senziali dell'arte ottomana. Soprattutto l'opera di orefice · Della particolare interpretazione...

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le altre, quasi 110 centimetri, scolpita in legno di quercia, policromato e dorato, la Vergine, regalmente incoronata, è mancante delle braccia come il tìglio. La scultura in questione fu interpretata dajansen, per la sua limpida espressione, come preannunciantc l'arte gotica. La seconda maestà appare anch'essa coronata e ricca di pietre dure incastonate che sottolineano la sua regalità ed e attribuibile alla produzione mosana intorno al 1230 cir- t i . Mentre la terza, tedele all'iconografìa mosana del XIII setolo, denuncia con la sopracitata affinità con il gruppo di S. Giovanni evangelista. A conclusione la maestà con- servata ( N . 116) al museo di Gaiffier presso Namur, dove la vergine non più seduta ma raffigurata in piedi mentre calpesta un drago è da considerare come fine dell'arte mosana inizio arte gotica e secondo Muller «... docu- menta l'influenza dell'arte della Champagne sulle regione mosana». Singolare l'iconografia della scultura ( N . 117), che raf- figura S. Anna che regge sul braccio sinistro la vergine Maria che a sua volta accoglie sulle proprie ginocchia il fi- glio. Essa passò sul mercato come mosana e fu attribuita al XV secolo. LA PRODUZIONE RENANA 11 secondo insediamento legato alla vitalità e alla cen- tralità del corso come mezzo di trasporto e come isolante confine è quello renano, spostato verso Est rispetto alla Mosa ma non per questo incapace di mantenere e appro- tondire l'esperienza della classicità romana. E con la divi- sione dell'impero di Carlo Magno, l'attenuarsi delle scor- rerie vichinghe e il riflusso dei Magiari negli stanziamenti ungheresi e conseguentemente l'affermarsi dell'impero germanico con gli Ottoni che si può parlare di seconda ri- nast ita dell'insediamento renano. E proprio lungo il cor- so elei fiume, da Colonia a Spira, a Strasburgo che si svi- luppa la via, di pace e di armi che dal Mare del Nord rag- giunge l 'Italia e Roma. 11 particolare rapporto che si in- staura fra potere religioso, spesso investito anche di cari- che civili nell'elaborato sistema di distribuzione dei pote- ri caratteristico del mondo feudale tedesco, e potere im- penale unisce, sia pure in contrasti violenti, scomuniche e scismi, i due poteri e la loro iconografia. 11 monumentale Cristo in croce della Cattedrale di Colonia precedente- mente richiamato ( N . 43), la chiesa di S. Pantaleone sem- pre a Colonia, databile al 980 circa, come la di poco suc- tessiva ( attedrale tli Hildesheim che conoscerà nei porta- li bronzei uno dei cicli narrativi della nuova sensibilità, la i rote gemmata di Lotario infine, ora nel tesoro della Cap- pella Palatina di Aquisgrana costituiscono i punti es- senziali dell'arte ottomana. Soprattutto l'opera di orefice- ria (oro, filigrana, pietre preziose e smalto cloisonné, alta 5 0 cm.) è segnale a tutti gli effetti emblematico dell'immagi- nario imperiale: «La vittoria di Cristo - Chrislus triumphans - è simboleggiata da immagini imperiali classiche. Sul ro- vescio c'è però un'incisione di Cristo morto o morente, più vicina al convenzionalismo bizantino che al crocefis- so dell'arcivescovo Geronc... Quando la si esibiva nel ri- tuale delle incoronazioni imperiali, questa faccia stava di fronte al clero, l'altra era rivolta all'imperatore. Nel suo insieme, la croce simboleggiava così l'unione fra Chiesa e Stato sotto un imperatore unto e incoronato dal papa, un'unione appassionatamente perseguita per tutto il Me- dioevo ma raramente raggiunta» (Honour, Fleming 1982, p. 273). I secoli che vanno dal X al XIII conoscono il progres- sivo maturarsi e affermarsi di una specificità dell'espres- sione plastica renana combinata e in contrasto spesso con il sogno di una restaurano imperii che persegue l'ultimo Ottone e che spingerà Federico I I a spostare progressiva- mente l'asse d'azione verso l'Italia, abbandonando l'inse- diamento tedesco, paradossalmente emancipandolo dalla sudditanza dell'arte ufficiale. Ma le strade che dal Reno si spingono verso la penisola non vedono solo imperatori alla caccia della legittimazione del proprio status o deside- rosi di abbassare le tendenze centrifughe che si manifesta- no nel corpo disomogeneo dell'impero: con intenzioni in cui l'interesse politico si mescola al prestigio spirituale, vescovi e abati dell'Impero arricchiscono le proprie catte- drali e le proprie abbazie con reliquie e documenti trafu- gati o acquistati nella penisola. Restringendo il nostro intervento alla sedes sapientiae lignea è opportuno partire da quella conservata presso il Museo diocesano di Monaco (N. 118). Realizzata in una posa fortemente centrale, che accentua il carattere rigido del corpo, vede nello slancio del collo e nella dolcezza d'espressione del viso della Vergine i suoi caratteri più si- gnificativi, a segnalare una caratteristica stilistica tipica del centro di produzione renano. Un grosso cabochon al centro del petto richiama i pro- dotti dell'oreficeria mosana il cui uso comunque sarà co- mune e frequente nella rappresentazione dei soggetti reli- giosi in scultura come in pittura, mentre un grosso brac- ciale sulle braccia costituisce una frequente e tipica solu- zione iconografica della scultura renana non riscontrabile in alcun altro centro di produzione europeo. La Vergine, solidamente impiantata sul sedile fino ad aderirne perfet- tamente, è «trono» del figlio, risultando la sua anatomia assolutamente indifferente rispetto al peso e alla presenza di Cristo; l'osservazione è evidentemente confortata dalla perdita della statua dell'infante. L'attuale doratura tu rea- lizzata in un tempo successivo rispetto all'intaglio del le- gno, nel corso del XIV secolo. Analoga impostazione frontale può essere individua- bile nel gruppo ligneo ( N . 119) della Coli. R. Forrer di Strasburgo; attribuibile alla produzione della Renania 125

Transcript of senziali dell'arte ottomana. Soprattutto l'opera di orefice · Della particolare interpretazione...

le altre, quasi 110 centimetri, scolpita in legno di quercia, policromato e dorato, la Vergine, regalmente incoronata, è mancante delle braccia come il tìglio.

La scultura in questione fu interpretata dajansen, per la sua limpida espressione, come preannunciantc l'arte gotica.

La seconda maestà appare anch'essa coronata e ricca di pietre dure incastonate che sottolineano la sua regalità ed e attribuibile alla produzione mosana intorno al 1 2 3 0 cir-t i . Mentre la terza, tedele all'iconografìa mosana del X I I I setolo, denuncia con la sopracitata affinità con i l gruppo di S. Giovanni evangelista. A conclusione la maestà con­servata ( N . 116) al museo di Gaiffier presso Namur, dove la vergine non più seduta ma raffigurata in piedi mentre calpesta un drago è da considerare come fine dell'arte mosana inizio arte gotica e secondo Muller «... docu­menta l'influenza dell'arte della Champagne sulle regione mosana».

Singolare l'iconografia della scultura ( N . 1 1 7 ) , che raf­figura S. Anna che regge sul braccio sinistro la vergine Maria che a sua volta accoglie sulle proprie ginocchia i l fi­glio. Essa passò sul mercato come mosana e fu attribuita al X V secolo.

LA P R O D U Z I O N E R E N A N A

11 secondo insediamento legato alla vitalità e alla cen­tralità del corso come mezzo di trasporto e come isolante confine è quello renano, spostato verso Est rispetto alla Mosa ma non per questo incapace di mantenere e appro-tondire l'esperienza della classicità romana. E con la d iv i ­sione dell'impero di Carlo Magno, l'attenuarsi delle scor­rerie vichinghe e il riflusso dei Magiari negli stanziamenti ungheresi e conseguentemente l'affermarsi dell ' impero germanico con gli Ot toni che si può parlare di seconda r i -nast ita dell'insediamento renano. E proprio lungo il cor­so elei fiume, da Colonia a Spira, a Strasburgo che si svi­luppa la via, di pace e di armi che dal Mare del N o r d rag­giunge l'Italia e Roma. 11 particolare rapporto che si in­staura fra potere religioso, spesso investito anche di cari­che civili nell'elaborato sistema di distribuzione dei pote­ri caratteristico del mondo feudale tedesco, e potere im­penale unisce, sia pure in contrasti violenti , scomuniche e scismi, i due poteri e la loro iconografia. 11 monumentale Cristo in croce della Cattedrale di Colonia precedente­mente richiamato ( N . 43), la chiesa di S. Pantaleone sem­pre a Colonia, databile al 980 circa, come la di poco suc-tessiva ( attedrale t l i Hildesheim che conoscerà nei porta­li bronzei uno dei cicli narrativi della nuova sensibilità, la i ro te gemmata di Lotario infine, ora nel tesoro della Cap­pella Palatina di Aquisgrana costituiscono i punti es­

senziali dell'arte ottomana. Soprattutto l'opera di orefice­ria (oro, filigrana, pietre preziose e smalto cloisonné, alta 5 0 cm.) è segnale a tutt i gli effetti emblematico dell'immagi­nario imperiale: «La vittoria di Cristo - Chrislus triumphans - è simboleggiata da immagini imperiali classiche. Sul ro­vescio c'è però un'incisione di Cristo morto o morente, più vicina al convenzionalismo bizantino che al crocefis­so dell'arcivescovo Geronc... Quando la si esibiva nel r i ­tuale delle incoronazioni imperiali, questa faccia stava di fronte al clero, l'altra era rivolta all'imperatore. N e l suo insieme, la croce simboleggiava così l 'unione fra Chiesa e Stato sotto un imperatore unto e incoronato dal papa, un'unione appassionatamente perseguita per tutto il Me­dioevo ma raramente raggiunta» (Honour , Fleming 1 9 8 2 , p. 2 7 3 ) .

I secoli che vanno dal X al X I I I conoscono i l progres­sivo maturarsi e affermarsi di una specificità dell'espres­sione plastica renana combinata e in contrasto spesso con i l sogno di una restaurano imperii che persegue l 'ul t imo Ottone e che spingerà Federico I I a spostare progressiva­mente l'asse d'azione verso l'Italia, abbandonando l'inse­diamento tedesco, paradossalmente emancipandolo dalla sudditanza dell'arte ufficiale. Ma le strade che dal Reno si spingono verso la penisola non vedono solo imperatori alla caccia della legittimazione del proprio status o deside­rosi di abbassare le tendenze centrifughe che si manifesta­no nel corpo disomogeneo dell ' impero: con intenzioni in cui l'interesse politico si mescola al prestigio spirituale, vescovi e abati dell 'Impero arricchiscono le proprie catte­drali e le proprie abbazie con reliquie e documenti trafu­gati o acquistati nella penisola.

Restringendo i l nostro intervento alla sedes sapientiae lignea è opportuno partire da quella conservata presso i l Museo diocesano di Monaco ( N . 1 1 8 ) . Realizzata in una posa fortemente centrale, che accentua i l carattere rigido del corpo, vede nel lo slancio del c o l l o e nella dolcezza d'espressione del viso della Vergine i suoi caratteri più si­gnificativi, a segnalare una caratteristica stilistica tipica del centro di produzione renano.

U n grosso cabochon al centro del petto richiama i pro­dot t i dell'oreficeria mosana i l cui uso comunque sarà co­mune e frequente nella rappresentazione dei soggetti reli­giosi in scultura come in pittura, mentre un grosso brac­ciale sulle braccia costituisce una frequente e tipica solu­zione iconografica della scultura renana non riscontrabile in alcun altro centro di produzione europeo. La Vergine, solidamente impiantata sul sedile fino ad aderirne perfet­tamente, è «trono» del figlio, risultando la sua anatomia assolutamente indifferente rispetto al peso e alla presenza di Cristo; l'osservazione è evidentemente confortata dalla perdita della statua dell'infante. L'attuale doratura tu rea­lizzata in un tempo successivo rispetto all'intaglio del le­gno, nel corso del X I V secolo.

Analoga impostazione frontale può essere individua­bile nel gruppo ligneo ( N . 119) della Coli . R. Forrer di Strasburgo; attribuibile alla produzione della Renania

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118 - R e n a n i a del Nord, verso 1230, Thronende Muttergottes, Monaco, Museo Diocesano, h. 45.

meridionale agli esordi del X I I I secolo, risente, nella compatezza dell'anatomia che, a differenza del preceden­te esemplare, uniforma le membra con la continua fascia­tura del velo e della veste, di un gusto «internazionale sensibile alla monumentalità e all'imponenza dell'effetto; i l f iglio, appoggiato sul ginocchio sinistro della madre, r i ­

pete nella sua indipendenza volumetrica, una analoga f i ­gura spaziale. L'abito della Vergine, i l cui orlo inferiore taglia diagonalmente l'intera figura, si presenta fortemen­te semplificato nella fasciatura dell'anatomia, aumentan­do l'effetto di massiccia e disadorna presenza della statua.

La produzione renana del X I I I secolo, si manifesta

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chiaramente nelle madonne di collezioni private tedesche ( N . 120 e 121) in quella del Kunsthaus di Zurigo ( N . 124) ed in quella conservata presso il Museo Schnùtgen di Co­lonia ( N . 122).

Le prime due, probabilmente le più antiche del grup­po, denunciano una torte carica espressiva, molto com­

patta, nell'esecuzione; reggono ambedue il tiglio muti lo della testa e decentrato sul ginocchio sinistro.

Più mossa la Vergine, colta in un atteggiamento fisico avvolgente e protettivo nei confronti del tiglio, enfatizza­to oltretutto dal gesto indicante del braccio sinistro e dal gioco variegato delle pieghe della veste che annunciano

U T

122 - Renania, verso 1330, Madonna col Bambino, M u s e i ) Si h n ù t ^ e n , ( < ili >nia, h . 103.

123 - Basso Reno, seconda metà X I V secolo. Madonna col Bambino, coli. priv.

124 - Reno, metà X I I I secolo, Madonna col Bambino, Kunsthaus, Zurigo.

un maggiore interesse all'effetto plastico dell'insieme; più vicina ai canoni tradizionali della ieraticità e della frontali­tà la seconda statua, in cui la dimensione «distante» della regalità di Maria sembra prendere i l sopravvento sull'ac­cento della maternità. 11 deciso rilievo accordato al vol to frontale della Vergine, quasi centrato nell'ovale del velo fortemente aggettante e la cura con cui i l panneggio dise­gna le diverse forme di una anatomia mol to meno som­maria di precedenti esiti, pongono i l gruppo n. 121 fra gl i esiti più alti della nostra rapida ricognizione in terra renana.

D i importanza altrettanto rilevante, per la qualità raf­

finata della fattura e la novità d' impianto che denuncia è i l gruppo ligneo dello Schnùtgen-Museum di Colonia ( N . 122) e databile al 1230 circa.

La ieraticità delle precedenti Vergini cede i l passo a un più in t imo e affettuoso colloquio fra la madre e i l f iglio; entrambi entrano in un dialogo psicologico che modifica la posa anatomica, concentrandosi nella reciprocità degli sguardi: i l tema della Vergine stante sul trono si coniuga allora in un immaginario più vicino e partecipe dell'uma­nità del fedele, che vede nel gruppo i l replicarsi, forse an­che i l modello, del colloquio fra madre e figlio. Al la novi­tà dell ' impianto si aggiunge una fattura particolarmente

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125 - Franco Mosana, fine X V setolo. Vergine, Coli . Bresset, h. 38.

sensibile alla tattilità dei soggetti e delle materie riprodot­te nel legno: si veda solo ad esempio l'alternarsi di pieghe-ani pie e protonde e di pieghe depresse nei diversi panneg­gi come segnale evidente dell'abilità e della sensibilità de­gli artigiani renani nella prima metà del X l i l secolo. La Maestà d i ( olonia può a buon d i r i t t o essere considerata

126 - Franto Mosana, fine X V secolo, Vergine, Coli . Bresset, h. 44.

capostipite di una serie di gruppi influenzati, sia pure non direttamente, dal suo impianto, se non dalla sua fattura. E questo i l caso della Vergine col Bambino del Museo di Zurigo ( N . 124) riferibile alla seconda metà del secolo. L'ascetica costruzione piramidale del prototipo cede il pas­so a uno sviluppo verticale più contenuto e i l panneggio

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gio risulta più sommario: il dialogo fra i due protagonisti riprende comunque i l modello precedentemente richia­mato.

U n suo ulteriore riflesso, anche se ormai molto debo­li. , e risiontrabile nella Maestà conservata in collezione privata ( N . 123) riferibile alla maturità del X I V secolo in cui Bresset, intravede una marcata influenza iconografica e stilistica delle Regione dell'Est di Parigi: le movenze della Vergine e del Bambino divergono creando quel sen­so della «momentaneità» fissata nella scultura caratteristi­c i del Li S I uola frane ese. Sia pure senza confondersi con la scuola gotica delle Cattedrali di Francia, anche i l Reno, come si è brevemente accennato per la Mosa, troverà nell'apporto del gotico francese una fonte di riferimento, e nel nostro specifico caso della statuaria, anche di origi­nale rinnovamento fra X I V e X V secolo.

Della particolare interpretazione del mondo gotico realizzato dalla cultura renana, in cui Io slancio verticale viene contenuto per l'accentuata ricercatezza, quasi calli­grafica, del décor, in una elaborata esaltazione del movi ­mento «interno» alla figura, si possono indicare sintetica­mente una serie relativamente omogenea di «Vergini col Bambino» caratterizzate dall'abbandono della posizione assisa e dal diversificato atteggiamento del bambino nelle braccia della madre. Esse sono le statue di collezione pr i ­vata ( N n . 125-126) e quella conservata al Museo Schnùt-gen di Colonia ( N . 128). D i più semplificata costruzione e impianto, ancora erede della fissità e della frontalità espresse dalla sensibilità precedente è i l gruppo ligneo N . 127, a indicare la continuità della tradizione pur nell'affer­marsi di un gusto che accentua la ricchezza del panneggio e il gioco dei drappi, fino a una meticolosa resa della capi­gliatura sciolta della Madre a cui si contrappone la spazio­sità della fronte e lo stilizzato contorno del volto. D i par­ticolare importanza la Vergine ( N . 128) che porta l 'attri­buzione allo scultore Adriaen van Wesel, conservata presso i l Museo Schnùtgen di Colonia.

LA MAESTÀ L I G N E A S P A G N O L A

Il territorio spagnolo, particolarmente sensibile alla produzione lignea nel periodo romanico, ci offre un vasto panorama di scultura sacra.

Ritengo difficile attribuire anteriormente al X I secolo una qualsiasi Maestà di produzione spagnola, per quanto tino a oggi conosciamo, mentre ciò non è valido per quanto riguarda i l tema del Cristo crocifisso che sicura­mente costituisce l'origine della tradizione di scultura l i ­gnea spagnola.

Nel disporre il materiale raccolto non mi sottermerò

sulle varie regioni o fulcri scultorei spagnoli, ma cercherò di creare un organico globale di tutto i l territorio iberico, facendo uso delle scuole e delle principali officine come punto di riferimento od influenza del materiale in que­stione.

Sulla via per Santiago di Compostella, il maggior cen­tro romanico spagnolo, come già citato nel paragrafo rela­t ivo alle maestà alverniati, si crearono degli itinerari ob­bligati, percorsi da migliaia di pellegrini che facevano me­ta alla abbazia.

Su queste vie sorsero numerose chiese con i l compito di assistere e proteggere i pellegrini in viaggio per Santia­go ma, al tempo stesso, divenire a loro volta meta di pel­legrinaggi locali.

I l fenomeno portò ad uno sviluppo autonomo di que­sti centri che con i l tempo crearono delle proprie immagi­ni di culto; gl i oggetti che maggiormente si prestavano a queste venerazioni erano le Maestà e le Crocifissioni. Particolarmente tipiche sono le Maestà completamente ricoperte da lamine d'argento, alcune delle quali rivestite nel medesimo tempo della loro produzione, altre in tem­pi posteriori; le più note sono quella della Cattedrale di Toledo ( N . 131) e le cosiddette Vergini di Ujuè ( N . 129) e di Irache ( N . 130).

D i differente stile e iconografìa, si presentano allo spettatore assise sui loro maestosi t roni , alcune di esse co­ronate, altre coperte da un velo, reggendo sulle loro gi ­nocchia i l figlio benedicente.

A volte, come nella Vergine del Sagrario della catte­drale di Toledo e come in quella di Irache, i l bambino è raffigurato coronato; le corone attualmente presenti sono mobi l i e a piena evidenza risultano essere applicazioni po­steriori alla fattura primit iva della statua.

Ancora una volta occorre ricordare la sovrapposizio­ne, sul tronco ligneo originale, di decorazioni stabili che si susseguono nel corso dei secoli al variare del gusto e al deteriorarsi delle precedenti applicazioni. Contribuisco­no a modificare l 'immagine di partenza anche quei para­menti mobil i utilizzati durante le cerimonie: è sufficiente ricordare gli addobbi presenti, ad esempio, in area toledana (si pensi alla Nuestra Senora de la Fuencisla, patrona della città) sull'originale figura della statua, capaci di modifica­re profondamente l'aspetto, dalla corona a raggiera che incornicia i l volto al manto che ricade abbondantemente occultando la sia pure limitata anatomia dei corpi.

Le presenti osservazioni non vogliono giocoforza r i ­portare le immagini in discussione, che proprio nella loro forza «feticistica» trovano parte della loro attrazione espressiva, a un inesistente o comunque improbabile sta­to edenico (l'assenza di policromia può essere inciampo a una lettura filologica anche se permette una esplorazione-plastica non «disturbata»); è comunque lecito distinguere ed è caratteristica che percorre l 'intero arco della produ­zione scultorea in legno, non solo ai suoi esordi un inter­vento successivo, spesso deformante, rispetto al pr imit i ­vo disegno iniziale.

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