SETTANTACINQUESIMO ANNIVERSARIO DELLA ... - Città di...
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SETTANTACINQUESIMO ANNIVERSARIO
DELLA DISTRUZIONE DI MONTECASSINO E CASSINO
"PICCOLE STORIE INCISE NELLA NOSTRA TERRA"
L'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri
"Medaglia D'Oro di Cassino"
Classi VB-VD
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Sommario
I. Cassino: Dal decreto Regio del 26 luglio del 1763 al 1920 pag.3
II. Il calvario di Cassino:
- Settembre-dicembre 1943
- La battaglia di Montelungo 8 dicembre 1943
- Le Quattro battaglie di Cassino gennaio-maggio 1944
-La furia dei marocchini pag.11
III. Gli anni della Ricostruzione: la rinascita, Cassino Oggi pag.42
IV. Eventi programmati pag.56
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Prefazione
L'Abbazia di Montecassino e Cassino,
completamente rasi al suolo durante il secondo
conflitto mondiale, hanno assunto, a livello internazionale, un ruolo
di fondamentale importanza per la costruzione della
pace. A 75 anni da quegli eventi, gli studenti del 5B
e 5D dell'Istituto Tecnico Commerciale e per
Geometri hanno raccolto fonti e documenti per un'attenta analisi storica.
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I capitolo
Cassino: Dal Decreto Regio del 26 luglio del 1763
alla seconda guerra mondiale
… Quel monte
a cui Cassino
è ne la costa
fu frequentato
già
in su la cima…
Dante, Paradiso canto XXII
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In epoca romana la città di Cassino assunse il nome di "Casinum", con
l'Abate Atenolfo nel 1011 si chiamò S.Germano dall'omonima cattedrale.
Subito dopo l’unificazione S. Germano contava 7.929 abitanti, ma già nel
censimento di qualche anno dopo giunse a 12.540, la raggiunta tranquillità
cominciò a mostrare i suoi benefici effetti, nonostante il dilagante fenomeno
del brigantaggio e delle lotte filo borboniche che, comunque, interessarono
il Cassinate.
Ma una data importante per la città fu senza dubbio il 26 luglio 1863,
quando, con Decreto Regio, assunse il nuovo nome di Cassino, in ricordo
dell’antica Casinum, così come il Consiglio Comunale il 23 maggio aveva
appena deliberato. Lo stemma del comune di Cassino è composto da uno
scudo con nove stelle a cinque punte su tre file, con campo azzurro e corona
a cinque torni. Le nove stelle indicano la maggiore importanza della città
rispetto agli altri centri del territorio, nove e non otto o dieci per ragioni di
simmetria grafica. Nello stesso anno Cassino fu attraversata dalla ferrovia
Roma - Napoli, con la stazione situata al centro dell’attuale città. Con il
Decreto Regio precedente del 10 maggio 1863 (n. 1268) Cassino -il cui
nome era ancora S. Germano- figura nel circondario della Terra di Lavoro
con 11.346 abitanti. Quattro anni dopo, nella tabella di ripartizione dei
consiglieri provinciali annesse al D.R. n. 3712 (15 marzo 1867), alla pretura
di Cassino è assegnata una popolazione di 24.142 abitanti, fra cui sono
compresi anche quelli di S. Angelo, con diritto a due consiglieri. Nell' ultimo
scorcio del secolo XIX la città prosperava per le molteplici attività
economiche e culturali, favorita anche dalla posizione geografica, la sua
economia era prevalentemente agricola, ma ben solide erano le attività
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artigianali e commerciali; numerosa era la schiera degli impiegati, dei
professionisti e degli intellettuali; la sua candidatura a capoluogo di
provincia non ebbe seguito solo per ragioni logistiche.
Montecassino, con la sua imponente abbazia benedettina risalente al 529
d.C., continuava ad essere sempre meta di visitatori ed autorità religiosi e
civili, tanto che nel 1865 si dovette progettare la costruzione di una strada
rotabile molto più agevole dell’antica mulattiera, per il collegamento con la
città. Grazie all’intervento del ministro dei Lavori Pubblici Silvio Spaventa,
al quale poi la città dedicò una via, la strada fu realizzata ed inaugurata l’8
marzo 1887.
Nel 1875 si inaugurò lo splendido Teatro Manzoni, sorto nell’area della
vecchia stazione ferroviaria: il teatro sarà una delle glorie dei cassinati fino
al 1944.
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Cassino, sorgeva alle pendici del colle di Rocca Janula, con case addossate
le une alle altre ed una ragnatela di vicoli e rampe selciate. In questo periodo
storico le condizioni igieniche lasciavano molto a desiderare, perciò lo Stato
intervenne con una serie di progetti di risanamento e di bonifica dei terreni
a valle.
La vita pubblica si svolgeva tutta attorno al palazzo badiale ("dentro Corte")
e alle chiese di S. Germano e del "Riparo" (S. Maria delle Cinque Torri); il
mercato settimanale del sabato, di tradizione secolare, le frequenti fiere
annuali richiamavano numerosi commercianti ed acquirenti dal Molise, dal
Napoletano e dai circondati di Sora e Gaeta.
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Il 1900 si aprì con lutti e sacrifici: il colera del 1911, il terremoto del 1915
e la guerra del 1915/18.
Con la fine della Grande Guerra Cassino ospitò, sulla via per Caria, un
campo di concentramento per prigionieri austriaci.
Successivamente quella struttura fu trasformata in sede di scuola per allievi
carabinieri, giungendo a ospitarne fino a 7000, una bella boccata di ossigeno
per l'economia locale. Ben presto, però, il fascismo, che non fu
particolarmente tenero con i cassinati, sostituì la scuola con la "direzione
dell'artiglieria", trasformata, poi, in deposito artiglieria.
Nel 1927 ancora un "torto" ai cassinati che volevano Cassino provincia: con
D.R. n. 1 del 2 gennaio, venne istituita la provincia di Frosinone, Cassino
entrò a farne parte svincolandosi dalla secolare appartenenza alla Campania.
Solo la zona di competenza del Tribunale di Cassino rimase nei vecchi
confini.
La cittadinanza, in quel periodo, contava circa 19.000 abitanti, il fenomeno
dell'immigrazione cominciava a farsi sentire, ma la città manteneva il
costante numero degli abitanti, segno, questo, che l’economia non andava
troppo male. Durante il periodo fascista si ebbe qualche episodio di
intolleranza da parte di alcuni gruppi politici, specialmente tra popolari e
fascisti. A parte ciò si può affermare che la vita si svolse con una certa
tranquillità fino agli inquietanti rumori del secondo conflitto mondiale.
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II capitolo
Il calvario di Cassino
"Venne la guerra,
ma l’ombra dell’abbazia era così densa e protettiva
che non vi fu allarme. [...]
E invece gli eserciti per confrontarsi
scelsero proprio questo posto.
[...]Non rimase in piedi né un muro
né un albero e la terra divenne
una palude di cadaveri
e
l'abbazia una cava di pietra abbandonata".
Dante Troisi da "Un Viaggio Scomodo".
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-Settembre-dicembre 1943
Durante il secondo conflitto mondiale la città di Cassino, a causa della sua
posizione geografica, dovette fungere da cardine nei rivolgimenti decisivi
della storia d'Italia. Nella loro ritirata verso il nord della penisola italiana, i
Tedeschi, incalzati dalle forze alleate angloamericane, che dalla Sicilia
puntavano verso Roma, scelsero i monti delle Mainarde e degli Aurunci
come contrafforti di una poderosa linea difensiva, la "LINEA GUSTAV".
Questa andava dall'Adriatico al Tirreno, presidiando l'unico varco per la
capitale, la Valle del Liri. Tale varco era ben sorvegliato dalle colline attorno
a Montecassino e delle cime degli Aurunci. Il Monastero fu rispettato dai
soldati Tedeschi, anzi come si vedrà, furono proprio questi che provvidero
a mettere in salvo il prezioso patrimonio della biblioteca e dell'archivio,
nonché i più importanti oggetti artistici religiosi fornendo mezzi ed autocarri
per il trasporto. Le prime avvisaglie dell'imminente martirio si ebbero nella
notte tra il 19 e il 20 luglio 1943 con il bombardamento dell'aeroporto di
Aquino. Le ansie e i timori per la guerra, che divampava ovunque e si faceva
sempre più vicina, lasciarono il campo, per breve tempo, purtroppo, alla
gioia e alla speranza in seguito all'annuncio della firma, 1'8 settembre,
dell'armistizio tra il Governo Italiano e Generale Eisenhower. Gli eserciti
degli ex alleati Tedeschi divennero d'un colpo eserciti di occupazione, con
tutte le conseguenze che comportava per le popolazioni soggette. I segnali
della mutata situazione si ebbero, in città, già il nove settembre con il
passaggio di soldati tedeschi e mezzi militari. Ciò non sfuggì alle forze
alleate anglo americane del generale Alexander: il 10 settembre una pioggia
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di bombe si abbatté sulla città di Cassino causando gravissimi danni e circa
60 morti. Iniziò, in tal modo, il Calvario di Cassino.
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La linea Gustav
I monti che dominavano la città e la sua valle furono utilizzati come
capisaldi della poderosa linea difensiva - la "LINEA GUSTAV" approntata
dai Tedeschi del gen. Kesserling per arrestare l'avanzata delle forze alleate.
Le postazioni di difesa, che escludevano il monastero di San Benedetto,
furono rafforzate da uno sbarramento lungo le rive sinistre del Rapido e del
Gari, dove furono abbattute le case, rasata tutta la vegetazione e disseminate
migliaia di mine nel terreno. Già nel mese di ottobre la Linea Gustav era
perfettamente efficiente. I lavori per la realizzazione di ricoveri lungo la
linea difensiva furono affidati ai prigionieri locali, tra questi ricordiamo
Antonio Ferraro che all'epoca aveva solo 16 anni e che, insieme ad altri 17
ragazzi, lavoravano giorno e notte.
Costruirono le torrette d'acciaio per l'avvistamento e ripari per i "Katiuscia",
lanciarazzi tedeschi resistenti alle cannonate. Questi fortini dominavano
tutta la pianura.
La popolazione di Cassino, dopo il tragico 10 settembre, pensò di mettersi
in salvo sui monti vicini o presso parenti in località lontane, ma non pochi
furono quelli che preferirono restare, alcuni rifugiandosi nelle cantine dei
palazzi, altri a Montecassino, altri ancora trasferendosi in alloggi di fortuna
lungo la "costa" (le pendici di monte maggio). Le linee nemiche rimasero a
fronteggiarsi per mesi e mesi con azioni di disturbo o con attacchi veri e
propri. Sulla città continuavano a cadere sporadicamente bombe d'aereo e
d'artiglieria, procurando, ogni volta, crolli di edifici e vittime civili: alcune
famiglie ebbero una terribile fine nelle cantine, dove rimasero sepolte. “In
via Napoli vi fu un caso estremamente pietoso: in un palazzo abitava una
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famiglia composta da padre, madre e sei figli, tutti in tenera età. Il padre
era partito la mattina presto, la madre era uscita per la spesa giornaliera e
aveva lasciato i sei bambini a giocare con altre tre creature, appartenenti
a una famiglia amica e vicina di casa.
Quel palazzo fu colpito in pieno, i nove bambini precipitarono sotto le
macerie. Fu un’ecatombe di anime pure, il martirio della candida
innocenza” (Da "Il Calvario di Cassino", Tancredi Grossi). Un ricognitore
alleato volteggiava ogni sera sulla città lasciando cadere ogni tanto una
bomba, i cassinati chiamarono bonariamente "Pippetto" quel ricognitore;
qualcuno ricorda ancora i versi che si canticchiavano al passaggio di
"Pippetto":
Son Pippetto da Forlì
Che bombarda notte e dì;
Se vedo un lumicino
butto giù uno spezzoncino
se vedo un lampione
mando giù la formazione.
Quando le situazioni di sofferenza si protraggono a lungo l'uomo trova
sempre come evadere psicologicamente, per non impazzire.
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Nel mese di novembre per i rimasti in città iniziarono le deportazioni e gli
sfollamenti forzati da parte dei tedeschi; alcuni uomini furono caricati su
autocarri militari e poi su carri bestiame e portati in campi di lavoro in
Germania, altre persone furono trasferite nei comuni del nord della
provincia o nell'Italia settentrionale, altri ancora lavorarono nelle trincee,
lungo la Linea Gustav.
Tra le mura del monastero di Montecassino trovarono rifugio oltre un
migliaio di sfollati, convinti che nessun avrebbe mai osato colpire quel
luogo sacro della cristianità e della cultura. Non di tale avviso erano i
tedeschi. Infatti, il ten. col. Julius Schlegel ed il cap. medico Giovanni
Becker, entrambi austriaci, nella seconda metà del mese di ottobre,
provvidero allo sgombero dei tesori d'arte e della biblioteca trasferendoli
presso Castel S. Angelo a Roma: provvidenziale decisione!
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La battaglia di Montelungo: 8 dicembre 1943
La città di Cassino e tutta la zona del Rapido- Gari erano sottoposte, giorno
e notte, ai continui bombardamenti delle forze alleate, che non riuscivano
ad avanzare oltre la Linea Reinhardt, su Montelungo e monte Sammucro. Il
21 novembre i Tedeschi fecero saltare alcune case di Cassino e dintorni per
rinforzare le loro difese, gli edifici impedivano la sistemazione dei cannoni,
carrarmati e artiglieria. La situazione di stallo fu sbloccata tra l'8 ed il 16
dicembre con l'attacco contro Montelungo e monte Sammucro; nella
battaglia furono impiegate le forze italiane del 1° Raggruppamento
Motorizzato, primo nucleo della rinascita della coscienza italiana,
costituitosi il 27 settembre con militari provenienti da quelle che erano state
le Forze Armate italiane. Tra questi si distinsero i bersaglieri del 51°
battaglione, tutti ragazzi tra i 18 e 20 anni. La mattina dell'8 dicembre i fanti
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attraversarono la ferrovia ma caddero a causa di ordini sbagliati. I Tedeschi
riuscirono a spostarsi durante la notte e li decimarono. I Bersaglieri dal
fiume Peccia risalirono verso Montelungo, una fitta nebbia li proteggeva,
ma verso le 6,30 del mattino un forte vento allontanò la nebbia lasciandoli
scoperti, anche loro caddero sotto il fuoco nemico. La squadra nel 51°
battaglione fu annientata, pochissimi furono i superstiti. Alvaro Mori (da
"Diario di Penna") racconta: "Affrontammo quella battaglia in prima linea
con le divise estive, senza coperte, acqua e freddo non ci mancarono. Alle 6
del mattino iniziò il fuoco, assistemmo a uno spettacolo non comune, i
bagliori delle fiamme illuminavano tutto il paesaggio, le granate
scoppiavano vicinissime, tutti i compagni morirono, non so nemmeno io
come mi salvai."
Montelungo e Monte Sammucro furono conquistati dagli alleati il 14-15
dicembre. La battaglia di Montelungo è passata alla storia come il secondo
Risorgimento degli Italiani. Ragazzi che hanno sacrificato la propria vita per
liberare l’Italia.
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II 1943 si chiuse con un violento fuoco di artiglieria sul Cassinate, ad esso
si aggiunse uno spaventoso uragano. Ormai gli alleati fronteggiavano da
vicino i difensori della Linea Gustav e li martellavano senza sosta; si
lanciarono anche i primi assalti alle postazioni strategiche sui monti e lungo
il fiume Garigliano. Molti furono i morti tra i civili rifugiatisi nelle caverne
di Montecassino e dei monti circostanti. II monastero ebbe i primi danni.
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La Santa notte del ‘43
Montecassino
Questo Natale di guerra
Che ha la neve rossa
E i pastori feriti e le culle infrante,
che le pecore dai loro chiusi cacciate
ha disperso,
per noi che a vent'anni
abbiamo fame e sete e desiderio
di padre e di madre
e d'amore
e di lacrime di gioia sul ciglio...
questo Natale vestito da tedesco
non fa nascere Dio questa notte.
Soli e vecchi
nella felicità deserta
Che la memoria s'inventa,
invano attendiamo che questo brontolio di morte
diventi suono di campana...
che questo odore di pagliaio
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odore d'incenso diventi...
e quest'appestata aria
sapore di mandarino!
Montecassino,
questo ventiquattro dicembre
di questa santa notte del Quarantatrè,
per noi
che abbiamo fame e sete
e desiderio di freddo da riscaldare
non fa nascere Dio.
O forse...
Lo fa nascere soltanto per noi.
Montecassino, 24 dicembre 1943
Gino Salveti
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Le quattro battaglie di Cassino: gennaio-maggio 1944
- Prima battaglia: 15 gennaio-12 febbraio 1944
Vista la dura resistenza delle
forze Tedesche a Cassino, gli
Alleati decisero di aggirarle
stabilendo una testa di ponte
ad Anzio (22 gennaio). Il
tentativo, condotto senza la
dovuta convinzione, riuscì
solo parzialmente, pertanto si
rendeva necessario sfondare
ad ogni costo la Linea
Gustav. "All'avvicinarsi della
notte di Natale del 1943 si
entrò in un clima mistico e di
silenzio. Il fronte si calmò
d'incanto, non si sentivano i
crepitii delle mitragliatrici e i
ta-pum dei fucili. Alla mezzanotte tutte le armi leggere spararono in aria
con proiettili traccianti. I deportati nel loro ricovero intonarono "Tu scendi
dalle stelle". (da “Cassino” di Antonio Ferraro). La stessa cosa si ripeté il
31 dicembre 1943. Gli aerei alleati, chiamate "Cicogne", non trovarono
nulla, perché il territorio, che da Roccasecca andava fino al Gari e al Rapido,
veniva animato di notte.
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A metà gennaio, a sostenere i tedeschi,
arrivarono dall'Abruzzo i paracadutisti, detti
"diavoli verdi", uomini valorosi e preparati ad
ogni tipo di combattimento, erano agli ordini
del generale Heindrich, soldati tenaci che
resistettero fino a maggio.
La prima grossa battaglia di Cassino si stava per compiere; le posizioni
furono le seguenti:
• I francesi, giunti ad Acquafondata, tentarono la conquista di Terelle e
Monte Cairo con l'intento di accerchiare Montecassino. Con i
cannoneggiamenti di quei giorni, molti furono le vittime civili.
• Nella piana del Rapido gli alleati occuparono Monte Trocchio ed
avanzarono fino al fiume Rapido. Conquistarono la stazione ferroviaria di
Cassino, aspri i combattimenti, molti i morti.
• Più a sud, sul Gari, ci furono scontri terribili tra la 36° Texas e i
tedeschi. Gli alleati con tutti i mezzi a disposizione: barconi e canotti
tentarono di oltrepassare il fiume, ma la velocità dell'acqua, le mine e la
resistenza tedesca non consentirono un buon esito dell'operazione. II
bilancio dei morti tra gli alleati era di 318 caduti, 392 dispersi e 1641 feriti.
I tedeschi avevano perduto 105 uomini.
• Sul Tirreno i britannici non ottennero buoni risultati e si fermarono sul
Garigliano.
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Le condizioni climatiche peggiorarono, iniziarono le piogge, che causarono
l'allagamento di tutta la piana del Rapido, del Gari e del Garigliano. Cassino
si trasformò in un pantano con acqua e fango e ciò fermò ogni tentativo da
parte degli alleati di avanzare. Intanto, si unirono agli alleati i Neozelandesi
del generale Freyberg. È doveroso ricordare che a tutte le battaglie
parteciparono con valore anche americani di origine giapponese chiamati
NISEI, il 100° battaglione che divenne l’unità più decorosa dell'esercito
americano.
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- Bombardamento di Montecassino e la seconda battaglia
Nel quartiere generale alleato di Caserta si discuteva se bombardare o no il
Monastero. II generale Clark era indeciso, invece il generale Freyberg fu
irremovibile, a nulla valsero gli interventi del generale Herding e Alexander.
Freyberg era convinto che a Montecassino ci fosse la base tedesca. La storia
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dimostrerà che i Tedeschi
rispettarono sempre il
sacro edificio tenendosene
a debita distanza; ciò lo
imponeva non solo
l’importanza storica del
luogo, ma anche una
ragione tattica elementare: il monte era un privilegiato punto di osservazione
su tutta la valle, ma anche il più vulnerabile e, appunto per questo, il primo
destinato a cadere sotto i colpi del nemico; costitutiva, inoltre, un poderoso
scudo per le retrostanti
postazioni difensive. II suo
destino era segnato. La
quarta divisione Indiana
del gen. Francis I. Tuken-
appartenente al II Corpo
d'Armata Neozelandese
comandato dal ten. gen.
Bernard Freyberg – designata per l’attacco decisivo al monastero, ne pretese
il preventivo bombardamento. Per cercare di salvare i civili presenti nel
monastero, il 14 febbraio furono lanciati sul monte dei volantini che, in
lingua italiana ed inglese, invitavano ad abbandonare l’abbazia.
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Purtroppo, non si fece in tempo ad evacuare l'edificio, anche per l'incredulità
di alcuni dei rifugiati, che ritenevano i volantini un trucco dei
monaci per liberarsi della loro scomoda presenza. A partire dalle 9.45 del
15 febbraio l'aviazione alleata, in diverse ondate, fino alle prime ore del
pomeriggio, lasciò cadere sul monastero oltre 500 tonnellate di esplosivi ad
alto potenziale, riducendolo ad un gigantesco ammasso di rovine. Non si è
mai saputo con esattezza quanti furono i morti in quel bombardamento; fra
i numerosi corpi straziati rinvenuti un po' dovunque fra le rovine, 150
sventurati si salvarono grazie al crollo compatto di un solaio.
Solo all'alba del 17 l'abate Gregorio Diamare, con alcuni civili e 12 monaci,
in mesto corteo, abbandonò le rovine per ritirarsi nelle retrovie tedesche,
dove furono pietosamente assistiti.
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Pio XII giudicò il bombardamento un enorme ingiuria alla religione, alle arti
e alla stessa civiltà. L'Abate Diamare, lo stesso 15 febbraio 1944, rilasciò la
seguente dichiarazione autografa, scritta qualche ora dopo i bombardamenti:
“Attesto per la verità che nel recinto di questo Sacro Monastero di
Montecassino non vi sono stati mai soldati tedeschi, vi furono soltanto per
un certo tempo tre gendarmi al solo scopo di far rispettare la zona neutrale
che si era stabilita intorno al Monastero, ma questi da venti giorni si
ritirarono...
Montecassino 15 febbraio 1944
firmato: Gregorio Diamare
Vescovo Abate di Montecassino".
Don Nicola Clemente, amministratore della Badia di Montecassino, e Don
Francesco Falconio, delegato dell'ufficio dell'amministrazione della diocesi
di Montecassino salvatisi dal bombardamento di Montecassino del 15
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febbraio 1944 col quale l'intera Abbazia veniva distrutta dichiarano che
nell'interno del monastero e per tutto il suo cerchio perimetrale non
esistevano apprestamenti difensivi germanici, né truppe, né mezzi bellici di
qualsiasi specie.
Roma 16 febbraio 1944
“Noi italiani piangevamo ed i tedeschi ci rincuoravano e dicevano:
NixGood Montecassino Caput, e poi ci facevano capire... Questa e la civiltà
americana ed anglosassone... distruggere l'arte. Come dimenticare la
precisione degli alleati nel colpire l'obiettivo che si erano prefissati? Le
prime bombe centrarono in pieno la Cupola ed il corpo del Cenobio. Dalle
mie orecchie non potrò allontanare i forti rumori, i fragori intensi e continui
provocati dalle bombe che caddero in grande quantità: nuvole di fumo e di
polvere mista a pezzi di carta si alzarono dal Monte ed il cielo si oscurò,
diventando tutto cupo e nero. Si presentò al nostro sguardo una visione
apocalittica dell'Abbazia, completamente distrutta, tutta macerie e la cima
del Monte divenne tutta di colore bianco marmoreo" ("Da II Calvario di
Cassino", Tancredi Grossi).
I superstiti uscirono dalle macerie ancora fumanti e, non potendo scendere
verso Cassino, scesero sul lato Ovest verso la Chiesa di Santa Scolastica per
raggiungere la Casilina. Pochi riuscirono ad aprirsi un varco, scavando con
le mani e con le unghie. Con il bombardamento del Monastero, però, gli
alleati non riuscirono a rompere le posizioni tedesche, anzi ottennero
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l'effetto contrario. Infatti, la 1°Divisione Paracadutisti trasformò le rovine
del Monastero in un caposaldo che dominava tutta la Valle del Rapido e
l'accesso alla Valle del Liri, la grotta di Foltin fu il loro appoggio segreto.
-La terza battaglia: 15 marzo-26 marzo 1944
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L'inutilità di quello scempio fu dimostrata dall'impossibilità, da parte delle
truppe alleate, di prendere immediatamente possesso delle rovine e della
posizione strategica, su cui, invece, andarono ad installarsi i paracadutisti
tedeschi.
Fu necessario, dunque, procedere ad un nuovo, più tremendo
bombardamento sulla città di Cassino, già abbondantemente flagellata e
tenacemente presidiata dai Tedeschi. L'atto conclusivo dell'immane tragedia
ebbe inizio alle ore 8.30 del 15 marzo 1944: in circa sette ore 775 aerei
lasciarono cadere sull'indifesa città ben 1.250 tonnellate di bombe, la città
fu completamente rasa al suolo. Scarse perdite ebbero i paracadutisti
tedeschi, anzi, furono poi avvantaggiati, nella difesa, dallo spianamento
totale delle case. Gli anglo- americani ignoravano, infatti, che poche bombe
avrebbero fatto saltare in aria ugualmente Cassino, perché i tedeschi le
avevano disseminate soprattutto in prossimità delle costruzioni alte, poiché
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ostacolavano la vista ai carri armati. Ecco perché i tedeschi furono favoriti.
Dopo 11 giorni di combattimento dal 15 al 26 marzo, anche il Terzo
tentativo degli alleati di sfondare le resistenze tedesche fallì. La linea Gustav
continuava a resistere.
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-Quarta battaglia: maggio 1944
Operazione Diadem e lo sfondamento della linea Gustav
L' 11 maggio scoccò l'ora "x". Di questa battaglia vi è la testimonianza del
reduce polacco Karol Kleszezynski: "L'ultima fase della battaglia di
Cassino iniziò sul Rapido, sul Gari e sul Grigliano alle ore 22.30 del giorno
11 maggio 1944. Un uragano di fuoco con 2000 pezzi d'artiglieria s'abbatté
per 2 ore e trenta sull'ala destra
dello schieramento tedesco. I
cannoni aprirono il fuoco tutti
insieme ad Acquafondata, Rapido,
Gari, Garigliano fino al Mar
Tirreno." II giorno successivo agli
alleati si aggiunsero i coloni francesi,
che si spostarono sui monti Aurunci
e dovevano prendere alle spalle i
tedeschi, un battaglione di brasiliani
ed una brigata di ebrei.
Il corpo d'armata polacco assunse la responsabilità d'iniziare l'attacco su
Montecassino. Il compito era arduo perché i 3 tentativi precedenti (le prime
tre battaglie) erano falliti.
I Polacchi presero le posizioni dei francesi sui colli attorno a Cassino e 1'11
maggio sferrarono l'attacco decisivo.
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L'operazione ebbe inizio alle 23.30, furono posizionati 1666 cannoni. I
combattimenti si protrassero per 7 giorni. Alle 9.45 del 18 maggio, una
pattuglia polacca penetrò tra le rovine del monastero, catturando 33
tedeschi, terminarono il rastrellamento dell'abbazia alle ore 14.00. Sulle
rovine del Monastero issarono, così, la bandiera polacca bianca, azzurra e
amaranto. La quarta battaglia di Cassino era conclusa. Con tale conquista i
polacchi scrissero una bella pagina di storia riscattandosi dal martirio subito:
"a Montecassino era nata la nuova Polonia". In Polonia tutti cantano ancora
la marcia militare scritta e musicata dai soldati polacchi, intitolata: "I
papaveri rossi di Montecassino"
"I papaveri rossi di Montecassino":
"Le vedete queste rovine in cima?
Là, il nemico si nasconde come il topo.
Dovete, dovete, dovete
prenderlo per il collo
e buttarlo giù dalle nuvole.
Salirono come pazzi e salirono sempre più
testardi come sempre per lottare per la libertà
i papaveri Rossi di Montecassino,
invece della rugiada,
hanno bevuto il sangue polacco.
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Su quei papaveri camminò il soldato e cadde,
ma più forte della morte era la rabbia.
Passeranno gli anni, i secoli
rimarranno le tracce di quei giorni
e tutti i papaveri di Montecassino
saranno più rossi
perché cresceranno grazie al sangue polacco."
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Oggi nel sacrario di Montecassino riposano 1400 caduti polacchi, tutti
giovanissimi e, sul monte Albaneta a ricordo della battaglia, lasciarono un
Obelisco di pietra su cui incisero:
"Gli eroici soldati di Polonia sono morti combattendo per la nostra e la
vostra libertà lasciando: l'anima a Dio, i corpi alla terra d'Italia, alla
Polonia i cuori". Fra questi morti, oggi, riposa, accanto ai suoi soldati, il
generale Anders che morì nel dopoguerra e, precisamente, nel 1971 a
Londra con la richiesta testamentaria di voler essere seppellito fra i suoi
"Eroi di Montecassino".
Il fronte si spostò un po' più a nord, lungo un nuovo sistema difensivo, la
Linea Hitler, ma la strada per Roma era ormai aperta. Infatti, il 24 maggio
tale Linea fu sfondata ed il 4 giugno le truppe alleate entrarono trionfanti in
Roma.
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Cassino e Montecassino, però, non c'erano più, una storia millenaria era
stata cancellata in pochi istanti dal soffio pestifero della guerra.
Troppo grande era stata la tragedia, troppo forti le forze del male per non
attendersi una energica reazione della volontà di rifarsi, Succisa Virescit è
il motto di Montecassino, stroncata torna a pullulare; quello di Cassino
potrebbe essere Post fata resurgo, perché dopo un tragico destino è tornata
ad essere di nuovo città, anche se con caratteri del tutto diversi.
All'indomani della distruzione, la popolazione di Cassino viveva la sua
diaspora in ogni parte d'Italia, affidata alla solidarietà ed alla pietà di chi da
lontano aveva saputo della tragedia di Cassino. Non si è mai saputo con
esattezza quanti furono i morti perché i registri anagrafici erano stati
distrutti, forse duemila.
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A questi vanno aggiunte tutte le vittime degli ordigni inesplosi che, per molti
anni, prolungarono la guerra nel cassinate provocando ancora morti ed
orribili mutilazioni.
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La Furia dei marocchini
È doveroso ritornare all' 11 maggio e soffermarsi sulla "furia" dei
marocchini, i coloni francesi che si impossessarono dei monti Aurunci per
prendere alle spalle le posizioni difensive tedesche, mentre i polacchi
agivano a Cassino. Dal 14 al 21 maggio i reparti coloniali avanzarono lungo
territori estremamente impervi e, combattendo ferocemente, giunsero a
Pico. In 10 giorni erano avanzati per ben 32 km in territorio nemico. Nel
corso della settimana seguente, dal 21 maggio al 2 giugno, i goumiers
marocchini risalirono come un fiume in piena il territorio a ridosso dei monti
Ausoni e raggiunsero le valli dell'Amaseno e del Sacco, costringendo i
tedeschi a un caotico ripiegamento, per evitare di essere accerchiati.
L'avanzata dei reparti franco — africani si era sviluppata in modo
travolgente per circa due settimane, dal 15 maggio ai primi di giugno 1944;
purtroppo, nello stesso periodo, i militari nordafricani si macchiarono di
crimini orrendi ai danni delle popolazioni locali. Gli abitanti delle zone
conquistate si aspettavano di essere liberati dagli americani, ma non fu così.
Le truppe coloniali francesi imperversarono in tutti i paesi del basso Lazio
"liberati" (in particolare nella zona di Ausonia ed Esperia, con circa 500
vittime), stuprando, uccidendo e saccheggiando in modo impressionante,
soprattutto ai danni di chi rimaneva isolato o si era riunito in piccoli gruppi,
senza riguardo per l'età o il sesso. Gli orrori si susseguirono senza pietà e
senza sosta, finché i reparti nordafricani del Corpo francese non ricevettero
l'ordine di fermare la loro avanzata a Valmontone. Nello spazio di soli tre
giorni, dal 2 al 5 giugno 1944, vennero segnalati nei comuni di Patrica,
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Ceccano, Giuliano di Roma, Morolo, Supino e Sgurgola ben 418 stupri, 29
omicidi e 517 furti compiuti dai marocchini. Tutt'altro che paghi di tanta
bestialità, gli irrefrenabili goumiers depredarono numerosi cittadini dei loro
averi e del bestiame, incendiando e saccheggiando le abitazioni. Una stima
effettuata pochi mesi dopo la fine dei combattimenti nelle province di
Frosinone e di Littoria (oggi Latina) indicò circa 3100 le donne sottoposte a
violenza sessuali dalle truppe nordafricane, ma probabilmente si tratta di
cifre inferiori alla realtà, dato che molte vittime, per il dolore e la vergogna,
furono reticenti a rivelare gli oltraggi subiti. L'apparente indifferenza e
acquiescenza di molti ufficiali francesi verso le brutalità commesse ha
portato più volte ad affermare che, i coloni avessero ricevuto carta bianca
dai loro comandanti. In seguito si affermò che gli ufficiali francesi avevano
punito i responsabili di quei crimini. In ogni caso le violenze commesse,
note come le "marocchinate", hanno lasciato un'eredità di dolore e collera
nelle popolazioni del Lazio. Riportiamo per intero il proclama lanciato dal
Generale francese Juin, Comandante del corpo di spedizione francese in
Italia (Proclama ovviamente mai confermato), ai suoi soldati: "Soldati,
uomini che soffrite in un Paese estraneo e nemico, che siete trattati come
cani e dovete combattere come lupi per diventare uomini liberi nel vostro
Paese libero, voi uomini che siete stati costretti a rinunciare a tutti piaceri
della vita, che avete un sorso di cognac prima della bottiglia, che dovete
accontentarvi delle prostitute arabe al seguito delle salmerie, che rischiate
la degradazione, il palo, la fucilazione ogni volta che vi avvicinate ad una
donna dalla pelle bianca e la carne tenera, che leggete il disgusto negli
occhi belli di queste belle donne nemiche ma calde. Voi uomini che avete
traversato e subite le più atroci fatiche, che avete tanto coraggio da andare
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incontro al nemico con la baionetta e gettate il mitra, che camminate scalzi
sulle pietre, siete bravi, silenziosi come le linci del deserto, resistenti come
i cammelli delle kabile, spietati come i serpenti, che combattere col Burnus
e disprezzate l'elmetto, voi leopardi, nobili belve che siete stati trattati fino
ad ora come sciacalli, come lupi muschiati, come carne da macello, uomini
d'Africa, il vostro generale vi annuncia, vi promette solennemente, vi giura
sul suo onore di soldato e sulla bandiera di Francia che si alza per l'ultima
volta sulle vostre sofferenze, sulle vostre privazioni, sulla vostra ,fame, che
oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra
larga e ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre
quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi
promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino,
tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà e per
cinquanta ore. E potrete avere tutto, fare tutto, prendere tutto, distruggere
e portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato. Il vostro generale
manterrà la promessa, se voi obbedirete per l'ultima volta fino alla vittoria!
".
Gli uomini dei Generale Juin sui monti Aurunci trovarono ragazze belle
come i fiori, piene di salute, dalla pelle bianca. Le loro invocazioni, le loro
urla, i loro pianti e lamenti riempirono quelle calde notti di maggio del 1944.
Di tali violenze A. Moravia ne fece un romanzo "La Ciociara" e Vittorio De
Sica, del romanzo, ne fece un film che vinse il premio Oscar. Nella cittadina
di Castro De Volsci è stato eretto un monumento chiamato proprio "La
Mamma Ciociara" in memoria di ciò che avvenne in quei luoghi.
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III capitolo
La rinascita
"Post Fata Resurgo"
(dopo il tragico destino risorgo)
Atroci sofferenze e dolorosi ricordi di chi la storia l'ha scritta
sulla propria pelle.
Cassino, oggi risorta, ha cancellato, ma non dimenticato
i segni di una guerra fatta da chi aveva vent'anni o poco più.
E' per te, Cassino, la Medaglia D'oro per le pene della Tua gente.
Sei tu citta Martire, vittima dell'incontrollata malvagità di chi è
senza volto, di chi è senza nome.
(anonimo)
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Per il suo sacrificio la città di Cassino meritò l'appellativo di Citta Martire
per la pace e, con il D.P.R. 15 febbraio 1949, fu decorata con la Medaglia
d'Oro al Valor Militare. Questa la motivazione:
"Già provata in epoca remota dalle distruzioni barbariche dei Longobardi,
risorta consacrata, costituiva attraverso i secoli, con la sua celebre
Abbazia, foro di scienze e di fede alle genti del mondo.
Per lungi mesi, fra il 1943 e il 1944, segnava il tormento limite, fatto di
sangue e di rovina, della più aspra e lunga lotta combattuta dagli eserciti
sul suo suolo e nel nome della libertà e della civiltà contro l’oppressione e
la tirannide.
Il suo aspro calvario, il suo lungo martirio, le sue immani rovine furono,
nella passione del popolo per la indipendenza e la libertà della Patria, come
un altare di dolore per il trionfo della giustizia e della millenaria civiltà
italica".
Cassino-Montecassino, settembre 1943- maggio 1944
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Nonostante la pericolosa epidemia di malaria, che nel dopo guerra flagellò
tutto il territorio, la ricostruzione iniziò subito, con le prime baracche
montate sulle macerie ancora fumanti. Già un anno dopo il bombardamento,
il 15 marzo 1945, il capo del governo Ivanoe Bonomi, accompagnato dal
ministro dei LL.PP. Meuccio Ruini, alla presenza del sindaco Gaetano di
Biasio, consacrò ufficialmente la rinascita di Cassino. Per comprenderla
riportiamo un radiomessaggio trasmesso al Presidente degli U.S.A. Truman
alle 21:20 del 6 ottobre del 1945:
"Signor Presidente, all'indomani della distruzione di Montecassino a cui,
dopo esattamente un mese, seguì quella di Cassino, dietro il cordoglio
universale, una voce sorse a sollevare in parte i nostri spiriti abbattuti,
quella del vostro grande Predecessore, che Montecassino, cioè, Cassino
sarebbero risorti più belli di prima.
È trascorso di più di un anno dalla tragedia nostra che la stessa promessa
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ci venne rinnovata dall'ambasciatore Kirk in occasione della
commemorazione della data fatidica -15 marzo 1944- dinanzi alle Autorità
Alleate e Governative, al cospetto di tutto il popolo plaudente al Paese che,
come la leggendaria spada di Achille, avrebbe risanato le nostre ferite. Ma
ecco dopo sei mesi da quel giorno e malgrado gli sforzi che lo Stato Italiano
va compiendo, ancora oggi migliaia e migliaia di cittadini che
improvvisamente rientrarono dalle varie regioni d'Italia, non hanno un tetto
qualsiasi dove ripararsi e vivono in baracchette malsane, ovvero all'aperto,
come bestie in luride tane, senza né coperte né pane, senza persino il più
modesto pagliericcio, senza soprattutto possibilità di occuparsi. Un quadro,
signor Presidente, che stringe il cuore a pietà e per il quale non suffragano
parole di conforto o di speranza, che peggio anzi esasperano gli animi fino
a fargli imprecare e maledire chi è stata la causa di tanta sciagura. Così le
malattie dalla malaria, che non risparmia nessuno, al tifo, alla tubercolosi,
alla dissenteria, ecc.… procedono con ritmo progressivo ad abbattere
vecchi, bambini, a decina al giorno. E scene selvagge si frammischiano a
scene pietose di povere madri che stendono sul tavolo i loro poppanti
macilenti colpiti dal morbo e di poveri padri che non hanno un soldo per
comprare, quando se ne trovi, una compressina di chinino o d'altro
surrogato qualsiasi. E lo stato? E il governo? Fa come può, ma a risolvere
il problema non bastano i mezzi suoi propri e spera nell'intervento del
Vostro, signor Presidente, e del generoso popolo degli Stati Uniti. Pesante!
Nessuna città al mondo sostenne per otto mesi l'urto di due eserciti
potentissimi. Nessuna città al mondo fu sacrificata dalla prima all'ultima
pietra per la liberazione dell'Italia dal nemico invasore. Nessuna città
d'Italia può contare tra morti deportati e fuggiaschi la quasi totalità dei suoi
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figli. Nessuna città d'Italia ha accolto
pietosamente nella religione dei padri tanto
caduti e di nazionalità diverse quanti Cassino:
su all’Albaneta, il cimitero dei polacchi, giù a
Cassino quello degli alleati. C’è, dunque, tanta
parte del vostro sangue, ed è la più cara forse,
tra noi vi resterà per tutta l’eternità, che
nominare Cassino è come nominare un lembo
dell’America e dell’Inghilterra e della Polonia e della Francia e (perché
no?: Innanzi a Dio siamo tutti uguali) della Germania anche. Si e voluto,
fors'anche per questo, che la città distrutta rimanesse città morta, ossia
monumento Storico d'una guerra in niun'altra parte del mondo durata otto
mesi e conchiusasi con la totale sua distruzione. Ebbene? Non più bello di
prima Montecassino, non più bella di prima Cassino ricca di monumenti
storici dall’anfiteatro, al teatro, al foro eccetera...! Ma ricostruire della
città quel che è necessario per viverci e per morirci in pace cioè le sue
strade, le sue piazze, le sue chiese, le sue case! Chi non l'ha perduta non
può intendere l’accorato lamento di colui che Vi scrive e che è l’eco di un
multanime coro di diseredati, di dispersi, di senzatetto, di senza lavoro, di
senza vestiti e senza pane. Signor Presidente! Al mondo avete restituita la
pace e la libertà, rendete pur anco la pace alla Città Morta, Cassino
Sanguinosa, come la classe il Vostro grande Roosevelt, se, come è vero,
giustizia e fratellanza e libertà e impegni d'onore sono le doti precipue, del
gran popolo degli Stati Uniti".
Vostro Gaetano Di Biasio 1° Sindaco di Cassino
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Da calcoli fatti con una certa approssimazione, alla fine del 1942 la
popolazione di Cassino ammontava a 21.275 residenti ed era la seconda città
della provincia per numero di abitanti. Nell’estate del ’44 la distruzione al
100% di tutto il patrimonio abitativo urbano e rurale e del 90% di quello
zootecnico, lo sfollamento di massa e la perdita di ogni bene, avevano
determinato lo spopolamento totale del territorio.
Appare, dunque, incredibile che nel censimento del 4 novembre del 1951 la
città facesse già registrare 19.256 abitanti. La grande volontà di rinascita fu
assecondata dai copiosi aiuti che l’autorità governativa, in vario modo,
distribuiva su tutto il territorio. Uno strumento decisivo per la ricostruzione
fu l’attività dell’E.RI.CAS, l’ente per la ricostruzione del Cassinate, che fino
al 1953 portò avanti un complesso programma di esecuzione di opere
pubbliche.
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Con l'erogazione dei danni di guerra molti cittadini poterono ricostruirsi la
casa lungo le strade più importanti avviando la configurazione dell'attuale
centro urbano.
Alla metà degli anni Cinquanta si annoverava, all'interno ed attorno a tale
nucleo, un nutrito numero di attività imprenditoriali, molte delle quali, però,
destinate ben presto a chiudere per la mutata fisionomia economica della
città.
Non dimenticando l'antica vocazione agricola si avviò un serio programma
di risanamento idrico e geologico con l'istituzione, nel 1950, del Consorzio
di Bonifica "Valle del Liri". Anche al Consorzio "Acquedotto degli
Aurunci"; costituito il 18 giugno 1935 con 19 comuni e con sede a Cassino,
fu data nuova vitalità, tanto che già nel 1949 i comuni consorziati erano 28,
mentre nel 1964 se ne contavano 72, tra le provincie di Frosinone e Latina.
Nel 1957 Cassino era di nuovo città, ma, soprattutto, si era imposta come
potente forza trainante per lo sviluppo di un vasto circondario, proprio in
considerazione di ciò propose a più riprese le sue aspirazioni a capoluogo di
provincia.
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Da non dimenticare l'istituzione del primo istituto superiore nel 1950:
I.T.C.G. (Istituto Tecnico per Ragionieri e Geometri). L'allora sindaco Pier
Carlo Restagno chiese ed ottenne che fosse istituita la prima classe per
ragionieri e per geometri presso l'edificio offerto dal comune e adiacente
alla Chiesa di S.Antonio , oggi l'attuale Teatro Manzoni . Nel 1954 l'istituto
assunse il nome di Medaglia D'oro con decreto del Presidente della
Repubblica perché la prima scuola ad essere attivata all' indomani della
guerra.
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Grande importanza ebbe la nascita, nel 1955, della Banca Popolare del
Cassinate ad opera del senatore Piercarlo Restagno, essa seguì e favorì la
ricostruzione e lo sviluppo di Cassino e del suo circondario.
Difficile fu la ricostruzione del monastero di Montecassino, voluta con
fermezza dallo Stato Italiano per farne il simbolo della ricostruzione
nazionale. La prima pietra fu posta il 15 marzo 1945, primo anniversario
della distruzione di Cassino; la ricostruita basilica fu consacrata da Paolo VI
il 24 ottobre 1964. Il sacro edificio era tornato all'antico splendore ed era
meta, ogni anno, di milioni di turisti provenienti da ogni parte del mondo.
Grazie alla politica dello sviluppo del Mezzogiorno, ancora due
realizzazioni si posero come fulcro dello sviluppo industriale del Cassinate:
il passaggio dell'Autostrada del Sole, con l'apertura di un casello a Cassino,
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nel 1960, e la costruzione dello stabilimento FIAT funzionante dal marzo
1971, con una forza lavoro di 7.000 dipendenti. Ad esse va aggiunto
l'insediamento militare dell’80° battaglione per l'addestramento di 1.800
reclute. Con tali realizzazioni il processo di trasformazioni socio-economico
era completato.
L'intraprendenza dei privati non ebbe limiti: da un istituto universitario
pareggiato di Magistero si passò, il 3 aprile 1979, all'istituzione
dell'Università Statale degli Studi di Cassino, che, a settantacinque anni
dalla distruzione della città, conta circa 12.000 iscritti nelle facoltà di
Ingegneria, Economia e Commercio, Lettere, Giurisprudenza, Scienze
Motorie, ed è il maggior ateneo tra Roma e Napoli.
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Il ricordo della distruzione di Cassino e Montecassino non si è mai sopito,
anzi è stato convertito in un forte richiamo alla pace; in tale spirito la Città
Martire si è gemellata con numerose città straniere: Berlino Zehelendorf,
con cui avvengono scambi annuali di ospitalità tra giovani, Falaise
(Francia), Zamoch (Polonia), Tychy (Polonia), Titovo Uzice (ex
Iugoslavia), North York (Canada), Casino (Australia), Isla (Malta) e, in
Italia, Ortona e Cavarzere. Nello stesso spirito ha accettato di ospitare e farsi
custode di cimiteri di guerra, ove sono raccolte le salme di migliaia di soldati
caduti nella battaglia di Cassino: il cimitero tedesco di Caira, il cimitero
britannico di S.Angelo, il cimitero polacco di Montecassino, quello italiano
di Montelungo, francese di Venafro e americano di Anzio. Migliaia di reduci
e loro familiari ogni anno si recano in visita ai cimiteri di guerra.
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Cimitero Inglese (Commonwealth): sulla via per S. Angelo in Theodice,
ospita circa 4.300 salme, fu inaugurato il 31 agosto 1956 con l'intervento del
gen. Alexander e di tutti gli ambasciatori del Commonwealth.
Cimitero Polacco: a Montecassino, 1.503 salme dell'11° Corpo d'Armata
Polacco, comprese quelle del loro gen. Anders e del cappellano arcivescovo
Gawlina, morti nel 1970 e lì trasferiti per loro espresso desiderio. Il sacrario
è affidato alla custodia dei monaci di Montecassino.
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Cimitero Germanico: a Colle Marino, frazione di Caira, 20.035 salme; è il
più importante cimitero tedesco in Italia, fu iniziato nel 1959 dall'arch.
Tischier e condotto a termine dal prof. Offenberg; raccoglie le salme dei
combattenti sotto la bandiera tedesca caduti nel meridione d'Italia.
Cimitero Italiano: a Mignano Montelungo; ospita 975 salme della guerra di
liberazione 1943-1945, provenienti
dai vari cimiteri di guerra sparsi
lungo tutta la penisola; nell'ultimo
emiciclo in alto è situata la tomba del
gen. Umberto Utili, morto nel 1952
e lì sepolto per "riposare fra i suoi
compagni d'arme", come si legge
sulla lapide. Al centro della cappella spicca uno splendido altorilievo
raffigurante un soldato morente nella visione del redentore.
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Cimitero Francese a Venafro, inizialmente ospitava 4.600 salme del Corpo
di Spedizione Francese, ora solo 3.414 perché le altre sono state riportate in
patria.
I Caduti U.S.A. in parte sono stati riportati in patria, in parte sono nei
cimiteri di guerra di Anzio e Nettuno.
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IV capitolo
Eventi programmati
L'incontro con Sami Modiano 4 dicembre 2017
Tutto davanti a questi occhi
L'importante testimonianza di un uomo sopravvissuto all'orrore di
Auschwitz-Birkenau
Lunedì 4 dicembre, presso l'Università degli Studi di Cassino e del Lazio
Meridionale gli alunni delle scuole superiori della città ed i loro docenti
hanno assistito alla commovente testimonianza di Samuel Modiano, vittima
della persecuzione antisemita e sopravvissuto al campo di sterminio di
Auschwitz-Birkenau.
Sami ha raccontato ai presenti quanto sia stato duro il periodo trascorso nei
campi di lavoro, ma anche quanto sia stato difficile riprendersi dopo la
liberazione per mano dei sovietici e affrontare la vita dopo essere rimasto
solo.
Nato a Rodi, italiano di origine ebraica, venne espulso dalla scuola quando
frequentava la terza media a seguito della promulgazione delle leggi razziali
fasciste. “Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero
svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo”. Sami
ha perso sua madre, che soffriva di problemi cardiaci, quando ancora viveva
una vita tranquilla nella sua terra, per questo dice di aver provato dolore a
causa della sua scomparsa, ma in seguito alla deportazione sapere che sua
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madre non aveva vissuto esperienze così atroci lo rendeva felice; sua sorella
maggiore e suo padre, invece, sono entrati con lui all'interno del campo, ma
non hanno avuto il suo stesso destino. Lucia, sua sorella, alla quale era molto
legato perchè gli aveva fatto anche da madre, morì nei forni crematori e suo
padre, Giacobbe, di conseguenza, si lasciò andare dopo la morte della figlia.
Il pensiero che suo padre si fosse lasciato uccidere, non combattendo per
restare al suo fianco, ha segnato tanto l'esistenza di Sami, che avrebbe
sicuramente affrontato la realtà in modo diverso. Nonostante tutto ha lottato
traendo forza dalle ultime parole dette da suo padre: "Tieni duro Sami, tu ce
la devi fare!".
Dopo essere scampato alla "marcia della morte" grazie all'aiuto straordinario
di due persone che lui stesso definisce "angeli" Sami si è portato dietro la
colpa di essere un sopravvissuto. In seguito, con al fianco sua moglie Selma
ha cercato di costruirsi una vita normale, segnata, comunque, da un ricordo
indelebile. La moglie, in parte, è riuscita a colmare i suoi vuoti, a cancellare
i suoi incubi e a curare le sue ferite. Solo 11 anni fa Sami ha trovato la
risposta ad una domanda che si è sempre posto: "Perchè io?"; non è mai
riuscito a capire perchè sia sopravvissuto, perchè in tante occasioni la morte
non l'abbia mai preso con sé e la risposta Sami l'ha trovata nei giovani. Fin
dall'inizio aveva rifiutato di testimoniare, per non dover rivivere quei
terribili momenti. Oggi, invece, crede di essere rimasto in vita per
comunicare con i giovani affinché l’orrore dell’olocausto non si ripeta più.
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"Qualcuno mi ha salvato perché
raccontassi l'orrore". Il suo scopo,
dunque, è trasmettere, soprattutto alle
nuove generazioni, l'orrore della
Shoah, farne comprendere l'atrocità,
per riflettere e far diventare i giovani
testimoni, affinché niente di simile possa ripetersi Mai Più. Le parole di
Sami e soprattutto le sue lacrime hanno portato i presenti al convegno a porsi
molte domande che lui stesso ha voluto ascoltare per poter instaurare con
loro maggiore contatto.
"I ragazzi devono sapere. Devono sapere. Quando io non ci sarò, ci saranno
loro. E loro faranno in modo che questo non succeda mai più".
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Battle of Cassino Legacy. Cassino 1944:
“piccole storie incise nella nostra terra”
28 marzo 2018
Platea delle grandi occasioni ad Ingegneria per il convegno che ha
visto la presenza di autorevoli ospiti
Un percorso nella memoria quello intrapreso dagli studenti dell’Itcg
Medaglia d’oro Città di Cassino, che questa mattina sono stati protagonisti
del convegno promosso
dall’istituto presso l’aula magna
della facoltà di Ingegneria
dell’Università degli studi di
Cassino e del Lazio meridionale.
Un viaggio attraverso gli eventi
della seconda guerra mondiale e
sul ruolo di Cassino come fulcro
di un reticolato di storie e
testimonianze che dalla città
martire si sono irradiate in ogni
parte del mondo. La giornata è
stata inaugurata dal saluto del
dirigente scolastico Marcello Bianchi assente per un impegno istituzionale
improrogabile a cui hanno fatto seguito i saluti del professor Marco
Dell’Isola, direttore della facoltà di ingegneria e gli interventi partecipati ed
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empatici del sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro e di Emilia
Ferraro, figlia del sindaco Antonio Grazio Ferraro che ha fatto della
ricostruzione la sua missione e della memoria il suo progetto di vita. La
figlia ha anticipato di voler mettere a disposizione della comunità tutti i
ricordi dello scomparso sindaco. Si
è, quindi, entrati nel vivo
dell’incontro con l’intervento di
carattere storico dell’avvocato
Roberto Molle, dell’associazione
Battaglia di Cassino, insieme a Pino
Valente, dell’associazione
Albergatori. Insieme hanno guidato
i ragazzi attraverso i sentieri della
memoria dei reduci e dei familiari
che tornano a Cassino alla ricerca di
una storia comune. Il testimonial
per eccellenza di questi cammini della memoria è il musicista Roger Waters.
La storia e l’impatto sui civili è stato rappresentato dall’intervento del
presidente dell’associazione nazionale civili di guerra sezione di Frosinone,
Giovanni Vizzaccaro. Una testimonianza filmata di Antonio Nardelli su San
Pietro Infine è stato il viatico per affrontare l’ultima parte del convegno sulla
memoria e i monumenti storici cancellati dalla guerra condotto dalla storica
dell’arte Elena Gradini. Le conclusioni sono state affidate allo studente
Simone Branca che ha interpretato la poesia di un nipote di un combattente
morto a Cassino, Steve Bailey. Il progetto è coordinato dalle insegnanti
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Maria Luisa Calabrese, Sabrina De Rosa, Angela Fasulo; l’incontro è stato
moderato dalla giornalista Paola Caramadre.
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Uscita didattica
13 aprile 2018
I sentieri di guerra
Una passeggiata lungo la linea Gustav
Venerdì 13 aprile 2018,
la classe VD si è recata
presso il cimitero
polacco, Albaneta, casa
del dottore, obelisco.
Gli alunni sono stati
accolti dal Presidente
della Fondazione del
Memoriale del II Corpo
Polacco, Arch. Pietro Rogacien, presso il centro vicino al Cimitero Polacco.
È stato emozionante passeggiare lungo i sentieri di guerra, è rivivere “Il
Calvario di Cassino”.
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