenze opera uno dei più grandi interpre-ti del pensiero umanistico, Leon Battista Alberti, auto-re degli importanti Libri della famiglia. Alberti si collocain una fase di passaggio della cultura del primo Umane-simo – in cui predomina lo studio e l’imitazione dei clas-sici – verso un’età più matura, coincidente con la fioritu-ra del primo Rinascimento letterario e artistico. Anchele sue scelte linguistiche testimoniano questa tendenza:Alberti inizia a scrivere in latino, come tutti gli umani-sti, ma presto sviluppa una produzione in volgare, lin-gua che difende strenuamente e che acquisterà dignitàsempre maggiore anche nelle dotte disquisizioni filoso-fiche. Con Alberti ha così inizio la prima stagione del-l’“Umanesimo volgare”.

Con Lorenzo il Magnifico, mecenate eclettico e gran-de sostenitore di ogni forma culturale e artistica, la cortedi Firenze raggiunge il suo massimo splendore. Durantel’età laurenziana la città diviene il polo d’attrazione di tut-ti gli intellettuali italiani e non solo. Legati alla corte me-dicea sono umanisti quali Marsilio Ficino, Poliziano, icui studi filologici diventano presto inappuntabili mo-delli di riferimento, e il suo amico Giovanni Pico dellaMirandola (1463-1494), stimato da molti intellettualieuropei, a cominciare da Erasmo da Rotterdam e Tom-maso Moro (1478-1535).

Pico della Mirandola mira a una sorta di ecumenismofilosofico oltre che religioso, cioè crede in una filosofiauniversale che nasca dall’accordo fra le varie fedi e fi-losofie, in quanto tutte accomunate dalla ricerca di una“sapienza originaria”, come si legge nelle sue Conclusio-nes philosophicae, cabalisticae et teologicae (“Conclusioni fi-losofiche, cabalistiche e filosofiche”). Un’altra sua operadegna di nota è l’Oratio de hominis dignitatae (“Discorso

sulla dignità dell’uomo”) divenuta quasiun “manifesto” dell’Umanesimo: l’uomo,posto al centro dell’universo, non hauna natura determinata a priori ma, aven-do ricevuto da Dio il dono del libero arbi-trio, può agire in base alla sua volontà ecosì “plasmare” la propria esistenza.

Presso la corte medicea opera anche ilpoeta Luigi Pulci (1432-1484) > p. 228 |,autore di uno dei poemi di maggiore suc-cesso del secolo, il Morgante. Pulci, tutta-via, occupa una posizione a sé, essendoprivo di una formazione rigorosamenteumanistica e pure distante dalle sugge-stioni neoplatoniche che, grazie al magi-stero di Marsilio Ficino, si vanno affer-mando nella cerchia laurenziana. Eredi-tando gli estrosi insegnamenti di uno deipiù rappresentativi poeti giocosi del|13| Ottavio Vannini, Lorenzo il Magnifico fra gli artisti, XVII secolo. Firenze, Museo degli Argenti.

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Quattrocento, il fiorentino Dome-nico di Giovanni detto il Burchiel-

lo (1404-1449) > p. 222 |, Pulci dàvoce a una letteratura divertita, ditono popolaresco.

FerraraTra il Quattrocento e il Cinquecen-to la corte di Ferrara, sotto il con-trollo della famiglia degli Estensi, èuno dei principali centri di produ-zione letteraria e artistica graziesoprattutto al mecenatismo delduca Ercole I. A questa corte sa-ranno legati Boiardo > p. 155 |,Ariosto > p. 499 | e Tasso > p. 621 |.

RomaLa Roma dei pontefici è un altrocentro importante della nuova cul-tura umanistica. A corte si imponeil tema della conciliazione tra iprincipi teologici cristiani e i va-lori laici della classicità. La cittàannovera numerosi intellettuali estudiosi sia ecclesiastici sia laici:Enea Silvio Piccolomini (1405-

1464) |14|, asceso al soglio pontifi-cio col nome di Pio II, che rende lacuria romana un centro culturale di rilievo, Flavio

Biondo (1392-1463) e Lorenzo Valla (1407-1457), unodei più autorevoli interpreti della cultura umanistica.

Biondo dedica la sua vita alla ricerca archeologica estoriografica. Il suo obiettivo è quello di restaurare l’an-tico aspetto della città eterna. A lui si deve la pubblica-zione di tre guide documentate alle rovine dell’anticaRoma (un pionieristico studio di archeologia) e il primosistematico studio storico sul Medioevo con i 32 libridelle Historiarum ab inclinatione Romanorum imperii deca-des (“Le decadi storiche dal declino dell’impero roma-no”), scritto fra il 1448 e il 1458, in cui ricostruisce lastoria europea dalla caduta dell’Impero romano d’occi-dente al Quattrocento.

Valla, poco più che ventenne, lascia Roma e soggior-na a Pavia, Milano, Genova e Firenze; dal 1435 è a Napo-li, dove ricopre il ruolo di segretario presso la corte diAlfonso d’Aragona. Nel 1448 torna a Roma, dove di-venta segretario apostolico e insegnante di eloquenza.Con Valla la filologia e gli studia humanitatis diventanouno strumento critico indispensabile per la fondazionedella moderna storiografia. Il pensiero antico gli offreuna fondamentale chiave di lettura dei valori acquisitidella tradizione culturale e teologica cristiana. Valla siimpegna in ogni campo del sapere per indagare la realtàin tutti i suoi aspetti a prescindere dai dogmi religiosi,

opponendosi alla componenteascetica e piuttosto ispirandosialla filosofia epicurea. Lo scrittopiù celebre di Valla è l’opuscoloDe falso credita et ementia Constanti-ni donatione (“La falsa donazione diCostantino”, 1440): con un serrataindagine storica e filologica, Valladimostra che il documento che le-gittimava il potere temporale del-la Chiesa in quanto lascito dell’im-peratore Costantino è un falsocomposto in età medievale.

Nell’Italia centrale opera unpoeta estraneo alle grandi disputefilosofiche umanistiche, che saperò offrire un modello lirico acui si ispireranno innumerevolipoeti: Giusto de’ Conti (1379 cir-ca-1449) > In digitale |, autore dellaraccolta di liriche La bella manomodellata sul Canzoniere di Petrar-ca. Giusto de’ Conti è il primo po-eta del secolo a codificare unmodello di imitazione petrar-chesca che godrà di enorme fortu-na nel corso del Quattrocento e

soprattutto nel Cinquecento.

NapoliNel corso del Quattrocento Napoli, passata dal 1442 sot-to il dominio aragonese, è ancora un importante centroculturale, benché abbia perduto parte dello splendoreche aveva raggiunto durante il regno angioino nel Tre-cento. Nella prima metà del secolo il più rappresentativointellettuale operante a Napoli è Antonio Beccadelli(1394-1471) detto il Panormita, dalla città di nascita, Pa-lermo. Dopo la sua morte emerge un umanista di notevo-le livello, Giovanni Pontano (1429-1503), che dirige l’Ac-cademia fondata dal Panormita su incarico del re e che dalui prenderà il nome di “pontaniana”. Pontano è autore ditrattati etico-politici, storici e astrologici, ma anche di te-sti letterari. All’interno dell’Accademia pontaniana siforma uno dei maggiori poeti dell’Italia meridionale, Ja-

copo Sannazaro (1456-1530) > p. 234 |. E sempre legato aPontano e alla corte aragonese è uno dei più dotati narra-tori del secolo, Masuccio Salernitano (1410-1475), auto-re di una raccolta di cinquanta novelle dal titolo Novellino.

|14| Pinturicchio, Enea Silvio incoronato poeta

dall’imperatore Federico III, 1502–1507. Siena, Libreria

Piccolomini presso la Cattedrale di Siena.

| Introduzione | I centri del pensiero umanistico | 13

In digitale

Giusto de’ Conti.La vita e le opereLa bella mano

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Nel campo delle arti figurative, per Rinascimento si in-tende la nuova concezione dell’arte che si afferma aFirenze nei primi due decenni del Quattrocento e che, ir-radiandosi in altri centri della Penisola, raggiunge la suapiena maturità nei primi decenni del Cinquecento. Il ter-mine, che implica un’idea di progresso e di miglioramen-to, già nella coscienza dei contemporanei si configuravacome ritorno allo splendore dell’epoca romana classicadopo la decadenza dei secoli successivi, proprio per que-sto definiti “medioevo”, cioè “età di mezzo”. In quest’ottical’arte rinascimentale si manifesta anche come riscopertadell’antico, delle forme e dei modi dell’arte e dell’archi-tettura classiche.

BrunelleschiNel corso di questo processo gli artisti prendono coscien-za del proprio valore sociale e intellettuale, ossia del loroconsapevole affrancamento dalle arti dette “meccani-che” a quelle tradizionalmente dette “liberali”. La primagenerazione di artisti del Rinascimento è rappresentatasoprattutto da Filippo Brunelleschi (1377-1446), Ma-saccio (1401-1428) e Donatello (1386 ca-1466), rispetti-vamente nei campi dell’architettura, della pittura e dellascultura, insieme ad altre personalità importanti fra cuiJacopo della Quercia (1380 ca-1438) e Lorenzo Ghiberti(1378-1455).Brunelleschi è considerato il padre della vera, grande“invenzione” del Rinascimento, la prospettiva. Grazieai suoi studi e, più tardi, alla sistematizzazione teoricadi Leon Battista Alberti > p. 204 | e di Piero della Fran-cesca, la rappresentazione dello spazio tridimensionalenon si basa più sulle intuizioni soggettive del pittore,ma diventa una scienza autonoma, fondata su regolecerte stabilite a priori. Dopo gli esordi come scultore,Brunelleschi si reca nel 1402 a Roma, dove, vivamenteimpressionato dagli edifici della classicità, concentra isuoi interessi sull’architettura. A partire dai primi anniVenti del secolo progetta la colossale cupola del Duo-mo di Firenze, elaborando una nuova tecnica che gliconsente di elevare l’intera cupola senza strutture disostegno e gettando così le basi dell’architettura rina-scimentale. Egli, inoltre, formula le leggi della visioneprospettica tridimensionale e, quindi, della corretta eproporzionata collocazione delle figure entro lo spa-zio che le contiene, disegnando due tavolette con ve-dute di edifici fiorentini (andate perdute ma descrittedai contemporanei). Grazie a questa visione razionale

Le arti figurativedello spazio, in cui ogni parte è armoniosamente pro-porzionata al tutto, nel suo lavoro di architetto si lasciaalla spalle il decorativismo tardogotico e realizza operedi grande limpidezza ed equilibrio formale, dal porticodello Spedale degli Innocenti alla Cappella de’ Pazzi insanta Croce, forse l’esempio supremo della sua arte.

MasaccioNel campo della pittura, l’autore più rivoluzionario èMasaccio (soprannome peggiorativo di Tommaso), chepure morì precocemente a soli ventotto anni. Le sueopere dovettero certamente stupire i fiorentini per lasolidità costruttiva dello spazio e delle figure, ben lon-tana dalla grazia delicata e dalle linee fluenti del goticointernazionale e caratterizzata invece da una statuariasolennità, unitamente ad accenti di maggiore sinceritàe autenticità umana. Questo si vede ad esempio nellaSantissima Trinità (Santa Maria Novella, Firenze), un af-fresco con la Vergine e san Giovanni ai piedi della Croce,e nel ciclo della Cappella Brancacci (Santa Maria del Car-mine, Firenze) dedicato alle Storie di Pietro e al Peccato

originale. Gli episodi delle Storie di Pietro sono collocatiin tre fasce sovrapposte secondo un’impostazione pro-spettica “brunelleschiana” che regola anche le cornici ei pilastrini che inquadrano le scene; fra questi episodi,spicca il Pagamento del tributo. La sequenza delle sce-ne va letta dal centro a sinistra e poi a destra, poichéal centro sta la scena di maggiore rilevanza narrativa ereligiosa (Cristo, circondato dagli Apostoli e dal gabelliere,ordina a Pietro di pagare il “tributo”, indicandogli dove tro-verà la moneta). La solidità fisica dei personaggi, l’intensi-tà dei loro sguardi, come pure l’essenzialità del paesaggiounita alla rigorosa costruzione prospettica, mostrano unaseverità morale e, al contempo, una naturalezza di ascen-denza classica che non avevano precedenti nella pitturaeuropea. In questo affresco è da notare anche un aspettointeressante, apparentemente solo tecnico, ma in real-tà di grande rilevanza compositiva e simbolica: il puntodi fuga verso cui convergono le linee orizzontali (e dovequindi, in sostanza, converge lo sguardo dello spettatore)coincide con il volto di Cristo.

DonatelloLe opere di Donatello si inseriscono nelle medesima tem-perie culturale, benché questi tenda, rispetto a Masac-cio, a conferire ai personaggi una più spiccata tensionedrammatica, come si vede già nel San Giorgio, scultu-

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ra realizzata per una nicchia di Orsanmichele. Sottol’apparente compostezza, infatti, la figura del santoguerriero esprime, per la torsione del busto rispettoalle gambe e l’espressione accigliata, una profondatensione, oltre che una evidente connotazione eroica.Per tali ragioni, il San Giorgio è divenuto una delle “icone”dell’idea di uomo rinascimentale. Su questa linea si pos-sono collocare altre due celebri sculture di Donatello, ilDavid del Bargello, che richiama la statuaria classica, e ilmonumento equestre del Gattamelata (Padova), ispiratoal Marco Aurelio del Campidoglio e primo di una lungaserie di monumenti civili (fra cui un altro capolavoro“equestre”, il Colleoni del Verrocchio, a Venezia) che daallora cominciarono a imporsi nelle piazze d’Italia.Per quanto riguarda invece la rappresentazione del-lo spazio, altre sue opere possono essere lette comepunti di partenza di quella medesima linea evolutivache abbiamo già visto in Brunelleschi e in Masaccio; fraqueste, i bassorilievi Liberazione della principessa dal dra-

go (Orsanmichele, Firenze), il Banchetto di Erode (fontebattesimale, Siena) e il Miracolo per il figlio pentito (basi-lica di sant’Antonio, Padova). Davvero impressionante,in queste opere, è il modo in cui Donatello è riuscito acreare, in bassorilievi di pochi millimetri di spessore, ec-cezionali effetti di dilatazione spaziale e di profonditàentro organismi coerenti e unitari.

Mantegna e Piero della FrancescaFra le grandi personalità artistiche delle generazioniimmediatamente successive, vanno ricordati soprat-tutto – per l’eccellenza delle loro opere e per il ruoloche essi hanno rivestito nel processo evolutivo dell’arterinascimentale – altri quattro grandi artisti, tutti più omeno legati ad altrettanti centri di produzione culturalequattrocenteschi: Andrea Mantegna (1431-1506) a Pa-dova e a Mantova, Piero della Francesca (1416-1492)a Urbino, Sandro Botticelli (1445 ca-1510) a Firenze, eGiovanni Bellini (1433 ca-1516) a Venezia.Un altro centro di notevole importanza nel Quattro-cento è Ferrara, dove operano i pittori della cosiddetta“officina ferrarese”, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti eFrancesco del Cossa, nei quali più forte resta il legamecon le preziosità decorative tardogotiche.Soffermiamoci, in particolare, su Mantegna e su Piero.Mantegna si forma a Padova nella bottega dello Squar-cione, assai rinomata al tempo ed erede di quel gustoantiquario che già nel Trecento aveva caratterizzato

la cultura patavina (basti ricordare la presenza di Pe-trarca) e che si era espresso fra l’altro nella raccolta dianticaglie: medaglie, placchette, calchi, rilievi, statuee così via. Mantegna si forma dunque in questo am-biente e, nella Cappella degli Ovetari (Padova), dipingele scene della leggenda di San Giacomo (purtroppo ingran parte andate distrutte durante la seconda guerramondiale). In una di esse, San Giacomo si reca al sup-plizio, emerge in modo evidente il suo spiccato gustostorico-archeologico: la porta della città, in ardito scor-cio prospettico dal basso, è un arco di trionfo romano, ipersonaggi sono drappeggiati all’antica, i soldati indos-sano la lorica, la tipica corazza dei legionari romani. Lascena è costruita con notevole abilità teatrale: primadel supplizio, il Santo si sofferma a benedire un devo-to inginocchiato, mentre un soldato solleva la mano insegno di rispettosa ammirazione e un altro respingeun uomo fra la folla che si accalca. Nel 1460 Mantegnasi trasferisce a Mantova, dove diviene presto pittoreufficiale della corte dei Gonzaga e dove, a eccezione diqualche soggiorno in Toscana e a Roma, resterà finoalla morte. Qui egli porta avanti sia la tendenza all’illu-sionismo prospettico dei toscani, sia il gusto archeolo-gico padovano, fondato su una ricca documentazionevisiva e letteraria, piegandole all’intento di celebrarei suoi illustri mecenati. Nascono così la Camera picta,o Camera degli sposi, nella quale una sala del PalazzoDucale si apre illusionisticamente verso un porticatoche a sua volta dà sulla campagna circostante, punteg-giata di prati, colline, castelli e torri, e i Trionfi di Cesare,commissionati dal duca Francesco, dove le immaginidei trionfi antico-romani alludono chiaramente a quelledei Gonzaga.Piero della Francesca, invece, opera a Firenze, ad Arez-zo e a Urbino, il centro principale della cultura matema-tica del tempo. Piero padroneggia in sommo grado l’arteprospettica, tanto da scrivere il più rigoroso manualequattrocentesco in materia, il De prospectiva pingendi,ma rivela il suo genio anche nel trattamento della luce.Lo si vede bene nel Sogno di Costantino, affresco appar-tenente al ciclo della Leggenda della vera Croce (Arezzo),dove i chiaroscuri contribuiscono a esaltare l’illusionedella profondità. Ma lo si nota anche, sia pure in modidiversi, nella Flagellazione (Urbino): qui la luce chiaris-sima, di una qualità astratta, non naturale, conferisceall’opera un senso di sospensione temporale, come di unmodo sublimato, sacrale.

Anonimo, Veduta di cittàideale, fine del XV secolo.Urbino, GalleriaNazionale delle Marche.

Masaccio, Il tributo,1424-1428. Firenze,Chiesa del Carmine,Cappella Brancacci.

| Introduzione | Le arti figurative | 15

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Molti elementi accomunano il mercante fiorentinoGiovanni Rucellai e il grande umanista e architettoLeon Battista Alberti > p. 204 |. Entrambi patirono unlungo periodo di malasorte, in quanto membri di fami-glie invise ai Medici; ma per questo entrambi ebberooccasione di viaggiare a lungo e fermarsi a Roma, dovepoterono visitare le antichità romane e approfondirein modo intelligente e dettagliato la conoscenza dellesue architetture.Tutti e due furono interessati al ruolo civile della fami-glia e identificarono in essa il primo nucleo fondantedella società e dell’uomo virtuoso. Alberti scrisse ingioventù il trattato in forma di dialogo Della famiglia,mentre Giovanni Rucellai, a partire dal 1457, cominciòa comporre lo Zibaldone Quaresimale, una raccolta diriflessioni, consigli e ammaestramenti per i suoi di-scendenti, quindi a uso privato. Per tutta la vita Gio-vanni continuò ad annotare nello Zibaldone ciò cheriteneva utile: il governo della famiglia, l’arte del com-mercio, dettagli sui possedimenti, sulla storia degliantenati, notizie di vita politica fiorentina... Ma anchepassi tratti da autori antichi, filosofi, riflessioni moralie descrizioni di edifici (soprattutto quelli dell’antichitàvisti durante il suo viaggio a Roma). Lo Zibaldone èquindi una raccolta enciclopedica che delinea il ritrattodi un grande uomo del suo tempo, mercante e mece-nate inserito nella vita della sua città. Così scrive, fral’altro, in un passo dell’opera: «...due cose principalisono quelle che fanno gl’uomini in questo mondo: laprima lo ‘ngienerare, la seconda l’edificare».E in qualità di figura esemplare di mecenate, Rucellaiprogettò un programma edilizio di grande prestigio,che mostrasse nella sostanza e nella forma la suapartecipazione alla cultura umanistica e cristiana dellaFirenze del tempo, la sua adesione alla politica e allesorti della famiglia medicea (alla quale, nel frattempo,si era legato attraverso il matrimonio del figlio Ber-nardo con Nannina, figlia di Piero de’ Medici) e la con-sapevolezza del suo alto contributo alla vita cittadina.Per l’attuazione di questo progetto fu fondamentalel’incontro con Alberti, le cui idee Rucellai condivise pie-namente. A lui affidò il compito di progettare il palazzodi famiglia, in via della Vigna, la cappella di famiglianella vicina chiesa di San Pancrazio, che doveva con-tenere la replica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, el’edificazione della facciata della chiesa di Santa MariaNovella, la grande basilica che si trovava nel rione deiRucellai e che era sede della potente comunità dome-nicana; qui, pochi anni prima, in occasione del conciliodel 1439 tra Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente,era stato ospitato papa Eugenio IV, al cui seguito sitrovava anche il giovane Alberti, nel ruolo di abbre-viatore apostolico (cioè colui che redigeva i discorsipubblici degli alti prelati, le lettere del papa e le suedisposizioni inviate ai vescovi, dette appunto “brevi”).Alberti godeva quindi di grande fama e prestigio a Fi-renze, presso letterati e umanisti: tra l’altro, qui avevaistituito, nel 1441, il Certame coronario, una gara dipoesia in volgare patrocinata da Piero de Medici; equi aveva scritto il De familia e il De pictura, prima inlatino, poi in volgare.Per tutti e tre gli edifici – il palazzo, il sepolcro e lafacciata di Santa Maria Novella – Alberti usa lo stes-so geniale linguaggio, adattato alle diverse esigenze.Il palazzo di via della Vigna fu costruito ex novo daRucellai, comprando diverse case lungo la strada piut-

tosto angusta. Alberti parte dal modello illustre e re-cente di Palazzo Medici, che era diventato il prototipoimprescindibile del palazzo fiorentino, caratterizzatodalla tripartizione in fasce orizzontali, dal cornicionemolto aggettante, dall’uso delle bugne come rivesti-mento, e dall’inserimento del sedile per accogliere iconcittadini. Tuttavia trasforma tutti questi “ingre-dienti” rileggendoli attraverso una continua citazionedi modelli antichi: introduce le paraste su tutti e tre ilivelli, ornate da capitelli che riprendono gli ordini clas-sici, e le finestre archivoltate, proprio come avvienenel Colosseo e nella Basilica Emilia, che sia Alberti siaRucellai avevano ammirato a Roma; qui però in for-ma come appiattita, disegnata. Anche il basamentoche sta dietro al sedile è una citazione raffinata della

Francesco Salviati(attribuito), Ritrattodi Giovanni Rucellai,XV secolo. Firenze,Collezione Rucellai.

Leon Battista Alberti,facciata della Basilica diSanta Maria Novella,1458-1460. Firenze.

16 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

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muratura ad opus reticulatum romano, in realtà soloinciso sui lastroni di pietra. A differenza di tutti gli al-tri palazzi fiorentini, Alberti non usa bugne vere, madisegna un rivestimento che si appoggia sul palazzo,creando un effetto a “incrostazione”, che verrà ripresonelle sue successive opere per Rucellai e che risultameno invasivo rispetto alla strada.La cappella funeraria nella chiesa di San Pancraziofu progettata a partire dal 1448 e conclusa nel 1467,come recita l’iscrizione sul sacello. Oltre alla “replicasimbolica” del Tempietto del Santo Sepolcro, dovevacontenere il sarcofago di Rucellai. La cappella è un ni-tido vano rettangolare che ricorda le coeve architettu-re fiorentine di Brunelleschi; è coperta da una volta abotte delimitata da una cornice in pietra serena, comein pietra serena sono le paraste corinzie che scandi-scono le pareti. Al centro della cappella è il sacello,che riprende in modo essenziale le forme del SantoSepolcro di Gerusalemme. Alberti struttura la piccolaarchitettura proprio come un tempio in miniatura, esi serve delle proporzioni romane, seppure ridotte.Tuttavia riveste le superfici con incrostazioni marmo-ree bianche e verdi che richiamano palesemente latradizione romanica fiorentina del Battistero e di SanMiniato. Anche le due iscrizioni incise sul tempiettoricordano le litterae lapidariae dei monumenti romani,ma mentre una è l’iscrizione dedicatoria e celebrativadi Rucellai, l’altra cita un passo del Vangelo di Marco,ricordando come l’opera sia un anelito alla comuneresurrezione delle anime, a cui ogni cristiano aspira.Così come le decorazioni delle specchiature marmoreee delle lesene alludono a Salomone.La basilica di Santa Maria Novella, come molte chie-se fiorentine, ai primi del Quattrocento non avevaancora una facciata compiuta. Ciononostante, era ilfulcro del grande convento domenicano; aveva ospi-tato papa Eugenio IV e il suo seguito durante il conciliodel 1439; molte nobili famiglie fiorentine avevano lì leloro splendide cappelle, decorate dai più grandi artisti.Giovanni Rucellai nel 1448 destinò le rendite dei suoipossedimenti a Poggio a Caiano per finanziare un pro-getto ambiziosissimo: completare la facciata dellachiesa, «all’onore di Dio, all’onore della città e a memo-ria di me». Certamente in questa impresa era conforta-to dall’appoggio dei Medici, in particolare ancora unavolta dal “consuocero” Piero, che infatti verrà ampia-

mente omaggiato dagli inserimenti delle sue impresenella decorazione.Alberti dovette affrontare svariati problemi, dovuti alleparti già esistenti su questa facciata e non amovibili,vista la loro valenza storica: innanzi tutto le tombe go-tiche di illustri fiorentini, decorate da marmi bianchi everdi; poi le porte e il grande finestrone circolare.L’idea fu quella di “dominare” tutte queste preesisten-ze attraverso un’”ossatura” che avrebbe dato unitàall’insieme: i due grossi pilastri angolari, decorati a fa-sce bianche e verdi, richiamavano gli avelli gotici, macambiarono le proporzioni della facciata, che fu cosìinscritta in un quadrato, unità di misura anche per leparti interne; le quattro colonne con capitelli corinzisono la “spina dorsale” che sostiene un primo corni-cione, lungo il quale sfilano le vele rigonfie, impresaaraldica dei mercanti Rucellai, baciati dal vento dellabuona fortuna.Il grande portale al centro evoca archi di trionfo romani,ma anche le piccole architetture del primo Rinascimen-to fiorentino, come il tabernacolo di Michelozzo a SanMiniato al Monte.Le specchiature marmoree della parte superiore ri-chiamano in modo esplicito il Battistero e soprattuttola facciata di San Miniato al Monte, che «tutti i giornil’Alberti saliva su erto a salutare». La facciata è chiusa inalto da un potente timpano, molto aggettante, sotto ilquale scorre l’ambiziosa iscrizione dedicatoria e dentroil quale splende il sole-bambino simbolo tomistico caroai Domenicani, e, secondo gli scritti di Marsilio Ficino> p. 213 |, richiamo di Cristo bambino figlio di Maria acui era dedicata la Basilica. La parte superiore con fron-tone, iscrizione e quattro paraste ricorda poi la frontedel Pantheon a Roma.L’intervento di Alberti per il compimento del progetto diRucellai va dunque letto alla luce della sua esperienzadi grande conoscitore dell’architettura, studioso ditesti antichi, interprete innovativo della classicità:«camaleonta» lo definì l’umanista e suo grande amicoCristoforo Landino (1424-1498), capace quindi di risol-vere ardui problemi architettonici adattando le formepreesistenti alle nuove esigenze, attraverso il rimandoagli illustri esempi della tradizione romanica fiorentina,attraverso l’uso innovativo e dettagliato del linguaggioarchitettonico antico e l’omaggio al suo committente eal pensiero filosofico e religioso rinascimentale.

Leon Battista Alberti,Palazzo Rucellai, 1452.Firenze.

Leon Battista Alberti,Tempietto del SantoSepolcro, 1461-1467.Firenze, Chiesa di SanPancrazio, CappellaRucellai.

| Introduzione | Il mercante fiorentino Giovanni Rucellai | 17

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FRANCESCO PETRARCA(1304-1374) è consideratoil grande anticipatoredell’Umanesimo. La suaopera è incentrata sullariscoperta della culturadella classicità

Con LORENZO DE’MEDICI detto ilMagnifico (1449-1492) Firenzediventa la patria dellanuova POESIA INVOLGARE

La ROMA PAPALE costituisceuno dei terreni più fertili allosviluppo della culturaumanistica: un fervore di studiche vede protagonisti anchepapi e cardinali

Petrarca riprende eattualizza le fonti antiche,stabilendo con laletteratura di autori qualiCicerone, Livio, Orazio,Ovidio, Virgilio unrapporto di continuità

Le sue opere latine indialogo con i classici e lasua ricerca di una linguapoetica su cui fondare ilnuovo classicismovolgare rivelano unasensibilità umanistica

Le RIME delBURCHIELLO(1404-1449)rappresentano unarinascita della poesiacomico-realistica egiocosa

Apre la stagione umanistical’opera monumentale diLORENZO VALLA (1407-1457),che recupera la lezionepetrarchesca e dà avvio allostudio filologico sui testi sacri

La storiografia basata sulriscontro documentario trovacompiuta espressione grazieall’erudito FLAVIO BIONDO(1392-1463), la cui operaROMA INSTAURATA apre la viaall’antiquaria

DA PETRARCAAL PRIMOUMANESIMO

FIRENZESECONDOUMANESIMO

ROMA

NAPOLI

UMANESIMOEUROPEO

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L’influenza dell’Umanesimo diPetrarca, che frequenta lacorte napoletana di Robertod’Angiò, resta limitata alla faseangioina: l’UMANESIMONAPOLETANO è aragonese

Con qualche ritardoL’UMANESIMO RAGGIUNGE ILRESTO D’EUROPA a partiredai Paesi di area slava e dalmondo bizantino per poi fiorirein Francia, Germania,Inghilterra

Polo di attrazione per gliumanisti italiani è la corte di ungrande mecenate, ALFONSO VIL MAGNANIMO (1396-1458),il re aragonese insediatosi sultrono di Napoli dopo la cacciatadegli angioini nel 1443

Anche l’area bizantina èinvestita dalle correntidell’Umanesimo: EMANUELECRISOLORA (1350-1415),erudito costantinopolitano, èprotagonista della rinascita deiclassici greci

I principaliautori trattatinei prossimicapitoli

1300/1400 1300-1370 1380 1390 1400 FRANCESCO PETRARCA (1304-1374)

LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472)

1309 La sede papale diClemente V sitrasferisce da Romaad Avignone1337 Ha inizio laGuerra dei Cento Annitra Francia eInghilterra

1349 Inizia il governodi Giovanni Visconti aMilano1356 Bolla d’oro diCarlo IV.1377 La curia pontificialascia Avignone e faritorno a Roma conGregorio XI

1378 Tumulto deiCiompi. Scismad’Occidente1381 Pace di Torino:Venezia cede alcuniterritori ma mantienel’indipendenza e ilmonopoliosull’Adriatico

1395 L’imperatoreVenceslao IV riconosceGian Galeazzo Viscontiduca di Milano1414-1418 Concilio diCostanza

I principalieventi storici

EVENTI

POGGIO BRACCIOLINI (1380-1459)

18 | sezione 3 | Petrarca e la civiltà dell’Umanesimo |

Page 20: Sforza si impadronisce distatic.zanichelli.it/catalogo/assets/9788808336491_04_CAP.pdf · Si conclude la Guerra dei Cento Anni: ... Tudor pone fine alla guerra civile inglese. 1486

| Introduzione | Mappa dei contenuti | 19

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A POGGIO BRACCIOLINI (1380-1459), umanista che percorrel’Europa in qualità di segretarioapostolico, si deve ilritrovamento di importantimanoscritti latini (Cicerone,Lucrezio, Quintiliano, Stazio)

Intorno alla metà del Quattrocento PAPANICCOLÒ V mette insieme il primo nucleodella Biblioteca Apostolica Vaticana,mentre con il CARDINALE BESSARIONE,che cede la propria biblioteca ricca di testigreci a Venezia, inizia a prendere forma laBiblioteca Marciana

Angelo Ambrogini detto ilPOLIZIANO (1454-1494), ilmaggior poeta e umanista delsecondo Quattrocento, elabora laDOCTA VARIETAS, una tecnicacompositiva a intarsio di fonticlassiche e moderne

Umanista di spicco è ENEASILVIO PICCOLOMINI (1405-1464), dal 1458 papa PIO II,nella cui opera si pone il temadella conciliazione tra i principidella teologia cristiana e i valorilaici della classicità

In LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472), uno dei più grandi interpreti delpensiero umanistico ma anche iniziatoredell’Umanesimo volgare, il dialogo serratocon gli antichi diviene vitale e nutrel’intera vicenda creativa

A MARSILIO FICINO (1433-1499),che nel 1462 fonda l’Accademianeoplatonica, si deve la formulazionepiù alta del platonismo e la riscopertadella tradizione ermetica cheinformano la cultura della cortelaurenziana

Un posto a sé nella corte medicea spetta al poetaLUIGI PULCI (1432-1484), autore del primopoema eroicomico, cui guarderà MATTEO MARIABOIARDO (1441-1494), attivo alla corte ferraresedegli Estensi, nel comporre il nuovo poemacavalleresco rinascimentale

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>È l’ultimo sovrano aragonese,FEDERICO (1451-1504), ildestinatario della silloge poeticadella RACCOLTA ARAGONESEfatta preparare da Lorenzo ilMagnifico

L’opera filosofica epoetica di TOMMASOMORO (1478-1535)definisce i terminientro cui fioriscel’Umanesimo inglese

Con ERASMO DA ROTTERDAM(1466-1536) si afferma unanuova visione umanistico-religiosa: la sua esperienzatravalica i confini nazionali e dàall’Umanesimo europeo unafisionomia di movimento corale

Alla corte di Federico d’Aragonaopera il maggiore poetadell’umanesimo volgare, JACOPOSANNAZARO (1456-1530), autoredell’ARCADIA, il romanzo pastoraleche rinnova la poesia bucolica

Protagonista del nuovo climaculturale che anima la reggiadi Castelnuovo è GIOVANNIPONTANO (1429-1503), cheguida il cenacolodell’Accademia Pontaniana

In area tedesca è attivo NICCOLÒCUSANO (1401-1464), la cui operafilosofica e scientifica costituisceun momento di sintesi tra saperemedievale e filosofia moderna

1410 1420 1430 1440 1450 1460

BURCHIELLO (1404-1449) LUIGI PULCI (1432-1484

LORENZO DE’ MEDICI (1449-1492) ANGELO POLIZIANO (1454-1494)JACOPO SANNAZARO (1457-1530) ERASMO DA ROTTERDAM (1466/1469-1536)

MARSILIO FICINO (1433-1499) MATTEO MARIA BOIARDO (1441-1494)

1420 Trattato di Troyes1429 L’esercitofrancese guidato daGiovanna d’Arco liberaOrléans1431 Giovanna d’Arcoè condannata al rogo

1431-1449 Concilio diBasilea1450 Francesco Sforzasi impadronisce diMilano

1453 Si conclude laGuerra dei Cento Anni.Caduta diCostantinopoliassediata dai turchiottomani

1455 Inizio dellaGuerra delle Due Rose1461 Luigi XI sale altrono di Francia1479 Unificazione delregno di Aragona conquello di Castiglia

1485 L’incoronazionedi Enrico VII dellacasata dei Tudor ponefine alla guerra civileinglese