Settembre 2011 - lemontagnedivertenti.com · nel Lac de Fenetre: certo il fisico non è da 55enne...

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©Le montagne divertenti - 1/41 SETTEMBRE 2011 Su ghiacciaio di Pre de Bard nel gruppo del Bianco (12 settembre 2011).

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Settembre 2011

Su ghiacciaio di Pre de Bard nel gruppo del Bianco (12 settembre 2011).

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Maloja

WergensteinZillis

MedelsSplügen

Sufers

Innerferrera

Ausserferrera

Parsonz

Curtegns

Cresta

Isola Madesimo

Montespluga

Fraciscio

Pianazzo

Campodolcino

Prosto

Mese

Gordona

PrataCamportaccio

Villadi Chiavenna

CastasegnaSoglio

Bondo

S. CassianoS. Pietro

SamòlacoEra

Somaggia

Novate Mezzola

Verceia

S. Martino

ArdennoBùglio

BerbennoPostalesio

Castione

Vicosoprano

Casaccia

Juf

Bivio

Mulegns

Cunter

Sur

DubinoTraona

Mantello Mello

Còlico

DervioTremenico

PremanaBellàno

Taceno

Lierna

Bellagio

Introbio

Pasturo BarzioValtorta

Ornica

Cassiglio

Cùsio

Mezzoldo

Piazzatorre Branzi

Carona

Olmoal Brembo

Geròla

Pescegallo

Bema Albaredo

Talamona

SirtaColorina

Tartano

Caspano

Bagnidel Màsino

Delébio Rògolo CòsioRegolédo

MontemezzoDosso d. Liro Gera

LarioLivo

Dongo

Andeer

Foppolo

Roncorbello

Caiolo Albosaggia

Torre di S. Maria

Chiesain Valmalenco

PrimoloLanzada

Caspoggio

Chiareggio

Sils

Silvaplana

Samedan

Zuoz

Piz QuattervalsPiz Kesch

3418

Albulapass2312

3057

4050

3323

3136

Piz Nair

Pizzo Bernina

Pizzo Scalino

Monte Cadelle 2483

Pizzo dei Tre Signori 2554

Passo San Marco1985

Monte Legnone2610

Lago di Como

Lago di Novate

Pizzo Campaggio2502

Passo dell'Aprica

Palone del Torsolazzo2670

Monte Re di Castello2889

Adamello3554

Punta di Pietra Rossa3212

Corno dei Tre Signori3359

Punta S. Matteo3678Passo del Gavia

2621

Monte Tonale2694

Passo del Tonale1883

Monte Cevedale3769

Monte Confinale3370

Gran Zebrù3851

Ortles3905

Cima la Casina3180

Monte Fumo3409Pizzo Rodes

2829

Pizzo del Diavolo di Tenda

2829

Pizzo Redorta3039

Pizzo Coca3050

Monte Torena2911

Monte Gleno2883

Monte Sellero2743

Passo del Vivione1828

Vetta di Ron

Piz Palù3906

Sasso Nero2917

Cima Piazzi3439

Cima Saoseo3263

BORMIO

TIRANO

CHIAVENNA

SONDRIO

Monte Masuccio2816

Piz d'Err

Piz Piatta

Pizzo d'Emet

Pizzo Stella

Pizzo Ligoncio

Monte Disgrazia

Corni Bruciati

Cima di CastelloPizzo Badile

3308

Cima del Desegnigo

Piz Grisch

3378

1864

Passo dello Spluga

Pizzo Tambò3279

Pizzo Galleggione3107

Pizzo Martello2459

Pizzo Quadro3013

Passo del Maloja1815

Julierpass

Passo del Muretto2562

3392

3210

3183

3032

3678

3114

3378

2845

3062

2115

3159

1816

Passo del Foscagno

Forcola di Livigno

2315

2323Passo del Bernina

Piz Languard3268 2291

Livigno

Trepalle

Arnoga

Eita

Malghera

La Rösa

S. Carlo

Poschiavo

Le Prese

Brusio

Bianzone

SernioLovero

Tovo

Mazzo

Grosio

Sondalo

sanatoriLe Prese

Fumero

Cepina

Oga

Premadio

Valdidentro

IsolacciaBagni di Bormio

S. Antonio

S. Maria

MüstairMontechiaro

Stelvio

Solda

S. CaterinaValdisotto

franadi Val Pola

Grosotto

TresendaAprica

Arigna Carona

Paisco

Loveno

Schilpario

Valbondione

Gandellino

Gromo Colere

VilminoreVilla

Làveno

Capo di Ponte

Berzo

SavioreValle

CortenoCortenedolo

Monno

Edolo

Incudine

Vezza d'Oglio

Vione

Pontedi Legno

Pezzo

Sonico

MalonnoGarda

Bergün

Pontresina

Prasomaso

TresivioPonte in Valt.

ChiuroTeglio

T. Lante

rna

T. Roasco

T. Mallero

T. Caldenno

T. Livrio

T. Venina

T. Codera

T. Masino

T. Fontana

Mera

Mera

Lago

di Le

i

Reno

Julia

Inn

Lago del Gallo

Laghi di Cancano

Lago di

Poschiavo

Adda

Adda

Localizzazione di luoghi e it inerari

17

17 Alta Valle Le 13 Cime

26 Versante Retico Lago Painale e pizzo Scalino (m 3323)

29 Valchiavenna Alpe Sparavera e val Codera

34 Valmalenco Pizzo Ventina per cresta ENE(m 3261)

MORBEGNO

© Beno 2010 - riproduzione vietata

29

34

26

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SwiSS border: gran finaleJohn Harlin ce l’ha fatta: il 12 settembre alle 12 abbiamo raggiunto la vetta del mont Dolent su cui si chiudeva il suo periplo della linea di confine svizzera. L’avventura era cominciata l’anno scorso, una cavalcata di oltre 2000 km. Dopo solo 10 giorni, però, John era precipitato proprio dalle pendici del mont Dolent: un masso si era staccato assieme a lui e il volo, miracolosamente, gli aveva causato solo la rottura di entrambi i piedi.Caparbio Harlin era tornato in pista dopo soli due mesi e, non potendo camminare, si era dedicato alle linne di confine con Francia e Germania, percorribili in bici e kayak.

Il mont Dolent (m 3820) versante E visto dai pressi del passo del Gran San Bernardo (10 settembre 2011).

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Dal passo del Gran San Bernardo alla Pointe de Drone (10 settembre 2010).

Ho ricevuto l’invito di John per scalare assieme l’ultima vetta del suo lungo viaggio, il già noto mont Dolent, ritenuto la vetta più panoramica del gruppo del monte Bianco.

Sono molto orgoglioso di ciò, anche perché sarà l’occasone di visitare montagne nuove al di fuori della Valtellina.

La scalata avverrà dal bivacco Fiorio, dopo 2 giorni di avvicinamento dal passo del Gran San Bernardo.

Così partiamo dal passo il 10 settembre. Siamo una compagnia di 8, ma alla sera rimarremo solo in 6 a dormire all’Alpage de la Peule in alta val Ferret.

Siamo io, John Harlin, John Bird (che è stato il compagno di Harlin nelle ultime 2 settimane di scalate impegnative), Dale Bechtel (curatore del progetto integrale e dello speciale su swissinfo.ch http://swissinfo.ch/harlin), Roland Baumgartner (ha seguito John per tutta la sua avventura occupandosi della logistica) e Fabienne Repond (ragazza responsabile dell’ufficio del turismo svizzero che ha anche seguito Harlin all’inizio della

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Panoramica dai pressi del passo del Gran San Bernardo e John Harlin a mollo nel Lac de Fenetre: certo il fisico non è da 55enne !(10 settembre 2011).

sua avventura quest’estate). Questa prima giornata tutti assieme è stata molto divertente.L’escursione dal passo all’alpe dove ci troviamo è stata piuttosto lunga, ma il

bagnetto ristoratore nel lac de Fenetre a m 2600 ci ha ricaricato il buon umore.Un po’ più demotivante è stato percorrere un giro tra ontani che ha resi necessari

ulteriori 200 metri di dislivello per concludere la tappa. Ci verrà poi detto che il sentiero ha subito quella variante per non disturbare i cervi. Subito ho spiegato ai miei compagni che se ciò fosse accaduto in Italia sarebbe stata causa immediata di sterminio dei Cervi!

Altra nota dolente è una vecchia guida alpina locale che ci emette il suo verdetto di morte: “Solo un folle scalerebbe il mont Dolent in questa stagione. È un

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suicidio. Le guide alpine al massimo portano 1 cliente a testa....”.

Con questa e altre leggende metropolitane chiama John Harlin in disparte e gli ribadisce

che lui sarà il principale responsabile delle nostre morti.

Nulla vale ribadire alla guida che John ha scalato la nord dell’Eiger e che un mottarozzo

come il Dolent non può riservargli certo difficoltà insuperabili. Io ho in mente un PD+, come viene gradata la montagna in letteratura. Una via di mezzo tra Roseg e Bernina, perciò alla portata di

La notte di luna piena all’alpage de la Peule (m 2071).

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©Le montagne divertenti - 7/41 Le Grandes Jorasses dal mont Ferret.

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chiunque mastichi un minimo di montagna.Per fortuna la tensione si spezza quando

ci vien data notizia da Roland che il cibo è offerto dagli svizzeri. Si innesca così una spietata competizione nell’ingurgitare piatti di fonduta e patate. Al tredicesimo piatto, quando John Bird è rimasto indietro di un paio di portate, credo di avere la vittoria in pugno, ma Harlin si dimostra un fuoriclasse anche a tavola e arriva a 15: imbattibile!

Non occorre dire che al mattino ci svegliamo con un cerchio alla testa per il troppo formaggio. Tutti ma non Harlin che, anzi, ingurgita ancora pane e burro come se fosse digiuno da mesi!

Io, per smaltire la sbornia da formaggio, parto per un’escursione liberatoria e raggiungo la vetta del panoramico mont Ferret (m 2978).

Dalla vetta vedo bene il mont Dolent e cosa ci aspetterà domani. Non scorgo però alcun problema insuperabile. Chissà che gli frullava per la testa al menagrane?

Alle 16 sono con gli altri al bivacco Fiorio. E’ una casupola di lamiera sui roccioni alla sx idrografica dell’immane seraccata del ghiacciaio del Pre de la Bard. Daniel e Janine Patitucci, alpinisti e fotografi professionisti che hanno condiviso con John parte della traversata del confine Svizzera-Austria, si sono uniti alla spedizione.

Cena all’italiana. Cucino io e mi libero dei chili di cibo che avevo portato nello zaino fino quassù per l’occasione. Dale ha portato la grappa che finisce a essere bibita d’antipasto e Il monte Ferret.

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non digestivo. Vi lascio immaginare, dopo 12 ore di marcia e oltre 2000 metri di dislivello carico come un somaro, come mi abbia ridotto il distillato!

La sera passa facendo domande e complimenti a John. Ognuno racconta un po’ di sé e un po’ dei trascorsi con John. La compagnia è davvero bella e il bivacco rimarrà un piacevole ricordo.

La notte inizia a piovere e smette solo alle 8 di mattina, quando partiamo tra le nebbie verso la vetta.

Oltre un’ora per toccare il ghiacciaio, quindi messi i ramponi, ha inizio un lungo slalom tra i crepacci. Alcuni non sono semplici da attraversare. Il pendio si sviluppa a rampe ghiacciate (fino a 45°) alternate a pianori.

Il paesaggio è immenso, il gruppo del Bianco e le Grandes Jorasses fan piena mostra di sé, specialmente perchè sopra i 3400 è tutto coperto di abbondante neve fresca che disegna speroni e canali.

Senza alcuna titubanza, nonostante i cattivi auspici, la scalata si conclude con successo alle 12, quando siamo tutti in vetta a stringerci la mano e abbracciare il grande John Harlin. In questo punto si incontrano Italia, Svizzera e Francia, e si ammirano ghiacciai immensi e panorami mozzafiato.

Fa più paura scendere che salire, ma non per le difficoltà tecniche, ma perchè sappiamo che la magia di questi giorni assieme sta per finire quando tutti vorremmo durasse ancora un po’.

Stambecchi e il ghiacciaio di Pre de Bard dai pressi del bivacco Fiorio.

Mont Dolent

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©Le montagne divertenti - 10/41 Tra i crepacci del ghiacciaio di Pre de Bard.

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Il monte Bianco.

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©Le montagne divertenti - 12/41 Grandes Jorasses e Monte Bianco.

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©Le montagne divertenti - 13/41 Il Dente del Gigante, John Harlin e in salita verso il testone sommitale.

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©Le montagne divertenti - 14/41 Ghiacciaio di Pre de Bard - parte alta.

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©Le montagne divertenti - 15/41 Le ultime roccette per la cresta finale.

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La cresta finale.

In vetta al mont Dolent. Sulla sella tra mont dolent e mont Grepillon.

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Il calvario delle 13 Cime

Recupero la croce di vetta del Palon de la Mare, portata via dal vento. Siamo alla terza vetta. L’immagine è emblematica e mostra quanto lunga sia ancora la via per il Tresero.

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: Albergo dei Forni (m 2172).

ItInerarIo automobIlIstIco: Da Bormio si prende la SS 300 e si raggiunge Santa Caterina Valfurva (m 1734, 12.6 km), da dove si segue la stretta strada asfaltata che, inoltrandosi nella Valle dei Forni, conduce al parcheggio sottostante l’Albergo dei Forni (m 2172). Dal 2005 il traffico privato è regolamentato (transito estivo consentito solo mattino e sera).

ItInerarIo sIntetIco: Albergo dei Forni (m 2172) - rifugio Branca - monte Cevedale (m 3769) - monte Rosole (m 3536), Palon de la Mare (m 3685) - monte Vioz (m 3645) - punta Linke - punta Taviela (m 3612) - cima di Pejo (m 3549) - Rocca Santa Caterina (m 3529) - punta Cadini (m 3524) - monte Giumella (m 3594) - punta San Matteo (m 3678) - cima Dosegù (m 3560) - punta Pedranzini (m 3599) - pizzo Tresero (m 3594) - ruderi del rifugio Bernasconi - ponte delle Vacche - Santa Caterina - albergo dei Forni.

temPo dI Percorrenza PrevIsto: dalle 17 alle 23 ore a seconda delle condizioni. Si consiglia di spezzare la traversata in 2/3 giorni.

attrezzatura rIchIesta: corda, piccozza, ramponi, imbraco, fettucce, utile 1 chiodo da ghiaccio.

dIffIcoltà: 4+ su 6.

dIslIvello In salIta: circa 3800 metri.

dettaglI: passaggi su roccia fino al III+ e pendii glaciali fino a 45°. Possibili punti d'appoggio: rifugio Pizzini (m 2700), rifugio Casati (m 3254 - nei periodi di chiusura: bivacco Guasti), rifugio Branca (m 2493) nella valle dei Forni, bivacco Colombo al monte Rosole (m 3435), rifugio Mantova al Vioz (m 3535), bivacco Meneghello al Colle degli Orsi (m 3304), bivacco Seveso al Tresero (m 3420).

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La traversata delle Tredici Cime è un viaggio che si snoda a cavallo delle creste spartiacque che collegano il Cevedale con il

Tresero, separando Lombardia, Trentino e Alto Adige. Il tour offre una panoramica unica su uno dei maggiori complessi glaciali d’Italia: dalla vedretta del Cevedale alla vedretta de la Mare, dalla Vedretta Rossa al gigantesco ghiacciaio dei Forni, di cui le Tredici Cime sono la corona.

Dal punto di vista litologico il gruppo Ortles-Cevedale è comples-sivamente uniforme. Le rocce appartengono alle cosiddette austridi1 e presentano diversi gradi di metamorfismo.

Assieme all’Adamello, anche il gruppo Ortles–Cevedale è stato teatro della terribile Guerra Bianca, la guerra della neve e dei ghiacciai che vide un’occupazione delle alte quote senza precedenti. Una battaglia contro un nemico spesso invisibile, contro condizioni ambientali proi-bitive e temperature che in inverno scendevano regolarmente fino a –20°; una lotta per la sopravvivenza dove il numero maggiore di vittime non lo fecero i proiettili, ma freddo, fame e valanghe!

La traversata delle Tredici Cime, lunga circa 17 km, si mantiene sempre al di sopra dei m 3300, e, pur non presentando difficoltà elevate, data la lunghezza e il tipo di terreno su cui si sviluppa, rich-iede un buon allenamento e dimestichezza con l’alta montagna. E' un tragitto che non ha stagione ed è adatto sia all'alpinismo che allo scial-pinismo.

Sebbene la prima cordata effettuò l’intera traversata in un solo giorno (1891, poco più di venti ore), è consigliabile suddividere in 2/3 giornate la performance.

I tratti più impegnativi sono la discesa della cresta SO del Vioz e la successiva risalita della cresta NE della punta Taviela, il superamento della rocciosa Rocca Santa Caterina (IV- attrezzato con catene e pioli) e infine la discesa dal San Matteo, specialmente se c'è ghiaccio vivo.

Abbiamo deciso di presentarvi la traversata nel verso Cevedale-Tresero, così da affrontare i tratti più delicati in salita.

In realtà in questo nostro ripercorrimento siamo saliti al Cevedale per le sterminate pietraie della valle delle Rosole, compiuto la traver-sata fino al Tresero. Di lì siamo scesi per i rottami del versante occiden-tale, abbiamo raggiunto i ruderi del bivacco Bernasconi e, piegato a SO rispetto alla punta Segnale, poi nuovamente a NO, traversato sul ponte delle Vacche (sentieri 25A e 25B). Infine, per spirito di masoch-ismo. siamo tornati correndo ai Forni correndo lungo la strada. Un calvario durato 18 ore e reso estenuante dalla presenza qua e là di ghiaccio che ci ha obbligato continuamente a mettere e togliere i ramponi.

1 - Rocce appartenenti al vecchio continente paleo-africano sovraccorse al vecchio continente paleo-europeo.

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15 settembre 2011

Dal parcheggio a valle dell’albergo dei Forni (m 2172) seguiamo la rotabile sterrata (E) che in 40’ porta al

rifugio Branca (m 2493), da cui saliamo per rottami verso N. Entriamo nella desolata valle delle Rosole. Il buio e i massi mobili rendono l’equilibrio instabile. Tocchiamo tra i boati delle frane la vedretta delle Rosole, martoriata e ricoperta da detrito. Il nostro obbiettivo è il colletto tra il Paquale e il Ceve-

dale, ma decidiamo di puntare a un punto più alto e vicino al Cevedale. È una salita faticosa su detrito che ci regala la cresta a oltre m 3600. L’alba sorge sul Gran Zebrù e scaccia le nebbie che accarezzano il rifugio Casati e incoraggia qualche cordata a partire per il Cevedale. Sotto di noi l’imponente ghiacciaio del Cedec.

Insistiamo flagellati dal vento gelido per la scomoda cresta (dx, E) di roccia e ghiaccio fino alla vetta del monte Cevedale

(m 3769, ore 4), da cui il paesaggio spazia sull’enorme vedretta del Cevedale e sull’Ortles.

Dal monte Cevedale scendiamo il facile pendio nevoso che conduce al passo di Rosole (m 3502), da cui in breve raggiun-giamo per facili roccette la punta settentrionale del monte Rosole (m 3536).

Mantenendoci dapprima in cresta e traversando poi sul versante orientale della montagna per "marciume misto neve"

Alba su Gran Zebrù e rifugio Casati dalla cresta occidenntale del Cevedale.

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©Le montagne divertenti - 20/41 L’alba in Casati. Dietro la Casati si scorge in bivacco Guasti, ricovero nei periodi di chiusura del rifugio.

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Panorama dalla vetta del Cevedale.

In vetta al Cevedale. Il monte Pasquale. Verso il passo di Rosole.

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©Le montagne divertenti - 22/41

(II) tocchiamo la punta meridionale (m 3529) e in breve arriviamo alle lamiere rossicce del bivacco Colombo (m 3485), quindi, rimessi i ramponi, per ghiacciaio eccoci al Col de la Mare (m 3442, ore 1:10).

Insistiamo verso S, pregando le nebbie che ci nascondono la vista di allontanrsi. Salendo gli ampi pendii nevosi che precedono l'elegante cresta nevosa che porta in vetta al Palon de la Mare (m 3685, ore 0:40), le nostre preghiere vengono accolte e il paesaggio si fa grandioso.

Scesi per le facili e marce rocce della cresta SE eccoci nei pressi di un torrione roccioso, che aggiriamo sulla dx, imboccando un canalino che sfocia nel ghiacciaio sottostante. Per la vedretta raggiungiamo il passo della Vedretta Rossa (m 3405, ore 0:30).

Oltre gli ampi pendii glaciali della larga cresta NNO del Vioz, ecco le roccette sommitali della montagna (m 3645, ore 0:40).

Toccata la punta Linke, dove si trovano le baracche degli archeologi che stanno studiando questa postazione militare, dobbiamo scendere al colle Vioz per le rocce della cresta SO (II+, tratti esposti). Il primo tratto della via è marcato da bolli che indicano i passaggi. Stando attenti a non lapidarci a vicenda, raggiungiamo una prominenza della cresta che aggiriamo per i rottami del lato E (sx) e in breve discendiamo al colle Vioz (m 3330, è il secondo punto più basso della traversata, ore 1).

Eccoci al tratto, benché bollato, più impegna-tivo di tutta la traversata: la risalita all'anticima della punta Taviela, un'arrampicata su terreno misto che oggi offre parecchio verglass. Dal collesaliamo la ripida cresta per tracce e roccette (I). A circa metà del pendio, inizia un’arrampi-cata su rocce cattive (II, un passo attrezzato di III su un breve camino) fino alla sommità dello sperone. Superata l’anticima, si proseguiamo facilmente per roccette sino alla punta Taviela (m 3612, ore 1).

Siamo circa a metà avventura, e, data la stan-chezza e i mille su e giù di ramponi, la cosa non ci rincuora di certo!

Il bivacco Colombo e la salita al Palon de la Mare.

San Matteo e Tresero dal passo di Rosole.

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Pizzo Tresero(3594)

Punta San Matteo(3678)

Cima Dosegù(3560)

Punta Pedranzini(3599)

Punta Cadini(3524)

Biv. Meneghello

Monte Giumella(3549)

PuntaTaviela(3612)

PuntaTaviela(3612)

Dalla vetta del Palon de la Mare.

Dalle pendici del Palon de la Mare

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Scesa la larga cresta NE risaliamo sino alla quota 3576, oltre la quale si scende alla modesta cima di Pejo (m 3549, ore 0:20).

Una cresta di misto si abbassa all’intaglio di quota m 3470 e continua rocciosa e sottile fino alla Rocca Santa Caterina (m 3529, ore 0:20).

Dalla cima perdiamo quota verso S di qualche metro e incon-triamo la catena e i ballerini scalini artificiali (bel fidàss!) che agevolano la discesa dal risalto sommitale (5 m). Si perviene a un intaglio dal quale ci si abbassa per un diedro sulla faccia O (II, 10 m). Grazie una serie di piccole cengie si traversa sul versante O per una sessantina di metri, per riguadagnare la cresta, ora più facile e pianeggiante. Toccata la quota 3501, si raggiunge il Colle Cadini (m 3409, ore 0:30).

La punta Cadini (m 3524, ore 0:20) vien vinta per la nevosa cresta NE e le facili roccette dell’edificio sommitale su cui, tra l'al-tro, si snoda un incredibile camminamento della Grande Guerra con caratteristica scaletta in legno.

Qui troviamo una coppietta che procede in senso opposto al nostro e alle 15 è convinta di poter ancora chiudere il giro delle Tredici Cime in giornata. Lei, per di più, vorrebbe essere entro sera a Bormio a lavorare!

Diciamo che è pura follia, noi siamo a 2/3 della marcia, a loro mancherebbero ancora 10 ore per essere in Casati date le condi-zioni della neve, spesso ghiacciata. Non convinti del nostro consi-glio, si fermano per decidere.

Li salutiamo e ci dirigiamo ora per roccette, rottami e tratti ghiacciati verso il Colle degli Orsi (m 3304, ore 0:30), il punto più basso toccato dalla traversata. In breve si è alle lamiera bivacco Meneghello, da dove parte la cresta E della punta San Matteo. So che Giacomo Meneghello vorrebbe una foto del bivacco che porta il suo nome, ma questo è tanto brutto ed io tanto stanco che non ho il coraggio ti levarmi lo zaino di spalle per togliere la macchina fotografica.

Il filo nevoso si trasforma in un largo dosso privo di difficoltà che porta all’ampia sella alla base del pendio SE della montagna.

Ecco i primi segni di follia: Andrea si dispera: “Ho dimenticato i ramponi!!”.

Gli faccio notare che i suoi ramponi sono montati sui suoi scar-poni e lui tira un sospiro di sollievo. Forse il vento martellante, forse la cena di ieri che ci ha letteralmente scombussolato il meta-bolismo, forse la sete, ci hanno ridotti allo stremo delle forze.

Facili rocce portano al poco significativo monte Giumella (m 3594, ore 0:45), che raggiungiamo dopo aver litigato col demo-nio che ci avrebbe voluto tentare a saltarlo!

Tornati alla sella, distrutti, risaliamo il ripido pendio nevoso fino all’elegante punta San Matteo (m 3678, ore 1), alta esattamente

Punta Taviela.

Ai piedi dell’inutile monte Giumella.

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quanto il Disgrazia. In vetta c’è una croce. Andrea è talmente stanco da avere le

allucinazioni e la confonderà con una statua della Madonna!Dalla vetta disarrampichiamo sui rottami della cresta

(evitiamo il pendio ghiacciato di dx) e aggirato un torrione sulla sx grazie a un canalino ghiacciato (45°, esposto), traver-siamo fino al colletto che sta alla base della dorsale.

Il percorso diviene aereo e spettacolare, ma la fatica ci rende complicati anche i gesti più semplici: dopo aver toccato la

cima Dosegù (m 3560, ore 0:50) e la punta Pedranzini (m 3599), alle 19:30 siamo sulla piramide del pizzo Tresero (m 3594, ore 0:50).

La traversata è finita? La parte alpinistica sì, ma la cammi-nata è ancora lunghissima, non sapendo che potevamo tornare all’auto divallando direttamente dalla sella che unisce Tresero e punta Pedranzini.

Scendiamo così per gli sfasciumi della cresta O (passi di II, traccia marcata con ometti di pietra) fino ai rottami del rifu-

gio Bernasconi. E’ notte e col solo chiarore di due frontalini scarichi perdiamo più volte il sentiero. Seguendo i tracciatìi bollati come 25A e 25B in 2 ore dalla vetta siamo al ponte delle Vacche, da cui, correndo, arrivo a Santa Caterina e, aiutato dalla luna che sopperisce al mio frontalino rotto, alle 22:30 sono ai Forni a recuperare la macchina.

Mi ritrovo con Andrea a Santa Caterina e, in condizioni pietose, andiamo alla ricerca di cibo.

Un uomo distrutto in cima al Tresero.

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Un salto sul pizzo Scalino

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: Carnale (m 1200 sopra Montagna in Valtellina).

ItInerarIo sIntetIco: Carnale - rifugio Val di Togno - alpe Rogneda - alpe Painale - passo degli Ometti (m 2766) - pizzo Scalino (m 3323) - Carnale.

temPo dI Percorrenza PrevIsto: 10-12 ore.

attrezzatura rIchIesta: da escursionismo. Utile uno spezzone di corda.

dIffIcoltà: 3.5 su 6.

dIslIvello In salIta: circa 2300 metri.

dettaglI: Alpinistica facile +. Tratti su roccia fino al III dal passo degli Ometti alla vetta.

Lo Scalino dall’alpe Painale.

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Sarò telegrafico, visto che è un giro che ho già descritto più volte.Mercoledì scorso, 21 settembre, con Roby G. siamo partiti da Carnale per fare un salto sul pizzo Scalino attraverso l’infinita e selvaggia

val di Togno. All’alpe Painale abbiamo fatto un po’ di foto, ma la vista non era certo super a causa delle luci e dell’autunno che non vuole arrivare. Dopo aver dormito un paio d’ore, salutato gli asini e dato un occhio alla parete NO della vetta di Ron, dove le luci disegnavano bene lo sperone su cui meno di un mese fa avevo salito una via di roccia.

Abbiamo proseguito fino al passo degli Ometti, e da lì, mentre Roby fotografava varie specchiate nelle pozze semi ghiacciate sotto il passo, ho scalato fino alla vetta per lo spigolo O (III), per scendere dallo spigolo SE e per il canalone che rigetta in val di Togno.

Ovviamente, al ritorno, abbiam preso notte!

Pizzo Scalino(m 3323)Monte Acquanegra

(m 2806)

Pizzo Painale(3248)

Pizzo del Gombaro(m 2916)

Passo di VicimaPasso

del Forame

Punta Corti(m 3073)

Vetta di Ron(m 3136)

Cima di Vicima(m 3122)

Vista dal lago Painale.

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La mia via diretta sulla parete NO della vetta di Ron. L’ombra del pizzo Scalino proiettata sul ghiacciaio dello Scalino.

In salita al passo degli ometti. La parete NO del pizzo Painale.

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Valchiavenna - val Coderaper l’alpe Sparavera

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: San Cassiano (Malaguardia, m 277).

ItInerarIo automobIlIstIco: Da Colico percorrere la SS36 dello Spluga in direzione dell’abitato di San Cassiano, al termine del quale si svolta a dx in via Malaguardia. Oltre il passaggio a livello si insiste verso N fino ai piedi della montagna dove termina la strada asfaltata ed inizia il sentiero bollato. Qui non vi è possibilità di parcheggio auto, per cui si deve trovare uno spiazzo prima.

ItInerarIo sIntetIco: Malaguardia (m 277) - Motto dell’Orso (m 767) - al Monte (m 1000 ca) - val Scarione - sella di Sparavera (m 1810 ca) - Alpe di Sparavera (m 1785) - sella a quota 2180 ca - alpe Corte di Sopra (m 1875) - fondovalle della val Codera nei pressi di Saline (m 1071) -

Codera (m 836) - Avedée (m 807) - Castello (fraz. di Novate Mezzola, m 315) - Novate Mezzola (casa del Graziano, m 240)

temPo dI Percorrenza PrevIsto: 10-12 ore.

attrezzatura rIchIesta: da escursionismo. Utile uno spezzone di corda.

dIffIcoltà: 3 su 6.

dIslIvello In salIta: circa 2000 metri.

dettaglI: EE/ alpinistica facile. Sentieri non sempre chiari, ambiente selvaggi e isolato, passaggi esposti su placche friabili fino al II+. Catene e corde fisse non più affidabili.

La grande grotta sopra Al Monte.

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Avete già sentito parlare del mostro di Lochness?Certamente sì. Tutti almeno una volta nella vita si

sono chiesti se esista oppure no, se vi siano occasioni di vederlo emergere dal suo lago.

Beh, il mio mostro di Lochness, da quando l’ho scorta dal pizzo di Prata, era l’alpe di Sparavera. È bizzarro anche solo pensare che possa esserci un luogo del genere, un piccolo gruppetto di case a quasi m 1800, isolato dal resto della Valchiavenna da 1600 metri di dislivello su sentieri che, chiedendo in giro, quasi nessuno sa se sono ancora praticabili.

È abbandonata da almeno 50 anni mi hanno detto, indicandomi da San Cassiano una sella tra altissime guglie di roccia chiara.

Da lassù scendono profondi valloni con alte cascate. Perché mai qualcubo si sarebbe dovuto avventurare in quei luoghi con del bestiame?

Le domande son troppe e le risposte vaghe dei miei informatori mi invogliano a cercare una via per visitare quel luogo e sciogliere ogni dubbio.

Pascal, che ha in mente la stessa salita, riesce a far coincidere un suo giorno libero con uno mio, il 28 settembre. Lui quei valloni li conosce bene, visto che vi ha aperto dei tracciati di canyoning. Mi dice che nelle gole del torrrente Scarione vi è pure la cascata più alta della nostra provincia: un salto di 120 metri.

Neppure lui però ha mai visitato l’alpe di Sparavera e per di più vuole verificare se da questa vi sia un collegamento con la val Codera.

Arriviamo in moto a San Cassiano e, presa via Malaguardia, ne raggiungiamo l’estremità. Mettiamo

la moto in un punto dove non possa dare fastidio a nessuno: un anziano ci dice che il proprietario del primo spiazzo dove l’avevamo messa non è molto cattolico, il che vuol dire che è meglio spostarla!

Troviamo un sentiero in parte acciottolato e segnalato che sale nel bosco verso NE e, attraversata la valle Vallaccia. Poi, senza farsi pregare, guadagna rapidamente quota fino al nucleo abbondonato dell’alpe Motto dell’Orso (m 767, ore 1:30).

C’è puzza di capre e cacche di capre in giro. Le case sono tutte fatiscenti e anche un cartello sgrammaticato ci indica che quest’alpe ora è abitata dalle sole cornute. A valle del nucleo, su un poggio panoramico, vi sono delle panche e una grande statua visibile chiaramente anche dal fondovalle.

Alpe di Sparavera e l’itinerario Pratella - pizzo di Prata.

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Le placconate che portano a Al Monte.Motto dell’Orso.

Miseri ricoveri di pastori a Al Monte.

Continuiamo a traversare tra gande a frequenti alberi di noci verso ENE. Alcune placconate attrezzate permettono di superare delle pareti scoscese. Quindi il sentiero riprende a salire deciso nel bosco costeggiando la valle Rebecca (da cui saliva probabilmente l’itinerario - oggi impraticabile a causa delle spine - per cui veniva monticato il bestiame).

In poco tempo raggiungiamo i bizzarri ricoveri di Al Monte (ore 0:45). Siamo a circa m 1000, ai piedi della forra del torrente Ambiez. Vi sono anche alcune case a secco, stranamente ancora ben conservate. Poco sopra l’abitato vi è una pietraia. Il sentiero che l’attraversa è lastricato e guida sotto una grande grotta. Qui vi è un masso con incisi dei nomi, alcune date e circondato da una gran quantità di cacche di capre.

Rientriamo nella valle del torrente Scarione (dx) grazie a placche esposte e non banali. Questa è la via bollata, ma non si tratta di un itinerario escursionistico! Le corde o i pioli artificiali son tutti marci e inaffidabili.

Inizia quindi un tratto ripidissimo e davvero faticoso che risale una vallecola che alterna pietraie a tratti nel bosco. Un ultimo strappo mitigato dai numerosi tornanti ci porta alla croce della sella di Sparavera, pochi metri sopra l’alpe di Sparavera (m 1785, ore 1:45).

E qui ecco la sorpresa: vediamo che quelle baite, che fino a 10 minuti fa avremmo scommesso essere dei ruderi, son tutte in piedi e, anzi, una è stata ristrutturata di recente e ha anche i pannelli solari! Recan date tutte attorno al 1930. È possibile che quassù vi fossero grandi pascoli?

E oggi chi è che può trascorrere le proprie ferie in questo posto così isolato e remoto?

Rimaniamo basiti sia per la bellezza dell’alpe che per la sua ancora buona conservazione.

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Pietra incisa nella grotta sopra a Al Monte.

Via lastricata sopra a Al Monte. Placconate da Al Monte all’alpe di Sparavera.

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Una piccola deviazione verso S ci porta per cresta in vetta al panoramicissimo Corno di Piodalancia (m 1870, ore 0:30), dove scorgiamo anche una coppia di aquile.

Sopra l’alpe di Sapavera prendiamo una traccia di capre che traversa alta verso E restando appena al di sotto delle bastionate rocciose del pizzo di Prata. Si superano così tuta una serie di vallecole altrimenti invalicabili e si giunge ad una selletta sullo spartiacque con la val Codera a circa m 2180 (ore 1:30). È un tragitto incredibile in cui si

ritrovano, oltre a flebili tracce di sentiero, antichi muretti costruiti per agevolare alcuni passaggi.

La discesa in val Codera è per una desueta traccia sulla cresta che divide la val Grialese a dx dalla val di Caser a sx. Incrociamo minuscoli ruderi di baite, quindi, dopo le rose terribili, la strada della val Codera in prossimità di Saline.

Ecco Codera, Novate Mezzola (m 240, ore 4) e un passaggio con l’auto di Graziano che ci riporta alla moto.

I pascoli che si attraversano da Sparavera per raggiungere la selletta di comunicazione con la val Codera.

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Pizzo Ventina (m 3261) per la cresta ENE BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Salita al pizzo Ventina per la cresta ENE e discesa dalla vetta al bivacco Oggioni.

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©Le montagne divertenti - 35/41 All’alba all’alpe Ventina.

Partenza: Chiareggio (m 1612).

ItInerarIo automobIlIstIco: da Sondrio si prende la SP15 della Valmalenco. Arrivati a Chiesa in Valmalenco si prosegue per il ramo occidentale della valle fino a Chiareggio. Oltre il paese si scende al pian del Lupo, nell’ampio greto del torrente Mallero, dove si lascia l’auto.

ItInerarIo sIntetIco: Chiareggio (m 1612) - rifugio Porro - valle Ventina - vallone della vergine - selletta di quota m 2750 ca - pizzo Ventina per cresta ENE (m 3261) - bivacco Oggioni - canalone della Vergine - passaggio in prossimità del bivacco Taveggia - ghiacciaio del Ventina - rifugio Porro - Chiareggio.

temPo PrevIsto: 4 ore per l’attacco + 6 ore e mezza per la cresta ENE del Ventina + 6 ore per il rientro.

attrezzatura rIchIesta: cordini, imbraco, casco, corde (2 x 60 m), fettucce, set di friend e nut, scarpe da roccia, scarponi, ramponi e piccozza. Utili un paio di chiodi da ghiaccio.

dIffIcoltà/dIslIvello In salIta: 5+ su 6 / oltre 1700 m.

dettaglI: Alpinistica D. Affascinante e lunghissima via su ottimo serpentino. Abbiamo contato 16 lunghezze di corda (60 m), più tratti da fare in conserva. Via non attrezzata, alcune calate. Trovando verglass abbiamo seguito integralmente il filo di cresta trovando anche passi di V, probabilmente aggirabili da N con roccia pulita. La discesa è su pendii glaciali impegnativi.Pericoloso pure scendere dalla vetta al bivacco Oggioni.

Mappe consigliate: Carta Escursionistica Valmalenco, 1:30000; Kompass n. 93, Bernina, 1:50000.

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Finalmente arriva il giorno giusto per ripercorrere una delle storiche vie di Corti e Dell’Andrino (1917), la mitica salita al pizzo Ventina per lo spigolo ENE, una lunghissima e spettacolare cresta di serpentino ruvido e rosso di ferrite. La via si svolge in ambiente isolato e selvaggio e oggi non viene quasi più ripetuta per il mutar di mode dell’alpinismo.

E pensare che Aldo Bonacossa, nella sua Guida dei Monti d’Italia - Masino Bregaglia Disgrazia (1936), la definiva “con notevoli salti e dentellature costituente la più difficile ma interessante arrampicata del sottogruppo [del Disgrazia]”.

Questa guida dà 6 ore e mezzo come tempistica, mentre i folli trattati che avevo consultato la davano in 4 ore, cosa che mi ha fatto fare madornali errori di valutazione, specialmente oggi che la cima è foderata di neve.

29 settembre 2011

Non ci vuole molto più di una serata ad organizzare la spedizione al pizzo Ventina.Floriano Lenatti, con cui dovevo già scalarla l’anno passato, però è impegnato al rifugio Porro.

Alle 7 di mattina io, Andrea e Marco siamo lì alla Porro (m 1965, ore 1) a salutarlo.

Facciamo una seconda colazione con calma, mentre gli operai che stanno sistemando il rifugio e che conoscono la via si interrogano sul nostro gigioneggiare.

Io ho calcolato 2 ore e mezza all’attacco + 4 ore di via + 4 ore per scendere. Tempo ne abbiamo da vendere, almeno di questo mi illudo.

Dopo abbondanti chiacchere partiamo alle 7:45 alla volta del ghiacciaio

Alba sui Gemelli di Chiareggio.

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del Ventina e, dove incrociamo il vallone del canalone della Vergine, ne risaliamo la morena di sx (O, dx salendo). Dopo aver superato il canalone che porta a un vecchio ricovero in parete dei cavatori di amianto, proseguiamo fin quasi al termine del cordolo morenico. Poco prima del grande sperone che si stacca a E della cresta, pieghiamo a dx su un ripido canalone di rocce e rottami che ci porta (II-III) ad una breccia della cresta (m 2750 ca, ore 2:30).

Inizia l’avventura. L’arrampicata è estremamente divertente e da subito presenta un tratto di IV (vecchio chiodo) e passaggi molto esposti, ma agevolati da una roccia solida e ruvida.

Un tiro dopo l’altro superiamo senza problemi le prime tre torri triangolari, poi eccoci alla base della grande torre che vinciamo con bella arrampicata, nonostante il ghiaccio cominci a complicare la progressione (IV, ore).

Segue, dopo uno stretto passaggio in un bizzarro corridoio roccioso, un settore con denti accuminati ed espostissimi, specie verso SE, e che, in condizioni normali, si dovrebbero riuscire ad aggirare da dx (N). Oggi invece c’è verglass e Il vecchio ricovero dei cavatori d’amianto sui contrafforti della

cresta ENE del pizzo Ventina.

Il vallone del canalone della vergine. Il canalone che porta all’attacco della cresta ENE del Ventina.

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ce li dobbiamo salire tutti per ridiscenederli in doppia.Finiti gli spuntoni (l’ultimo dei quali lo dobbiamo salire utilizzando gli scarponi anzichè le scarpette a causa degli

accumuli di neve alla sua base) dobbiamo raggiungere la vetta del Pilastro della Tranquillità, il grosso avancorpo che segna il punto in cui la cresta piega a O. Esposizione N, due tiri da 60 metri foderati di neve e ghiaccio. Anzi direi solo di ghiaccio, dato che la neve è così indurita da non lasciarsi incidere se non a colpi di piccozza.

È un gioco di contorsionismo cercare appigli e qualche fessura per potersi assicurare. Ogni tanto prendo la piccozza e tacchetto per ricavare qualche altro appoggio buono. Un camino-diedro molto sporco (V) mi porta in cima al primo settore dello sperone. Scesi ad una modesta breccia (III) ci spostiamo sul versante solivo (S - la via originale sale il

Arrampicata sulla seconda delle prime tre torri della cresta ENE del pizzo Ventina.

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canale a N) della cresta che ora piega decisamente a dx (O).Fin qui sono 16 tiri di corda da 60 metri e io ne ho piene le scatole di

procere in sicurezza: sono le 16:30, la corda si incastra su ogni spigolo e di questo passo non arriviamo da nessuna parte.

Così mettiamo le corde negli zaini e continuiamo slegati.Comunico agli altri che non c’è verso di rientrare stasera, anzi, visto

quant’è lontana la vetta, sarà dura arrivare al bivacco Oggioni prima di notte.

Marco pare più preoccupato dell’incazzatura dei genitori che di scendere il ghiacciaio di notte, ma non ha senso rischiare di cadere in qualche buco per futili ragioni. Poi quassù il telefono prende e possiamo avvisare tutti, Floriano compreso. Scenderemo solo domattina dopo una notte al bivacco Oggioni.

Dalla cima dello Sperone della Tranquillità il cammino, benché più semplice, è ancora molto lungo.

Salita su misto nel primo tratto dello Sperone della Tranquillità.

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Rimessi gli scarponi e appoggiandoci sempre sul lato S sgombro da neve, vinciamo le ultime prominenze della cresta e alle 18:30 siamo finalmente sul pizzo Ventina (m 3261, ore 6:30).

Le difficoltà non sono certo finite: scendere dal pizzo Ventina, ora che il ghiacciaio è ai minimi storici, è impresa pericolosa. Il canale nevoso che porterebbe sul ghiacciaio della Vergine s’è sciolto lasciano spazio a rocce marce e massi mobili.

Disarrampichiamo così sullo sperone che dalla vetta precipita sul ghiacciaio. È un viaggio rischioso su roccia marcia (II-III) al temine del quale siamo costretti ad una calata di 60 metri sotto una fitta pioggia di pietre che ci consegna alle placide nevi perenni. Siamo a 200 metri dal bivacco (m 3100, ore 1), che raggiungiamo alla luce del frontalino di Marco.

Il bivacco Oggioni è una struttura di lamiera rossa molto frequentata da chi sale la Corda Molla al Disgrazia. Purtroppo gli avventori hanno consumato tutto il gas e lasciato immondizia sia all’interno che all’esterno nascosta sotto ogni sasso. Noi non abbiamo più da bere, per cui anche la fame svanisce alla scoperta che non c’è mezzo per sciogliere la neve.

Andrea e Marco riempiono una bottiglia di neve e se la tengono sotto le coperte per avere acqua domattina.

È il 1 ottobre. Alba infuocata e bellissima. Temperatura rigida e sete terribile. Le condizioni sono ideali per scendere direttamente il canalone della Vergine. Il pendio (ENE - tenere il lato dx del canalone), che visto dalla cresta pareva

Alba al bivacco Oggioni.

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ghiacciato e ripidissimo, si rivela invece ideale per una veloce discesa. Dalla conca glaciale sottostante, valichiamo la cresta E della Kennedy a N del bivacco Taveggia (che non vediamo) e con 2 calate da 60 metri (SE) siamo sul ghiacciaio del Ventina, da cui, raggiunte le tracce che scendono dal passo di Cassandra, torniamo senza particolari difficoltà alla Porro (ore 4) dove racconteremo a Floriano della nostra avventura.

Alba sul Disgrazia.

All’alba ripartiamo dal bivacco Oggioni per tornare a casa.Pizzo Ventina e canalone della Vergine.