SESSO E POTERE - Dal Bordello (in Parlamento) al Rubygate
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
I DOSSIER DE:
“SESSO e POTERE”SESSO e POTERE”Dal Bordello (in Parlamento) al Rubygateal Bordello (in Parlamento) al Rubygate
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
Sesso e potere: il parlamento di Berlusconi?
Un bordel
Venerdì 10 Settembre 2010
Dopo le dichiarazioni di Angela Napoli (“deputate come prostitute”) Infiltrato.it si è
infiltrato in Parlamento e ha incontrato una gola profonda.
Finalmente qualcuno ha squarciato il muro d’ipocrisia che regna intorno al Transatlantico d’Italia.
Finalmente una persona seria e autorevole, come la deputata finiana Angela Napoli, ha svuotato il
sacco e dichiarato testualmente: “ Non escludo che senatrici o deputate siano state elette dopo
essersi prostituite. Purtroppo può essere vero e questo porta alla necessità di cambiare l'attuale
legge elettorale.”
Certo, l’attuale legge elettorale è un porcellum, basta essere in cima alla lista come primo candidato
et voilà, il gioco è pressoché fatto. Non è improbabile né impossibile che qualcuno faccia carte false
pur di raggiungere l’agognata poltrona, e quindi non c’è da stupirsi se le dichiarazioni della Napoli
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rispondessero al vero.
Come non ricordare le sibilline frasi al veleno di una Daniela Santanchè in versione Giovanna
D’Arco, che nel Marzo 2008 espresse finalmente un concetto degno di nota: “ Berlusconi considera
le donne solo in orizzontale, ma io comunque non gliela do…”. Viste le performance del signor
Berlusconi non è difficile credere alla Santanchè e forse si può – probabilmente – intuire come
mai la stessa Danielona nazionale abbia cambiato idea tanto da finire dritta dritta nella
maggioranza, addirittura come sottosegretario all’Attuazione del Programma.
La domanda è: chi può confermare o smentire le dichiarazioni della Napoli (e quelle della
Santanchè)? Chi può dirci se sono fuffa per giornalisti o se invece potrebbero rappresentare lo
spunto per riflessioni più ampie? A chi si può chiedere?
Infiltrato.it si è infiltrato in Parlamento e ha trovato una gola profonda disposta a parlare e a
svelare alcuni particolari succosi. La nostra talpa è un deputato non molisano, piuttosto navigato e
addentro ai gossip parlamentari, uno che ne ha viste di cotte e di crude e che canta - per usare un
gergo investigativo - come un usignolo.
“Da che mondo è mondo il Parlamento è sempre stato un luogo in cui si consumavano storie
d’amore o di sesso, come in qualunque altro luogo pubblico. Volete dirmi che nelle scuole o negli
uffici lavorano solo preti e suore? Suvvia, cerchiamo di essere realisti e di dare pane al pane e vino
al vino. Ma stavolta si è esagerato”.
Stavolta si è esagerato è riferito all’ultima legislatura, giusto?
“Esatto. Per essere chiari, Berlusconi ha trasformato il Parlamento in un bordel , per usare un
francesismo.”
Non può fare a meno di essere così esplicito?
“La realtà è quella che è. Conosco colleghi che, quando sono in Parlamento si divertono comeliceali, fanno a gara a chi palpa più sederi , ovviamente femminili. Anzi, ti dirò di più.”
Di più? C’è anche un dippiù rispetto a quanto già detto?
“C’è un gioco molto in voga in Parlamento, volgarmente detto < tocca il culo alla ministra>,
anche se non posso rivelare il nome della ministra. In buona sostanza ce n’è una che tanti
aspirano a palpare. Nella confusione del Parlamento è operazione piuttosto facile da fare, senza
correre il rischio di essere additati come perversi (o quasi).”
Non voglio nemmeno tirare a indovinare chi è questa ministra.
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“Per come la vedo io, lei prova quasi piacere ad essere desiderata , fermo restando che il suo
pupillo è uno solo.”
Il signor Berlusconi, immagino.
“Tu l’hai detto.”
Con quello che si sente e si legge, soprattutto dalle intercettazioni, non è difficile immaginare
quanto il rapporto tra sesso e potere sia forte e costante e del resto va avanti così dalla notte dei
tempi: dalle concubine dell’imperatore romano si è giunti alle escort del capetto di turno.
Ma viene forte il sospetto che il signor Berlusconi abbia trasformato il Parlamento in un bordel
proprio per intorbidire le già putride acqua della politica italiana, per manipolare i media e la massa
e stordire – ulteriormente - con scandali e scaldaletti quel che resta della pubblica opinione
nostrana.
Non c’è da stupirsi se in Parlamento succede, né più né meno, quello che potrebbe accadere
nell’aula di una terza liceo o nei bagni dell’università, ma Infiltrato.it ha una curiosità fortissima,
che vorrebbe condividere con i lettori: secondo voi chi è la ministra dal tocco facile?
**********
BUNGA BUNGA RETROSCENA/ Berlusconi
e Ruby, tra sesso & potereMartedì 02 Novembre 2010
Ieri Ruby Rubacuori, protagonista assoluta del tormentone Bunga Bunga, è diventata
maggiorenne. Peccato non lo fosse già, perché ora Berlusconi e la Minetti rischiano
grosso, coinvolti nell’ennesimo scandalo tra sesso e potere. La vicenda, in realtà, è
molto più complessa di quanto dicano e scrivano i Berluscones. Vediamo perché.
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"Ruby, ragazza sfortunata, ha ricevuto solo troppa
generosità da Berlusconi […] il ‘bunga bunga’ non mi
interessa. Berlusconi è un uomo generoso e si ritrova con
persone che ne approfittano” (Stefania Prestigiacomo inun’intervista a “La Repubblica”). “Finisse anche domani
il governo, tratterrei il grande onore di aver collaborato
con un uomo onesto, pulito e carico di profondi valori
morali: questo è Silvio Berlusconi” (Gianfranco
Rotondi).
“Sarebbe davvero gravissimo, anche se contro
Berlusconi si e' assistito negli anni alle più assurde
fantasie, che qualcuno potesse costruire artificiosamente
ipotesi di reato come suggerito da certa stampa, su un comportamento che non può che essere
valutato come caratterizzato da contenuti assolutamente positivi” (Nicolò Ghedini). E poi i
quotidiani di corte che titolano, argomentano, rigirano per raggiungere un unico obiettivo:
scagionare il premier. Anzi, mostrare il suo essere “buon samaritano” che, “come la Caritas”, aiuta i
più bisognosi.
La vicenda, in realtà, è molto più complessa di quanto dicano e scrivano i Berluscones, i quali
continuano, come già accaduto sia per Noemi Letizia che per Patrizia D’Addario, a ritenere che
questo è soltanto gossip, che non c’è nulla di rilevante da un punto di vista pubblico-politico, che è
soltanto “giornalismo scandalistico” e dovrebbe restar lontano dalle vicende politiche perché non fa
altro che infangare l’impegno concreto (?) che il premier sta mostrando nell’affrontare le questioni
più scottanti italiane (vedi Terzigno).
Come facilmente potremmo aspettarci sono tutte “balle”. La questione è molto più intricata e
potrebbe essere rilevante anche sotto il profilo penale. Cerchiamo, allora, di mettere insieme i pezzi
e capire perché non solo è giusto, ma addirittura doveroso concentrarsi sulla vicenda.
Se quello raccontato da Ruby agli inquirenti (anche se poi la ragazza ha ritrattato in varie interviste)
fosse vero, allora sarebbero ipotizzabili, infatti, anche reati. Avere rapporti sessuali con minorenni
tra i 14 e i 18 anni configura infatti il reato di violenza sessuale (se, chiaramente, il rapporto è
avvenuto approfittando dell’inferiorità fisica o psicologica della minore); oppure si potrebbe parlare
del reato di prostituzione minorile, se la minore è stata pagata con denaro “o altra utilità” (vedi
l’Audi, i gioielli e il vestito Cavalli) in cambio di pretesi rapporti sessuali.
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Ma non è finita qui. Cerchiamo di andare più a fondo e di ricostruire la vicenda da principio. La
Procura di Milano, infatti, sta analizzando le carte perché ci sarebbe la possibilità anche di un
abuso d’ufficio da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il testo della relazione della
Questura di Milano, consegnato alla Procura, sembra rivelare proprio questo. A tal proposito, comemolti già sapranno, la vicenda risale alla notte tra il 27
e 28 maggio: Ruby (all’anagrafe Karima El
Mahroug), per via di un furto (si parla di circa tre mila
euro) viene portata in questura priva di qualsiasi
documento; come scritto nella relazione, “la ragazza
sarebbe stata ospite presso gli uffici della locale
questura, in attesa di essere affidata l’indomani mattinamediante altro personale, ad una struttura per minori”.
Subito, infatti, la Questura si è adoperata per trovare tale sistemazione, effettuando “un giro di
telefonate presso le strutture di accoglienza per minori per provvedere alla collocazione della
giovane donna”. Ma il tutto invano, in quanto “riceveva risposta negativa da parte di quest’ultimi,
poiché al momento delle chiamate, il personale di turno delle varie strutture contattate, riferiva che
poteva dare ospitalità solo a ragazzi e non a ragazze in quanto non vi era altro personale che poteva
provvedere alla sistemazione e alla sorveglianza della giovane donna”.
Ma è qui che succede l’imprevedibile. Intorno alle 23 il capo gabinetto dott. Ostuni riceve una
telefonata che, probabilmente, non dimenticherà mai. Nel verbale, in cui si ricostruisce la telefonata,
si legge che a chiamare è un uomo che si qualifica come “responsabile della sicurezza personale del
premier”, il quale, dopo alcune battute, passa subito il telefono proprio a Silvio Berlusconi: “Senta
dottore, le volevo dire che io questa ragazza la conosco. Ma soprattutto volevo dirle che poiché me
l’hanno segnalata come una parente di Mubarak, forse sarebbe opportuno non farla andare in una
comunità protetta. Arriverà da voi una persona di nostra fiducia, Nicole Minetti, consigliere
regionale del Pdl. Potreste affidarla a lei”.
Nella sua deposizione il dott. Ostuni ha affermato di non essere stato influenzato da quella
chiamata. Ma sono in pochi a credere alla sua versione. Ma nonostante questo, la questura
“continuava a ricevere numerose telefonate da parte del Capo di Gabinetto che sollecitava il rilascio
della giovane donna, poiché aveva già dato comunicazione al personale presso io Presidenza del
Consiglio dei Ministri dell’avvenuto rilascio della ragazza”. Insomma, Ostuni, senza un effettivo
riscontro, aveva già assicurato al premier il rilascio di Ruby.
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Ma attenzione. Nonostante le pressioni del dott. Ostuni, il Pm dei minori Annamaria Fiorillo pur
avendo saputo e avendo ricevuto pressioni, non si lasciava intimidire né influenzare da quella
telefonata e seguiva il normale iter giudiziario che si dovrebbe adottare in questi casi: “Il P.M.
disponeva comunque l’affido della minore ad una comunità o la contemporanea custodia dellaminore presso gli uffici della Questura in attesa di essere data l’indomani mattina ad una comunità
(dato che, come detto, era probabile che non ci fosse disponibilità di posti per quella notte, ndr)”.
Ma le pressioni continuavano ed allora ecco l’accordo: Ruby poteva essere affidata alla Minetti, ma
“bisognava avere lo copia di un documento d’identità della minore”, affinchè si accertasse che fosse
la nipote – o comunque parente – di Mubarak.
Ed è qui che abbiamo l’inghippo che lascia sconcertati. La questura assicura al pm Fiorillo che
c’è assoluta certezza che la ragazza sia parente del Presidente egiziano. Viene spacciato per
vero una assoluta falsità, sebbene gli accertamenti quella notte siano stati fatti: la Questura,
attraverso la banca dati interna della Polizia, risale alla residenza della ragazza (già schedata perché
“la minore risultava avere a suo carico una denuncia di scomparsa da parte dei suoi genitori e di
personale di una comunità per minori di Messina”); viene contattato allora il commissariato di
Letojanni (provincia di Messina) e si risale ad una verità importante: i genitori sono ambulanti. Ma
questa verità verrà taciuta. Anzi, sempre nella relazione si specifica quanto segue: “tutta la fase
degli accertamenti e dei contatti con il PM dei minori” si reiterano “continue telefonate da parte delCapo di gabinetto, il quale chiedeva il perché la ragazza non fosse stato ancora rilasciata e
sollecitava o provvedervi”.
Insomma, è quanto mai aperta la strada che porterebbe ad un possibile abuso d’ufficio, determinato
da una telefonata, nella quale abbiamo una menzogna (“me
l’hanno segnalata come una parente di Mubarak”) e acuita
da un “consiglio” (“forse sarebbe opportuno non farla
andare in una comunità protetta”) che, provenendodall’alto, certamente non ha lasciato indifferente il Capo
Gabinetto.
Ma non è finita qui. La ragazza, alla fine, lascia la
questura: Nicole Minetti (pidiellina che fa parte di
quell’esercito di ex-ballerine, ex-veline, ex-letterine)
compare davanti alla questura dopo soltanto dieci minuti
dalla chiamata di Berlusconi. Stando a quanto stabilito dal
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Pm, la Minetti avrebbe dovuto accompagnare la minorenne in una comunità (“la signora MINETTI
N. si offriva di prendere in affidamento la minore e di provvedere per ogni necessità a carico della
stessa, consapevole delle conseguenze giuridiche in caso di non ottemperanza agli oneri
dell’affidatario”). E invece? Nulla di tutto questo: Ruby viene “affidata” a Coincecao Santos
Oliveira Michele, professione escort. Era stata la stessa Michele ad avvisare Berlusconi che la
minore era stata fermata (almeno così ha dichiarato a “Il Corriere della Sera”). In che modo? Aveva
il numero di telefono del premier. Per ogni eventuale “emergenza”.
**********
SCENARIO/ Ruby Rubacuori e Noemi
Letizia: dai rifiuti al sexygate
Martedì 02 Novembre 2010
Sarà un caso che l’emergenza rifiuti si sviluppi di pari passo con un sexygate? L’ultima
emergenza, in cui si era parlato persino di far funzionare l’inceneritore di Acerra, era
toccato a Noemi Letizia, e alla sua “Papi-Story”, riempire giornali e telegiornali, dando
vita al NoemiGate. Stavolta è il turno del RubyGate. E anche stavolta si è parlato
dell’inceneritore di Acerra e della possibilità, seppur remota, che possa in qualche
modo funzionare. Riproponiamo una illuminante inchiesta de La Voce delle Voci sulle
reali motivazioni del NoemiGate, perché il caso Ruby ricorda molto da vicino tempi e
modi della Papi-Story.
A Napoli gli investigatori della Direzione
Antimafia stann,,,o indagando sui possibili
collegamenti fra Elio Benedetto Letizia, il
padre dell'ormai celebre Noemi, e il ceppo che
a Casal di Principe ha visto per anni egemone il
clan capitanato da Armando, Giovanni e
Franco Letizia, gruppo di fuoco del boss
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Giuseppe Setola, area Bidognetti. Tutti alleati degli Scissionisti di Secondigliano. Qui, nell'attesa
di sviluppi giudiziari, proviamo a mettere in fila alcune impressionanti coincidenze, con le tessere di
un puzzle che vanno al loro posto una dopo l'altra. Ed un Paese che, se le ipotesi investigative
fossero confermate, si troverebbe a dover raccogliere la sfida finale.
Potrebbe suonare solo come un'omonimia, un cognome strano, uguale al nome di una donna. E che
ricorre. Poi il cerchio delle coincidenze comincia a stringersi. E prende corpo l'ipotesi che
Benedetto Letizia detto Elio, padre dell'aspirante starlette Noemi, lungi dall'essere mai stato autista
di Craxi o militante di Forza Italia o qualsiasi altra boutade messa in circolazione, sia originario
dello stesso ceppo di Casal di Principe dal quale provengono Franco e Giovanni Letizia, gruppo di
fuoco del boss Giuseppe Setola. Lo stesso commando capace di sparare in fronte ed ammazzare sei
extracomunitari in un colpo solo per avvertire gli altri che, se si intende trafficare droga in zona,
bisogna sottostare alle “regole”. E pagare.
Ma chi e' veramente Benedetto-Elio Letizia? Da
Castelvolturno all'Agro Aversano fino a
Secondigliano, molti lo sanno fin dall'inizio di
questa storia. Ma non parlano. Tacciono di fronte ai
tanti cronisti venuti da ogni parte del mondo. Pero' a
Enrico Fierro, inviato dell'Unita', qualcuno ha
detto: lascia stare, su questa storia meglio non
metterci le mani. Bolle, scotta. Il cinquantenne Benedetto Letizia, noto finora al Comune di Napoli
(dove e' in servizio) piu' che altro per un vecchio inciampo giudiziario - fu arrestato nel ‘93
nell'ambito di un'inchiesta sulle compravendite di licenze commerciali - per tutti e' un uomo
tranquillo. E anche la gazzarra di visure camerali e catastali messa su dai giornali, non ha potuto
scoprire altro che modesti immobili intestati a Noemi e un paio di societa' dedite al commercio di
profumi. Solo una bufala, allora, la storia della parentela? «Non dimentichiamo - dice un attentoosservatore di queste dinamiche - che molto spesso i clan si servono proprio di personaggi “puliti”,
o quasi, per tenere i contatti con esponenti delle istituzioni».
A gettare benzina sul fuoco, realizzando la classica “excusatio non petita”, sono poche settimane fa
alcuni giornalisti del casertano. Ventiquattr'ore di fuoco, quel 19 maggio. Dopo la cattura in Spagna
del boss Raffaele Amato, a Secondigliano un blitz porta in manette quasi cento persone ritenute
affiliate agli Scissionisti. In nottata arriva l'arresto a San Cipriano d'Aversa del boss Franco Letizia,
uno fra i cento latitanti piu' ricercati d'Italia. E siamo proprio negli stessi giorni in cui, fra gossip e
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cronaca, i giornali, le tv e il web sono letteralmente invasi da quel nome: Letizia. Alle 12 e 18 in
punto nelle redazioni arriva un lancio Ansa. E' firmato dalla giovane corrispondente
casertana Rosanna Pugliese: nessuna parentela - si legge - tra l'arrestato Franco Letizia ed il
papa' di Noemi, lo affermano «gli inquirenti che operano nel casertano».
Che bisogno c'era di quella perentoria smentita, a fronte di una notizia mai data? E soprattutto,
perche' rifarsi ad un termine generico come “gli inquirenti”, senza precisare se si tratta della squadra
mobile, della Procura (di Napoli o di Caserta?) oppure di altre forze dell'ordine? Un sito locale,
Caserta Sette, non perde l'occasione per rilanciare la non-notizia. E con tono stizzito se la prende
con chiunque osi pensare che esista quella parentela.
Mentre scriviamo, alla Voce risulta invece che sono in corso indagini top secret alla Procura di
Napoli proprio per accertare il possibile collegamento fra i Letizia di Secondigliano (Benedetto
detto Elio, ma anche altri suoi stretti congiunti) e il clan
Letizia affiliato ai Casalesi. Un legame che, se fosse
accertato, nella “vicenda Papi”, spiegherebbe tutto. O
quasi. Qualcuno, in Campania ed oltre, sa bene da tempo
cosa significa pronunciare alcuni grossi nomi. E perche',
se telefona uno con quel nome, se si spinge fino a
chiedere a un leader politico di mostrarsi alla nazione
intera, intervenendo ad una festa di paese, lui potrebbe
essere costretto ad acconsentire. Ma in ossequio alla
ragion di stato sarebbe obbligato a far credere - perfino alla moglie e ai figli - che si tratti d'una
storia di corna e minorenni, piuttosto che rivelare al Paese e al mondo la verita'.
Scrive Fierro sull'Unita' del 22 maggio: «La camorra, soggetto da maneggiare con cura in questa
storia. Anche se i tanti set di questo reality non aiutano a tenerla a debita distanza. Secondigliano (il
quartiere monstre dove i Letizia hanno alcune loro attivita'); Portici, la citta'-quartiere dove vivono
Noemi e sua madre, e Casoria, il paesone della festa. In ognuno di questi luoghi i clan hanno un
controllo ferreo del territorio. Sanno tutto. Di tutti». In attesa delle conclusioni alle quali
giungeranno i pm della Dda, noi qui proviamo a mettere insieme le tessere del puzzle. Che
cominciano a combaciare in maniera impressionante.
Se risultasse provato il collegamento fra i Letizia, sarebbe allora piu' realistico immaginare quale sia
stato il vero motivo di quell'appuntamento cui il premier, suo malgrado, non poteva mancare, pur
avendo cercato con ogni mezzo fin dalla mattina - e poi nelle frenetiche telefonate fatte in quei
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misteriosi 50 minuti di sosta dentro l'aereo, a Capodichino - di sottrarsi. Alla fine va. E resta per
quasi un'ora a colloquio “riservato” - dice chi c'era - con Elio Benedetto Letizia, prima di darsi in
pasto ai fotografi.
IL POTERE DI GOMORRA
Troppo forte, il potere d'intimidazione di quella holding multinazionale che, come ci ha raccontato
Gomorra, comunica i suoi messaggi attraverso i simboli. L'uomo accusato di essersi portato via la
donna di un boss, per esempio, viene crivellato non alla testa o al cuore, ma “mmiez ‘e palle”;
quello che ha tradito gli accordi, facendo catturare uno del clan, dovra' essere “incaprettato”, legato
come un capretto sul banco della macelleria, e fatto ritrovare nella posa piu' grottesca e mostruosa
che si possa immaginare per un essere umano. Cosi' anche la presenza fisica di una personalita', in
certi luoghi ed occasioni, vale piu' di cento rassicurazioni verbali. Magari arriva a suggello di un
condizionamento che durava gia' da mesi. E del quale la bella - e quasi certamente ignara - Noemi
non era che un altro “segnale”. La sua presenza al fianco del primo ministro (come nell'ormai
famoso ricevimento di fine anno a Villa Madama) serviva per affermare all'esterno che il
rapporto con gli uomini del napoletano e del casertano stava andando avanti.
Del resto, lo strapotere finanziario raggiunto dalle imprese dei clan camorristici - anche attraverso la
presenza di loro vertici nelle logge massoniche coperte - praticamente non ha uguali. Lo ha spiegato
poche settimane fa Roberto Saviano agli studenti della Normale di Pisa nel corso di una lezione:
nessuna, fra le altre mafie del mondo (russa, cinese o slava che sia) e' autonoma rispetto alle cosche
italiane. Tutte hanno come modello di partenza Cosa Nostra, ‘Ndrine e Camorra. Ma i gruppi esteri
non si sono mai del tutto affrancati: sullo scacchiere internazionale, nei paradisi fiscali, per muovere
da un capo all'altro dei contimenti denaro, armi, stupefacenti, organi ed esseri umani, devono
sempre e ancora in qualche modo “dare conto” ai clan italiani.
Dal punto di vista dell'economia criminale, poi, che interi pezzi dell'Italia siano ormai ricattabili da parte dei clan camorristici, non e' una novita'. Una holding multinazionale, ma pur sempre
malavitosa; forze strutturate e uomini che, pur trovandosi ormai a gestire le leve del potere
finanziario (il giro di affari delle mafie, secondo uno studio recente di Confesercenti, e' pari a 125
miliardi di dollari l'anno, circa il 7% del Pil nazionale), non rinunciano ai vecchi e collaudati metodi
per affermare il loro potere. Un commando di fuoco pronto a sequestrare, a sparare in faccia, tenere
in ostaggio magari i figli di un alto esponente politico. Ed e' cosi' che possono maturare, per i posti
chiave di governo - ad esempio la presidenza di una strategica Provincia o un sottosegretariato - le
nomine di personaggi ritenuti gia' nelle lore stesse zone di origine impresentabili, per i legami con
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la camorra dei loro uomini piu' stretti.
MARONI ALLA CARICA
Come s'inscrive, nello scenario che stiamo ipotizzando,
l'autentica impennata nella lotta ai clan camorristici
impressa nelle ultime settimane da Roberto Maroni,
ministro degli Interni, e da Antonio Manganelli, capo
della Polizia? «Berlusconi - dice un esperto di
intelligence che preferisce restare anonimo -
probabilmente sara' presto lasciato al suo destino. Lo
dimostra il livello di fibrillazione da cui e' stato colto
dopo l'episodio di Casoria, gli errori a raffica, le dichiarazioni avventate. A reggere saldamente il
timone dello Stato che non si arrende e' ora il Viminale, da cui non a caso negli ultimi mesi e'
partito un pressing senza precedenti nel contrasto ai Casalesi e ai loro alleati, gli Scissionisti di
Secondigliano. Operazioni che hanno liquidato quasi interamente il clan Letizia».
L'escalation nella lotta alla malavita organizzata del casertano ha inizio esattamente dopo la strage
di Castelvolturno, il 19 settembre dello scorso anno, quando sei nordafricani residenti nella vasta
area a rischio della Domiziana, sul litorale di Caserta, vengono massacrati in un raid di camorra teso
- si capira' in seguito - a riaffermare il predominio sulla zona del boss dei Casalesi Giuseppe Setola,
al cui clan sono affiliati i Letizia. Appena dieci giorni dopo, il 30 settembre, i Carabinieri del
comando di Caserta arrestano gli artefici dell'eccidio. Sono Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo ed
il ventottenne Giovanni Letizia, gia' ricercato per un altro omicidio collegato alla connection
politica-rifiuti: quello dell'imprenditore Michele Orsi. I militari li sorprendono in due villini di
villeggiatura a Quarto, sempre in zona domizia.
«Secondo il pentito Oreste Spagnuolo - scrivera' Roberto Saviano - Giovanni Letizia quandouccise Michele Orsi indossava una parrucca e ai piedi aveva un paio di Hogan di tela. Poi gli venne
fame e andarono a mangiare con Letizia che aveva ancora le scarpe sporche di sangue ma preferiva
pulirle con la spugnetta anziche' buttarle. Quando il suo capo chiese perche' perdesse tempo a
lavarle rischiando di essere beccato, Giovanni Letizia gli rispose che Orsi non valeva le sue
scarpe». 14 gennaio 2009. In un edificio diroccato di Trentula Ducenta, al confine con il Lazio,
finisce la latitanza del boss Giuseppe Setola. Con lui viene fermata la moglie, Stefania Martinelli.
Fra il 9 e l'11 marzo la Dda partenopea mette a segno un altro colpo mortale per i Casalesi con
l'arresto di altri uomini legati a Franco Letizia, cugino di Giovanni, considerato il reggente del clan.
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Fra loro anche il trentatreenne Vincenzo Letizia detto ‘o schizzato. 3 aprile 2009. La Mobile di
Caserta arresta Armando Letizia, 56 anni. Considerato elemento di spicco del clan, Armando e' zio
di Giovanni Letizia e padre del latitante Franco. Il cerchio si stringe intorno a quest'ultimo, che sara'
tratto in manette il 19 maggio. Ma quella domenica 26 aprile, il giorno dell'arrivo di Berlusconi a
Casoria per il compleanno di Noemi, un'altra e piu' rilevante cattura forse e' gia' nell'aria. All'alba
del 29 aprile la Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sorprende Michele Bidognetti,
fratello del boss Francesco Bidognetti (detenuto al 41 bis eppure ancora in grado - secondo gli
inquirenti - di impartire ordini), ma soprattutto parente del collaboratore di giustizia Domenico
Bidognetti.
Un gruppo criminale strettamente collegato a quello dei Setola e, quindi, ai Letizia. «Una storia -
fanno notare in ambienti giudiziari del casertano - che puzza lontano un miglio di rifiuti. Non va
dimenticato che per i Bidognetti questa e' stata sempre una fra le piu' lucrose attivita'. E che molte
operazioni messe a segno recentemente dalle forze dell'ordine nascono dalle rivelazioni su quel
maleodorante business rese da una gola profonda del settore come Gaetano Vassallo». Senza
contare, su tutto, la presenza degli imprenditori-camorristi del settore rifiuti Michele e Sergio Orsi:
il primo ucciso proprio per mano del clan Letizia quando era in procinto di collaborare con la
magistratura. Il secondo, arrestato nell'ambito di un'operazione anticamorra di febbraio scorso, era
invece stato prosciolto nel 2007 da analoghe accuse. Al suo fianco, come penalista, c'era l'avvocatoFerdinando Letizia dello studio Stellato di Santa Maria Capua Vetere. Casertano, 35 anni,
Ferdinando Letizia e' anche consigliere comunale a Castelvolturno e capogruppo della lista
“Liberamente”, sul cui sito internet si esaltano le gesta del leader Silvio Berlusconi. Il colpo inferto
ai trafficanti di rifiuti con l'apertura dell'inceneritore di Acerra, il timore di perdere gli appalti da
milioni di euro che ruotano intorno all'affare munnezza, potrebbero insomma essere fattori non del
tutto estranei al clima rovente delle ultime settimane.
IL MILAN? ALL'OLIMPIA
Ma torniamo ai segnali. A quegli avvenimenti forse
solo in apparenza “curiosi” che avevano preceduto la
famosa sera del 26 aprile. Quella domenica a giocare
sul campo del San Paolo c'era stata l'Inter. Ma il 22
marzo a Napoli per una sfida di campionato era
sbarcato il Milan. Che per la prima volta aveva
abbandonato i consueti, sfavillanti hotel del
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
lungomare partenopeo con vista sul golfo, per andare ad alloggiare in una delle piu' desolate
periferie dell'hinterland: Sant'Antimo, Hotel Olimpia. Terra di inceneritori, ecoballe e Cdr. Al
confine col triangolo della morte Nola-Marigliano-Acerra. Comune, Sant'Antimo, due volte sciolto
per infiltrazioni camorristiche. Area infestata da sversamenti illegali di materiali tossici. E nonlontana da quell'agro aversano da cui trae le sue origini il gruppo Setola-Bidognetti-Letizia.
L'Hotel Olimpia rientra nell'impero economico della famiglia Cesaro, che in zona possiede anche
l'unico presidio sanitario disponibile per uno fra i territori piu' densamente popolati d'Italia, il
Centro Igea, ed una serie di altre lucrose attivita'. Leader della famiglia e' Luigi Cesaro, deputato
Pdl, candidato in pole position per la presidenza della Provincia di Napoli. Sui suoi pregressi
legami coi clan della zona si soffermava a lungo (come la Voce ha ricordato nel numero di maggio
scorso) la relazione di fuoco redatta dai commissari prefettizi inviati a Sant'Antimo dopo lo
scioglimento per camorra del 1991.
Ecco i passaggi chiave. «I collegamenti di taluni degli amministratori con la malavita organizzata -
clan Puca e Verde - si estrinsecano attraverso rapporti di parentela e/o cointeressi in attivita'
economiche e patrimoniali». «La cointeressenza in attivita' economiche si coglie soffermandosi
sugli accordi in materia di appalti fra i clan di Pasquale Puca ed il clan Verde, che operano
rispettivamente attraverso le cooperative “La Paola” e “Raggio di Sole”, addivenendo in tal modo
ad una spartizione dei settori dell'economia locale. Della Cooperativa “Raggio di Sole” e' socio il
consigliere comunale Antimo Cesaro unitamente ai fratelli Raffaele (legale rappresentante) e
Luigi». Ancora: «Lo stesso consigliere Aniello Cesaro risulta citato a comparire dalla Autorita'
Giudiziaria in ordine a molteplici attivita' estorsive messe in atto da Pasquale Puca, capo
dell'omonimo clan camorristico operante in Sant'Antimo e Casandrino; risulta avere in atto
procedimenti per truffa, interesse privato in atti d'ufficio, omissione in atti d'ufficio e peculato».
Diciannove anni dopo, di Luigi Cesaro (e del suo “gemello” politico Nicola Cosentino,
sottosegretario all'Economia), parla Gaetano Vassallo, come ricorda l'Espresso in un'inchiesta disettembre 2008. E qui tornano le coincidenze. Perche' se le verbalizzazioni del pentito dovessero
trovare conferma, a favorire l'attivita' imprenditoriale dei Cesaro non sarebbe stato un clan
qualsiasi. Ma il gruppo di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte.
IL BOOMERANG
Sto pensando di riferire in aula sul caso Letizia. Ma ci devo riflettere». 23 maggio. E' appena
scoppiato il caso Mills (la condanna per corruzione dell'avvocato David Mills, che tira il ballo lo
stesso premier) e siamo a poche ore da un altro storico annuncio di analogo tenore: «riferiro' alla
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
Camera sulla vicenda Mills». Perche', allora, mentre tutti parlano di Mills, lo stesso Cavaliere torna
a porre l'accento sulla storia dei suoi rapporti con Noemi Letizia e la sua famiglia? La risposta
potrebbe stare tutta in una ricostruzione dei fatti che comincia a circolare a Napoli.
E che trae spunto da quelle mezze frasi dette “col cuore in mano” prima dal papa' di Noemi (« il mio
rapporto con Berlusconi? Preferisco non approfondire, siamo legati da un segreto»), poi dalla
mamma Anna Palumbo: «non chiedetecelo, non possiamo dire di piu'...». Dopo la valanga di
stridenti contraddizioni abbattutasi sul resoconto che lo stesso Cavaliere aveva voluto rendere negli
studi di Porta a Porta (dalla bufala del Benedetto Letizia autista di Craxi, subito sbugiardata dal
figlio dell'ex leader socialista Bobo, alle secche smentite di Franco Malvano e Fulvio Martusciello
che addirittura - aveva detto il premier a Bruno Vespa - gli erano stati segnalati quella sera da
Letizia), ora lo staff del presidente deve mettere a punto una versione inattaccabile.
E se colpisse anche i sentimenti, se saltasse fuori una storia di buona sanita', meglio. E' partita cosi'
la caccia di alcuni cronisti alle notizie d'agenzia di quel maledetto 29 luglio 2001 quando l'appena
diciannovenne Yuri Letizia, fratello di Noemi che in quel periodo prestava servizio militare, perse
tragicamente la vita a bordo di una Fiat punto andatasi a schiantare contro gli alberi sulla Salaria. E'
stato un articolo di Francesco Lo Sardo sul quotidiano Europa a gettare in campo l'ipotesi: «pare sia
stato dopo questa tragica morte - scrive il 15 maggio - che, in qualche modo e per qualche speciale
ragione, si sia cementato il legame tra il signor Elio Letizia e Silvio Berlusconi». La ricostruzione
potrebbe essere gia' pronta: «Prima - fa sapere il premier - li lascio andare avanti, perche' cosi' si
mostrano per quello che sono. E sara' un boomerang tale che si vergogneranno, e perderanno
consenso e la stima degli elettori, perche' in questa vicenda tutto e' piu' che pulito».
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RUBY RUBACUORI/ Chi tentò di rubare quel
fascicolo? E perché?
Venerdì 05 Novembre 2010
Dalla triste vicenda di soldi&sesso che ha per protagonisti Ruby Rubacuori e
Berlusconi, spunta fuori un retroscena inedito e molto strano: alla fine di agosto
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
“ sconosciuti forzano la porta del capo dei Gip e cercano di aprire l’armadio dove sono
custodite alcune carte dell’inchiesta” a carico di Mora, Fede e Minetti. Perché? Cosa
cercavano?
La questione Ruby si tinge di una coloritura sempre più fosca. Mentre, infatti, Berlusconi non sa
più cosa dire e scade nel più triste e triviale populismo con indecenti frasi da bar (“meglio essere
appassionati delle belle ragazze che gay”) oppure accampa scuse che non si reggono in piedi (“non
escludo che alcune manovre contro di me siano organizzate dalla malavita”), dalle indagini sul caso
della giovane marocchina si aprono scenari imprevedibili.
In questi giorni, infatti, assistiamo a
dichiarazioni, più o meno ufficiali, da parte
della Procura che sembrerebbero chiudere la
vicenda. Una bolla di sapone, verrebbe da
pensare. Prima infatti è stato detto che la
Questura ha agito assolutamente secondo il
preciso iter giudiziario nell’affidamento di
Ruby a Nicole Minetti; poi è stato detto che il
Presidente Berlusconi non è assolutamente iscritto nel registro degli indagati. Insomma, come detto,
sembrerebbe tutto cadere nel vuoto.
Ma ci sono alcune questioni che non tornano, alcune verità confessate, ma poi ritrattate
immediatamente. Se, infatti, Ruby in un primo momento si era “sganciata” rivelando alcune verità
importanti, in un secondo momento ha negato contatti con Mora, con Fede ed ha affermato di aver
incontrato soltanto una volta Berlusconi (mentre prima si parlava di più incontri), il quale gli
avrebbe regalato “ soltanto settemila euro e una collana di Damiani”, quando invece, nei verbali, si
legge che Ruby confessò alle amiche che Berlusconi le aveva regalato un’Audi R8.
Ed ancora. Silvio Berlusconi ha assicurato che Ruby, nei loro incontri, gli avrebbe detto di essere
maggiorenne. Tesi, questa, confermata anche dalla stessa ragazza che, agli inquirenti, ha confessato:
“raccontai di avere 24 anni”. Ma attenzione: qui la questione si ingarbuglia. Se Berlusconi pensava
che Ruby fosse maggiorenne, perché chiamare in Questura e premere affinché fosse data in
affidamento alla Minetti? I conti non tornano se si tiene conto che si va in “affidamento” proprio
soltanto quando si è minorenni.
Ma non è finita qui. A rendere la situazione ancora più ingarbugliata ci pensano ultime
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
indiscrezioni. Stando ad una nota dell’AGI la vicenda si contorna di altri
particolari: già a luglio, infatti, la Procura aveva inviato ai giudici le
richieste di intercettazione per Ruby, ma anche per Lele Mora. Ed inoltre
già allora era stato aperto un fascicolo per favoreggiamento alla
prostituzione a carico dello stesso Mora, di Emilio Fede e Nicole Minetti.
Ma attenzione. Non è finita qui: alla fine di agosto “ sconosciuti forzano la
porta del capo dei Gip, Laura Manfrin, e cercano di aprire l’armadio
dove sono custodite alcune carte dell’inchiesta. Due giorni dopo, nel
mirino, finiscono porta e armadi dell’ufficio del Gip, Cristina Di Censo,
titolare dell’indagine”. Insomma, sconosciuti hanno cercato di rubare e
manomettere documenti delle indagini. La domanda sorge spontanea:
perché mai?
E le stranezze continuano. La Procura, infatti, apre immediatamente
un’inchiesta a carico di ignoti, pensando ci sia un legame con l’indagine
a danno dei tre “big” Mora, Fede e Minetti. I controlli, tuttavia, non
portano ad alcuno risultato e alla fine il caso viene archiviato.
Ma è interessante anche conoscere un altro particolare. Quali erano le carte che interessavano i
ladri infiltratisi in Procura? Da alcune indiscrezioni pare che i documenti in questione fossero
quelli riguardanti le dichiarazioni di Ruby alle feste ad Arcore a cui avrebbero partecipato due
ministre, una conduttrice televisiva e Noemi Letizia.
Probabilmente è solo una coincidenza, uno scherzo del caso. Ma considerando che prima di alcuni
giorni fa nessuno conosceva ancora quest’indagine, le perplessità sono difficili da smontare.
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
RUBY-GATE/ Tutti i retroscena del
"puttanaio" che sconvolge Mr. B.Martedì 18 Gennaio 2011
“Noemi è la pupilla, io sono il culo”. Questo ritroviamo nelle intercettazioni che la
Procura di Milano ha consegnato alla Camera dei Deputati. A parlare è Ruby, la stessa
marocchina al centro di una vicenda che già tre mesi fa fece tremare Silvio Berlusconi e
che oggi torna di strettissima attualità. La realtà è tristemente drammatica, “un
puttanaio”, come l’ha definito una ragazza intercettata. “Non puoi nemmeno immaginare
quello che avviene lì”, afferma un’altra.
Stando a quanto si apprende dalle stesse intercettazioni,
pare che Silvio Berlusconi sia giunto ad accordi poco
leciti con la stessa Ruby. Il tutto per affossare la realtà.
Quale? Gli inquirenti pensano a rapporti sessuali.
Durante una conversazione telefonica, infatti, Ruby
afferma: “ Io ho parlato con Silvio e gli ho detto che ne
voglio uscire con qualcosa: 5 milioni. Cinque milioni a
confronto del macchiamento del mio nome...”. E
ancora: “ Non siamo preoccupati per niente perché Silvio mi chiama di continuo. Mi ha detto 'cerca
di passare per pazza, racconta cazzate’ “. E in cambio? “ Lui mi ha chiamato – racconta la giovane
marocchina in un’altra telefonata - dicendomi ' Ruby, ti do quanti soldi vuoi, ti pago, ti metto tutto
in oro, ma l'importante è che nascondi tutto. Non dire niente a nessuno”.
In pratica, Ruby ha mentito più e più volte agli inquirenti. Ma c’è da sorprendersi? Assolutamente
no. Capiamo perché. La giovane, infatti, ha ritrattato sin da subito in verbali ed interviste, come se
qualcuno avesse fatto delle “pressioni” sulla povera marocchina. Se, infatti, Ruby in un primo
momento si era “sganciata” rivelando alcune verità importanti, in un secondo momento ha negato
contatti con Mora, con Fede ed ha affermato di aver incontrato soltanto una volta Berlusconi
(mentre prima si parlava di più incontri), il quale gli avrebbe regalato “ soltanto settemila euro e una
collana di Damiani”, quando invece, nei verbali, si legge che Ruby confessò alle amiche che
Berlusconi le aveva regalato un’Audi R8. Ma ancora.
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
Tempo fa, quando venne fuori la vicenda, Ruby dichiarò a “ Il Fatto quotidiano” che Berlusconi
“non mi ha chiesto niente in cambio. E non ha avuto niente. Lo ha fatto soltanto per aiutarmi. Mi
ha salvato”. In’un'altra intervista, invece, paragonava Berlusconi alla Caritas: “ Posso dire di aver
fatto quasi un giro alla Caritas, quando ti danno la busta della spesa. Berlusconi mi ha aiutata, mi
ha salvata da una situazione difficile. Posso solo essergli riconoscente, gli voglio un bene
dell'anima e spero che tutto questo non lo rovinerà”. Di contro, tuttavia, la giovane confessò agli
inquirenti già mesi fa di aver partecipato – o comunque assistito – alla pratica orgiastica del “ bunga
bunga”: “cenammo e dopo partecipai per la prima volta al ‘bunga bunga’. Io ero la sola vestita.
Guardavo mentre servivo da bere e Berlusconi, l’unico uomo. Dopo, tutte fecero il bagno nella
piscina coperta”. C’è qualcosa (più di qualcosa che non quadra): perché la giovane avrebbe chiesto
cinque milioni di euro se non c’è stato alcun rapporto tra lei e il premier? È quantomeno legittimo pensare che ci siano stati, invece, rapporti sessuali (lautamente pagati) tra i due.
E allo stesso modo è legittimo pensare che Silvio Berlusconi sapesse che la ragazza era minorenne.
Capiamo perché. La ragazza, parlando col padre, avrebbe detto: “ Berlusconi ha detto al suo
avvocato di pagarmi tutto quello che voglio. Basta che io non dica che lui sapeva della mia età”.
Tuttavia, in un’altra intercettazione contenuta nelle carte, la conversazione avviene tra una certa
‘Ru.’e una tale ‘Poiana’. Dice una delle due: “ Io ho negato tutto e ho detto 'no', che sono andata a
casa sua, ma lui pensava che fossi maggiorenne, pensava che avessi 24 anni anche perché non li
dimostro. Poi, dopo che ha scoperto che ero minorenne mi ha buttato fuori di casa”. Ma una
domanda risolutrice potrebbe essere la seguente: perché mai Ruby avrebbe dovuto confessare,
durante una telefonata, che Berlusconi stesso le avrebbe detto di “ passare per pazza, raccontare
cazzate” e in cambio ”ti do quanti soldi vuoi, ti pago, ti metto tutto in oro, ma l’importante è che
nascondi tutto”? La domanda attende risposta. In più non dobbiamo dimenticare che, per
ammissione della stessa marocchina, Nicole Minetti sapeva che Ruby non era maggiorenne. È mai
possibile che una simile galoppina non abbia informato prontamente Silvio Berlusconi?Proprio queste domande hanno portato gli inquirenti a non poter escludere il reato di prostituzione
minorile (accanto a quello di concussione): se venisse appurato che Berlusconi sapeva che la
giovane marocchina era minorenne e, nonostante tutto, comunque è stata pagata con denaro “o altra
utilità” in cambio di rapporti sessuali, B. se la passerebbe molto male.
Ma in questa squallida e melmosa realtà non
ritroviamo soltanto Silvio Berlusconi, ma anche altri
suoi fidi uomini. Lele Mora, Emilio Fede, Nicole
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Ma alla fine si è ritrovata in politica, anche se le questioni di cui si occupa non hanno nulla di
politico. Eppure, nonostante questo, è evidente quanto la Minetti tenesse a cuore queste impellenze
del premier: quando, dopo la chiamata del premier in questura tra il 27 e il 28 maggio (quella
famosa in cui Berlusconi dichiara che Ruby è imparentata con Mubarak ) la ragazza viene liberata, Nicole Minetti è proprio lì, davanti alla questura. Stando a quanto stabilito dal Pm, la Minetti
avrebbe dovuto accompagnare la minorenne in una comunità (“la signora MINETTI N. si offriva di
prendere in affidamento la minore e di provvedere per ogni
necessità a carico della stessa, consapevole delle
conseguenze giuridiche in caso di non ottemperanza agli
oneri dell’affidatario”). E invece?
Nulla di tutto questo: Ruby viene “affidata” a Coincecao
Santos Oliveira Michele, professione escort. Era stata la
stessa Michele ad avvisare Berlusconi che la minore era
stata fermata (almeno così ha dichiarato a “ Il Corriere della
Sera”). In che modo? Aveva il numero di telefono del
premier. Per ogni eventuale “emergenza”. Ma non è finita
qui. Pare, infatti, che la Minetti fosse preposta anche al
listino prezzi, per così dire. In una conversazione con Fede,infatti, dichiara: “ Pompini a trecento euro. La notte a
trecento euro. Maristella (ricordate? La ex de La Pupa e il
Secchione) l'ha dovuta allontanare. Lavorava con uomini
che vomitavano in macchina. L'hanno trovata in macchina con droga e un coltello”.
E Silvio Berlusconi allora? Che fa? Continua con la sua tiritera: attacco della magistratura, dei
comunisti, di chi vuole mettere in pratica un attacco sovversivo. Basti, per rispondere a queste
assurdità, un piccolo esempio. Nell’aprile del 2008 Ilkka Kanerva, ministro degli Esteri delgoverno finlandese, sposato e padre di due figlie trentenni, è stato costretto a rassegnare le
dimissioni, in seguito alle rivelazioni di una spogliarellista di 29 anni, che ha fatto sapere di essere
stata bombardata di sms a sfondo sessuale. Senza che poi i due avessero avuto il benché minimo
rapporto. Eppure, uscita la notizia, il ministro ha avuto il buon senso di dimettersi. Per mantenere
intatta la dignità del suo Stato.
Già, ma qui siamo in Italia. Siamo in un Paese il cui Presidente non conosce scrupolo alcuno.
Risultato? Il “Time” ha stilato alcune settimane fa una classifica delle parole più influenti a livello
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mondiale di questo 2010: il ‘bunga bunga’ è tra le prime dieci parole. Grazie Presidente!
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CASO RUBY/ Le reazioni del popolo leghista:
“Bossi ci hai tradito”
Venerdì 21 Gennaio 2011
“Bossi ci hai tradito” sono le parole di Loredana. E forse non è un caso che sia proprio
una donna a squarciare il velo di omertà di una Lega non più padrona nemmeno del
proprio destino. Bossi - il traditore del popolo padano - ha capito che questi scandali
fanno male innanzitutto al suo partito, ne intaccano la credibilità, fiaccano un
elettorato che non ne può più di essere spettatore pagante del teatrino berlusconiano.
Basta fare un giro sui blog e sui siti della Lega per capire
che in Padania tira una brutta aria. Il partito che si ostinanel dichiarare assoluta fedeltà al Premier sta perdendo il
contatto con il suo elettorato, con quel popolo padano
pronto a tutto – o quasi – in nome del federalismo e della
Padania Libera.
Voci fortissime si levano contro Berlusconi e, soprattutto, contro chi ne avalla la linea.
“La Lega che votavo proponeva la castrazione chimica per certe cose”; “Io ho le figlie minorenni
e provo vergogna”; “con Berlusconi rischiamo di giocarci la faccia”; “Berlusconi si dimettasubito”; “ Berlusconi sta rovinando anche la Lega”…
Il popolo leghista non ha più voglia di barattare il federalismo con “certe porcherie” e si scaglia
contro il Premier, chiedendone la testa. La cosiddetta Padania Libera (da cosa, poi, è difficile
capirlo) vive l’ennesimo scandalo con disgusto e disprezzo, ma il dato che più salta all’occhio – e
che Bossi ha capito per tempo – riguarda le conseguenze politiche di questa “ribellione
celtica”…
“Bossi ci hai tradito” è il succo del va’ pensiero leghista degli ultimi giorni. “Bossi ci hai tradito”
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L' inf i l t ra to " S e s s o e P o t e r e ”
Graziano va giù duro, mettendo in discussione le fondamenta stesse della Lega, ma è l’amarezza
di Alex a segnare probabilmente una svolta nei rapporti, fin’ora solidissimi, tra l’elettorato
padano e il partito: “ Igieniste nel listino, Trote nel Consiglio Regionale, cavolo non dovevamo fare
la rivoluzione? Brutta cosa abituarsi al potere. Brutta cosa rendersi conto di aver buttato via 20
anni di sogni e ideali. W il professor miglio, lì si è arrestata la rivoluzione…”
Perché chi ha gridato contro “Roma Ladrona”, chi sognava la secessione, un Nord libero da mafie e
clientelismi, una politica diversa, lottava proprio per quell’ideale rivoluzionario che la Lega ha
cavalcato abilmente e con notevole cinismo.
Fino al risveglio, fino alla pericolosa questione che pone Giancarlo: “Ma la lega è ancora nel
popolo o è già cotta e imbrigliata da lacci e lacciuoli invisibili ai suoi elettori?”
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