Settimana santa in tempo di pandemia · più esattamente queste le sue parole: «C’è gente che...

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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 9 aprile 2020 anno LXXIII, numero 15 (4.039) Settimana santa in tempo di pandemia

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 9 aprile 2020anno LXXIII, numero 15 (4.039)

Settimana santain tempo di pandemia

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L’Osservatore Romanogiovedì 9 aprile 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAD irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

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Il 3 aprile il Papa ha offerto la sua messa delmattino per le persone che “pensano al dopo”,più esattamente queste le sue parole: «C’ègente che da adesso incomincia a pensare aldopo: al dopo la pandemia. A tutti i problemiche arriveranno: problemi di povertà, di lavo-ro, di fame. Preghiamo per tutta la gente cheaiuta oggi, ma pensa anche al domani, peraiutarci a tutti noi».

È vero, esistono persone che hanno la capa-cità della pre-visione, di prevedere, loro sono iveri “p ru d e n t i ”. Prudenza infatti viene da pre-videnza, è il contrario di quello si pensa co-munemente, cioè la prudenza come il “nonmuoversi”, il frenare per evitare rischi. No, laprudenza è proprio l’arte di sapersi muovereanche nelle situazioni di difficoltà, di preparar-si per l’azione al tempo delle avversità, di sa-pere quindi progettare il futuro. Il prudente èproprio colui che esce dalla paralisi che spessoè provocata dalla paura. Questo progettare,gettare davanti, ha a che fare con il pensiero el’immaginazione, con la capacità di intuirequello che già è presente ma ancora in formanascosta, i semi per ora sepolti nella terra mache presto germoglieranno.

Ma esiste davvero questa gente di cui parlail Papa? Ci sono persone che, già oggi, riesco-no a pensare a domani? La crisi che il mondosta vivendo sembra aver messo in crisi anchela capacità della previsione, come se ci fosseuna carenza di profezia. È talmente radicale,estrema, l’emergenza che sta attanagliandogiorno dopo giorno le diverse nazioni e conti-nenti che vengono colpiti dal virus che sentia-mo di non essere in grado di progettare, dipensare al mondo che verrà dopo la fine dellapandemia. Questo male è al tempo stesso anti-co e inedito e ci fa perdere i consueti punti diriferimento e anche le istituzioni politiche chedovrebbero esercitare il ruolo di guida, sem-brano non avere parole per reagire alla sfidadell’oggi e visioni per immaginare il futuro.

Se vediamo indietro nella storia, sia quellacivile che della Chiesa, vediamo che in realtàla storia presenta delle figure di uomini capacidi leggere in anticipo l’evolversi del tempo edi intervenire con spinta innovatrice e riforma-trice.

Proprio il 3 aprile del 1881 a Pieve Tesinonasceva Alcide De Gasperi. A lui è attribuitala battuta che distingue il politico dallo stati-sta per cui il primo pensa alle prossime elezio-ni, il secondo alle prossime generazioni. Forsela frase non è sua ma senz’altro di lui si puòdire che è stato un grande statista. Nel Nataledel 1938, con il fascismo all’acme della sua for-za, ben lungi dall’inizio della guerra, a casa diGiuseppe Spataro, Alcide De Gasperi (lo ri-corda Adriano Ossicini nella sua autobiogra-fia) si chiamò in disparte i quattro, cinqueamici presenti, e pose loro il problema: «Noioggi, ci dobbiamo preparare, dobbiamo pensa-re al dopo, a quando il fascismo sarà caduto,perché non ci vorrà molto». E per tutta la se-conda metà degli anni ’30 in Vaticano, come èraccontato nel saggio di Giuseppe Sangiorgisu De Gasperi, aiutato e stimolato dal Sostitu-to mons. Montini e dal direttore de «L’O sser-vatore Romano» Giuseppe Dalla Torre, insie-me a Guido Gonella e pochi altri, cominciaro-no a preparare le “schede della democrazia”,una serie di studi monografici su vari temi,dalla politica estera e interna all’economia ealle questioni sociali, tutto materiale che poiconfluì nei lavori dell’Assemblea Costituente,come ricordò poi lo stesso Gonella. I cattoliciarrivarono preparati alla sfida della ricostruzio-ne del paese, grazie al lavoro di persone comelo statista trentino. Questi uomini dunque esi-stono, e il Papa ci esorta oggi a pregare per lo-ro, perché senza l’aiuto degli altri e delle loropreghiere, essi non avrebbero potuto svolgereil loro lavoro profetico di cui sempre, non solooggi, il mondo ha bisogno.

Aiutare oggi e immaginare il domaniL’esempio di De Gasperi

#editoriale

di ANDREA MONDA

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MERCOLEDÌ 1Chi lavora nei media non faccia

sentire isolate le persone«Oggi vorrei che pregassimo per tutti coloroche lavorano nei media, che lavorano per co-municare oggi, perché la gente non si trovitanto isolata; per l’educazione dei bambini,per l’informazione, per aiutare a sopportarequesto tempo di chiusura». È perché si svolgadavvero il servizio della comunicazione edell’educazione — non lasciando isolate le per-sone, nonostante le limitazioni imposte dallapandemia — che Papa Francesco ha offerto lamessa del mattino trasmessa in diretta strea-ming dalla cappella di Casa Santa Marta. Li-bertà — e cioè «rimanere nel Signore» senzafarsi prendere da ideologie — è la parola chia-ve suggerita dal vescovo di Roma nella suameditazione, aperta in realtà dai versi 48 e 49del salmo 18 — «Tu mi liberi, Signore, dall’iradei miei nemici. Tu mi innalzi sopra i miei av-versari, e mi salvi dall’uomo violento» — p ro -clamati come antifona d’ingresso. Partendo dalpasso del Vangelo di Giovanni (8, 31-42) il Pa-pa ha centrato la meditazione sulla vera identi-tà del cristiano. «In questi giorni la Chiesa cifa ascoltare il capitolo ottavo di Giovanni: c’èla discussione tanto forte tra Gesù e i dottoridella Legge» ha subito fatto presente il Papa.«Soprattutto — ha continuato — si cerca di farvedere la propria identità: Giovanni cerca diavvicinarci a quella lotta per chiarire la propriaidentità, sia di Gesù, come l’identità che han-no i dottori». E «Gesù li mette all’angolo, fa-cendo loro vedere le proprie contraddizioni».Così i dottori della Legge «alla fine non trova-no altra uscita che l’insulto: è una delle paginepiù tristi, è una bestemmia. Insultano la Ma-donna».

«Parlando dell’identità — ha detto ancora ilPontefice — Gesù disse ai giudei che avevanocreduto, consiglia loro: “Se rimanete nella miaparola, siete davvero i miei discepoli”». Qui,ha spiegato, «torna quella parola tanto cara alSignore, la ripeterà tante volte e poi nella ce-na: rimanere. “Rimanete in me”. Rimanere nelSignore». In realtà, ha affermato Francesco, ilSignore «non dice: “studiate bene, imparatebene le argomentazioni”; questo lo dà perscontato». Lui «va alla cosa più importante,quella che, se non si fa, è più pericolosa per lavita: rimanere. “Rimanete nella mia parola”».Perché, ha insistito, «coloro che rimangononella parola di Gesù hanno la propria identitàcristiana: Siete davvero miei discepoli».

«L’identità cristiana — ha rilanciato il Papa— non è una carta che dice: “io sono cristia-no”, una carta d’identità, no. È il discepola-to». E dunque «tu, se rimani nel Signore, nel-la Parola del Signore, nella vita del Signore,sarai discepolo». Ma «se non rimani — ha ag-giunto — sarai uno che simpatizza con la dot-trina, che segue Gesù come un uomo che fatanta beneficenza, è tanto buono, che ha deivalori giusti». Però «il discepolato è proprio lavera identità del cristiano». E «sarà il discepo-lato che ci darà la libertà: il discepolo è unuomo libero perché rimane nel Signore» ha af-fermato Francesco. Suggerendo subito unameditazione in più: ma «cosa significa “rimanenel Signore”»? Vuol dire «lasciarsi guidaredallo Spirito Santo». E «il discepolo — ha det-to il Pontefice — si lascia guidare dallo Spirito;per questo il discepolo è sempre un uomo del-la tradizione e della novità, è un uomo libe-ro». Libero perché «mai soggetto a ideologie,a dottrine dentro la vita cristiana, dottrine chepossono discutersi». Il discepolo «rimane nelSignore» ed «è lo Spirito che ispira: quandocantiamo allo Spirito, gli diciamo che è unospite dell’anima, che abita in noi, ma questosoltanto se noi rimaniamo nel Signore». Il Pa-

pa ha invitato a chiedere «al Signore che cifaccia conoscere questa saggezza di rimanerein Lui e ci faccia conoscere quella familiaritàcon lo Spirito», perché «lo Spirito Santo ci dàla libertà». E proprio «questa è l’unzione: chirimane nel Signore è discepolo, e il discepoloè un unto, un unto dallo Spirito, che ha rice-vuto l’unzione dello Spirito e la porta avanti».

In sostanza, ha proseguito il Pontefice,«questa è la strada che Gesù ci fa vedere perla libertà e anche per la vita; e il discepolato èl’unzione che ricevono coloro che rimangononel Signore». Concludendo l’omelia, France-sco ha suggerito di pregare il Signore perché«ci faccia capire questa saggezza dell’unzionedello Spirito Santo che ci fa discepoli». Sitratta di qualcosa che «non è facile», ha rico-nosciuto. Tanto che, come racconta il Vangelodi Giovanni, «i dottori non l’avevano capito».Il fatto è che «non si capisce soltanto con latesta» ma «si capisce con la testa e con il cuo-re». Successivamente, con la preghiera del car-dinale Merry del Val il Papa ha invitato «lepersone che non possono comunicarsi sacra-mentalmente» a fare la comunione spirituale.

GIOVEDÌ 2In preghiera per i senzatetto

“p a rc h e g g i a t i ” sull’asfaltoPapa Francesco si è avviato all’altare per cele-brare la messa delle 7 con impressa nel cuorela fotografia di quelle donne e quegli uominisenza una casa che, a Las Vegas, sono statibuttati in un’area di parcheggio, sull’asfalto,con tanto di griglie per delimitarne gli spazi,dopo la chiusura a causa della pandemia delcentro di accoglienza che li ospitava. E così,subito, a braccio, il vescovo di Roma ha volu-to offrire la celebrazione dell’Eucaristia nellacappella di Casa Santa Marta per loro e pertutte le persone povere e senza una casa:«Questi giorni di dolore e di tristezza — hadetto all’inizio della messa, trasmessa in direttastreaming — evidenziano tanti problemi nasco-sti. Sul giornale, oggi, c’è una foto che colpi-sce il cuore: tanti senzatetto di una cittàsdraiati in un parcheggio, in osservazione».Da qui la preghiera: «Ci sono tanti senzatettooggi: chiediamo a santa Teresa di Calcutta cherisvegli in noi il senso della vicinanza a tantepersone che nella società, nella vita normale,vivono nascoste ma, come i senzatetto, nelmomento della crisi, si evidenziano così». IlPapa ha rafforzato l’invocazione facendo suele parole dal passo della Lettera agli Ebrei (9,15), letto come antifona d’ingresso: «Cristo èmediatore della nuova alleanza perché, me-diante la sua morte, coloro che sono stati chia-mati ricevano l’eredità eterna che è stata lorop ro m e s s a » .

Per la sua omelia Francesco ha preso spuntodalle letture proposte dalla liturgia, tratte dallibro della Genesi (17, 3-9) e dal Vangelo diGiovanni (8, 51-59). «Il Signore si è sempre ri-cordato della sua alleanza» ha affermato il Pa-pa citando il salmo 104, appena proclamatocome salmo responsoriale. «Il Signore — haspiegato — non dimentica, non dimentica mai:sì, dimentica soltanto in un caso, quando per-dona i peccati». Perché «dopo aver perdonatoperde la memoria, non ricorda i peccati». Ma«negli altri casi Dio non dimentica: la sua fe-deltà è memoria, la sua fedeltà con il suo po-polo, la sua fedeltà con Abramo è memoriadelle promesse che aveva fatto». Dio «elesseAbramo — ha proseguito il Pontefice — per fa-re una strada: Abramo è un eletto, era un elet-to. Dio elesse lui». Poi «in quella elezione gliha promesso un’eredità e oggi, nel passo del

Le omeliedel Pontefice

#santamarta

CO N T I N UA A PA G I N A 4

Il 2 aprile Papa Francescoha affidato la propria

invocazione all’i n t e rc e s s i o n edi santa Teresa

di Calcutta affinché«risvegli in noi

il senso della vicinanzaa tante persone che...

vivono nascoste ma, comei senzatetto, nel momentodella crisi, si evidenziano

così». E il riferimentoalla fondatrice

delle Missionariedella carità, canonizzata

da Papa Bergoglioil 4 settembre 2016,

riporta alla memorial’immagine di un altro

santo contemporaneo, coluiche la proclamò beata

il 19 ottobre 2003:Giovanni Paolo II, di cui

proprio il 2 aprilericorreva il quindicesimoanniversario della morte.

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libro della Genesi, c’è un passo in più: “Quan-to a me, ecco, la mia alleanza è con te”». È«l’alleanza» ha insistito Francesco. Un’allean-za «che gli fa vedere lontano la sua fecondità:“Diventerai padre di una moltitudine di nazio-ni”». In realtà, ha aggiunto, «l’elezione, lapromessa e l’alleanza sono le tre dimensionidella vita di fede, le tre dimensioni della vitacristiana». Infatti, ha notato il Papa, «ognunodi noi è un eletto, nessuno sceglie di esserecristiano fra tutte le possibilità che il “m e rc a -to” religioso gli offre: è un eletto». E «noi sia-mo cristiani perché siamo stati eletti». Ma «inquesta elezione — ha affermato il Pontefice —c’è una promessa, una promessa di speranza: ilsegnale è la fecondità: “Abramo, sarai ‘p a d redi una moltitudine di nazioni’ e sarai fecondonella fede, la tua fede fiorirà in opere, in operebuone, in opere di fecondità anche, una fedefeconda”». In questa prospettiva ecco «il terzopasso» richiesto da Dio: «ma tu devi... osser-vare l’alleanza con me». Si comprende così, hainsistito Francesco, che «l’alleanza è fedeltà,essere fedele: siamo stati eletti, il Signore ci hadato una promessa, adesso ci chiede un’allean-za. Un’alleanza di fedeltà».

«Gesù dice che Abramo “esultò” di gioia —ha continuato il Papa riferendosi al passoevangelico di Giovanni — pensando, vedendoil suo giorno, il giorno della grande fecondità:quel figlio suo — Gesù era figlio di Abramo —che è venuto a rifare la creazione, che è piùdifficile che farla, dice la liturgia: è venuto afare la redenzione dei nostri peccati, a liberar-ci». Il cristiano è tale «non perché possa farvedere la fede del battesimo: la fede di battesi-mo è una carta» ha rilanciato il Papa. «Tu seicristiano se dici sì all’elezione che Dio ha fattodi te, se vai dietro le promesse che il Signore tiha fatto e se vivi un’alleanza» con Lui: «que-sta è la vita cristiana».

«I peccati del cammino — ha fatto notare ilPontefice — sono sempre contro queste tre di-mensioni: non accettare l’elezione e non eleg-gere tanti idoli, tante cose che non sono diDio»; poi «non accettare la speranza nellapromessa, andare, guardare da lontano le pro-messe, anche tante volte, come dice la Letteraagli Ebrei, salutandole da lontano e fare che lepromesse siano oggi con i piccoli idoli che noifacciamo»; e anche «dimenticare l’alleanza, vi-vere senza alleanza, come se noi fossimo senzaalleanza».

«La fecondità — ha aggiunto Francesco — èla gioia, quella gioia di Abramo che vide ilgiorno di Gesù ed era pieno di gioia: questa èla rivelazione che oggi la Parola di Dio ci dàsulla nostra esistenza cristiana». E il Papa haconcluso auspicando che «sia come quella delnostro padre» Abramo: «cosciente di essereeletto, gioioso di andare verso una promessa efedele nel compiere l’alleanza».

Con la preghiera di sant’Alfonso Maria de’Liguori, poi, il Pontefice ha invitato «le perso-ne che non possono comunicarsi» a fare la co-munione spirituale.

VENERDÌ 3Per chi pensa al futurodi poveri e lavoratori

«C’è gente che, da adesso, incomincia a pen-sare al dopo: al dopo pandemia. A tutti i pro-blemi che arriveranno: problemi di povertà, dilavoro, di fame. Preghiamo per tutta la genteche aiuta oggi, ma pensa anche al domani, peraiutare tutti noi». Con questa intenzione il ve-scovo di Roma ha celebrato al mattino la mes-sa in diretta streaming nella cappella di Casa

Santa Marta, rilanciando la sua preghiera conil grido di aiuto dei versi 10, 16 e 18 del salmo31, letti come antifona d’ingresso: «Abbi pietàdi me, Signore, perché sono in angustia; strap-pami dalla mano dei miei nemici e salvami daimiei persecutori: Signore, che io non resti con-fuso».

In «questo Venerdì di Passione — ha sottoli-neato il Pontefice nell’omelia — la Chiesa ri-corda i dolori di Maria, l’Addolorata». France-sco ha spiegato che «da secoli viene questa ve-nerazione del popolo di Dio, si sono scritti in-ni in onore dell’Addolorata: stava ai piedi del-la croce e la contemplano lì, sofferente».

«La pietà cristiana ha raccolto i dolori dellaMadonna e parla dei “sette dolori”» ha fattopresente il Papa, ripercorrendoli spiritualmen-te. Il primo, ha spiegato, risale ad «appenaquaranta giorni dopo la nascita di Gesù: laprofezia di Simeone che parla di una spadache le trafiggerà il cuore» (cfr. Lc 2, 35). Il se-condo, invece, si riferisce «alla fuga in Egittoper salvare la vita del Figlio» (cfr. Mt 2, 13-23). E poi «il terzo dolore: quei tre giorni diangoscia quando il ragazzo è rimasto nel tem-pio» (cfr. Lc 2, 41-50). Quindi ecco «il quartodolore: quando la Madonna si incontra conGesù sulla via al Calvario» (cfr. Gv 19, 25).Successivamente «il quinto dolore della Ma-donna è la morte di Gesù: vedere il Figlio lì,crocifisso, nudo, che muore». Quindi «il sestodolore: la discesa di Gesù dalla croce, morto, elo prende tra le sue mani come lo aveva presonelle sue mani più di trent’anni prima a Be-tlemme». Infine, ha ricordato Francesco, «ilsettimo dolore è la sepoltura di Gesù».

E «così la pietà cristiana percorre questastrada della Madonna che accompagna Gesù»ha rilanciato il Pontefice. Con una confidenzaspirituale: «A me fa bene, in tarda serata,quando prego l’Angelus, pregare questi “settedolori” come un ricordo della Madre dellaChiesa, come la Madre della Chiesa, con tantodolore, ha partorito tutti noi».

«La Madonna mai ha chiesto qualcosa persé, mai» ha affermato il Papa. Invece lo hachiesto «per gli altri: pensiamo a Cana, quan-do va a parlare con Gesù». Però, ha fatto pre-sente Francesco, la Madonna «mai ha detto:io sono la madre, guardatemi, sarò la reginamadre. Mai lo ha detto». Lei, ha proseguito ilPontefice, «non chiese qualcosa di importan-te» per se stessa «nel collegio apostolico: sol-tanto, accetta di essere madre». Maria, haspiegato il Papa, «accompagnò Gesù come di-scepola, perché il Vangelo fa vedere che segui-va Gesù: con le amiche, pie donne, seguivaGesù, ascoltava Gesù». E «una volta qualcunol’ha riconosciuta: “Ah, ecco la madre — Tu amadre è qui”» (cfr. Mc 3, 31). Maria, dunque,«seguiva Gesù». E lo ha seguito «fino al Cal-vario e lì, in piedi, la gente sicuramente dice-va: “povera donna, come soffrirà”; e i cattivisicuramente dicevano: “Anche lei ha colpa,perché se lo avesse educato bene questo nonsarebbe finito così”». Sul Calvario, Maria «eralì, con il Figlio, con l’umiliazione del Figlio».In questa prospettiva il vescovo di Roma hariaffermato la forza di «onorare la Madonna edire “questa è mia madre”, perché lei è ma-dre». E «questo è il titolo che ha ricevuto daGesù, proprio lì, nel momento della croce (cfr.Gv 19, 26-27). I tuoi figli, tu sei madre». In-somma, ha insistito Francesco, Gesù «non l’hafatta primo ministro» e neppure «le ha datotitoli di “funzionalità”: soltanto “M a d re ”». Eanche «gli Atti degli apostoli — ha affermato ilPontefice — la fanno vedere in preghiera, congli apostoli, come madre». Dunque «la Ma-donna non ha voluto togliere a Gesù alcun ti-tolo: ha ricevuto il dono di essere madre diLui e il dovere di accompagnare noi come ma-dre, di essere nostra Madre». Infatti, ha ag-

#santamarta

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 3

È successo a Las Vegas,la capitale statunitense

del divertimento e dello “sballo”.A causa della chiusura

delle strutture della CatholicCharities per un caso positivo

di coronavirus, circa 500senzatetto sono stati “sistemati”

nel parcheggio del CashmanCenter, per terra, come se fossero

auto, distanziati gli unidagli altri. Le autorità locali

non hanno trovato altre soluzioninonostante tutti gli alberghi

nella città del lusso fossero vuoti:oltre 150 mila posti letto non

utilizzati a causa dell’e m e rg e n z apandemia. La notizia

ha scatenato polemiche soprattuttosui social media. Molti utenti

hanno commentato le fotodei senzatetto sull’asfalto

scrivendo che «queste immaginisono la prova del fallimento

di una società».

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giunto il Papa, Maria «non ha chiesto per sédi essere una quasi-redentrice o una co-reden-trice: no, il Redentore è uno solo e questo ti-tolo non si raddoppia». Maria è «soltanto di-scepola e madre; e così, come madre, noi dob-biamo pensarla, dobbiamo cercarla, dobbiamopregarla: è la Madre, nella Chiesa madre». Perquesto «nella maternità della Madonna vedia-mo la maternità della Chiesa che riceve tutti,buoni e cattivi, tutti». Concludendo la suameditazione mariana, il Pontefice ha fatto pre-sente che «oggi ci farà bene fermarci un po’ epensare al dolore e ai dolori della Madonna: èla nostra Madre». Dobbiamo pensare, ha spe-cificato il Papa, a «come li ha portati, come liha portati bene, con forza, con pianto: non eraun pianto finto, era proprio il cuore distruttodi dolore». Dunque, ha suggerito ancora Fran-cesco, «ci farà bene fermarci un po’ e dire allaMadonna: “Grazie per avere accettato di esse-re madre quando l’Angelo te lo ha detto e gra-zie per avere accettato di essere madre quandoGesù te lo ha detto”».

Con la preghiera del cardinale Rafael Merrydel Val, il Papa ha quindi invitato «le personeche non possono comunicarsi» a fare la comu-nione spirituale.

SA B AT O 4Nessuno approfitti della pandemia

per fare i propri interessiNessuno approfitti della pandemia per i propriinteressi, per guadagnarci sopra: di qui la pre-ghiera «perché il Signore ci dia a tutti una co-scienza retta, una coscienza trasparente, chepossa farsi vedere da Dio senza vergognarsi».Nella celebrazione mattutina della messa —trasmessa in diretta streaming — nella cappelladi Casa Santa Marta, il vescovo di Roma staabbracciando davvero, a uno a uno, tutti gliaspetti di questo tempo di crisi. Affrontandolicon «le armi» della preghiera, dell’adorazioneeucaristica e dell’affidamento alla Madre diDio. E così, a braccio, all’inizio della celebra-zione della mattina, il Papa ha ricordato che«in questi momenti di turbamento, di difficol-tà, di dolore, tante volte alla gente viene lapossibilità di fare una o l’altra cosa, tante cosebuone. Ma anche non manca — ha aggiunto —che a qualcuno venga l’idea di fare qualcosanon tanto buona, approfittare del momento eapprofittarne per se stesso, per il proprio gua-dagno. Preghiamo oggi perché il Signore cidia a tutti una coscienza retta, una coscienzatrasparente, che possa farsi vedere da Dio sen-za vergognarsi». Ed è con tutto il vigore spiri-tuale dei versi del salmo 20, letti come antifo-na d’ingresso, che Francesco ha sostenuto lasua preghiera: «Signore, non stare lontano, af-frettati, mia forza, ad aiutarmi, perché io sonoun verme e non un uomo, un obbrobrio pertutti, lo scherno della gente».

Per la meditazione nell’omelia il Papa hapreso spunto dal passo liturgico del Vangelodi Giovanni (11, 45-56). Facendo subito notarecome fosse «da tempo che i dottori della Leg-ge, anche i sommi sacerdoti, erano inquietiperché passavano cose strane nel paese». Anzi-tutto, ha spiegato il Pontefice, «questo Gio-vanni, che alla fine lo lasciarono stare perchéera un profeta, battezzava lì e la gente andavama non c’erano altre conseguenze». E «poi èvenuto questo Gesù, segnalato da Giovanni.Incominciò a fare dei segni, dei miracoli, masoprattutto a parlare alla gente; e la gente ca-piva, e la gente lo seguiva, e non sempre os-servava la legge e questo inquietava tanto:“Questo è un rivoluzionario, un rivoluzionariopacifico — Questo porta a sé la gente, la gentelo segue”» (cfr. Gv 11, 47-48). Proprio «queste

idee li portarono a parlare fra loro: “Ma guar-da, questo a me non piace, quell’a l t ro . . . ”, e co-sì fra loro c’era questo tema di conversazione,di preoccupazione pure» ha fatto notare Fran-cesco. Tanto che «alcuni sono andati da Luiper metterlo alla prova e sempre il Signoreaveva una risposta chiara che a loro, dottoridella Legge, non era venuta in mente».

Il Pontefice ha suggerito di pensare, adesempio, «a quella donna sposata sette volte,vedova sette volte: “Ma nel cielo, di quale diquesti mariti sarà sposa?” (cfr. Lc 20, 33). Luirispose chiaramente e loro se ne sono andatiun po’ svergognati per la saggezza di Gesù».

Anche in altre occasioni, ha proseguito ilPapa, i suoi interlocutori «se ne sono andatiumiliati, come quando volevano lapidare quel-la signora adultera e Gesù disse alla fine: “Chidi voi è senza peccato getti la prima pietra”»(cfr. Gv 8, 7). Oltretutto il Vangelo fa notareche sono andati via «a cominciare dai più an-ziani, umiliati in quel momento». Questo «fa-ceva crescere questa conversazione fra loro:dobbiamo fare qualcosa, questo non va» haspiegato Francesco. Ricordando che «poi han-no mandato i soldati a prenderlo e loro sonotornati dicendo: “Non abbiamo potuto pren-derlo perché quest’uomo parla come nessuno”— “Anche voi vi siete lasciati ingannare”» (cfr.Gv 7, 45-49). I dottori della Legge erano «ar-rabbiati perché neppure i soldati potevano»arrestare Gesù. Il Papa ha anche ripercorsoquanto accaduto dopo «la risurrezione di Laz-zaro, questo che abbiamo sentito oggi: tantigiudei andavano lì a vedere le sorelle di Laz-zaro, ma alcuni sono andati a vedere bene co-me stanno le cose per riportarle». Così «alcunidi loro andarono dai farisei e riferirono loroquello che Gesù aveva fatto», come scriveGiovanni. Ma altri «credettero in Lui» ag-giunge con precisione l’evangelista (cfr. Gv 11,45-46). Neppure in quel momento, ha dettoFrancesco, sono mancati «i chiacchieroni disempre, che vivono portando» le chiacchiere, eche «sono andati a dire» ai dottori della Leg-ge. Insomma, ha rilanciato il Pontefice, eccoche «in questo momento, quel gruppo che siera formato di dottori della Legge ha fattouna riunione formale: questo è molto pericolo-so dobbiamo prendere una decisione. “Che co-sa facciamo? Quest’uomo compie molti segni”,riconoscono i miracoli, e “se lo lasciamo conti-nuare così, tutti crederanno in Lui, c’è perico-lo, il popolo andrà dietro di lui, si staccheràda noi” — il popolo non era attaccato a loro —e “verranno i romani e distruggeranno il no-stro tempio e la nostra nazione”» (cfr. Gv 11,48). E in questo discorso, ha fatto presente ilPapa, «c’era parte della verità ma non tutta:era una giustificazione, perché loro avevanotrovato un equilibrio con l’occupatore, maodiavano l’occupatore romano, ma politica-mente avevano trovato un equilibrio. Così par-lavano fra loro».

A dare la scossa, ha spiegato Francesco ri-leggendo il testo di Giovanni, è «“uno di loro,Caifa”, il più radicale, “che era sommo sacer-dote”». Egli «disse: “Non vi rendete conto cheè conveniente per voi che un solo uomo muoiaper il popolo, e non vada in rovina la nazioneintera!” (cfr. Gv 11, 50). Era il sommo sacerdo-te e fa la proposta: “Facciamolo fuori”».

Nel Vangelo Giovanni scrive riguardo al di-scorso di Caifa: «Questo però non lo disse dase stesso, ma, essendo sommo sacerdotequell’anno, profetizzò che Gesù doveva morireper la nazione. Da quel giorno dunque decise-ro di ucciderlo» (cfr. Gv 11, 51-53). È stato —ha affermato Francesco — «un processo, unprocesso che incominciò con piccole inquietu-dini al tempo di Giovanni Battista e poi finì

Il Papa ha concluso tuttele celebrazioni delle 7 del mattinocon l’adorazione e la benedizione

eucaristica. Per poi affidarealla Madre di Dio la sua

preghiera, sostando davantiall’immagine mariana

nella cappella di Casa SantaMarta, accompagnato

dal canto dell’antifonaAve Regina caelorum.

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in questa seduta dei dottori della Legge e deisacerdoti». Si è trattato di «un processo checresceva, un processo che era più sicuro delladecisione che dovevano prendere, ma nessunol’aveva detta così chiara: questo va fatto fuo-ri». Tale «modo di procedere dei dottori dellaLegge — ha insistito il Papa — è proprio unafigura di come agisce la tentazione in noi, per-ché dietro» questo processo «evidentementeera il diavolo che voleva distruggere Gesù e latentazione in noi generalmente agisce così: in-comincia con poca cosa, con un desiderio,un’idea, cresce, contagia altri e alla fine si giu-stifica». Proprio «questi sono i tre passi dellatentazione del diavolo in noi — ha spiegato ilPontefice — e qui sono i tre passi che ha fattola tentazione del diavolo nella persona deldottore della Legge: cominciò con poca cosa,ma è cresciuta, è cresciuta, poi ha contagiatogli altri, si è fatta corpo e alla fine si giustifica:“È necessario che muoia uno per il popolo”»(cfr. Gv 11, 50). È «la giustificazione totale».

Al termine di questo processo, ha aggiuntoancora il Papa, «tutti sono andati a casa tran-quilli». Tanto ormai «avevano detto: questa èla decisione che dovevamo prendere». Lo stes-so avviene anche per «tutti noi: quando siamovinti dalla tentazione, finiamo tranquilli, per-ché abbiamo trovato una giustificazione perquesto peccato, per questo atteggiamento pec-caminoso, per questa vita non secondo la leg-ge di Dio».

«Dovremmo avere l’abitudine di vederequesto processo della tentazione in noi» haproposto Francesco, riferendosi a «quel pro-cesso che ci fa cambiare il cuore da bene inmale, che ci porta sulla strada in discesa: unacosa che cresce, cresce, cresce lentamente, poicontagia altri e alla fine si giustifica». Il Papaha fatto notare che «difficilmente vengono innoi le tentazioni d’un colpo, il diavolo è astu-to e sa prendere questa strada, la stessa l’hapresa per arrivare alla condanna di Gesù». Perquesta ragione, «quando noi ci troviamo in unpeccato, in una caduta, sì, dobbiamo andare achiedere perdono al Signore». È il primo pas-so «che dobbiamo fare, ma poi» dobbiamo di-re: «Come sono venuto a cadere lì? Come èiniziato questo processo nella mia anima?Com’è cresciuto? Chi ho contagiato? E come,alla fine, mi sono giustificato per cadere?».

«La vita di Gesù è sempre un esempio pernoi — ha affermato il Pontefice — e le cose chesono accadute a Gesù sono cose che accadran-no a noi: le tentazioni, le giustificazioni, lagente buona che è intorno a noi, e forse nonla sentiamo, e i cattivi, nel momento della ten-tazione, cerchiamo di avvicinarci» proprio aloro «per far crescere la tentazione». Al termi-ne della meditazione, Francesco ha invitato anon dimenticare mai che «sempre, dietro unpeccato, dietro una caduta, c’è una tentazioneche è incominciata piccola, che è cresciuta, cheha contagiato e alla fine trovo una giustifica-zione per cadere». Da qui la sua invocazioneconclusiva: «Lo Spirito Santo ci illumini inquesta conoscenza interiore». E con la pre-ghiera del cardinale Merry del Val il Ponteficeha poi invitato «le persone che non possonocomunicarsi» a fare la comunione spirituale.

LUNEDÌ 6Per i carcerati

e per i “nuovi” poveri nascostiÈ per i carcerati, costretti in celle sovraffol-

late, e per i tanti nuovi poveri «nascosti», vit-time di politiche economiche ingiuste, che Pa-pa Francesco ha pregato e offerto la messa

della mattina nella cappella di Casa SantaMarta. Con una certezza: questo non è un di-scorso da “comunisti” ma «il centro del Van-gelo» e «su questo noi saremo giudicati».

«Penso a un problema grave che c’è in pa-recchie parti del mondo. Io vorrei che oggipregassimo per il problema del sovraffollamen-to nelle carceri» ha detto il vescovo di Roma,a braccio, all’inizio della celebrazione trasmes-sa in streaming, aggiungendo: «Dove c’è unsovraffollamento — tanta gente lì — c’è il peri-colo, in questa pandemia, che finisca in unacalamità grave». E ha concluso: «Preghiamoper i responsabili, per coloro che devono pren-dere le decisioni in questo, perché trovino unastrada giusta e creativa per risolvere il proble-ma».

Per la meditazione nell’omelia il Ponteficeha preso spunto dal brano del Vangelo di Gio-vanni (12, 1-11) proposto dalla liturgia del gior-no. «Questo passo — ha fatto notare — finiscecon un’osservazione: “I capi dei sacerdoti allo-ra decisero di uccidere anche Lazzaro, perchémolti Giudei se ne andavano a causa di lui ecredevano in Gesù”» (12, 10-11).

«L’altro giorno — ha proseguito il Papa —abbiamo visto i passi della tentazione: la sedu-zione iniziale, l’illusione poi cresce, il secondopasso, e terzo: cresce e si contagia e si giustifi-ca». Ma, ha messo in guardia Francesco, inrealtà «c’è un altro passo: va avanti, non si fer-ma». Per coloro che lo perseguitavano, infatti,«non era sufficiente mettere a morte Gesù, maadesso anche Lazzaro, perché era un testimonedi vita». Ma, ha precisato, «io vorrei oggi sof-fermarmi su una parola di Gesù: “I poveri in-fatti li avete sempre con voi”».

«Sei giorni prima della Pasqua» — ha sotto-lineato il Papa, ripetendo le parole di Giovan-ni per far presente che «siamo proprio allaporta della Passione» — Maria «fa questo ge-sto di contemplazione: Marta serviva — comel’altro passo — e Maria apre la porta alla con-templazione». Invece «Giuda pensa ai soldi epensa ai poveri, ma “non perché gli importas-se dei poveri, ma perché era ladro e, siccometeneva la cassa, prendeva quello che vi mette-vano dentro”», come scrive Giovanni nel Van-gelo (12, 6).

Purtroppo, ha insistito il Pontefice, «questastoria dell’amministratore non fedele è sempreattuale, sempre ce ne sono, anche a un alto li-vello: pensiamo ad alcune organizzazioni dibeneficenza o umanitarie che hanno tanti im-piegati, tanti, che hanno una struttura moltoricca di gente e alla fine arriva ai poveri il qua-ranta per cento, perché il sessanta è per pagarelo stipendio a tanta gente». Ma questo «è unmodo di prendere i soldi dei poveri».

Francesco ha rilanciato «la risposta è Ge-sù». E proprio su queste parole ha voluto cen-trare la sua meditazione: «I poveri infatti liavete sempre con voi»: questa «è una verità».

«I poveri ci sono, ce ne sono tanti» ha af-fermato il Papa. «C’è il povero che noi vedia-mo — ha spiegato — ma questa è la minimaparte; la grande quantità dei poveri sono colo-ro che noi non vediamo: i poveri nascosti». E,ha continuato, «noi non li vediamo perché en-triamo in questa cultura dell’indifferenza che ènegazionista e neghiamo: no, no, non ce nesono tanti, non si vedono; sì, quel caso...». Macosì facendo diminuiamo «sempre la realtà deipoveri». Invece di poveri «ce ne sono tanti,tanti».

In effetti, ha proseguito Francesco, «se an-che non entriamo in questa cultura dell’indif-ferenza, c’è un’abitudine di vedere i poveri co-me ornamenti di una città: sì, ci sono, come lestatue; sì, ci sono, si vedono; sì, quella vec-chietta che chiede l’elemosina, quell’a l t ro » ,quasi fosse «una cosa normale»: come se fosse

Detenuti nel carcere milanesedi San Vittore (Afp)

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«parte dell’ornamentazione della città averedei poveri».

«La grande maggioranza — ha denunciato ilvescovo di Roma — sono i poveri vittime dellepolitiche economiche, delle politiche finanzia-rie». Tanto che «alcune recenti statistiche»presentano questo quadro riassuntivo: «Ci so-no tanti soldi in mano a pochi e tanta povertàin tanti, in molti». Proprio «questa è la pover-tà di tanta gente vittima dell’ingiustizia strut-turale dell’economia mondiale».

Oggi più che mai, ha affermato il Papa, cisono «tanti poveri che provano vergogna difar vedere che non arrivano a fine mese; tantipoveri del ceto medio che vanno di nascostoalla Caritas e di nascosto chiedono e provanovergogna». Attualmente «i poveri sono moltopiù» numerosi «dei ricchi; molto, molto» dipiù. Ed ecco che «quello che dice Gesù è ve-ro: “I poveri infatti li avete sempre con voi”».

La questione da porre a se stessi è allora:«Ma io li vedo, me ne accorgo di questa real-tà? Soprattutto della realtà nascosta: coloroche provano vergogna di dire che non arrivanoa fine mese».

«Ricordo che a Buenos Aires — ha confida-to Francesco — mi avevano detto che l’edificiodi una fabbrica abbandonata, vuota da anni,era abitato da una quindicina di famiglie cheerano arrivate in quegli ultimi mesi. Io sonoandato lì. Erano famiglie con bambini e aveva-no preso ognuno una parte della fabbrica ab-bandonata per vivere. E, guardando, ho vistoche ogni famiglia aveva dei mobili buoni, mo-bili che ha un ceto medio, avevano la televisio-ne, ma sono andati lì perché non potevano pa-gare l’affitto».

Lo stesso accade ovunque nel mondo: «Inuovi poveri, che devono lasciare la casa per-ché non possono pagarla, vanno lì», dove pos-sono. Ed è «quell’ingiustizia dell’o rg a n i z z a z i o -ne economica o finanziaria che li» riduce così.

«E ce ne sono tanti, tanti» di poveri, ha ri-lanciato il Pontefice. A tal punto «che li in-contreremo nel giudizio». E «la prima doman-da che ci farà Gesù è: “Come vai con i poveri?Hai dato da mangiare? Quando era in carcere,lo hai visitato? In ospedale, lo hai visto? Haiassistito la vedova, l’orfano? Perché lì ero io”».Si tratta di una certezza: «Su questo saremogiudicati. Non saremo giudicati per il lusso o iviaggi che facciamo o l’importanza sociale cheavremo. Saremo giudicati per il nostro rappor-to con i poveri».

Dunque, ha concluso il Pontefice, «se io,oggi, ignoro i poveri, li lascio da parte, credoche non ci siano, il Signore mi ignorerà nelgiorno del giudizio». Perché «quando Gesùdice “I poveri li avete sempre con voi”, vuoldire: “Io, sarò sempre con voi nei poveri. Saròpresente lì». Ma questo, ha aggiunto, «non èfare il comunista, questo è il centro del Vange-lo: noi saremo giudicati su questo».

MARTEDÌ 7Per gli innocenti che soffrono

una sentenza ingiusta«Io vorrei pregare oggi per tutte le personeche soffrono una sentenza ingiusta per l’acca-nimento». Con queste parole Papa Francescoha iniziato la celebrazione del mattino — tra-smessa in diretta streaming — nella cappella diCasa Santa Marta. «In questi giorni di Quare-sima abbiamo visto la persecuzione che ha su-bito Gesù e come i dottori della Legge si sonoaccaniti contro di lui: è stato giudicato sottoaccanimento, con accanimento, essendo inno-cente» ha detto, a braccio, il Pontefice. Raf-forzando subito la sua preghiera con il verset-

to 12 del salmo 27 — «Non consegnarmi in po-tere dei miei nemici; contro di me sono insortifalsi testimoni, gente che spira violenza» — let-to come antifona d’ingresso. Per la meditazio-ne nell’omelia, il Papa ha preso spunto dalleletture proposte dalla liturgia del giorno, trattedal libro del profeta Isaia (49, 1-6) e dal Van-gelo di Giovanni (13, 21-33. 36-38), chiedendola grazia di perseverare nel servizio, nonostan-te le cadute. «La profezia di Isaia che abbia-mo ascoltato — ha spiegato — è una profeziasul Messia, sul Redentore, ma anche una pro-fezia sul popolo di Israele, sul popolo di Dio:possiamo dire che può essere una profezia suognuno di noi». Perché, «in sostanza, la profe-zia sottolinea che il Signore ha eletto il suoservo dal seno materno: per due volte lo dice.D all’inizio il suo servo è stato eletto, dalla na-scita o prima della nascita» (cfr. Isaia 49, 1).

E se, ha detto il Papa, «il popolo di Dio èstato eletto prima della nascita», lo stesso valeanche per «ognuno di noi. Nessuno di noi ècaduto nel mondo per casualità, per caso.Ognuno ha un destino, ha un destino libero,il destino dell’elezione di Dio». Dunque, hainsistito Francesco, «io nasco con il destino diessere figlio di Dio, di essere servo di Dio, conil compito di servire, di costruire, di edificare.E questo, dal seno materno».

«Il Servo di Yahvé, Gesù, servì fino allamorte: sembrava una sconfitta, ma era il mododi servire» ha affermato il Pontefice. Proprio«questo sottolinea il modo di servire che noidobbiamo prendere nella nostra vita: servire èdarsi, darsi agli altri; servire è non pretendereper ognuno di noi qualche beneficio che nonsia il servire».

«È la gloria, servire» ha rilanciato il Papa. E«la gloria di Cristo è servire fino ad annientaresé stesso, fino alla morte, morte di Croce» (cfr.Lettera a Filemone 2, 8). Gesù «è il servo diIsraele. Il popolo di Dio è servo, e quando ilpopolo di Dio si allontana da questo atteggia-mento di servire, è un popolo apostata: si al-lontana dalla vocazione che Dio gli ha dato».Così, allo stesso modo, «quando ognuno dinoi si allontana da questa vocazione di servire,si allontana dall’amore di Dio ed edifica la suavita su altri amori, tante volte idolatrici».

«Il Signore ci ha eletti dal seno materno»ha proseguito Francesco, spiegando: «Ci sono,nella vita, cadute: ognuno di noi è peccatore epuò cadere ed è caduto». In realtà «soltantola Madonna e Gesù» non sono caduti, ma«tutti gli altri siamo caduti, siamo peccatori».

«Ma quello che importa — ha spiegato ilPontefice facendo riferimento al brano delVangelo di Giovanni — è l’atteggiamento da-vanti al Dio che mi ha eletto, che mi ha untocome servo». Deve essere sempre «l’atteggia-mento di un peccatore che è capace di chiede-re perdono, come Pietro, che giura che “no, iomai ti rinnegherò, Signore, mai, mai, mai!”:poi, quando canta il gallo, piange. Si pente»(cfr. Matteo 26, 75). E «questa è la strada delservo: quando scivola, quando cade, chiedereperdono». Invece — ha messo in guardia il Pa-pa — «quando il servo non è capace di capireche è caduto, quando la passione lo prende intal modo che lo porta all’idolatria, apre il cuo-re a satana, entra nella notte: è quello che èaccaduto a Giuda» (cfr. Matteo 27, 3-10).

Concludendo la meditazione, Francesco hainvitato a pensare «oggi a Gesù, il servo, fede-le nel servizio. La sua vocazione è servire, finoalla morte e morte di Croce» (cfr. Lettera a Fi-lemone 2, 5-11). E, ha esortato, «pensiamo aognuno di noi, parte del popolo di Dio: siamoservi, la nostra vocazione è per servire, nonper approfittare del nostro posto nella Chiesa.Servire. Sempre in servizio». Per questo, ha in-

Una donna russasenza fissa dimoravaga per le strade di Mosca( R e u t e rs )

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sistito, «chiediamo la grazia di perseverare nelservizio: a volte con scivolate, cadute, ma» con«la grazia almeno di piangere come ha piantoPietro». Successivamente, con la preghiera delcardinale Merry del Val, Papa Francesco ha in-vitato «le persone che non si comunicano» afare la comunione spirituale.

MERCOLEDÌ 8Per la conversione

dei tanti Giuda di oggi«Preghiamo oggi per la gente che, in questotempo di pandemia, fa commercio con i biso-gnosi, approfittano della necessità degli altri eli vendono: i mafiosi, gli usurai e tanti. Che ilSignore tocchi il loro cuore e li converta».Non ha fatto ricorso a giri di parole PapaFrancesco, all’inizio della messa celebrata almattino nella cappella di Casa Santa Marta etrasmessa in diretta streaming. Invitando poi,nell’omelia, a a guardare ai tanti «Giuda isti-tuzionalizzati» di oggi che, in tanti modi,sfruttano e vendono le persone, familiari com-presi. Ma anche al «piccolo Giuda» che è inciascuno, pronto a tradire per interesse.

«Mercoledì Santo è chiamato anche “m e rc o -ledì del tradimento”, il giorno nel quale si sot-tolinea nella Chiesa il tradimento di Giuda»ha spiegato il Papa dando il via alla sua medi-tazione. Il passo del Vangelo di Matteo (26,14-25), proposto oggi dalla liturgia, ci ricordaproprio che «Giuda vende il Maestro». Inrealtà «quando noi pensiamo al fatto di ven-dere gente — ha fatto presente il Pontefice —viene alla mente il commercio fatto con glischiavi dall’Africa per portarli in America: unacosa vecchia». E ci sembra una «cosa lontana»anche «il commercio, per esempio, delle ragaz-ze yazide vendute a Daesh». Però «anche oggisi vende gente, tutti i giorni» ha affermatoFrancesco. Anche oggi «ci sono dei Giuda chevendono i fratelli e le sorelle, sfruttandoli nellavoro, non pagando il giusto, non riconoscen-do i doveri». Anzi, «vendono tante volte lecose più care» ha rilanciato il Papa, confidan-do di pensare «che, per essere più comodo, unuomo è capace di allontanare i genitori e nonvederli più, metterli al sicuro in una casa di ri-poso e non andare a trovarli». Si «vende» sen-za scrupoli. A questo proposito il Pontefice haricordato «un detto molto comune che, par-lando di gente così, dice che “questo è capacedi vendere la propria madre”: e la vendono».Come a dire: «Adesso sono tranquilli, sono al-lontanati: “Curateli voi”».

«Oggi il commercio umano — ha insistitoFrancesco — è come ai primi tempi: si fa. Equesto perché? Perché Gesù lo ha detto. Luiha dato al denaro una signorìa. Gesù ha detto:“Non si può servire Dio e il denaro”, due si-gnori». Ed «è l’unica cosa — ha fatto notare —che Gesù pone all’altezza e ognuno di noi de-ve scegliere: o servi Dio, e sarai liberonell’adorazione e nel servizio, o servi il denaro,e sarai schiavo del denaro».

«Questa è l’opzione» ma «tanta gente vuoleservire Dio e il denaro e questo non si può fa-re» ha aggiunto il Papa. Tanto che, «alla fine,fanno finta di servire Dio per servire il dena-ro». Si tratta degli «sfruttatori nascosti che so-no socialmente impeccabili, ma sotto il tavolofanno il commercio, anche con la gente: nonimporta. Lo sfruttamento umano è vendere ilp ro s s i m o » .

«Giuda se n’è andato — ha proseguito ilPontefice — ma ha lasciato dei discepoli, chenon sono suoi discepoli ma del diavolo». Delresto, «com’è stata la vita di Giuda noi non lo

sappiamo. Un ragazzo normale, forse, e anchecon inquietudini, perché il Signore lo ha chia-mato ad essere discepolo». Però «lui mai èriuscito ad esserlo: non aveva bocca di disce-polo e cuore di discepolo, come abbiamo lettonella prima lettura» ha detto Francesco, facen-do riferimento al passo tratto da Libro delprofeta Isaia (50, 4-9).

Insomma, Giuda «era debole nel discepola-to, ma Gesù lo amava». In realtà, ha aggiuntoil Papa, «il Vangelo ci fa capire che» a Giuda«piacevano i soldi: a casa di Lazzaro, quandoMaria unge i piedi di Gesù con quel profumocosì costoso, lui fa la riflessione e Giovannisottolinea: “Ma non lo dice perché amava ipoveri: perché era ladro”». E così «l’amore aldenaro lo aveva portato fuori dalle regole, arubare, e da rubare a tradire c’è un passo pic-colino» ha affermato Il Pontefice. «Chi amatroppo i soldi tradisce per averne di più, sem-pre: è una regola, è un dato di fatto». Ed eccoche «il Giuda ragazzo, forse buono, con buo-ne intenzioni, finisce traditore al punto di an-dare al mercato a vendere: “Andò dai capi deisacerdoti e disse: 'Quanto volete darmi perchéio ve lo consegni'”, direttamente?».

«A mio avviso, quest’uomo era fuori di sé»ha spiegato Francesco. «Una cosa che attira lamia attenzione è che Gesù mai gli dice “tradi-t o re ”; dice che sarà tradito, ma non dice a lui“t r a d i t o re ”. Mai gli dice “vai via, traditore”.Mai! Anzi, gli dice “amico” e lo bacia». Siamodavanti al «mistero di Giuda: com’è il misterodi Giuda? Don Primo Mazzolari l’ha spiegatomeglio di me» ha affermato il Papa ricordan-do l’omelia che il parroco di Bozzolo pronun-ciò il Giovedì Santo del 1958. «Sì, mi consolacontemplare quel capitello di Vèzelay: come fi-nì Giuda? Non so. Gesù minaccia forte, qui;minaccia forte: “Guai a quell’uomo dal qualeil Figlio dell’Uomo viene tradito! Meglio perquell’uomo se non fosse mai nato!”» scriveGiovanni nel suo Vangelo. «Ma questo vuoldire che Giuda è all’Inferno? Non so. Io guar-do il capitello. E sento la parola di Gesù:“Amico”» ha detto Francesco. Tutto «questo –ha proseguito il Pontefice — ci fa pensare aun’altra cosa, che è più reale, più di oggi: ildiavolo entrò in Giuda, è stato il diavolo acondurlo a questo punto. E come finì la sto-ria? Il diavolo è un mal pagatore: non è unpagatore affidabile. Ti promette tutto, ti fa ve-dere tutto e alla fine ti lascia solo nella tua di-sperazione ad impiccarti».

«Il cuore di Giuda» ha fatto presente Fran-cesco, è «inquieto, tormentato dalla cupidigia etormentato dall’amore a Gesù». È «un amoreche non è riuscito a farsi amore». Così Giuda,«tormentato con questa nebbia, torna dai sacer-doti chiedendo perdono, chiedendo salvezza».Ma si sente rispondere: «Cosa c’entriamo noi?È cosa tua». Sì, ha detto il Papa, «il diavoloparla così e ci lascia nella disperazione». Con-cludendo la meditazione il Pontefice ha invita-to a pensare «a tanti Giuda istituzionalizzati inquesto mondo, che sfruttano la gente». Ma hachiesto di pensare «anche al piccolo Giuda cheognuno di noi ha dentro di sé nell’ora di sce-gliere: fra lealtà o interesse». Con la consape-volezza che «ognuno di noi ha la capacità ditradire, di vendere, di scegliere per il propriointeresse. Ognuno di noi ha la possibilità di la-sciarsi attirare dall’amore dei soldi o dei beni odel benessere futuro». In somma: «Giuda, do-ve sei?» è una domanda che Francesco suggeri-sce di porre a se stessi: «Tu, Giuda, il piccoloGiuda che ho dentro: dove sei?».È poi con lapreghiera del cardinale Rafael Merry del Valche il Papa ha invitato «le persone che nonpossono comunicarsi» a fare la comunione spi-rituale.

Al l ’omeliadel mercoledì santo il Papaha fatto riferimento a un capitellomedievale della basilicadi Vézelay, in Borgogna, dedicataa Santa Maria Maddalena,sull’antica via per Santiagodi Compostela. Su di esso infattivi è una scultura che colpiscee sconcerta. Da un lato vi èraffigurato Giuda impiccato,con la lingua di fuori, circondatodai diavoli. La sorpresa arrivadall’altro lato del capitello: doveil Buon Pastore porta sulle spalleproprio il corpo del traditore.

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Cari amici, buonasera!Questa sera ho la possibilità di entrare nellevostre case in un modo diverso dal solito. Selo permettete, vorrei conversare con voi perqualche istante, in questo periodo di difficoltàe di sofferenze. Vi immagino nelle vostre fami-glie, mentre vivete una vita insolita per evitareil contagio. Penso alla vivacità dei bambini edei ragazzi, che non possono uscire, frequenta-re la scuola, fare la loro vita. Ho nel cuore tut-te le famiglie, specie quelle che hanno qualchecaro ammalato o che hanno purtroppo cono-sciuto lutti dovuti al coronavirus o ad altrecause. In questi giorni penso spesso alle perso-ne sole, per cui è più difficile affrontare questimomenti. Soprattutto penso agli anziani, chemi sono tanto cari.

Non posso dimenticare chi è ammalato dicoronavirus, le persone ricoverate negli ospe-dali. Ho presente la generosità di chi si esponeper la cura di questa pandemia o per garantirei servizi essenziali alla società. Quanti eroi, ditutti i giorni, di tutte le ore! Ricordo anchequanti sono in ristrettezze economiche e sono

al meglio questo tempo: siamo generosi; aiu-tiamo chi ha bisogno nelle nostre vicinanze;cerchiamo, magari via telefono o social, le per-sone più sole; preghiamo il Signore per quantisono provati in Italia e nel mondo. Anche sesiamo isolati, il pensiero e lo spirito possonoandare lontano con la creatività dell’a m o re .Questo ci vuole oggi: la creatività dell’a m o re .

Celebriamo in modo davvero insolito la Set-timana Santa, che manifesta e riassume il mes-saggio del Vangelo, quello dell’amore di Diosenza limiti. E nel silenzio delle nostre città,risuonerà il Vangelo di Pasqua. Dice l’ap ostoloPaolo: «Ed egli è morto per tutti, perché quel-li che vivono non vivano più per se stessi, maper colui che è morto e resuscitato per loro»(2 Cor 5, 15). In Gesù risorto, la vita ha vintola morte. Questa fede pasquale nutre la nostrasperanza. Vorrei condividerla con voi questasera. È la speranza di un tempo migliore, incui essere migliori noi, finalmente liberati dalmale e da questa pandemia. È una speranza:la speranza non delude; non è un’illusione, èuna speranza.

Gli uni accanto agli altri, nell’amore e nellapazienza, possiamo preparare in questi giorniun tempo migliore. Vi ringrazio per avermipermesso di entrare nelle vostre case. Fate ungesto di tenerezza verso chi soffre, verso ibambini, verso gli anziani. Dite loro che il Pa-pa è vicino e prega, perché il Signore ci liberitutti presto dal male. E voi, pregate per me.Buona cena. A presto!

La creatività dell’a m o revince l’isolamento

At t ra v e rs oun videomessaggio

per la Settimanasanta

Francesco entranelle casedell’Italia

e del mondoper farsi vicino

alle famiglie

#copertina

Al l ’approssimarsi dell’iniziodella Settimana santa,in questo tempodi pandemiada coronavirus, il Papaha voluto farsi vicinoalle famiglie dell’Italiae del mondo attraversoun videomessaggiotelevisivo trasmessonella sera di venerdì 3aprile. Eccone il testo.

preoccupati per il lavoro e il futuro. Un pen-siero va anche ai detenuti nelle carceri, al cuidolore si aggiunge il timore per l’epidemia,per sé e i loro cari; penso ai senza dimora, chenon hanno una casa che li protegga.

È un momento difficile per tutti. Per molti,difficilissimo. Il Papa lo sa e, con queste paro-le, vuole dire a tutti la sua vicinanza e il suoaffetto. Cerchiamo, se possiamo, di utilizzare

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 9 aprile 2020

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G«Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché ègiorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare» (Gv 9,4). Così il Vangelo di Giovanni, che abbiamo letto in questi giorni dipreparazione alla Settimana Santa. Gesù si riferisce ovviamenteproprio al momento in cui verrà arrestato e quindi la sua azione saràinterrotta definitivamente, infatti nel capitolo 13 dello stesso quartoVangelo l’evangelista annota, nel momento in cui Giuda esce dalcenacolo per andare a organizzare il tradimento, l’espressione «Presoil boccone, egli subito uscì. Ed era notte» (Gv 13, 30). Ma quelleparole di Gesù, oggi, al termine di questa Quaresima contrassegnatadalla quarantena a causa della pandemia, assumono un’u l t e r i o revalenza e significato. Viene infatti da pensare che in questi giornil’Italia, e con essa ormai buona parte del mondo, si trovi giànell’oscurità di una “notte” che impedisce o limita fortemente ognitipo di azione. Ci troviamo tutti o quasi tutti rinchiusi nelle nostrecase costretti a rimanerci per un tempo incerto, che di settimana insettimana si allunga anziché diminuire, senza possibilità di movimentose non all’interno delle mura domestiche. Siamo stati tutti colti disorpresa: la modernità era contraddistinta dal movimento, dall’uomoche diventava “fab er”, “f a c i t o re ” della propria fortuna, del propriodestino; l’illuminismo già nel titolo indicava la fine della notte, lapossibilità di spaziare per l’uomo guidato dalla luce della ragioneovunque volesse rigettando via ogni oscurità e con essa le paure e letristezze («Oggi la felicità è un’idea nuova in Europa» dirà Saint-Justnella Convenzione durante la rivoluzione francese), e infine e ancoradi più la post-modernità si è affermata per la velocità di questomovimento, un dinamismo talmente ottimista ed insieme convulso darendere tutto (in primis le relazioni) effimero, precario, liquido.Ora si è fermato tutto, tutto sembra ristagnare. Questo “fermoimmagine” che ha bloccato il rutilante film d’azione che il mondooccidentale stava interpretando, alcuni più convinti, altri meno, cicostringe tra le altre cose a ridefinire il concetto di “azione”, diquell’o p e ra re di cui parla Gesù. E la domanda allora è diretta proprioai seguaci di Gesù di Nazaret: cosa e come devono operare oggi, nelpieno della paralisi dovuta all’emergenza sanitaria? Quali azionipossono e devono compiere i cristiani essi già lo sanno, sono “leopere di colui che mi ha mandato”, ma come fare in un momento incui fisicamente è quasi impossibile muoversi, avvicinarsi agli altri?Il Papa venerdì scorso ha indicato una strada, l’unica percorribile oggiper un cristiano, quando nel videomessaggio trasmesso da Rai Unoha detto: «Cerchiamo, se possiamo, di utilizzare al meglio questotempo: siamo generosi; aiutiamo chi ha bisogno nelle nostrevicinanze; cerchiamo, magari via telefono o social, le persone più sole;preghiamo il Signore per quanti sono provati in Italia e nel mondo.Anche se siamo isolati, il pensiero e lo spirito possono andare lontanocon la creatività dell’amore. Questo ci vuole oggi: la creatività del-l’amore». E due giorni dopo, nell’omelia per la Domenica delle Palmeè tornato sul tema: «Siamo al mondo per amare Lui e gli altri. Ilresto passa, questo rimane», esortando i cristiani a intraprendere condecisione la via dell’amore creativo specificando un’altra caratteristicapropria di questo amore, il servizio.Qui subentra una dimensione “e ro i c a ”, come ha spiegato rivolgendosiai giovani: «Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo cispinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose dipoco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perchéla vita si misura sull’amore. Allora, in questi giorni santi, a casa,stiamo davanti al Crocifisso — guardate, guardate il Crocifisso! —,misura dell’amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino adare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere perservire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso.Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene chepossiamo fare. […] Certo, amare, pregare, perdonare, prendersi curadegli altri, in famiglia come nella società, può costare. Può sembrareuna via crucis. Ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvatie che ci salva, ci salva la vita. Vorrei dirlo specialmente ai giovani, inquesta Giornata che da 35 anni è dedicata a loro. Cari amici, guardateai veri eroi, che in questi giorni vengono alla luce: non sono quelliche hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi perservire gli altri. Sentitevi chiamati a mettere in gioco la vita».Vivere il servizio può sembrare vivere nell’ombra, nella notte, perchési è senz’altro fuori dalla luce di riflettori, ma in verità non esiste lucepiù grande, non c’è fuoco più forte che sia capace di scaldare i cuori,il proprio e l’altrui, come quello dell’amore gratuito e servizievole.Una luce e un fuoco che sono in grado di rimanere quando tuttopassa, anche questa notte della pandemia, anzi di contrastarla giàoggi in cui nessuno, solo apparentemente, può operare.

ANDREA MONDA

La vita non servese non si serve

Nella messadella Domenica

delle Palmeil Pontefice spiegache i «veri eroi»

danno se stessiper gli altri

#copertina

«Il dramma che stiamo attraversandoin questo tempo ci spinge a prenderesul serio quel che è serio...; a riscoprire chela vita non serve se non si serve». Lo hasottolineato il Papa durante la messapresieduta nella mattina del 5 aprile,domenica delle Palme e XXXV Giornatamondiale della gioventù, che quest’annosi celebrava a livello diocesano. Il rito si èsvolto nella basilica di San Pietro vuota,a causa delle disposizioni che vietanol’assembramento di fedeli per contenerela pandemia di coronavirus. Di seguitol’omelia pronunciata dal Pontefice dopola proclamazione della Passione del Signoresecondo Matteo.

esù «svuotò se stesso, assumendo unacondizione di servo» (Fil 2, 7). Lascia-moci introdurre da queste paroledell’apostolo Paolo nei giorni santi, do-ve la Parola di Dio, come un ritornello,mostra Gesù come servo: Giovedì santoè il servo che lava i piedi ai discepoli;Venerdì santo è presentato come il servosofferente e vittorioso (cfr. Is 52, 13); egià domani Isaia profetizza di Lui: «Ec-co il mio servo che io sostengo» (Is 42,1). Dio ci ha salvato servendoci. In gene-re pensiamo di essere noi a servire Dio.No, è Lui che ci ha serviti gratuitamen-te, perché ci ha amati per primo. È diffi-cile amare senza essere amati. Ed è an-cora più difficile servire se non ci lascia-mo servire da Dio.

Ma — una domanda — in che modo ciha servito il Signore? Dando la sua vitaper noi. Gli siamo cari e gli siamo costa-ti cari. Santa Angela da Foligno testimo-niò di aver sentito da Gesù queste paro-le: «Non ti ho amata per scherzo». Ilsuo amore lo ha portato a sacrificarsiper noi, a prendere su di sé tutto il no-stro male. È una cosa che lascia a boccaaperta: Dio ci ha salvati lasciando che ilnostro male si accanisse su di Lui. Senzareagire, solo con l’umiltà, la pazienza el’obbedienza del servo, esclusivamentecon la forza dell’amore. E il Padre ha so-stenuto il servizio di Gesù: non ha sbara-gliato il male che si abbatteva su di Lui,ma ha sorretto la sua sofferenza, perchéil nostro male fosse vinto solo con il be-ne, perché fosse attraversato fino in fon-do dall’amore. Fino in fondo.

Il Signore ci ha serviti fino a provarele situazioni più dolorose per chi ama: iltradimento e l’abbandono.

Il tradimento. Gesù ha subito il tradi-mento del discepolo che l’ha venduto edel discepolo che l’ha rinnegato. È statotradito dalla gente che lo osannava e poiha gridato: «Sia crocifisso!» (Mt 27, 22).È stato tradito dall’istituzione religiosache l’ha condannato ingiustamente edall’istituzione politica che si è lavata lemani. Pensiamo ai piccoli o grandi tra-dimenti che abbiamo subito nella vita. Èterribile quando si scopre che la fiduciaben riposta viene ingannata. Nasce infondo al cuore una delusione tale, percui la vita sembra non avere più senso.Questo succede perché siamo nati peressere amati e per amare, e la cosa più

dolorosa è venire traditi da chi ha pro-messo di esserci leale e vicino. Non pos-siamo nemmeno immaginare come siastato doloroso per Dio, che è a m o re .

Guardiamoci dentro. Se siamo sincericon noi stessi, vedremo le nostre infedel-tà. Quante falsità, ipocrisie e doppiezze!Quante buone intenzioni tradite! Quan-te promesse non mantenute! Quantipropositi lasciati svanire! Il Signore co-nosce il nostro cuore meglio di noi, saquanto siamo deboli e incostanti, quantevolte cadiamo, quanta fatica facciamo arialzarci e quant’è difficile guarire certeferite. E che cosa ha fatto per venirci in-contro, per servirci? Quello che avevadetto per mezzo del profeta: «Io li gua-rirò dalla loro infedeltà, li amerò profon-damente» (Os 14, 5). Ci ha guariti pren-dendo su di sé le nostre infedeltà, to-gliendoci i nostri tradimenti. Così chenoi, anziché scoraggiarci per la paura dinon farcela, possiamo alzare lo sguardoverso il Crocifisso, ricevere il suo ab-braccio e dire: «Ecco, la mia infedeltà èlì, l’hai presa Tu, Gesù. Mi apri le brac-cia, mi servi col tuo amore, continui asostenermi... Allora vado avanti!».

L’abbandono. Sulla croce, nel Vangeloodierno, Gesù dice una frase, una sola:«Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab-bandonato?» (Mt 27, 46). È una fraseforte. Gesù aveva sofferto l’abbandonodei suoi, che erano fuggiti. Ma gli rima-neva il Padre. Ora, nell’abisso della soli-tudine, per la prima volta lo chiama colnome generico di “D io”. E gli grida «agran voce» il “p e rc h é ? ”, il “p erché?” piùlacerante: “Perché anche Tu mi hai ab-bandonato?”. Sono in realtà le parole diun Salmo (cfr. 22, 2): ci dicono che Ge-sù ha portato in preghiera anche la de-solazione estrema. Ma resta il fatto che

l’ha provata: ha provato l’abbandonopiù grande, che i Vangeli testimonianoriportando le sue parole originali.

Perché tutto questo? Ancora una voltaper noi, per s e r v i rc i . Perché quando cisentiamo con le spalle al muro, quandoci troviamo in un vicolo cieco, senza lu-ce e via di uscita, quando sembra cheperfino Dio non risponda, ci ricordiamodi non essere soli. Gesù ha provato l’ab-bandono totale, la situazione a Lui piùestranea, per essere in tutto solidale connoi. L’ha fatto per me, per te, per tuttinoi, lo ha fatto per dirci: «Non temere,non sei solo. Ho provato tutta la tua de-solazione per essere sempre al tuo fian-co». Ecco fin dove ci ha serviti Gesù,calandosi nell’abisso delle nostre soffe-renze più atroci, fino al tradimento eall’abbandono. Oggi, nel dramma dellapandemia, di fronte a tante certezze chesi sgretolano, di fronte a tante aspettati-ve tradite, nel senso di abbandono checi stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno:«Coraggio: apri il cuore al mio amore.Sentirai la consolazione di Dio, che tisostiene».

Cari fratelli e sorelle, che cosa possia-mo fare dinanzi a Dio che ci ha servitifino a provare il tradimento e l’abbando-no? Possiamo non tradire quello per cuisiamo stati creati, non abbandonare ciòche conta. Siamo al mondo per amareLui e gli altri. Il resto passa, questo ri-mane. Il dramma che stiamo attraver-sando in questo tempo ci spinge a pren-dere sul serio quel che è serio, a nonperderci in cose di poco conto; a risco-prire che la vita non serve se non si serve.Perché la vita si misura sull’amore. Allo-ra, in questi giorni santi, a casa, stiamodavanti al Crocifisso — guardate, guar-date il Crocifisso! —, misura dell’a m o re

di Dio per noi. Davanti a Dio che ciserve fino a dare la vita, chiediamo,guardando il Crocifisso, la grazia di vi-vere per servire. Cerchiamo di contattarechi soffre, chi è solo e bisognoso. Nonpensiamo solo a quello che ci manca,pensiamo al bene che possiamo f a re .

Ecco il mio servo che io sostengo. Il Pa-dre, che ha sostenuto Gesù nella Passio-ne, incoraggia anche noi nel servizio.Certo, amare, pregare, perdonare, pren-dersi cura degli altri, in famiglia comenella società, può costare. Può sembrareuna via crucis. Ma la via del servizio è lavia vincente, che ci ha salvati e che ci

La notte e la lucedi un amore umile

creativo, eroico

In una piccola fogliail dolore e le speranze

dell’umanità

salva, ci salva la vita. Vorrei dirlo spe-cialmente ai giovani, in questa Giornatache da 35 anni è dedicata a loro. Cariamici, guardate ai veri eroi, che in questigiorni vengono alla luce: non sono quel-li che hanno fama, soldi e successo, maquelli che danno sé stessi per serviregli altri. Sentitevi chiamati a metterein gioco la vita. Non abbiate pauradi spenderla per Dio e per gli altri, ciguadagnerete! Perché la vita è un donoche si riceve donandosi. E perché lagioia più grande è dire sì all’amore, sen-za se e senza ma. Dire sì all’amore, sen-za se e senza ma. Come ha fatto Gesùper noi.

In una piccola foglia di palma ci sono tutto il doloree tutta la speranza dell’umanità, oggi più che maiimpaurita e alla ricerca di una parola che salva:anche Francesco, secondo una radicata tradizionecristiana, ha portato con sé una fogliolina —“re l i q u i a ” della passione del Signore e anche diquella degli uomini — da tenere accanto in questotempo intenso di preghiera. E proprio nellapiccolezza, nell’essenzialità e nella sobrietà varicercata la chiave di lettura della celebrazioneeucaristica presieduta, il 5 aprile, dal vescovo diRoma in una basilica vaticana vuota. Immagine checolpisce e interpella, non fosse altro perché ladomenica delle Palme coincide tradizionalmente con

CO N T I N UA A PA G I N A 19

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C

Un’ineditaGmg

Al l ’An g e l u sil Papa ricordache il passaggio

della Crocedai giovanidi Panamá

a quelli di Lisbonaavverrà

il 22 novembre

ari fratelli e sorelle,prima di concludere questa celebrazione, desi-dero salutare quanti vi hanno preso parte at-traverso i mezzi di comunicazione sociale. Inparticolare, il mio pensiero va ai giovani ditutto il mondo, che vivono in maniera inedita,a livello diocesano, l’odierna Giornata Mon-diale della Gioventù. Oggi era previsto il pas-saggio della Croce dai giovani di Panamá aquelli di Lisbona. Questo gesto così suggesti-vo è rinviato alla domenica di Cristo Re, il 22novembre prossimo. In attesa di quel momen-to, esorto voi giovani a coltivare e testimoniarela speranza, la generosità, la solidarietà di cuitutti abbiamo bisogno in questo tempo diffici-le.

Domani, 6 aprile, ricorre la Giornata Mon-diale dello Sport per la Pace e lo Sviluppo, in-detta dalle Nazioni Unite. In questo periodo,tante manifestazioni sono sospese, ma vengo-no fuori i frutti migliori dello sport: la resi-stenza, lo spirito di squadra, la fratellanza, ildare il meglio di sé... Dunque, rilanciamo losport per la pace e lo sviluppo.

Carissimi, incamminiamoci con fede nellaSettimana Santa, nella quale Gesù soffre,muore e risorge. Le persone e le famiglie chenon potranno partecipare alle celebrazioni li-turgiche sono invitate a raccogliersi in preghie-ra a casa, aiutate anche dai mezzi tecnologici.Stringiamoci spiritualmente ai malati, ai lorofamiliari e a quanti li curano con tanta abne-gazione; preghiamo per i defunti, nella lucedella fede pasquale. Ciascuno è presente al no-stro cuore, al nostro ricordo, alla nostra pre-ghiera.

Da Maria impariamo il silenzio interiore, losguardo del cuore, la fede amorosa per seguireGesù sulla via della croce, che conduce allagloria della Risurrezione. Lei cammina con noie sostiene la nostra speranza.

#copertina

Al termine della messa della Domenicadelle Palme, prima di impartire la benedizionefinale, Francesco ha guidato la preghieradell’Angelus, rivolgendo un incoraggiamentoalle persone malate e a quanti le curano. Quindiha rilanciato il ruolo dello sport come veicolodi pace e sviluppo. Un saluto particolare ha poirivolto ai giovani, ricordando che il simbolicogesto del passaggio della Croce delle Giornatemondiali della gioventù tra Panamá e Lisbonaavverrà il 22 novembre. Ecco le sue parole.

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MERCOLEDÌ 1Cinquecento anni fa, gli uomini della spedi-zione di Ferdinando Magellano erano intentialla ricerca del passaggio tra gli oceani Atlanti-co e Pacifico. Nel marzo 1520 scesero a terranella baia di San Julián — nei pressi del portonaturale della Patagonia situato vicino all’en-trata dello Stretto che porta il nomedell’esploratore e navigatore portoghese — e vicelebrarono la messa: la prima in territorio ar-gentino. A distanza di cinque secoli, sulle cele-brazioni dell’anniversario nella provincia diSanta Cruz è calata l’ombra della pandemia dacovid-19, che di fatto le ha ridimensionate, im-pedendo diverse iniziative programmate. MaPapa Francesco ha voluto ugualmente far sen-tire la propria vicinanza ai connazionali attra-

verso una lettera inviata al vescovo Jorge Igna-cio García Cuerva di Río Gallegos.

«Siamo come i discepoli di Emmaus — hascritto il Pontefice — che camminano con “ilvolto triste” per quello che succede, inquietiper come si svilupperà e preoccupati dalleconseguenze che lascerà» il coronavirus. Eccoallora, ha suggerito, «che ci fa bene in questocontesto dire supplicanti come loro: “Restacon noi... Signore”». Infatti, la presenza diGesù nell’Eucaristia «è il sacramento dell’al-leanza che Dio ha voluto suggellare con il suopopolo, con il nostro popolo».

E questa certezza ereditata «dai nostri padrie nonni — ha aggiunto il Papa — è la riservaspirituale che accompagnò, modellò e forgiòl’anima della nostra Nazione»; perciò «voglia-mo che segni anche il futuro dei nostri figli enipoti», come «alimento di vita in momenti dicarestia e tribolazione», nei quali «il contattoviene misurato ed evitato».

Da qui la raccomandazione: «Non lasciamoche la festa si spenga, non perdiamo l’opp or-tunità di assumere e accogliere il nostro pre-

«#PreghiamoInsieme anche per le difficoltàche in questi giorni incontrano le famiglie con figli

con #autismo e tutte le persone disabili»

(@Pontifex_it, 2 aprile, Giornata mondialedella consapevolezza dell’autismo)”sente come un tempo propizio di grazia e sal-

vezza con tutto l’impegno che ciò significa».Oggi come ieri, ha assicurato Francesco,

«continuano a risuonare nei diversi paesi, par-rocchie, cappelle, ospedali, collegi, case, città esobborghi le parole del Signore: “Fate questoin memoria di me”. È il suo popolo sacerdota-le — ha concluso — che prosegue la moltiplica-zione dei pani, perché a nessuno manchi l’ali-mento che dà vita; che sa “amare il prossimocome se stesso”» e nel «memoriale del suoamore misericordioso continua a rialzare il ca-duto, liberare il prigioniero e l’oppresso, darevista ai ciechi».

GIOVEDÌ 2È per «tutte le persone sotto l’influenza delledipendenze», affinché «possano essere benaiutate e accompagnate», l’intenzione affidatada Francesco per il mese di aprile alla retemondiale di preghiera del Papa. Diffusa suwww.thepopevideo.org l’invocazione del Pon-tefice è un appello alla liberazione da antichee nuove forme di schiavitù che imprigionanole anime e i corpi di donne e uomini, di ognietà — anche giovanissimi purtroppo — e appar-tenenza sociale.

«Sicuramente avrete sentito parlare deldramma delle dipendenze» esordisce il Papainquadrato in primo piano. «E... avete pensatoanche alla dipendenza dal gioco, dalla porno-grafia, da Internet, e ai pericoli dello spaziovirtuale», prosegue Francesco, mentre l’op era-tore stacca su immagini che cercano di raccon-tare l’alcolismo, la tossicodipendenza, la ludo-patia e le altre “malattie” che conducono in untunnel da cui è difficile uscire da soli: un uo-mo con la testa tra le mani, disperato per averperso tutto al tavolo verde, sul quale oltre allecarte e alle fiches sono finiti anche soldi veri epersino le chiavi della sua automobile; o ungiovane che, in triste solitudine davanti alcomputer, naviga su siti web per adulti; o unadonna che nel letto, a notte fonda, guarda os-sessivamente lo smartphone.

Ecco allora la richiesta del Pontefice di aiu-tare chi si ritrova legato ai lacci della dipen-denza. «Basandoci sul “Vangelo della miseri-c o rd i a ” — assicura — possiamo alleviare, curaree guarire le tante sofferenze legate alle nuovedipendenze». E ancora una volta il filmato“suggerisce” le forme concrete di soccorso: unuomo, forse un prete, ne consola un altro di-sperato, tenendogli la mano sulla spalla in se-gno di protezione mentre gli parla; un giova-ne, accasciato, viene aiutato a risollevarsi dallamano tesagli da qualcuno; alcune scene di ab-bracci in un centro di ascolto.

Preparato dall’agenzia La Machi, che si oc-cupa della produzione e della distribuzione, incollaborazione con Vatican Media, che ne hacurato la registrazione, il video — tradotto innove lingue — è stato pubblicato nel pomerig-gio e rilanciato come di consueto anche sugliaccount social vaticani.

#7giorniconilpapa

Invitando a «rinnovarei legami di amiciziaed impegno verso i piùbisognosi della nostrasocietà, particolarmentenell’attuale prova che tuttistiamo attraversando»,il Pontefice ha rivoltoi suoi «più sentiti auguri»al Rabbino capo RiccardoDi Segni e a tuttala comunità ebraicadi Roma in occasionedella festività di Pesach.«L’Onnipotente, che haliberato il suo amatopopolo dalla schiavitùe lo ha condotto alla Terrapromessa, vi accompagnianche oggicon l’abbondanza delle suebenedizioni» scrivenel messaggio Francesco,che conclude: «Assicuroil mio ricordo e chiedodi continuare a pregareper me». Da parte sua,Di Segni ringraziae ricambia gli auguri,sottolineando che«quest’anno è una Pasquaspeciale in cui la normaleesistenza è stata stravoltadall’epidemia in corso checrea lutti, timori, disastrieconomici e sociali».Il Rabbino capo assicurache «siamo tutti impegnatiad aiutare, confortare,sollecitare un esamedi coscienza, chiedere aiutoal nostro Creatore». E fanotare che proprio in questimomenti «misuriamoin concreto i valori comunidelle nostre fedi ela necessità di lavorareinsieme per il benecollettivo». Da quil’augurio conclusivo:«Che sia malgrado tuttouna Pasqua serena,portatrice di rinnovamentoe di annunciodi un mondo migliore».

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«La Chiesa veglia con ciascuno. È vicina a chiun-que soffra e sia nel bisogno». Il Segretario diStato Pietro Parolin esprime così la prossimitàdella Chiesa in questo tempo drammatico chel’umanità sta vivendo a causa della pandemia.Il cardinale, in questa intervista con i mediavaticani, invita a non far mai venir meno «lasolidarietà internazionale»: nonostante l’emer-genza e la paura, «è il momento di non chiu-derci in noi stessi».

Come stanno vivendo il Papa e la Curia romanaquesto momento di emergenza?

Stiamo condividendo con tutte le personeun momento difficile. Per molti è un momentodrammatico. Penso agli ammalati, agli anzianisoprattutto, ai morenti, ai loro familiari. Siamonel tempo della veglia pasquale. La Chiesa ve-glia con ciascuno. È vicina a chiunque soffra esia nel bisogno. Abbiamo bisogno di essere li-berati dalla prigionia del tempo vissuto nellafrustrazione, dalla minaccia della malattia edella morte. «Lazzaro vieni fuori!» (Gv 11, 43),è il grido che risuona nel tempo, in questoparticolarmente, affinché esso sia un temponuovo della vita e dello spirito. Il Santo PadreFrancesco sta cercando tutti i modi possibiliper essere vicino alla gente, nel mondo intero.Per lui il contatto con le persone è sempre sta-to fondamentale e, anche se in maniera nuovae inedita, intende mantenerlo. La diretta quo-tidiana della Santa Messa a Santa Marta ne èun segno concreto. La preghiera costante perle vittime, i loro familiari, il personale sanita-rio, i volontari, i sacerdoti, i lavoratori, le fa-miglie è un altro segno concreto. Noi tutti col-laboratori cerchiamo di aiutarlo a mantenere icontatti con le Chiese di tutti i Paesi del mon-do.

Che cosa ci sta insegnando questa vicenda dram-matica, che sta colpendo le famiglie, sta cambian-do la vita delle persone e che provocherà gravicontraccolpi anche sul sistema economico?

Stiamo vivendo un dramma destinato adavere rilevanti conseguenze sulle nostre vite.Innanzitutto, veniamo messi di fronte alla no-stra fragilità e alla nostra vulnerabilità. Ci ren-diamo conto che noi non siamo creatori, masiamo povere creature, che esistono perchéQualcuno dona loro in ogni istante la vita.Non ne siamo i padroni assoluti. Basta unnonnulla, un nemico misterioso e invisibile,per farci soffrire, per farci ammalare grave-mente, per farci morire. Ci ritroviamo piccoli,insicuri, indifesi, bisognosi di aiuto. Siamoinoltre messi di fronte all’essenziale, a ciò checonta davvero. Ci viene offerta la possibilità diriscoprire il valore della famiglia, dell’amicizia,dei rapporti interpersonali, delle frequentazio-ni che normalmente trascuriamo, della solida-rietà, della generosità, della condivisione, dellavicinanza nella concretezza delle piccole cose.Abbiamo bisogno gli uni degli altri e abbiamobisogno di comunità e società che ci aiutino aprenderci cura gli uni degli altri. Io credo infi-ne che questo è un momento opportuno pertornare a Dio con tutto il cuore, come ci ricor-dava Papa Francesco nel momento straordina-

rio di preghiera del 27 marzo scorso e qualchegiorno prima ancora nel Padre Nostro “ecume-nico”, pregato assieme a tutti i cristiani delmondo.

Quale sguardo ci aiuta ad avere sulla realtà diquesti giorni la fede cristiana?

La fede cristiana è l’irruzione di Dio nellastoria dell’uomo. Dio che si fa carne, Dio cheviene a condividere tutto della nostra esisten-za, fuorché il peccato, ed è disposto a patire emorire per salvarci. Ci stiamo preparando acelebrare la Pasqua in questa Quaresima cosìparticolare: Gesù risorge, vince la morte, donala vita. Lo sguardo di fede, in questi tempidifficili, ci aiuta ad abbandonarci sempre dipiù a Dio, a bussare alla sua porta con la no-stra incessante preghiera affinché abbrevi que-sto tempo di prova. Ci aiuta a vedere il tantobene che ci circonda e che viene testimoniatoda molte persone. Conforta toccare con manola creatività pastorale, già ricordata da PapaFrancesco, di Vescovi, sacerdoti, religiosi, reli-giose e l’impegno di tanti laici. Sono la “vo ce”del Vangelo. Così come lo sono tutti coloro(dai medici agli infermieri, ai volontari) checombattono la malattia. Credo faccia bene ve-dere come la Chiesa, che vive immersa nellarealtà della sua gente, cerca e trova mille stra-de, usando tutti i mezzi possibili, per far sìche le persone non siano sole, possano prega-re, possano ricevere una parola di conforto.Mi ha colpito che, pur nel dramma attuale, sitrovi il modo di esprimersi — ad esempio conla musica e il canto — per essere insieme. Mipiacerebbe che ciò potesse avvenire in qualchemodo anche per le parrocchie. Sarebbe bellose tutte le chiese, alla stessa ora, ad esempio amezzogiorno, suonassero le loro campane per

Nonostante la pauranon chiudiamoci in noi stessi

Il Segretariodi Stato

Pietro Parolin:c’è davvero

bisogno di pregaree di impegnarci,

tutti, affinchénon vengamai meno

la solidarietàinternazionale

#intervista

di ANDREA TORNIELLI

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un minuto; e che questo loro suono fosse unrichiamo a pregare insieme anche se fisicamen-te lontani...

Che cosa può dirci sulla situazione sanitaria deidipendenti della Santa Sede?

Come sapete allo stato attuale sono sette icasi di positività conclamata al covid-19. A ini-zio marzo c’era stato il caso di una personache è transitata negli ambulatori del nostroservizio sanitario per degli esami medici in vi-sta di un impiego in Curia. A questo primocaso, nelle scorse settimane se ne sono aggiun-ti altri sei. Tutti hanno superato la fase criticae ora stanno migliorando. Ovviamente comein Italia e in tutti i Paesi del mondo, monito-riamo la situazione giorno per giorno, ora perora, grazie all’impegno dei nostri medici e in-fermieri.

Che cosa sta facendo concretamente la Santa Sedein questo momento per aiutare le Chiese del mon-do?

La Santa Sede, attraverso i suoi Dicasteri, siimpegna a mantenere i contatti con le Chieseparticolari, cercando di aiutare, per quanto èpossibile, le popolazioni particolarmente colpi-te dalla diffusione del coronavirus, indipen-dentemente dall’appartenenza religiosa o na-zionale, come sempre ha fatto. Da quando ècominciata l’emergenza sanitaria a livello glo-bale, il Santo Padre stesso ha voluto esprimerela sua vicinanza e solidarietà alla popolazionecinese, inviando un dono all’o rg a n i z z a z i o n ecaritativa JindeCharities e alla Diocesi di HongKong, e successivamente anche all’Iran, all’Ita-lia e alla Spagna. E sono allo studio diverseiniziative per dare concretezza alla solidarietàe per testimoniare la carità.

Le Messe e le altre celebrazioni — compresi i fune-rali — sono sospese, ma le chiese sono quasi do-vunque ancora aperte. Che cosa significa questo?Che cosa si sente di dire ai credenti che non pos-sono ricevere i sacramenti?

La sospensione delle celebrazioni si è resanecessaria per evitare gli assembramenti. Main quasi tutte le città le chiese restano aperteed io spero che siano riaperte al più presto an-che quelle che eventualmente fossero statechiuse: vi è la presenza di Gesù Eucaristia, isacerdoti continuano a pregare e a celebrare laSanta Messa per i fedeli impossibilitati a par-teciparvi. È bello pensare che la porta dellacasa di Dio rimane aperta, come sono apertele porte delle nostre case, anche se siamo for-temente invitati a non uscire se non per causedi forza maggiore. La famiglia è Chiesa dome-stica, possiamo pregare e prepararci alla Pa-squa seguendo le liturgie e le preghiere alla te-levisione. Ai tanti credenti che soffrono di nonpoter ricevere i Sacramenti vorrei dire che con-divido il loro dolore, ma ricordare, ad esem-pio, la possibilità della comunione spirituale.Papa Francesco, inoltre, tramite la Penitenzie-ria Apostolica, ha concesso il dono di specialiindulgenze ai fedeli, non solo ai colpiti dal co-vid-19, ma anche agli operatori sanitari, ai fa-miliari e a tutti coloro che a vario titolo, anchecon la preghiera, si prendono cura di essi. Mac’è anche un altro aspetto che in un tempo divigilia come questo va evidenziato e rafforzato.Ed è possibile a tutti. Pregare con la Parola diDio. Leggere, contemplare accogliere la Parolache viene. Dio ha riempito con la sua Parola ilvuoto che ci spaventa in queste ore. In GesùDio si è comunicato, Parola piena e definitiva.Non dobbiamo semplicemente riempire il tem-po, ma ricolmarci della Parola.

Uno dei drammi di questi giorni è rappresentatodalla solitudine. Nei reparti covid-19 si muore so-li, senza il conforto dei propri parenti impossibili-

tati ad entrare nelle stanze di terapia intensiva.Come può la Chiesa manifestare la sua vicinanzaalle persone?

È una delle conseguenze dell’epidemia che,in un certo senso, mi sconvolge. Ho letto eascoltato racconti drammatici e commoventi.Quando purtroppo non è possibile la presenzadel sacerdote al letto di chi è in punto di mor-te, ogni battezzata e ogni battezzato può pre-gare e portare conforto, in forza del sacerdoziocomune ricevuto con il Sacramento del Batte-simo. È bello ed evangelico immaginare inquesto tempo difficile, che in un qualche mo-do, anche le mani dei medici, degli infermieri,degli operatori sanitari, che ogni giorno conso-lano, guariscono o accompagnano nell’ultimomomento di vita questi malati, diventino lemani e le parole di tutti noi, della Chiesa, del-la famiglia che benedice, saluta, perdona econsola. È la carezza di Dio che sana e dà vi-ta, anche quella eterna.

Come avverranno le celebrazioni della SettimanaSanta in Vaticano?

Abbiamo studiato delle modalità diverse daquelle tradizionali. Non sarà infatti possibileaccogliere i pellegrini come è sempre avvenu-to. Nel pieno rispetto delle norme precauzio-nali per evitare il contagio, cercheremo di cele-brare i grandi riti del Triduo Pasquale in mo-do da accompagnare tutti coloro che purtrop-po non potranno recarsi nelle chiese.

La crisi sta diventando mondiale e sta iniziandoa coinvolgere anche Paesi del Sud del mondo. Inche modo la Chiesa può contribuire a uno spiritodi aiuto reciproco tra nazioni e continenti diversi econ diversi problemi, perché non venga meno lospirito di solidarietà e di collaborazione multilate-ra l e ?

Purtroppo ci troviamo di fronte a una pan-demia e il contagio si diffonde a macchiad’olio. Da una parte, vediamo quanti sforzistraordinari hanno impegnato i Paesi sviluppa-ti, con non pochi sacrifici a livello di vita ordi-naria delle singole famiglie e di economia na-zionale, per affrontare efficacemente la crisi sa-nitaria e debellare la diffusione del virus.D all’altra parte, però, devo confessare che mipreoccupa ancora di più la situazione nei Paesimeno sviluppati, dove le strutture sanitarienon saranno in grado di assicurare le cure ne-cessarie ed adeguate alla popolazione nel casodi una maggiore diffusione della malattia co-vid-19. Per vocazione, la Santa Sede cerca diavere come orizzonte il mondo intero, cerca dinon dimenticare chi è più lontano, chi più sof-fre, chi magari fatica ad essere illuminato dairiflettori dei media internazionali. Questa nonè una preoccupazione legata solo all’attualeemergenza per la pandemia: quante guerre,quante epidemie, quante carestie flagellanotanti nostri fratelli e sorelle! C’è davvero biso-gno di pregare e di impegnarci, tutti, affinchénon venga mai meno la solidarietà internazio-nale. Nonostante l’emergenza, nonostante lapaura, è il momento di non chiuderci in noistessi. Ce ne stiamo purtroppo rendendo contoin questi giorni: problemi e drammi che consi-deravamo lontani dalle nostre vite, hanno bus-sato alla nostra porta. È un’occasione per sen-tirci più uniti e far crescere lo spirito di solida-rietà e condivisione fra tutti i Paesi, fra tutti ipopoli, fra tutti gli uomini e le donne del no-stro mondo. Da questa emergenza nascerannodifficoltà e cambiamenti profondi. Abbiamobisogno che chi ha responsabilità politiche leeserciti oltre l’egoismo del proprio interesse,personale, di gruppo, nazionale, ma sappiaguardare con sapienza e con responsabilità, se-condo valori di libertà e di giustizia, al benecomune.

#intervista

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L’Osservatore Romanogiovedì 9 aprile 2020il Settimanale

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Lo scorso 1° aprile il Santo Padre ha offerto lamessa della mattina a Casa Santa Marta «pertutti coloro che lavorano nei media, che lavo-rano per comunicare, oggi, perché la gentenon si trovi tanto isolata; per l’educazione deibambini, l’informazione, per aiutare a soppor-tare questo tempo di chiusura». Ha così rimar-cato il ruolo e la responsabilità degli operatoridella comunicazione e dentro questa espressio-ne ci sono tante persone e tanti mondi: l’edu-cazione dei bambini, l’informazione, la lettera-tura, il cinema, la televisione... Emerge di nuo-vo l’importanza della narrazione, del raccontodi storie che accompagnano la costruzione diuna identità, personale e comunitaria come ilPapa ha affermato lo scorso 24 gennaio nelMessaggio per la Giornata Mondiale delle Co-municazioni Sociali (da qui l’iniziativa di que-sto quotidiano di dedicare uno spazio settima-nale al racconto come “parola dell’anno” e an-che quella che sotto il titolo La Bellezza ci uni-sce vede impegnati insieme i Musei Vaticani eVatican News).

Il popolo è una “categoria mitica” secondoJorge Mario Bergoglio, nel senso che non èun’idea ma è e vive all’interno di un racconto.Raccontare non è solo lenire la solitudine e lasofferenza, e già non sarebbe poco, ma è an-che lo strumento per l’edificazione di una co-munità viva, che ha saldi radici nella memoriae capacità di visione di una direzione, di undestino. I testi (dal latino textum: “tessuto”)che vengono raccontati, le storie belle di cuiha sempre sete il cuore dell’uomo, contribui-scono a tessere rapporti, quei legami socialiche tengono insieme un popolo. Un popoloche oggi vive la prova dell’isolamento e dellachiusura. È allora proprio questo il tempo di

esercitare il ruolo di comunicatori con un sen-so ancora più forte della responsabilità, pro-prio per il bene comune, per la “salute” diquesto popolo.

Bene ha fatto su questi temi il regista PupiAvati che ha scritto una toccante lettera spedi-ta al «Corriere della Sera» il 27 marzo scorsoin cui chiedeva ai comunicatori di approfittaredi «questo tempo sospeso fra il reale e l’i r re a -le, come in assenza di gravità», come di una«speciale opportunità per provare a far cresce-re culturalmente il paese stravolgendo davveroi vecchi parametri, contando sull’effetto tera-peutico della bellezza». Molto interessante an-che la risposta del presidente della Rai Mar-cello Foa in cui, accogliendo la proposta diAvati per un salto di qualità, ha osservato che«la cultura non può essere circoscritta a retidedicate, ma deve attraversare tutta la produ-zione Rai attraverso una sensibilità diffusa(…) avendo cura di ogni fascia di età (…) conun’attenzione speciale verso la popolazionepiù fragile e più debole».

È vero: la bellezza ha un effetto terapeuticoe insieme, la cultura e la bellezza, non sonouna pietanza che si può più o meno mangiarea fianco ad altre pietanze anche molto “imp or-tanti”, come la salute, l’economia, la politica...ma sono piuttosto un condimento, come il sa-le, come l’olio, che accompagnano ogni pie-tanza, ogni cibo, ogni momento e ogni am-biente della nostra esistenza, arricchendolo dicolore, sapore, senso. Di questo sale abbiamosempre bisogno e oggi più che mai, in questigiorni di chiusura forzata; sta a noi comunica-tori il compito di fornire di questo sale e, pri-ma di ancora, come ricorda il Vangelo, di es-serlo.

La Bellezzache unisce e guarisce

#cinema

di ANDREA MONDA

In dialogocon Pupi Avati

Il regista nel suo studio

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!In queste settimane di apprensione per la pan-demia che sta facendo soffrire tanto il mondo,tra le tante domande che ci facciamo, possonoessercene anche su Dio: che cosa fa davanti alnostro dolore? Dov’è quando va tutto storto?Perché non ci risolve in fretta i problemi? So-no domande che noi facciamo su Dio.

Ci è di aiuto il racconto della Passione diGesù, che ci accompagna in questi giorni san-ti. Anche lì, infatti, si addensano tanti interro-gativi. La gente, dopo aver accolto Gesù trion-falmente a Gerusalemme, si domandava seavrebbe finalmente liberato il popolo dai suoinemici (cfr. Lc 24, 21). Si aspettavano, loro, unMessia potente, trionfante, con la spada. Inve-ce ne arriva uno mite e umile di cuore, chechiama alla conversione e alla misericordia. Edè proprio la folla, che prima l’aveva osannato,a gridare: «Sia crocifisso!» (Mt 27, 23). Quelliche lo seguivano, confusi e spaventati, lo ab-bandonano. Pensavano: se la sorte di Gesù èquesta, il Messia non è Lui, perché Dio è for-te, Dio è invincibile.

Ma, se andiamo avanti a leggere il raccontodella Passione, troviamo un fatto sorprenden-te. Quando Gesù muore, il centurione romanoche non era credente, non era ebreo ma era unpagano, che lo aveva visto soffrire in croce elo aveva sentito perdonare tutti, che aveva toc-cato con mano il suo amore senza misura,confessa: «D a v v e ro quest’uomo era Figlio diDio» (Mc 15, 39). Dice proprio il contrario de-gli altri. Dice che lì c’è Dio, che è Dio davve-ro .

Possiamo chiederci oggi: qual è il volto verodi Dio? Di solito noi proiettiamo in Lui quelloche siamo, alla massima potenza: il nostro suc-cesso, il nostro senso di giustizia, e anche ilnostro sdegno. Però il Vangelo ci dice che Dionon è così. È diverso e non potevamo cono-scerlo con le nostre forze. Per questo si è fattovicino, ci è venuto incontro e proprio a Pasquasi è rivelato completamente. E dove si è rivela-to completamente? Sulla croce. Lì impariamo itratti del volto di Dio. Non dimentichiamo,fratelli e sorelle, che la croce è la cattedra diDio. Ci farà bene stare a guardare il Crocifissoin silenzio e vedere chi è il nostro Signore: èColui che non punta il dito contro qualcuno,

neppure contro coloro che lo stanno crocifig-gendo, ma spalanca le braccia a tutti; che nonci schiaccia con la sua gloria, ma si lascia spo-gliare per noi; che non ci ama a parole, ma cidà la vita in silenzio; che non ci costringe, maci libera; che non ci tratta da estranei, maprende su di sé il nostro male, prende su di séi nostri peccati. E questo, per liberarci dai pre-giudizi su Dio, guardiamo il Crocifisso. E poiapriamo il Vangelo. In questi giorni, tutti inquarantena e a casa, chiusi, prendiamo questedue cose in mano: il Crocifisso, guardiamolo;e apriamo il Vangelo. Questa sarà per noi —diciamo così — come una grande liturgia do-mestica, perché in questi giorni non possiamoandare in chiesa. Crocifisso e Vangelo!

Nel Vangelo leggiamo che, quando la genteva da Gesù per farlo re, ad esempio dopo lamoltiplicazione dei pani, Egli se ne va (cfr. Gv6, 15). E quando i diavoli vogliono rivelare lasua maestà divina, Egli li mette a tacere (cfr.Mc 1, 24-25). Perché? Perché Gesù non vuoleessere frainteso, non vuole che la gente con-fonda il Dio vero, che è amore umile, con undio falso, un dio mondano che dà spettacolo es’impone con la forza. Non è un idolo. È Dio

che si è fatto uomo, come ognuno di noi, e siesprime come uomo ma con la forza della suadivinità. Invece, quando nel Vangelo vieneproclamata solennemente l’identità di Gesù?Quando il centurione dice: “Davvero era Figliodi Dio”. Viene detto lì, appena ha dato la vitasulla croce, perché non ci si può più sbagliare:si vede che Dio è onnipotente nell’a m o re , e non

Con il crocifissoe il Vangelo

Al l ’udienzag e n e ra l e

il Pontefice proponeuna «grande

liturgia domestica»

#catechesi

CO N T I N UA A PA G I N A 18

«Non dimenticatevi:Crocifisso e Vangelo».Ecco «la grande liturgiadomestica» propostada Papa Francesco perquesta particolareSettimana santa, nel tempodella pandemia. Èil suggerimento che havoluto condividereall’udienza generaledi mercoledì 8 aprilenella Bibliotecadel Palazzo apostolicovaticano. Questo il testodella sua catechesi.

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Fratelli e sorelle, Gesù ha trasformato la storia delmale in una storia di salvezza. Dal cuore aperto delCrocifisso, l’amore di Dio ci raggiunge in questimomenti di angoscia, difficoltà e sofferenza. Inquesta Settimana Santa, nel mezzo dei drammi edelle prove che viviamo, i nostri cuori sianosaldamente uniti a Cristo morto e risorto. Dio vib enedica!

Saluto i fedeli di lingua inglese collegati attraverso imezzi di comunicazione sociale. A tutti auguro chequesta Settimana Santa ci porti a celebrare larisurrezione del Signore Gesù con cuore purificato erinnovato dalla grazia dello Spirito Santo. Dio vib enedica!

Con affetto saluto i fratelli e le sorelle di linguatedesca. Pur angosciati da domande epreoccupazioni possiamo avere fiducia: il Signore,attraverso la sua morte e risurrezione, ha cambiatola storia in storia di salvezza, nonostante tutto ilmale. Non siamo mai soli, ma sempre amati da Dio.Vi auguro una Santa Pasqua.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua españolaque siguen esta catequesis a través de los medios decomunicación social. En estos días santos en queconmemoramos la Pasión del Señor Jesús, que consu cruz ha vencido a la muerte y nos ha dado vida,pidámosle con fe que convierta nuestro miedo enconfianza, nuestra angustia en esperanza y nos hagaexperimentar la cercanía de su amor infinito. Que elCrucificado nos conceda ser cada vez más hermanosy nos sostenga con su presencia. Que Dios los ben-diga.

I saluti ai fedeli in videocollegamento

in altro modo. È la sua natura, perché è fattocosì. Egli è l’A m o re .

Tu potresti obiettare: “Che me ne faccio diun Dio così debole, che muore? Preferirei undio forte, un Dio potente!”. Ma sai, il poteredi questo mondo passa, mentre l’amore resta.Solo l’amore custodisce la vita che abbiamo,perché abbraccia le nostre fragilità e le trasfor-

ma. È l’amore di Dio che a Pasqua ha guaritoil nostro peccato col suo perdono, che ha fattodella morte un passaggio di vita, che ha cam-biato la nostra paura in fiducia, la nostra an-goscia in speranza. La Pasqua ci dice che Diopuò volgere tutto in bene. Che con Lui pos-siamo davvero confidare che tutto andrà bene.E questa non è un’illusione, perché la morte erisurrezione di Gesù non è un’illusione: è statauna verità! Ecco perché il mattino di Pasqua civiene detto: «Non abbiate paura!» (cfr. Mt 28,5). E le angoscianti domande sul male nonsvaniscono di colpo, ma trovano nel Risorto ilfondamento solido che ci permette di nonn a u f r a g a re .

Cari fratelli e sorelle, Gesù ha cambiato lastoria facendosi vicino a noi e l’ha resa, perquanto ancora segnata dal male, storia di sal-vezza. Offrendo la sua vita sulla croce, Gesùha vinto anche la morte. Dal cuore aperto delCrocifisso, l’amore di Dio raggiunge ognunodi noi. Noi possiamo cambiare le nostre storieavvicinandoci a Lui, accogliendo la salvezzache ci offre. Fratelli e sorelle, apriamogli tuttoil cuore nella preghiera, questa settimana, que-sti giorni: con il Crocifisso e con il Vangelo.Non dimenticatevi: Crocifisso e Vangelo. Laliturgia domestica, sarà questa. Apriamogli tut-to il cuore nella preghiera, lasciamo che il suosguardo si posi su di noi e capiremo che nonsiamo soli, ma amati, perché il Signore non ciabbandona e non si dimentica di noi, mai. Econ questi pensieri, vi auguro una Santa Setti-mana e una Santa Pasqua.

Carissimi fedeli di lingua portoghese, di cuore visaluto, augurandovi un Triduo Pasquale davverosanto che vi aiuti a vivere la Pasqua, pieni di gioia,consolazione e, soprattutto, di speranza, certi che laRisurrezione di Cristo è anche la nostra vittoria.Buona Pasqua!

Saluto i fedeli di lingua araba! Cari fratelli e sorelle,stiamo vivendo momenti in cui può sembrare cheDio sia lontano da noi. Ma Egli esiste. La creazionestessa continua. L’amore onnipotente stessocontinua. Il Dio amorevole è lo stesso che non soloè vicino a noi, ma in noi. Quindi poniamo in Lui lenostre preoccupazioni e la nostra paura. Perché ilcredente è fiducioso anche nell’angoscia e confidache con Dio tutto volgerà al nostro bene. Nonabbiate paura. Il Signore vi benedica tutti e viprotegga sempre da ogni male!

Cari fratelli e sorelle, mentre ci avviciniamo al santoTriduo Pasquale, chiediamo al Signore, di aprire inostri cuori e di introdurci nel mistero del suoamore, che ci ha dimostrato morendo sulla croceper liberarci dal potere del male e della morte, e perintrodurci alla vita nuova. In questi giorni, in cui acausa dell’epidemia siamo impauriti, colmi dipreoccupazione per i nostri cari, affidiamoci aCristo, il Signore della vita. La sua benedizione viaccompagni sempre e sia fonte di pace e disp eranza!

Saluto cordialmente i fedeli di lingua italiana. Ilmio pensiero va, in particolare, ai gruppi cheavrebbero voluto essere presenti oggi. Tra questi, gliuniversitari di diversi Paesi che vivono virtualmenteil raduno Univ 2020. Cari studenti, auspico chequesta Settimana Santa sia per tutti una provvidaoccasione per rafforzare il vostro rapporto personalecon Gesù e la vostra fede in Lui crocifisso e risorto.Saluto infine i giovani, i malati, gli anziani e glisposi novelli. La Passione del Signore, culminantenel trionfo glorioso della Pasqua, costituisca perciascuno di voi la sorgente di speranza e di confortonei momenti della prova. A tutti la miaBenedizione.

#catechesi

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 17

Al termine della catechesi, Papa Francescoha rivolto diverse espressioni di saluto —che pubblichiamo di seguito — ai fedeli di linguafrancese, inglese tedesca, spagnola, portoghese,araba, polacca e italiana che seguivanola diretta attraverso i media. L’udienza generalesi è poi conclusa con la recita del Pater Nostere la benedizione apostolica.

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Vi t t o r i asul dubbio

«Ci sono due specie di sciocchi: quelli che non du-bitano di nessuna cosa, e quelli che dubitano di tut-to» (Charles-Joseph de Ligne).

L’apostolo Tommaso è diventato l’emblemadell’uomo dubbioso. E tuttavia Cristo, pur lodandola fede pura e totale, gli concede una possibilità diappello. Noi riteniamo di avere la fede; diciamo dicredere; crediamo di credere. Ma com’è la nostra fe-de? È fede matura, è coerente, è convinta, è sincera?Oppure qualche volta è dubbiosa, è abitudinaria, èscettica?

Dice un famoso regista italiano: «Ogni giorno lafede e l’amore si devono conquistare attraverso unalotta col dubbio. La vittoria sul dubbio è la sola, ve-ra affermazione del credere» (Ermanno Olmi). Seabbiamo fede — se, cioè, ci fidiamo di Dio — nonabbiamo paura: Dio non ci inganna. Le teorie degliuomini possono tramontare, possono essere smenti-te. Ma la Verità di Dio non viene mai meno.

Nel 1927 il padre della psicanalisi, SigmundFreud, scriveva L’avvenire di un’illusione, in cui spie-gava la morte di Dio e l’eclissi della religione. Unsuo discepolo, nel 1974, dichiarava che quella teoriaera sbagliata, e affermava: «La religione trionferànon solo sulla psicanalisi ma su molte altre cose»(Jacques Lacan). Un quotidiano, riportando quella“p ro f e z i a ”, titolava: «Perché la religione continua at r i o n f a re » .

Non lasciamoci scoraggiare se la religione è attac-cata; non abbiamo paura di provare un po’ di sanodubbio. Anche se non sempre capiamo, attacchia-moci alla fede. Il dubbio deve stimolare la verifica el’approfondimento della fede. Deve stimolare la coe-renza della fede, perché il nostro esempio possa atti-rare anche altri. La fede, per noi cristiani, non devediventare una forma di stupido orgoglio, quanto,piuttosto, un riconoscere con umiltà la grandezza diDio, davanti al quale non resta che piegare le ginoc-chia ed esclamare, come Tommaso: «Mio Signore emio Dio!».

19 aprileDomenica II

di PasquaAt 2, 42-47Sal 1171 Pt 1, 3-9Gv 20, 19-31

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

la Giornata mondiale della gioventù e dunqueè anche espressione festosa. E se la fogliolinadi palma è un segno forte nella sua fragilità, lacelebrazione in San Pietro ha suggerito anchealtri di segni: nel presbisterio sono staticollocati il Crocifisso di San Marcello,divenuto ormai riferimento di preghiera inquesto tempo di pandemia, e l’icona di MariaSalus populi Romani. La loro “p re s e n z a ”eloquente aveva caratterizzato già il momentostraordinario di preghiera, con l’adorazione e labenedizione eucaristica, si venerdì 27 marzo.Oltretutto la Croce e l’icona mariana sono isegni anche di ogni Gmg.Il Papa ha percorso processionalmente —qualche minuto prima delle 11 — la navatacentrale della basilica, commemorandol’ingresso del Signore a Gerusalemme,

accompagnato dal canto del salmo 117. E hapresieduto i riti iniziali davanti ai gradinidell’altare della Confessione: ha asperso i ramicon l’acqua benedetta e ha ascoltato il passodel Vangelo di Matteo (21, 1-11). Accompagnatodal canto del salmo 23, in processione —tenendo in mano una palma, cresciuta eintrecciata, secondo l’antica ma sempre vivatradizione, nella terra di Sanremo — ilPontefice si è dunque recato all’altare dellaCattedra per la celebrazione eucaristica. Le dueletture — tratte dal libro del profeta Isaia (50,4-7) e dalla lettera di san Paolo ai Filippesi (2,6-1) — come anche il salmo 21 sono statiproclamati in italiano. Il Vangelo dellapassione del Signore (Matteo 26, 14 – 27, 66) èstato letto da tre cerimonieri pontifici:Francesco si è inginocchiato nel momento incui è stato ricordato che «Gesù di nuovo gridòa gran voce ed emise lo spirito».

Nella preghiera dei fedeli, in italiano, sono statiricordati anzitutto il Papa e i vescovi perché,forti della «sapiente follia della croce», pur«tra le inquietudini del mondo, indichino atutti Gesù che libera dal peccato e dallamorte». Si è pregato poi per «i governanti etutti i popoli della terra», perché «in quest’oradi prova sperimentino la forza» dell’amore delPadre «che libera l’uomo dal male e da ogniavversità», per «i peccatori e gli increduli» eanche per i giovani, perché «trovino la forza dirialzarsi e di vivere nella gioiosa obbedienza»alla volontà di Dio. La quinta e ultimapreghiera universale è stata elevata per i tanticristiani che oggi nel mondo sono «umiliati eperseguitati», perché «non conoscanocedimenti» nella loro testimonianza di donarsi,come Cristo, «per amore». A conclusione dellacelebrazione, il Papa ha guidato la recitadell’Angelus e ha impartito la benedizione.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 10/11

In una piccola foglia il dolore e le speranze dell’umanità

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Oggi vorrei dire grazie anche alle giovani mammeche affrontano le comprensibili paure.

E grazie anche a chi le sostiene con affetto,con competenza. I bambini che nascono al tempo

del #coronavirus sono un segno di grande speranza

(@Pontifex, 3 aprile)

#controcopertina