Ser y Lenguaje en La Filosofia de Emanuele Severino

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  • UNIVERSIT DEGLI STUDI DI URBINO FACOLT DI MAGISTERO

    CORSO DI LAUREA IN PEDAGOGIA

    ESSERE E LINGUAGGIO NELLA FILOSOFIA DI

    EMANUELE SEVERINO

    ANNO ACCADEMICO 1992 93

    RELATORE: CHIAR.MO

    PROF. GRAZIANO RIPANTI

    TESI DI LAUREA DI: ANDREA ANCONETANI

  • A mio fratello Marco: il migliore

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    INDICE

    INTRODUZIONE PAG. 2

    CAPITOLO I: LESSERE PAG. 4

    PERDITA DELLA VERIT DELLESSERE PAG. 5 ESSERE E IMMEDIATEZZA PAG. 15

    IL PROBLEMA DEL NULLA PAG. 27

    CAPITOLO II: IL DIVENIRE PAG. 38

    VOLONT, DESTINO E NECESSIT PAG. 39

    CAPITOLO III: IL LINGUAGGIO PAG. 89

    IL LINGUAGGIO E LA NECESSIT PAG. 90 CONCLUSIONI PAG. 102

    BIBLIOGRAFIA PAG. 106

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    INTRODUZIONE L'intento che ha voluto guidare questo scritto muove

    da una volont chiarificatrice. A questo proposito si voluto procedere in maniera

    piuttosto didascalica, cercando di mantenere costantemente una idea di fondo che legasse le varie parti del testo cercando il pi possibile di non creare soluzioni di continuit.

    La ricerca consta di tre parti, la prima dedicata al problema dell'essere visto nella prospettiva filosofica di Emanuele Severino, la seconda relativa alla questione del divenire e l'ultima, molto meno ponderosa delle altre, riguardante i rapporti, che tra l'altro non risultano essere totalmente chiari, tra l'essere, la necessit e il linguaggio mediante il quale questa viene alla luce.

    Questa terza parte seguita da una breve considerazione conclusiva nella quale si espongono compiutamente alcuni rilievi che sono emersi via via durante lo svolgersi della trattazione.

    Il testo principale a cui si fatto riferimento costante durante tutta la stesura della ricerca stato La Struttura Originaria, un testo che racchiude in s in maniera completa tutti i motivi del pensiero severiniano e che costituisce un cardine intorno al quale ruota tutta la produzione filosofica di Severino sino agli scritti pi recenti.

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    Ci che si tentato, in breve, di fare, stato di stabilire un itinerario di pensiero che attraversando l'imponente impianto architettonico della filosofia severiniana, e soffermandosi nei luoghi essenziali, abbia potuto tracciarne un profilo puntuale ed esauriente, mettendone in luce tra l'altro le principali zone d'ombra ed evidenziandone i punti dove vengono a palesarsi i maggiori cedimenti.

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    CAPITOLO I: LESSERE

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    PERDITA DELLA VERIT DELL'ESSERE

    La riflessione sull'essere innegabilmente una

    costante di tutto il pensiero occidentale. Da questo punto di vista, il fatto che Emanuele Severino incentri tutta la sua filosofia sulla problematica dell'essere, non sembrerebbe doverci stupire in qualche modo.

    Ma una osservazione del genere del tutto banale ed addirittura impertinente, poich in verit ci che per Severino costituisce problema non l'essere in quanto tale, quanto il fatto, provato proprio da ci che abbiamo detto sopra, che l'intero pensiero occidentale consideri l'essere come un problema.

    In tutti i testi di Severino ricorre in maniera quasi martellante il concetto secondo il quale La storia della filosofia occidentale la vicenda dell'alterazione e quindi della dimenticanza del senso dell'essere, inizialmente intravisto dal pi antico pensiero dei Greci1.

    Il problema fondamentale dunque quello di mostrare come la filosofia occidentale mantenga il concetto di essere in una dimensione di inautenticit e come tale visione alterata evolva in una direzione diametralmente

    1 E.SEVERINO - Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano, 1981, p. 19.

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    opposta a quella dell'essere stesso, verso quel nulla che il suo naturale antagonista logico.

    La filosofia occidentale dunque il luogo dello spaesamento e dell'errore fondamentale, un pensiero questo in apparenza non lontano da quello di Heidegger quando sostiene che il problema del nulla sorge in seguito alla dissoluzione dell'essere, ed nient'altro che un processo storico al termine del quale dell'essere non ne pi nulla.

    Ma pur sempre Heidegger si mantiene all'interno di questo processo storico, ed anzi pu considerarsi un punto di arrivo di esso, le sue parole appartengono dunque al mondo del fraintendimento, sono parole gi corrotte ed indescrivibilmente lontane dalla verit.

    E la verit non un segreto per gli uomini, non qualcosa di celato da sempre, semplicemente non stata compresa, stata alterata, e se alterazione c' stata, ci indica che la verit stata oggetto di riflessione, stata intuita.

    In realt la verit, per Severino, da sempre sotto gli occhi degli uomini e addirittura costituisce oggetto di riflessione della filosofia pi antica, degli albori della filosofia greca.

    All'alba della civilt occidentale la filosofia greca pensa la verit e subito la fraintende; la pensa per bocca di quel Parmenide che Platone chiamava venerando e

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    terribile e che Aristotele, tradendo la sua compassatezza, accusava di follia.

    Nei pochi versi del poema di Parmenide si nasconde la parola pi essenziale e pi dimenticata di tutto il nostro sapere2, una verit contenuta tutta nella povera affermazione, che pi volte compare nell'opera parmenidea, secondo la quale l'essere , mentre il nulla non 3.

    Questa semplice opposizione tra positivo e negativo, tra ci che assolutamente e ci che assolutamente non , ha in Parmenide una pregnanza che il pensiero metafisico dell'Occidente non sapr pi eguagliare.

    Anzi la riflessione posteriore condurr questo semplice concetto ad una ambiguit tale da smarrirne totalmente, anche se non definitivamente, il senso.

    Nell'ormai celebre scritto Ritornare a Parmenide, Emanuele Severino procede con estremo rigore logico alla ricerca del momento in cui il pensiero giunge al fraintendimento della verit, nell'attimo cio in cui esso incomincia ad intendere quell'opposizione assoluta tra essere e nulla come un'opposizione che governa si l'essere, ma fin tanto che esso .

    Il solo fatto che il pensiero abbia formulato questa brevissima considerazione indica che il senso dell'essere si gi dileguato.

    2 Ivi, p. 20 3 Ivi, p. 20

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    L'assoluta opposizione che fa dell'essere e del nulla due nemici incrollabili stata corrotta poich individuato un momento in cui l'essere non pu opporsi al nulla, perch esso stesso diventato un nulla.

    Il semplice e definitivo pensiero parmenideo che abbiamo menzionato sopra ha quindi lasciato il posto ad un principio pi insidioso, la cui dizione afferma che l'essere rimane opposto al nulla finch , ma quando l'essere non ?

    Ci troviamo di fronte ad una proposizione dal significato ambiguo, che significato prende la parola "essere" nell'espressione "quando l'essere non ?"4.

    Severino nota che se si sostiene che, quando l'essere non esso un nulla, dovremmo essere disposti a sostituire la proposizione "quando l'essere non " con "quando il nulla non ", poich tra un essere che non e un nulla che non non c' nessuna differenza.

    Tuttavia non si ritiene accettabile questo scambio e ci perch nonostante tutto si vuole tener fermo che l'essere non il nulla, il positivo non il negativo5.

    Il pensiero occidentale, che percorre questo sentiero sin da quando abbandona l'originale significato del pensiero parmenideo, cade quindi in contraddizione, non si avvede che pensare un tempo in cui l'essere non equivale a pensare l'identit di positivo e negativo, di

    4 Ivi, p. 22 5 Ivi, p. 22

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    "essere" e di "nulla"; percorre dunque un sentiero "impercorribile".

    Abbiamo gia raggiunto, con queste poche righe il fulcro del pensiero di Emanuele Severino; il concetto di essere, nella maniera in cui espresso da tutta la tradizione filosofica occidentale un concetto contraddittorio, poich viene definito l'essere come ci che e non pu non essere, ma contemporaneamente ci fatto valere fin tanto che esso .

    Non si ritiene dunque che l'essere debba necessariamente essere, anzi implicitamente si concede all'essere un tempo in cui non ( fatto uguale al nulla) e ci costituisce un principio nichilistico sul quale tutto il pensiero e tutta la nostra civilt riposa.

    Ma la dimenticanza del senso originario dell'essere gravida di altre conseguenze nefaste, tra le quali spicca per drammaticit il fatto che il pensiero vada ormai alla ricerca dell'essere necessario; si domandi cio se esista un essere di cui non si possa dire che non .

    Il pensiero problematizza quindi l'originario e lo problematizza in maniera talmente definitiva che non riesce pi a valutare - per Severino - la follia di quello stesso problematizzare.

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    La gran barbarie del pensiero (sta) nel domandarsi appunto "esiste un essere di cui non si possa dire che non ?" e cio "esiste un essere che ?"6.

    Una domanda che in definitiva si chiede se esista un positivo che non sia il negativo, e che dunque implicitamente ammette la possibilit che il positivo sia il negativo.

    Ricercare l'essere necessario significa cos affermare la contraddittoriet dell'essere ed in definitiva sancire la sua identit con il nulla, allo stesso modo significa perdere di vista la nozione dell'immediatezza dell'essere, poich la necessit della dimostrazione implica il voler raggiungere ci che immediatamente non accessibile.

    Questo errore fondamentale, si snoda per tutto il lungo corso della storia del pensiero filosofico dell'Occidente, dall'antichit ai giorni nostri.

    Esso basa la follia del suo dire su ci che agli occhi degli uomini evidenza incontrastabile, sulla transitoriet di tutto ci che esiste, una transitoriet che sinonimo di vanit; sulla convinzione perci che tutto ci che ora inevitabilmente fra qualche tempo sar un nulla.

    E' la transitoriet dell'essere determinato - questa penna, questo tavolo, io stesso - a spingere il pensiero

    6 Ivi, p. 33

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    alla ricerca dell'essere necessario, quell'essere di cui non si pu dire che non .

    Una ricerca questa che per per Emanuele Severino altro non fa che allontanare lo sguardo degli uomini dal vero.

    Ci si impone a questo punto un attimo di riflessione. La metafisica classica pensa il concetto di essere

    determinato (ente) in maniera radicalmente differente da quello di essere necessario.

    L'ente ci che , ma sarebbe anche potuto non essere, ed inoltre finch avr tempo di essere, dopodich torner a non essere, nel nulla.

    L'ente dunque, per dirla con Severino, ha una esistenza provvisoria, emerge dal nulla e rientra nel nulla dopo un certo periodo di tempo durante il quale si svolge la storia della sua esistenza.

    Tra l'essere e l'ente si individua una infinita differenza qualitativa la quale pone in serio imbarazzo il pensiero che si interroga sull'essere.

    Anche agli occhi di Heidegger - al culmine dello svolgimento storico del pensiero occidentale - questo atteggiamento si pone come pregiudiziale e porta l'essere necessario ad apparire addirittura come un concetto indefinibile7, poich non possibile determinare

    7 M.HEIDEGGER - Essere e Tempo, U.T.E.T., Torino 1978, p. 55.

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    l'essere mediante l'attribuzione di predicati ontici8, in quanto l'essere non qualcosa come l'ente9.

    Tale pregiudizio per secondo il filosofo di Messkirch alimenta la convinzione della non indispensabilit di una ricerca sull'essere, una ricerca che al contrario necessaria.

    Ma questo un altro dei nodi fondamentali sui quali si muove il pensiero di Severino; se l'essere della metafisica classica qualcosa di radicalmente differente dalla particolarit della determinazione, che ha nella provvisoriet la sua essenza, la parola "essere" per Severino indica tutto ci che non nulla: la natura e il linguaggio, la realt e l'apparenza, i fatti e le essenze ideali, il divino e l'umano10, anzi di pi la pluralit dei modi di esistere la stessa pluralit dei modi secondo i quali non si nulla11.

    Cos, una lampada accesa una determinazione dell'essere, [...] un modo determinato di non essere nulla12, eppure la ragione nella sua alienatezza incline a pensare che dal momento in cui quella lampada fosse distrutta essa sarebbe effettivamente un nulla; se ne rimanesse anche soltanto un pallido ricordo privo di

    8 Ivi. 9 Ivi. 10 E.SEVERINO - Essenza del Nichilismo, op cit. p. 63. 11 Ivi, p. 64. 12 Ivi.

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    consistenza reale e vitale essa sostanzialmente non sarebbe pi niente.

    Ma l'affermazione "quando questa lampada nulla" include in se anche la proposizione "questa lampada nulla", che testimonianza della strada impercorribile ed assurda che quella ragione vuole percorrere e della dimenticanza estrema del senso stesso dell'essere, poich se la legge suprema dell'essere l'opposizione dell'essere al non essere (allora) questa lampada questa lampada, [...] non solo il nulla non le conviene di fatto, ma impossibile che le convenga13.

    Siccome questa lampada di fatto esiste, ed il suo esistere attestato dal suo stesso apparire, la verit dell'essere esige che essa non possa essere o diventare un nulla e ci perch Risiede nel significato stesso dell'essere, che l'essere abbia ad essere, si che il principio di non contraddizione non esprime soltanto l'identit dell'essenza con se medesima, ma l'identit dell'essenza con l'esistenza14.

    Da questo punto di vista Severino nota che il tradizionale argomento ontologico di Anselmo d'Aosta si pone come un esempio tipico dell'oblio della verit dell'essere, in quanto si ritiene in esso che l'esistenza sia di per se conveniente soltanto all'ente perfetto, in

    13 Ivi. 14 E.SEVERINO - La Struttura Originaria, Adelphi, 1981, p. 517.

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    quanto essa non una qualsiasi determinazione, ma quella certa determinazione che .

    Alla sua superficie, l'Occidente vuole che le cose della terra, in quanto cose, non siano un niente ma insieme vuole la follia estrema: che essere - una - cosa sia e significhi, in quanto tale, essere - un - niente15 e ci in concreto il nichilismo, il pensiero dominante di tutta la nostra civilt.

    15 Ivi, p. 15.

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    ESSERE E IMMEDIATEZZA

    E' giunto per noi il momento di addentrarci in

    maniera pi completa nel sistema filosofico di Emanuele Severino, e lo faremo prendendo come punto di riferimento privilegiato il testo che si pone idealmente al suo stesso centro e nel quale sono espressi tutti i concetti cardine che Severino continuer ad enunciare negli scritti posteriori: La Struttura Originaria.

    Abbiamo gi affrontato, anche se in maniera estremamente superficiale, il tema - problema della follia nichilistica che per Severino costituisce l'essenza stessa della nostra civilt, una follia che trae le sue origini dall'errore fondamentale del pensiero che fa l'essere servo del divenire.

    Tale errore il responsabile dell'atteggiamento dominante dell'Occidente, un atteggiamento in cui l'ente in quanto ente viene pensato e vissuto come un niente1.

    Puntualizzeremo subito che la filosofia di Emanuele Severino, profondamente nemica del pensiero dialettico, si pone come una teoria dell'identit, e gi questa osservazione sarebbe da sola interessante considerando il momento storico attuale in cui il pensiero si mostra quasi riluttante verso ogni forma di sistemizzazione filosofica e nel quale impera sempre pi la cultura della

    1 E.SEVERINO - La Struttura Originaria, Adelphi 1981, p. 13.

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    frammentazione; un pensiero "forte" dunque ed omnicomprensivo, sorretto da un costante richiamo all'ordine logico.

    Filosofia dell'identit dunque ma anche e soprattutto filosofia dell'immediatezza, tanto che potremmo parlare, in riferimento alla sua teoria dell'essere, di ontologia dell'immediatezza.

    L'essere infatti ci che immediatamente presente, tanto che Per affermare che l'essere non c' bisogno, n pu esserci bisogno di alcuna mediazione2; che l'essere sia dunque cosa nota per s, non per altro e questo implica che se ci per cui l'essere noto lo stesso essere che noto, che l'essere sia immediatamente noto [...] Immediatezza fenomenologica3.

    Dobbiamo ancora una volta soffermarci su questo punto cruciale, sulla parola stessa "essere", per procedere con chiarezza e puntualit.

    Abbiamo gi osservato in precedenza quale distanza divida la concezione che dell'essere ha la metafisica classica, dal pensiero severiniano: ora, Severino stesso dedica alcuni importanti paragrafi de "La Struttura Originaria" proprio alla puntualizzazione di questo aspetto della questione.

    Che cos' dunque l'essere, anzi, che cosa indica il termine "essere"?

    2 Ivi, p. 143. 3 Ivi.

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    Indica una sintesi tra il significato "essere" (essere formale) e i significati costituiti dalle determinazioni che, appunto, sono4.

    Il termine "essere", in s dunque semanticamente complesso e pu essere considerato astrattamente nella sua dimensione formale oppure significare le determinazioni di tale formalit, cosa che, oltre ad indicare quella profonda differenza con il pensiero metafisico tradizionale sulla quale abbiamo accennato, significa che non esiste in concreto un essere al di la delle determinazioni che sono, poich esse "sono" e la parola "essere", svincolata dalle sue determinazioni non che un costrutto formale (come costrutto formale la determinazione svincolata dalla concretezza del suo essere).

    L'essere, per Severino, dunque in concreto la totalit delle determinazioni essenti, ed in quanto queste determinazioni sono immediatamente presenti, sono li, dinanzi ai nostri occhi, l'essere stesso immediatamente noto.

    Ora: dire che l'essere noto, significa che dell'essere si sa che 5; questa notizia immediata in concreto lo stesso affermare che l'essere , mentre il fondamento di questa affermazione sta nell'essere posta

    4 Ivi, p. 144. 5 Ivi, p. 144.

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    come sapere immediato, come "immediatezza fenomenologica".

    Ma allora ci significa che si afferma l'essere come immediatamente noto perch che sia immediatamente noto immediatamente noto, ed chiaro che in tal modo si pu daccapo domandare in base a che cosa posta l'immediatezza dell'immediatezza, dando cos luogo ad un regressus in indefinitum nella motivazione della posizione dell'essere6.

    Severino nell'esaminare questa interessante aporia nota che si potrebbe dare un primo tipo di soluzione (peraltro insoddisfacente) considerando che qualora quel processo indefinito avesse luogo, la posizione dell'essere non ne risulterebbe corrotta, e ci in quanto la proposizione "L'essere non " intrinsecamente contraddittoria.

    Tuttavia la questione pi profonda, dobbiamo infatti chiarire che senso abbia domandare in base a che cosa si afferma che immediatamente noto che l'essere sia7, in altre parole, che significato possa avere il domandarsi in base a che cosa pu essere affermato che l'essere immediatamente noto se l'essere immediatamente noto.

    Ci che questa domanda richiede una contraddizione, poich ponendo che ci per cui si afferma che l'essere

    6 Ivi, p. 150. - Corsivo di Severino. 7 Ivi.

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    immediatamente noto, sia X, [...] l'affermazione "l'essere " sar ad un tempo e sotto il medesimo rispetto, un immediato e un mediato8, quella affermazione sar ci che non avendo bisogno di dimostrazione dimostrato.

    Tale soluzione in concreto una soluzione negativa, l'aporia risolta negando che sia possibile dimostrare che una posizione non abbia bisogno di dimostrazione; eppure il nodo aporetico non pu ancora dirsi sciolto poich la contraddizione pu essere tolta anche negando che sia per se noto che l'essere sia9.

    L'aporia dunque, lungi dallo scomparire, assume addirittura una maggiore intensit poich indubbiamente l'immediatezza dell'essere nota o per se stessa o per altro, ma dire che sia nota per altro , come detto sopra, contraddittorio, e se nota per se continua a prodursi il "regressus in indefinitum".

    La risoluzione definitiva dell'aporia sta per Severino nel valutare correttamente il ruolo che nella questione riveste l'intelletto astratto.

    Esso il vero responsabile del problema e ci perch l'intelletto introduce, dove non se ne dovrebbe trovare traccia un elemento di discorsivit, esso non pu che pensare nel tempo una cosa dopo l'altra, assumere come due momenti (posizione dell'immediatezza e posizione

    8 Ivi, p. 151. 9 Ivi, p. 152.

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    dell'immediatezza dell'immediatezza) ci che in realt vale come un unico momento logico.

    Oltre questo limite appare che l'immediatezza dell'essere immediato immediatamente inclusa nell'orizzonte dell'essere immediato e che quindi l'aporia non ha ragione di esistere.

    Tale questione appunto riveste una importanza fondamentale: l'aporia sorge per una sorta di suggestione verbalistica, dovuta al fatto che siccome la discorsivit colloca le posizioni una dopo l'altra si conferisce erroneamente al contenuto una propriet che invece soltanto del discorrere.

    In una parola, altro la discorsivit e altro il contenuto di cui essa discorre.

    Tutto il pensiero metafisico tradizionale per Severino succube di tale suggestione erronea ed perci incapace di pensare l'originario senza problematizzarlo introducendolo in una situazione di discorsivit che all'originario non propria.

    Ma c' di pi, sembra che Severino stesso, in ogni pagina de La Struttura Originaria, lotti incessantemente contro tale naturale atteggiamento del pensiero, per adempiere ad un compito quasi sovrumano, rendere cio in un ambito forzatamente discorsivo ci che discorsivo non .

    Tornando al concetto di immediatezza c' da dire che nella filosofia contemporanea sono riscontrabili numerose

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    prese di posizione critiche al riguardo, ad esempio quella di Dewey, il quale argomenta che spesso viene confuso con la conoscenza immediata l'uso immediato di oggetti conosciuti tramite mediazioni precedenti.

    Un esempio al riguardo: ogni volta che uso un oggetto, per esempio una macchina da scrivere, io mi servo immediatamente di questo oggetto come di una macchina da scrivere, senza svolgere indagini per stabilire quale sia la sua utilizzabilit, questo uso immediato presuppone una famigliarit con l'oggetto che spesso scambiata invece per conoscenza immediata.

    Senonch, l'immediatezza con la quale questo oggetto assunto risultato di una serie di mediazioni, un prodotto, che presuppone determinate esperienze antecedenti ed un meccanismo organico di ritenzione e di abitudine.

    Tale rilievo critico per Severino esattissimo, pur tuttavia non intacca affatto la sua teoria poich non con esso esaurito ogni senso dell'immediatezza.

    Esso non fa che mettere in evidenza che il contenuto dell'immediatezza processo, divenire, svolgimento: e in questo senso 'mediazione'10, tale mediazione non quindi il contrario dell'immediatezza, bens ne il contenuto.

    Tale forma di immediatezza, nulla ha a che vedere con la posizione cartesiana, dove per la prima volta trova esplicitamente posto, ci perch in Cartesio

    10 Ivi, p. 166. - Corsivo di Severino.

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    l'immediatezza si configura come lato soggettivo e ideale del pensare e l'essere pensato come un'ulteriorit cui si tratta di accedere muovendo appunto dall'immediatezza del pensiero11.

    Immediatezza dunque una parola che nasconde una mole notevole di significati.

    L'immediatezza dell'essere in quanto essere, fenomenologicamente, ma anche dell'essere in quanto non non essere, immediatezza dell'incontraddittoriet di ci che .

    La negazione dell'essere tolta perch in contraddizione con l'immediatezza dell'essere12,dal che si deduce che le due posizioni dell'immediatezza dell'essere e dell'incontraddittoriet di questa immediatezza sono anch'essi due momenti astratti di un'unica struttura, la struttura dell'immediato.

    Gi in apertura de La Struttura Originaria Severino ci avverte che l'essenza del fondamento non () un che di semplice, ma una complessit, o l'unit di un molteplice13, un molteplice fatto di momenti astratti di ci che in se un tutto.

    Ci che crea la difficolt non che l'intelletto astratto, che con la sua natura discorsiva smembra

    11 Ivi, p. 172. 12 Ivi, p. 173. - Corsivo di Severino. 13 Ivi, p. 107.

  • 23

    l'unit del tutto in una molteplicit di momenti che smarriscono per la dimensione della concretezza.

    Torniamo ora alla considerazione sull'immediatezza dell'incontraddittoriet dell'essere; tale incontraddittoriet fondata su di un cardine della logica, e cio sul principio di non contraddizione, il quale pu essere cos formulato: l'essere non non essere.

    Siccome tale posizione posta come immediatezza possiamo dire che L'essere non non essere perch che l'essere non sia non essere per s noto14.

    Dobbiamo fare attenzione ad una cosa: il senso secondo il quale diciamo che l'essere immediato non lo stesso senso secondo il quale immediato il principio di non contraddizione, l'immediatezza nel primo caso presenza immediata del contenuto15, mentre nel caso relativo al principio di non contraddizione si tratta dell'immediatezza della connessione tra due determinazioni16; Severino nel primo caso parla di IMMEDIATEZZA FENOMENOLOGICA, mentre nel secondo caso di IMMEDIATEZZA LOGICA, un'immediatezza quest'ultima che pur sempre immediatamente presente e quindi appartiene, sia pure in modo tipico, all'orizzonte dell'immediatezza intesa nel primo senso17.

    14 Ivi, p. 174. 15 Ivi. 16 Ivi. 17 Ivi.

  • 24

    Ecco dunque palesarsi quanto abbiamo accennato sopra: Immediatezza fenomenologica (F - Immediatezza) e immediatezza logica (L - immediatezza)sono i momenti astratti di una concretezza che la loro stessa relazione18.

    In altre parole Severino ci dice che L - immediatezza e F - immediatezza altro non sono che ambiti semantici, l'uno (F - imm.)l'ambito della notizia, l'altro (L - imm.)l'ambito del nesso.

    Ma questi due momenti sono anche espressione dei due piani Logico ed Ontologico la cui separatezza risulta dunque essere soltanto formale.

    Tale concezione porta alla assimilazione dei due piani (formali) logico ed ontologico e fa del principio di non contraddizione una regola che non soltanto del pensare (logica) ma che investe in pieno l'essere (ontologica).

    All'interno del momento logico esiste poi una ulteriore separazione, quella tra il principio di identit (A = A) e il principio di non contraddizione (A non A), anch'essi due principi che valgono come momenti astratti della concretezza del principio in generale, infatti l'essere non non essere perch l'essere essere, e viceversa, l'essere essere perch l'essere non non essere19.

    18 Ivi, p. 197. 19 Ivi, p. 178.

  • 25

    Questa considerazione della massima importanza se si tiene in conto che la cristallizzazione dei momenti astratti del principio di non contraddizione, tra i quali rientra anche, per lo stesso discorso, il principio del terzo escluso, consente una dialettizzazione di questi principi, sul tipo di quella proposta dallo Hegel nella sua Logica, essendo chiaro che la critica di Hegel a questi principi non si riferisce che al loro concetto astratto20.

    L'accusa che Severino muove alla filosofia occidentale dunque ancora quella di non vedere la relazione concreta dei momenti astratti, anzi di radicalizzare tali momenti facendone qualcosa di irrelato e smarrendone cos il senso reale.

    Il senso reale che l'essere , e questa verit immediata quanto quella che ci dice che l'essere non non essere, una affermazione questa che non ha soltanto un valore formale ma che assume, come abbiamo visto sopra, una piena valenza ontologica.

    E' a questo punto che occorre puntualizzare la formulazione del principio di non contraddizione.

    La dizione aristotelica di questo importante principio non si limita infatti alla considerazione che impossibile che l'essere sia e non sia, e che quindi, siccome l'essere non pu non essere, ma dice di pi, aggiunge qualcosa di estremamente significativo, afferma

    20 Ivi. - Corsivo di Severino.

  • 26

    che impossibile che l'essere sia e non sia nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto.

    L'essere, dunque, non pu in un medesimo tempo essere e non essere, o essere una cosa e sotto lo stesso aspetto esserne un'altra, ma non c' ragione di non pensare che ci che adesso , in un altro tempo possa non essere, o ci che ora una cosa possa domani esserne un'altra.

    Ci che Aristotele dunque puntualizza nell'enunciare il suo principio di non contraddizione l'aspetto che riguarda il divenire di ci che .

    L'essere per Aristotele finch ha tempo di essere, ci che in questo istante nulla ci dice che domani non possa non essere.

    Due problemi, soltanto apparentemente separati, si pongono di fronte a noi, uno riguardante la questione logica legata al non essere, al nulla, l'altro riguardante la dimensione della storicit dell'essere che emerge dall'enunciato aristotelico del principio di non contraddizione.

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    IL PROBLEMA DEL NULLA

    Consideriamo ancora una volta l'enunciato del

    principio aristotelico di non contraddizione; esso dice che impossibile che l'essere sia e non sia nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto.

    Severino denuncia una situazione aporetica proprio all'interno di questa formulazione, infatti, proprio perch si esclude che l'essere sia nulla, proprio affinch questa esclusione sussista, il nulla posto, presente, e pertanto 1.

    In quanto c' un discorso sul nulla, il nulla presente e viene attestato l'essere del nulla, sicch sembrerebbe doversi concludere che - visto che comunque la formulazione del principio di non contraddizione implica necessariamente la posizione del non essere - la contraddizione il fondamento sul quale pu realizzarsi lo stesso principio di non contraddizione2.

    Resta inteso che Severino considera tale aporetica del non essere non in quanto sia un certo non essere determinato, ma in quanto nihil absolutum, assolutamente altro dall'essere.

    Siamo dunque in presenza di una problematica squisitamente logica (salvo poi intendere che, siccome per Severino il piano logico coincide con quello

    1 Ivi, p. 209. - corsivo di Severino. 2 Ivi, p. 210.

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    ontologico, come emerso dalle pagine precedenti, tale questione presente in realt sulla piattaforma della concretezza che altro non se non la unione dei momenti suddetti, soltanto astrattamente considerati due).

    In realt tale aporia ha una storia antichissima, tanto che Platone stesso la prospetta con chiarezza nel Sofista senza per risolverla del tutto.

    Nel suddetto dialogo, Platone mostra infatti, per bocca dello Straniero, di quale tipo di non essere si pu dire che Noi siamo stati infedeli a Parmenide ben oltre il suo divieto[...]Noi non solo abbiamo dimostrato che ci che non , ma abbiamo indicato la specie che propria del non essere. Infatti, dimostrando che la natura del diverso [...]abbiamo osato dire di quella singola parte di essa che contrapposta all'essere, che proprio essa realmente il non essere [...]Il diverso, in quanto partecipa dell'essere, a causa di questa partecipazione non certo ci di cui partecipa, ma diverso ed essendo diverso dall'essere evidentemente necessario che esso sia non essere3.

    Egli lascia per irrisolto il quesito prospettato in un primo momento del dialogo e riguardante il non essere inteso come non essere assoluto il non essere in s e per s [...] impensabile e indicibile e impronunciabile ed estraneo ad ogni discorso [...](tuttavia) caccia in

    3 PLATONE - Dialoghi Filosofici, U.T.E.T., Torino, 1981, p. 468 - 469. Corsivo mio.

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    difficolt persino chi lo confuta, tanto che ogni volta che si cerca di confutarlo si costretti a fare sul suo conto asserzioni contraddittorie [...]Io, infatti, pur avendo posto come ipotesi che il non essere non deve partecipare n dell'unit n della pluralit, poco fa e in questo stesso momento l'ho detto uno. Infatti dico "il non essere"4.

    Questa stessa situazione aporetica porta Fredegiso di Tours nella sua Epistola de nihilo et de tenebris ad affermare con decisione l'essere del nulla.

    Concludere per che anche il nulla , significa naturalmente negare il principio di non contraddizione.

    L'aporia parsa risolvibile applicandole la distinzione di Frege tra significato e senso; il nulla non ha alcun significato, ha per un senso, poich ha senso l'operazione logica del negare.

    Severino per nota che tale distinzione non risolve in pieno il problema, in quanto esso si ripresenta a proposito dell'assenza di significato del termine "nulla"5, infatti, essendo questa assenza assoluta posta, essa in qualche modo , il suo essere il suo essere significante come steresi assoluta di significato6; pertanto la forza dell'argomentazione che conduce ad ammettere l'essere del nulla rimane presente.

    4 Ivi, p. 435 - 436. 5 E.SEVERINO,La Struttura Originaria, op. cit. p. 210. - Corsivo di Severino. 6 Ivi, p. 211. - Corsivo di Severino.

  • 30

    Un altro sistema potrebbe essere dato dall'oblio perpetuo della posizione del nulla: se il nulla non fosse pi posto l'aporia scomparirebbe per sempre, ma insieme a lei scomparirebbe per sempre anche il principio di non contraddizione che di tale posizione non pu fare a meno.

    Non solo, Severino fa notare che non potrebbe essere pi posto nemmeno l'essere, in quanto, essendo l'essere immediatamente non contraddittorio, come risultato chiaro da quanto stato detto precedentemente, allora il "non essere" appartiene allo stesso significato "essere"7 e quindi negare la posizione del nulla significa [...] negare l'orizzonte della totalit dell'immediato8.

    Infine tale aporia non pu essere risolta nemmeno nel modo in cui vengono risolte altre aporie, in ambito puramente logico, ad esempio quella nota come aporia della presenza dell'assente, nella quale si osserva che l'assente certamente presente ma come assente, anche qui Severino osserva che si sarebbe tentati di ripetere che il non essere , ma come non essere e ci non pu essere fatto poich, nel caso della presenza dell'assente non si cade in contraddizione in quanto vero che l'essere (pur essendo) non necessariamente presente.

    Invece, l'affermazione che il non essere sia come non essere [...] la stessa contraddizione, [...] poich

    7 Ivi, p. 209. 8 Ivi, p. 211.

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    per quel tanto che ci, che si dice "non essere", , non si pu affermare che sia come non essere9.

    L'aporia in questione, per ricapitolare, si genera poich evidente che l'assoluta privazione dell'essere, viene a presentarsi come un essere e ulteriormente poich il nulla ha funzione, in qualche modo, di orizzonte dell'essere: abbiamo detto infatti che l'essere implica immediatamente il nulla, sicch se il non essere non fosse non si potrebbe neppure affermare che l'essere non non essere, ma dal momento che lo si afferma il non essere in qualche modo .

    Veniamo dunque al modo in cui Severino si propone di risolvere questa insidiosa aporia.

    Si deve innanzitutto condurre una osservazione fondamentale: nel momento in cui si afferma la posizione del non essere, non si afferma che nulla significhi essere, bens che il nulla, che significante come nulla, 10, in questo modo viene affermato l'essere del nulla certamente, e cio si ricade nell'aporia, ma si rende evidente anche che questa aporia, la contraddizione del non essere che , non [...] interna al significato "nulla"; ma tra il significato "nulla" e l'essere, o la positivit di questo significato11.

    9 Ivi, p. 212. - corsivo di Severino. 10 Ivi, p. 213. 11 Ivi. - Corsivo di Severino.

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    La positivit del significare in contraddizione con il suo stesso contenuto, che significa appunto l'assoluta negativit.

    Dobbiamo puntualizzare una cosa: per Severino ogni significato (ogni contenuto pensabile, ogni ente) una sintesi semantica tra la positivit del significare e il contenuto determinato del significare, in altre parole ogni significato sintesi del significato "essere" e della determinazione dell'essere12, quindi il significato sempre un positivo, una positivit determinata.

    Appare chiaro allora che, da questo punto di vista, il significato nulla risulta essere autocontraddittorio, nel senso che positivamente significante come una contraddizione.

    Questo nulla dal significato autocontraddittorio include come momento il nulla che significante come nulla; e cio il "nulla" come significato incontraddittorio, momento del "nulla", come significato autocontraddittorio13.

    Tornando all'aporia dell'essere del nulla, Severino pu ora rilevare che il principio di non contraddizione non afferma la non esistenza del significato autocontraddittorio [...] ma afferma che "nulla" non significa "essere"; ossia esige l'inesistenza della

    12 Ivi. 13 Ivi, p. 214. - Corsivo di Severino.

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    contraddizione interna al significato "nulla" che vale come momento del significato autocontraddittorio14.

    Dunque possiamo certamente dire che il nulla , ma non nel senso che nulla significhi essere, poich in questo senso il nulla non mentre l'essere , ma nel senso che c' un significare, una positivit, che significante come l'assolutamente negativo, quindi il nulla , nel senso che l'assolutamente negativo positivamente significante15.

    L'aporia in questione ormai definitivamente risolta, ma c' un'altra importante considerazione da fare, se il significato nulla autocontraddittorio, allora proprio in forza di questa autocontraddittoriet che pu sussistere il principio di non contraddizione.

    Se cio il significato nulla non fosse autocontraddittorio il nulla non apparirebbe neanche pi, infatti escludere che l'essere sia nulla sarebbe un non escluder nulla, poich l'esclusione non avrebbe (di fatto) un termine su cui esercitarsi16.

    A nostro avviso ci non pu significare altro se non che la contraddizione fattivamente condizione del costituirsi del principio di non contraddizione, anche se Severino comunque ci dice che questo non vero nel senso in cui si intenda tale contraddizione come una formula

    14 Ivi, p. 215. - Corsivo di Severino. 15 Ivi. 16 Ivi, p. 216. - Parentesi mia.

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    per la quale la negazione del principio di non contraddizione sia condizione del costituirsi di esso, ma soltanto nel senso sopra indicato e cio che il principio di non contraddizione si costituisce solo in quanto il nulla sussiste come significato autocontraddittorio17.

    Per Severino quindi il nulla, ci che l'assolutamente altro dall'essere, non certamente un essere in questa sua veste di assolutamente altro dall'essere; ma in quanto significante la sua assoluta alterit un essere, a tutti gli effetti una positivit.

    Infatti vien detto a chiare lettere che Il nulla, in quanto tale, il non significante (il non essente). Ma il non significante non separato dal suo esser significante come il non significante: solo nel suo essere significante che il nulla significa "l'assolutamente altro dal significato"18 e ancora Resta [...] chiarito che il nulla nulla [...] non in quanto l'assoluto negativo sia qualcosa (sia pure l'assoluto negativo), ma in quanto il positivo significare del nulla quel certo significare che esso 19.

    Nella visione severiniana quindi certamente presente un orizzonte assoluto che l'orizzonte

    17 Ivi. 18 Ivi, p. 222. - Corsivo di Severino. 19 Ivi, p. 223. - Corsivo e parentesi di Severino.

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    dell'essere, il nulla stesso vi compreso sebbene non in quanto essente come nulla, ma in quanto significato.

    Dire questo per non equivale a dire che esiste un modo concreto di essere che coerente con il principio di non contraddizione e un altro modo di essere, cio l'essere come significato che del principio di non contraddizione pu farsi beffa?

    Severino infatti dice che L'autocontraddittoriet [...] il nulla stesso20 e, a chiarimento di questo teorema, prende in considerazione alcuni significati come: Triangolo non triangolare, rosso non rosso, ecc..., (schematizzabili tutti simbolicamente con la formula RnR), mostrando come porre ognuno di questi significati autocontraddittori significa porre il nulla21, non potendosi di fatto dire che esista un triangolo non triangolare, un rosso non rosso ecc..., ci vuol dire che l'autocontraddittoriet in s non , ma i significati autocontraddittori sono.

    Questa conclusione di una importanza fondamentale, poich testimonia la vuotezza ontologica del linguaggio che naturale conseguenza della filosofia di Emanuele Severino.

    L'essere come significato totalmente svincolato dall'essere concreto sicch possibile dire anche ci che di fatto non : il nichilismo stesso, l'errore

    20 Ivi, p. 228. 21 Ivi. - Corsivo di Severino.

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    fondamentale dell'Occidente, esiste in questa sfera particolarissima, e fattivamente non conviene all'essere pi di quanto non gli convenga l'affermazione c' un triangolo quadrato in un verde cielo rosso.

    L'orizzonte assoluto dell'essere per Severino continua a valere anche nella strutturazione linguistica, infatti l'essere vale logicamente ed immediatamente (L-immediatamente) come costante sintattica di ogni contenuto semantico (ed per ci che viene a crearsi l'aporia che abbiamo considerato sopra) e ci significa che di ogni contenuto semantico si predica L-immediatamente l'essere, ossia che immediatamente autocontraddittorio che una qualsiasi determinazione [...] non sia22.

    Ogni determinazione o contenuto semantico dunque , anche quel contenuto che il nulla, ma appunto come contenuto semantico autocontraddittorio.

    L'essere dunque non pu contraddirsi, n l'essere inteso formalmente, ne i contenuti particolari, le determinazioni che sono (di un triangolo non si pu dire che un quadrato), il linguaggio per una positivit, un essere, le cui determinazioni essenti possono contraddirsi, e anzi ce ne sono alcune addirittura autocontraddittorie.

    Naturalmente questa autocontraddittoriet non intacca minimamente l'essere; mai infatti si potrebbe affermare

    22 Ivi, p. 499. - Corsivo di Severino.

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    che la proposizione autocontraddittoria non , essa , un essere, ma significa ci che non .

    Pur non intaccando il principio di non contraddizione la proposizione pu per dire di intaccarlo.

    Severino dunque, a nostro avviso, concede al linguaggio una sorta di libert, la libert del dire, e si vedr nelle pagine che seguiranno quanto questa affermazione possa essere paradossale.

    Per ora rimaniamo a considerare il risultato raggiunto seguendo l'itinerario di pensiero che ha percorso Severino nel cimentarsi con il problema del nulla: il nulla non se non come affermazione, il significato nulla coesiste con il significato essere ed anzi ne attesta emblematicamente il primato, poich anch'esso compreso nell'orizzonte dell'essere; un nulla dunque che non essendo pur tuttavia .

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    CAPITOLO II: IL DIVENIRE

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    VOLONT, DESTINO E NECESSIT Dopo aver chiarito il senso che viene ad assumere il

    nulla nella prospettiva severiniana dobbiamo tornare a guardare indietro; alla fine del paragrafo da noi dedicato all'immediatezza dell'essere abbiamo detto infatti che ci saremmo trovati di fronte due ordini di problemi, uno legato al non essere, al nulla ed alla giustificazione logica del suo esserci, l'altro riguardante la dimensione di storicit propria dell'essere.

    Non dimentichiamoci che la dizione aristotelica del principio di non contraddizione afferma che impossibile che l'essere sia e non sia nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto; nulla vieta quindi che ci che ora una cosa possa, in virt di questo principio, esserne un'altra in un'altro momento di tempo, oppure possa addirittura annullarsi.

    La formula aristotelica in breve si preoccupa di salvaguardare e di comprendere la dimensione storica di ci che affermando senza mezzi termini che il principio di non contraddizione valido se l'essere viene considerato in un istante di tempo dato.

    E' interessante notare come questo rilievo collimi perfettamente con ci che Engels dice nel suo Antidhring, Sino a quando consideriamo le cose in stato di riposo e prive di vita, ciascuna per s, l'una accanto all'altra, l'una dopo l'altra, certo che in esse non

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    incontreremo nessuna contraddizione...Ma invece tutt'altra cosa allorch consideriamo le cose nel loro movimento, nel loro cambiamento, nella loro vita, nella loro azione reciproca. Qui cadiamo subito in contraddizioni1.

    La contraddizione per Engels dunque addirittura sinonimo di vita, di cambiamento, in una parola di divenire, un concetto efficacemente ribadito da Apostel, che afferma: in ogni istante ogni divenire contiene delle contraddizioni; e queste contraddizioni sono la fonte stessa del divenire2.

    Ma Aristotele, come a maggior ragione Engels e Apostel, appartengono tutti alla cultura del fraintendimento radicale del senso dell'essere, la cultura che vuole la follia estrema dell'identificazione dell'essere con il nulla.

    Stiamo per toccare il punto determinante di tutto il pensiero di Emanuele Severino, fino ad ora abbiamo chiarito che l'essere immediatamente (come sintesi concreta di F-immediatezza ed L-immediatezza), mentre il nulla non lo stesso immediatamente, anzi il suo essere immediatamente tolto poich soltanto in quanto affermazione (il nulla in quanto si pu dire nulla, non in quanto esista un positivo che negativo).

    1 F. ENGELS - Antidhring, Roma 1950 p. 133. 2 L. APOSTEL - Materialismo Dialettico e Metodo Scientifico, Einaudi, Torino 1968, p. 14.

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    L'itinerario di pensiero che abbiamo seguito apparso limpido e rigorosissimo, in perfetta sintonia con il principio di non contraddizione nella formulazione parmenidea, che, ricordiamolo, dice che l'essere non non essere.

    Ma l'errore che per Severino causa del fraintendimento non situato ancora nei territori che abbiamo percorso, si annida in maniera ancor pi subdola proprio dove tutto sembrerebbe certissimo ed inconfutabile, e cio all'interno della formulazione aristotelica del principio di non contraddizione, dove si dice che A non pu essere ALLO STESSO TEMPO non A, lasciando intendere che ci possa per verificarsi in un altro tempo.

    Questa formulazione l'essenza stessa di ci che Severino chiama la fede nell'esistenza del divenire3, e rappresenta la strada impercorribile tuttavia percorsa dalla civilt occidentale.

    Tutta la civilt occidentale, compresa la cultura cristiana, risulterebbe essere null'altro che una emanazione del pensiero greco, che dopo Parmenide afferma qualcosa di assolutamente nuovo, di mai udito, e cio che le cose oscillano tra l'essere e il niente4, escono dal nulla per poi ritornarvi.

    3 E. SEVERINO - La tendenza fondamentale del nostro tempo, Adelphi, Milano, 1988, p. 173. 4 Ivi, p. 167.

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    Con la filosofia greca post - parmenidea, che trova compiutezza definitiva nel pensiero Aristotelico, si affaccia cio sulla terra, per la prima volta e definitivamente, l'idea del divenire, l'idea secondo la quale vi un passaggio delle cose dal non essere all'essere e viceversa, cosa che significa per Severino dover accettare l'idea che l'essere non sia, poich esso certamente non o nel momento iniziale o nel momento finale del divenire.

    Il nulla, nel senso indicato dal pensiero greco post - parmenideo, concepito non certo come affermazione, bens come nihil absolutum, una assoluta negativit che si esprime in opposizione infinita all'essere e l'oscillare delle cose dall'essere al nulla non risulta essere tanto una propriet delle cose, quanto la loro vera essenza.

    Platone nella Repubblica definisce efficacemente questa situazione indicando l'oscillazione delle cose tra l'essere e il niente con il termine , cio dibattersi tra l'uno e l'altro5, la cosa dunque in essenza un esser incerto, indeciso, oscillante6, ed tale poich contesa tra l'uno e l'altro, tra l'essere e il niente.

    5 Ivi, p. 167. 6 E. SEVERINO, Destino della necessit, Adelphi, Milano, 1980, p. 21.

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    Tale incertezza ed evanescenza dell'essere rimane concetto costante di tutto il pensiero dell'Occidente, sicch Severino pu affermare che il senso greco dell'ente , per l'intera civilt occidentale, l'evidenza originaria e fondamentale7.

    Ma nel senso greco dell'ente si nasconde l'alienazione estrema, l'estrema lontananza dalla verit, si nasconde cio la persuasione che le cose, gli enti, sono niente8, il senso greco dell'ente quindi il nichilismo stesso.

    Se quindi il significato essenziale del nichilismo sfugge all'intera cultura occidentale, perch esso legato con necessit a ci che per l'Occidente l'evidenza suprema: il divenire delle cose9, Severino arriva a compiere un passo fondamentale, a mettere in crisi cio il concetto stesso di divenire, mostrando come l'essere di fatto non sia in divenire.

    Si prendano dunque in considerazione le due seguenti proposizioni: L'essere non diviene e l'essere non si annulla e non esce da una iniziale nullit.

    Queste due proposizioni sono, dal punto di vista severiniano, perfettamente equivalenti, anzi, di pi, si potrebbe dire che altro non sono se non formulazioni diverse di uno stesso teorema.

    7 E. SEVERINO, La tendenza fondamentale del nostro tempo, op. cit. p. 169. 8 Ivi. 9 Ivi.

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    Ricordiamo infatti che Severino intende il divenire come passaggio necessario dal non essere all'essere e viceversa, ci che deve essere osservato, a parte la summenzionata identit semantica, comunque il fatto che la negazione stessa di tali proposizioni risulta essere intrinsecamente contraddittoria.

    Ci che deve essere osservata attentamente la struttura logica delle due proposizioni.

    Severino nota che in entrambe le proposizioni, il predicato conviene (come negato) al soggetto non ratione sui ipsius, ma conviene al soggetto ratione suae partis10.

    In breve, si nega che il divenire convenga all'essere, non in quanto il divenire sia tale, ma in quanto esso implicherebbe automaticamente il non essere di ci che diviene, quindi, quando fosse predicato dell'essere ne implicherebbe il non essere.

    Il non essere quindi momento, o parte semantica del significato "divenire"11, si che affermare che l'essere diviene significa affermare che l'essere non 12, e questo, cosa importantissima, sia nel caso che si parli di divenire dell'essere inteso come intero essere, sia nel caso che si parli di divenire in riferimento ad un momento, ad un ambito dell'essere, nel primo caso

    10 E. SEVERINO - La Struttura Originaria, op. cit. p. 520. - Corsivo di Severino. 11 Ivi. - Corsivo di Severino. 12 Ivi.

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    infatti affermando il divenire dell'essere, viene negato l'essere della totalit dell'essere13, nel secondo viene negato l'essere di un certo essere14.

    Naturalmente ci significa di fatto che l'essere eterno [...] atto puro15.

    Ora; anche nella filosofia greca, in tutta la tradizione metafisica occidentale, e se vogliamo, ragionevolmente parlando, anche in epoche precedenti alla stagione della filosofia greca, - scritto infatti nell'antico testamento che Dio si rivolse a Mos dicendo Io sono colui che - si afferma con decisione l'eternit dell'essere, si afferma cio che esistono enti immutabili ed eterni, e soprattutto si afferma l'eternit e l'immutabilit di Dio.

    Ma la differenza fondamentale tra il dire dell'Occidente e la visione filosofica di Emanuele Severino sta tutta nel fatto che quando la metafisica tradizionale afferma l'eternit e l'immutabilit di Dio tali qualit non vengono attribuite a Dio in quanto Dio ente, ma in quanto Dio un certo ente, diverso dagli altri, privilegiato rispetto agli altri16, se cos non fosse tutti gli enti dovrebbero essere detti eterni.

    13 Ivi. 14 Ivi. 15 Ivi. 16 E. SEVERINO - La Tendenza fondamentale del nostro tempo, op.cit. p. 168. - Corsivo di Severino.

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    Ci significa anche che, per l'Occidente, nell'ente in quanto tale non vi nulla che possa escludere il non essere, nulla che possa escludere che esso oscilli tra l'essere e il niente.

    Il senso greco dell'ente , per la civilt occidentale, l'evidenza originaria ma nello stesso istante la follia estrema, cio la concreta identificazione dell'essere con il niente, n il pensare ad un ente perfettissimo sito al di fuori del divenire pu, per Severino, costituire fonte di salvezza dal nichilismo, anzi, lo stesso pensare ad un essere eterno in quanto essere particolare, in quanto un certo essere, gerarchicamente superiore agli altri enti, segnale certo della presenza del nichilismo e negazione stessa della verit.

    Tali affermazioni di Emanuele Severino non sono chiaramente rimaste ignorate, ed anzi sono state fatte oggetto di critiche, che vedremo di analizzare nelle prossime pagine, sia da parte del pensiero laico, che accusa Severino di non tener conto della dimensione storica di ci che , sia da parte della cultura cristiana, la Chiesa Cattolica ha infatti dichiarato tali teorie filosofiche incompatibili con la Rivelazione cristiana.

    Tornando sui nostri passi, ci che viene a palesarsi che l'essere eterno in tutte le sue determinazioni:

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    questa penna, questo tavolo, io stesso, il cielo e la terra e in tutti i modi concreti di non essere nulla.

    In quanto infatti le proposizioni sopra considerate l'essere immutabile e l'essere non si annulla e non esce da una iniziale nullit sono, come abbiamo detto, fondamentalmente equivalenti, esse valgono anche come formulazioni del principio di non contraddizione, e quindi sono L - immediate, e ci, in altre parole, significa che logicamente immediato dire che l'essere immutabile e che non esca e non rientri nella nullit.

    Su questo punto fondamentale dovremo a lungo soffermarci, qui che si apre infatti l'aporia pi importante, che investe in pieno tutta la costruzione teoretica severiniana.

    Come abbiamo detto, risulta essere L - immediata l'affermazione che l'intero, ovverosia l'essere in ognuna delle sue determinazioni, immutabile, il fatto che tale affermazione sia L - immediata significa, come per il principio di non contraddizione, che la sua negazione sarebbe immediatamente autocontraddittoria.

    Posto questo per risulta innegabile che sia F - immediata l'affermazione che l'essere diviene.

    Infatti l'orizzonte aperto dalla totalit dell'essere F - immediato appunto il regno del sopraggiungere e del dipartirsi dell'essere17.

    17 E. SEVERINO - La Struttura Originaria, op. cit. p. 531.

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    Si apre in questo modo una problematica decisiva, infatti Mentre [...] il logo originario afferma l'immutabilit dell'essere, l'esperienza ne attesta il divenire: contraddizione tra l'immediatezza logica e l'immediatezza fenomenologica18.

    La L - immediatezza dell'immutabilit dell'intero, e la F - immediatezza del divenire dell'essere provocano quindi una situazione aporetica che pu essere espressa anche affermando che la L - immediatezza dell'immutabilit dell'intero in contraddizione con l'affermazione dell'esistenza [...] di contenuti positivi il cui sopraggiungere o il cui annullamento non posto come autocontraddittorio19.

    Il senso di questa aporia comprensibilissimo nella critica che viene mossa alla filosofia severiniana da Gianni Vattimo, che in sede di dibattito afferma Tu dici che siamo eterni, e di questo complimento [...] ti potremmo essere grati, fermo restando comunque che siamo mortali. Nel quadro che hai tracciato resta da spiegare questo piccolo problema: siamo eterni ma mortali20.

    Alla luce dell'esperienza dunque la visione filosofica di Emanuele Severino appare come una posizione confusa, che assimila indebitamente il piano logico con il piano ontologico, ma che proprio da quest' ultimo

    18 Ivi. 19 Ivi, p. 542. 20 G. VATTIMO - Filosofia al Presente, Garzanti, Milano, 1990, p. 35.

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    sconfessata, i principi logici sembrano non aver presa su una realt che si mostra indubbiamente diveniente.

    Severino affronta tale situazione e mostra come l'aporia in questione sia originariamente tolta affermando che l'intero, come immutabilit assoluta, non la totalit dell'essere F - immediato, in quanto questa l'orizzonte del divenire21, affermando cio l'esistenza di due totalit, una inclusa nell'altra, la totalit dell'essere come intero assolutamente immutabile e la totalit dell'essere F - immediato, cio dell'essere di cui si ha esperienza, quest'ultima inclusa nella prima.

    Due positivit dunque, da distinguere necessariamente.

    Affermare che l'intero inteso come immutabilit assoluta altro dalla totalit dell'essere F - immediato equivale ad affermare che un positivo oltrepassa la totalit del F - immediato - s che il significato "intero" compare in due accezioni diverse: come immutabilit assoluta - e quindi come opposto alla totalit del F - immediato - e come includente questa totalit22.

    Siamo ad un punto cruciale: si osservi che la totalit dell'essere F - immediato, dell'esperenzialit, un positivo anch'esso, ma che non pu contenere alcuna

    21 E. SEVERINO - La Struttura Originaria, op. cit. p. 543. - Corsivo di Severino. 22 Ivi, p. 544.

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    positivit che non sia contenuta nell'intero immutabile, che per questo l'intero della positivit, e quindi il divenire del contenuto della F - immediatezza non pu aggiungere ne togliere in alcun modo positivit

    all'intero immutabile, in questa maniera viene ad emergere che il positivo che nella F - immediatezza si mostra nel sopraggiungere e nel dileguarsi, di fatto permane nell'immutabile, s che l'immutabilit non conviene a questo o a quell'essere, ma ad ogni essere23.

    Il risultato al quale perviene Severino dunque quello di considerare il divenire dell'essere, ossia il suo uscire e rientrare nel nulla, come un fatto illusorio, ci che si manifesta come un sopraggiungere e un annullarsi in realt un apparire e uno scomparire, ma si badi ad intendere bene questo punto.

    E' noto che ci sia un divenire dell'essere F - immediatamente conosciuto, per esempio il divenire del corpo x che si sposta da un luogo l ad un luogo l1, ci che Severino vuole dire che il corpo in questione una volta passato nel luogo l1 non ha esaurito il corpo che stava nella posizione l, sicch quell'istante di tempo in cui il corpo era nella posizione l andato irrimediabilmente perso, si annullato per sempre per far posto all'altro istante di tempo in cui il corpo occupa la posizione l1, bens che lo scenario dell'essere in cui il corpo era nella posizione l scomparso

    23 Ivi, p. 547. - Corsivo di Severino.

  • 51

    dall'orizzonte del F - immediato per far apparire l'altro scenario in cui il corpo occupa la posizione l1, senza per questo che qualcosa di costitutivo del primo scenario abbia subito alcun danno.

    Ci vuol dire senza mezzi termini che ogni istante eternamente presente e di fatto non muta mai, che il positivo che si aggiunge o si dilegua, gi o ancora nel cerchio dell'intero immutabile, gi da sempre carpito al futuro e per sempre trattenuto nel cerchio dell'essere24.

    Potremmo tentare di comprendere meglio tale visione pensando ad una pellicola cinematografica, dove ogni fotogramma dopo essere stato illuminato per un istante torna nel buio ma di fatto rimane eternamente uguale ed immutabile, mentre sullo schermo si crea null'altro se non l'illusione del divenire di una storia, il cui svolgimento fissato per sempre e di fatto sempre presente - pur nell'oscurit del fotogramma non ancora illuminato - e necessitante.

    Lo scenario presente provvisoriamente illuminato dalla luce dell'essere che passer ad illuminare un istante dopo lo scenario successivo senza che nulla abbia intaccato quello precedente, passato nell'orizzonte dell' F - immediatezza, ma eterno ed eternamente immutabile relativamente all'intero immutabile dell'essere che in s

    24 Ivi, p. 547.

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    contiene anche la totalit propria dell' F - immediatezza.

    E' quindi importante notare che la totalit del F - immediato, e, in generale, la totalit dell'essere diveniente, solo in quanto l'intero immutabile : affermare che soltanto l'orizzonte del divenire - che cio la totalit del divenire coincide con la totalit dell'essere -, significa affermare che l'essere non : l'orizzonte del divenire, cos inteso autocontraddizione, e quindi nulla25.

    Dunque di nessun ente - umano, divino, reale, ideale, illusorio, corporeo, sperato, temuto, rimpianto - si pu affermare che non sia, e [...] quindi ogni ente, e dunque l'ente in quanto ente, immutabile ed eterno26.

    L'idea severiniana della sostanziale illusoriet del divenire (il divenire ci che appare) non ha mancato di suscitare rilievi critici di notevole consistenza, sia da parte di pensatori di ispirazione laica che cristiana, scrive a questo proposito Pasquale Salvucci Oggi accade che un filosofo dalla forza teoretica eccezionale come Emanuele Severino sia venuto e venga di continuo esercitando tutta la sua vigorosa operosit per mostrare come l'errore nefasto del pensiero occidentale risieda nella "fede nel divenire". Per questo filosofo il

    25 Ivi, p. 553. 26 E. SEVERINO - Essenza del Nichilismo, op. cit. p. 289. - Corsivo di Severino.

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    divenire nulla, restando egli fermo a Parmenide, il filosofo della visione solitaria dell'essere: solo l'essere [...] Ma se io considero come "inessenziale" la storia e con essa e in essa il "mondo pesante e materiale", perch sono il "nulla" di fronte all'essere immutabile, che cosa faccio se non, in ultima istanza, abbandonare gli uomini alla irrazionalit e alla disumanit che ne segnano ancora, largamente, la condizione di esistenza?27.

    Una critica quella di Salvucci che vuole evidenziare il carattere deresponsabilizzante del pensiero severiniano, dovuto alla mancata considerazione nei riguardi della storia del mondo pesante e materiale, e alla cui voce fa eco Gianni Vattimo che in sede di dibattito proprio con Emanuele Severino afferma: Io continuo a non capire come dal tuo punto di vista la storia possa avere un senso. [...] Se le cose che sono partecipano di ci che chiamiamo essere, e se l'essere ha una struttura stabile, monolitica, del tipo: ci che e non pu non essere, e in questo modo si distingue dal nulla, allora la nostra storia non ha senso, la nostra storicit non ha senso; proprio noi uomini non possiamo chiamarci "esseri"28.

    27 P. SALVUCCI - Dialogo e logo in Arturo Massolo, in Differenze, Quattroventi, Urbino, 1986, p. 81. 28 G. VATTIMO, Filosofia al presente, op. cit. p. 31.

  • 54

    Vattimo continua nella sua discussione con Severino sollevando un'altra critica con la quale dimostra per di aver prestato poca attenzione alle pagine del filosofo, aggiunge infatti Vattimo: Quando dico che dal tuo punto di vista non si spiega la storia, dico anche che non si spiega la nostra esperienza quotidiana, [...] L'esperienza quotidiana, analizzata fenomenologicamente in maniera anche approssimativa, un'esperienza di proiezione verso il futuro e di retrospezione verso il passato, il progetto; l'esperienza di un soggetto che, pur con tutti i suoi limiti, assume e accetta la propria esistenza come una serie di possibilit che si dispiega nel tempo [...] Per parlare dell'essere, non mi sembra tanto inverosimile partire da qui. E allora, certo, comincio ad avere quelle fedi di cui dicevi, nella temporalit29, l'accusa dunque quella di perdere di vista completamente il piano dell'esperienza, in favore di una ipotesi astratta che non ha presa sul reale "fenomenologicamente analizzato", ma noi abbiamo visto nelle pagine precedenti che Severino si misura proprio con quella F -immediatezza che si pone in situazione aporetica con la L - immediatezza che afferma l'impossibilit dell'essere a divenire.

    La risposta di Severino chiara: mi sarei aspettato che demolissi la "mia" fondazione: invece ti sei limitato a considerare la "mia" tesi - l'eternit di ogni cosa.

    29 Ivi, p. 33.

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    [...] negare la fede nella storia non significa negare l'esistenza di quel mondo di progetti, bisogni, angosce in cui consiste la nostra esistenza concreta. Significa negare che in esso si manifesti la verit. [...] non significa che la giornata dell'uomo non esista, e che l'uomo non si muova concretamente nella storia cos come la nostra esperienza mostra30.

    I rilievi critici sopra accennati sono per cos dire esterni, guardano al lato morale, alla conseguenza senza per intaccare minimamente la dimensione teoretica del pensiero severiniano; al contrario altri pensatori sono entrati in polemica con Severino con argomentazioni che colpiscono pi da vicino la fondazione stessa del suo pensiero, soprattutto riguardo la problematica del divenire.

    Uno di questi, certamente il pi importante, Gustavo Bontadini, il quale accettando l'affermazione dell'immutabilit dell'ente in quanto ente, ha utilizzato quella affermazione per costruire una nuova dimostrazione della esistenza di Dio31, inscrivendo cos in una prospettiva che, ricordiamolo, per Severino nichilistica, il pensiero che la negazione essenziale del nichilismo32, un fatto questo che Severino spiega con l'impossibilit da parte di Bontadini - che scaturisce

    30 Ivi, p. 35. 31 E. SEVERINO - Essenza del nichilismo, op. cit. p. 289. 32 Ivi.

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    dalla sua formazione ideologica33 - di recepire in pieno la testimonianza della verit dell'essere34.

    Questa testimonianza dice che ci che appare immutabile, e che il divenire, che pure appare, non il processo (creazione e nientificazione) in cui ne va dell'essere, bens il processo del comparire e dello sparire degli enti, il processo cio della manifestazione dell'eterno35.

    Bontadini, polemizzando con tale visione scrive invece: Il tentativo, esperito da Severino, di congelare il divenire, mi pare che non riesca. Se anche si ammettesse - in omaggio al principio metafisico - che quella carta, che la comune degli uomini dice non esistere pi, in quanto s' vista bruciare, esiste invece ancora, ed eternamente, fuori dell'esperienza, e se perci si ammettesse che, da questo lato ed in questo senso, l'esperienza non attesta il divenire, cio non pu decretare, come pura esperienza, che "l'essere della carta non "; per ineliminabile quel residuo di divenire contro cui Severino si arrovella col suo ampio argomentare: ossia il divenire - epper il non essere - dell'apparire della carta [...] Se, infatti, io posso disgiungere, in un senso determinato, la carta dal suo apparire - in quanto affermo che esiste anche fuori

    33 Ivi, p. 293. 34 Ivi. 35 Ivi, p. 295. - Corsivo di Severino.

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    dell'apparire - non posso disgiungere l'apparire dall'apparire, ossia da se stesso, affermando che l'apparire (della carta) esiste anche fuori dall'apparire (ossia da se stesso!). Quando Severino assevera che, come la carta eterna, cos anche eterno, eadem ratione, l'apparire della carta, si deve osservare che codesto eterno o immutabile apparire (chiamiamolo S in omaggio al suo scopritore) non lo stesso di quell'apparire (chiamiamolo A) in cui si verifica che, scomparendo la carta, vien meno, con ci stesso, l'apparire della carta. Se, infatti, S ed A fossero lo stesso, allora, essendo eterno l'apparire della carta in S, lo sarebbe anche in A. Perci si deve ammettere che almeno questo residuo - "l'apparire della carta in A", o, che lo stesso, "l'apparire A della carta" - soggetto al divenire (in senso classico, cio come implicante il non essere dell'essere). La proposta panteistica di Severino risulta pertanto inaccettabile, in quanto c' almeno questo minimum che non pu essere divinizzato36.

    Ma per Severino, l'orizzonte totale dell'apparire, lungi dal divenire in senso nichilistico, non pu divenire neppure in senso non nichilistico, esso infatti l'evento trascendentale37, e siccome il divenire

    36 G. BONTADINI - Postilla, in Rivista di filosofia neo-scolastica, 1965, p. 619. 37 E. SEVERINO- Essenza del nichilismo, op.cit. p. 296.

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    la vicenda dell'entrare e dell'uscire dall'evento trascendentale, l'evento trascendentale non pu divenire.

    Ci che va disgiunto per Severino, non l'apparire da se stesso, bens l'apparire come evento empirico dall'apparire come evento trascendentale, l'apparire A della carta di cui parla Bontadini, [...]una figura spuria, che allude sia all'apparire empirico sia a quello trascendentale38, in quanto A infatti l'apparire in cui si verifica lo scomparire della carta, allora A non l'apparire che vien meno, ma l'orizzonte trascendentale che, a un certo momento, non include pi l'apparire che vien meno. Invece, in quanto A l'apparire che vien meno, A non l'orizzonte in cui si verifica il venir meno, ma l'apparire empirico39.

    La polemica bontadiniana non si ferma per alla considerazione sopra esposta e porta alla luce tutta una serie di problematiche relative ancora al concetto di ente eterno ed immutabile; vale la pena riportare per esteso le osservazioni in questione, riguardo quella che Bontadini chiama l'aporia della barba del melissiano40; scrive Bontadini: Ogni melissiano [nella prospettiva severiniana] si dirompe in molteplici (infiniti?) melissiani: giacch il melissiano che porta - eternamente - la barba A, non pu essere lo stesso che porta - pure

    38 Ivi, p. 298. 39 Ivi. 40 G. BONTADINI - Postilla, op. cit. p. 620.

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    eternamente - la barba B (= non A). Solo nel tempo, infatti, l'identico pu portare determinazioni opposte. (E poich ogni barba ha - infiniti? - momenti, infinitesimi, di crescita, sembra appunto che per ogni melissiano storico si debbano porre infiniti melissiani intelligibili). E' curioso come codesta concezione razionalistica del reale rinverghi con quella empiristica di tipo humiano: nell'una e nell'altra ravvisandosi la proliferazione degli enti, continua poi Bontadini: E come, poi, in Hume, a qualunque cosa pu succedere qualunque cosa, cos anche qui - altro paradosso sconcertante - non si comprende perch, nell'esperienza, al fenomeno "melissiano con barba A'", debba succedere il fenomeno "melissiano con barba A''" e non piuttosto qualunque altra cosa, per esempio un tubo di stufa; dato, appunto, che, nell'elemento del reale, il melissiano con barba A'' tutt'altra cosa del melissiano con barba A' (essendo stata tolta di mezzo la concezione volgare dell'unico melissiano con barba in divenire). per finire con un appunto etico: E cos sembra che colui che fa una promessa, non sia lo stesso che chiamato a mantenerla (anche qui un sorprendente incontro con certa psicologia contemporanea...); e che colui che pecca, non sia colui che si pente (di un peccato non suo!); che la carta che brucia non sia quella che se ne sta eternamente indenne; che l'autocarro, che sta per investirmi, non investir me, che sono ormai al sicuro per l'eternit, ma, al pi,

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    il mio successore immediato (cosicch, se mi scosto, lo farei solo per altruismo)41.

    La critica bontadiniana decisamente forte, Severino accusato di spazzar via l'unit del molteplice successivo, stravolgendo cos la concezione del mondo propria del senso comune, una deformazione che rischia di sfociare in una sorta di apatia etica.

    Severino controbatte che non ogni unit tolta (ammettendo perci che una certa unit tolta), poich il molteplice costituito da Socrate seduto, Socrate in piedi, Socrate giovane, Socrate vecchio, ecc..., pur sotteso da una identit: l'essere Socrate42, anzi di pi, si spinge a dire che nel contenuto che appare, ci che comunemente vien detto "individuo", "cosa" in effetti l'identit o unit di un molteplice43, tale unit sarebbe un'essenza, che verrebbe a rapportarsi ad un molteplice pi eterogeneo: Socrate e Alcibiade sono tra loro pi eterogenei di quanto non lo siano tra loro Socrate in piedi e Socrate seduto. Che Socrate e Alcibiade coappaiano, mentre Socrate in piedi e Socrate seduto no [...] un fatto, che certamente caratterizza un tipo di essenze,[...] ma che non toglie loro il carattere di essenza44, dunque Socrate essenzialmente Socrate, ma sarebbe contraddittorio che Socrate-che--in-piedi sia

    41 Ivi, pp. 620 - 621. 42 E. SEVERINO - Essenza del nichilismo, op. cit. p. 302. 43 Ivi. 44 Ivi, p. 304. - Corsivo di Severino.

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    seduto, Socrate eterno pertanto una certa essenza, eternamente reale in una molteplicit di determinazioni eterne45.

    Il ragionamento non sembra convincerci troppo, la situazione aporetica segnalata da Gustavo Bontadini non pu dirsi superata, di fatto l'eterno melissiano-con-barba A', anche se nel suo essenziale essere melissiano e rimane diverso dall'eterno melissiano con barba A'', ne Severino approfondisce il problema della successione necessitante di un melissiano a un melissiano, limitandosi a dire in nota: Che al melissiano con barba A' non succeda un tubo di stufa certamente un fatto [...] (come ) un fatto che le determinazioni appaiano in una successione46.

    Nei riguardi dell'appunto etico sollevato da Bontadini la risposta perentoria: E non si entra nemmeno in un modo di pensare dove chi promette non , simpliciter, chi mantiene; chi pecca non chi si pente ecc...47, una risposta che evidenzia un aspetto del pensiero severiniano che discuteremo nelle pagine che seguiranno, legato ad una evidente indifferenza nei riguardi della riflessione etica.

    Ma le riflessioni critiche nei riguardi di questa filosofia non finiscono qui; tanto che Emanuele Severino

    45 Ivi. 46 Ivi. - Parentesi mia. 47 Ivi. - Corsivo di Severino.

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    stesso, nel volume Essenza del nichilismo, dedica un capitolo dalla mole notevole alla elencazione, e alle relative risposte da parte sua, degli appunti pi interessanti mossi nei suoi confronti.

    Tra questi opportuno citare la critica di Berti, che attiene di nuovo alla problematica del divenire.

    Berti difende la formulazione aristotelica del principio di non contraddizione, quella contro la quale Severino si batte poich dimostrerebbe esplicitamente il tramonto del senso dell'essere, osservando che quando Aristotele parla dell'essere nell'espressione E' impossibile che l'essere sia e non sia nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto, egli non si riferisce all'essere in senso assoluto, univoco, sostanziale, ma a quell'essere che si dice in molti sensi, [...] all'essere determinato in molti modi48.

    Insomma Aristotele vorrebbe dire soltanto che se ad un certo soggetto appartiene una qualche determinazione, per esempio bianco, non gli pu appartenere nello stesso tempo e sotto il medesimo rispetto la determinazione ad essa contraddittoria, per esempio non bianco49, e cio che quando una cosa bianca necessario che sia bianca.

    Per Severino tutto ci non cambia le cose, poich il Berti non vuol dire che ci che ora bianco da sempre bianco e non potr cessare di esserlo, bens che e

    48 Ivi, p. 309. 49 Ivi.

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    rimarr eternamente "vero" che ora questa cosa bianca - e cio che e rimarr eternamente vero che prima non lo era50.

    Ma quando questa cosa bianca non sar pi bianca che ne di questa cosa bianca?

    Una domanda che non si chiede che ne sia della cosa e del suo colore bianco, ma che si chiede che ne sia di quella sintesi specifica, che costituita da questa-cosa-bianca51, naturalmente questa sintesi non pi, si nullificata, diventata un niente, anche se i suoi elementi continuano ad esistere separatamente.

    Permane dunque la concezione nichilistica che intende il divenire come un uscire e un rientrare di cose e fatti dal e nel nulla.

    E' sufficiente per Severino questa breve considerazione in riferimento al tempo perch risulti l'erroneit della strana tesi (contraria a spirito e lettera del testo aristotelico) sostenuta da Berti52.

    Ma al di la della polemica prettamente filosofica, e in un modo che ne supera i confini, il pensiero severiniano stato meditatamente criticato anche dalla Chiesa cattolica, che, come abbiamo gia accennato, ha dichiarato l'essenziale incompatibilit con la

    50 Ivi, p. 310. - Corsivo di Severino. 51 Ivi. - Corsivo di Severino. 52 Ivi, p. 313.

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    rivelazione cristiana delle teorie sulle quali abbiamo finora discorso.

    Sempre nello scritto Essenza del nichilismo, Emanuele Severino dedica l'ampio spazio di un capitolo, dal titolo significativo di Risposta alla Chiesa, proprio ai rilievi mossi verso il suo pensiero dalla Chiesa cattolica, un capitolo questo sul quale doveroso per noi soffermarci.

    Il documento con cui la Chiesa rigetta le teorie severiniane prende il nome di Elenco delle proposizioni riguardanti la dottrina filosofica del prof. Severino ed stato redatto dalla S. Congregazione per la Dottrina della Fede; tale documento stato fatto pervenire a Severino stesso con una lettera del Mons. C. Colombo datata 28 marzo 1970.

    Il testo completo dell'Elenco successivamente stato pubblicato da Emanuele Severino proprio nel capitolo intitolata Risposta alla Chiesa di cui abbiamo parlato sopra.

    Delle sette proposizioni che compongono l'Elenco, tutte della massima importanza, la prima dice testualmente: Esaminando il pensiero filosofico del prof. Severino, la Chiesa non pretende di essere depositaria esclusiva della verit naturale o verit filosofica, ma giudicando secondo il carisma ricevuto, dall'esatto senso della verit rivelata, ha diritto di dichiarare una posizione filosofica come incompatibile

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    con la Rivelazione53, questa affermazione per Severino dovrebbe stare a significare che la Chiesa dichiarando una posizione filosofica come incompatibile con la Rivelazione si limita ad indicare la pura differenza tra la rivelazione e quella posizione filosofica, senza poter escludere che la verit - l'incontrovertibile che n uomini n di possono negare - si costituisca al di fuori dello spazio della fede e si costituisca come smentita del contenuto della fede54.

    In breve ci significherebbe che la Chiesa dovrebbe lasciarsi giudicare dalla filosofia, depositaria della verit dell'essere.

    Ma ai fini della nostra ricerca, la proposizione pi interessante certamente quella contrassegnata dal numero tre, e che dice testualmente: Non accettabile la spiegazione che il prof. Severino d della creazione come semplice apparire di un essere eterno, in quanto la S. Scrittura (2 Mcc. 7,28) e il Magistero (Conc. Lateranense IV, DS, n.800 e Vaticano I, nn. 3002 e 3025) chiaramente insegnano che Dio ha creato ex nihilo tutte le cose55.

    Una incompatibilit pressoch assoluta quindi tra la visione severiniana e la dottrina cristiana, esplicitamente dichiarata dalla Chiesa che mostra la

    53 Ivi, p. 386. 54 Ivi, p. 331. 55 Ivi, p. 387.

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    insanabile frattura esistente tra la filosofia e la parola delle Scritture.

    Secondo Emanuele Severino, l'impegno filosofico pi rilevante da parte della Chiesa nei confronti della sua opera, consistito nel lavoro di P. Cornelio Fabro, gi autore di un saggio dal titolo: Sulla posizione filosofica di Emanuele Severino, e presente in veste di Qualificatore della S. Congregazione per la Dottrina della Fede alla stesura dell'Elenco.

    Il Fabro sostiene che Severino, pur non dichiarandosi mai n ateo, n anticristiano, in realt critica alla radice la concezione della trascendenza di Dio ed i capisaldi del Cristianesimo come forse finora nessun ateismo e eresia ha mai fatto56, infatti egli condanna di nichilismo [...] tutto il Cristianesimo storico, e per lui, l'errore capitale del Cristianesimo (tra gli altri) risiederebbe proprio nel dogma della creazione e della trascendenza di Dio dal mondo, che vi corrisponde: di qui l'accusa del Severino al Cristianesimo storico di essere responsabile anch'esso - non meno del marxismo, dell'esistenzialismo ateo - della morte di Dio57.

    La linea filosofica sulla quale Severino si muoverebbe, sarebbe per Fabro quella dell'approfondimento della dialettica moderna dell'unit dell'essere e dell'apparire, delle parti e del Tutto [...], secondo uno

    56 Ivi, p. 346. 57 Ivi.

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    schema ferreo e preciso che segue soprattutto la linea di Spinoza58.

    Queste affermazione di Fabro, per Severino, esprimono l'intento di riportare il contenuto dei suoi scritti alla logica di fondo del pensiero moderno59, una logica dalla quale invece essi esulano completamente.

    Infatti ribadisce Severino: la logica di fondo del pensiero moderno possiede una struttura che rende irrealizzabile l'intento di riportarvi il contenuto dei miei scritti [...] che si incamminano nella testimonianza della verit dell'essere60, la persuasione della essenziale nientit dell'ente, ha nella civilt occidentale un significato inesplorato, di ci sia prova che l'intera civilt occidentale si rifiuta di pensare che l'ente in quanto tale sia niente, tuttavia la persuasione che l'ente, in quanto tale, niente il fondamento nascosto e il significato ultimo di quel rifiuto61, in questa situazione generale nascosta l'essenza del nichilismo dell'Occidente e dunque anche di quella cultura filosofico-teologica che Fabro vorrebbe tener ferma62.

    Ma il Fabro non si ferma qui, gli scritti di Severino ai suoi occhi, stravolgono il senso dell'evento storico

    58 Ivi. 59 Ivi. 60 Ivi. 61 Ivi, p. 348. 62 Ivi.

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    irripetibile dell'Incarnazione, grazie al quale si compie la storia della salvezza dell'uomo, una accusa questa che formulata nella settima ed ultima proposizione dell'Elenco, che dice testualmente: In connessione colla dialettica tra essere e comparire - scomparire, nella posizione del prof. Severino viene nullificato l'evento storico dell'Incarnazione e Redenzione e per conseguenza anche gli atti sacramentali mediante i quali il fedele partecipa all'evento salvifico63.

    Per Fabro, nel pensiero di Severino sia il discorso teologico che quello ateo sono invenzioni che provengono dalla medesima radice interpretativa erronea secondo la quale, all'origine, l'essere scaturisce dal nulla per poi tornarvi, e quindi diviene, intendendo il divenire proprio come passaggio dal nulla all'essere e viceversa.

    Tale concezione investe in pieno il Cristianesimo inteso come dottrina di un mondo ch' proprio dell'uomo il quale entra in conflitto con Dio (peccato) e del Verbo di Dio (Ges Cristo) che 'diventa' uomo per salvar l'uomo e riportarlo a Dio64, e continua ancora Fabro nel rilevare che assurdi devono risultare i misteri sia del peccato originale come dell'Incarnazione65.

    Le accuse di Fabro non sono contestate da Severino, che anzi ne sottolinea la fondamentale correttezza: per

    63 Ivi, p. 387. 64 Ivi, p. 380. 65 Ivi.

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    la Chiesa infatti l'eternit dell'ente in quanto ente rende impossibile la storia della salvezza66.

    Il senso nichilistico del divenire, l'unico senso che Chiesa e cultura occidentale in genere riescono ad assegnare alla storia, esso domina il modo in cui la Chiesa intende il 'diventare' peccatore da parte dell'uomo, il 'diventare' carne da parte del Verbo, e il divenire in cui si fa innanzi ogni evento della 'storia della salvezza'67.

    L'affermazione dell'eternit dell'ente in quanto ente nullifica un evento storico che per non essere nullificato necessiterebbe di un momento in cui era soltanto il Verbo e non la sua carne (che era niente), sicch la Chiesa per non nullificare l'Incarnazione [...] nullifica la carne e quindi per non nullificare la 'storia' della salvezza, nullifica la salvezza68.

    La salvezza che per Severino al di fuori del nichilismo dell'Occidente, dove la storia altro non che il processo in cui appare il Tutto immutabile, poich ci che pu emergere dal nascondimento non pu che essere l'immutabile.

    Al pensiero che parla dell'eternit di ogni essente il tempo stesso appare e mostra un significato radicalmente diverso da quello che ha nella cultura

    66 Ivi. - Corsivo di Severino. 67 Ivi. 68 Ivi.

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    contemporanea, dove si pensa che in esso l'uomo inventi, producendo e distruggendo, la sua storia e Dio sia diventato uomo portando con se la possibilit di salvezza: il tempo mostra un significato inaudito69, un significato che Severino descrive ricorrendo ad una metafora: Si supponga che le stelle del cielo rappresentino l'insieme degli eventi storici, [...]il firmamento , fermamente, immobilmente. Il loro visibile tragitto nel cielo il loro comparire e scomparire, il loro manifestarsi e nascondersi70.

    Se ora alle stelle della metafora severiniana si sostituisce il corso del tempo e della storia si palesa il senso inaudito che emerso: la storia infatti non pi l'opera di uomini o di di, o di forze naturali, ma lo svelarsi e il nascondersi degli eterni astri dell'essere (e) ogni evento, ogni azione, ogni cosa un eterno astro dell'essere71.

    Cos L'oscurit della stanza, la decisione di accendere il lume, la mano che si allunga, il lume che si accende, le voci che salgono dalla strada, il chiarore che ora si diffonde, la mano che si ritrae, il pensiero interrotto che riprende, lo svanire delle voci sono gli

    69 E. SEVERINO - La Filosofia Futura, Rizzoli, Milano, 1989, p. 270. 70 Ivi, pp. 270 - 271. - Corsivo di Severino. 71 Ivi, p. 271. - Parentesi mia.

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    eterni che entrano nel cerchio dell'apparire, quando si decide di accendere un lume72.

    Ma tutto ci ha una conseguenza a sua volta inaudita; se il divenire lo svelarsi e il nascondersi dell'eterno, e se ogni istante di tempo, ogni fatto concreto e ogni sfumatura anche minutissima ed impercettibile di cui tale istante composto un astro dell'essere, ci significa necessariamente che tutte le cose e tutti gli eventi sono eternamente scolpiti73, che tutti gli eventi 'storici' sono gi accaduti da sempre e per sempre74.

    La filosofia che pensa l'eternit dell'essere pensa dunque la necessit che l'apparire appaia nel modo in cui appare, pensa l'apparire come il destino dell'essere.

    Nel documento stilato dalla S. Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui abbiamo parlato precedentemente, la proposizione contrassegnata dal numero 6, introduce un nuovo elemento di contrasto tra la tesi severiniana e la Chiesa; il testo della proposizione dice: Date le sue premesse il prof. Severino non parla della libert che in termini di possibilit finita in riferimento all'apparire: questo non conforme al senso ovvio della libert secondo l'insegnamento ecclesiastico75.

    72 Ivi. 73 E. SEVERINO - Essenza del Nichilismo, op. cit. p. 381. 74 E. SEVERINO - La Filosofia Futura, op. cit. p. 271. 75 E. SEVERINO - Essenza del Nichilismo, op. cit. p. 387.

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    L'appunto della Chiesa si riferisce al fatto che il pensiero severiniano, postulando l'eternit di ogni ente, pensa il Tutto come un sistema assolutamente necessitante, nel quale non dato spazio alcuno alla libert e in cui a nessuno dato di diventare altro da ci che .

    Ricordiamoci della risposta di Emanuele Severino alla critica bontadiniana riguardante le conseguenze etiche della proliferazione degli enti che il Bontadini ravvisava nella teoria della successione di enti eterni ad enti eterni: non si entra nemmeno in un modo di pensare dove chi promette non chi mantiene, chi pecca non chi si pente ecc...76, tale risposta perfettamente coerente con la struttura del pensiero che pensa la necessit, e ci in quanto la necessit stessa che un ente sia come e non possa in nessun modo essere qualcos'altro da questo, rende perfettamente assurdo e il concetto di peccato, e pi in generale ogni concetto che si riferisca ad una colpa o ad una responsabilit personale.

    L'individuo, per Emanuele Severino, viene pensato dalla intera civilt occidentale in un modo completamente conforme alla cultura nichilistica che con quella civilt un tutt'uno, viene pensato cio come una retta su cui corre il cerchio dell'esistenza; nella sua cor