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Ritardo cessione obbligata partecipate per Anci e Utilitalia il blocco dei diritti del socio decade dopo il superamento dell’inadempimento La giurisdizione della Corte dei conti e Società in housela Cassazione apre alla competenza concorrente Società partecipate “in houseazione di responsabilità promossa nei confronti di Amministratori e Sindaci, competenza della giurisdizione ordinaria ISSN 2532-2613 Servizi pubblici Locali Centro Studi Enti Locali Rivista mensile di approfondimento sulle tematiche dei Servizi Pubblici Locali applicate al Comparto Enti Locali Supplemento ad Entilocalinews n. 47 del 3 dicembre 2018 NUMERO 11 Anno VIII 5 dicembre 2018

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Ritardo cessione obbligata partecipateper Anci e Utilitalia il blocco dei diritti del socio decade dopo il superamento dell’inadempimento

La giurisdizione della Corte dei conti e Società “in house”la Cassazione apre alla competenza concorrente

Società partecipate “in house”azione di responsabilità promossa nei confronti di Amministratori e Sindaci, competenza della giurisdizione ordinaria

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Servizi pubblici LocaliCentro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento sulle tematiche dei Servizi Pubblici Locali applicate al Comparto Enti Locali

Supplemento ad Entilocalinews n. 47 del 3 dicembre 2018

NUMERO

11Anno VIII5 dicembre 2018

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Servizi Pubblici Locali Centro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento sulle tematiche dei Servizi Pubblici Locali applicate al Comparto Enti Locali

COLLABORANO ALLA RIVISTA:Rag. Giosuè Boldrini, Senior partner Studio Commerciale Associato Boldrini di Rimini, Revisore contabileDott. Ivan Bonitatibus, Consulente nelle materie Amministrativo-Contabili, giuridiche e fiscali della T.A., pubblicistaDott. Roberto Camporesi, Dottore commercialista, Revisore contabile, partner Studio Commerciale Associato BoldriniDott. Iacopo Cavallini, Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Economia, Dipartimento “E. Gianessi” Economia aziendaleAvv. Stefano Ciulli, Avvocato, consulente di Enti Locali e docente in corsi di formazioneDott. Riccardo Compagnino, Dottore commercialista e Revisore contabile, Esperto di finanza pubblica localeProf. Ciro D’Aries, Dottore commercialista, Docente Università Cattolica, Esperto della Pubblica Amministrazione, PubblicistaDott. Roberto Dell’Omodarme, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e formatore Enti pubblici e Amministrazioni locali, Esperto in materie amministratico-contabili, tributarie, fiscali e gestionali per la P.A., Professore a contratto di economia aziendale all’Università di Pisa, Facoltà di EconomiaDott.ssa Federica Giglioli, Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, PubblicistaDott. Pantaleo Isceri, Dirigente Servizi Finanziari Provincia di Lecce, Componente Commissione Finanza Locale Anci, Consulente AncirispondeAvv. Mauro Mammana, Avvocato amministrativista, consulente e formatore in materia di appalti pubbliciDott. Luigi Marzullo, Funzionario Agenzia delle Entrate RomaDott. Stefano Quarchioni, Dottore commercialista, Revisore dei Conti, Consulente di Enti PubbliciDott.ssa Alessia Rinaldi, Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, PubblicistaDott. Edoardo Rivola, Commercialista, Revisore Legale, Formatore e Consulente P.A. e Società Pubbliche, Membro Commissione “Diritto societario-revisione” e “Enti Locali”, Odcec Lucca Dott. Fabio Sciuto, Delegato Regione Sicilia Centro Studi Enti LocaliDott. Nicola Tonveronachi, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e Formatore Amministrazioni e Società pubbliche, PubblicistaDott. Giuseppe Vanni, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e formatore P.A., PubblicistaDott. Francesco Vegni, Consulente in materia di fiscalità erariale di Amministrazioni e Enti Pubblici, Pubblicista

COMITATO DI REDAZIONE:Enrico Ciullo, Federica Giglioli, Veronica Potenza, Alessio Tavanti, Giuseppe Vanni, Francesco VegniSegreteria di redazione: Francesca CombattiResponsabile: Fabrizio Mandorlini

Editore e proprietario: Centro Studi Enti Locali S.p.a.Via della Costituente, 15 - 56024 San Miniato (PI)Tel. 0571/469222 - 0571/469230 - Fax 0571/469237E-Mail: [email protected] internet: www.entilocali-online.it

Azienda con sistema di gestione della qualità UNI EN ISO 9001:2015 certificato da Certiquality

Supplemento ad Entilocalinews, settimanale registrato in data 18 dicembre 2001 al n. 24/01 del Registro della stampa presso il Tribunale di Pisa, iscritto al n. 8581 del Registro degli operatori di comunicazione di cui alla Legge n. 249/97, iscritto all’Unione Stampa Periodici Italiani

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SOMMARIOServizi pubblici LocaliCentro Studi Enti Locali

NOTIZIARIORitardo cessione obbligata partecipateper Anci e Utilitalia il blocco dei diritti del socio decade dopo il supera-mento dell’inadempimento ............................................................ pag 03

“Decreto Fiscale”le novità in tema di tributi locali, fatturazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi ............................................................. pag 04

Gestione diretta dei parcometriobbligatoria la conservazione ai fini fiscali del c.d. report di “scassetta-mento” ........................................................................................... pag 09

“Certificazione unica”la comunicazione dei dati al sostituto d’imposta principale non esonera chi eroga compensi accessori dal presentarla .............................. pag 10

Fatturazione elettronicadefinite le modalità per comunicare all’Agenzia delle Entrate le deleghe da parte degli Intermediari ............................................................. pag 12

“Pace fiscale”definite le regole per la “definizione agevolata” degli atti del procedimento di accertamento ............................................................................ pag 13

Ivapossibile richiedere la nota di variazione in caso di credito inesigibile at-testato dalla diligenza nei tentativi di recupero dello stesso .......... pag 14

GLI APPROFONDIMENTILa giurisdizione della Corte dei conti e Società “in house”la Cassazione apre alla competenza concorrente di Roberto Camporesi ................................................................... pag 16

Società partecipate “in house”azione di responsabilità promossa nei confronti di Amministratori e Sin-daci, competenza della giurisdizione ordinariadi Giuseppe Girlando .................................................................... pag 35

Le “Linee guida” n. 12 sui servizi legalifinalmente un po’ di chiarezza ?di Mauro Mammana ...................................................................... pag 39

Alienazioni e recessi previsti dai “Piani di revisione straordinaria delle partecipate”l’Avviso del Tesoro per la rilevazione dei dati di Federica Giglioli ......................................................................... pag 40

Revisione periodica delle partecipatepubblicate le “Linee-guida” sul portale del Mefdi Federica Giglioli ........................................................................ pag 41

QUESITIFatturazione elettronicaè possibile indicare più di un Cig e un Cup in un’unica fattura ?di Cesare Ciabatti.......................................................................... pag 43

IL PARERE DELLA CORTENote della Corte .......................................................................... pag 44

LO SCADENZARIOLe prossime Scadenze in programma ........................................... pag 47

INDICE DEGLI ARGOMENTI

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La sanzione del blocco dei diritti del socio, che scatta in caso di mancata alienazione delle Società partecipate entro un anno dall’adozione del “Piano di razionalizzazione” di cui all’art. 10 del Dlgs. n. 175/2016 (“Testo unico delle Società a partecipazione pubblica” - Tusp), decade nel momento in cui si supera l’inadempimento, anche se in maniera tardiva. Questa la tesi sostenuta da Anci e Utilitalia (Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell’Ac-qua, dell’Ambiente, dell’Energia elettrica e del Gas), nella Nota interpretativa diffusa nei giorni scorsi. Ricordiamo che il comma in questione stabilisce che, “in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della Società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, comma 2, e seguendo il procedimento di cui all’art. 2437-quater del Codice civile”.Stando al tenore letterale della norma, le Amministrazioni che non hanno provveduto a dare attuazione al “Piano di razionalizzazione” adottato un anno prima, incorrono in un blocco totale dei procedimenti dato appunto dall’impossi-bilità di esercitare i diritti del socio in assemblea. Per superare questa impasse, Anci e Utilitalia sostengono che si possa applicare un meccanismo analogo a quello previsto per chi ha adottato il “Piano di razionalizzazione” dopo la scadenza del 30 settembre 2017: lo “stop” alla sanzione dal momento in cui è stato (seppur tardivamen-te) portato a termine l’adempimento.La ratio di questa lettura interpretativa è stata così argo-

mentata: “Tale interpretazione ha peraltro un fondamento logico giuridico nel fatto che, comunque, il socio pubblico dovrà, entro il 31 dicembre 2018 procedere all’adozione del ‘Piano di razionalizzazione annuale’, che potrebbe contenere ipotesi di revisione delle dismissioni già delibe-rate. Rispetto all’attuazione delle procedure di alienazione indicate nella ricognizione straordinaria, va evidenziato inoltre che potrebbero presentarsi eventuali sopravvenien-ze, anche non dipendenti dalla volontà dell’Ente pubblico socio: una modifica in positivo dei parametri economici di cui all’art. 20 del Tusp, l’attesa di Pronunce di Tribunali amministrativi o civili nonché una sostanziale rivisitazione delle decisione sulla Società in sede di revisione ordinaria che giustificherebbero il mancato conseguimento, parzia-le o totale, degli obiettivi programmati. Una interpretazio-ne diversa della norma, che sostanzialmente qualifichi il termine di cui al comma 4 dell’art. 24 Tusp, quale reces-so obbligatorio, non può trovare applicazione diretta, in quanto è comunque previsto dal comma 5 dell’art. 24 che il socio pubblico, pur nelle more dell’esercizio dei diritti sociali, possa comunque deliberare il recesso ovvero la liquidazione e pertanto possa farlo espressamente in As-semblea, esercitando i propri diritti sociali”.Gli Enti Locali possono quindi – stando all’interpretazione di Anci e Utilitalia - procedere alle alienazioni o atti prope-deutici delle stesse, anche oltre il termine di cui al comma 4 dell’art. 24 del “Testo unico in materia di Società a parte-cipazione pubblica” riacquistando a seguito di tale adem-pimento, l’esercizio dei diritti sociali.

Ritardo cessione obbligata partecipateper Anci e Utilitalia il blocco dei diritti del socio decade dopo il superamento dell’inadempimento

Gli Enti Locali possono quindi – stando all’interpretazione di Anci e Utilitalia - procedere alle alienazioni anche oltre il termine di cui al comma 4, art. 24, Tusp

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È stato pubblicato sulla G.U. n. 247 del 23 ottobre 2018 il Dl. n. 119 del 23 ottobre 2018 (cd. “Decreto Fiscale”), ru-bricato “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanzia-ria”, contenente importanti disposizioni in materia di Tributi locali, fatturazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi. Con riferimento alle novità legate all’avvento dal 1° gen-naio 2019 della fatturazione elettronica “B2B” e “B2C” (e-fattura) ed all’obbligo dal 1° gennaio 2020 (e per alcuni soggetti dal 1° luglio 2019) di memorizzazione e trasmis-sione telematica dei corrispettivi - stante l’approssimarsi dell’entrata in vigore delle stesse – si evidenzia la neces-sità, per gli Enti, di adeguare prontamente i loro software gestionali e le procedure da seguire.Si procede qui di seguito ad esaminare le novità di mag-giore interesse per gli Enti Locali. Art. 1 – “Definizione agevolata” dei processi verbali di constatazione L’art. 1 disciplina la “Definizione agevolata” dei processi verbali di contestazioni, redatti ai sensi dell’art. 24 della Legge n. 4/29. Possono essere definiti i verbali consegna-ti entro la data di entrata in vigore del presente Decreto, previa presentazione della relativa Dichiarazione per re-golarizzare le violazioni constatate nel verbale in materia di Imposte sui redditi e relative Addizionali, contributi pre-videnziali e ritenute, Imposte sostitutive, Irap, Imposta sul valore degli immobili all’estero, Imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero, e Iva. È possibile definire solo i verbali per i quali, alla predetta data, non è stato ancora notificato un avviso di accertamento o ricevuto un invito al contraddittorio. Le Dichiarazioni devono essere presen-tate entro il 31 maggio 2019 con le modalità stabilite da apposito Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, per i periodi di imposta per i quali non sono scaduti i termini di decadenza cui all’art. 43 del Dpr. n. 600/1973 e all’art. 57 del Dpr. n. 633/1972. Le Imposte autoliquidate nelle Dichiarazioni presentate, relative a tutte le violazioni con-statate per ciascun periodo d’imposta, devono essere ver-sate, senza applicazione delle sanzioni e degli interessi, entro il 31maggio 2019. La predetta “Definizione agevola-ta” si perfeziona quindi con la presentazione della Dichia-razione ed il versamento in unica soluzione della prima

rata entro il 31 maggio 2019, ed è possibile provvedere al versamento previa rateazione con un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. Per i periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2015, i sopra citati termini di decadenza sono prorogati di 2 anni.Art. 2 – “Definizione agevolata” degli atti del procedi-mento di accertamento Con l’art. 2 vengono normate le modalità di “Definizione agevolata” degli atti del procedimento di accertamento. Gli avvisi di accertamento, di rettifica, di liquidazione e gli atti di recupero notificati entro la data di entrata in vigore del presente Decreto, non impugnati e ancora impugnabili alla stessa data, possono essere definiti con il pagamen-to delle sole somme dovute a titolo di imposta, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro 30 giorni dalla predetta data o, se più ampio, entro il termine di 60 giorni dalla data di notificazione del provvedimento. Le somme contenute negli inviti al contraddittorio notificati entro la data di entrata in vigore del Decreto in commento possono essere definiti con il pagamento delle sole som-me dovute a titolo di imposta, entro 30 giorni dalla data sopra menzionata. Per quanto concerne gli accertamenti con adesione, il versamento dell’Imposta deve essere ef-fettuato entro 20 giorni dall’entrata in vigore del presente Decreto.La “Definizione” si perfeziona con il versamento delle somme in unica soluzione, ovvero con il pagamento della prima rata entro i termini sopra citati. Anche per tali tipo-logie di definizioni è possibile rateizzare il dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali. In caso di mancato perfe-zionamento, gli Uffici competenti proseguono le ordinarie attività di recupero del credito.Sono esclusi dalla “Definizione” gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all’art. 5-quater del Dl. n. 167/1990.Ai sensi del comma 7 dell’art. 2, la “Definizione” perfezio-nata dal coobbligato vale anche a favore degli altri.Art. 3 – “Definizione agevolata” dei carichi affidati all’Agente della riscossione Circa i carichi affidati all’Agente della riscossione, l’art. 3 dispone che i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli Agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 di-

“Decreto Fiscale”le novità in tema di Tributi locali, fatturazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi

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cembre 2017 possono essere estinti, senza il versamento delle sanzioni e degli interessi di mora di cui all’art. 30 del Dpr. n. 602/1973, previo versamento, in unica soluzione entro il 31 luglio 2019, o in massimo 10 rate consecutive di pari importo, delle somme affidate all’Agente della ri-scossione a titolo di capitale, interessi, aggio e rimborso spese per le procedure esecutive e di notifica. In caso di pagamento rateale, la scadenza delle rate è prevista per il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, e a decorrere dal 1° agosto 2019 sono dovuti gli interessi al tasso del 2% annuo.Ciascun debitore può accedere alla “Definizione agevola-ta” presentando apposita Dichiarazione entro il 30 aprile 2019, con le modalità che l’Agente della riscossione pub-blicherà sul proprio sito web entro 20 giorni dall’entrata in vigore del presente Decreto. Nella Dichiarazione, il con-tribuente indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che saranno sospesi dal Giu-dice. L’estinzione dello stesso è però subordinata all’effet-tivo perfezionamento della “Definizione”. Se il debitore ha già integralmente corrisposto quanto dovuto in termini di imposta, interessi, aggio e rimborso spese, per beneficia-re degli effetti della “Definizione” deve comunque presen-tare la Dichiarazione di adesione alla stessa.Ai sensi del comma 10 dell’art. 3, in seguito della presen-tazione della Dichiarazione sono sospesi: - i termini di prescrizione e decadenza; - fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute a titolo di “Definizione”, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di presentazione;

- non possono essere iscritti nuovi fermi amministrativi e ipoteche;

- non possono essere avviate nuove procedure esecuti-ve;

- non possono essere proseguite le procedure esecutive precedentemente avviate, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo;

- il debitore non è considerato “inadempiente” ai fini delle verifiche di cui all’art. 48-bis del Dpr. n. 602/73.

Entro il 30 giugno 2019, l’Agente della riscossione comu-nica a ciascun debitore aderente l’ammontare comples-sivo delle somme dovute ai fini della definizione. Limita-tamente ai debiti definibili per i quali è stata presentata la Dichiarazione, alla data del 31 luglio 2019 le dilazioni sospese sono automaticamente revocate e non possono

esserne accordate di nuove, e il pagamento della prima o unica rata delle somme determina l’estinzione delle proce-dure esecutive precedentemente avviate.In caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una del piano di pagamento ra-teale, la “Definizione” non produce effetti e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e decadenza per il re-cupero dei carichi oggetto di Dichiarazione. In tal caso, i versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affi-damento del carico e non determinano l’estinzione del de-bito residuo e il pagamento non può più essere rateizzato.Possono essere ricompresi nella “Definizione agevolata” anche i debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della riscossione che rientrano nei procedimenti instaurati a se-guito di Istanza presentata dai debitori ai sensi del Capo II, Sezione Prima, della Legge n. 3/2012.Sono esclusi dalla “Definizione” i debiti risultanti dai cari-chi affidati all’Agente della riscossione recanti le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato, i crediti derivan-ti da Pronunce di condanna della Corte dei conti, le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di Provvedimenti e Sentenze penali di condanna e le san-zioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli Enti previdenziali.Per le sanzioni amministrative derivanti dalla violazione del “Codice della Strada”, le disposizioni dell’art. 3 in com-mento si applicano limitatamente agli interessi.A seguito del pagamento delle somme dovute ai sensi del-la presente “Definizione agevolata”, l’Agente della riscos-sione è automaticamente discaricato dell’importo residuo. Entro il 31 dicembre 2024, l’Agente è tenuto a trasmettere a ciascun Ente interessato l’elenco dei debitori che si sono avvalsi della “Definizione”.Il comma 20 posticipa al 31 dicembre 2026 le Comuni-cazioni di inesigibilità relative agli affidamenti all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 per i ruoli consegnati negli anni 2016 e 2017, e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2015, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicem-bre di ciascun anno successivo al 2026.Per quanto concerne il pagamento delle somme in sca-denza nei mesi di luglio, settembre, ottobre 2018, derivan-ti dalla “Definizione agevolata” di cui al Dl. n. 148/2017, qualora il debitore provveda al pagamento delle stesse entro il 7 dicembre 2018, verrà differito il versamento delle

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restanti somme, che sarà effettuato in 10 rate consecutive di pari importo, con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, sulle quali sono do-vuti, dal 1° agosto 2019, interessi al tasso dello 0,3% an-nuo. Tali scadenze valgono anche per le somme derivanti dalla precedente “Definizione agevolata” di cui all’art. 6 del Dl. n. 193/2016.Art. 4 - Stralcio dei debiti fino a 1.000 Euro affidati agli Agenti della riscossione dal 2000 al 2010 L’art. 4 disciplina lo “stralcio” dei debiti fino a 1.000 Euro affidati agli Agenti della riscossione dal 2000 al 2010. I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente Decreto, fino a Euro 1.000 comprensivi di capi-tale, interessi e sanzioni, sono automaticamente annulla-ti. L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018. Ai fini del discarico, l’Agente della riscossione tra-smette agli Enti interessati l’elenco delle quote annullate, in base alle specifiche tecniche di trasmissione contenute nell’ allegato 1 del Decreto Mef 15 giugno 2015.Le somme versate anteriormente alla data di entrata in vi-gore del Dl. n. 119/2018 restano definitivamente acquisite, quelle versate successivamente sono imputate alle rate da corrispondersi per altri debiti eventualmente inclusi nel-la “Definizione agevolata”, ovvero, in mancanza, a debiti scaduti o in scadenza e, in assenza anche di questi ulti-mi, sono rimborsate. A tal fine, l’Agente della riscossione presenta all’Ente creditore richiesta di restituzione delle somme eventualmente riscosse dalla data di entrata in vi-gore del presente Decreto e fino al 31 dicembre 2018. In caso di mancata erogazione nel termine di 90 giorni dalla richiesta, l’Agente può compensare il relativo importo con le somme da riversare.Per il rimborso delle spese per le procedure esecutive in relazione alle quote annullate, limitatamente alle spese maturate negli anni 2000-2013, l’Agente della riscossione presenta entro il 31 dicembre 2019 apposita richiesta al Mef. Il rimborso è effettuato, a decorrere dal 30 giugno 2020, in 20 rate annuali, con onere a carico del bilancio dello Stato. Per i restanti carichi, la richiesta è presenta-ta al singolo Ente creditore, che provvede direttamente al rimborso.Art. 6 – “Definizione agevolata” delle controversie tri-butarie Con riguardo alle controversie tributarie, l’art. 6 dispone che per quelle in cui è parte l’Agenzia delle entrate aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione, possono

essere definite a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. In deroga a quanto appe-na espresso, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica Pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del Dl. n. 119/2018, le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza nella Pronuncia di primo grado ov-vero nella misura di 1/5 in caso di soccombenza nella Pro-nuncia di secondo grado.Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al Tributo possono essere definite con il paga-mento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o uni-ca Pronuncia giurisdizionale non cautelare. In caso di con-troversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai Tributi cui si riferiscono, per la “Definizione” non è dovuto alcun importo.Le disposizioni dell’art. 6 si applicano alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla contro-parte entro la data di entrata in vigore del presente Decre-to e per le quali alla data della presentazione della doman-da di cui al comma 1 il processo non si sia concluso con Pronuncia definitiva.La “Definizione” si perfeziona con la presentazione della domanda, per ciascun atto impugnato, entro il 31 maggio 2019, e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata; nel caso in cui gli importi dovuti superino Euro 1.000 è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di 20 rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima è fissato al 31 agosto, 30 novembre, 28 febbra-

Ai fini del discarico, l’Agente della riscossione

trasmette agli Enti interessati l’elenco delle

quote annullate

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io e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi legali calcolati dal 1° giugno 2019 alla data del versamento.Nel caso in cui le somme interessate dalle sopra citate controversie siano oggetto di “Definizione agevolata” dei carichi ai sensi dell’art. 1, comma 4, del Dl. n. 148/2017, il perfezionamento della “Definizione” è subordinato al versamento entro il 7 dicembre 2018 delle somme di cui all’art. 3, comma 21 del Decreto in commento. Gli effetti della “Definizione” perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali Pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore del Dl. n. 119/2018 in commento.Le controversie definibili non risultano sospese, salvo che il contribuente faccia richiesta al Giudice. In tal caso, il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Il processo rimane sospeso fino al 31 dicembre 2020 qualora il contri-buente depositi copia della domanda di “Definizione” e del versamento degli importi dovuti o della prima rata. Inol-tre, per le controversie definibili sono sospesi per 9 mesi i termini di impugnazione, delle Pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controri-corso in Cassazione, in scadenza tra la data di entrata in vigore del presente Decreto e il 31 luglio 2019.L’eventuale diniego della “Definizione” deve essere notifi-cato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali, ed esso è impugnabile entro 60 giorni dinanzi all’Organo giurisdizionale compe-tente.Ciascun Ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2019, l’applicazione delle disposizioni di cui al presente art. 6 alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Ente stesso.Art. 7 - Regolarizzazione con versamento volontario di periodi d’imposta precedentiLe Società e le Associazioni sportive dilettantistiche iscrit-te nel Registro Coni possono avvalersi della Dichiarazione integrativa speciale per tutte le imposte dovute e con essa ravvedibili e per ciascun anno di imposta, nel limite com-plessivo di Euro 30.000 di imponibile annuo.Tali soggetti sono ammessi a beneficiare: - della “Definizione agevolata” di cui all’art. 2, mediante il versamento del 50% della maggiore Imposta dovuta e del 5% delle sanzioni irrogate oltre interessi;

- della “Definizione agevolata” delle liti pendenti di cui all’art. 6, versando il: 1) 40% del valore della lite e del 5% delle sanzioni e degli interessi accertati nel caso in

cui, alla data di entrata in vigore del Dl in commento, questa penda ancora nel primo grado di giudizio; 2) 10% del valore della lite e del 5% delle sanzioni e degli interessi accertati, in caso di soccombenza in giudizio dell’Amministrazione finanziaria nell’ultima o unica Pro-nuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva alla data di entrata in vigore del presente Dl. n. 119/2018; 3) 50% del valore della lite e del 10% delle sanzioni e interessi accertati in caso di soccombenza in giudizio della Società o Associazione sportiva nell’ultima o unica Pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva alla data di entrata in vigore del Dl. n. 119/2018.

Il superamento del limite di Euro 30.000 sopra citato esclu-de dalla “Definizione agevolata” ma non preclude l’acces-so alla “Definizione agevolata” degli atti di accertamento e delle liti pendenti.Artt. da 10 a 15 – Disposizioni in materia di fatturazio-ne elettronica, registrazione degli acquisti e detrazioni IvaDisposizioni di semplificazione per l’avvio della fatturazio-ne elettronica Con una integrazione all’art. 1, comma 6, del Dlgs. n. 127/2015, è previsto che fino al 30 giugno 2019 non si applicano sanzioni se la e-fattura è emessa entro il termi-ne di effettuazione della liquidazione periodica Iva, oppure vengono ridotte dell’80% a condizione che la e-fattura sia emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione Iva del periodo successivo. Disposizioni di semplificazione in tema di emissione delle fattureL’art. 21 del Dpr. n. 633/1972, in materia di fatture di ven-dita è stato modificato, con decorrenza 1° luglio 2019, in-serendo al comma 2 la lett. g-bis), ossia tra gli elementi obbligatori da indicare in fattura la data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero la data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura. Al comma 4 viene adesso previsto che la fat-tura è emessa entro 10 giorni dall’effettuazione dell’ope-razione determinata ai sensi dell’art. 6 dello stesso Dpr. n. 633/1972. Disposizioni di semplificazione in tema di annotazione del-le fatture emesseL’art. 23 dello stesso Dpr. n. 633/1972, in materia di fattu-razione delle operazioni, è stato modificato prevedendo che il contribuente deve annotare nel registro vendite le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione, entro

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il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di ef-fettuazione delle operazioni. Disposizioni di semplificazione in tema di registrazione degli acquistiRelativamente alla registrazione degli acquisti, l’art. 25 del Dpr. n. 633/1972 è stato modificato sopprimendo il riferi-mento alla numerazione in ordine progressivo delle fatture, stabilendo che il contribuente deve limitarsi ad annotare in un apposito registro le fatture e le bollette doganali relati-ve ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del comma 2 dell’art. 25.Semplificazioni in tema di detrazione dell’IvaAll’art. 1, comma 1, del Dpr. n. 100/1998, è stato aggiun-to un periodo, per coerenza “lato committente-acquirente” con le modifiche di cui sopra, stabilendo che entro il ter-mine di liquidazione dell’Iva può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’Imposta relativa ai documenti di ac-quisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente. Art. 16 - Giustizia tributaria digitale L’art. 16 contiene disposizioni in materia di Giustizia tribu-taria digitale.Nello specifico, novellando l’art. 16-bis del Dlgs. n. 546/1992, viene stabilito, al quarto periodo del comma 1, che le comunicazioni riferite Processo tributario si inten-dono perfezionate con la ricezione avvenuta nei confronti di almeno uno dei difensori della parte. Inoltre, secondo il dettato del comma 2, in mancanza dell’indirizzo Pec del difensore o della parte ed ove lo stesso non sia reperibile da pubblici elenchi, oppure in caso di mancata consegna del messaggio di Pec per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in Segreteria della Commissione tributaria, con le modalità di notificazione previste dall’art. 14 del citato Dlgs. n. 546/1992.Con le modifiche introdotte al comma 3, le parti, i con-sulenti e gli Organi tecnici notificano e depositano gli atti processuali, i documenti e i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con modalità telematiche, secondo le di-sposizioni del Dm. Mef 23 dicembre 2013, n. 163. Posso-no utilizzare tali modalità di notifica e deposito, ai sensi del comma 3-bis introdotto dal Decreto in commento, an-che i soggetti in giudizio senza assistenza tecnica, previa

indicazione dell’indirizzo Pec nel ricorso o nel primo atto difensivo.Viene altresì inserito l’art. 25-bis al Dlgs. n. 546/1992, re-cante disposizioni in materia di potere di certificazione di conformità. Per effetto dello stesso, ai fini del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia infor-matica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un Provvedimento del Giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore e il dipendente attestano la conformità della copia al predetto atto secondo le modalità di cui al Dlgs. n. 82/2005. La copia informatica o cartacea munita dell’attestazione di conformità equivale all’origina-le o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento de-tenuto nel fascicolo informatico.In tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della no-tificazione o della comunicazione eseguite a mezzo Pec e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difen-sore o il dipendente di cui si avvalgono l’Ente impositore, l’Agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’Albo di cui all’art. 53 del Dlgs. n. 446/97, provvedono con le mo-dalità previste all’art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della Legge n. 53/94. Art. 17 – Obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettiviCompletano il pacchetto di novità fiscali di maggior inte-resse per gli Enti Locali le modifiche apportate all’art. 2 del Dlgs. n. 127/2015, in materia di trasmissione telematica dei corrispettivi.E’ stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’art. 22 del Dpr. n. 633/1972 (operazioni esonerate da fatturazione, nel caso degli Enti Locali si tratta ad esempio dei corrispettivi del Servizio “Refezione scolastica” o “Trasporto scolastico”), memorizzano elettronicamente e trasmettono telematica-mente all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri. La memorizzazione elettronica e la connessa trasmissio-ne dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di re-gistrazione di cui all’art. 24, comma 1, del medesimo Dpr. n. 633/1972.Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d’affari superiore ad Euro 400.000 (in pratica, nel caso de-gli Enti Locali che prestano solo servizi si tratta dei contri-buenti Iva mensili per obbligo). Per il periodo d’imposta 2019 restano valide le opzioni (per

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chi le ha esercitate) per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi esercitate entro il 31 dicembre 2018. Con Decreto Mef possono es-sere previsti specifici esoneri dai suddetti adempimenti, in ragione della tipologia di attività esercitata.Viene modificato il comma 6, prevedendo l’applicazione delle sanzioni, oggi previste solo per chi opta per il siste-ma di memorizzazione e trasmissione telematica dei corri-spettivi, per tutti i soggetti che dalle suddette dati saranno obbligati ad utilizzare tale sistema.Si prevede che le operazioni di cui all’art. 22 sopra ricor-date, effettuate nelle zone individuate con Decreto Mef, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico, posso-no essere documentate, in deroga alle novità suesposte, mediante il rilascio di ricevuta fiscale o scontrino fiscale.Per i soggetti che effettuano cessioni di farmaci (tra cui le Farmacie comunali o gestite da Società pubbliche), tenuti all’invio dei dati al Sistema “Tessera sanitaria”, ai fini dell’e-laborazione della Dichiarazione dei redditi precompilata,

possono adempiere all’obbligo in esame mediante la me-morizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri al Sistema “Tessera sanitaria”. I dati fiscali trasmessi possono essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate anche per finalità diverse dall’e-laborazione della Dichiarazione dei redditi precompilata. Negli anni 2019 e 2020, per l’acquisto o l’adattamento de-gli strumenti mediante i quali effettuare la memorizzazione e la trasmissione dei corrispettivi, al soggetto è concesso un contributo complessivamente pari al 50% della spesa sostenuta, per un massimo di Euro 250 in caso di acquisto e di Euro 50 in caso di adattamento, per ogni strumento. Il contributo è anticipato dal fornitore sotto forma di sconto sul prezzo praticato ed è a questo rimborsato sotto forma di credito d’imposta di pari importo, da utilizzare in com-pensazione senza limiti tramite Modello “F24”. Un Provve-dimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, da ema-nare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della norma in commento, definirà le modalità attuative.

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 48 del 24 ottobre 2018, ha fornito chiarimenti in ordine alla conservazione, ai fini fiscali, del report di “scas-settamento” dei parcometri.La Società interpellante produce e commercializza parco-metri e sistemi di parcheggio a barriere, svolgendo anche, in maniera non prevalente, l’attività diretta di gestione di Parcheggi. Gli apparecchi citati sono omologati dal Ministero dei Trasporti in quanto conformi alla norma Uni En 12414, la quale “non prevede registrazioni assimilabili a ‘giornale di fondo’ ma la stampa, tramite report di ‘scassettamento’, della somma dei mezzi fisici di pagamento incassati nella sessione ed il valore complessivo storico e della memo-rizzazione su memoria non volatile dei totali corrispettivi storici”. Sino ad ora, per l’attività di gestione dei Parcheggi, la So-cietà ha registrato sul registro dei corrispettivi l’importo incassato nello stesso giorno del suo prelevamento dai singoli parcometri, conservando “sempre gli ultimi ticket

attestanti l’importo prelevato”. Considerato che le prestazioni certificate dagli apparecchi in esame non sono soggette ad emissione di documen-tazione fiscale ex art. 2 del Dpr. n. 696/1996 e la stampa dei report di “scassettamento” non rientra tra i documen-ti menzionati dall’art. 22 del Dpr. n. 633/1972, la Società istante ha chiesto se la conservazione di tali report sia obbligatoria. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato le mo-difiche introdotte dall’art. 4, comma 6, lett. a), del Dl. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016, all’art. 2, comma 2, del Dlgs. n. 127/2015, che prevedono l’obbligatorietà, per i soggetti passivi che ef-fettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici, della memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati dei relativi corrispettivi giornalieri, nonché i contenuti della Risoluzione n. 116/E del 2016, con la quale la stessa Agenzia ha chiarito che le nuove previsioni non riguarda-no i distributori dei biglietti di trasporto e di sosta, per i

Gestione diretta dei parcometriobbligatoria la conservazione ai fini fiscali del c.d. report di “scassettamento”

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 42 del 23 ottobre 2018, ha chiarito che sussiste l’obbligo di trasmissione telematica della “CU Ordinaria” anche nel caso di pagamento di compensi accessori de-rivanti dall’applicazione del Dlgs. n. 105/2015, dovuti al personale dipendente di altre Pubbliche Amministrazioni.Il datore di lavoro istante ha specificato che, utilizzando gli strumenti digitali previsti dalla vigente normativa, provve-de, ai sensi dell’art. 29 del Dpr. n. 600/1973, ad inoltrare direttamente alle predette P.A. apposita Comunicazione concernente gli importi liquidati al loro personale dipen-dente. Ciò ai fini degli adempimenti di natura fiscale e pre-videnziale. L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che, in base all’art. 51 del Tuir, costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni li-berali, in relazione al rapporto di lavoro”. Rientrano in tale nozione tutti i compensi, sia pure di natura accessoria alla retribuzione principale, corrisposti in dipendenza del rap-porto di lavoro. La tassazione di tali redditi avviene, ai sensi dell’art. 23 del

Dpr. n. 600/1973, mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte (a titolo di acconto e con obbligo di rivalsa) da parte del datore di lavoro (sostituto) sulla parte imponibile delle somme e valori che costituiscono il reddito, all’atto della corresponsione. Con la Risoluzione n. 354/E del 2002 l’Amministrazione finanziaria, conformemente a quanto già indicato con la Circolare n. 326/E del 1997, paragrafo 4.2, nonché con la Risoluzione n. 23/E del 2000, ha chiarito che sono da ricomprendere tra i compensi e le retribuzioni non aventi carattere fisso e continuativo le somme e i valori corrispo-sti per mensilità aggiuntive, missioni, lavoro straordinario, nonché ogni altra ipotesi che comporti corresponsione eventuale ed eccezionale nel periodo di paga. La distinzione fra emolumenti aventi carattere fisso e con-tinuativo e le altre somme e valori a carattere accessorio, oltre che per le modalità di tassazione (vedasi Risoluzione n. 354/E del 2002), rileva anche ai fini della disciplina delle operazioni di conguaglio. Infatti, l’art. 29, comma 2, del Dpr. n. 600/1973, con ri-guardo alle Amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, stabilisce che “gli Uffici che

“Certificazione unica”la comunicazione dei dati al sostituto d’imposta principale non esonera chi eroga compensi accessori dal presentarla

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quali gli apparecchi automatici non solo fungono da mero strumento di pagamento di un servizio che sarà reso altri-menti, ma erogano ciò che a tutti gli effetti null’altro è se non una certificazione fiscale di tale servizio.La stessa Risoluzione ha precisato che il Dm. 30 luglio 2009, nell’aggiornare le caratteristiche dei biglietti di tra-sporto e di sosta, ha equiparato la gestione dei dati fiscali memorizzati dalle macchine emettitrici dei titoli di trasporto a quella dei titoli di parcheggio. Da ciò si ricava che, pur in assenza di un vero e proprio giornale di fondo all’interno degli apparecchi, il gestore del Parcheggio deve eseguire annotazioni similari a quel-le che dallo stesso deriverebbero, assumendo rilevanza qualunque documento (come il report di “scassettamen-to”) che consenta di giustificare tali annotazioni, nonché di controllarne la correttezza.

Nessun rilievo ha a tal riguardo la circostanza che l’art. 22 del Dpr. n. 633/1972, non citi espressamente il documento in esame. Infatti, la norma non solo lascia fermo “quanto stabilito dal Codice civile per il libro giornale e per il libro degli inventari e dalle leggi speciali per i libri e registri da esse prescritti”, ma anche l’obbligo di conservazione delle “scritture contabili obbligatorie ai sensi del presente De-creto, di altre leggi tributarie, del Codice civile o di leggi speciali”, senza contare che la stessa norma ha un ambito applicativo limitato alle Imposte dirette, non sostituendosi ma aggiungendosi alle disposizioni legislative dettate in altri ambiti (quali, per l’Iva, l’art. 39 del Dpr. n. 633/1972). Alla luce di quanto sopra, a parere dell’Agenzia delle En-trate nel caso in esame permane come necessaria la con-servazione del report di “scassettamento”.

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dispongono il pagamento di emolumenti aventi carattere fisso e continuativo devono effettuare entro il 28 febbraio o entro 2 mesi dalla data di cessazione del rapporto, se questa è anteriore all’anno, il conguaglio di cui al comma 3 dell’art. 23, con le modalità in esso stabilite. (…) Ai fini delle operazioni di conguaglio i soggetti e gli altri Organi che corrispondono compensi e retribuzioni non aventi ca-rattere fisso e continuativo devono comunicare ai predetti Uffici, entro la fine dell’anno e, comunque, non oltre il 12 gennaio dell’anno successivo, l’ammontare delle somme corrisposte, l’importo degli eventuali contributi previdenziali e assistenziali, compresi quelli a carico del datore di lavo-ro e le ritenute effettuate”. La norma – come chiarito dalle Risoluzioni n. 354/E del 2002 e 271/E del 2008 - è applica-bile ogni qualvolta si sia in presenza di un unico rapporto di lavoro con 2 soggetti che erogano, rispettivamente, l’uno il trattamento principale e l’altro il trattamento accessorio. I Documenti di prassi (vedasi Risoluzione n. 271/E del 2008, citata) hanno altresì precisato che la Comunicazione dei dati al sostituto d’imposta principale pone quest’ultimo nelle condizioni di effettuare le operazioni di conguaglio (te-nendo conto degli emolumenti accessori) e di rilasciare al contribuente la “CU” comprensiva di tutti gli emolumenti. Ciò premesso, nel caso di specie l’istante, sulle somme non aventi carattere fisso e continuativo, deve operare la ritenuta di cui al comma 1, lett. b), dell’art. 29 del Dpr. n. 600/1973 e deve, ai sensi del successivo comma 2 dell’art. 29, trasmettere al sostituto d’imposta ‘principale’ entro il 12 gennaio dell’anno successivo, i dati relativi ai compensi accessori corrisposti al dipendente, al fine di consentire al sostituto principale la corretta effettuazione delle operazioni di conguaglio, tenendo conto di tutti gli emolumenti erogati (a carattere fisso ed accessorio), non-ché il rilascio della “CU”. La richiamata disciplina fiscale è ‘codificata’ nelle istruzio-ni al Modello di “CU 2018” (par. 2.5), la cui applicazione ha portata generale, operante – a prescindere dal richiamo

contenuto nella rubrica all’istituto del comando - in tutti i casi in cui l’Amministrazione che eroga i compensi e le retribuzioni non aventi carattere fisso e continuativo sia diversa da quella che eroga il trattamento fisso. Riguardo all’obbligo di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate della “CU Ordinaria”, parimenti richiamato nelle Istruzioni, trattasi di un obbligo generalizzato, intro-dotto dall’art. 2, comma 1 del Dlgs. n. 175/2014, che ha aggiunto il comma 6-quinquies all’art. 4 (“Dichiarazione e certificazioni dei sostituti d’imposta”) del Dpr. n. 322/1998 (da ultimo modificato dalla Legge n. 205/2017, “Legge di bilancio 2018”). Detto obbligo è posto in capo a chi eroga compensi sog-getti a ritenuta alla fonte (ai sensi, tra gli altri, dell’art. 29 del Dpr. n. 600/1973, cfr. par. “1. Soggetti obbligati all’in-vio” delle istruzioni alla “CU 2018”), ed è soggetto ad un termine di scadenza individuato nel 7 marzo (dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono sta-ti corrisposti) per i redditi interessati dalla dichiarazione precompilata al fine di garantire l’inserimento dei dati tra-smessi – necessari per l’attività di controllo dell’Ammini-strazione finanziaria – nel Modello “730 Precompilato”; di-versamente, per i redditi esenti o per i quali non è previsto l’inserimento nella Dichiarazione precompilata, la trasmis-sione telematica è fissata entro il termine di presentazione del Modello “770” dei sostituti d’imposta (per quest’anno il 31 ottobre 2018). Con riferimento a detto obbligo di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate della “CU Ordinaria”, il richiamato paragrafo 2.5 delle Istruzioni al Modello “CU 2018”, pre-cisa che “il sostituto d’imposta che eroga compensi non aventi carattere fisso e continuativo, pur non dovendo rila-sciare una ‘CU’ al percipiente, dovrà procedere all’invio di una ‘CU Ordinaria’ all’Agenzia delle Entrate riportando tut-ti i dati relativi alle somme erogate avendo cura di barrare il punto 613. Tale barratura certificherà che le predette in-formazioni sono state inviate al sostituto principale che ha provveduto a tenerne conto in sede di effettuazione delle operazioni di conguaglio”. In conclusione, la comunicazione dei dati al sostituto d’im-posta principale (vedasi Risoluzioni n. 354/E del 2002 e 271/E del 2008) per consentire a quest’ultimo le operazio-ni di conguaglio nonché il rilascio della CU, non esonera l’istante dall’obbligo di trasmissione (detto obbligo, peral-tro, è posto in capo ad entrambi i sostituti d’imposta) della “CU” in via telematica all’Agenzia delle Entrate, in ragione delle disposizioni richiamate.

La comunicazione dei dati al sostituto d’im posta principale non

esonera l’istante dall’obbligo di trasmissione della “CU” in via telematica

all’Agenzia delle Entrate

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Con il Provvedimento 5 novembre 2018, disponibile dalla stessa data sul sito dell’Agenzia delle Entrate ed a cui si rinvia, il Direttore dell’Agenzia ha definito le modalità con cui gli Intermediari delegati all’utilizzo dei servizi di fattu-razione elettronica offerti dall’Agenzia medesima possono inviare alla stessa la Comunicazione telematica contenen-te i dati essenziali delle deleghe ricevute, ai fini della loro attivazione automatica. Questa comunicazione potrà essere inviata con modalità “massiva”, e quindi conterrà i dati di più deleghe conferite, oppure potrà essere trasmessa con modalità “puntuale”, per attivare singolarmente ogni delega ricevuta. Sarà necessario fornire alcuni elementi di riscontro, rela-tivi alla Dichiarazione Iva presentata dal delegante l’anno precedente, utili a provare l’effettivo conferimento della delega all’Intermediario. Nel caso in cui non siano disponibili gli elementi di riscon-tro sarà comunque possibile avvalersi di una ulteriore pro-cedura che consentirà l’acquisizione delle deleghe via Po-sta elettronica certificata (Pec), quindi senza la necessità di recarsi in Ufficio.Assieme al Provvedimento sono stati resi disponibili an-che i relativi Modelli, uno per il conferimento/revoca delle deleghe all’utilizzo dei servizi di e-fattura, ed un secondo per il Cassetto fiscale delegato.Considerata la vasta platea dei soggetti coinvolti nel pro-cesso di fatturazione elettronica e i volumi di fatture previ-sti, l’Agenzia ha messo a punto 2 procedure per semplifi-care il processo di attivazione delle deleghe, garantendo al contempo la tutela del delegante. In particolare, è stato realizzato un servizio che consente di inviare, con modalità massiva dal 5 novembre o con

modalità puntuale dal 30 novembre 2018, una comuni-cazione telematica contenente i dati essenziali delle de-leghe conferite, ai fini della loro attivazione automatica. In questo caso, verrà chiesto al delegato di indicare degli elementi, relativi alla Dichiarazione Iva presentata dal de-legante l’anno precedente, per provare di aver effettiva-mente ricevuto la delega. Ad ulteriore tutela del delegante, l’Agenzia invierà un messaggio di Posta elettronica certifi-cata - all’indirizzo risultante dall’Indice nazionale degli in-dirizzi Pec delle Imprese e dei Professionisti (Ini-Pec)- per comunicare l’attivazione della delega. Sempre per snellire le procedure, l’Agenzia ha previsto una seconda modalità che consentirà di attivare le dele-ghe anche per i clienti per i quali non è possibile fornire gli elementi di riscontro, ad esempio perché nell’anno prece-dente la Dichiarazione Iva non è stata presentata. Anche in questo caso non sarà necessario recarsi in ufficio, ma sarà sufficiente inviare tramite pec un file con gli elementi essenziali delle deleghe e la copia dei moduli di delega sottoscritti dai deleganti.Gli operatori potranno delegare all’utilizzo dei servizi e-fattura fino a 4 soggetti, per un periodo massimo di 2 anni. Per quanto riguarda invece la consultazione del proprio Cassetto fiscale, gli operatori potranno delegare fino a 2 Intermediari, automaticamente per 4 anni, salvo revoca. Per fornire un ulteriore ausilio ai contribuenti nel confe-rimento delle deleghe entrambi i modelli prevedono due nuove sezioni dedicate all’indicazione dei dati dell’even-tuale soggetto cui si conferisce procura per la consegna presso un qualsiasi Ufficio territoriale e di quelli relativi all’autentica della firma del delegante.

Fatturazione elettronicadefinite le modalità per comunicare all’Agenzia delle Entrate le deleghe da parte degli Intermediari

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Con il Provvedimento del 9 novembre 2018, pubblicato nel sito dell’Agenzia delle Entrate ed a cui si rinvia, sono state definite le regole per la “definizione agevolata” degli atti del procedimento di accertamento non ancora defini-ti al 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del Dl. n. 119/2018. La nuova misura si applica agli atti del procedimento di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate o dall’A-genzia delle Dogane e dei Monopoli. Sono integralmente e complessivamente dovuti tutti i tributi ed eventuali con-tributi indicati nell’atto oggetto di “definizione agevolata”, ad eccezione degli importi per sanzioni amministrative, interessi e spese accessorie. Non possono formare og-getto di questa “definizione agevolata” gli atti definiti con altre modalità oppure impugnati entro il 24 ottobre 2018 o anche successivamente.Sono definibili gli avvisi di accertamento e gli avvisi di ret-tifica e di liquidazione notificati al contribuente fino al 24 ottobre 2018 non impugnati ed ancora impugnabili alla stessa data e rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 15 del Dlgs. n. 218/1997. La “definizione agevolata” si applica inoltre agli atti di recu-pero dei crediti indebitamente utilizzati (indicati ai commi da 421 a 423, dell’art. 1 della Legge n. 311/04), notificati

al contribuente fino al 24 ottobre 2018, non definitivi e non impugnati. Sono ammessi alla “definizione agevolata” anche gli invi-ti al contraddittorio, notificati fino al 24 ottobre 2018, che contengono maggiori imposte e per i quali alla stessa data non sia stato ancora sottoscritto e perfezionato un avviso di accertamento con adesione o notificato un avviso di ac-certamento. Infine, rientrano nella disciplina agevolativa gli accerta-menti con adesione sottoscritti fino al 24 ottobre 2018 ma non ancora perfezionati per i quali alla stessa data non è ancora decorso il termine per il versamento e il perfezio-namento dell’adesione.Le scadenze entro cui effettuare il versamento necessario per il perfezionamento della “definizione agevolata” sono diverse in base al tipo di atto: - per gli avvisi di accertamento, di rettifica e di liquidazio-ne e gli atti di recupero, il termine per il versamento in unica soluzione o della prima rata scade il 23 novembre 2018 oppure, se più ampio, entro il termine utile per la proposizione del ricorso;

- per gli inviti al contraddittorio il termine per il versamento in unica soluzione o della prima rata scade il 23 novem-bre 2018;

- gli accertamenti con adesione possono essere definiti versando i tributi ed i contributi dovuti entro il 13 novem-bre 2018.

Se l’atto definibile non richiede il pagamento di imposte e contributi, il contribuente può manifestare la volontà di aderire tramite una comunicazione in carta libera, da pre-sentare direttamente o tramite raccomandata A/R o all’in-dirizzo di pec all’Ufficio competente, in cui dichiara di voler perfezionare il procedimento di accertamento, entro gli stessi termini previsti per il versamento.In caso di pagamento rateale, il versamento delle somme può essere effettuato con un massimo di 20 rate trime-strali di pari importo. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre.Per ciascun atto definito va utilizzato un distinto Modello “F24” o “F23”. Entro 10 giorni dal versamento in unica so-luzione o della prima rata, il contribuente consegna all’Uf-ficio competente la ricevuta dell’avvenuto pagamento.

“Pace fiscale”definite le regole per la “definizione agevolata” degli atti del procedimento di accertamento

La definizione agevolata si applica anche agli atti di recupero dei crediti indebitamente utilizzati, notificati al contribuente fino al 24 ottobre 2018, non definitivi e non impugnati

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L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’Istanza di Inter-pello n. 64 del 9 novembre 2018, ha chiarito che è possi-bile richiedere al fornitore l’emissione di nota di credito per recupero dell’Iva laddove, anche in mancanza di procedu-re esecutive per il recupero del credito rimaste infruttuose, si dimostri che vi è stata diligenza nei tentativi di recupero del credito medesimo.L’art. 26, comma 2, del Dpr. n. 633/1972, dispone che “se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, suc-cessivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammon-tare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nulli-tà, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristruttu-razione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del Rd. 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), del medesimo Rd. n. 267 del 1942, pubblicato nel Registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previ-sti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’Imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25”. Come già chiarito dalla prassi, il mancato pagamento (in tutto o in parte) del corrispettivo assume rilievo esclusiva-mente nel caso in cui il creditore abbia esperito le azioni volte al recupero del proprio credito ma non abbia trovato soddisfacimento (Risoluzione Entrate n. 195/E del 2008). Al fine di meglio individuare i casi di infruttuosità, l’art. 1, comma 126, della Legge n. 208/2015, ha introdotto nell’art. 26 il comma 12, secondo cui, “ai fini del comma 2 una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa: a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’uffi-ciale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare; b) nell’ipotesi di pignora-mento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’Ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni

da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità; c) nell’ipotesi in cui, dopo che per 3 volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità”. La lettera della norma non fa alcun riferimento all’antieco-nomicità della procedura esecutiva ai fini dell’emissione delle note di variazione in diminuzione, né sono invocabili i principi contenuti nella Circolare n. 26/E del 2013, che definisce il concetto di antieconomicità della riscossione del credito per la diversa disciplina della deducibilità della perdita su crediti di “modesta entità” ai fini delle Imposte dirette. Tale categoria di crediti è stata del resto espressamente individuata dall’art. 101 del Tuir. Quindi, in linea generale non è possibile emettere note di variazione in diminuzio-ne dell’Iva per antieconomicità dell’avvio della procedura esecutiva, essendo necessario dare prova di aver esperi-to tutte le azioni volte al recupero del proprio credito senza trovare soddisfacimento. Tuttavia, con riferimento al caso prospettato, l’Agenzia è dell’avviso che il presupposto per l’emissione delle note di variazione in diminuzione debba valutarsi non in astratto ma secondo le circostanze del caso concreto, tenuto con-to del principio comunitario di proporzionalità e del criterio di diligenza. Dalla documentazione prodotta, sia con l’Istanza origina-ria sia a seguito di richiesta di documentazione integrati-va, emerge che l’istante ha diligentemente effettuato ripe-tuti tentativi di recupero del credito - sia a titolo personale, sia avvalendosi dell’Autorità giudiziaria - tutti rimasti privi di riscontro, essendo il debitore risultato sempre irrepe-ribile (vedasi in tal senso la relata di notifica del Decreto ingiuntivo e la procedura esecutiva individuale intrapresa dall’istante con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato). A ciò si aggiunga l’impossibilità di sottoporre il debitore a procedura concorsuale per difetto dei requisiti dimen-sionali previsti in relazione alle soglie di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, della “Legge Fallimentare”, nonché il

Ivapossibile richiedere la nota di variazione in caso di credito inesigibile attestato dalla diligenza nei tentativi di recupero dello stesso

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riscontro negativo della Guardia di Finanza - interessata direttamente dall’Avvocatura distrettuale dello Stato - che ha confermato l’inesistenza di beni mobili ed immobili ag-gredibili da una eventuale procedura esecutiva. Dai fatti emerge dunque, a parere dell’Agenzia, “una si-militudine tra la situazione descritta e le ipotesi contem-plate dal citato art. 26, comma 12, lett. a) e b) del Dpr. n. 633/1972, laddove è previsto che l’infruttuosità della pro-cedura sia acclarata da un Organo terzo e non rimessa alle valutazioni e determinazioni del creditore”. Nel caso prospettato infatti la Guardia di Finanza, inve-

stita dall’Avvocatura distrettuale dello Stato (Organi della Pubblica Amministrazione), ha dato atto dell’inesistenza di beni mobili ed immobili aggredibili, risultando così l’in-fruttuosità delle azioni di recupero astrattamente esperibili dall’istante. Questa situazione legittima l’emissione di una nota di variazione in diminuzione per il recupero dell’Iva addebitata a titolo di rivalsa. Dal punto di vista delle Imposte dirette, la perdita su crediti deducibile ex art. 101, comma 5, del Tuir, andrà quindi im-putata al netto dell’Iva recuperata in detrazione mediante nota di credito.

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GLI APPROFONDIMENTILa giurisdizione della Corte dei conti e Società “in house”la Cassazione apre alla competenza concorrente (Parte prima)

PremessaLa Sentenza della Cassazione Sezioni Unite n. 22406, decisa il 7 novembre 2017 e depositata il 13 settembre 2018, affronta nuovamente la valutazione della sussisten-za della competenza della Corte dei conti in merito ai fatti di mala gestio compiuti dagli Amministratori delle Società “in house”. L’argomento è apparentemente nuovo per 2 ordini di motivi: il primo è connesso ai fatti rilevanti succe-duti in periodo risalenti la prima metà fra gli anni tra 2010 e 2015 e quindi prima dell’emanazione del “Testo unico in materia di Società a partecipazione pubblica” (Tusp) e prima anche delle note Sentenze dalla Cassazione a Sezioni Unite che hanno affermato – con le precisazioni che ora occorre tenere conto con il presente giudicato – la giurisdizione della Corte dei conti per gli atti compiuti dagli Amministratori delle Società “in house”; il secondo motivo è che la richiesta della difesa non riguarda l’esclusione della giurisdizione della Corte dei conti quanto la verifica della sussistenza della concorrente azione di responsabi-lità attivabile dal Curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 della “Legge Fallimentare”.La Sentenza, prima di giungere alle conclusioni in tema di riparto di giurisdizione esclusiva o concorrente della Corte dei conti, ripercorre le più importanti questioni che hanno visto coinvolte le Società “in house” e la disciplina (pub-blica o privata) ad essa applicabile; la Corte affronta i vari argomenti attraverso un excursus delle Pronunce della stessa Corte di Cassazione.1. Società di diritto comune, Società di diritto singola-

re e Società “in house”Si deve osservare come il Tusp non abbia ad oggetto le Società di diritto singolare in quanto all’art. 1, comma 4, lett. a), dispone che “restano ferme: a) le specifiche di-sposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano Società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l’esercizio del-la gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento di una specifi-ca missione di pubblico interesse; […]”.Le Società di diritto singolare sono state costituite o ver-ranno costituite sulla base di leggi speciali e non invece sulle ordinarie e generali disposizioni contenute nel Co-dice civile. Diversamente le Società “in house”, per espressa scelta del Legislatore sono invece, a dispetto delle aspettative di molti, di diritto comune e rientrano così nel Tusp, che ad esse dedica solo alcune definizioni ed alcune deroghe al Codice civile - oltre alla riconosciuta giurisdizione della Corte dei conti - senza tuttavia disporre una specifica au-tonoma disciplina. In questo contesto non sono di ausilio le disposizioni del “Codice dei contratti pubblici” (Dlgs. n. 50/2016), in quanto finalizzate unicamente a stabilire le condizioni che consentono l’affidamento in deroga alle gare pubbliche e rimanendo dunque circoscritte a tale am-bito ovvero nell’ambito della relazione che si instaura ai fini dell’appalto/concessione e non ai fini delle statuizione delle regole di governance della Società, che rimangono naturalmente di spettanza del Codice civile al pari di ogni

del Dott. Roberto Camporesi - Dottore Commercialista, Revisore legale, Esperto in società a partecipazione pubblica

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altra Società, come in appresso precisato1.Tale osservazione si era resa necessaria in quanto le più risalenti interpretazioni della Cassazione – ma anche della Corte Costituzionale con riguardo a Società di pro-manazione regionale - avevano ad oggetto Società a par-tecipazioni statali nate su disposizioni di legge speciale e talune conclusioni che si sono raggiunte in materia di qualificazione della natura pubblica della Società in quan-to finalizzata al raggiungimento di finalità pubblicistiche non possono semplicisticamente essere ad oggi traslate sulle Società “in house” e ragione di ciò sono le successi-ve Sentenze della Cassazione passate in rassegna dalla Sentenza in commento.2. Il caso esaminato dalla Cassazione Sezioni UniteIl ricorso avanti le Sezioni Unite – che riguarda il regola-mento preventivo di giurisdizione - è stato proposto nel procedimento aventi il Tribunale delle imprese relative al giudizio riguardante le azioni di responsabilità richieste ai sensi del Codice civile e della “Legge Fallimentare” (art. 146 della “Legge Fallimentare”) nei confronti di Ammini-stratori, Sindaci, Direttore generale e Revisore della So-cietà nonché nei confronti dello stesso Comune socio.La materia del contendere, al di là della verifica dell’ef-fettiva conformazione della Società a partecipazione pub-blica al modello “in house providing”, vede, da un lato il ricorrente che chiede il riconoscimento delle competenza esclusiva della Corte dei conti per il giudizio che deve af-fermare la responsabilità degli Amministratori e degli altri soggetti chiamati in giudizio, dall’altro lato il fallimento che invece ritiene che, essendo intervenuta la declaratoria di fallimento, non può non applicarsi il disposto dell’art. 146 della “Legge Fallimentare”2. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio sulla base delle conclu-sioni del Pubblico Ministero che ha concluso per l’afferma-zione della giurisdizione del Giudici amministrativo.La Sentenza della Sezioni Unite conclude con il riconosci-

mento del Giudice ordinario attraverso un articolato excur-sus dei precedenti già deciso dalla Corte di Cassazione in tema di Società “in house”, svolgendo una rassegna dei temi di maggior interesse su tale modello societario che vanno dalla definizione di danno erariale e danno patri-moniale della Società ed i termini entro i quali sussiste la giurisdizione contabile come riconosciuta da un preceden-te della stessa Sezioni Unite, riprendendo poi la disamina della disciplina applicabile all’esercizio dei diritti dell’azio-nista pubblico che rimane di diritto privato (non juri impe-ri), il riconoscimento della fallibilità delle Società pubbliche fino a riprendere un recente precedente del 2017 che sta-tuisce che la Società “in house” rimane attratta alle norma di diritto privato non mutando la propria natura per il fatto della presenza di soci pubblici.3. La disciplina del Codice civile e le leggi di diritto

comune si applicano alle Società “in house”L’analisi preliminare delle Sezioni Unite affronta: (i) la Sen-tenza sempre delle Sezioni Unite 25 novembre 2013, n. 26283 – che ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti e (ii) l’art. 4, comma 13, del Dl. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni nella Legge n. 135/2012.Il riferimento alla precedente Sentenza n. 26283 del 2013 ha consentito di riprendere – anche se brevemente – le caratteristiche della Società “in house” e sulla base di tali caratteristiche affermare la giurisdizione della Corte dei conti per i danni causati al patrimonio della Società dall’a-gire dei propri Amministratori e ciò in quanto: - il “controllo analogo” determina la totale assenza di un potere decisionale proprio, in conseguenza del totale assoggettamento dei suoi Organi al potere gerarchico dell’Ente pubblico titolare della partecipazione sociale;

- le Società “in house”, “quantomeno ai fini del riparto di giurisdizione”, costituiscono delle articolazioni della Pubblica Amministrazione da cui promanano: l’impos-sibilità di configurare un rapporto di alterità tra l’Ente

1 Cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 28 settembre 2015 n. 4510: il Consiglio di Stato ha fermamente negato la natura pubblica della Spa, sebbene esercente “in house” un servizio pubblico, ritenendola in ogni caso sottoposta al regime di diritto privato, in quanto le nozioni di “Organismo di diritto pubblico” e di “Impresa pubblica” di cui al Dlgs. n. 163/2006 sono dirette esclusivamente a circoscrivere l’ambito di applicazione della medesima disciplina in tema di appalti pubblici, nonostante la natura formalmente privata degli Enti interessati, in ragione dell’influenza proprietaria e del controllo su di essi esercitato da uno o più soggetti pubblici.

2 Art. 146 della “Legge Fallimentare”: “gli Amministratori e i Liquidatori della Società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’art. 49. Essi devono essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito. Sono esercitate dal Curatore previa autorizzazione del Giudice delegato, sentito il Comitato dei creditori:a) le azioni di responsabilità contro gli Amministratori [2392, 2393 bis, 2394, 2395 c.c.], i componenti degli Organi di controllo, i Direttori generali e i Liquidatori;b) l’azione di responsabilità contro i soci della Società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall’art. 2476, comma 7, del Cc.”.

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Locale pubblico e la Società “in house” si riflette anche sulla qualificazione del patrimonio da intendersi in ter-mini di mera separazione e non di distinta titolarità con conseguente affermazione della natura erariale del dan-no cagionato dagli atti illegittimi dei suoi Amministratori.

Sulla base di tale Sentenza, oltre ad affermare la giurisdi-zione della Corte dei conti - riconosciuta ora anche dall’art. 12 del Tusp anche se in termini più espansivi – la dottri-na e la prassi hanno ritenuto di qualificare la Società “in house” come “delegazione interorganica”, “longa manus” dell’Ente pubblico socio con il ritorno ad una qualificazione che rievocava l’idea di Società quale Organo della Pubbli-ca Amministrazione, mettendo in dubbio la loro natura di soggetto di diritto privato.Il riferimento all’art. 4, comma 13, del Dl. n. 95/2012, con-vertito con modificazioni nella Legge n. 135/2012, ha ne-cessitato, da parte delle Sezioni Unite in commento, di una specifica valutazione del predetto disposto di legge che recita: “le disposizioni del presente articolo e le al-tre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di Società a totale o parziale partecipazione pubblica si in-terpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del Codice civile in materia di Società di capi-tali”. È ciò in quanto il principio - che appare decisivo ai fini dell’indagine che deve essere svolta – ha trovato confer-ma diretta nell’art. 1, comma 3, del Tusp.La disposizione dell’art. 4, comma 13, viene considerata norma di chiusura del sistema e pertanto dal 2012 non può sorgere più alcun dubbio – come precisato dalla inter-

pretazione delle Sezioni Unite – che alle Società a parte-cipazione pubblica, a prescindere dalla quota di partecipa-zione minoritaria o totalitaria dell’Ente pubblico ed anche in caso di Società “in house providing”, si applichino le disposizioni del Codice civile in materia di Società di capi-tali: il Sistema di governance è quelle del “tipo” societario previsto dal Codice civile salvo deroghe sulla base di leggi speciali, che l’art. 1, comma 3, del Tusp, richiede siano enunciante dallo stesso “Testo unico”.3

Peraltro, anche in epoca recente sempre le Sezioni Uni-te hanno affermato che “rileva concretamente e in modo decisivo - come si vedrà - per la soluzione della presen-te questione di giurisdizione nel senso dell’affermata at-tribuzione della controversia de qua al Giudice ordinario, l’art. 4 (che reca la rubrica: ‘Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di Società pubbliche’), com-ma 13, quarto periodo, del Dl. n. 95/2012 (‘Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarian-za dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario’), conver-tito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 135/2012, secondo cui: ‘13. [...] Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di ca-rattere speciale, in materia di Società a totale o parzia-le partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del Codice civile in materia di Società di capitali’;’ – (…) “l’inquadra-mento ‘privatistico delle Società con partecipazione dello Stato o di Enti pubblici è conforme con gli orientamenti

3 Cfr. E. Codazzi “Le ‘nuove’ Società “in house”: controllo cd. ‘analogo’ e assetti organizzativi tra specialità della disciplina e ‘proporzionalità delle deroghe’”. In VIII Convegno dell’Associazione Italiana dei Professori universitari di diritto commerciale “Orizzonti del diritto commerciale. Il diritto commerciale verso il 2020: i grandi dibattiti in corso, i grandi cantieri aperti” - Roma, 17-18 febbraio 2017: secondo cui “le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di Società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina dettata dal Codice civile in materia di Società di capitali’) è stata più volte considerata dal Legislatore storico e dalla giurisprudenza norma di ‘interpretazione autentica’, nonché, ‘di chiusura del sistema’: si veda, in particolare, il Parere del Comitato per la legislazione del Senato sul Disegno di legge n. 5389 e Servizio Studi della Camera - Osservatorio legislativo e parlamentare, Elementi di valutazione sulla qualità del testo e su specificità, omogeneità e limiti di contenuto del Decreto legge. Definisce tale disposizione ‘norma di chiusura’ che ‘dovrebbe porre fine a questioni interpretative sul regime speciale o ordinario delle Società di cui alla fattispecie’ Regione Siciliana, Circolare 29 agosto 2012, prot. n. 5444, Questioni applicative nell’ordinamento regionale dell’art. 4 del Dl. n. 95/2012, convertito dalla Legge n. 135/2012. In quest’ultimo senso anche Cassazione, Sentenza 13 maggio 2013, n. 11417, in Giur.it., 2013, 1243, che attribuisce a tale norma ‘un significato interpretativo confermativo’; tale Pronuncia è stata ripresa da Cassazione Sezione Lavoro, Sentenza 6 febbraio 2014, n. 2762, e Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 30 ottobre 2013, n. 24524, entrambe reperibili su www.Cassazione.it; nel senso di rinvenire in tale disposizione una conferma in senso privatistico della Società in mano pubblica, anche Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 25 novembre 2013, n. 26283, cit.; da ultimo in tal senso, Cassazione, Sezione VI, Sentenza 4 gennaio 2016, n. 1, in www.iusexplorer.it, ; nello stesso senso, tra le altre, Cassazione, Sezione I, Sentenza 15 ottobre 2013, n. 23381, in Giur. comm, 2014, II, 1011 e seguenti; Tribunale Pescara, Sentenza 14 gennaio 2014, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 2014, secondo cui la legge non prevede “alcuna apprezzabile deviazione, rispetto alla comune disciplina privatistica delle Società di capitali, per le Società miste incaricate della gestione di servizi pubblici istituti dall’ente locale’, ribadendo come il contemperamento tra tutela dei creditori e necessità di efficiente gestione non vada ricercato in istituti di privilegio tipicamente previsti per gli enti pubblici.”

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espressi sia dalla Corte di giustizia UE - che, con le Sen-tenze Volkswagen (Sentenza 23 ottobre 2007, nella cau-sa C-112/05) e Federconsumatori (Sentenza 6 dicembre 2007, nei Procedimenti riuniti nn. C-463/04 e C-464/04), ha ritenuto collidenti con l’art. 56 del Trattato CE disposi-zioni che incidano sul principio della ‘parità di trattamento tra gli azionisti’ - sia dalla Corte Costituzionale che, con le Sentenze n. 35/1992 e n. 233/2006, ha ricondotto al diritto privato le disposizioni sulla nomina e sulla revoca degli Amministratori ed ha sottolineato che l’intuitus personae sotteso al rapporto di nomina degli Amministratori esclude la rilevanza immediata dei princìpi di cui all’art. 97, comma 2, della Costituzione (buon andamento ed imparzialità) (Cassazione, Sezione Unite – Ordinanza 23 gennaio 2015 n. 1237); nonché “Disposizione, questa [l’art. 4 comma 13, quarto periodo, del Dl. n. 95/2012], che elimina qualsiasi dubbio circa l’inquadramento privatistico delle Società con partecipazione dello Stato o di Enti pubblici, la cui specifi-ca disciplina sia contenuta esclusivamente o prevalente-mente nello Statuto sociale. Tale norma infatti, ancorché introdotta in un Provvedimento legislativo volto specifica-mente al contenimento della spesa pubblica (cosiddetta ‘spending review’), ha natura esplicitamente interpretativa e come tale efficacia retroattiva, si caratterizza quale clau-sola normativa ermeneutica generale (norma di chiusura) salvo deroghe espresse, ed impone all’interprete (il quale dubiti dell’interpretazione di disposizioni, anche di caratte-re speciale, in materia di Società a totale o parziale parte-cipazione pubblica) di optare comunque per l’applicazione della disciplina del Codice civile in materia di Società di capitali” (Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 1° dicem-bre 2016, n. 2459).4. La disciplina applicabile alle Società “in house”La Sentenza delle Sezioni Unite affronta diversi aspetti che riguardano la disciplina applicabile alle Società “in house”. I temi sono particolarmente dibattuti ed apparentemente hanno come punto di partenza il tentativo di qualificare la natura di dette Società distinguendo fra diritto privato o diritto pubblico. Per la verità, ancorché la interpretazione data confermi la natura di diritto privato, ciò che appare ora ulteriormente chiarito è che, anche a prescindere dalla natura di dette Società, non è più ammessa una esten-

sione delle disposizioni di legge che si applicano ai soci – Pubbliche Amministrazioni – direttamente alle Società “in house” se ciò non viene espressamente previsto da norma di legge. Tale principio va letto come l’introduzione di una deroga alle disposizioni del Codice civile e quelle di diritto comune.4 4.1. La fallibilità delle Società pubblicheL’art. 14 del Tusp sembra avere chiarito ogni dubbio sulla fallibilità delle Società pubbliche. Appare in discussione la portata interpretativa o innovativa della disposizione visto i precedenti giurisprudenziali non univoci.Sul punto, la Sentenza in commento riprende la preceden-te Cassazione Civile 7 febbraio 2017, n. 3196, che aveva riconosciuto la fallibilità delle Società pubbliche sulla base dei seguenti argomenti, che per quanto interessa in que-sta sede possono così sintetizzarsi: - gli Enti Locali, quando utilizzano le Società di capitali, perseguono l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico che comporta che dette Società assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione del principio di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza;

- l’art. 1 della “Legge Fallimentare” esclude dall’area della concorsualità gli Enti pubblici “e non le Società pubbli-che”: per queste ultime trovano applicazione le norme del Codice civile “(Dl. n. 95/2012, art. 4 comma 13, con-vertito con modificazioni dalla Legge n. 135 del 2012 e quindi, Dlgs. n. 175/2016, art. 1, comma 3);

- vanno respinte “le suggestioni dirette alla compene-trazione sostanzialista tra tipi societari e qualificazione pubblicistiche, al di fuori della riserva di legge di cui alla Legge n. 70 del 1975, art. 4, che vieta la istituzione di Enti pubblici se non in forza di atto normativo”.

La norma dell’art. 14 ha portata generale e quindi sembra applicarsi anche alle Società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite, come indicato in precedenza, sulla base di norme di legge. Le conclusioni affermate valgono proprio per le Società “in house”; l’accertamento della condizione delle “in house”, secondo i tassativi parametri di legge (art. 5 del Dlgs. n. 50/2016 e art. 16 del Tusp), è decisivo e la cui carenza

4 Perfetti, Maltoni, Goisis, Antonioli, “Manifesto per una riforma di sistema delle società a partecipazione pubblica”: “Esigenze e proposte. (…) In secondo luogo, nell’ambito di detto riordino della disciplina in tema di Società pubbliche, occorre dare piena attuazione al principio, già codificato dall’art. 4, co. 13, Dl. n. 95 del 2012, secondo cui tutte le disposizioni di carattere speciale si interpretano nel senso che al di fuori di quanto espressamente stabilito, si applica la disciplina del Codice civile sulle Società di capitali”.

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esclude ab origine la giurisdizione contabile5 e neppure è ammessa la presunzione della condizione del citato ”in house” di fatto o simulato6.Nell’ambito delle Società a partecipazione degli Enti Loca-li, lascia qualche dubbio la fallibilità delle Società c.d “delle reti”, che hanno ricevuto in proprietà le reti dell’acquedot-to. Tali Società hanno potuto ricevere in proprietà beni del demanio acquedottistico comunale in virtù di una norma di legge7 ora abrogata che era funzionale a favorire la se-parazione fra proprietà delle c.d. essential facility (alloca-te nelle Società delle reti) e gestione del “Servizio idrico” allocato in altra diversa Società, avviando un processo di industrializzazione per il quale il modulo della Società per azioni appariva preferibile.Si deve concludere quindi che le Società delle reti, in vi-genza dell’art. 113, comma 13, del Tuel, sono divenute proprietarie delle reti idriche (reti, impianti e dotazioni pa-trimoniali) dando luogo ad un fenomeno simile alla sdema-nializzazione di fatto. Le Società delle reti hanno acquisito

tale proprietà, o attraverso un conferimento, o attraverso un aumento del capitale sociale (e quindi accrescendo la garanzia dei terzi creditori), ovvero pagando un prezzo per l’acquisto e sovente indebitandosi.Se si ammette il fallimento di tali Società, come appari-rebbe dal tenore dell’art. 14 del Tusp, si deve allora con-sentire che il Curatore fallimentare possa legittimamente porre in vendita al miglior offerente tali asset con la verifica della sola condizione che esse mantengono la destina-zione d’uso ovvero l’asservimento all’esercizio del pubbli-co servizio. Verosimilmente appare invece prima logico e poi anche necessario che le reti ritornino nella proprietà dell’Ente Locale socio – originario proprietario – al fine di ricostituire la situazione quo ante di legittima condizione di beni demaniali. Tale auspicato ri-trasferimento della pro-prietà in capo all’Ente Locale socio deve però scontare il prezzo di trasferimento che l’Ente Locale dovrà ricono-scere alla massa fallimentare, non potendo certamente invocarsi una devoluzione gratuita come avviene nelle

5 Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, Sentenza n. 230 del 12 settembre 2018.

6 Cfr. Cassazione civile a Sezioni Unite, con l’Ordinanza n. 19108/2018 che, in sede di regolamento preventivo, ha dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti su una vicenda riguardante i Responsabili tecnici e i loro ausiliari dipendenti di una Società di “Trasporto pubblico locale” della Regione Abruzzo. Infatti, nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, ovvero una Società interamente pubblica, è stato analizzato lo Statuto scrutinando l’effettiva disciplina del “controllo analogo”, per arrivare a negare una relazione di “in house providing” tra socio e Società, in quanto non era soggetta a un “controllo analogo” a quello esercitato dall’Ente pubblico sui propri Uffici, giacché lo Statuto “prevedeva che i poteri di gestione dell’impresa, al pari dei poteri di vigilanza sulla medesima gestione e sulla contabilità, venissero attribuiti ai competenti Organi sociali secondo criteri del tutto corrispondenti a quelli di regola previsti nelle normali Società azionarie di diritto privato”.

7 I beni demaniali infatti si distinguono in: (i) beni demaniali che sono tali per il solo fatto di essere contemplati dall’art. 822, comma 1, C.c.: il lido del mare, le spiagge, le rade, i porti e così via “appartengono allo Stato e fanno patte del demanio pubblico”. E, dunque, sono necessariamente ed esclusivamente demaniali: nessuno, ad eccezione della mano pubblica, può esserne proprietario - c.d., per l’appunto, “demanio necessario” o “beni riservati”; (ii) beni demaniali che fanno parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato (art. 822, comma 2, C.c.) o agli Enti Locali (art. 824 del C.c.): i beni indicati dall’art. 822, comma 2, C.c. sono demaniali solo se appartengono allo Stato o ad altri Enti territoriali. Ciò implica che quei beni possono non appartenere alla mano pubblica e, quindi, non essere demaniali - è il c.d. “demanio accidentale”. Fra i beni indicati dall’art. 822, comma 2, C.c. figurano gli “acquedotti”. Nel Codice civile gli acquedotti (parte principale della rete idrica) possono essere beni pubblici (e, se lo sono, sono beni demaniali), ma non è necessario che lo siano. Tale regime è confermato dall’art. 143, comma 1, Dlgs. n. 152/2006: “gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli artt. 822 e seguenti del Codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge”. In altri termini, solo se pubbliche le reti idriche sono beni demaniali. Se ne trae, a contrario, che le reti idriche possono non essere demaniali. Tale conclusione è ulteriormente confermata dall’art. 144, comma 1, Dlgs. n. 152/2006 che, con riguardo a “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo” sancisce incondizionatamente che esse “appartengono al demanio dello Stato”, così includendole nel demanio necessario. Si deve concludere che anche alla luce dell’art. 142 del Dlgs. n. 152/2006, la rete idrica è un bene demaniale solo se appartiene allo Stato o agli Enti Locali, ossia è un bene del demanio accidentale. I conferimenti degli acquedotti di proprietà degli Enti Locali, pur appartenendo al c.d “demanio accidentale” erano trasferibili in proprietà alle Società indicate dall’art. 113, comma 13, del Tuel, che viene letto come(i) la conferma che le Società di reti sono una species di Società “in house”, con la conseguenza che non v’è alcuna deroga al regime demaniale (dal momento le Società “in house” sono articolazioni organizzative dell’ente o degli enti che le costituiscono; (ii) rappresenta una deroga all’inalienabilità delle reti, ove queste siano beni demaniali, che implica una “sdemanializzazione di fatto” delle reti idriche effettivamente conferite nelle Società delle reti. Il trasferimento della rete idrica ad una Società distinta dai Comuni che ne sono soci ha cagionato il venir meno della demanialità della rete: la rete idrica non appartiene più allo Stato o ad un ente locale. Da qui la “sdemanializzazione di fatto”, cioè il venir meno del vincolo di inalienabilità delle reti idriche per effetto del trasferimento ad un ente non contemplato dagli artt. 822, comma 2, e 824 del Codice civile. Pertanto, la circolazione delle reti idriche trasferite alle società di reti ai sensi dell’art. 113, comma 13, Tuel, è divenuta libera, ferma restando la funzionalizzazione di quei beni all’uso pubblico (la distribuzione dell’acqua ai cittadini dei Comuni interessati). L’art. 113, comma 13, Tuel, è stato poi implicitamente abrogato dall’art. 23-bis, comma 11, Dl. n. 112/2008 (come ritenuto dalla Corte Costituzionale, Sentenza 25 novembre 2011, n. 320). L’abrogazione, a differenza dell’annullamento, ha efficacia ex nunc. La norma abrogata perde efficacia per il futuro, a partire dal momento in cui entra in vigore la norma che ne ha disposto l’abrogazione. Nel nostro caso, l’art. 113, comma 13, Tuel, è divenuto inefficace a partire dal 2008.

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concessioni. L’avere consentito la sdemanializzazione delle reti con allocazione della proprietà in Società, che possono a loro volta fallire, denota una non coerenza del sistema che finisce per penalizzare la proprietà pubblica di beni essenziali allo svolgimento di un servizio pubblico, quale il “Ciclo idrico integrato”. 4.2 Il reclutamento del personale ed il rapporto di la-

voro subordinatoL’art. 19 del Tusp, rubricato “Gestione del personale”, ha definitivamente stabilito che si applicano ai dipendenti del-le Società a partecipazione pubblica le disposizioni del Li-bro V, Capo I, Titolo II del Codice civile, vale dire le regole privatistiche del rapporto di lavoro subordinato e ferma re-stando la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provve-dimenti e delle procedure di reclutamento del personale.Si conferma il principio risalente a Cassazione Sezioni Unite, Ordinanza 22 dicembre 2011, n. 28329, che ave-va già stabilito che l’attività di reclutamento del personale “si inserisce pur sempre nell’agire (jure privatorum) della Società, senza comportare esercizi di pubbliche potestà e senza incidere sulla giurisdizione”. Deve dunque coe-rentemente concludersi che le Società “in house”, lungi dall’essere Enti di diritto pubblico e articolazioni sostan-ziali di una Pubblica Amministrazione, rappresentano al contrario soggetti che operano secondo il diritto privato, dunque ontologicamente estranei all’ambito di operatività dell’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165 del 2001.In questo senso militano: - Corte di Cassazione a Sezioni Unite, Sentenza 27 mar-zo 2017, n. 7759, che ha annullato per difetto di giuri-sdizione la Sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, depositata l’11 dicembre 2015, che aveva sostenuto la natura pubblicistica delle Società “in house”, in quanto riscontrava in esse la natura di articolazione in senso sostanziale della Pubblica Amministrazione, con conse-guente applicabilità per le medesime dell’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001. Tale Sentenza della Cassazio-ne motiva con 2 precedenti:• Sentenza a Sezioni Unite 25 novembre 2013, n.

26283, nella parte in cui afferma che le Società “in house” costituiscono in realtà mere articolazioni della

Pubblica Amministrazione e quindi necessariamen-te ne dovrebbero rispettare le regole generali di fun-zionamento – va in realtà interpretata nel senso già indicato dalle Sezioni Unite con propria Sentenza 1° dicembre 2016, n. 24581, per cui “il precedente del 2013 non ha una valenza generale che impone l’appli-cabilità di tutte le regole che disciplinano le Pubbliche Amministrazione ma è riferita alla disciplina del riparto di giurisdizione nel caso di azione di responsabilità per danno erariale (questione che involge in specifico l’u-tilizzazione del denaro pubblico)”;

• Sentenza Sezioni Unite 1° dicembre 2016, n. 24581 che “precisa principi in toto applicabili alla fattispecie in esame che si condividono e cui si intende dare con-tinuità”. La Corte ha infatti precisato (cfr. punto 5 della motivazione) “che è bensì vero che le Sezioni Unite di questa Corte, nella già menzionata Sentenza n. 26283/13, hanno affermato che le Società ‘in house’ costituiscono in realtà articolazioni della Pubblica Am-ministrazione da cui promanano e non soggetti giuridi-ci ad essa esterni e da essa autonomi; tuttavia, hanno altresì avuto cura di precisare che siffatta affermazio-ne va intesa ai limitati fini del riparto di giurisdizione. Precisazione, questa, che si riferisce, ovviamente, al riparto di giurisdizione riguardante l’azione di respon-sabilità per danni arrecati dall’illegittimo comporta-mento degli Organi sociali al patrimonio della Società, che costituiva oggetto di quel giudizio (….). Ciò non implica però, necessariamente, che anche sotto ogni altro profilo l’adozione del paradigma organizzativo societario che caratterizza le Società ‘in house’ sia ir-rilevante e che le regole proprie del diritto societario siano poste fuori gioco. Sarebbe illogico postulare che la scelta di quel paradigma privatistico per la realizza-zione delle finalità perseguite dalla Pubblica Ammini-strazione sia giuridicamente priva di conseguenze, ed è viceversa del tutto naturale che quella scelta, ove non vi siano specifiche di posizioni in contrario o ra-gioni ostative di sistema, comporti l’applicazione del regime giuridico proprio dello strumento societario adoperato’.8 In forza delle suesposte argomentazioni,

8 La dottrina ritiene che la sentenza Cassazione, Sezione Unite, n. 7759/2017, “ anche con espresso riguardo alla novella [art. 19 del Tusp], ha desunto ‘l’intenzione del Legislatore di non obbligare le Società a controllo pubblico ad indire pubblici concorsi’; così presumibilmente valorizzando la limitazione del richiamo ad un segmento soltanto della disciplina di cui all’art. 35 del Tupi, (….) ed in particolare il perdurante mancato rinvio a quel comma 1 che costituisce, esso sì, la vera fonte, in uno con l’art. 97 della Costituzione, dell’obbligo concorsuale ai fini dell’assunzione con contratto di impiego pubblico.” In Filippo Maria Giorgi, “Il regime del concorso non è obbligatorio ex lege nelle società in house“ in “Il Lavoro nella giurisprudenza”, n. 8-9 del 2017.

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la Sentenza della Sezione VI del Consiglio di Stato, che aveva affermato il contrario, è stata pertanto an-nullata dalle citate Sezioni Unite con l’Ordinanza 27 marzo 2017 n. 7759, stante insanabile difetto di giu-risdizione in ragione della erroneità del presupposto giuridico: aver cioè ritenuto che le Società ‘in house’ costituissero articolazione in senso sostanziale della Pubblica Amministrazione, laddove invece per esse vige quel ‘paradigma privatistico’ che comporta ‘l’ap-plicazione del regime giuridico proprio dello strumento societario adoperato’;

- Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza 11 dicembre 2015, n. 5643, che ha stabilito che, “con la recente Sen-tenza n. 27 marzo 2017, n. 7759, le Sezioni Unite del-la Corte di Cassazione hanno dichiarato la sussisten-za della giurisdizione del Giudice ordinario in materia

di controversie relative alle procedure di assunzione di personale alle dipendenze di Società c.d ‘in house pro-viding’ ed hanno conseguentemente annullato la suin-dicata Sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, 11 dicembre 2015 n. 5643”;

- Cassazione civile, Sezione Lavoro, Sentenza 9 genna-io 2018, n. 271, che, riprendendo l’insegnamento delle Sezioni Unite citate, ha ribadito la giurisdizione del Giu-dice ordinario per le controversie di lavoro in quanto alle Società “in house” si applica la disciplina privatistica del lavoro.9

- Tar Umbria, Sentenza 29 gennaio 2014, n. 8310 Con-fermano le conclusioni del Tar Umbria le successive Sentenze Tar Lazio – Roma Sezione II–ter, Sentenza n. 7254 del 21 giugno 201711; Tar Toscana Sezione I, Sen-tenza n. 1094 del 25 luglio 2018; Tar Abruzzo–Pescara,

9 Cassazione civile, Sezione Lavoro, Sentenza 9 gennaio 2018, n. 271: “13. La Società di capitale con partecipazione pubblica, infatti, non muta la sua natura di soggetto privato solo perché’ un Organismo pubblico, sia pure in forma di società legale come l’(omissis) Spa, ne possegga in tutto o in parte le azioni, in quanto il rapporto tra Società e soggetto pubblico è di assoluta autonomia non essendo a quest’ultimo consentito incidere unilateralmente sulla svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della Società di capitale mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina pubblica presenti negli organi della Società. Del resto, la Società appaltatrice non perde la qualità imprenditoriale perché’ le norme speciali, volte a regolare la costituzione della Società, la partecipazione pubblica al suo capitale e la designazione dei suoi organi, non possono incidere sul modo in cui essa opera nel mercato, né possono comportare il venir meno delle ragioni di tutela dell’affidamento di terzi contraenti contemplate dalla disciplina civilistica (cfr. Cassazione, Sentenza n. 3196/2017)”. ”Né la eventuale divergenza causale rispetto allo scopo lucrativo appare sufficiente ed escludere che, laddove sia stato adottato il modello societario, la natura giuridica e le regole di organizzazione della partecipata restino quelle di una società di capitali disciplinato in via generale dal codice civile, rilevando non il tipo di attività esercitata (funzioni e compiti svolti ex lege) ma la natura del soggetto, ai fini della applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale.16. Infine, la mancanza di una disciplina legislativa specifica per le due società in questione ((omissis) Spa e (omissis) Srl), con deroga espressa delle norme del codice civile, fa si’ che il fenomeno resti regolato da 2 normative coesistenti: quella pubblicistica che regola la partecipazione del soggetto pubblico (con la possibilità di nominare i componenti degli Organi sociali e di avvalersi degli strumenti di diritto societario) e quella privatistica che attiene al funzionamento della Società, con un rapporto di autonomia tra le 2 persone giuridiche. 17. Affermata, pertanto, la autonomia e la struttura privatistica della Società collegata e/o partecipata, ne discendono due corollari. 18. Il primo attiene alla individuazione del giudice competente in ordine al reclutamento del personale da parte delle Società a controllo pubblico. 19. Il secondo riguarda il sindacato sull’accertamento delle vicende dei rapporti lavorativi di dette società e la individuazione della normativa applicabile. 20. Con riferimento al primo, le Sezioni Unite di questa Corte (da ultimo Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 27 marzo 20017, n. 7759; Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 1° dicembre 2016, n. 24591) hanno affermato il principio di diritto per cui le procedure seguite dalle Società cosiddette ‘in house providing’ per l’assunzione di personale dipendente sono sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario.21. Circa il secondo deve statuirsi, conseguentemente, che le vicende dei rapporti di lavoro del suddetto personale sono regolate dal diritto del lavoro privato e a tale regolamentazione deve aversi riguardo per valutare anche gli aspetti funzionali ed estintivi dei rapporti medesimi, oltre che quelli genetici”.

10 Tar Umbria, Sentenza 29 gennaio 2014, n. 83: “La circostanza che il capitale sociale sia integralmente pubblico non vale infatti ad escludere l’enucleazione di un rapporto intersoggettivo, in quanto, come più volte la giurisprudenza ha sottolineato per le aziende municipalizzate, si tratta di strutture autonome e distinte rispetto all’organizzazione pubblicistica, che non ne consente l’equiparazione alle ‘Pubbliche Amministrazioni’, per le quali l’art. 63, comma 4, del già richiamato Dlgs. n. 165/2001, norma speciale, di stretta interpretazione, riserva la giurisdizione amministrativa limitatamente alle procedure concorsuali volte all’assunzione dei dipendenti (in termini, tra le tante, Tar Calabria, Reggio Calabria, Sentenza 17 aprile 2012, n. 282; Tar Lazio, Sezione II-quater, Sentenza 14 giugno 2011, n. 5266; Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 10 marzo 2011, n. 5685)’, sicché ‘Detto in altri termini, la giurisdizione del giudice amministrativo non può ravvisarsi in relazione all’insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società privata, anche quando qualificabile come ‘organismo di diritto pubblico’, perché comunque non annoverabile tra le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165 del 2001 (Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 30 gennaio 2013, n. 570; ne consegue che ‘la giurisdizione del giudice amministrativo non può ravvisarsi in relazione all’insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società privata, anche quando qualificabile come ‘organismo di diritto pubblico”, perché comunque non annoverabile tra le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165 del 2001 (Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 30 gennaio 2013, n. 570)”.

11 Tar Lazio – Roma Sezione II–ter, Sentenza n. 7254 del 21 giugno 2017: “a tal proposito, le Sezioni Unite della Cassazione, con Sentenza 27 marzo 2017, n. 7759, hanno affermato che le Società ‘in house’ costituiscono in realtà mere articolazioni della Pubblica Amministrazione, ma con riferimento alla sola materia del danno erariale, e che, quindi, riguardo al reclutamento del personale va mantenuta ferma la giurisdizione ordinaria, ‘trattandosi di atti posti in essere da un soggetto di diritto privato nell’esercizio di poteri privatistici”.

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Sentenza n. 101 del 15 marzo 2018, che ricostruisce la consolidata giurisprudenza sulla competenza del Giudi-ce ordinario per le controversie di lavoro che riguardano le Società “in house” risalenti ad anni precedenti l’ema-nazione dell’art. 4, comma 13, della “Spending review”, in base al principio che le Società a partecipazione pubblica non rientrano nella fattispecie delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001.12

Sintetizzando, per quanto esposto si deve concludere che: - le Società “in house” non sono classificabili fra le Pubbli-che Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, e ad esse non si applica tale disciplina pub-blicistica bensì le disposizioni contenute nel Codice civi-le e le norme generali di diritto privato salvo le deroghe previste dal Tusp;

- le disposizioni contenute nell’art. 18 del Dl. 25 giugno 2008, n. 112 come sostituite dalle disposizioni dell’art. 19 del Tusp si atteggiano a:• norme di rango eccezionale, in quanto derogatorie del

Codice civile e delle disposizioni del diritto comune sul reclutamento del personale dipendente e pertanto di stretta interpretazione letterale ai sensi dell’art. 14 del-le Preleggi;

• norma di rango sostanziale, in quanto le procedure di reclutamento del personale dipendente sono atti posti in essere da un soggetto di diritto privato nell’eserci-zio di poteri privatistici senza comportare l’esercizio di

potestà pubbliche, come inequivocabilmente dispone la legge - art. 19 del Tusp - che rinvia alla giurisdizione ordinaria e non amministrativa.13

4.3. L’esercizio dei diritti dell’azionista e la competen-za del Giudice ordinario (nomina e revoca diretta degli Amministratori)

La Sentenza in commento ritorna sul tema della giuri-sdizione per l’esame delle controversie fra soci pubblici e controversie fra la Società “in house” ed i soci pubblici riprendendo alcuni precedenti sempre della stessa Corte.Infatti, si legge che “queste Sezioni Unite, anche alla luce di talune Decisioni della Corte dei conti e della posizione critica assunta da una parte della dottrina, hanno poi effet-tuato importanti precisazioni, soprattutto approfondendo il tema della riferibilità degli atti compiuti dall’Ente pubblico uti socius, non derivanti dall’esercizio di poteri di natura pubblicistica. Si e quindi affermato che, ‘in tema di Socie-tà partecipata da un Ente Locale, pur quando costituita secondo il modello del cd. ‘in house providing’, le azioni concernenti la nomina o la revoca di Amministratori e Sin-daci, ai sensi dell’art. 2449, Codice civile, spettano alla giurisdizione del Giudice ordinario, non di quello ammini-strativo, perchè investono atti compiuti dall’Ente pubblico uti socius, non jure imperii, e posti in essere a valle della scelta di fondo per l’impiego del modello societario, ogni dubbio essendo stato sciolto a favore della giurisdizione ordinaria dalla clausola ermeneutica generale, in senso privatistico, prevista dal Decreto-legge n. 95 del 2012, art.

12 Tar Abruzzo–Pescara Sentenza n. 101 del 15 marzo 2018, che stabilisce “che, secondo una consolidata giurisprudenza non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo con riguardo alla procedura selettiva indetta con l’Avviso di selezione per l’assunzione a tempo indeterminato di n. …..lavoratori dalla (…..) s.p.a., rientrando la stessa tra le c.d. società in house providing. Nel sistema vigente le Società ‘in house’ - pur costituendo sul piano sostanziale mere articolazioni della Pubblica Amministrazione, con la conseguente soggezione alla giurisdizione contabile per ipotesi di responsabilità amministrativa - rimangono Società di diritto privato sul piano formale per cui, quando provvedono alla propria provvista di personale, esercitano la loro generale capacità privatistica, con conseguente devoluzione al Giudice ordinario delle relative controversie (Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 21 giugno 2017, n. 3033); che la (….) Spa, dunque, seppur interamente partecipata con capitali pubblici, è pur sempre Società per azioni, pertanto vale il principio di diritto costantemente ripetuto dalla giurisprudenza secondo il quale le procedure seguite dalle Società ‘c.d. providing’ per l’assunzione del personale dipendente sono sottoposte alla giurisdizione del Giudice ordinario (ex multis Cass.,Sezione Lavoro, Sentenza 9 gennaio 2018, n. 271, Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 27 marzo 2017, n. 7759; Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 1° dicembre 2016, n. 24591; Tar Lazio, Sentenze nn. 1584/2014, 2349/2014, 8542/2014, 9482/2014 e 11196/2014); che l’art. 18 del Dl. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito con modificazioni nella Legge 6 agosto 2008, n. 133), il quale detta regole diverse per le procedure di reclutamento del personale da parte, da un lato, delle società in mano pubblica di gestione di servizi pubblici locali (comma 1), e, dall’altro delle altre Società a partecipazione pubblica totale o di controllo (comma 2), è una norma di diritto sostanziale, la quale non incide in alcun modo sui criteri di ripartizione della giurisdizione in materia di assunzione dei dipendenti, che rimane devoluta, in entrambe le fattispecie anzidette, al Giudice ordinario, trattandosi ugualmente di società non equiparabili alle Pubbliche Amministrazioni (Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 22 dicembre 2011, n. 28330); che l’atto del quale si richiede l’annullamento non è riconducibile all’esercizio di un pubblico potere, in quanto l’obbligo di adottare criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi si inserisce pur sempre nell’agire (jure privatorum) della Società, senza comportare esercizio di pubbliche potestà (cfr. Corte Costituzionale, Sentenze n. 191/2006 e n. 35/2010).”

13 Si conferma il principio risalente a Cassazione, Sezioni Unite, Ordinanza 22 dicembre 2011, n. 28329, che aveva già stabilito che l’attività di reclutamento del personale “si inserisce pur sempre nell’agire (jure privatorum) della Società, senza comportare esercizi di pubbliche potestà e senza incidere sulla giurisdizione”.

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4, comma 13, convertito con modificazioni dalla Legge n. 135 del 2012, oltre che dal principio successivamente sta-bilito dal Decreto legislativo n. 175 del 2016, art. 1, comma 3 (nella specie, peraltro, inapplicabile ratione temporis), a tenore del quale, per tutto quanto non derogato dalle relative disposizioni, le Società a partecipazione pubblica sono disciplinate dalle norme sulle Società contenute nel Codice civile’ (Cassazione, Sentenza 1° dicembre 2016, n. 24591; Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 27 marzo 2017, n. 7759). In particolare, l’individuazione della porta-ta della citata Pronuncia n. 26283 del 2016, i cui principi sono stati in linea generale ribaditi, è stata effettuata sul-la base della conseguenzialità della scelta del paradigma privatistico, ragion per cui si ritenuto ‘del tutto naturale che quella scelta, ove non vi siano specifiche disposizioni in contrario o ragioni ostative di sistema, comporti l’applica-zione del regime giuridico proprio dello strumento societa-rio adoperato’”.In senso adesivo alle conclusioni della Sentenza in com-mento anche Cassazione, Sezioni Unite, Ordinanza 14 settembre 2017, n. 21299, che ha confermato: (i) che “la Società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché la P.A. ne possegga in tutto o in parte le azioni in quanto il rapporto fra società ed ente è di assoluta autonomia (…) (cfr. con riferimento a Spa possedute da Comuni Cassa-zione Sezione Unite, Sentenza 15 aprile 2005, n. 7799)”; (ii) “che per la Pubblica Amministrazione l’esercizio dei propri diritti di azionista – nel caso di specie la revoca dell’Amministratore della Società – non è ‘espressione di una potestà amministrativa bensì dei poteri alla stessi at-tributi dalla legge e trasfusi nello statuto della Società per azioni e quindi manifestazione di una volontà essenzial-mente privatistica’”. Anche le Sezioni Unite del 2017 han-no concluso per il riconoscimento della giurisdizione del Giudice ordinario, confermando il precedente Cassazio-ne, Sezione Unite, Sentenza 1° dicembre 2016, n. 24591, specificatamente riferito al caso di Società “in house”.Peraltro, il tema del rapporto fra socio pubblico e Società partecipata, ancorché riferito all’esercizio dei diritti di azio-nista, è quello che nel tempo ha dato luogo all’affermarsi di numerosissimi pronunciamenti della Suprema Corte di

Cassazione secondo i seguenti affermati principi interpre-tativi: “la Società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché” un Ente pubblico (Stato o Enti Locali) “ne posseg-ga in tutto o in parte, le azioni”: - “ in quanto il rapporto fra Società ed Ente [pubblico] è di

assoluta autonomia, [a quest’ultimo] non essendo con-sentito incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della Società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitarsi a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli Organi della Società (Cassazio-ne, Sezione Unite, Sentenze nn. 2505/2015, 1237/2015, 17287/2006; 7799/2005);

- “dato che tale Società, quale persona giuridica privata, opera nell’esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l’Ente pubblico” (Cas-sazione, Sezione Unite, Sentenze nn. 2505/2015, n. 1237/2015)14“.

4.4 La diversa disciplina fra Organismi che esercitano servizi pubblici locali e Enti pubblici locali (Impresa pubblica vs Pubbliche Amministrazioni)

In tema di disciplina applicabile alla Società a partecipa-zione pubblica, si deve registrare un’interessante recente Sentenza della Cassazione Sezioni Unite (9 agosto 2018, n. 20684), che affronta il tema da angolo visuale comple-tamente diverso rispetto ai precedenti qui citati, pur rag-giungendo i medesimi risultati interpretativi.La questione riguarda un’Azienda speciale che eroga un “servizio pubblico locale” e la controversia portata all’at-tenzione della Suprema Corte attiene alla applicazione o meno della disciplina delle forme dei contratti pubblici se applicabile anche a tale soggetto. La massima di tale de-cisione afferma che, in virtù della natura imprenditoriale dell’attività svolta dall’Azienda speciale di Ente territoriale e della sua autonomia organizzativa e gestionale dall’Ente di riferimento, l’Azienda stessa, pur appartenendo al siste-ma con il quale l’Amministrazione locale gestisce servizi pubblici aventi finalità sociale e di promozione dello svi-luppo delle comunità locali, non può qualificarsi Pubblica Amministrazione in senso stretto, sicché per i suoi contrat-

14 In senso conformi anche le più risalenti Cassazione, Sezioni Unite, Sentenze 6 maggio 1995, n. 4989, 6 giugno 1997, n. 5085; 26 agosto 1998, n. 8454; ed anche Cassazione, Sezioni Unite, Sentenze nn. 3/1993, 4989/1995, 2738/1997. Nella prassi si rileva Circolare Ministero dell’Ambiente 7 ottobre 2001, n. 11559 – B01, che recita che “l’eventuale controllo [del socio P.A.] può avvenire secondo modalità previste dal diritto societario e non certo secondo rapporti gerarchici o strumentali di carattere pubblicistico”.

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ti non è imposta la forma scritta “ad substantiam” ai sensi degli artt. 16 e 17 del Rd. n. 2440/1923, e vige al contrario il principio generale della libertà delle forme di manifesta-zione della volontà negoziale. Interessanti appaiono le motivazioni, per 3 ordini di motivi.Il primo attiene alla richiesta di rinvio alle Sezioni Unite. L’Ordinanza di rimessione ha sottolineato che l’evoluzione normativa (“dalla Relazione al Codice civile del 1942 fino alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE”) e anche la disciplina legislativa sopravvenuta (segnatamente, l’art. 1, comma 3, del Dlgs. n. 175/2016), seppure inapplica-bile alla fattispecie ratione temporis, consente di fonda-re in modo non equivoco l’assoggettamento di qualsiasi Società a partecipazione pubblica alle norme generali del diritto privato (salvo specifiche deroghe non riguardanti la fattispecie de qua).Il secondo perché la Sentenza n. 20684/2018, nell’esame dei modelli di gestione dei “servizi pubblici locali”, ha af-fermato: “una tale disciplina [quella dell’Azienda speciale] non ha visto ulteriori significative evoluzioni (se non, di ri-flesso e quanto a determinate categorie di contratti, quelle indotte dalla disciplina sui contratti pubblici, di cui al Dlgs. n. 163 del 2006 e, poi, al Dlgs. n. 50 del 2016, in materia di contratti di esecuzione di lavori, di fornitura di prodotti e prestazione di servizi), a differenza di quelle costanti del regime, contiguo, delle Società a partecipazione pubblica, in cui l’attività a rilevanza imprenditoriale gestita dall’Ente pubblico tende ormai ad equipararsi per quanto più possi-bile a quella gestita dai privati (Casszione, Sezioni Unite, Ordinanza 1° dicembre 2016, n. 24591): evoluzioni cul-minate nel Dlgs. 19 agosto 2016, n. 175 (‘Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica’, emendato dal Dlgs. 16 giugno 2017, n. 100, recante ‘Disposizioni integrative e correttive al Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica»), che ha completamente ed in modo almeno tendenzialmente organico riscritto il regime della forma di gestione più simile a quella prevista diretta-mente dal Codice civile”.Il terzo motivo attiene al punto seguente: “È così la natura imprenditoriale dell’attività istituzionalmente svolta a con-notare la forma -normalmente libera – dei negozi posti in essere nello svolgimento ed in estrinsecazione di quella (e, quindi, non necessariamente determinando l’applica-zione della disciplina privatistica sotto ogni altro aspetto, soprattutto quanto ai rapporti interni o con l’ente di riferi-

mento, ovvero a fini di responsabilità verso l’ente locale e di giurisdizione contabile in luogo di quella ordinaria), senza propagazione o estensione delle garanzie volte più specificamente alla disciplina delle attività prive di quella stessa preminente rilevanza imprenditoriale od economi-ca e che, se non altro descrittivamente, possono indicarsi come espressione di potestà autoritative. Può pertanto concludersi – così superato l’originario unico esplicito pre-cedente di legittimità sopra ricordato (Cassazione, Senten-za 23 aprile 2014, n. 9219) ed affermato espressamente il principio di diritto a definizione della questione di massima di particolare importanza rimessa a queste Sezioni Unite – che, in dipendenza della natura imprenditoriale dell’atti-vità svolta dall’azienda speciale di ente territoriale e della sua autonomia organizzativa e gestionale rispetto all’ente di riferimento, l’Azienda stessa, pur appartenendo – se non altro a diversi ed ulteriori fini e rimanendo soggetta ai controlli ed alle altre forme di funzionalizzazione agli scopi istituzionali dell’Ente di riferimento espressamente previ-sti – al sistema con il quale la Ppubblica Amministrazione locale gestisce i servizi pubblici che abbiano per oggetto produzioni di beni ed attività rivolte a soddisfare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle co-munità locali, non può qualificarsi, ai fini della normativa sulla forma dei contratti di cui agli artt. 16 e 17 del Rd. 18 novembre 1923, n. 2440, Pubblica Amministrazione in senso stretto; con la conseguenza che per i suoi contratti, salva l’applicazione di speciali discipline per particolari ca-tegorie, non è imposta la forma scritta ad substantiam, né sono vietate la stipula per facta concludentia o mediante esecuzione della prestazione ex art. 1327 del Codice civi-le, ma vige, al contrario, il principio generale della libertà delle forme di manifestazione della volontà negoziale”.Sul punto non può che concludersi che per gli Organismi di gestione dei servizi pubblici posti in essere dagli Enti Locali, a prescindere dalla loro natura pubblica o privata, non vi è una estensione applicativa delle disposizioni di legge che attengono ai soci Enti pubblici: ciò vale eviden-temente – a maggior ragione – per le Società “in house” che gestiscono “servizi pubblici locali”.4.5 La dismissione totale della partecipazione sono

atti di diritto privatoLa Sezione V del Consiglio di Stato ha chiarito che la scel-ta dell’Ente pubblico di dismettere l’intero pacchetto pub-blico costituisce una c.d. “scelta a valle” e cioè una scelta concernente l’utilizzo del modello societario e le relative

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controversie rientrano nella giurisdizione del Giudice or-dinario.15

Infatti, con una tale operazione, il soggetto pubblico si ri-trae completamente dalla vicenda lasciandovi solo sog-getti privati, per cui non si pongono problemi di selezione pubblicistica di un socio destinato a usufruire della colla-borazione privilegiata con il soggetto pubblico, come ac-cade invece nella fase iniziale di scelta del partner privato.A tale conclusione conduce anche la disciplina contenu-ta nell’art. 1 del Decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito in Legge 30 luglio 1994, n. 474. La disposizione detta una disciplina che – sebbene in alcuni suoi profi-li applicativi non trovi diretta applicazione alle Società a partecipazione pubblica locale (in particolare, nella parte in cui prevede che le modalità di alienazione, per ciascu-na Società, vengano determinate con Dpcm.) – esprime tuttavia la regola (valevole per tutte le Società a parte-cipazione pubblica, anche di natura non statale), secon-do cui la dismissione di quote azionarie pubbliche non è soggetta alle norme sull’evidenza pubblica, e nemmeno a quelle sulla contabilità generale dello Stato, risolvendosi in un’operazione che l’Ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche, dovendosi soltanto attenere ai ge-nerali principi di trasparenza e non discriminazione.Ne risulta confermato quindi che la dismissione della par-tecipazione costituisce atto che i soci pubblici compiono iure privatorum anche se l’Ente pubblico abbia, come nel caso di specie, deciso di fare ricorso ad una procedura selettiva che presenta tutte le caratteristiche formali di una vera e propria “gara pubblica”, visto che tale scelta, non imposta dal Legislatore, costituisce un mero “autovincolo” e, come tale, non incide sul riparto della giurisdizione.Con l’emanazione del Tusp si dovranno valutare gli arresti della giurisprudenza sopra riportati alla luce delle dispo-sizioni contenute nell’art. 10 del predetto compendio nor-mativo, con specifico riferimento al comma 2, che recita così: “l’alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discri-minazione. In casi eccezionali, a seguito di Deliberazione

motivata dell’Organo competente ai sensi del comma 1, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. E’ fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto.” Non sfugge che vie-ne dato specifico risalto alle motivazioni economiche che consentono la negoziazione diretta nonché il riconosci-mento del diritto di prelazione da parte degli altri soci ove dovrebbero essere ricompresi – per dare senso compiuto al sistema – anche altri diritti di preferenza degli altri soci.5. La competenza del Giudice contabile Con l’art. 12 del Tusp si è sedimentato l’assetto delle com-petenze del Giudice contabile in materia di Società parte-cipate da Pubbliche Amministrazioni, recependo in mas-sima parte l’orientamento della Cassazione Sezioni unite.Si ricorda che la materia ha avuto almeno 3 momenti sa-lienti:- la Sentenza della Cassazione Sezioni Unite 19 dicem-

bre 2009, n. 26806, che rigettava il riconoscimento del-la competenza del Giudice contabile in quanto i fatti di mala gestio compiuti dagli Amministratori di Società si riflettevano direttamente sul patrimonio delle stesse; patrimonio diverso e distinto da quello dell’ente socio e soprattutto patrimonio di natura privata. Ne conseguiva che il danno non poteva che essere risarcito alla stessa Società;

- l’art. 16-bis del Dl. n. 248/2007 (“Responsabilità degli Amministratori di Società quotate partecipate da Am-ministrazioni pubbliche”), introdotto dalla Legge di con-versione n. 31/2008, che recita che, “per le Società con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipa-zione anche indiretta dello Stato o di altre Amministra-zioni o di Enti pubblici, inferiore al 50%, nonché per le loro controllate, la responsabilità degli Amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del Giudice ordinario. Le disposizioni di cui

15 In senso conforme la Cassazione civile, Sezioni Unite, Sentenza 20 settembre 2013 n. 21588, si è pronunciata e ha delineato il criterio generale secondo cui “spettano alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria considerata dal Legislatore di natura pubblicistica, con la quale un Ente pubblico delibera di costituire una Società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della Società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa. Sono invece attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito”; anche Tar Sardegna, Sentenza 7 aprile 2017, n. 244.

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al primo periodo non si applicano ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della Legge di conversione del presente Decreto”. La dottrina ritiene la norma in perfetta linea con il disposto dell’art. 103 della Costituzione e da ciò fa discendere una interpretazione immediatamente precettiva che sancisce la generalità della giurisdizione contabile.16 L’interpretazione di detta norma autorizzava alcuna dottrina a ritenere riconosciuta la giurisdizione concorrente al Giudice contabile17;

- la Sentenza della Cassazione Sezioni Unite n. 26283/2013, che ha introdotto la giurisdizione del Giudi-ce contabile in via derogatoria ai principi affermati dalla Suprema Corte per il patrimonio leso di una Società “in house”.

5.1 Le diverse azioni di responsabilità previste dal Co-dice civileIl Codice civile prevede la specifica disciplina delle azioni di responsabilità contro gli Amministratori di Società che hanno causato un danno patrimoniale per fatti a loro im-putabili: - nei confronti delle Società (art. 2392 del Cc. e art. 2393-bis del Cc.);

- nei confronti dei creditori sociali (art. 2394 del Cc.); - nei confronti del singolo socio (art. 2395 del Cc.).

Trattasi di azione risarcitoria finalizzata al ristoro del dan-no subìto a favore del danneggiato, e se da un lato viene ricompresa nell’ambito di applicabilità della disciplina ex artt. 2392 e 2393 del Cc. anche la violazione di doveri anche solo indirettamente collegati all’incarico quale ogni manchevolezza nell’esplicitazione di questa, sia questa dolosa o colposa, per altro verso il semplice default eco-nomico o risultati negativi della gestione non determinano di per se una responsabilità in capo all’Organo ammini-strativo. Infatti, le scelte di gestione imprenditoriale, im-ponendo una valutazione di opportunità e convenienza, attengono all’ambito della discrezionalità e non possono costituire oggetto del giudizio del Giudice in relazione al

principio della insindacabilità nel merito delle scelte gesto-rie (“Business Judment Rule”).18 La disciplina si applica agli Amministratori, in quanto soggetti a cui la legge attribuisce la funzione gestoria e la connessa responsabilità per gli atti compiuti in rappre-sentanza della Società amministrata. Pur trattandosi di re-sponsabilità contrattuale, essa non riguarda in via diretta i dipendenti, che notoriamente nelle Società di capitali non hanno poteri di gestione o di rappresentanza previste per legge. L’art. 2394 del Codice civile disciplina l’azione di respon-sabilità legittimando l’Assemblea dei soci, mentre nell’art. 2393-bis, a tutela delle minoranze, l’azione è promossa dai soci con uno schema tipico di legittimazione straordi-naria (sostituzione processuale) ovvero dell’azione surro-gatoria.Per una più puntuale analisi delle sostanziali differenze fra l’azione di responsabilità per danno previste dal Codice civile e quelle invece azionabili dal Giudice contabile, si rinvia alla Sentenza della Cassazione Civile n. 519/2010.5.2 La competenza del Curatore fallimentareL’art. 146 della “Legge Fallimentare” stabilisce che sono esercitate dal Curatore, previa autorizzazione del Giudi-ce delegato sentito il Comitato dei creditori, le azioni di responsabilità contro gli Amministratori, i componenti gli Organi di controllo, i Direttori generali e i Liquidatori. Secondo un orientamento, il Curatore del fallimento del-la Società è legittimato anche all’azione di responsabilità verso gli Amministratori ex art. 2491 del Cc.19; in quest’ot-tica, si è affermato che l’autorizzazione del Giudice dele-gato all’esperimento dell’azione di responsabilità ex art. 2932 del Cc. consente al Curatore di esercitare anche l’a-zione ex art. 2449 del Codice civile20. Pertanto, il Curatore revoca gli Amministratori della Socie-tà fallita, nominati in via diretta dai soci pubblici ai sensi del predetto art. 2449 del Cc., sostituendosi quindi a loro. 5.3 L’art. 12 del Tuel ed il danno al patrimoniale recato

16 F. Cerioni “La responsabilità degli Amministratori delle Società e degli enti pubblici soci per danno erariale” in AA.VV. “Le Società pubbliche nel Testo unico”, a cura dello stesso autore, Milano 2017.

17 A F. Cerioni op.cit.

18 Cassazione civile, Sentenza 22 febbraio 2015, n. 1783; Cassazione civile, Sentenza 12 febbraio 2013, n. 3409.

19 Tribunale Milano, Sentenza 15 novembre 1973, G. comm. 74, Il, 67; contra: Tribunale Milano, Sentenza 22 aprile 1970, D. fall. 70, II, 901.

20 Tribunale Milano, Sentenza 20 novembre 1975, G. comm. 76, II, 679.

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alla Società “in house” e quello all’Ente socioIn merito all’art. 1221, quale fonte novellata della giurisdi-zione contabile in materia di Società “in house”, la dottrina rileva le seguenti caratterizzazioni: - la norma riguarda l’assoggettamento alla giurisdizione

delle Corte dei conti e quindi il riconoscimento di una responsabilità, non solo in capo agli Amministratori, ma anche in capo ai Dirigenti delle Società, cosi come pe-raltro prevedeva la legge delega;

- nel comma 1 si precisa che viene fatta salva la giurisdi-zione contabile rispetto la Società “in house” “per il dan-no erariale”, lasciando intendere che anche per la So-

cietà “in house” sia configurabile un danno non erariale.La Corte dei conti ha da sempre avuto una vis espansiva nel considerare danno al patrimonio dell’Ente socio, tanto i c.d. “danni diretti” che i “danni indiretti” imputabili all’agire degli Amministratori delle Società “in house”.Autorevole dottrina ha presentato uno specifico decalogo distinguendo fra danno diretto e danno indiretto22; tuttavia, è risultato evidente che per la prassi e per la giurispruden-za della Corte dei conti non vi sono distinzioni di sostanza, tali da non giustificare la competenza del Giudice conta-bile, fra danno diretto o danno indiretto al patrimonio pub-blico23. Emblematica in tal senso la interpretazione della

22 F. Cerioni op.cit.

21 Art.12 - (“Responsabilità degli Enti partecipanti e dei componenti degli Organi delle Società partecipate”)“1.I componenti degli Organi di amministrazione e controllo delle Società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle Società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli Amministratori e dai dipendenti delle Società in house. E’ devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2.2.Costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, direttamente subito dagli Enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli Enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione”.

23 F. Cerioni op.cit., “Una prima tipologia di danno al patrimonio sociale è quello che comporta la riduzione del capitale per perdite (secondo quanto disposto per le Spa dagli artt. 2446 e 2447 C.c. e per le Srl dagli artt. 2482-bis e 2482-ter), ovvero la determinazione dello stato di insolvenza, con la sottoposizione dell’ente alle procedure concorsuali e al definitivo scioglimento. Una seconda tipologia di danno al patrimonio sociale, esaminata dalla Cassazione, è quella che deriva dall’indebita sottrazione degli utili sociali da parte degli Amministratori. Una terza tipologia di danno patrimoniale non rintracciabile nei repertori della giurisprudenza civile, ma spesso esaminata dalle Procure della Corte dei conti che possono procedere d’ufficio all’accertamento delle responsabilità è quella derivante dall’uso dei beni sociali (carte di credito, autovetture, alloggi di servizio) per soddisfare bisogni personali, ovvero, dalla richiesta di rimborsi per spese sostenute per finalità estranee all’oggetto sociale. Una quarta tipologia di danno al patrimonio sociale è quella che deriva dall’assunzione di personale non necessario, non previsto dalla pianta organica, e spesso sovrabbondante, ma effettuata dietro puntuali raccomandazioni o sollecitazioni dei vertici dell’Ente — Regione, Provincia, Città Metropolitana o Ente Locale - controllante, soggetto ai limiti di assunzione imposti dalla legge, anche al fine di rispettare il Patto di stabilità. Un caso singolare è stato esaminato dalla Sezione siciliana della Corte dei conti, che ha riscontrato come l’assunzione di 4 unità di personale fosse avvenuta non solo senza la valutazione dell’effettivo fabbisogno dell’ente (si trattava di parenti di ex dipendenti deceduti) ma pure in violazione di un puntuale divieto di assunzione emanato con uno specifico atto di indirizzo del Presidente della Regione e dunque avesse concretato un danno al patrimonio sociale. Talora poi il personale in questione viene impiegato direttamente dall’Ente Locale attraverso contratti di appalto di servizio che prevedono la messa a disposizione del personale necessario con la successiva assunzione da parte dell’Ente stesso senza l’espletamento di procedure concorsuali (o, come si usa dire, viene ‘internalizzato’). Parimenti dannosi sono i casi di attribuzione di incarichi di collaborazione o consulenza a soggetti esterni alla compagine sociale, senza una seria ricognizione preventiva dell’utilità dell’incarico nonché della presenza di risorse interne idonee a svolgerlo, specie prima del 2009, attesi i limiti stabiliti dall’art. 61, comma 7, del Dl. n. 112/2008 (e poi ribaditi dall’art. 4, comma 10, del Dl. n. 95/2012). Una quinta tipologia di danno al patrimonio sociale, vagliata sempre dai giudici contabili, deriva dalla promozione indiscriminata del personale delle Società ad una qualifica superiore ovvero dalla corresponsione al medesimo personale nonché agli Amministratori di incrementi retributivi, premi ed indennità, non dovuti o addirittura vietati dalla legge, ovvero dalla corresponsione di compensi in misura superiore ai limiti legali fissati anche per le Società pubbliche. Una sesta tipologia di danno al patrimonio sociale può derivare dalla corresponsione di compensi ai componenti degli organi sociali già titolari di incarichi di amministrazione nell’Ente Locale, in violazione del divieto posto dall’art. 1, comma 718, della Legge n. 296/2006, fatte salve le incompatibilità previste dall’art. 13 Dlgs. n. 39/2013, che comunque comportano la nullità del contratto. Una settima tipologia di danno al patrimonio sociale accertata dai giudici contabili è quella che deriva dal pagamento di sanzioni riferibili a condotte o ad omissioni degli Amministratori, dei dipendenti e persino dei collaboratori esterni dell’Ente.” (……) I danni patrimoniali direttamente sopportati dall’Ente pubblico socio, invece, sono quelli che derivano:a) dal mancato raggiungimento dei risultati di pubblica utilità per cui la Società è stata costituta con conseguente inutile dispendio di risorse pubbliche

ovvero dell’abuso dello strumento societario per eludere inderogabili vincoli pubblicistici (nazionali o europei);b) dai versamenti in conto capitale a favore della Società per ripianare le perdite;c) dall’accantonamento nel fondo vincolato già previsto dall’art. 1, co. 551, della Legge n. 147/2013 ed ora dall’art. 21 del ‘Testo unico’, di importi

corrispondenti al risultato negativo di esercizio non immediatamente ripianato;d) dalla necessità di effettuare prestiti all’ente partecipato non remunerativi o non restituiti;e) dalla necessità di fornire garanzie alle operazioni di finanziamento da parte di terzi (banche Società finanziarie, ecc.);f) dalla svalutazione della partecipazione sociale derivante dalle condotte degli Amministratori che abbiano pregiudichino seriamente il patrimonio o

determinato un ‘downgrading’ della Società;g) dalla perdita integrale del capitale investito nella Società (cosiddetto cd. danno da dissipazione della partecipazione sociale);h) dalla perdita conseguente al mancato esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli Amministratori delle partecipate responsabili del

pregiudizio al patrimonio sociale (che consente al socio pubblico di chiedere i danni anche per le condotte che non determinano effetti negativi sul patrimonio dell’ente pubblico);

i) dalla lesione/compromissione dell’immagine dell’ente pubblico finanziato (con i limiti previsti dall’art. 17, comma 30-ter, Dl. n. 78/2009).

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Corte dei conti che ritiene che il Procuratore possa agire direttamente sugli Amministratori della Società che hanno fatto un uso improprio delle carte di credito nella evidente convinzione che le casse sociali siano in tutto denaro pub-blico, a dispetto di una autonomia giuridica e patrimoniale perfetta delle Società pubbliche.5.4 Competenza esclusiva, concorrente, in surroga della Corte dei conti: la dottrinaSecondo quanto osservato circa la portata letterale dell’art. 12 emerge, da un lato, una supposta ipotesi di danno non erariale perseguibile anche contro gli Amministratori della Società “in house”, e dall’altro lato, il sintagma “fatta sal-va giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale causato dagli Amministratori e dipendenti della Società ‘in house’” alluderebbe a una competenza esclusiva.La dottrina si divide fra giurisdizione concorrente e sur-rogatoria mentre le procure delle Corte dei conti – come nel caso esaminato dalla Sentenza delle Sezioni Unite in commento - propendono per una competenza esclusiva.L’autorevole dottrina24, che propende per la giurisdizione concorrente affronta – con soluzione positiva - anche la questione della potenziale duplicazione del risarcimento del danno: uno per il risarcimento a favore delle Società per le azioni di responsabilità azionate in base alle dispo-sizioni civilistiche, e l’altro a risarcimento esclusivamente del patrimonio pubblico per l’azione attivata dalla Magi-stratura contabile.“Qualora il danno ‘cagionato alla Società’ si traduca anche in un ‘danno erariale’ del socio pubblico, patrimoniale o non patrimoniale, come definito dall’art. 12 Tusp, l’eserci-zio dell’azione contabile potrà così concorrere con le al-tre azioni poste a garanzia dei soci e dei creditori sociali previste dal Codice civile, come avviene per altre fattispe-cie di responsabilità patrimoniale devolute alla giurisdi-zione contabile. Ed invero la legittimazione straordinaria del Pubblico ministero contabile, garantita dalle diverse disposizioni succedutesi nel tempo in tema di contabilità pubblica, non può precludere alle Società pubbliche, dan-neggiate da attività dei propri dipendenti, di agire in sede civile per risarcimento dei danni, ovvero, nei casi di reati, di costituirsi parte civile nei relativi procedimenti penali. Tuttavia, il ‘Testo unico sulle Società pubbliche’ ha limitato

l’azione del Pubblico ministero contabile volta ad ottenere il risarcimento del danno erariale sicché detta azione po-trà avere ad oggetto solo la reintegrazione del patrimonio del socio pubblico danneggiato o il risarcimento del danno all’immagine. La giurisdizione concorrente, del resto, non genera, né il discredito dell’Ente, né un aggravio al regime delle responsabilità, né il rischio di una doppia condanna in capo agli Amministratori delle Società pubbliche, even-tualmente chiamati a risarcire il danno cagionato al pa-trimonio dell’Ente, una prima volta dinanzi alla Corte dei conti e successivamente davanti al Giudice civile, come paventato da parte della dottrina, perché, in disparte la considerazione che le 2 azioni possono rivolgersi contro soggetti diversi (passivamente legittimati rispetto ad un’a-zione ma non rispetto all’altra), in sede esecutiva si dovrà sempre tener conto di quanto eventualmente già pagato dal responsabile del nocumento patrimoniale per effetto di Pronunce di altri Organi giurisdizionali. La concorrenza tra l’azione contabile e quella civile non dà luogo pertanto ad alcuna duplicazione di responsabilità per mala gestio in capo agli Amministratori delle Società pubbliche, perché ha obiettivi e finalità differenti, avendo riguardo, la prima essenzialmente alla tutela del patrimonio ‘pubblico’, in os-sequio ai canoni, di rilievo costituzionale, dell’autonomia e dell’indipendenza, ma indirettamente garantisce anche gli azionisti privati i quali nelle grandi Società pubbliche difficilmente riuscirebbero ad esercitare altrimenti l’azione di responsabilità contro gli Amministratori”.Diverse le argomentazioni della dottrina25 che invece ri-terrebbe applicabile un’azione surrogatoria del Giudice contabile in luogo del socio pubblico inerte. “C’è poi da chiedersi se un’ulteriore soluzione idonea a soddisfare le esigenze di tutela delle finanze pubbliche senza interferire negativamente con il dispiegarsi delle azioni riparatorie in sede civile possa essere fornita dalla norma - trasfusa ora nel recentissimo ‘Codice di Giustizia contabile’ — secondo cui ‘il Pubblico ministero, al fine di realizzare la tutela dei crediti erariali, può esercitare tutte le azioni a tutela del-le ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimo-niale di cui al Libro VI, Titolo III, Capo V del Codice civile’ (art. 73, Dlgs. n. 124/2016)26. Fra i mezzi di conservazione

24 F. Cerioni op.cit.

25 C. Ibba “La responsabilità” in “Le Società a partecipazione pubblica” – Commentario tematico ai Dlgs. n. 175/2016 e n. 100/2017 diretto da C. Ibba e I. Demura – Zanichelli 2017.

26 Art. 73, Dlgs. n. 174/2016. La disposizione (che apre la Sezione del “Codice di Giustizia contabile” dedicata alle “Azioni a tutela delle ragioni del credito erariale”) riproduce senza sostanziali variazioni quella introdotta dall’art. 1, comma 1740, Legge 23 dicembre 2005, n. 266.

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della garanzia patrimoniale vi è infatti, come sappiamo, l’azione surrogatoria. E, secondo un’interpretazione di re-cente emersa in giurisprudenza, la norma in esame abili-terebbe la Procura contabile ad agire contro i responsabili del danno — Amministratori, componenti dell’Organo di controllo o dipendenti — esercitando in via surrogatoria le ordinarie azioni di responsabilità previste nel Codice civile, là dove queste non siano esercitate dal socio pubblico.27”5.5 La competenza concorrente: la Pronuncia della CassazioneLa Sentenza delle Sezioni Unite in commento dichiara la competenza concorrente fra azione di responsabilità pre-vista dal Codice civile e quella contabile. Tale interpreta-zione dipende da una valutazione di ordine generale in base al quale il Collegio “ritiene di dover rispondere nel senso della possibilità del concorso fra la giurisdizione ordinaria e quella contabile, in quanto, come già afferma-to nella richiamata Decisione n. 26806/2009, laddove sia prospettato anche un danno erariale, al di là di una sem-plice interferenza fra i 2 giudizi, deve ritenersi ammissibile la proposizione, per gli stessi fatti, di un giudizio civile e di un giudizio contabile risarcitorio (cfr. anche Cassazione, Sezione Unite, Sentenza 7 gennaio 2014, n. 63; Cassa-zione, Sentenza 14 luglio 2015, n. 14632, in cui si sotto-linea l’insussistenza della violazione del principio del ne bis in idem, stante la tendenziale diversità di oggetto e di funzione fra i 2 giudizi)”.Tale principio è confermato anche con l’emanazione dell’art. 12 del Tusp in quanto la Sentenza in commen-to riferisce che “la specifica attribuzione alla giurisdizione della Corte dei conti delle azioni relative al danno erariale lascia chiaramente intendere la configurabilità di un danno non erariale, al cui ristoro, soprattutto con riferimento alla posizione dei creditori sociali, non è idonea, e pertanto non può avere alcuna efficacia ostativa alle azioni propo-nibili davanti al Giudice ordinario, l’azione concernente la responsabilità contabile. Deve infine rilevarsi che anche in relazione alla domanda proposta nei confronti del solo Comune di Palermo ai sensi dell’art. 2497 del Cc., deve essere affermata la giurisdizione del Giudice ordinario, sia poiché, come correttamente rilevato dal Procuratore ge-nerale, la subordinazione gerarchica degli Amministratori

della Società ‘in house’ non è inconciliabile con l’alterità della Società controllata, sia perché anche in tale ipotesi, come espressamente prevede la norma teste richiamata, la responsabilità è sancita, oltre che nei confronti dei soci, anche dei creditori sociali ‘per la lesione cagionata all’inte-grità del patrimonio della Società’”.Dall’insegnamento della suprema Corte emerge che, a fronte di azioni di responsabilità azionabili entrambe - quella civilistica e quella di conto – data la diversa funzio-ne e scopo ai fini del ripristino del danno – uno a favore del patrimonio sociale e quindi dei terzi creditori e l’altro a favore dell’Erario – entrambe le azioni possono agire in concorso fra loro. In ragione delle diverse funzioni e scopi, la concorrenza di entrambe le azioni non costituisce viola-zione del principio del “ne bis in idem”.5.6 La responsabilità dell’Ente Locale socio nella crisi delle Società a controllo pubblicoNell’ambito della responsabilità del socio P.A. nella crisi della Società a controllo pubblico si evidenziano diversi livelli di responsabilità: nel proseguo se ne analizzeranno i più rilevanti.5.6.1. La responsabilità erariale introdotta dall’art. 12 del TuspIl titolo della norma fa riferimento espresso alla respon-sabilità degli Enti partecipanti. La norma si articola su 2 diversi piani attraverso i quali viene riconosciuta la compe-tenza del Giudice contabile. Il primo piano, contenuto nel comma 1 primo periodo, attiene alle Società “in house” e, recependo orientamenti della Cassazione a Sezioni Unite risalenti, estende il giudizio di conto per i danni causa-ti dagli Amministratori e dai dipendenti della Società “in house”. Nulla aggiunge in tema di responsabilità dell’En-te socio. Nuova invece la fattispecie di competenza del Giudice contabile prevista dalla seconda parte del periodo primo e che definisce il danno: “(…) patrimoniale o non patrimoniale, direttamente subìto dagli Enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rap-presentanti degli Enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che nell’eser-cizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione“.Di primo acchito si deve rilevare che il valore della parte-

27 Cfr. App. Napoli, Sentenza 27 ottobre 2015, in www.dejure.it, che dalla norma da ultimo citata alla nota precedente argomenta per ricavarne, sia pure incidentalmente, “la possibilità, non sempre adeguatamente valorizzata, che la Procura contabile agisca ex art. 2392 C.c. nei confronti degli Amministratori in via surrogatoria dell’ente socio la cui inerzia pregiudichi il valore della partecipazione sociale”; per qualche spunto v. inoltre G.M. Caruso, Il socio pubblico, cit., 373, nella nota 125.

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cipazione deve desumersi dal conto del patrimonio del bi-lancio dell’Ente Locale Società e che da prassi, contenuta nei Principi contabili allegati al Dlgs. n. 118/11 (“Disposi-zioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti Locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 della Legge n. 42/09”), deve valutarsi al proporzionale valore del patri-monio netto. È noto che il patrimonio netto della Società è rappresentato dalla somma algebrica del valore del ca-pitale sociale cui si sommano le riserve e si aggiunge il risultato di esercizio positivo o negativo. Appare dunque che ogni variazione negativa del patrimonio netto debba incidere sulla predetta valutazione e se determinata da un comportamento doloso o con colpa grave ne comporta l’e-mersione del danno da imputare in capo ai soci.Ora occorre tuttavia il nesso di causa ed effetto fra com-portamento del socio e danno al valore della partecipazio-ne nella Società.Trattasi un comportamento attivo o meramente omissivo e “l’illecito dagli Amministratori pubblici costituisce una spe-cies del genus illecito erariale che resta atipico, comune, a condotta libera, ove consti una relazione funzionale tra un soggetto e la P.A.”. “I danni patrimoniali direttamente sopportati dall’Ente pub-blico socio, come è stato ricordato, sono quelli che posso-no derivare:a) dal mancato raggiungimento dei risultati di pubblica uti-

lità per cui la Società è stata costituta con conseguente inutile dispendio di risorse pubbliche, ovvero dell’abuso radicale dello strumento societario in contrasto con le finalità previste dall’art. 4 del Tusp.

b) dai versamenti in conto capitale a favore della Società per ripianare le perdite;

c) dall’accantonamento nel ‘Fondo vincolato’ già previsto dall’art. 1, comma 551, della Legge n. 147/2013 ed ora dall’art. 21 del Tusp, di importi corrispondenti al risultato negativo di esercizio non immediatamente ripianato;

d) dalla necessità di effettuare prestiti all’Ente partecipato non remunerativi o non restituiti;

e) dalla necessità di fornire garanzie alle operazioni di fi-nanziamento da parte di terzi (Banche, Società finanzia-rie, ecc.);

f) dalla svalutazione della partecipazione sociale deri-

vante dalle condotte degli Amministratori che abbiano pregiudichino seriamente il patrimonio o determinato un ‘downgrading’ della Società;

g) dalla perdita integrale del capitale investito nella Socie-tà (cosiddetto ‘danno da dissipazione della partecipazio-ne sociale’);

h) dalla lesione/compromissione dell’immagine dell’En-te pubblico finanziato (senza più i limiti previsti dall’art. 17, comma 30-ter, Dl. n. 78/2009, abrogato dal Dlgs. n. 174/2016.

I danni patrimoniali sopra richiamati (non quello all’imma-gine), come già ricordato risulteranno dal bilancio con-solidato dell’Ente pubblico socio (la cui presentazione è divenuta obbligatoria a partire dall’esercizio 2015, in base a quanto previsto dall’art. 11 del Dlgs. n. 118/2011) come semplici ‘perdite delle Società partecipate’ ed anche come ‘ripianamento delle perdite degli Organismi partecipati’ o ‘stanziamenti sul ‘Fondo speciale’”.Gli accennati danni erariali saranno imputabili in primo luogo agli Amministratori dell’Ente controllante (………..) qualora costoro li abbiano cagionati anche omettendo di esercitare, con dolo o colpa grave, i necessari poteri di indirizzo o di vigilanza sulla gestione, ma con essi potrà concorrere la responsabilità degli Amministratori della So-cietà. Trattandosi di danno erariale l’azione di responsa-bilità sarà esercitata dal Procuratore della Corte dei conti dinanzi alla magistratura contabile ai sensi dell’art. 86 del ‘Codice della Giustizia contabile’, approvato con il Dlgs. n. 174/2016.”28

L’emersione del danno avverrà per effetto della approva-zione del bilancio consolidato fra conto consuntivo dell’En-te socio e bilancio della Società controllata e pertanto, secondo autorevole dottrina, le variazioni del patrimonio della Società partecipata si riflettono sugli esiti del bilancio consolidato dell’Ente.29 5.6.1.1 Responsabilità in caso di omissione da parte degli Amministratori dell’attivazione del “Piano di pre-venzione del rischio di crisi aziendale” ex art. 6 del TuspLa norma contenuta nell’art. 6, comma 2, dispone un nuo-vo obbligo in capo agli Amministratori di Società a con-trollo pubblico e precisamente il seguente: “le Società a controllo pubblico predispongono specifici programmi di

28 F. Cerioni Op.cit.

29 F. Cerioni Op.cit.

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valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informano l’Assemblea nell’ambito della Relazione di cui al com-ma 4.” A sua volta, il comma 4 dispone che “gli strumenti eventualmente adottati ai sensi del comma 3 sono indica-ti nella ‘Relazione sul governo societario’ che le Società controllate predispongono annualmente, a chiusura dell’e-sercizio sociale e pubblicano contestualmente al bilancio d’esercizio”.La dottrina sul punto ha avuto modo di osservare che, “nonostante la norma faccia riferimento ad un dovere dell’Organo amministrativo, si sottende ad un vero e pro-prio modello di governance che implica la cooperazione dell’Organo di controllo sia dell’Assemblea che a mente della stessa norma deve essere informata sugli specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale. Ne consegue che al socio spetta quantomeno un dovere di vigilanza e di giudizio sull’adeguatezza del programma, che si sposta poi fino al punto di andare oltre la semplice vigilanza nelle Società ‘in house’ ove il socio eserciti un ‘controllo analogo’”30.5.6.2. La responsabilità per violazione del divieto di “soccorso finanziario” e le modalità di intervento di ri-sanamento della Società consentite dall’art. 14 del Tusp5.6.2.1 Il principio del ‘soccorso finanziario’ proposto dalla Corte dei contiAllorquando gli Enti Locali scelgono di gestire “servizi pubblici” (o anche “strumentali”) attraverso lo strumento societario, poiché nel capitale sociale di Organismi esterni affluiscono mezzi finanziari (o patrimoniali) di natura pub-blica, particolari doveri e precauzioni incombono nei con-fronti delle Amministrazioni conferenti. Un principio imma-nente nell’ordinamento, ricorrente, da rispettare è quello per cui l’attività sociale non deve generare delle perdite che distruggano la ricchezza inizialmente investita, per-

seguendo la “efficienza gestionale”. Pertanto, la “scelta di ricorrere a Organismi strumentali o Società partecipate sottintende un presupposto di fondo, il conseguimento di un equilibrio di bilancio, che non arrechi danno economico al patrimonio conferito dall’Ente pubblico socio”. Il principio del c.d. “divieto di soccorso finanziario” di Or-ganismi a partecipazione pubblica, affermatosi nel corso del tempo da parte della Corte dei conti, è espressione sintetica del vincolo di finanza pubblica fissato in origine dall’art. 6, comma 19, del Dl. n. 78/2010.Tale disposizione, prima della sua abrogazione avvenu-ta a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs. n. 175/2016, stabiliva che le Pubbliche Amministrazioni non potevano effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie, a favore di So-cietà non quotate da esse partecipate che avessero re-gistrato perdite per 3 esercizi consecutivi o nel caso di utilizzo di riserve disponibili per il ripiano di perdite anche in corso d’anno, a meno che il capitale non fosse risultato ridotto di almeno 1/3 e in misura tale da richiedere obbli-gatoriamente l’intervento di cui all’art. 2447 del Cc. per essere sceso al di sotto del minimo legale.Ora, il principio del “divieto di soccorso finanziario” è stato disciplinato, con alcune novità, nell’art. 1431 del del Tusp, che per quanto di interesse in questa sede va letto in com-binato disposto con l’art. 6, comma 2, del medesimo com-pendio normativo.5.6.6.2. L’adempimento dell’allert ex art. 6, comma 2, del TuspQualora emergano, nell’ambito dei programmi di valu-tazione del rischio di cui all’art. 6, comma 2,32 uno o più indicatori di crisi aziendale, l’Organo amministrativo della Società a controllo pubblico adotta senza indugio i provve-dimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della

30 F. Goisis, E. Codazzi “Crisi di impresa e Società a partecipazione pubblica” in “Le Società pubbliche nel ‘Testo unico’”, Milano 2017.

31 Art. 14, comma 5: “le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 3, della Legge n. 196/2009, non possono, salvo quanto previsto dagli artt. 2447 e 2482-ter del Cc., sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito , né rilasciare garanzie a favore delle Società partecipate con esclusione delle Società quotate e degli Istituti di credito, che abbiano registrato, per 3 esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle Società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un Piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’art. 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro 3 anni. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la Sicurezza pubblica, l’Ordine pubblico e la Sanità, su richiesta dell’Amministrazione interessata, con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”.

32 Le parole “comma 2” sono state sostituite alle precedenti “comma 3” dall’art. 8, comma 1, lett. b), del Dlgs. n. 100/2017.

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crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attra-verso un idoneo Piano di risanamento ex art. 14, comma 2, ed ai sensi dell’art. 14, comma 3, “quando si determini la situazione di cui al comma 2, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell’Organo amministra-tivo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 del Cc.”.La violazione determina anche la possibilità di revoca dei componenti degli Organi amministrativi ed espone gli stessi a responsabilità (nei limiti del danno).Il dovere di adozione di provvedimenti adeguati è espres-samente preveduto dal Legislatore, che si limita ad impor-re un obbligo ed un divieto.Dall’analisi della norma contenuta nell’art. 14 emerge: - un obbligo: i provvedimenti adeguati devono essere inclusi in un Piano di risanamento. Quindi, i provvedi-menti non dovrebbero essere “estemporanei” o imposti dalla sola emergenza del momento, ma vanno inseriti in un Programma funzionale di tipo programmatorio, che deve dare dimostrazione (c.d. “attendibilità delle assun-zioni di base”) di impedire, sia che la crisi degeneri in insolvenza, sia ad immunizzarne gli effetti negativi per la Società ed i terzi, sia ad eliminare alla radice le cause della crisi stessa;

- un divieto: “non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’Amministrazione o delle Am-ministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in conco-mitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale inter-vento sia accompagnato da un Piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economi-co delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5” (art. 14, comma 4).

Elemento centrale dell’intervento del socio pubblico – che per quanto sopra esposto apparirebbe obbligatorio in pre-senza di un Piano ex art. 14, comma 4 - diviene il Piano di risanamento e secondo quindi la lettura delle disposizioni contenute nell’art. 14, questo produce diversi effetti che coinvolgeranno anche la responsabilità dell’Ente socio.Si osserva che se tali Piani sono inclusi nel Piano di risa-

namento (anche definito “Piano di ristrutturazione azien-dale”), possono essere previsti interventi di ripianamento delle perdite da parte dell’Amministrazione o delle Am-ministrazioni pubbliche socie, anche se attuati in conco-mitanza di un aumento di capitale o di un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica. Diversamente in mancan-za del Piano di risanamento, le Amministrazioni pubbliche socie non possono procedere ad interventi di “ripianamen-to delle perdite” in favore di Società a controllo pubblico in crisi; l’eventuale violazione di questo divieto determina, evidentemente, anche responsabilità erariali a carico dei soggetti responsabili per la potenziale “dissipazione” di ri-sorse pubbliche.33

In conclusione, dell’intervento di sostegno da parte dell’Amministrazione pubblica (attraverso un legittimo su-peramento del “divieto del soccorso finanziario”) si deve affermare che esso è consentito solo al ricorrere di alme-no una delle seguenti condizioni: - l’intervento sia previsto all’interno di un “Piano di risa-namento”, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economi-co delle attività svolte;

- si sia verificata la perdita del capitale sociale ai sensi degli artt. 2447 e 2482-ter del Cc.;

- l’intervento sia autorizzato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed avvenga al fine di salva-guardare la continuità nella prestazione di servizi di pub-blico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità.

5.6.3 La responsabilità da abuso del potere di etero-direzione previsto dall’art. 2497 del Codice civile con specifico riferimento all’esercizio del “controllo ana-logo” nelle Società “in house” Il “controllo analogo” è elemento costitutivo della Società “in house providing”.Esso è desumibile dallo Statuto della Società e, come si è avuto modo di rilevare più sopra, non sono ammesse situazioni di “in house” di fatto che non siano espresse nello Statuto sociale.Il Tusp ci fornisce le seguenti definizioni:- art. 2, comma 1, lett. c), “controllo analogo”: “la situazio-

ne in cui l’Amministrazione esercita su una Società un

33 Un aspetto problematico sulla reale efficacia dei Piani di risanamento è il riconoscimento o meno dell’effetto protettivo dalla revocatoria fallimentare e la garanzia dell’esenzione dai reati di bancarotta.

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‘controllo analogo’ a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della Società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’Amministrazione partecipante”;

- art. 2, comma 1, lett. d), “controllo analogo congiunto”: “la situazione in cui l’Amministrazione esercita congiun-tamente con altre Amministrazioni su una Società un ‘controllo analogo’ a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle con-dizioni di cui all’ art. 5, comma 5, del Dlgs. n. 50/2016”.

Attraverso l’esercizio del “controllo analogo” si attua inge-renza del socio nell’attività sociale.Da altro versante occorre rilevare se le direttive impartite dal socio pubblico possano rilevare ai fini dell’abuso per eterodirezione e determinare, ai sensi dell’art. 2497 Cc., una responsabilità patrimoniale in caso di danno. mente dell’art. 2497 del Cc., si considerano eterodirette quelle Società sulle quali gli Enti che, “esercitando attivi-tà di direzione e coordinamento di [tali] Società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle Società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste del pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione ca-gionata all’integrità del patrimonio della Società”.La direzione e coordinamento prescinde dal controllo ex art. 2359 del Codice civile perché è un “quid pluris” rispet-to al controllo. Trattasi di situazione che va provata in fatto e non una mera condizione di diritto: emerge dunque che anche la Società sottoposta ad influenza dominate di dirit-to ex art. 2359, comma 1, punto 1), del Codice civile, può dare la prova contraria dell’assenza di eterodirezione. La eterodirezione si attua tramite la direzione unitaria. 5.6.3.1 La norma di interpretazione autenticaL’art. 2497 del Cc. è stato oggetto di interpretazione au-tentica contenuta nell’art. 19 del Dl. n. 78/2009.Sul punto è intervenuto anche un chiarimento del Con-siglio nazionale dei Dottori commercialisti, i cui principi sono stati di seguito esposti. La Nota di commento esami-na l’art. 19 del Dl. n. 78/2009 (“provvedimento anticrisi”), che prevede che “l’art. 2497, comma 1, Cc., si interpreta nel senso che gli Enti si intendono i soggetti giuridici col-lettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazio-ne sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale

ovvero per finalità di natura economico finanziaria”. Dalla lettura della norma si evince che, sotto il profilo del sog-getto che sottopone a direzione e coordinamento viene prevista espressamente l’esclusione dello Stato, mentre rientrano nella nozione di “Enti” di cui all’art. 2497 del Cc. i soggetti giuridici collettivi per i quali la partecipazione sociale è finalizzata: (i) all’esercizio della propria attività imprenditoriale ovvero; (ii) per finalità di natura economico finanziaria.Tale distinzione sembra avvalorare la tesi in base alla qua-le gli Enti pubblici locali (Province e Comuni) non poteva-no essere sottoposti alle disposizioni dell’art. 2497 del Cc. in quanto svolgono eminentemente fini istituzionali e solo in parte anche attività riconducibili ai criteri dell’impresa.La norma di interpretazione autentica è più precisa e fa riferimento, sia all’attività imprenditoriale propria che, in al-ternativa, a finalità di natura economica (conseguire ricavi superiori a costi) che finanziaria (lucrare rendite di natura finanziaria).La Nota di commento prosegue facendo rilevare che, all’e-poca risalente agli anni 2010 e seguenti, l’interpretazione dell’art. 2497 del Cc. alla luce delle novità testé esposte nel caso di Società detenute dagli Enti Locali che ai sensi dell’art. 3, comma 27 e seguenti, della “Legge Finanzia-ria 2008”, non poteva non considerare che gli Enti Locali erano legittimati a (i) prestare “servizi di interesse genera-le” nei limiti di competenza dell’Ente Locale socio, ovvero (ii) svolgere “servizi o attività strumentali” per il persegui-mento dei fini istituzionali dell’Ente Locale socio, la cui di-sciplina di riferimento è l’art. 13 del Dl. n. 223/2006 (c.d. “Decreto Bersani”), e doveva quindi conseguire che, sulla base di tale distinzione, così come interpretata anche dal-la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 326/2008, si distinguevano le partecipazioni comunali in 2 categorie:a) le Società che gestiscono “servizi di interesse generale”

svolgono un’attività d’impresa;b) le Società che prestano “servizi o attività strumentali”

per il perseguimento dei fini istituzionali dell’Ente Loca-le socio, non svolgono un’attività d’impresa ma funzioni amministrative (cd. “Società semi-Amministrazioni”).

Le conclusioni della Nota interpretativa conducevano ad affermare che: (i) qualora l’Ente Locale detenga partecipa-zioni di categoria a) l’Ente Locale e la sua Società parte-cipata siano sottoposte a tutta la disciplina degli artt. 2497 e seguenti, del Cc., al pari di ogni altro socio “privato” che esercita attività di direzione e coordinamento sulle proprie controllate; (ii) qualora l’Ente Locale detenga partecipazio-

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ni di categoria b) non si applicano le disposizioni dell’art. 2497 del Codice civile.Da ultimo, in merito alla portata della responsabilità del so-cio Ente pubblico locale che esercita l’attività di direzione e coordinamento, si deve rilevare che trattasi di responsa-bilità patrimoniale per risarcire il danno causato agli altri soci e ai creditori delle Società partecipate. Il danno non è risarcibile se si dà dimostrazione del c.d. “interesse com-pensato”, vale a dire se dall’operazione il “Gruppo Ente

Locale”, di cui fa parte la Società partecipata, ha ottenuto un beneficio complessivo. Il comportamento che dà luogo alla responsabilità è l’attività di direzione e coordinamento in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale attuata per perseguire interessi “impren-ditoriali” propri del socio che controlla. La maggior parte della dottrina qualifica la responsabilità ex art. 2497 del Cc. come responsabilità da fatto illecito.

Società partecipate “in house”azione di responsabilità promossa nei confronti di Amministratori e Sindaci, competenza della giurisdizione ordinaria

La Sentenza in commento rappresenta un passaggio giu-risprudenziale più importante di quanto possa lasciare tra-sparire il suo pacato e quasi didascalico iter motivaziona-le, quasi come se la stessa si inserisse senza soluzione di continuità nel solco, ancorché evolutivo, di tutti i più signi-ficativi arresti giurisprudenziali degli ultimi anni, in ordine alla giurisdizione in tema di Società “in house”.Con questa decisione invece la Cassazione, chiamata ad individuare il criterio scriminante tra giurisdizione ordinaria e quella erariale, scolorisce del tutto il principio che impo-neva all’interprete di verificare la sussistenza, in capo alla Società commerciale partecipata dall’Ente pubblico, delle 31 condizioni attestanti la sua natura di Società “in hou-se”. Valutazione preliminare che ne costituiva anche il suo recinto invalicabile. Si affermava infatti, senza eccessive puntualizzazioni, che in presenza dei 3 requisiti la Socie-tà “in house” avesse natura di articolazione della Pubbli-

ca Amministrazione, con la conseguenza che l’eventuale danno alla stessa causato mutuasse la medesima natura erariale del danno causato all’Ente pubblico proprietario.Afferma ora la Suprema Corte che il danno subìto dalle Società di capitali “in house”, in ragione dei principi gene-rali in tema di affidamento dei terzi, parità di trattamento e tutela della concorrenza, non può mutare natura solo in ra-gione della particolare qualità del socio. La scelta del mo-dello societario impone infatti una valutazione più ampia che tenga presente, non solo la natura dell’Ente socio, ma anche la tutela dei terzi creditori in genere e delle regole del mercato. Con 2 conseguenze: a) il danno subìto dalle Società “in house” è in primo luogo un danno subìto da una Società di capitali, ordinariamente risarcibile secondo le modalità previste dal Codice civile; b) il danno erariale è un danno diverso dal danno civilistico ancorché causato dalla medesima fattispecie che è fonte di responsabilità

dell’Avv. Giuseppe Girlando - Avvocato, Revisore dei Conti, Esperto di Diritto Commerciale e Consulente di Enti Pubblici in tema di Società partecipate e piani di riequilibrio

Cassazione SS.UU n. 22406 del 13 settembre 2018

1 a) esclusiva titolarità pubblica del capitale sociale; b) preponderante percentuale di attività svolta in favore della P.A. titolare del capitale sociale; c) controllo analogo sulla Società da parte della P.A. socia.

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ordinaria.Nell’esame loro demandato gli Organi giudicanti dovran-no quindi assegnare doverosa priorità, non più alla indi-viduazione della precipua natura delle Società “in house”, ma alla individuazione, specificazione e qualificazione del danno subìto dalla Società, agli strumenti approntati dal sistema normativo e alla coerenza complessiva del siste-ma delle tutele.L’oggetto del giudizioAmia Spa - fallita nel 2013 - interamente posseduta dal Comune di Palermo, era titolare di un affidamento diretto per la gestione del “Ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani”. La Spa era retta fino al dicembre 2006 da uno Statuto che prevedeva l’astratta possibilità di partecipazione, in via minoritaria, di soggetti privati. In realtà, la Società era stata da sempre interamente posseduta dal Comune di Palermo e mai vi era stato ingresso di soci privati. Suc-cessivamente, con il nuovo Statuto adottato con Delibera 21 dicembre 2006, veniva previsto che il Comune avrebbe potuto cedere le azioni soltanto in favore di altre Istituzio-ni pubbliche al fine “di rendere possibile l’affidamento ‘in house’ su un territorio più vasto di quello comunale”I Commissari liquidatori della Società poi fallita avevano avviato nel 2012 l’azione di responsabilità avanti al Tribu-nale civile nei confronti dei passati Amministratori e Sin-daci.Alcuni dei convenuti avevano eccepito il difetto di giuri-sdizione del Giudice ordinario in favore della giurisdizione contabile, trovandosi in presenza di Società “in house”.La Curatela fallimentare, subentrata alle azioni avviate dai Commissari liquidatori, contestava la tesi avversaria, ritenendo che la competenza del Giudice civile discendes-se dalla natura di Società ordinaria e non “in house”, ciò in ragione delle originarie previsioni dello Statuto sociale che consentivano la partecipazione di soggetti privati al capitale sociale e che comunque, dopo la dichiarazione di fallimento, conseguisse un concorso tra giurisdizione contabile e quella ordinaria, con il conseguente manteni-mento in sede civile del giudizio avviatoLe SS.UU. della Cassazione, intervenute in sede di rego-lamento di giurisdizione, all’esito di una articolata e esau-stiva ricostruzione dell’evoluzione normativa e giurispru-denziale in tema di Società “in house”, pur riscontrando la natura di Società “in house” della fallita Amia Spa, hanno affermato la competenza del Giudice ordinario a giudicare in ordine alle azioni di responsabilità nei confronti degli Organi sociali.

La motivazione: i precedentiLa separazione del patrimonio della persona giuridica da quello dei singoli sociLe SS.UU., nell’iter motivazionale, prendono avvio dalla Decisione, sempre a Sezioni Unite, n.2 6806 del 2009, con cui la Corte di Cassazione affermò la competenza del Giudice ordinario per le azioni di responsabilità nei con-fronti di Amministratori di Società a partecipazione pub-blica, mancando in tale ipotesi, sia il rapporto di servizio tra Agente ed Ente pubblico, sia un danno direttamente arrecato all’Ente pubblico socio. In tale Decisione si individuava, come criterio differenziale in ordine alla giurisdizione, la titolarità del patrimonio dan-neggiato. E’ competenza del Giudice erariale il risarcimen-to del danno all’immagine dell’Ente pubblico, mentre per la ipotesi di danno cagionato al patrimonio della Società la competenza non può che essere del Giudice ordinario. In tali ipotesi invece “non sussiste un danno qualificabile come danno erariale, inteso come pregiudizio direttamen-te arrecato al patrimonio dello Stato o di altro Ente pubbli-co che della Società sia socio”. La assoluta separazione tra la persona giuridica delle Società di capitali e quella dei singoli soci e la piena autonomia patrimoniale dell’u-na rispetto agli altri non consente infatti di riferire al patri-monio del socio pubblico il danno arrecato al patrimonio dell’Ente.Le Società “in house”: giurisdizione erarialeCon la Decisione n. 26283 del 2013 la Cassazione, occu-pandosi per la prima volta in materia di giurisdizione per la ipotesi di azione di responsabilità esercitata dal Procura della Corte dei conti nei confronti degli Organi sociali di Società “in house” per i danni cagionati al patrimonio della Società, affermava la natura erariale di tale danno.Tale Decisione conseguiva all’inquadramento delle So-cietà “in house”, riscontrata nella presenza congiunta dei suoi 3 elementi identificativi - a) esclusiva partecipazione pubblica; b) attività prevalente in favore dell’ente o enti pubblici soci; c) esistenza del “controllo analogo” - come articolazione della P.A. e della conseguente qualificazio-ne del patrimonio della Società “in house” da intendersi in termini di mera separazione e non distinta alterità. Questo orientamento riceveva successive conferme (Cassazione SS.UU. n. 29936/2013; Cassazione SS.UU n. 5491/2014; Cassazione SS.UU n. 7177/2014). Le Società “in house”: evoluzione dei canoni erme-neuticiIl principio, collegato, come prima rilevato, alla mera ed

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esclusiva ricerca in ordine alla sussistenza delle condizio-ni qualificanti la Società “in house”, è stato sottoposto in seguito ad alcune importanti ma limitate precisazioni.Le Sentenze della Cassazione n. 24591/2016 e SS.UU n. 7759/2017 precisano che anche nelle Società “in house” le azioni concernenti la nomina e revoca degli Amministra-tori spettano al Giudice ordinario, in quanto investono atti compiuti dall’Ente “uti socius” e non “jure imperii”. Principio che ha avuto peraltro una chiara conferma in sede normativa con l’art. 4, comma 13, del Dl. n. 95/12, e da ultimo dall’art. 1, comma 3, del Dlgs. n. 175/16, secon-do cui, per tutto quanto non derogato dalle disposizioni i contenute nel Tusp le Società a partecipazione pubblica sono disciplinate dalle norme sulle Società contenute nel Codice civile.Ma assai più rilevante ai fini del cambio di impostazione del canone ermeneutico è stata la Decisione n. 3196/2017, con cui la Corte ha dichiarato che la scelta del Legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a Società di capitali e dunque perseguire l’interesse pubblico attra-verso lo strumento privatistico comporta che tali Società “assumano i rischi connessi alla loro insolvenza pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con essi entrano ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza che impone parità di trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con identiche forme medesime modalità”.Dalla impermeabile separazione patrimoniale tra Società e quello dei soci discende che i danni subìti dalla Società “in house”, pena la non coerenza complessiva del sistema dei diritti e delle tutele del diritto commerciale, non pos-sano essere trattati in maniera in diversa da quelli subìti dalle altre Società di capitali.La decisione delle Sezioni UniteLa Decisione in commento, seppur dichiarando di porsi all’interno del filone interpretativo sopra richiamato, rap-presenta invero il definitivo superamento del modello deli-neato con la Sentenza n. 26283/2013.Si sottopone a revisione infatti il dogma della esclusività della giurisdizione contabile in tema di Società partecipa-te, ponendo la giurisdizione erariale in posizione subordi-nata, o meglio accessoria, a quella ordinaria. In tal senso, ritiene sussistente il concorso tra giurisdizione ordinaria e quella erariale, “fermo restando la competenza del giudi-ce ordinario in via generale in ragione dell’attrazione delle Società partecipate, ivi comprese quelle ‘in house’, alla disciplina del Codice civile, laddove sia prospettato anche

un danno erariale, al di là di una semplice interferenza fra i 2 giudizi, deve ritenersi ammissibile la proposizione per gli stessi fatti, di un giudizio civile e di un giudizio contabile risarcitorio”.E ciò a maggior ragione in sede fallimentare, dove l’azione di responsabilità esercitata dal Curatore ai sensi dell’art. 146, comma 2, della “Legge Fallimentare”, che cumula le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 Cc., “opera in maniera inscindibile e con connotazione autonoma in favore della Società e dei creditori sociali, quale strumen-to di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia degli stessi soci che dei creditori sociali”.La fattispecie oggetto del giudizio in esame è antecedente all’entrata in vigore del Dlgs. n. 175/16, e la Cassazione ovviamente non attribuisce a tale disciplina alcun rilievo ai fini del percorso motivazionale. Però, la Corte richiama più volte il nuovo Tusp, trovando nello stesso un ulterio-re supporto ai principi ora precisati. Ed infatti, specifica che la competenza in via generale del Giudice ordinario trova definitiva conferma nella stessa disciplina del Dlgs. n. 175/16 che, all’art. 12, attribuendo la giurisdizione sul danno erariale alla Corte dei conti, “lascia chiaramente in-tendere la configurabilità di un danno non erariale, al cui ristoro, soprattutto con riferimento alla posizione dei credi-tori sociali, non è idonea, l’azione concernente la respon-sabilità contabile”.La decisione in commento costituisce un arresto di fon-damentale importanza in tema di Società “in house” e di danno erariale. All’indomani della entrata in vigore del Dlgs. n. 175/16, le prime letture del Tusp segnalavano che, a fronte della at-trazione del Sistema delle partecipate pubbliche nell’alveo generale del diritto commerciale, rimaneva impregiudicata la competenza della Corte dei conti per le ipotesi di danni subìti dalle Società “in house”, per come precisato dall’art. 12, comma 1: “i componenti degli Organi di amministra-zione e controllo delle Società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle Società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli Amministratori e dai dipendenti delle Società ‘in house’”. Tale interpretazione, coerente alla tesi allora dominante - e la Sentenza Cassazione n. 26283/2013 ne costituiva uno dei capisaldi - ritrovava il criterio di attrazione alla giu-risdizione esclusiva della Corte dei conti nella natura di Società “in house” eventualmente assunta dalla parteci-

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pata pubblica.Con la recente Decisione n. 22416/2018, la Suprema Cor-te, per le ragioni sopra precisate, cambia registro. Dalla natura e qualità della Società si passa all’esame della na-tura e qualità del danno subito.Oggi, anche sulla scorta dell’ultima giurisprudenza, è pos-sibile rilevare che l’elemento innovativo e caratterizzante del Tusp in tema di Società “in house” non risieda soltanto nel comma 1 dell’art.12, bensì nella combinazione dell’in-ciso inserito all’art. 12, comma 1 - “salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato” - ed il successivo comma 2 - “costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subìto dagli Enti parteci-panti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli Enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’eser-cizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione”.La Corte dei conti non ha quindi la giurisdizione esclusiva per tutti i danni causati da Amministratori e dipendenti del-le Società “in house”, ma soltanto per quelli erariali, che sono quelli direttamente subìti dal socio. Quasi un’ovvietà. Ma che pone fine a quella forma di petizione di principio secondo cui, costituendo le Società “in house” una artico-lazione particolare dell’Ente pubblico socio, i danni causati dai loro Organi acquisivano per “capillarità” natura di dan-no erariale.Invece, per l’art. 12, comma 2, il danno erariale è soltanto quello subìto dagli Enti soci.Nella Società “in house” quale Società di capitali gover-nata dal diritto civile vige l’assoluta separazione tra il patrimonio della Società e quello dei singoli soci. I danni arrecati al primo non sono direttamente riferibili al socio. Sono pertanto erariali soltanto i danni diretti causati dalla condotta dell’Amministratore. Giammai quelli indiretti.A questo punto, per separare il danno indiretto del socio e quello diretto sottoposto alla giurisdizione erariale è pos-sibile ricorrere ai consolidati principi giurisprudenziali in

tema di risarcibilità dei danni subìti dal socio di Società di capitali ai sensi dell’art. 2395 Cc..Secondo l’orientamento tradizionale prevalente, la parteci-pazione in una Società di capitali, “pur attribuendo al socio una posizione complessa”, costituisce “un bene distinto dal patrimonio sociale”, cosicché nell’ipotesi di fatti illeciti commessi nei confronti della Società soltanto a quest’ulti-ma spetterebbe il diritto al risarcimento del danno e non al socio che subirebbe un pregiudizio indiretto (Cassazione, Sentenza 2 giugno 1988, n. 3742).A seguito di una oscillante giurisprudenza di merito causa-ta dai tentativi di trasformare l’art. 2395 Cc. in una ulteriore modalità risarcitoria di natura generale, la Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta nel 2009 con la Decisione n. 27346, che ha posto fine ad ogni ulteriore questione: “qua-lora una Società di capitali subisca, per effetto dell’illecito commesso da un terzo, un danno, ancorché esso possa incidere negativamente sui diritti attribuiti al socio dalla partecipazione sociale, nonché sulla consistenza di que-sta, il diritto al risarcimento compete solo alla Società e non anche a ciascuno dei soci, in quanto l’illecito colpisce direttamente la Società e il suo patrimonio, obbligando il responsabile al relativo risarcimento, mentre l’incidenza negativa sui diritti del socio, nascenti dalla partecipazio-ne sociale, costituisce soltanto un effetto indiretto di detto pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell’il-lecito”.E’ evidente che una diversa impostazione avrebbe rischia-to di legittimare una duplicazione dei danni. Se la Società ottiene il ristoro, di riflesso anche i soci ne gioveranno; se si ammettesse il diritto al risarcimento da parte del socio, non potendolo logicamente negare in capo alla Società, “si finirebbe con il configurare un plurimo risarcimento per lo stesso danno”.Sulla scorta di tale impostazione, il danno diretto del socio e il danno diretto “erariale” del socio pubblico potranno essere riscontrati, oltre che per l’ipotesi di danno all’imma-gine, soltanto in fattispecie assai marginali.

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Le “Linee guida” n. 12 sui servizi legalifinalmente un po’ di chiarezza ?

dell’Avv. Mauro Mammana - Esperto in Diritto amministrativo e appalti pubblici, docente in corsi di formazione

Con Delibera n. 907 del 24 ottobre 2018, Anac ha final-mente adottato le “Linee guida” definitive sull’affidamento dei servizi legali; la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è avvenuta nella Serie Generale n. 264 del 13 novembre 2018, pertanto entreranno in vigore a fine mese, ovvero il prossimo 29 novembre.Il rilascio di questa “Linea guida” è stato a dir poco soffer-to: in particolare, forte è stata (ed è tuttora) la resistenza della categoria forense rispetto al passaggio epocale a cui quest’ultima è purtuttavia chiamata, ovvero riconoscersi come operatore economico, alla pari di altre categorie im-prenditoriali più tradizionali, invece che come professioni-sta da individuarsi con criteri solo sostanzialmente fidu-ciari, sia da parte dei privati sia da parte delle Pubbliche Amministrazioni.I servizi legali tuttavia sono oggi regolamentati espressa-mente dal “Codice dei contratti”, che li esamina: - all’art. 17, quali “contratti esclusi” (vedremo più avanti il significato di tale locuzione);

- all’Allegato IX al Dlgs. n. 50/2016 (servizi legali non ri-compresi nell’art. 17 cit.).

Anac riconosce, nelle “Linee guida”, che il conferimento dell’incarico legale difensivo costituisce un affidamento ad hoc per singola questione, riconducibile al contratto d’ope-ra professionale; ciononostante, la fonte disciplinare spe-ciale è da rinvenirsi nell’art. 17, mentre per i servizi legali in genere il riferimento è agli artt. 140 e seguenti, del Dlgs. n. 50/2016, ovvero alla disciplina specifica per gli appalti di cui all’Allegato IX.La “Linea guida” distingue, quindi: - gli incarichi legali riconducibili a contratti d’opera, che purtuttavia rimangono appalti: essi rientrano infatti nel Titolo II del Dlgs. n. 50/2016, titolato “contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione”, e ricadono sotto la previsione dell’art. 4, a mente del quale “l’affi-damento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori,

servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente ‘Codice’, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed effi-cienza energetica”;

- servizi legali veri e propri (consulenze continuative, ecc.), di cui all’Allegato IX, con soglia comunitaria “spe-ciale” fissata ad Euro 750.000,00.

Dopo una disamina delle casistiche di cui all’art. 17, Anac individua (ed è questo il punto nodale del Documento) le modalità di affidamento; non prima tuttavia di aver operato una breve ricognizione dei principi che governano l’affida-mento dei servizi di cui all’art. 17 (“economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzio-nalità, pubblicità”).Interessante a tal fine la definizione di economicità, data in relazione ai parametri professionali forensi da ultimo ag-giornati con Dm. n. 37/2018.Quanto alle modalità di scelta del Professionista, Anac in-dica anzitutto come “buona prassi” la costituzione degli Albi di professionisti presso ciascun Ente: “In tal modo, in-fatti, l’Amministrazione può restringere tra essi il confronto concorrenziale al momento dell’affidamento, con effetti positivi in termini di maggiore celerità dell’azione ammi-nistrativa”.Anac esprime poi le modalità corrette di costituzione dell’avviso: esso dev’essere sempre aperto, salvo even-tuali limiti e requisiti di ingresso, le eventuali fasce di im-porto in cui può essere suddiviso l’elenco, ecc.Una volta formato l’elenco, la scelta del Professionista può avvenire sulla base “dell’esperienza e della competenza tecnica, da intendersi come competenza nella materia oggetto del contenzioso ovvero, anche, della questione rilevante per la sua soluzione”; oppure sulla base “della pregressa proficua collaborazione con la stessa stazione

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appaltante in relazione alla medesima questione”; oppure, infine, sulla base “del costo del servizio, nel caso in cui, per l’affidamento di uno specifico incarico, sia possibile riscontrare una sostanziale equivalenza tra diversi profili professionali”. Accanto a tali previsioni, occorre che la stazione appal-tante garantisca “l’equa ripartizione degli incarichi, onde evitare il consolidarsi di rapporti solo con alcuni Profes-sionisti”; in ogni caso, “la stazione indica in modo chiaro nell’avviso pubblico per la costituzione degli elenchi i crite-ri di selezione, il relativo procedimento e gli eventuali limiti al numero di incarichi conferibili”.Rimane auspicabile, per incarichi difensivi di minor com-plessità, la rotazione degli stessi.È quindi tutt’ora possibile procedere ad affidamento diret-to degli incarichi difensivi, in particolare a patto che: a) gli incarichi siano fra loro consequenziali/complemen-

tari; b) gli incarichi facciano riferimento a fattispecie del tutto

peculiare.Anac ribadisce poi la necessità di verificare i requisiti ge-nerali di cui all’art. 80 anche per i Professionisti legali, sia pure con “minore rigore” (che significa in concreto ? Non è dato saperlo !).In conclusione, quindi:

- è preferibile procedere con la costituzione di elenchi specifici di Avvocati per ciascun Ente;

- la scelta del Professionista avviene in base a parametri preferibilmente curricolari, mediante un confronto con-correnziale fra i soggetti iscritti all’elenco;

- è possibile l’affidamento diretto al Professionista in caso di peculiarità della questione o di incarichi connessi/complementari.

Quanto agli appalti di cui all’Allegato IX, si applicano le norme “semplificate” di cui agli artt. 140 e seguenti del Dlgs. 50/2016; Anac suggerisce di procedere, anche per importi di minor valore, all’affidamento previa valutazione sia della qualità che del prezzo.Le “Linee guida” riprendono quindi gli orientamenti mag-gioritari emersi a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs. n. 50/2016, che hanno ricondotto unicamente sotto l’egida del Dlgs. n. 50/2016 gli incarichi legali; e ciò nonostante, il riconoscimento da parte di Anac della “peculiarità” dell’af-fidamento del servizio legale di patrocinio, che permane un contratto d’opera professionale.Pur a fronte delle resistenze, francamente anacronisti-che, della categoria forense, queste “Linee guida” hanno rilevanza storica: per la prima volta infatti anche i Profes-sionisti legali e gli Avvocati si affacciano ufficialmente sul mercato e si espongono ai principi concorrenziali.

Alienazioni e recessi previsti dai “Piani di revisione straordinaria delle partecipate”l’Avviso del Tesoro per la rilevazione dei dati

Entro il 7 dicembre 2018 tutte le Amministrazioni pubbliche che, in sede di “revisione straordinaria delle partecipate”ex art. 24 del Dlgs. n. 175/2016, hanno deliberato di alienare la propria partecipazione o esercitare il diritto di recesso, sono tenute a comunicare lo stato dell’arte di dette pro-cedure. Questo è quanto prevede l’Avviso, pubblicato il 16 novembre 2018 sulla home page dei servizi online del Portale del Dipartimento del Tesoro, secondo cui “la rico-

gnizione riguarda esclusivamente le Amministrazioni che, in sede di ‘revisione straordinaria’, hanno dichiarato l’in-tento, con riferimento a proprie partecipazioni, di adottare le seguenti misure di razionalizzazione da realizzarsi entro il 30 settembre 2018: - cessioni a titolo oneroso (ovvero alienazione) delle partecipazioni detenute; - esercizio del diritto di recesso dalla società partecipata”.La comunicazione dovrà essere effettuata tramite la nuova

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funzionalità “Attuazione alienazioni e recessi” dell’applica-tivo “Partecipazioni”.Mentre, la comunicazione dell’esito della “razionalizzazione periodica delle partecipazioni” de-tenute al 31 dicembre 2017, ai sensi dell’art. 20 del Dlgs. n. 175/2016, di concerto con il successivo art. 26, comma 11, sarà concomitante con la rilevazione annuale delle partecipate e dei rappresentanti disposta dal Dipartimento del Tesoro ai sensi dell’art. 17 del Dl. n. 90/2014.Ricordiamo che l’ultima rilevazione riferita ai dati del 2016 aveva come termine di scadenza il 31 gennaio 2018, suc-cessivamente prorogato fino al 17 febbraio 2018.In riferimento alla “revisione straordinaria delle Società par-tecipate”, in applicazione dell’art. 24 del Dlgs. n. 175/2016 (Tusp), ricordiamo che entro il 30 settembre 2017 le Ammi-nistrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, i loro Consorzi o Associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli Enti pubblici economici e le Autorità portuali, erano tenute ad adottare un provvedimento motivato di ricognizione di tutte le partecipazioni possedute, direttamente e indiretta-mente, alla data del 23 settembre 2016.Le partecipazioni, dirette e indirette, non riconducibili ad alcuna delle catego-rie di cui all’art. 4 del Tusp o non rispondenti ai requisiti di cui all’art. 5, commi 1 e 2, del Tusp, o ricadenti in una delle ipotesi di cui all’art. 20, commi 1 e 2, del Tusp, dovevano essere alienate, secondo quanto previsto dall’art. 10 dello stesso Decreto o oggetto di un Piano di riassetto, come previsto dal successivo art. 20, che prevedesse una delle seguenti operazione:- razionalizzazione;- fusione;- soppressione mediante: liquidazione o cessione.

In proposito, osserviamo che, ai sensi dell’art. 24, com-ma 5, del Tusp, “in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, comma 2, e seguendo il procedimento di cui all’art. 2437-quater Cc.”.Pertanto, la mancata alienazione della partecipazione entro un anno dalla data di adozione dell’atto ricognitivo (massimo entro il 30 settembre 2018), ha comportato la perdita da parte della Pubblica Amministrazione dei diritti sociali nei confronti della Società, fermo restando il potere di alienazione, con conseguente liquidazione della stessa secondo quanto previsto dal codice civile per le Spa.Sul punto, l’attuale “Ddl. Bilancio 2019”, all’art. 51, preve-de un’integrazione dell’art. 24 del Dlgs. n. 175/2016, inse-rendo il comma 5-bis, secondo cui, “a tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, fino al 31 dicembre 2021 le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 non si applicano nel caso in cui le società partecipa-te abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione. L’amministrazione pubblica, che detiene le partecipazioni, è conseguentemente auto-rizzata a non procedere all’alienazione”.Di conseguenza, qualora la norma passasse nei termini sopra riportati, dal 1° gennaio 2019, in caso di bilanci in utile, si aprirebbe un ulteriore periodo transitorio dove il socio pubblico potrebbe continuare ad esercitare i propri diritti sociali.

Revisione periodica delle partecipatepubblicate le “Linee-guida” sul portale del Mef

Entro il prossimo 31 dicembre 2018, tutte le Pubbliche Amministrazioni, come definite dall’art. 2, comma 1, del Dlgs. n. 175/2016 (Tusp), sono tenute ad effettuare la revi-sione periodica delle proprie partecipate dirette e indirette, detenute al 31.12.2017.

Secondo quanto previsto dall’Avviso del 23.11.18, pubbli-cato sul Portale del Tesoro, la rilevazione dovrà avvenire in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 20 del Tusp, e secondo gli schemi-tipo contenuti nelle “Linee-guida” pub-blicate nella home dei Servizi online del Portale Tesoro da

della Dott.ssa Federica Giglioli - Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, Pubblicista

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parte della Struttura di monitoraggio delle partecipazioni pubbliche.Detto adempimento previsto dal Tusp si integra con la rile-vazione annuale delle partecipazioni e dei rappresentanti, condotta dal Dipartimento del Tesoro, ai sensi dell’art. 17 del Dl. n. 90/2014; tanto che le informazioni raccolte dal Tesoro saranno utilizzate anche dalla Corte dei conti per le proprie attività istituzionali di referto e di controllo.Le suddette “Linee-guida”, nel definire il perimetro sog-gettivo degli Enti tenuti ad effettuare la rilevazione, chiari-scono che i Consorzi tra Comuni che non rivestono forma societaria rientrano nel perimetro soggettivo del Tusp e, pertanto, sono tenuti ad adottare i “Piani di razionalizza-zione periodica delle partecipazioni da essi detenute”, in quanto P.A., mentre non sono oggetto di razionalizzazione le partecipazioni degli Enti comunali in detti Consorzi.In particolare, la rilevazione comporta:- la comunicazione in formato elaborabile delle informa-

zioni relative a ciascuna partecipazione e alla Società partecipata, richieste dalla Struttura Mef per rappresen-tare, in maniera standardizzata ed omogenea, l’analisi effettuata e le misure di razionalizzazione eventualmen-te adottate;

- l’invio telematico del Provvedimento adottato, da effet-tuarsi anche nel caso in cui l’Amministrazione non de-tenga partecipazioni in Società ricadenti nel perimetro oggettivo del Tusp, comprensivo di eventuali allegati;

- la validazione della trasmissione dei dati e del Provve-dimento.

A seguito della validazione, l’Amministrazione riceverà un messaggio di posta elettronica di notifica dell’avvenuta trasmissione, con l’indicazione del numero di Protocollo assegnato dal Dipartimento del Tesoro al Provvedimento caricato nell’applicativo. Solo da questo momento la P.A. sarà considerata adempiente agli obblighi di comunicazio-ne.

Tutti i Provvedimenti di cui all’art. 20 del Tusp dovranno essere comunicati anche alla Sezione competente della Corte dei conti.Poiché la rilevazione ex art. 20 del Tusp si integra con quella stabilita dall’art. 17 del Dl. n. 90/2014 per la rile-vazione annuale delle partecipazioni e dei rappresentanti condotta dal Dipartimento del Tesoro e condivisa con la Corte dei conti, la comunicazione dovrà avere per oggetto:a. tutte le partecipazioni dirette detenute in Società ed Enti,

in analogia ai precedenti censimenti annuali condotti dal Dipartimento del Tesoro;

b. tutte le partecipazioni indirette di primo livello detenu-te in Società per il tramite di Società o di Organismi. Come segnalato in precedenza, non sono considerati “Organismi tramite” i soggetti che rientrano nel perime-tro soggettivo del Tusp (esempio, i Consorzi ex art. 31 del Tuel e le Aziende speciali ex art. 114 del Tuel, le Associazioni, gli Enti pubblici economici, gli Enti pubblici non economici. Detti soggetti dovranno attivarsi autono-mamente per l’effettuazione della revisione;

c. tutte le partecipazioni indirette di livello superiore al pri-mo detenute in Società per il tramite di società controlla-te o di organismi controllati dall’Amministrazione.

I dati richiesti sono contenuti nelle schede-tipo, disponi-bili in formato elaborabile sul Portale, come da seguenti schemi: - “Allegato 1 - Scheda di partecipazione” per il censimen-to annuale;

- “Allegato 2 - Scheda Rappresentanti” per la rilevazione dei rappresentanti delle amministrazioni presso organi di governo di società ed enti partecipati e non parteci-pati;

- “Allegato 3 – Schema Provvedimento” per razionalizza-zione periodica ex art. 20 del Tusp.

L’avvio della rilevazione dei dati sarà comunicato sempre mediante home dei Servizi online del Portale Tesoro.

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QUESITIFatturazione elettronicaè possibile indicare più di un Cig e un Cup in un’unica fattura ?

“C’è la possibilità nell’emissione della fattura elettronica di inserire due o più Cig e Cup in campi specifici e non nel Campo ‘Note’ ? È corretto ai fini del pagamento a fronte di una fattura indicante un unico Cig e un unico Cup (nel campo specifico) fare due mandati ripartendo la fattura in 2 con 2 Cig e 2 Cup diversi ? Il problema si è posto perché una ditta, considerato che è stato sottoscritto un unico contratto, ha emesso una fattura unica anche se il Comune ha assunto 2 Cig e 2 Cup diversi (2 impianti di fornitura di energia). Operativamente abbiamo verificato la possibilità, ma ci chiediamo come faccia la Piattaforma ‘Siope’ ad operare il controllo sul mandato visto che la fattura reca un unico Cig/Cup”.

del Dott. Cesare Ciabatti - Consulente e formatore per Enti Locali, Esperto in amministrazione digitale e gestione archivi elettronici in ambito pubblico e privato

Come noto, l’art 25 del Dl. n. 66/2014 ha imposto l’obbligo da parte dell’Ente della corretta valorizzazione del Campo Cig e Cup all’interno delle fatture elettroniche, ed in caso contrario l’Ente non può procedere al pagamento. Occorre dunque precisare che non è sufficiente solo “an-notare” il Codice Cig o Cup all’interno della fattura magari nel Campo “Note”, ma occorre che questi siano inseriti nei campi previsti con relativo “tag” al fine di rendere possibile la lettura automatica dei dati contenuti nella Fepa. A tal fine, si consiglia di utilizzare il Codice blocco 2.1.2 (ordine di acquisto) nel quale sono previsti i Campi “Co-dice Cig” e “Codice Cup”. Nello stesso blocco si trova an-che il Campo “Codice commessa Convenzione”, che può essere valorizzato con il numero dell’impegno. Il blocco

2.1.2 può fare riferimento all’intera fattura oppure ad una linea di dettaglio della fattura. Occorre dunque che la fattura in questione riporti 2 linee di dettaglio e ad ogni riga sia associato il relativo dettaglio dell’ordine di acquisto con i rispettivi Cig e Cup.Si rammenta che mediante il “Sistema di interscambio” e la Piattaforma “Siope+” i dati acquisiti vengono spediti ad Anac per avere la tracciabilità dei flussi finanziari e lo stato di avanzamento dei Progetti. Occorre pertanto che, al fine di garantire la corretta gestione dei dati inseriti in fattura anche da altri Sistemi (“Sdi”, “Pcc”, “Siope+”, Anac, Agenzia delle Entrate, ecc.) i dati dei documenti scambiati (fatture e mandato di pagamento) siano riscontrabili.

SÌ NO

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QUESITI

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IL PARERE DELLA CORTE“Servizio idrico integrato”la Corte dei conti evidenzia che le assunzioni delle Consulte d’Ambito non sono di sua competenzaCorte dei conti Friuli Venezia Giulia, Delibera n. 45 del 25 settembre 2018

Nella Fattispecie in esame, il Direttore generale e Lega-le rappresentante dell’Ausir, dopo aver rappresentato le circostanze di fatto e di diritto relative al trasferimento di personale all’Ausir come disciplinato dall’art. 26 della Lr. n. 5/2016, ha chiesto: - se sia corretto ritenere che solo il personale assunto dalle Consulte d’Ambito tramite procedure concorsuali ad evidenza pubblica con contratto di lavoro a tempo indeterminato abbia titolo per essere trasferito all’Ausir;

- se, eventualmente, vi sia un obbligo di assumere anche il personale assunto con contratto di lavoro a tempo de-terminato.

La Sezione rileva che l’art. 26 della Lr. n. 5/2016 è suffi-cientemente chiaro nel prevedere che “il personale assun-

to dalle Consulte d’Ambito per il ‘Servizio idrico integrato’ tramite procedure concorsuali ad evidenza pubblica con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è trasferito alla data dell’1° gennaio 2017 all’Ausir nel ri-spetto del vigente sistema di relazione sindacale….”. Per-tanto, si tratta di dare applicazione al dettato normativo, senza che le diverse valutazioni operate da una Organiz-zazione sindacale siano idonee a giustificare l’attivazio-ne della funzione consultiva intestata alla Corte dei conti, dovendosi continuare ad operare sul piano strettamente amministrativo-gestionale ed, eventualmente, in ipotesi di contenzioso legale, avviare le opportune difese innanzi all’Autorità giudiziaria competente per materia.

Società “in house”inquadramento giuridico dei compensi erogati ad un dipendente comunale nominato AmministratoreCorte dei conti Toscana, Delibera n. 61 del 26 settembre 2018

Nella fattispecie in esame, un Sindaco chiede un parere al fine di comprendere l’esatto inquadramento giuridico dei compensi erogati ad un proprio dipendente da una Socie-tà partecipata. In particolare, viene chiesto se i compensi corrisposti all’Ente da parte di una Società partecipata, re-lativi alla partecipazione del dipendente comunale, nomi-nato Amministratore della Società, alle riunioni del Consi-glio di amministrazione, siano soggetti al limite di spesa di cui all’art. 9, comma 2-bis, del Dl. n. 78/2010. La Sezione chiarisce che, qualunque sia la scelta dell’Ente circa la destinazione delle risorse in esame, queste, se destinate a finanziare il trattamento accessorio dei dipendenti, sog-giacciono ai limiti di spesa vigenti in materia. Ciò in quanto l’espressione “ammontare complessivo delle risorse de-stinate annualmente al trattamento accessorio del per-

sonale” (contenuta nella norma originaria, riprodotta nel comma 236 e riproposta nell’art. 23, comma 2, del Dlgs. n. 75/2017), indica la precisa volontà di ricomprendere nella fattispecie normativa ogni genere di risorse funzionalmen-te destinate ad offrire copertura agli oneri accessori del personale, senza alcuna considerazione per l’origine o la provenienza delle risorse a tal fine impiegate. Inoltre, la Sezione pone in evidenza che, sia le risorse del bilancio imputate al “Fondo”, quanto le risorse direttamente stan-ziate in bilancio a copertura degli oneri relativi alle posizio-ni organizzative nei Comuni privi di qualifiche dirigenziali, essendo destinate ad incrementare la spesa per il tratta-mento accessorio del personale, in ragione del concreto utilizzo delle risorse stesse, debbono soggiacere ai limiti di spesa.

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Società partecipatePiano di risanamento senza alcun intervento finanziario da parte degli Enti pubblici soci

“Trasporto scolastico”per la Corte Sicilia non sono applicabili i vincoli che caratterizzano i “servizi pubblici a domanda individuale”

Corte dei conti Liguria, Delibera n. 127 del 12 ottobre 2018

Corte dei conti Sicilia, Delibera n. 178 del 10 ottobre 2018

Nella fattispecie in esame, viene chiesto un parere in ordi-ne alla corretta interpretazione ed alla portata applicativa delle disposizioni di cui all’art. 21, comma 1, del Dlgs. n. 175/2016, in relazione alle Società partecipate che abbia-no adottato un Piano di risanamento ai sensi dell’art. 14 del medesimo Decreto senza alcun intervento finanziario da parte degli Enti pubblici soci. La Sezione rileva che la norma di cui all’art. 21 del Dlgs. n. 175/2016 prevede che, qualora un Organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripia-nato, l’Ente Locale partecipante è tenuto ad accantona-re, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito Fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo. Dunque, viene creata una relazione diretta tra le perdite registrate dagli Organismi partecipati e la consequenziale contrazione de-gli spazi di spesa effettiva disponibili per gli Enti proprietari a preventivo, con l’obiettivo di una maggiore responsabi-lizzazione degli Enti Locali nel perseguimento della sana gestione degli Organismi partecipati. La Sezione, nella Delibera in esame, chiarisce che: - l’art. 21, comma 1, del Dlgs. n. 175/2016, si applica a tutte le Società partecipate da Enti Locali dovendo-si considerare il riferimento all’Elenco Istat citato dalla norma come relativo agli Enti Locali partecipanti. Tale norma non fa venir meno il principio dell’autonomia pa-trimoniale sancito dalla disciplina civilistica;

- l’accantonamento previsto dall’art. 21, comma 1, del

Nella fattispecie in esame, viene chiesto un parere sull’in-terpretazione del disposto dell’art. 5, comma 2, del Dlgs. n. 63/2017, a mente del quale gli Enti Locali “assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni delle Scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della più vici-

Dlgs. n. 175/2016, deve essere pari al valore dell’intera perdita registrata dalla Società partecipata e deve esse-re suddiviso tra gli Enti partecipanti in una quota propor-zionale al valore della partecipazione. In nessun caso tale accantonamento può essere limitato al valore della quota-parte del patrimonio netto della Società partecipa-ta detenuta da ogni Ente Locale;

- per le Società che svolgono “servizi pubblici a rete di ri-levanza economica”, per risultato si intende la differenza tra “valore” e “costi” della produzione, ai sensi dell’art. 2425 del Cc., nella sua attuale formulazione;

- gli Enti Locali soci devono procedere all’accantonamen-to previsto dall’art. 21, comma 1, anche nell’ipotesi in cui sia approvato un Piano di risanamento, ai sensi dell’art. 14 del Dlgs. n. 175/2016, nel quale, tra le misure di ripri-stino dell’equilibrio economico-finanziario della Società, non sia previsto l’esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite;

- gli Enti Locali devono procedere con l’accantonamento di cui all’art. 21, comma 1, del Dlgs. n. 175/2016 nel pri-mo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato negativo, mediante approvazione del bilan-cio d’esercizio della Società partecipata;

- gli Enti Locali possono non procedere all’accantona-mento o ridurre lo stesso nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato positivo, me-diante approvazione del bilancio d’esercizio della Socie-tà partecipata.

na sede di erogazione del Servizio scolastico. Il Servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli Enti Territoriali interessati”.La Sezione afferma che il Servizio di “Trasporto scolasti-

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co” non è ricompreso tra le categorie dei servizi pubblici. Quindi, non possono reputarsi immediatamente applicabili i vincoli normativi e finanziari che caratterizzano i “servizi pubblici a domanda individuale”, espressamente indivi-duati dal Dm. n. 131/1983.Tuttavia, giova tenere conto nell’individuazione delle mo-dalità di organizzazione e di erogazione del servizio, sia dei vincoli generali che presiedono la materia, sia delle previsioni specifiche contenute in seno alla norma in esa-me. La Sezione pone in evidenza quanto sancito in linea generale dall’art. 117, comma 1, del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel), in forza del quale “gli Enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relati-va ai servizi stessi sono i seguenti:a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicura-

re la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;

b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il ca-pitale investito;

c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;

d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale inve-stito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”.

Inoltre, l’art. 5, comma 2, del Dlgs. n. 63/2017 prevede una espressa clausola di invarianza finanziaria, richieden-do che il Servizio di “Trasporto scolastico” vada realizzato senza determinare nuovi e maggiori oneri per gli Enti Ter-ritoriali e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta. Quindi, ferme restando le scelte gestionali e l’in-dividuazione dei criteri di finanziamento demandate alla competenza dell’Ente Locale, la disposizione non consen-te l’erogazione gratuita del servizio de quo, che andrebbe debitamente motivata e dovrebbe avere a fondamento una adeguata copertura finanziaria, ma che va comunque ricondotta nei limiti fissati dai parametri normativi del Dlgs. n. 267/00, alla luce della espressa previsione normativa della corresponsione di una quota di partecipazione diret-ta, che dunque presuppone un versamento, anche gra-duato, da parte degli utenti.

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SCADENZARIO15 Sabato 15 dicembre *

Comunicazione dati relativi ai Debiti P.A.Entro la data odierna le Amministrazioni – ai sensi dell’art. 37 del Dl. n. 66/2014 (“Decreto Irpef”) devono comunicare, attraverso la “Piattaforma elettronica per le certificazioni”, i dati relativi ai debiti non estinti, certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni di prestazioni professionali, per i quali, nel mese precedente, sia scaduto il termine di decorrenza degli interessi moratori ex art. 4 del Dlgs. n. 231/2002.

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle Carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 maggio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

Censimento immobili pubbliciEntro la data odierna gli Enti devono inviare al Dipartimento del Tesoro i dati relativi ai beni immobili detenuti in proprietà e/o in base ad altro titolo, per l’elaborazione del rendiconto patrimoniale nazionale a valori di mercato (vedasi Comuni-cato Dipartimento del Tesoro 24 settembre 2018, in conformità all’art. 2, comma 222, Legge n. 191/2009).

Variazioni al PegIn applicazione dell’art. 175, comma 9, del Tuel, scade oggi il termine per la Deliberazione di approvazione delle varia-zioni al Piano esecutivo di gestione 2018/2020, eccezion fatta per quelle correlate alle variazioni di bilancio previste al comma 3, che possono essere deliberate sino al 31 dicembre di ciascun anno.

16 Domenica 16 dicembre *

Versamento Iva su acquisti in ambito istituzionaleScade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta sugli acquisti in “split payment”operati nel mese pre-cedente in ambito istituzionale. Il versamento deve essere effettuato tramite Modello “F24EP”, codice-tributo “620E” (oppure “6040” per chi utilizza il Modello “F24”) istituito con la Risoluzione n. 12/E del 15 febbraio 2015 e non è com-pensabile con altri crediti.

Versamento Iva mensileScade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta per il mese precedente, da effettuarsi tramite Modello “F24EP”.

Irap - Acconto mensile Amministrazioni dello Stato e Enti pubbliciDeve essere versato entro oggi, da parte degli Organi e le Amministrazioni dello Stato e degli Enti pubblici, di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), del Dlgs. n. 446/1997, l’acconto mensile Irap, calcolato in base alle retribuzioni e compensi corrispo-sti nel mese precedente (art. 30, comma 5, Dlgs. n. 446/97; Dm. 2 novembre 1998). Il versamento deve essere operato telematicamente con Modello “F24EP”.

Ritenute alla fonte (Irpef ed Addizionale Irpef)Scade in data odierna il termine, per le Province, per i Comuni (tranne quelli con meno di 5.000 abitanti che non bene-ficiano di trasferimenti statali) e per i Consorzi, Associazioni, Unioni di Comuni e Comunità montane con più di 10.000

SCADENZARIO

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abitanti, che non si avvalgono della possibilità di compensazione di cui all’art. 17 del Dlgs. n. 241/1997, per il versamen-to tramite Modello “F24EP”delle ritenute alla fonte sui redditi soggetti a tale disciplina corrisposti nel mese precedente.

Contributo Inps del 24% (34,23%) per i co.co.co. Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps – “Gestione separata”ex art. 2, comma 26, Legge n. 335/1995, del contributo del 24% (34,23%) sui compensi comunque denominati, corrisposti nel mese precedente per prestazioni inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del Tuir (si richiama al riguardo la Circolare Inps n. 18 del 31 gennaio 2018, nonché la Tabella di sintesi posta in calce al presente Scaden-zario).

Contributi per prestatori di lavoro occasionale con reddito annuo sopra Euro 5.000 Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps, tramite il Modello “F24EP”, con le stesse modalità previste per i collaboratori coordinati e continuativi (per i riferimenti normativi vedi sopra), dei contributi sui compensi corrisposti nel mese precedente ai lavoratori occasionali il cui reddito annuo per tale tipo di prestazioni supera Euro 5.000, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del Dl. n. 269/2003, convertito nella Legge n. 326/2003.

17 Lunedì 17 dicembre

Versamento Imu – saldo anno 2018 Scade oggi (in quanto il 16 dicembre cade di Domenica) il versamento del saldo dell’Imposta municipale propria per il 2018, calcolata sulla base delle aliquote e delle detrazioni pubblicate sul “Portale del Federalismo fiscale” alla data del 28 ottobre scorso ai sensi dell’art. 13, comma 13-bis, del Dl. n. 201/2011.

Versamento Tasi – saldo anno 2018Scade oggi (in quanto il 16 dicembre cade di Domenica) il versamento del saldo Tasi per l’anno 2018, come disposto dall’art. 1, comma 688, della Legge n. 147/2013 (“Legge di stabilità 2014”). Le aliquote e le detrazioni cui i contribuenti devono fare riferimento sono quelle pubblicate sul “Portale del Federalismo fiscale” alla data del 28 ottobre scorso, come previsto dall’art. 1, comma 688, della Legge n. 147/2013 (“Legge di stabilità 2014”).

20 Giovedì 20 dicembre

Codifica “Siope” dei conti pubblici: comunicazione disponibilità finanziarieIn applicazione dell’art. 2, comma 8, Dlgs. 23 giugno 2011, n. 118 e del Dm. Mef 9 giugno 2016, entro la data odierna i Tesorieri trasmettono al “Siope” informazioni codificate sulla consistenza delle disponibilità liquide dei singoli enti alla fine del mese precedente, secondo lo schema previsto dall’Allegato “B” al Dm. Mef 9 giugno 2016. Entro lo stesso ter-mine gli Enti comunicano al loro Tesoriere - che provvede alla trasmissione di tali dati al “Siope” – le informazioni sulla consistenza delle disponibilità finanziarie depositate alla fine del mese precedente presso altri Istituti di credito.

Comunicazione Mef variazione Addizionale comunale all’IrpefPubblicazione delle Delibere di variazione dell’Addizionale Irpef 2018 sul sito del Mef in vista dell’entrata in vigore dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione (vedasi art. 14, comma 8, Dlgs. n. 23/2011 e art. 1, comma 169, Legge n. 296/2006).

27 Giovedì 27 dicembre

Acconto Iva per l’anno 2018Entro la data odierna gli Enti Locali contribuenti mensili e trimestrali sono tenuti a versare, tramite Modello “F24EP”

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5 dicembre 2018Servizi Pubblici LocaliCENTRO STUDI ENTI LOCALI

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(codice-tributo “613E” per i mensili, “618E” per i trimestrali), l’acconto Iva relativo all’anno 2018, se dovuto, ai sensi dell’art. 6, della Legge n. 405/1990.

31 Lunedì 31 dicembre

Presentazione Modelli “Intra 12”Scade in data odierna il termine per presentare in via telematica all’Agenzia delle Entrate, da parte degli Enti Locali che hanno assunto il ruolo di soggetti passivi Iva in base alle nuove disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2010 - recepenti i contenuti delle Direttive 2008/8/Ce 12 febbraio 2008 e 2008/117/Ce 16 dicembre 2008 - i nuovi Modelli “Intra 12” ap-provati dall’Agenzia con il Provvedimento 16 aprile 2010 - per dichiarare gli acquisti di beni e servizi da soggetti non residenti effettuati nel secondo mese precedente.

Trasmissione mensile dei dati retributivi delle posizioni assicurative individualiEntro tale data devono essere inviati attraverso la Denuncia mensile analitica “Dma2” (adesso “ListaPosPa”), integrata con il flusso Uniemens, i dati retributivi e le informazioni per implementare le posizioni assicurative individuali degli iscritti alla Gestione “Dipendenti Pubblici” ai sensi dell’art. 44, comma 9, del Dl. n. 269/03 e della Circolare Inps 7 agosto 2012, n. 10.

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle Carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 maggio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

Approvazione del Dup e del bilancio di previsione 2019-2021Entro oggi il Consiglio comunale dell’Ente provvede ordinariamente ad approvare il Dup e il bilancio di previsione 2019-2021 e i relativi allegati (art. 151, Dlgs. n. 267/2000).

Regolamenti, Imposte e tariffeNel caso in cui l’approvazione del bilancio di previsione 2019 non venga prorogato, entro la presente data scadono i termini per l’approvazione da parte del Consiglio comunale del Regolamento dell’aliquota e della detrazione per l’Ad-dizionale all’Irpef 2017 (art. 1, Dlgs. n. 360/1998), della Deliberazione relativa alle aliquote ed alle detrazioni per l’Imu 2017, della Deliberazione relativa al Regolamento dell’aliquota dell’Imposta di scopo 2017 (art. 1, comma 145, Legge n. 296/2006), del Regolamento della Tasi e della Deliberazione relativa alle tariffe Tari 2017, delle Deliberazioni relative alle tariffe dei tributi locali 2017, delle Deliberazioni relative alle tariffe ed ai prezzi pubblici per il 2017, e del Regolamento per la disciplina delle entrate 2017, delle tariffe e dei tassi di copertura percentuale del costo di gestione dei “Servizi a domanda individuale” per il 2017 (art. 1, comma 169, Legge n. 296/06).

Fondo di riserva e Fondi spese potenzialiEntro la data odierna, in applicazione dell’art. 176 delTuel, possono essere deliberati prelevamenti dal Fondo di riserva, dal Fondo di riserva di cassa e dai Fondi spese potenziali.

Razionalizzazione partecipazioni pubblicheIn applicazione dell’art. 26, comma 11, del Tusp, scade oggi il termine per l’approvazione della Delibera consiliare di razionalizzazione periodica delle partecipazioni detenute dall’Ente Locale, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

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Tabella di sintesi aliquote contributi gestione separata Inps anno 2018 – Circolare Inps n. 18/18

Collaboratori e figure assimilate Aliquote

Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL

34,23%(33,00 + 0,72 +0,51 aliquote aggiuntive)

Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali non è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL

33,72%(33,00 + 0,72 aliquote aggiuntive)

Soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria 24%

Liberi professionisti Aliquote

Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie25,72%

(25,00 IVS + 0,72 aliquota aggiuntiva)

Soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria 24%

(*) Il termine e i versamenti in scadenza in un giorno festivo sono automaticamente prorogati al primo giorno feriale successivo.

15 Martedì 15 gennaio

Comunicazione dati relativi ai Debiti P.A.Entro la data odierna le Amministrazioni – ai sensi dell’art. 37 del Dl. n. 66/2014 (“Decreto Irpef”) devono comunicare, attraverso la “Piattaforma elettronica per le certificazioni”, i dati relativi ai debiti non estinti, certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni di prestazioni professionali, per i quali, nel mese precedente, sia scaduto il termine di decorrenza degli interessi moratori ex art. 4 del Dlgs. n. 231/2002.

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle Carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 maggio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

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Nella predisposizione e preliminarmente all’invio della presente Rivista sono stati effettuati tutti i possibili controlli tecnici per verificare che i files siano indenni da virus. Ricordato che l’installazione di un’aggiornata protezione

antivirus rientra comunque tra le regole fondamentali di corretta gestione di un qualsiasi sistema informatico, si declina da ogni responsabilità in ordine alla trasmissione di eventuali virus.

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