SEZIONE I: STUDI 11 - Aracne editrice · psicoanalista ha il compito di curare, ma allo stesso...

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INCONSCIO E SOCIETÀ SEZIONE I: STUDI

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INCONSCIO E SOCIETÀSEZIONE I: STUDI

Direttore

Luciana L SPsicoanalista, psicologa, economista e filosofaPresidente OPIFeR (Organizzazione di Psicoanalisti Italiani, Federazione e Registro)Membro OPL (Ordine degli Psicologi della Lombardia)Milano

INCONSCIO E SOCIETÀSEZIONE I: STUDI

Questa collana intende raccogliere i frutti dell’applicazione della psi-coanalisi alla vita contemporanea. Le parole chiave dei lavori chefanno parte della collana sono formazione e ricerca clinica: l’impo-stazione iniziale si proponeva di applicare la psicoanalisi freudiana,nell’orientamento datole da Jacques Lacan, al discorso universitario.Tuttavia l’esigenza di scientificità, di cui l’Università non può non te-ner conto, non ha altro strumento che la formazione dell’analista. Lopsicoanalista ha il compito di curare, ma allo stesso tempo è portatoredella causa di promuovere il reale della soggettività, come avveniva inun’altra epoca attraverso quelle pratiche dette “arti liberali”. Il lavoroche l’analista fa su di sé diventa quindi il nocciolo di una soggettivitàdella scienza, possibile e non preclusa, il prototipo di un “saperci fare”per tutte quelle professioni che Freud definì Mestieri Impossibili perchéhanno come loro oggetto il soggetto stesso.

Ettore Perrella

La ragione freudiana

Volume II

La formazione degli analistie il compito della psicanalisi

Prefazione diAdone Brandalise

Presentazione diLuciana La Stella

Copyright © MMXVAracne editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

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I edizione: maggio

Allora Tobia andò a cercare qualcuno che viaggiasse con lui fino alla Mediae che conoscesse la strada. Uscì e trovò Raffaele, un giovane splendente,che stava di fronte a lui, con la tunica legata attorno ai fianchi, come se fossegià pronto al viaggio. Era un angelo, ma lui non lo sapeva. Gli chiese: «Dadove vieni, bravo giovane?». L’altro rispose: «Dai figli d’Israele». E Tobia glidisse: «Posso viaggiare con te fino a Raghes, in Media? E tu conosci queiluoghi?». E l’angelo gli disse: «Viaggerò con te. Li conosco, e ho percorsomolte volte quelle strade [. . . ]».

[. . . ] E il ragazzo partì, e l’angelo era con lui, ed anche il cane partìcon lui, e viaggiò con loro. Iniziarono il viaggio. Scese la prima notte, e sifermarono in riva al fiume Tigri. Allora il ragazzo andò a lavarsi i piedinel fiume. Ed ecco un grosso pesce venne a riva, per divorare il piededel ragazzo. Spaventato, questi gridò: «Signore, penetra nella mia carne».E l’angelo gli disse: «Afferralo per le branchie, e portalo su con te». E ilragazzo prese il pesce e lo gettò per terra, dove cominciò ad agitarsi, inagonia, davanti ai suoi piedi. E l’angelo gli disse: «Sventra questo pesce, econservane con cura il cuore, il fiele e il fegato, perché sono necessari perun medicamento utilissimo. [. . . ] Se un demonio o uno spirito malvagiohanno invasato qualcuno — uomo o donna —, devi bruciare vicino a loroun po’ del suo cuore e del suo fegato, e non saranno più invasati. Il fiele,invece, spalmalo sugli occhi di un uomo che ha le albugini. Poi soffia su diessi e sulle albugini, e guariranno».

Tb , –; , –, –(Integrando il testo dei Settanta con quello della Vulgata)

Indice

Presentazione

Prefazione

Prologo«Essere o non essere»

Capitolo IFreud e Lacan su Amleto

.. Agire o non agire?, – .. «Il tempo è fuori giunto», – .. PerchéAmleto non è affatto un nevrotico, – .. Lacan su Amleto, .

Capitolo IIIl cardine del tempo

.. In mondo alla rovescia, – .. Il lutto negato, – .. Amleto comefool, – .. Fragilità, – .. La trappola, – .. L’ora di Amleto, – .. La scelta tragica, .

Capitolo IIIAgire e non agire

.. Polonio, come psicanalista, – .. Una metodica follia, – .. Am-leto, come psicanalista, – .. Teatro, .

Capitolo IVChe cosa vuole un padre?

.. «Essere o non essere?», – .. L’eredità della carne, – .. Amaree non amare, – .. Le leggi, – .. Il desiderio di Amleto, –.. Amleto e la madre, – .. La morte di Polonio, – .. Il ritornodello spettro, – .. «Sono chi sono», .

Indice

Capitolo VPerché la verità non è la morte

.. Ofelia, – .. La fossa, – .. L’ora della verità, – .. Kata-strophé, – .. Una verità senza speranza, – .. Verso la «scienzanuova», .

Antiprologo

, Rue de Lille

. Una mattina di giugno, – . Lacan, – . «Je vous promet lesreçues», – . La psicanalisi non è mai una tecnica, – . Due doman-de, – . Dissolution, – . Un ottantenne in ciabatte di vernice, –. Sicut palea, – . Una lezione di rigore, .

La formazione psicanaliticacome problema

. Pensare la psicanalisi, – . La passe, – . Argomento della seconda«critica», .

Parte IDopo l’analisi

Capitolo ILa fine dell’analisi

.. Un problema affrontato molto tardi, – .. La fine, a cominciaredall’inizio, – .. Sul transfert, – .. La spudoratezza nevrotica, – .. Perché la verità non si può mai sapere, – .. La funzione delfantasma, – .. Kátharsis, – .. L’atto dell’analista e l’avanzamentodell’analisi, – .. Chi finisce l’analisi?, .

Capitolo IITre condizioni

.. La natura e la funzione del lutto, – .. Il rischio etico dell’atto, – .. Lo stendardo, – .. Dal transfert per l’analista al transfert per ilmaestro, – .. Veri ignorati pudor, – .. Dalla dietetica all’etica, – .. Il mito della colpa, – .. Dall’universale all’esistenziale: ilfallo, .

Indice

Capitolo IIILo scopo dell’analisi

.. Il fallo, l’enunciazione e l’enunciato, – .. La significazione delfallo e l’insignificanza del soggetto, – .. Il corpo patologico, – .. Maschile e femminile, – .. Il fallo e il mito del godimen-to, – .. Il feticismo degli psicanalisti, – .. Un inconvenien-te inaccettabile, – .. È ancora possibile la psicanalisi nell’epocadell’informazione, .

Capitolo IVModalità di trasmissione

.. Seminari e cartels, – .. «Contropsicanalisi», – .. La su-pervisione, – .. La passe, – .. Che cosa ci possiamo aspetta-re dalla psicanalisi, – .. Scopi terapeutici e scopi formativi, –.. Quando gli analisti fanno resistenza alla psicanalisi, – .. L’agentedell’analisi, – .. Spostare l’accento, .

Parte IIL’agone

Capitolo IChe cos’è un’azione

.. Kultur, – .. Dalla significazione all’azione, – .. Exem-plum, – .. La struttura dell’agone, – .. Áskesis, – .. Iltempo dell’agone, – .. Le leggi dell’azione, .

Capitolo IIL’Agone in Grecia

.. L’agone iniziatico, – .. Agogé, – .. Pindaro a Olimpia, – .. Dall’iniziazione all’amore, – .. Eunomía, – .. Una cittàsenza storia, – .. Potere patriarcale e potere tribale, – .. Unacittà di fratelli, – .. La paternità iniziatica, – .. La politicacome educazione, .

Capitolo IIIIl mito della legge

.. Il mito freudiano del padre, – .. Una sua variante eventuale, – .. L’unica legge davvero universale, – .. La legge e il limite dellesignificazioni, .

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Capitolo IVMégiston máthema

.. Verso una teoria della salute, – .. La significazione e il senso,secondo Lacan, – .. Il matema e il non insegnabile, – .. Daun matema all’altro, – .. Gli educandi, – .. Socrate e lamaieutica, – .. L’indecidibile, nel Menone, – .. Siracusa, –.. Phýlakes, – .. L’educazione dei filosofi, – .. Il compito deifilosofi, – .. L’ascesi platonica, – .. «La grande salute», .

Parte IIIIl senso

Capitolo IScientia bene movendi

.. La caccia allo Snark, – .. Senso e significazione, – .. Signi-ficante e concetto, – .. La musica e la lingua, – .. La musicanella psicanalisi e nella semiologia, – .. Primo approccio alla si-gnificazione musicale, – .. La doppia articolazione, – .. Unminuetto di Mozart, – .. La significazione musicale, .

Capitolo IILa commedia sull’abisso

.. KV : esposizione, – .. Sviluppo, – .. Ripresa, – .. Ilsenso è l’atto, – .. Andante cantabile, – .. Il terzo tempo, –.. Lo stile di Mozart, .

Capitolo IIIIl ritmo

.. «Che vuole che m’importi del suo maledetto violino?», – .. Modidi comporre, – .. La movenza, – .. L’accento, – .. «Qualeritmo ha gli uomini», – .. Il gai savoir, – .. Da dove vengono ibambini, .

Capitolo IVL’amore del diritto

.. Tre esergo, – .. Mozart e Beaumarchais, – .. Ouverture, – .. La comicità nella musica, – .. Struttura musicale delle Nozzedi Figaro, – .. Cherubino, o del desiderio, – .. Il terzetto del

Indice

primo atto, – .. La contessa, – .. Sì, no, – .. Che cosaha perduto Barbarina, – .. Un’apologia del diritto, .

Capitolo VIl canto dei viventi

.. Mozart e il lutto, – .. Il canto imperfetto, – .. Introitus, –.. La fuga, – .. Timore e tremore, – .. La tromba del giudi-zio, – .. La conclusione rinviata, – .. Il pensiero di Mozart, – .. Gere curam mei finis, – .. La scala, .

Capitolo VILa voce di Dio

.. Lo shofar, – .. Perché la musica non è una formazione dell’in-conscio, – .. Apokálypsis, – .. Il sublime, .

Parte IVEtica e psicanalisi

Capitolo I«Pastori d’anime laici»

.. Freud e Pfister, – .. Che cosa intende Freud per religione, – .. Freud e la legge cristiana, – .. La legge cristiana e la leggemosaica, – .. Corpus Christi, – .. Freud e l’amore, .

Capitolo IILa sublimazione

.. «Io non cerco, trovo», – .. La cosa, – .. Il peccato e lacosa, – .. La pulsione secondo Lacan, – .. La quadratura, .

Capitolo IIIChi ha ucciso Dio?

.. Lacan e la città, – .. I limiti della terapia, – .. Lacan el’amore, – .. Nómos émpsykhos, – .. La grazia, – .. Indivi-duazione e desoggettivazione, – .. Il cristocentrismo di Freud, – .. Che cosa possiamo sperare, – .. La psicanalisi e la morte diDio, – .. Metánoia, – .. «Nome del Padre è il Figlio», .

Indice

Capitolo IVLa pulsione

.. Energia e pulsione, – .. Dalla prima alla seconda topica, – .. Lacan sulla pulsione, – .. Dalla pulsione al desiderio, –.. Il circuito della pulsione, – .. La lamella, – .. Morti senzasaperlo, .

Capitolo VL’infanticidio e il sacro

.. Dal senso alla significazione, – .. Perché la pulsione non èl’appetito, – .. «La rosa non ha perché», – .. La radicedell’amore, .

Capitolo VIDalle pulsioni sessuali alla pulsione di morte

.. L’interno e l’esterno, – .. Il trauma, – .. L’agente dellapulsione di morte, – .. La nostalgia del vivente, – .. Dallapsicanalisi alla fondazione della scienza, .

Capitolo VIIDalla prima alla seconda topica. Il lutto

.. Narcisismo e pulsione di morte, – .. L’es e il corpo, – .. Dall’ideale al superio, – .. Lutto, eticità, patologia, –.. Elaborare il lutto, – .. Il lutto e l’angoscia, – .. Lutto einiziazione, – .. Mangiare il morto, .

Capitolo VIIIDalla prima alla seconda topica. Il superio

.. L’introiezione non è l’elaborazione del lutto, – .. Il superiocome funzione patologica, – .. Il dualismo pulsionale di Freud, .

Capitolo IXIl soffio

.. Ritmo ed evento, – .. Ritmo e pulsione, – .. Tre princìpied alcune conseguenze, – .. Pulsione e desiderio dell’analista, – .. La pulsione, lo psichico e il somatico, – .. Il corpo e lacoscienza, – .. La ragione come lógos, – .. La psicanalisi e lascienza, – .. Pneyma, .

Indice

Bibliografia

Indice analitico

Presentazione

di Luciana La Stella

Dice Aristotele: “Tutti gli uomini per natura tendono a vederecon i propri occhi”. Conoscere. Sapere tramite il proprio ve–

dere. Vidére. Trovare con la mente ciò che con i propri occhi sivede (il sensibile, il non–evidente).

n. da Homo–Abstractus

La cosa di cui io dico non è la cosa né la filosofia né della psi–coanalisi lacaniana. Essa è la materia residua che non ha pos–sibilità d’essere detta perché non è soggetto del “mancare”. È

resistenza al pensiero / mancare; è grossolana interferenza conl’oggetto che si situa oltre la sua scomparsa e lì si fa conoscere

prima di sparire in–definitiva.

n. da Homo–Abstractus

La Collana Inconscio e Società, nella sezione Studi, accoglie congrande interesse la ricerca permanente condotta in modo costanteda Ettore Perrella, attraverso una lente epistemologica consolidatada un metodo analitico, proiettato ad un ripensamento de La ragionefreudiana. L’interesse che muove questa ricerca nasce dal dischiudersidei diversi tratti del sapere psicoanalitico, alla luce delle nuove tappecondotte dalla storia e dalla cultura in quest’ultimo trentennio.

In modo chiaro e con un linguaggio duttile Ettore Perrella ci ac-compagna nella sua proposta di fondamento veritativo, partendo daun suo forte interesse che transita proprio dalla filosofia ritrovandoun fondamento analitico al di là della metafisica e della scienza: la suariflessione composita appare già dall’indice analitico che permette digiungere a quell’altrove che stimola il nostro desiderio di sapere nellaricerca e nello studio.

. Paolo Ferrari, Homo–Abstractus, aforismi/strofepensiero saggio poema per un nuovouomo e felice, ObarraO Edizioni , p..

. Ivi, p..

Presentazione

Nel primo volume, denominato Il tempo etico, al di là di un nuovoconcetto di etica, distinta dalla morale, che si interroga sull’atto, cisi avvia alla predisposizione di una base sulla psicoanalisi e sull’espe-rienza psicoanalitica, quali elementi fondanti per la costruzione, dopouna decostruzione necessaria, di una “scienza nuova” che veda inclusaanche l’etica tra le sue prospettive.

Centrale è il tempo, che in Freud era ignorato nell’inconscio, qualestrumento essenziale anche della “tecnica” della psicanalisi. A partiredalla constatazione di questa apparente contraddizione, la metapsicolo-gia freudiana qui viene messa a confronto con il primato lacaniano delsignificante, all’interno di una concezione fenomenologica — sia delsoggetto, sia della scienza —, che sola potrebbe aiutare a formulare,proprio a partire dalla psicanalisi (ma non solo), un nuovo e più apertoconcetto di scientificità, che appunto sia in grado di accogliere anchel’etica fra le sue determinazioni fondamentali.

È proprio in questo secondo volume, La formazione degli analisti e ilcompito della psicanalisi, che riusciamo ad entrare nel vivo di come lapsicopatologia da un punto di vista psicoanalitico sembri interrogarsisugli effetti sintomatici o inibitori generati dal disagio che il soggettoincontra nel suo percorso di formazione (a partire dall’infanzia basilarenell’analisi).

La psicanalisi — a differenza dalle mille forme di psicoterapia, concui non può né deve confondersi — si occupa, dall’inizio alla fine,proprio della formazione: non solo per i suoi limiti sintomatici, maanche perché produce sempre, nel suo stesso iter, dei concreti effetti diformazione. E questo non vale solo nelle analisi cosiddette didattiche,al termine delle quali lo psicanalizzato passa nella posizione dellopsicanalista, ma anche quando le finalità che il soggetto si propone diraggiungere sono solo terapeutiche.

Il concetto di formazione viene assunto qui nella prospettiva diun privilegio dell’eticità, perché essa, nelle sue diverse modalità, adaltro non mira che a mettere un soggetto in condizione di agiregiustamente.

Proprio per questo, in un mondo come quello contemporaneo,che è sempre più determinato dall’informazione, la psicanalisi haun compito assolutamente cruciale, non solo dal punto di vista delbenessere individuale, ma anche da quello sociopolitico.

Nel terzo volume, Il mito di crono, — a differenza del mito di Edipo

Presentazione

che offre a Freud uno spunto essenziale per interrogarsi sul modoin cui ciascun individuo si confronta con la legge e con il linguaggio—, permette di impostare chiaramente l’interrogazione etica che stasempre alla base di qualunque patologia. L’immagine orrenda delpadre che divora i propri figli esprime senza dubbio come la psicanalisidebba confrontarsi nelle varie situazioni patologiche, che richiedono avolte da parte dell’analista modalità d’intervento tra loro differenti.

Ettore Perrella al di là delle tre forme classiche fondamentali dellapsicopatologia — nevrosi, psicosi e perversione — aggiunge la di-pendenza, matrice a sua volta delle patologie maniaco–depressive, idisturbi alimentari (come contro–dipendenze) e le dipendenze vere eproprie.

Alla base di questa vasta esplorazione delle forme fondamentalidella clinica psicanalitica sta anche l’esigenza di chiarire come le si-tuazioni cliniche non siano degli enti “naturali”, che si conservanonel tempo identici a se stessi, ma si trasformino continuamente, pereffetto del lento mutare delle situazioni sociali, simboliche e culturalidi partenza. In effetti, i problemi con cui un analista è chiamato oggi aconfrontarsi nella propria esperienza somigliano spesso assai poco allepatologie descritte da Freud alla fine del XIX Secolo. Ciò nonostantei princìpi della clinica psicanalitica sono ancora oggi esattamente glistessi — etici, prima che terapeutici — che egli aveva individuato piùd’un secolo fa.

Questa presentazione vuole solo richiamare la sequenza magistraledell’opera in tre volumi di Perrella, al fine di consentire quel percor-so individuale che, attraversando propriamente la “ragione freudia-na”, con la lente epistemologica della metodologia psicoanalitica, cispinga anche attraverso il significante lacaniano, a coniugare il no-stro desiderio di sapere in un percorso etico tra filosofia e metodopsicoanalitico.

La collana Inconscio e Società ospita infatti l’intera opera nellasezione Studi con la finalità dell’adozione del testo sia nelle Scuoledi specializzazione sia nelle Università, oltreché nella formazionepermanente individuale degli stessi psicoanalisti e degli studiosi deltema.

Il percorso personale e professionale di ogni Autore pubblicato incollana, esprime il risultato di un cammino svolto a livello individualee personale, cimentato non solo dagli studi e dalle ricerche intrapresi,

Presentazione

ma dal desiderio di una contaminazione multidisciplinare, che per-metta una crescita verso quegli orizzonti che sono parte integrantedell’esser–ci nel mondo.

Prefazione

di Adone Brandalise

L’operazione con cui Ettore Perrella, sotto il titolo La ragione freudia-na, raccoglie, ma di fatto riplasma, tre tra le più significative tappedella sua ricerca, originariamente disposte a discreta distanza l’unad’altra, nel corso dell’ultimo trentennio, potrebbe apparire ispirata,come contribuirebbe a far pensare quello che potrebbe sembrare unpuntiglioso labor limae, ma che in realtà s’accanisce non sulle superfici,ma sulle strutture portanti dei testi, dall’intenzione di proporre unarappresentazione compiuta e definitiva del proprio pensiero. Qualcosache si potrebbe definire un’«opera».

A ben vedere, la spinta che porta i tre blocchi originari a comporsiin una configurazione unitaria, tende, piuttosto che a comporre unafinale conciliazione tra le diverse linee forza dell’elaborazione pregres-sa, suggellandone un bilancio teoricamente in pareggio, a muovereverso quello che deve mostrarsi come il centro presente da cui quellariflessione si è mossa in tempi diversi, dandosi differenti assetti, mamantenendo una tensione inequivocabile con un luogo nel linguaggioche è quello in cui la psicoanalisi è chiamata ad accadere e che proprioper questo chiede che la sua evidenza non sia occultata o distorta e cheproprio il rigore provveda a non far quadrare fittiziamente i conti. Inaltri termini, questa risistemazione non punta a celebrare ciò che si ègià pensato, ma a mettere in luce come il movimento dominante emotivante, di tutte le fasi di questo percorso, punti verso una condi-zione nella quale il pensiero è in atto, tanto più coerente quanto piùnon sedato in una compostezza dottrinale.

Il lettore già scorrendo il cospicuo indice avrà la sensazione cheil discorso che si svolge in questi tre volumi, pur onorando quantodiscende dall’aggettivo «freudiano», tracimi ripetutamente e – avràragione di sospettare – anche sistematicamente, in direzione delleagende problematiche e dei lessici della filosofia e della teologia. Di

Prefazione

fatto, ciò che qui avviene è sostanzialmente non diverso da quanto siverifica nei luoghi in cui la psicoanalisi è più propriamente sé stessa,quelli in cui la sua ragione intesa come organizzazione logica e comeassetto concettuale non è separata dall’evidenza che la lega alla sua ra-gione intesa come causa, come rapporto in qualche modo necessariocon il tessuto della vicenda umana e con le forme del suo mostrarsistorico.

Si tratta di quei momenti che possiamo censire nel registro dellastoria culturale del nostro secolo e di quello precedente, ma, credia-mo, anche nell’emergere del rapporto analitico all’interno di qualsiasiepisodio della pratica clinica in cui esso si accenda effettivamente.Insomma, la psicoanalisi c’è soltanto quando il moto che le è proprioaccade realmente, né, dove ciò latiti, vale a supplirne l’assenza l’e-vocazione idolatrica del lessico analitico e del massimario dei suoiteorici.

Se la psicoanalisi incrocia la filosofia, l’arte, o il pensiero religioso,qualora non la perverta una sua riduzione a strumento interpretativo,manovrato da logiche e finalità che non possono essere le sue, lo faperché il posto, che queste manifestazioni spirituali disegnano nellinguaggio, è quello che essa non può non attraversare, se vuole esserefedele al desiderio che lo sospinge. In tal senso si potrebbe dire ancheper l’autore di questo riapprofondimento della ragione freudiana, co-me per Lacan, mutatis i numerosi mutandis, che Perrella evidenzia inpiù luoghi, la psicoanalisi si mostra come anti-filosofia, là dove, perrealizzare l’istanza che le è propria, deve identificare la filosofia conil suo statuto disciplinare accademico, alla quale addebitare il limitecostituito dall’abdicazione al proprio desiderio in omaggio alla soddi-sfazione per l’opera filosofica compiuta (in cui Perrella vede riflettersi«l’incapacità tutta moderna di considerare il pensiero come atto dipensiero»), complementare a quel complesso di saperi della psiche,rispetto ai quali la psicoanalisi è chiamata per un verso a rivendicarela propria radicale diversità, per un altro a richiedere una parità diriconoscimento sul terreno della clinica.

Il discorso della psicoanalisi (nei due sensi, soggettivo e oggettivo,del complimento di specificazione) diviene pertanto rivendicazionedell’atto che essa rivela come propria peculiarità e che, nel contempo,rinvia ai modi in cui la centralità dell’atto si è manifestata in forme allequali la ragione moderna ha costantemente potuto accordare un rico-

Prefazione

noscimento solo parziale, quando non riservare ad esse l’applicazionedi una decisiva censura.

Al di là di quanto rinvia alla storia della presenza di Lacan in Italiae alle relazioni tra quanti furono e sono gli attori di questa vicenda,l’esigenza manifestata sin dal principio e ora pienamente rivendicatada Perrella di interrogare Lacan a partire da un orizzonte linguisticoe concettuale, non interno al gergo derivato dalle sue differenti epur a volte nobili osservanze, crediamo rifletta la necessità di nonoccultare, nella presentazione del sapere analitico, la relazione cheesso ha con i siti e i tempi del suo effettivo accadere, e quindi del suoradicarsi in tutti quei luoghi nei quali il soggetto è messo in questione.Non a caso, nella sua configurazione attuale il discorso sviluppatonella Ragione freudiana va a saldarsi quasi a incastro con quello chesi è condensato nel Dialogo sui tre principi della scienza. Perché unafondazione etica è necessaria all’epistemologia, comparso l’anno scorso,che si potrebbe dire assume in primo piano il tessuto linguisticoconcettuale in cui la psicoanalisi fa sorgere il proprio movimento,a un tempo totalmente proprio e altrettanto radicalmente ulteriorea quanto lo recingerebbe nella cornice neutralizzante di una storiaseparata da un sapere normalizzato, disciplina tra le altre nel contestodelle scienze psicologiche. L’etica così evocata è quella che costituisceil cuore, potremmo dire, usando il termine spinoziano, «attuoso»,della psicoanalisi, che a sua volta si presenta come via indispensabilenell’orizzonte della cultura moderna alla possibilità di un’etica nonridotta a recitazione moralistica o a correttezza deontologica.

Gregorio Palamas, oggetto alcuni anni orsono di un meritoriamen-te temerario recupero da parte di Perrella, traduttore ed esegeta, offrea ben vedere anche qui le connessioni essenziali della proposta teoricae della pratica che ne costituisce non tanto l’applicazione, quanto ladinamica interna più essenziale. Alla luce di questo esito psicoanalitico,la ragione freudiana si presenta nelle sue scansioni decisive. L’atto ana-litico come rifugio e rilancio dell’atto di pensiero è ciò che istituiscequello scarto tra la psicoanalisi come sapere neutralizzato e quellariemergenza della ragione essenziale e decisiva dell’analisi, che rendeimpossibile la confusione di quello che Lacan chiama il reale con lerappresentazioni immaginarie della realtà, e che alimenta gli equivocisul significato dell’interpretazione in psicoanalisi e non soltanto. È ciòche rende l’itinerario documentato in questi tre volumi inconcepibile

Prefazione

senza Lacan, ma proprio per questo ostinatamente non lacaniano:ostinazione di una sostanza che si vorrebbe non diversa da quella concui Lacan insiste a non celare i problemi sorti dalle stesse soluzionida lui proposte, ovvero a ribadire la relazione che nella vicenda delconoscere lega ogni progresso al prodursi di nuove perdite, e chedelude l’aspettativa di una qualche quadratura finale del cerchio dellequestioni aperte della condizione dell’uomo nel linguaggio. È perquesto che la ragione di cui qui si parla si aggettiva come «freudiana»,perché, con un movimento che a suo modo è molto simile a quellodel riemergere di Freud come «cosa freudiana» in Lacan, essa si confi-gura come un ritorno come questione aperta dei gesti essenziali dellapratica freudiana, nel tempo concreto in cui essa si mette a rischio,decidendo le forme del proprio fare.

Nel contempo, così come il recupero lacaniano di Freud si con-figura come una sua reinvenzione non solo nella lingua, ma anchenella fisionomia essenziale della cultura francese, il proporsi di Lacanin lingua italiana impone che ci si interroghi sui significati del suoincontro con la complessiva circostanza italiana. Anche la meditazionesui misteri non gloriosi della via legislativa italiana al depotenziamen-to della pratica analitica, cui Perrella dedica tanto spazio, travalicaradicalmente i limiti della doléance professionale. Essa muove da uninterrogativo sul compito della psicanalisi, che non può chiarirsi senon divenendo domanda circa il suo posto in altro, dove si definisconole pratiche cui rinvia, nella complessa articolazione dei suoi significati,il termine lógos. La stessa formazione degli analisti è tema che final-mente rinvia all’istanza che connette la centralità della soggettivazionenella pratica e nella teoria analitica con ciò che porta il nostro auto-re a indicare nell‘atto l’«unica modalità di fondazione di qualunquescienza» e quindi nella formazione tout court il luogo da cui ripensarequella dimensione dell’interagire umano che, con un nome antico,il cui significato la modernità ha costretto nei limiti di una propriagabbia concettuale, si indica come politica.

PROLOGO«ESSERE O NON ESSERE»

Capitolo I

Freud e Lacan su Amleto

.. Agire o non agire?

Dopo quasi quattro secoli dalla sua prima rappresentazione, l’Amletodi Shakespeare continua a porre interrogativi quasi inestricabili. Per-ché Amleto non agisce, e continua a rinviare la vendetta che devecompiere? Una risposta soddisfacente a questa domanda non è stataancora trovata, anche se su questo testo affascinante continuano adaccumularsi articoli e volumi che tentano di darne una, proponendosoluzioni a volte bizzarre, altre volte credibili, e tuttavia mai risolutive.

Le spiegazioni più probabili fra quelle che sono state proposte sipossono distinguere in tre gruppi principali, il terzo dei quali è inrealtà un sottogruppo del secondo: quelle, molto comuni soprattuttonel secolo scorso, in base alle quali Amleto rinvierebbe la sua azioneperché ostacolato da motivi reali, per esempio politici (ai quali perònel testo non si allude neppure); quelle psicologiche, per le qualiegli è intralciato dal peso della propria ragione, che gli impediscedi passare all’azione a causa degli infiniti dubbi che essa alimenta;infine quelle psicanalitiche, che propongono invece come origine delsuo procrastinare il suo desiderio incestuoso o altri motivi di tiposintomatico.

In definitiva questi tre gruppi di motivazioni hanno un elementocomune: esse considerano Amleto come un uomo troppo debole —anche se per motivi differenti — per giungere ad agire. Amleto stesso,nel dramma, pensa proprio questo di se stesso. Su tale valutazione,quindi, tutti paiono d’accordo.

Tuttavia, impostato in questo modo, il problema resta aperto, tantopiù che, assistendo al dramma o leggendone il testo, non si ha affattol’impressione che il principe non agisca perché viene impedito da unostacolo, interiore o esteriore, che non sa superare. Amleto, infatti, è

La ragione freudiana. II

e rimane un eroe tragico, è anzi il prototipo dell’eroe moderno. L’uo-mo moderno potrebbe dunque riconoscersi solo in un eroe malatoed incapace di agire? Ma, se Amleto fosse questo, come tutti sonod’accordo nel credere, avrebbero ragione i detrattori di un drammache apparirebbe subito pletorico e pieno d’incongruenze (è questo,per esempio, il parere di Eliot). E tuttavia questo testo, così lungo danon poter venire mai rappresentato integralmente in teatro, continuaad essere il più noto fra tutti quelli di Shakespeare. Inoltre nulla èmeno noioso, alla lettura o in teatro, del rinvio di Amleto. Come sispiega questo in base all’interpretazione patologica? Il fatto è che nulla,nell’inazione di Amleto, fa pensare ad una sua vera viltà, anche se eglistesso, nel famoso monologo, usa questo termine.

D’altra parte, a dispetto di alcune affermazioni di Amleto stesso, laconclusione del dramma non fa pensare affatto che il suo protagonistafosse veramente un melanconico. Come potrebbe, se no, Fortebraccio,che si trova, dopo la morte del principe, a raccogliere l’eredità delregno danese, pronunciare su di lui un elogio che non appare né falsoné stonato, alla fine della tragedia?

Quattro capitani mettano Amleto sul palco,come un soldato. Si sarebbe mostratoveramente regale, se il suo momento fosse giunto.Salutino il suo passaggio terreno, e parlinoalto, per lui, musiche e riti di guerra.Portate via i morti. È una vista che convieneal campo di battaglia, non a questo luogo.

Suvvia, dite ai soldati di sparare.Ad Amleto, quindi, convengono funerali di guerra, come ad un

eroe, o come all’ottimo re che sarebbe stato «se il suo momento fossegiunto». Ma appunto, Amleto, nel dramma di Shakespeare, a differen-za che nel racconto di Saxo Gramaticus, da cui fu tratta la vicenda, nondivenne mai re. Questo però non è un motivo sufficiente per pensareche egli sia solo un eroe capovolto, un eroe dell’insufficienza, comese una figura drammatica potesse esserlo senza risultare mancata.

. La traduzione che usiamo è quella di Eugenio Montale, dalla quale ci allontaniamoqualche volta solo per esigenze di maggiore letteralità.

. Freud e Lacan su Amleto

.. «Il tempo è fuori giunto»

Giorgio De Santillana e Hertha von Dechend hanno mostrato come ilmito che sta alla base della tragedia di Shakespeare sia diffuso in modosostanzialmente universale. Amleto, nelle mitologie più diverse, èla figura eroica che ristabilisce l’ordine del tempo, restituendo alleorbite stellari il loro giusto percorso, disturbato dalla precessione degliequinozi.

Questo carattere cosmologico della figura di Amleto, stranamente,non è affatto negato dalla tragedia di Shakespeare, soprattutto nelprimo atto, nel quale la comparsa dello spettro è sempre posta inrelazione con il percorso degli astri. Tutto ciò, si dirà, fa parte della tra-dizionale superstizione: gli spettri compaiono solo di notte, e vengonorespinti dal canto mattutino del gallo. Ma questo non toglie nulla alvalore della nostra constatazione. Da qualunque fonte Shakespeareabbia tratto questa consapevolezza del carattere cosmologico del mitodi Amleto, è certo che essa è esplicita nel testo. «The time is out of joint»,dice Amleto dopo aver parlato con lo spettro del padre: «il tempo èfuori giunto» dobbiamo tradurre, perché non si tratta di una metaforaqualsiasi. Il «giunto» è la radice dell’albero celeste, che s’inclina spo-stando le costellazioni dalle posizioni consuete e travolgendo così glieventi umani con inaudite catastrofi.

Ora, la situazione del regno di Danimarca, anche se non si parlachiaramente nel testo di nessuna influenza stellare, è proprio quellacatastrofica del «mondo alla rovescia». Amleto, nel dramma di Shake-speare, come nei miti antichi, deve ristabilire l’ordine del mondo, ma,a differenza che in questi, avverte tale compito come una maledizione:

O cursed spiteThat ever I was born to set it right,

Che maledetto dispettoessere nato per rimetterlo in sesto.

Amleto è dunque con ogni evidenza l’eroe cosmologico che apparein miti senza dubbio sconosciuti a Shakespeare, e che però questi,

. Il mulino di Amleto, Adelphi, Milano .

La ragione freudiana. II

forse grazie a quella capacità misteriosa che chiamiamo genio, sembraaver ricostruito nel suo testo. Tuttavia l’Amleto di Shakespeare non èaffatto identico alle sue figure parallele, perché non vuole o non credepossibile rimettere il tempo sul suo cardine, e proprio per questorinvia la propria azione. L’enigma che Shakespeare ci pone è proprioquesto: il principe danese è un eroe come quelli dei miti, ma è un eroemalgré lui, che si rifiuta d’esserlo. Solo su questo sfondo cosmologico sipuò impostare il problema che il dramma continua a porci in terminitali da consentire una sua soluzione, e si può spiegare la forza —innegabile eppure, nelle interpretazioni correnti, misteriosa — diquesta grande tragedia.

Si potrebbe obiettare che Shakespeare, pur avendo intuito questosfondo cosmologico e arcaico della figura di Amleto, non potevaavere una chiara consapevolezza della distanza fra gli antichi miti e laconcezione moderna, che, dopo tutto, era la sua. Ma tale obiezionenon è affatto fondata, perché la grandezza di un poeta sta proprio nellasua capacità di cogliere il sapere che giace, comunque sia giunto adepositarvisi, nelle parole della lingua, e di farlo rivivere, dando adesso una forma, per quanto enigmatica essa possa essere per il suopubblico e forse anche, entro certi limiti, per lui stesso.

Il disturbo del tempo è, all’inizio della vicenda, quello simbolicodell’ordine del vivere, dovuto alla manchevolezza del lutto per lamorte del padre di Amleto (che in Shakespeare ha lo stesso nome delfiglio) e alle seconde nozze troppo affrettate della regina Gertrude conil fratello del morto, Claudio, che è divenuto re.

È opportuno segnalare a questo proposito che Shakespeare nonsegue, sulle premesse della vicenda, il racconto originario di Saxo,ripreso da Belleforest, secondo il quale Amleto finge di essere folleper non venire assassinato dallo zio, proprio perché il trono avrebbedovuto essere suo, dopo la morte del padre. D’altra parte anche la con-clusione della vicenda, in Shakespeare, è radicalmente modificata (nelracconto originario Amleto diventa re di Danimarca, dopo aver uccisoClaudio). Purtroppo la perdita del primo dramma che aveva presospunto da questa storia, di solito attribuito a Kyd, non ci consente disapere quali di queste modifiche furono introdotte da Shakespeare equali invece risalivano già al suo predecessore. Il fatto di non saperloci porrebbe degli ostacoli ardui se volessimo inserire la concezionedell’Amleto nella vicenda personale del poeta. Tutto ciò che sappiamo

. Freud e Lacan su Amleto

è che egli, nel , appena ventenne, aveva chiamato Hamnet il suounico figlio maschio, morto già nel , e che la redazione del dram-ma fu probabilmente di poco successiva alla morte del padre. Questofa pensare che il dramma in questione dovesse essere strettamentecollegato con le linee più profonde del desiderio del suo autore. Ma infondo che ne sappiamo del desiderio di Shakespeare? Soltanto quelloche egli ci confida nei Sonetti (testi di cui ci siamo occupati altrove esui quali perciò non torneremo), in modi a dire il vero perfettamentefiltrati da una complessa trascrizione concettuale dell’esperienza chene sta alla base.

In questa situazione, è preferibile assumere il dramma come untesto isolato e tentare di giungere ad una spiegazione dei problemiche pone servendoci solo dei dati che fornisce (i quali non sono népochi né trascurabili), e prescindendo invece, per quanto è possibile,da inquadramenti storici che sono, data la scarsità delle notizie giuntefino a noi, quasi sempre ipotesi non verificabili.

.. Perché Amleto non è affatto un nevrotico

Per saperne di più sul rapporto fra l’autore ed il testo potremmorivolgerci alle numerose interpretazioni psicanalitiche di quest’ultimo.Lo faremo, ma non senza tener conto di quanto prima abbiamoaccennato di sfuggita, cioè del fatto che esse considerano Amletocome un eroe nevrotico. Che un nevrotico diventi un eroe, beninteso,è possibilissimo. Ma il suo atto, in questo caso, conserva la strutturadel sintomo nevrotico? Non lo crediamo. Infatti, la nevrosi è definitaproprio dalla difficoltà che il soggetto incontra nell’azione. Dunque unnevrotico che giunga ad essere un eroe, come nulla esclude che accada,ha cessato, con questo, d’essere un nevrotico. Amleto è nevrotico, vistoche rimanda il proprio atto? Se così fosse, egli non sarebbe affatto uneroe. Ma ciò significa che bisogna verificare se i motivi per cui eglinon si precipita ad uccidere Claudio sono effettivamente — come eglistesso, nel dramma, sembra credere talvolta — sintomatici.

. W. Shakespeare, Sonetti, a cura di E. Perrella, Elitropia Edizioni, Reggio Emilia.

La ragione freudiana. II

Chi potrebbe, per esempio, in un dramma, seguire con attenzione,senza stancarsi mai, per cinque lunghissimi atti, il rinvio d’un osses-sivo? Ciò sarebbe tollerabile solo in una commedia, ma l’Amleto nonè sicuramente questo. Il racconto d’un caso clinico ha quasi sempreun effetto direttamente o indirettamente comico, perché la nevrosiconsiste proprio nella soggezione di qualcuno all’ordine del signifi-cante, e molto spesso i sintomi, una volta tradotti nel loro significato,mostrano di avere una struttura simile a quella del motto di spirito.Ma il sorriso che in noi può suscitare a volte il dramma di Amleto èdei più amari, perché tutto ciò che egli dice e fa ha proprio lo scopodi non ridurlo ad essere determinato dal significante (ad esempio dallaformalità del lutto).

Gli analisti che hanno scritto sull’Amleto sono numerosi ( Jones,Rank, Sharpe). Ci soffermeremo però solo su Freud, che ha dedicatoal personaggio di Shakespeare un breve cenno nell’Interpretazione deisogni, e su Lacan che, nel corso del seminario del – su Il desiderioe la sua interpretazione, si è soffermato per sette settimane sul testoshakespeariano. Lacan comincia del resto la sua esposizione dal riepi-logo della posizione freudiana, alla quale egli manifesta l’intenzione direstare fedele quanto all’essenziale, pur distaccandosene in un puntoper niente secondario. Egli vorrà «mantenere Amleto al posto in cuilo ha messo Freud».

Freud parla di Amleto nella sezione dell’Interpretazione dei sognidedicata ai sogni tipici, in due pagine che seguono direttamente quellein cui egli fa riferimento all’Edipo re di Sofocle. Amleto, per Freud, èla versione moderna di Edipo. La trama del dramma è interpretata dalui come il risultato della rimozione del complesso edipico, dovuta alla«differenza nella vita psichica dei due periodi di civiltà, tanto distanti fraloro». Amleto, egli dice, non è incapace di agire in generale, ma soloquando deve uccidere colui che ha realizzato i suoi desideri infantilirimossi per Gertrude.

Il ribrezzo che dovrebbe spingerlo alla vendetta è sostituito da lui da auto-

. J. Lacan, Le Séminaire livre VI, Le désir et son interprétation, Seuil, Pa-ris . Dal momento che non è stata ancora pubblicata una traduzione italia-na, abbiamo rinunciato a indicare i numeri di pagina delle nostre citazioni. Iltesto francese è comunque consultabile, in un’altra trascrizione, anche nel sitohttp://www.valas.fr/Jacques–Lacan–Le–desir–et–son–interpretation––, .

. Freud e Lacan su Amleto

rimproveri, scrupoli di coscienza, i quali gli rinfacciano che egli stesso, allalettera, non è migliore del peccatore che dovrebbe punire.

Freud non considera l’Amleto isolatamente, ma assieme all’Edipo re.Una volta accostati questi due testi, l’interpretazione del primo apparenaturale. Ma essa è veramente giustificata? Per crederlo, dobbiamosupporre che sia già evidente quanto invece occorrerebbe dimostrare:il fatto che Amleto sia determinato a rinviare la sua azione dal propriodesiderio incestuoso e dall’odio per il padre. Ma Amleto non ha uninconscio, perché non è qualcuno. Egli esiste solo in un testo, e inquesto nulla lascia supporre la presenza di tutto ciò. A dire il vero èanche inesatto ciò che Freud dice sui suoi autorimproveri: Amleto,quando elenca le proprie colpe, tiene in realtà un discorso generale su-gli uomini (nel famoso monologo parla soprattutto alla prima personaplurale, e non è un pluralis modestiae). Ora, il delitto di Claudio è lamanifestazione più orrenda di questo cumulo di colpe («Tutta la colpaè del re» dice Laerte alla fine del dramma). Mentre rileva le colpedell’umanità nel suo complesso («A trattare gli uomini secondo il loromerito, chi sfuggirebbe allo scudiscio?» [II, II]: è la frase che Freudavrebbe utilizzato in Lutto e melanconia), Amleto rimprovera a se stessouna cosa soltanto, esattamente quella che dovrebbe essere spiegata:mentre tutti agiscono sapendo chiaramente quel che vogliono, lui sene astiene, pur sapendo molto più chiaramente degli altri che cosadeve fare. Ad esempio, poco dopo aver parlato con lo spettro del padre,egli dice:

E così, senza tante perifrasi, sarà meglioche ci stringiamo la mano per andarcene:voi per i fatti vostri e secondo i vostri desideri,come accade ad ogni uomo; ed io,per il poco che mi riguarda, sapete dove?a pregare.

Senza dubbio l’ultima parola è quella che meno ci si aspettereb-be da un uomo che, già tollerando male le frettolose nozze dellamadre, ha appena udito lo spirito del padre rivelargli la verità sulla

. S. Freud, Interpretazione dei sogni (), in Opere, Boringhieri, Torino –, vol.III, p. sg.

La ragione freudiana. II

propria morte. Amleto dunque non si precipita come tutti a realiz-zare i propri desideri. Ma questo significa necessariamente che è unnevrotico? Non possono esserci forse motivi diversi da quelli sinto-matici, per astenersi dall’appagamento dei propri desideri? Tuttaviaipotizzare che Amleto non è affatto nevrotico, quanto all’essenzia-le, cioè quanto al rinvio dell’uccisione di Claudio, non è semplice,perché sulla sua melanconia sono tutti d’accordo, anche lui stesso.Ma proviamo a vedere un po’ più da vicino che cosa egli dice inproposito:

La mia vitaper me non vale più di uno spillo.

È tutt’altro che un segno di timore o di viltà da parte sua, infattimentre gli amici lo invitano a non seguire da solo lo spettro, egli nonesita a farlo, perché non lo teme, anche se non scarta affatto l’ipotesiche quell’apparizione possa essere stata suscitata per ingannarlo e dan-narlo (egli continuerà a dubitare della natura dello spettro anche dopoaverci parlato, e solo l’effetto della play–scene sullo zio lo persuaderàdella verità delle parole di quello, eppure non ancora del fatto che essofosse veramente lo spirito del padre).

Certo, questo coraggio non dimostra di per sé che Amleto nonè nevrotico, dal momento che nulla impedisce ai nevrotici d’esserecoraggiosi. Ma l’impressione che lo spettatore si fa è che egli abbiatanta forza nell’affrontare il rischio, in tutto il dramma, perché pone aldi sopra di ogni bene di cui potrebbe godere (Ofelia, il trono, la vitastessa) qualcosa di più alto. Per rinunciare ai beni del godimento, purdi mantenersi in rapporto con un altro bene, superiore ad essi, bisognaessere dunque necessariamente nevrotici? Al tempo di Shakespeare lafilosofia e la religione non facevano altro che ripetere (da due millenni)che bisogna proprio fare questo. Tutti gli antichi filosofi e gli antichisanti erano dunque nevrotici?

In realtà le due pagine che Freud dedica ad Amleto non dimostranoin nessun modo la sua nevrosi; esse partono da un presupposto: unuomo che non sia nevrotico non ha problemi ad agire e ad appagare ipropri desideri; Amleto invece rinvia la prima cosa e respinge la donnache ama, come fanno i nevrotici; quindi Amleto è nevrotico. Questa èl’implicita deduzione di Freud: legittima in linea di principio, purché

. Freud e Lacan su Amleto

tutte le parole pronunciate dal principe di Danimarca nel drammadimostrino che egli non «fa come» i nevrotici, ma è nevrotico (non èaffatto lo stesso).

Dopo tutto, se così stessero le cose, non ci sarebbe alcun problemad’interpretazione. Invece quella di Freud parte proprio dalla constata-zione dell’oscurità dei motivi della sua inazione: «L’effetto travolgentedel dramma [. . . ] si è dimostrato singolarmente compatibile col fattoche si può rimanere perfettamente all’oscuro del carattere dell’eroe».In altri termini: il dramma suscita l’interesse di chi vi assiste, benchéil protagonista, per motivi che rimangono oscuri, rinvii la propriaazione; di conseguenza questo rinvio deve essere motivato da qualcosain cui tutti si riconoscono.

Il ragionamento di Freud acquista qui — come accade spesso negliscritti di «psicanalisi applicata» della prima metà del secolo scorso — uncarattere curiosamente capzioso. È come se Freud dicesse: se Amletofosse un nevrotico, ci annoieremmo; quindi ci dev’essere qualcosa cheappassiona in questo nevrotico: l’incesto. Ma, se questo fosse vero, ciappassioneremmo anche ad un pessimo dramma su un argomento in-cestuoso, cosa che non accade di certo. A questo punto non rimaneche chiederci se l’analogia fra il comportamento di Amleto e quello deinevrotici dipende davvero dal fatto che anche lui lo è, o da un altro fattore.

.. Lacan su Amleto

Se ricorriamo adesso al testo di Lacan, che è sicuramente molto piùlungo e dettagliato di quello di Freud, vediamo che, pur ammettendoche Amleto è un nevrotico, egli non stabilisce che nevrosi abbia. Lacancondivide l’impostazione del problema data da Freud, e parte comelui non solo dal dramma di Shakespeare, ma da questo e da quello diSofocle. A differenza di Freud, però, Lacan insiste sulle loro differenze.Egli sostiene che questa impostazione non solo è lecita, ma anchedoverosa in base ai principi della psicanalisi.

Vedete per che via procediamo. Il nostro metodo consiste nel confrontarele fibre omologhe della struttura nelle due fasi, quella di Edipo e quella

. Ivi, p. .

La ragione freudiana. II

di Amleto. È un metodo classico, il cui referente è un tutto articolato.Trattandosi del significante, questo metodo s’impone, poiché l’articolazione,lo sottolineo incessantemente, è per esso insomma consustanziale — si parladi articolazione nel mondo solo perché c’è il significante.

Come si può non vedere che qui anche il ragionamento di Lacanè ricorsivo? Egli parte come Freud dall’insieme Edipo–Amleto, chenulla, se non l’interpretazione psicanalitica stessa, consente di creare,ma nello stesso tempo insiste nel sottolineare le differenze fra i duetesti, dal momento che il criterio temporale usato da Freud gli pareinsufficiente; per giustificare questo confronto interno si richiama poialla nozione di significante. Ma quest’ultima non giustifica l’insiemeAmleto–Edipo re più di quanto non giustificherebbe qualunque altroassortimento di testi letterari; essa giustifica solo il rilevamento delledifferenze fra i due testi, non le loro analogie, che sono date perpresupposte da Lacan in base alle affermazioni di Freud. EppureLacan giustamente dichiara poco dopo:

Procediamo armati della più grande semplicità. Quel che ci fa sempresmarrire la strada è il fatto di sostituire chiavi belle e fatte al traversamentodell’interrogativo. Freud ci dice in proposito che si tratta della rappresen-tazione conscia di qualcosa che deve articolarsi nell’inconscio. Quel chetentiamo di situare nell’inconscio è quel che vuol dire un desiderio. Ebbenediciamo con Freud che nel desiderio di Amleto c’è qualcosa che non va.

Ma questo — e ritorniamo così a quanto abbiamo già osservatopoco fa — bisognerebbe dimostrarlo attraverso le parole di Amleto,non attraverso un riferimento a Freud, come in analisi la verità diun’interpretazione è fondata sulla risposta dell’analizzante, non suilibri di psicanalisi: tanto più che Lacan vede benissimo quali sonole insufficienze dell’interpretazione data da Freud di questo testo, erileva, distaccandosi notevolmente dalle affermazioni del padre dellapsicanalisi, che il desiderio, nel dramma, «dev’essere considerato làdov’è, nell’opera. Questo desiderio è ben lontano dal suo [di Amleto].Non è il suo desiderio per sua madre, è il desiderio di sua madre». Epoco più avanti: «La madre è un con béant. Uno parte e l’altro arriva».

Trascuriamo per il momento di verificare se questa interpretazionedi Lacan, che sicuramente è più vicina al testo di quella freudiana, èeffettivamente verificabile in base ai dati che ci fornisce il dramma (lo

. Freud e Lacan su Amleto

vedremo fra poco) e torniamo al punto che prima avevamo lasciatoin sospeso. Amleto è un nevrotico (un isterico), dice Freud. Che cosadice invece, a questo proposito, Lacan?

Del desiderio di Amleto si è detto che era il desiderio di un isterico, e forseè esatto. Come si può dire che è il desiderio di un ossessivo; è un fatto cheè zeppo di sintomi psicastenici gravi. In verità Amleto è entrambe le cose.Egli è puramente e semplicemente il luogo di questo desiderio. Amletonon è un caso clinico. Non è un essere reale, è un dramma che presentauna specie di piattaforma girevole in cui si situa un desiderio.

E una settimana dopo:

Amleto non ha nevrosi, ci dimostra qualcosa della nevrosi, e questo è tut-t’altro che esserlo. Tuttavia se Amleto in una certa prospettiva ci appare cosìvicino alla struttura dell’ossessivo, è per il fatto che una delle funzioni deldesiderio, e nell’ossessivo la funzione maggiore, è di mantenere a distanzal’ora dell’incontro e d’attenderla.

Il secondo passo è una sorta di precisazione del primo. Lacan vedeche non ci sono motivi per diagnosticare una nevrosi di Amleto: è deltutto evidente che non si può essere al tempo stesso isterici e ossessivi.Perciò Amleto non è nevrotico, ma «dimostra qualcosa della nevrosi».Ma un soggetto che non ha nevrosi, perché solo «la dimostra», è unnevrotico? Se è vero che è «zeppo di sintomi psicastenici gravi», comepuò non essere nevrotico, ma solo «dimostrare» una nevrosi? Tuttavia,se queste affermazioni di Lacan fossero esatte, come si spiegherebbeche Amleto appare un personaggio concretissimo, mentre nessuno hamai incontrato un «isterico ossessivo»?

Lacan però aggiusta il tiro: il personaggio poco importa, quel cheimporta è il dramma, e questo è una specie di macchina che fa vedereil meccanismo del desiderio in molti aspetti. Ma questo desiderio dichi è, se non di Amleto?

Tutto ciò che la psicanalisi ci ha detto su questo personaggio enig-matico è tratto veramente dal testo shakespeariano o è l’effetto pro-dotto negli psicanalisti dall’incontro fra gli enigmi del dramma e laloro teoria? Se facciamo, senza per ora poterla dimostrare, l’ipotesiche qualcosa, nel testo shakespeariano, tocca sul vivo gli psicanalisti(anche se non precisiamo ancora che cosa sia), possiamo facilmen-te concepire che tanti di loro si siano interessati ad Amleto. Ma per

La ragione freudiana. II

comprendere che cosa, in questo dramma, fa scattare il loro interesse,bisogna prima considerarlo attentamente, per vedere se in esso nonsia già incluso, sebbene implicitamente, un chiarimento del presuntoenigma. Possiamo ipotizzare che questo chiarimento ci sia se partia-mo dal presupposto, che la nostra esperienza ci conferma, che l’Amletonon è certo un’opera mancata. Se alla lettura noi comprendiamo, an-che senza comprendere esattamente che cosa comprendiamo, questoaccade perché la chiave dell’enigma ci è già stata data. Ma questa chiavedev’essere cercata nel testo, non fuori di esso, e proprio per applica-re il principio lacaniano dell’articolazione del significante dobbiamointerrogare i significanti del testo all’interno del loro sistema, nonall’interno di un sistema più vasto (Amleto–Edipo re), che potremoeventualmente costruire solo se avremo verificato l’esattezza dellesupposizioni di Freud. Per fare questo dovremo quindi prescindereda ogni interpretazione psicanalitica. L’Amleto è un testo drammatico,non filosofico, e quindi dev’essere inteso in termini drammatici, cioèsecondo le leggi e le forme dell’azione nelle quali esso si produce.Le stesse parole del dramma non sono che un momento, per quantocapitale, dell’azione che vi si svolge. Solo quando avremo inteso checosa dice il dramma nella sua struttura potremo comprendere un po’più chiaramente se le affermazioni di Freud e di Lacan sono fondatesu di esso o su qualcosa di diverso.