Sezione V; decisione 6 marzo 1964, n. 340; Pres. Gallo P., Est. Fortini del Giglio; Pieri ed altri...
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Sezione V; decisione 6 marzo 1964, n. 340; Pres. Gallo P., Est. Fortini del Giglio; Pieri ed altri(Avv. Lessona, Cecconi, Nardi Dei, Tassinari, U. Fragola) c. Min. interno (Avv. dello Stato Ricci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 9 (1964), pp. 379/380-381/382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155039 .
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379 PARTE TERZA 380
testualmente. Il parere, prodotto dalla difesa erariale, è
stato, a sua volta, preceduto da un'ampia analisi dei costi effettuata da un'apposita^commissione d'indagine, le cui
riunioni sono state consacrate in verbali, anch'essi prodotti, sicché si deve ritenere che il comitato abbia accettato il
parere della commissione consultiva anche nella parte con cernente i costi ed i ricavi ed abbia conosciuto gli atti del l'istruttoria svolta dalla commissione d'indagine, che co stituisce il precedente ed il presupposto di tale parere.
Inattendibile è anclie l'osservazione secondo cui il co mitato avrebbe adottato criteri di calcolo arbitrari ed ille
gali od iniqui, intesi soltanto a « dare la più ampia soddi sfazione a un movimento di piazza », e avrebbe perciò pre teso dalla società un'impostazione del proprio bilancio contraria alle leggi ordinarie e finanziarie. Rinviando al
l'esame delle censure sollevate in ordine alle singole voci di costo la pronuncia sull'arbitrarietà e, in genere, sull'ille
gittimità dei criteri accolti dal comitato, si può rilevare che gli atti del procedimento non offrono alcun elemento dal quale si possa desumere lo scopo cui, secondo le parole poste in evidenza, si sarebbe ispirato il comitato ; e che, come in seguito sarà meglio precisato, le « norme ordinarie e fiscali » cui si riferisce la società non creano limiti all'ac certamento dei costi effettivi affidato al comitato, il quale, d'altronde, non ha impartito, nò poteva impartire, con l'atto
impugnato, nessun ordine, nò direttamente nò indiretta
mente, in merito al modo in cui la società avrebbe dovuto
impostare il proprio bilancio. Attiene infine al merito il rilievo secondo cui il comitato
avrebbe dovuto determinare le tariffe « in modo da valere
per un periodo piuttosto lungo », al qual proposito si può, comunque, osservare che la stabilità di tali tariffe dipende da circostanze obiettive (andamento dei prezzi e dei costi, situazione connessa alla produzione, ecc.), le quali possono
prodursi in momenti o modi imprevedibili o non sempre
prevedibili, sicché un vincolo nel senso voluto dalla ricor
rente potrebbe rivelarsi contrario all'interesse pubblico per
seguito dalle norme sulla disciplina dei prezzi. (Omissis) e)] Infondata ed in parte inammissibile è anche
la censura dedotta alla lett. ii) : «Ammortamento indu
striale della rete ». La ricorrente si duole : che l'ammor tamento sia stato calcolato sul valore residuo della rete al
31 dicembre 1959, « contrariamente al preciso disposto dell'art. 2425, n. 1, cod. civ. » ; che non sia stata applicata l'aliquota (8%), stabilita dal ministero delle finanze con
circolare 16 febbraio 1957 n. 350.930 ; che, fissando una
aliquota meno elevata (5,25%), la commissione non ha
tenuto adeguato conto « del rischio derivante dall'usura ed obsolescenza degli impianti ».
Il criterio seguito dalla commissione non è peraltro il
legittimo per la sua non conformità con l'art. 2425 cod. civ.
e con i principi cui si è ispirato il ministero delle finanze nel determinare l'ammortamento industriale.
Tanto il codice civile, quanto le circolari del ministero delle finanze si attengono allo stesso criterio e dettano norme vincolanti per le società e gli enti tassabili in base a bilancio o ad esse applicabili, ispirate a finalità diverse da quelle perseguite dagli organi preposti alla disciplina dei prezzi.
L'art. 2425 dispone che, nella valutazione degli elementi
dell'attivo, gli immobili, gli impianti, il macchinario ed i mobili debbono essere iscritti in bilancio per un valore co stante non superiore al prezzo di costo, mentre la valuta zione « deve essere in ogni esercizio ridotta in proporzione del . . . deperimento e del consumo per la quota corrispon dente all'esercizio stesso, mediante l'iscrizione al passivo di un fondo di ammortamento » ; il che significa che tale
fondo deve essere ogni anno accresciuto di una quota com misurata all'ammontare del deperimento e del consumo, finché il valore iniziale del cespite non venga a coincidere con le somme accantonate nel fondo ammortamento e cioè
non venga totalmente eliminato come posta attiva del bi
lancio. Le circolari del ministero delle finanze (in parti colare, la circolare 1° marzo 1957 n. 350.620, con la quale sono stati stabiliti i coefficienti di ammortamento in materia di imposta di ricchezza mobile) stabiliscono egualmente il
valore ammortizzatile in misura al costo originario del
cespite (maggiorato dei costi accessori per messa in opera, assimilabili al costo originario, e, a differenza del codice
civile, eventualmente degli incrementi successivi) e dispon
gono che esso rimanga di esercizio in esercizio come una
posta attiva invariata, cui corrisponde, nel passivo, il fondo di ammortamento, accresciuto di anno in anno dall'am montare di una quota di deperimento stabilita in misura
fissa, secondo le categorie dei cespiti ammortizzabili. Il criterio accolto dal codice civile coincide pertanto,
nella sostanza, con quello seguito dal ministero delle fi nanze ed entrambi si concretano in norme per la compila zione dei bilanci, consentendo peraltro, esercizio per eser
cizio, il calcolo del valore residuo dato dalla differenza tra il valore originario e l'ammontare del fondo ammortamento.
La commissione consultiva non aveva però l'obbligo di seguire nè questo sistema, nè l'uno o l'altro dei diversi sistemi in uso per il conteggio della quota sul capitale fisso ; nè aveva il compito di stabilire quale quota dovesse essere iscritta in bilancio come contropartita del valore residuo o in aumento del fondo di ammortamento come contropar tita del valore originario. Essa doveva limitarsi a stabilire il costo effettivo di esercizio, valevole per il 1960 e per gli anni successivi, con riferimento al valore effettivo dell'im
pianto al 31 dicembre 1959 e cioè a formulare un piano di
ammortamento, che consentisse di stabilire un certo costo
per gli anni di durata della rete, adottando quello tra i metodi d'uso che le sembrasse più conveniente : e ciò essa ha fatto, calcolando la durata fisica complessiva dell'im
pianto a partire dalla sua costituzione, valutando al 31 di cembre 1959 la durata del rimanente periodo ed il valore residuale a tale data e calcolando su tale valore residuale l'ammortamento annuo in una certa percentuale fissa (il 5,25% : v. prospetto sull'« Accertamento dei costi e ri cavi », allegato alla nota 26 luglio 1963).
La scelta di tale sistema è pertanto legittima in rela zione allo scopo che doveva essere perseguito e non è cen surabile nel merito, così come è legittima la determina zione di una quota diversa da quella ammessa dal ministero delle finanze per analoghi impianti, posto che, come la Sezione ha già rilevato (dee. 20 dicembre 1961, n. 752, Foro
it., Rep. 1961, voce Calmiere, n. 12), le disposizioni impartite da quel ministero ai propri uffici in materia di ammorta mento tendono allo scopo di stabilire il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette e non vincolano altre autorità amministrative nell'esercizio delle proprie attribuzioni.
(Omissis) Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 6 marzo 1964, n. 340 ; Pres. Gallo
P., Est. Fortini del Giglio ; Pieri ed altri (Avv. Lessona, Cecconi, Nardi Dei, Tassinari, TJ. Fragola) c. Min. interno (Avv. dello Stato Ricci).
Impiegato degli enti locali —- Trattamento di quie scenza — Norme limitative — Questione di co stituzionalità — Manifesta infondatezza (Costi tuzione, art. 128 ; r. d. 3 marzo 1934 n. 383, t. u. legge com. e prov., art. 220).
Impiegato degli enti locali —- Regolamento del per sonale del comune di Firenze — Trattamento di quiescenza —- Maggior favore rispetto a quello dei dipendenti statali — Illegittimità (R. d. 3 marzo 1934 n. 383, art. 220).
È manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 220 del t. u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934 n. 383, contenente norme limitative delle
facoltà dei comuni di disporre in ordine al trattamento di quiescenza dei propri dipendenti, per' asserito con trasto con l'art. 128 della Costituzione, che riconosce l'autonomia dei comuni. (1)
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381 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 382
È illegittima, per contrasto con l'art. 220 del t. u. della legge comunale del 1934, la norma del regolamento organico del
personale del comune di Firenze, la quale riconosce una speciale indennità che in concreto si cumula con assegni di riposo continuativi o dovuti una tantum dagli istituti
di previdenza e dall'I.n.a.d.e.l. (2)
La Sezione, eoe. — Il comune di Firenze, con il secondo
e terzo motivo di censura, sostiene che l'art. 220 della
legge com. e prov. 3 marzo 1934 n. 383, contenente norme
limitative della facoltà dei comuni di disporre in ordine al
trattamento di quiescenza dei propri dipendenti, dovrebbe
intendersi abrogato dall'art. 128 della Costituzione, in
quanto lesivo della autonomia dei comuni da tale norma
riconosciuta. Sostiene, peraltro, che anche se le disposizioni del suddetto art. 220 della legge com. e prov. non deb
bano considerarsi abrogate, esse non sarebbero, comun
que, applicabili nella fattispecie, come si sostiene anche
da tutti gli altri ricorrenti, sia perchè incompatibili con il cambiamento successivamente intervenuto degli ordinamenti relativi al trattamento dei dipendenti statali, sia perchè il trattamento speciale stabilito con l'art. 220
del regolamento organico del personale comunale, annul
lato con l'impugnato provvedimento, ha natura e finalità
diverse da quelle cui sono preordinate le norme vigenti relative al trattamento di quiescenza degli impiegati e
salariati dello Stato e da quello dell'I.n.a.d.e.l., costituendo,
invece, il deliberato trattamento, un certo compenso per <« i danni contingenti » subiti da chi venga a cessare dal ser
vizio in condizioni eccezionali. Nei due ricorsi prodotti dai due gruppi di personale interessato si sostiene, altresì, che il divieto ai comuni di fare ai propri dipendenti un trat
tamento più favorevole di quello stabilito per i dipendenti statali, dovrebbe considerarsi non già in linea astratta,
in relazione, cioè, al sistema delle pensioni e delle indennità,
bensì al trattamento fatto in concreto ai dipendenti stessi.
Al riguardo questo collegio osserva, in ordine alla de
dotta incompatibilità dell'art. 220 della legge com. e prov. con la Costituzione, che l'eccezione è manifestamente
infondata perchè l'autonomia normativa comunale incontra
sostanziali limiti segnati dai principi generali dell'ordina
mento dello Stato o da norme imperative dello Stato stesso.
E nella specie non potrebbe dubitarsi del carattere di legge
generale della norma in questione. Circa i criteri che debbono seguirsi per il raffronto tra
il trattamento dei dipendenti degli enti locali e quello degli
statali, questa Sezione non trova alcun motivo per discostarsi
dal parere dell'Adunanza generale emesso sulla proposta di annullamento della norma regolamentare di cui si di
scute, in quanto nel raffronto tra i vari trattamenti di quie scenza è alla norma di carattere generale e non alla sua ap
plicazione in concreto nei singoli casi, che occorre fare ri
ferimento, laddove si tratti di enti aventi caratteristiche
e strutture organiche diverse da quelle dello Stato. D'al
tronde, nessuna dimostrazione, nè in astratto, nè in con
creto, è stata fornita dai ricorrenti circa una eventuale
diversità di trattamento.
L'illegittimità della norma regolamentare fu ritenuta
dal decreto presidenziale impugnato, come ritiene anche
questa Sezione, per il sostanziale motivo che la speciale indennità concessa si sarebbe praticamente cumulata con
uno o più assegni di riposo continuativi o una tantum do
vuti dagli istituti di previdenza per i dipendenti enti lo
cali e dall'I.n.a.d.e.l., al quale ultimo istituto corrisponde
l'E.n.p.a.s. per gli statali. Onde resta anche oscuro il ri
chiamo dei ricorrenti a cambiamenti che si sarebbero veri
ficati nell'ordinamento dei trattamenti di quiescenza agli
statali.
(1-2) Mentre la questione di costituzionalità non risulta
altre volte affrontata, conf., sulle questioni di cui alla seconda
massima, Cons. Stato, Ad. plen., 1° luglio 1959, n. 11, Foro
it., 1959, III, 221, con nota di richiami, nonché Sez. I 10
gennaio 1961, n. 2354, id., Rep. 1963, voce Impiegato degli enti
locali, n. 78, e 26 maggio 1953, n. 1044, id., Rep. 1953, voce
Impiegato com. e prov., n. 129.
Nè alcuna dimostrazione lianno dato i ricorrenti sull'even
tuale esistenza di una condizione meno favorevole per quei
dipendenti, ove ancora ne fossero in servizio, il cui tratta
mento di pensione fosse a diretto carico del bilancio co
munale.
La disposizione regolamentare si palesava dunque ille
gittima anche in base ad una giurisprudenza concorde
di questo Consiglio, che questa Sezione non può che ricon
fermare, in conformità della quale deve ritenersi che ogni
maggiore concessione nella soggetta materia, oltre quelle
previste dalle vigenti disposizioni di legge, costituisce
liberalità non consentita perchè priva di alcuno scopo di
pubblica utilità e come tale illegittima. Circa il dedotto carattere eccezionale e contingente
delle indennità fissate con il regolamento de quo, i ricorrenti
hanno parlato vagamente di danni contingenti e, nella di
fesa orale, hanno accennato ad una giusta riparazione per la mancata estensione al personale in servizio di taluni
miglioramenti economici. Ma di ciò non è stata data alcuna
dimostrazione. Le dedotte circostanze eccezionali pratica mente coincidono con le posizioni prese in considerazione
dalle varie disposizioni di legge per la concessione dei re
lativi trattamenti e la norma regolamentare di cui trattasi
non riveste carattere contingente e transitorio, ma ha ef
fetto permanente. Non si vede quindi come potrebbero accogliersi i ri
corsi per i motivi suddetti. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 4 marzo 1964, n. 108 ; Pres. Poli
stina P., Est. De Capua ; Carnevale (Avv. Sivieri,
Dedin) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Az
zakiti).
Atto amministrativo — Provvedimenti definitivi —
Atti dei direttori «(cuciali di ministero (R. d. 26
giugno 1924 n. 1054, t. u. sul Consiglio di Stato, art. 34).
Impiegato dello Stato e pubblico -— Fascicolo perso nale — Atti inseribili (D. pres. 3 maggio 1957 n.
686, norme di esecuzione del testo unico delle dispo sizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato,
art. 24. n. 6).
iSono definitivi gli atti emessi dai direttori generali di mini
steri preposti ad uffici privi di competenza funzionale
esterna, anche se riflettenti il personale (nella specie dire
zione generale dell'organiz: azione giudiziaria degli affari
generali del ministero di grazia e giustizia). (1) Possono essere inseriti nel fascicolo personale dell'impiegato
pubblico solo i provvedimenti con i quali gli sono state
inflitte le punizioni disciplinari, e gli altri atti tassati
(1) La giurisprudenza si è consolidata in tale senso. Cfr.
infatti Sez. IV 27 febbraio 1963, n. 114, Foro it., Rep. 1963, voce Giustizia amministrativa, n. 68 (che ha affermato la irri
levanza, sotto questo profilo, del vizio di incompetenza dal quale l'atto del direttore generale potrebbe essere eventualmente af
fetto) ; Ad. gen. 8 luglio 1959, n. 92, id., Rep. 1960, voce A'tn
amministrativo, n. 30 ; Sez. IV 23 maggio 1958, n. 448, id.,
1959, III, 60 ; Sez. IV 27 marzo 1956, n. 351, id., Rep. 1956, voce cit., n. 39 ; 3 febbraio 1956, n. 88, ibid., n. 38. Successiva
mente alla decisione pubblicata, v., nello stesso senso, Sez. VI
18 marzo 1964, n. 241, Foro amm., 1964, I, 2, 386 ; 25 marzo
1964, n. 261, ibid., 503. Possono costituire utili elementi di raffronto, le decisioni
seguenti, le quali hanno invece affermato la definitività del
provvedimento : Sez. VI 12 febbraio 1964, n. 112, ibid., 217
(atti del direttore generale delle ferrovie dello Stato) ; Sez. IV
6 aprile 1960, n. 194, Foro it., Rep. 1960, voce Ricorso gerarchico, n. 9 ; Ad. gen. 19 novembre 1959, n. 541, ibid., voce Poste, n. 8 (atti del direttore generale delle poste e telecomunicazioni) ; Sez. IV 28 novembre 1952, n. 926, id., Rep. 1952, voce Atto
amministrativo, n. 65 (atti del direttore dell'A.n.a.s.).
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