SENZA CONFINI senza confini budrio · della sanità, dove i modelli organizzativi dei servizi...

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E così la montagna ha partorito il topolino o, per dirla con W. Shakespeare, “Much Ado About Nothing” (Molto rumore per nulla). Per la verità anch’io nutrivo qualche dubbio – e qualcuno mi è rimasto – particolar- mente sotto l’aspetto metodologico, sulle ipo- tesi di razionalizzazione della sanità a livello della provincia di Bologna, peraltro mai espli- citate con chiarezza e sempre tanto generica- mente, quanto impropriamente (lo riscontria- mo oggi) riportate dalla stampa locale. Per chi, come il sottoscritto, ha vissuto negli anni ’80, sia come operatore, sia come ammi- nistratore, il lungo e a volte drammatico con- tenzioso sulla chiusura degli ospedali di Medicina e Molinella e sull’applicazione del primo piano sanitario regionale, il risorgere di sopiti campanilismi o, ancor peggio, di possi- bili strumentalizzazioni politiche, aveva creato una certa preoccupazione non tanto per una possibile contrazione di posti letto ospedalieri, peraltro in sovrannumero, quanto per un’even- tuale dequalificazione dei servizi sanitari ter- ritoriali, a fronte dei cospicui investimenti rea- lizzati in questi ultimi anni. L’incontro con i vertici della sanità bolognese, anche in assenza dell’assessore regionale Lusenti (a proposito, quanta volgarità nel ter- mine “vergogna” con il quale alcuni maleduca- ti hanno sottolineato la sua assenza, dovuta a gravi motivi familiari) ha però consentito di avere un quadro abbastanza chiaro e motivato di ciò che comporta la prevista riorganizzazio- ne dei servizi ospedalieri e territoriali nella nostra realtà. Proprio per questo, a fronte di un’illustrazione molto particolareggiata di quello che dovrebbe accadere alla sanità locale e provinciale nei prossimi mesi, mi chiedo che senso abbiano le contestazioni da parte di alcuni cittadini, ai quali non sembrano ben chiari gli obiettivi di contenimento della spesa e di contestuale valorizzazione e riorganizzazione dei servizi. Le critiche rivolte al Sindaco partono da un presupposto rivelatosi, al momento, inesisten- te, vale a dire la possibile chiusura dell’attività chirurgica nel nostro ospedale. Ridimensionare i posti letto in sovrannumero e avvalersi di un’èquipe dell’Ospedale S. Orsola non significa affatto dequalificare, quanto piuttosto garantire una piena funzionalità e occupazione della struttura, che dovrebbe por- tare una razionalizzazione della spesa sanita- ria, a fronte dei tagli che da qualche anno i Governi hanno imposto e sui quali nessuno, durante l’Assemblea, ha ritenuto di dover porre l’accento. Scontrarsi su questi temi (chirurgia sì, chirur- gia no a Budrio) significa non aver compreso i profondi cambiamenti in divenire nel campo della sanità, dove i modelli organizzativi dei servizi territoriali, i movimenti demografici e l’invecchiamento della popolazione, il sistema di prevenzione, i progressi della medicina stan- no richiedendo un approccio diverso, moderno, sperimentale se vogliamo, alla malattia e al paziente che, mai come oggi, deve essere al centro del trattamento sanitario. Mi chiedo: come può non convincere la pro- spettiva di avere un Pronto Soccorso organiz- zato ed efficiente, dotato di unità di degenza breve che possa consentire un esame e un trat- tamento più appropriato al paziente? Un pron- to soccorso dove ci sono ancora troppi codici bianchi, che dovrà diventare il centro motore dell’attività ospedaliera. Come si può non condividere, almeno riguardo agli obiettivi – salvo una necessaria verifica in corso d’opera – l’attivazione della Casa della Salute che è già stata sperimentata, pare con successo, in altre realtà territoriali limitrofe e nella quale dovranno avere un ruolo fonda- mentale infermieri, specialisti e medici di base? Certamente si tratta di innovazioni che andranno valutate nel tempo, modulate secon- do le necessità territoriali. A Budrio pochi conoscono in concreto cosa sia questa Casa della Salute. Bene, una ragione di più per cercare di valutarne gli obiettivi, di misurarne i risultati, di verificarne il valore aggiunto in termini di prevenzione, riabilita- zione, prestazioni specialistiche e supporto alla struttura ospedaliera. Questo dovrebbe essere l’atteggiamento corret- to e non aprioristicamente prevenuto verso questa nuova struttura che qualche cittadino spiritoso ha già preconizzato come “casa chiu- sa”, alter ego della casa del popolo e della casa del fascio. Abbandoniamo perciò le contrapposizioni par- titiche e lavoriamo tutti assieme per migliora- re la sanità nel nostro territorio, senza precon- cetti, senza atteggiamenti radicali e di insoffe- renza. La salute è un bene comune che non ha colori politici anche se mi pare saggio vigilare affinchè le promesse siano mantenute, i pro- grammi realizzati, le risorse impiegate al meglio. Molti giudicheranno queste considerazioni paternalistiche e inutili, ma almeno hanno il pregio di essere scevre di qualsiasi finalità polemica e nascosta che non sia l’interesse della comunità, il bene comune, la salute dei cittadini. Sanità a Budrio: tanto rumore per nulla DI RENZO BONOLI SENZA CONFINI NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI PROMOZIONE SOCIALE SENZA CONFINI Anno VII - N°2-2013 - Registrazione presso il Tribunale di Bologna - n° 7658 del 18/04/06- Tiratura: 1500 copie stampate su carta riciclata Dir., Red. e Amm. sede Via Saffi, 54 - Budrio (BO) - Dir. Resp. Maurizia Martelli - Comitato di red.: Renzo Bonoli, Maria Marzia Lodi, Guido Montebugnoli, Pietro Di Bartolo Per la Vs. pubblicità contattate Renzo Bonoli. Tel. 338 3904582 - www.senzaconfinitaly.com - [email protected] Eventi “Sposa per una sera”... cronaca di un successo a pagina 4 Storie di ieri La gazzosa Cesari, storia di un mito budriese... a pagina 6 Punti di vista Quando il Servizio Sanitario funziona!!! a pagina 9 Sul territorio Se l’emergenza chiama, il volontariato risponde a pagina 10 Le nostre iniziative Un ricco programma post vacanziero a pagina 11 L’EDITORIALE www.senzaconfinitaly.it senza confini budrio

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Ecosì la montagna ha partorito il topolinoo, per dirla con W. Shakespeare, “MuchAdo About Nothing” (Molto rumore per

nulla). Per la verità anch’io nutrivo qualchedubbio – e qualcuno mi è rimasto – particolar-mente sotto l’aspetto metodologico, sulle ipo-tesi di razionalizzazione della sanità a livellodella provincia di Bologna, peraltro mai espli-citate con chiarezza e sempre tanto generica-mente, quanto impropriamente (lo riscontria-mo oggi) riportate dalla stampa locale.Per chi, come il sottoscritto, ha vissuto neglianni ’80, sia come operatore, sia come ammi-nistratore, il lungo e a volte drammatico con-tenzioso sulla chiusura degli ospedali diMedicina e Molinella e sull’applicazione delprimo piano sanitario regionale, il risorgere disopiti campanilismi o, ancor peggio, di possi-bili strumentalizzazioni politiche, aveva creatouna certa preoccupazione non tanto per unapossibile contrazione di posti letto ospedalieri,peraltro in sovrannumero, quanto per un’even-tuale dequalificazione dei servizi sanitari ter-ritoriali, a fronte dei cospicui investimenti rea-lizzati in questi ultimi anni.L’incontro con i vertici della sanità bolognese,anche in assenza dell’assessore regionaleLusenti (a proposito, quanta volgarità nel ter-mine “vergogna” con il quale alcuni maleduca-ti hanno sottolineato la sua assenza, dovuta agravi motivi familiari) ha però consentito diavere un quadro abbastanza chiaro e motivatodi ciò che comporta la prevista riorganizzazio-ne dei servizi ospedalieri e territoriali nellanostra realtà.Proprio per questo, a fronte di un’illustrazionemolto particolareggiata di quello che dovrebbeaccadere alla sanità locale e provinciale neiprossimi mesi, mi chiedo che senso abbiano le

contestazioni da parte di alcuni cittadini, aiquali non sembrano ben chiari gli obiettivi dicontenimento della spesa e di contestualevalorizzazione e riorganizzazione dei servizi.Le critiche rivolte al Sindaco partono da unpresupposto rivelatosi, al momento, inesisten-te, vale a dire la possibile chiusura dell’attivitàchirurgica nel nostro ospedale. Ridimensionare i posti letto in sovrannumero eavvalersi di un’èquipe dell’Ospedale S. Orsolanon significa affatto dequalificare, quantopiuttosto garantire una piena funzionalità eoccupazione della struttura, che dovrebbe por-tare una razionalizzazione della spesa sanita-ria, a fronte dei tagli che da qualche anno iGoverni hanno imposto e sui quali nessuno,

durante l’Assemblea, ha ritenuto di dover porrel’accento. Scontrarsi su questi temi (chirurgia sì, chirur-gia no a Budrio) significa non aver compreso iprofondi cambiamenti in divenire nel campodella sanità, dove i modelli organizzativi deiservizi territoriali, i movimenti demografici el’invecchiamento della popolazione, il sistemadi prevenzione, i progressi della medicina stan-no richiedendo un approccio diverso, moderno,sperimentale se vogliamo, alla malattia e alpaziente che, mai come oggi, deve essere alcentro del trattamento sanitario.Mi chiedo: come può non convincere la pro-

spettiva di avere un Pronto Soccorso organiz-zato ed efficiente, dotato di unità di degenzabreve che possa consentire un esame e un trat-tamento più appropriato al paziente? Un pron-to soccorso dove ci sono ancora troppi codicibianchi, che dovrà diventare il centro motoredell’attività ospedaliera.Come si può non condividere, almeno riguardoagli obiettivi – salvo una necessaria verifica incorso d’opera – l’attivazione della Casa dellaSalute che è già stata sperimentata, pare consuccesso, in altre realtà territoriali limitrofe enella quale dovranno avere un ruolo fonda-mentale infermieri, specialisti e medici dibase?Certamente si tratta di innovazioni cheandranno valutate nel tempo, modulate secon-do le necessità territoriali. A Budrio pochi conoscono in concreto cosa siaquesta Casa della Salute. Bene, una ragione dipiù per cercare di valutarne gli obiettivi, dimisurarne i risultati, di verificarne il valoreaggiunto in termini di prevenzione, riabilita-zione, prestazioni specialistiche e supportoalla struttura ospedaliera.Questo dovrebbe essere l’atteggiamento corret-to e non aprioristicamente prevenuto versoquesta nuova struttura che qualche cittadinospiritoso ha già preconizzato come “casa chiu-sa”, alter ego della casa del popolo e della casadel fascio.Abbandoniamo perciò le contrapposizioni par-titiche e lavoriamo tutti assieme per migliora-re la sanità nel nostro territorio, senza precon-cetti, senza atteggiamenti radicali e di insoffe-renza. La salute è un bene comune che non hacolori politici anche se mi pare saggio vigilareaffinchè le promesse siano mantenute, i pro-grammi realizzati, le risorse impiegate almeglio. Molti giudicheranno queste considerazionipaternalistiche e inutili, ma almeno hanno ilpregio di essere scevre di qualsiasi finalitàpolemica e nascosta che non sia l’interessedella comunità, il bene comune, la salute deicittadini.

Sanità a Budrio:tanto rumore per nullaDI RENZO BONOLI

SENZA CONFINI

NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI PROMOZIONE SOCIALE SENZA CONFINI

Anno VII - N°2-2013 - Registrazione presso il Tribunale di Bologna - n° 7658 del 18/04/06- Tiratura: 1500 copie stampate su carta riciclataDir., Red. e Amm. sede Via Saffi, 54 - Budrio (BO) - Dir. Resp. Maurizia Martelli - Comitato di red.: Renzo Bonoli, Maria Marzia Lodi, Guido Montebugnoli, Pietro Di BartoloPer la Vs. pubblicità contattate Renzo Bonoli. Tel. 338 3904582 - www.senzaconfinitaly.com - [email protected]

Eventi

“Sposa per unasera”... cronaca di unsuccesso

a pagina 4

Storie di ieri

La gazzosa Cesari,storia di un mitobudriese...

a pagina 6

Punti di vista

Quando il ServizioSanitario funziona!!!

a pagina 9

Sul territorio

Se l’emergenza chiama, il volontariatorisponde

a pagina 10

Le nostre iniziative

Un ricco programmapost vacanziero

a pagina 11

L ’ E D I T O R I A L E

www.senzaconfinitaly.it senza confini budrio

B U D R I O I E R I

Sono sempre meno le persone che ci aiuta-no a ricordare “come eravamo” e che sonoin grado, malgrado la loro età avanzata, di

raccontarci aneddoti, modi di dire, personaggidi un tempo ormai lontano. Una di queste per-sone è la maestra Gioconda Canè Felicori, allaquale ci siamo rivolti sovente per avere notiziedel passato e alla quale indirizziamo i nostripiù fervidi auguri di una pronta guarigione perun incidente che l’ha costretta ad una degenzain ospedale.Alla signora Gioconda abbiamo chiesto di rac-contarci alcune testimonianze, usanze edespressioni che costituiscono l’essenza dellenostre radici e della nostra cultura popolare.

Frequentando saltuariamente l’ex trattoriadel Cannone per i nostri incontri periodici,ci siamo chiesti da cosa derivi questo nome.Ce lo può spiegare lei, signora?Mio nonno Raffaele Canè, classe 1855, comemolti ai suoi tempi, aveva una famiglia nume-rosa: due maschi e sei femmine. Li mandò tuttia scuola perchè aveva capito quanto fosseimportante, essendo lui analfabeta e nonessendoci a quel tempo una scuola pubblica.Poi, siccome bisognava anche indirizzarli allavoro, mandò i due maschi “a bottega” comeapprendisti meccanici. Per le ragazze era più difficile e allora decise diaprire una trattoria per tenerle occupate.Senonché, per ottenere la licenza occorrevadepositare in Questura un nome per la trattoriae lui ebbe un’intuizione, ispirandosi aFilopanti. L’ora canonica per il pranzo era il mezzogiorno,che veniva annunciato a tutti dal suono dellecampane. Capitava però che i tanti campanaridi Bologna non fossero mai d’accordo sull’oraesatta e la cosa non era gradita al prof.Filopanti il quale fece installare sul colledell’Osservanza un cannone che ogni giorno,

alle 12 in punto, sparavaun colpo a salve, cosìtutti i cittadini erano ingrado di conoscere l’oraesatta. A quel tempo irumori non erano cosìforti e così il rimbombodel cannone si sentivaanche a Budrio.Fu così che mio nonnodiede il nome alla tratto-ria dove lavoravano lefiglie e dove entrò anchemia madre, che più tardidiventò anche titolare,per aver sposato il figliopiù giovane di nonnoRaffaele.

Sig.ra Gioconda, sembrache suo nonno fosse unapersona molto previdente e soprattuttomolto attenta al progresso e alle necessitàche il mondo andava proponendo. Non ha qualche suo aneddoto che ci aiuti adinquadrarne la personalità?Ricordo con quale scetticismo accolse l’avventodella radio. Prima però mi piace rammentarecome venne accolta nelle famiglie in genere lacomparsa dei primi apparecchi radio o, permeglio dire, dell’aradio, perchè così si scrivevae si pronunciava negli anni ’30.La gente non capiva come un nome con desi-nenza “o” fosse di genere femminile e per que-sto motivo quell’apparecchio era per i menoacculturati l’aradio e non la radio. Possedereun’aradio in quegli anni era prestigioso e, comeavvenne più tardi per la televisione, anche allo-ra le famiglie si riunivano tra loro per ascolta-re le trasmissioni: commedie, opere liriche,notiziari, romanzi a puntate come “I tremoschettieri”, la Santa Messa e i concerti dellaMartini e Rossi. Per quanto riguarda mio nonno, ormai vecchio,ricordo che si sedeva davanti a quella stranascatola, ascoltava e di tanto in tanto andavadietro la radio per ispezionarla e per cercare dicapire da dove uscivano quelle voci e queisuoni e come facessero ad arrivare da Torinofino in casa nostra. Poi si allontanava scuoten-do la testa e manifestando la sua insoddisfazio-ne e la sua incredulità.

Un personaggio davvero divertente e singo-lare suo nonno, come ce n’erano tanti a queitempi. Ne ricorda altri?Ce ne sono davvero tanti. Me ne ricordo uno, ilsig. Alfredo Manferrari. Chi non lo conoscevaavrebbe potuto chiedere, come il Don Abbondiomanzoniano, “Chi era costui”, ma bastavarispondere “Al Dado” per rendersi conto che eraun personaggio familiare.Era un barrocciaio di Riccardina, sempre in girocon il suo barroccio per effettuare trasporti dimerce. Ritto in piedi sul suo mezzo, redini inmano, guidava con rara maestria i suoi cavalli..Portava al collo il “parpignòn” che facevaschioccare all’occorrenza e di fianco teneva ungrande ombrello di tela cerata verde, da usarequando pioveva.Quando aveva il carro vuoto e incontrava deibambini che lo salutavano, si fermava, li face-va salire per un giretto, con grande gioia deipiccoli passeggeri. Un lavoro molto faticoso era quello di scenderenell’Idice per risalire con il barroccio carico disabbia o di ghiaia. Se durante un viaggio lungogli capitava di appisolarsi, i suoi cavalli prose-guivano fino alla méta poiché i percorsi eranosempre gli stessi e loro li conoscevano a mena-dito.

Grazie, signora Gioconda. La prossima voltaci racconterà altre storie e altri personaggi.

Come eravamo...Intervista a Gioconda Canè

La via Gramsci di un tempo. Sotto il portico la Farmacia Gnudi e più avanti laTrattoria del Cannone.

Andare contro corrente mi diverte, manon si tratta di un atteggiamento dicompiacente civetteria, come può sem-

brare, bensì del frutto di considerazioni obiet-tive, giuste o errate che siano, che trovano laloro ragion d’essere nell’ odierna realtà.Viviamo il tempo dell’immagine, della rete, diTwitter, con tutti i neologismi che ne derivano.Le più moderne tecnologie mediatiche – tablet,computer, smartphone – ci sottopongono quo-tidianamente ad un bombardamento di imma-gini, di messaggi, di “social community” cherasenta l’epidemia. Prendiamo, ad esempio, leimmagini: l’inquinamento visuale è il risultatodi un’iperproduzione, di un surplus iconografi-co (si parla di oltre un miliardo di fotografierealizzate ogni giorno) che rischia di seppellir-ci molto di più di quelle cartacee che in tempinon troppo lontani ingombravano i cassetti, gliscaffali, le scatole da scarpe delle nostre case.Oggi queste immagini sono smaterializzate econtenute negli “hard disk”, nei “server deigrandi social network” e costituiscono unasorta di delirio, drogato dall’imperante consu-mismo, che ci sovraccarica di milioni di imma-gini, che non potremo mai consumare comple-tamente, già esistenti, replicate innumerevoli

volte, come se si trattasse di una moltiplicazio-ne della realtà.Poi ci sono i 140 caratteri futili di Twitter(come vedete lo tratto con la lettera maiusco-la). Pensare che con questi ultra sintetici mes-saggi si possa influenzare l’elezione di un Capodi Stato o formare una corrente di pensiero allostesso modo di una compravendita di ortaggi è,a dir poco, “disumano”.Socializzare stati d’animo, emozioni, giudizicontenuti in poche parole, mi sembra un eser-

cizio vano e insopportabile che può sfociare inun protagonismo inutile ed effimero. A chi possono interessare frasi mutilate, cita-zioni incomplete, scampoli di ragionamento?Ho l’impressione che si tratti in gran parte divoyerismo, chiacchiericcio, di una “moda” cheha però contagiato milioni di “navigatori”.Dov’è finito il contatto umano, umorale, fisico,senza mediazioni che allietava le nostre con-versazioni, i nostri ritrovi, i nostri appunta-menti? La stessa cosa può dirsi della piazzatelematica di Facebook, alla quale peraltroanche io stesso non ho saputo resistere, anchese la utilizzo a piccolissime dosi: una super e-

mail, una super chat, dotata di un elencotelefonico globale, dove possono convivereinformazione, intrattenimento, comunicazione,immagini e musica.La richiesta di amicizia da parte di un amicoche incontri ogni giorno, quando vuoi, la ricer-ca di un’amica che hai conosciuto 20 anni fa epoi hai perso di vista, l’invito ad un party, lasocializzazione di anatemi contro Berlusconi,contro la Juventus o gli immigrati stranieri, lapropagazione degli amori di attori o artisti o disemplici conoscenti: questi sono in genere icontenuti di questo favoloso Circo Barnumdella comunicazione. “Venghino, venghinosignori…più gente entra, più bestie si vedono!!Oggi non si parla d’altro che di questo “termo-metro sociale” che ormai, assieme a Twitter, èdivenuto il trampolino di lancio di politici, dipersonaggi più o meno noti, di Capi di Stato eperfino della CEI e del Pontefice.Da un lato siamo preoccupati di essere spiati edall’altro non esitiamo a mettere in piazzaimmagini, pensieri, la nostra vita privata, contanti saluti alla tanto sbandierata “privacy”,perché tutto quello che offriamo ai visitatori diFacebook può essere usato e manipolato conpochi comandi senza dover essere per forza un“hacker”. Far parte della comunità di Facebook è sinoni-mo di libertà, di partecipazione e se non ci sei,vieni considerato retrogrado, vecchio, out o,per dirla con Celentano, slow. Gli inviti a far parte di gruppi o movimenti,contro o a favore di qualcosa, o di qualcunosono insignificanti di fronte alla complessità dicerti problemi. Se si vuole contare veramente occorre schiodar-si dalla sedia e andare in piazza: allora sì che ilconfronto sarà produttivo e concreto.

B U D R I O O G G I

L’inciviltà dellacomunicazionee delle immaginiDI RENZO BONOLI

DI BOnDI FABRIZIO

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Ho aperto il vecchio bauleimpolverato, ho estratto labusta per abiti che da anni

nessuno toccava e lentamente hofatto scorrere la cerniera lampo peraprirla. Improvvisamente i mieimovimenti hanno subito una forte accelera-zione, avevo fretta, fretta di rivederlo e nel-l'aprirlo, automaticamente, l'ho appoggiatosu di me, cercando di far combaciare le miespalle con le sue.– Cavoli, quant'ero magra! – è stato il mioprimo pensiero al quale ho trovato immedia-tamente una gratificazione per non ferirel'Ego sconsiderato che nel confronto tra pas-sato e presente rischiava di uscire irrimedia-bilmente sconfitto: – Beh, sono trascorsi 32 anni, i chili in piùsono la metà del tempo passato, poteva anda-re peggio…”–Il problema più difficile da risolvere era, aquel punto, un altro: convincere Lei ad indos-sarlo e a diventare una delle protagoniste diSPOSA PER UNA SERA.La mia "Lei " ha reagito come da copione: dalprevedibile "ma non pensarci nemmeno!",passando attraverso un rassegnato "e fammivedere sto vestito...", fino al “sì” finale che siè concluso con l’emozionante sfilata "Dallemamme alle figlie”. Le ragazze hanno sfilato con la grazia e lanaturalezza delle professioniste e gli abiti dasposa, ormai catalogabili come vintage, incre-dibilmente sembrava fossero stati cuciti loro addosso. Una dopo l'altra, Giaele, Sofia, Michela, Irene,Gioia, Chiara, Alice, Greta e Irene "Lei", radio-se e per nulla emozionate, hanno sfilatoaccompagnate dall'ospite d'onore, quel Marco

Orsi campione di sport ma soprattutto disimpatia e disponibilità e dal suo amicoDavid, altro esempio di bella e sana gio-ventù.� L'idea di creare un evento legatoal tema del matrimonio è nata per caso,come succede sempre quando io e Mauri(Martelli) procediamo di fantasia e

senza fatica, ma con entusiasmo da ven-dere, scopriamo che insieme siamo davveroinarrestabili. Qualche mese di lavoro intenso ma piacevole,è stato sufficiente per realizzare quello che lasera del 28 giugno in tanti hanno definito"una serata perfetta".�Il colpo d'occhio eranotevole. L'auto d'epoca, che gentilmente ciaveva messo a disposizione il Sig. Alberoni,posizionata ai piedi della scalinata d'accessoal Ristorante " Il Giardino", lasciava intende-

re che si trattava di un matrimonio di tuttorispetto.La location era perfetta per rendere l'eventomemorabile. Le mani esperte e l'arte di Natalina e Fulvia,hanno raccontato attraverso bellissime com-posizioni floreali, la storia intima di ognimatrimonio. Anche Elena, di Baloon Art, coni suoi palloncini decorativi, ha saputo inter-pretare le emozioni comuni e il bravissimomusicista, Claudio Castellari, ha creatoatmosfere lievi e di sottofondo.�Le aziende espositrici hanno allestito glispazi a disposizione con maestria e professio-nalità. �Stefano Zarri, dell'omonimo CentroProfumi, ha voluto dedicare il suo spazio aigenitori, fondatori dell'azienda che oggi diri-ge con il fratello. Ha raccontato, attraversoprodotti esclusivi e di gran classe, la storiadella sua attività, dalle origini a noi.�I giovani e intraprendenti titolaridell'Agenzia Viaggi "Terre di Pianura” cihanno accompagnato, attraverso immaginisuggestive, nel nostro viaggio di nozze dasogno.� Comet, nome che è una garanzia perle liste nozze e non solo, ha esposto prodottidi pregio, espressione di qualità e di grandeimpatto visivo. �Il Caffè Filopanti ha conclu-so “dolcemente” la serata offrendo ai 160intervenuti un’attesissima e gustosa torta

“Sposa per unasera”… cronacadi un successo

DI FAUSTA LAMBERTINI

Un momento della cena presso il ristorante “Il Giardino”, nel corso serata (foto Angelo Mazzoncini).

E V E N T I

nuziale e ha esposto suggestivamente i pro-dotti legati al tema. �L’abbigliamento da ceri-monia di Tiffany ha trovato la sua giusta col-locazione nella sfilata che le 4 modelle pro-fessioniste hanno condotto con sicurezza egrazia e che ha visto il suo momento clou congli abiti dell'atelier "Le spose diAnnalisa".�Tutto ciò è stato immortalatodagli scatti del fotografo AngeloMazzoncini, professionista sulla scena deimatrimoni da più di vent'anni e occhio atten-to a cogliere i particolari esaltandone forme ecolori, rendendoli protagonisti della scena.�Un grande lavoro l'ha svolto quella che pertutti è ormai "la Stefy". Ha pettinato, cotona-to e ancora pettinato tutte le ragazze, sempresorridente, calma e disponibile, ha creatoacconciature magnifiche e ad ogni uscitadiverse... Insieme al fratello Mauro è la tito-lare di Hairmania Solaris, da anni a disposi-zione della affezionata clientela nella curadella persona. �Hanno collaborato anche

Flora 2000 Group che ha realizzato dei cen-tro tavola particolari e di grande effetto eSaverio abbigliamento, al quale va il nostroringraziamento per la disponibilità. �E chedire del conduttore? È un amico e non aveva-mo dubbi. Emanuele Righi, professionista,da anni sulla breccia, ha saputo conquistaretutti i presenti con la sua personale ironia esimpatia. �Il ristorante “Il Giardino” è erimane il posto giusto, quello dove ogni even-to acquisisce la giusta importanza, quello cheappartiene ai ricordi di tutti, il luogo dellamemoria, che ha saputo rinnovarsi mante-nendo intatta l'atmosfera magica e irripetibi-le delle sue ampie sale da pranzo, quello dovemangiare bene è una certezza e la professio-nalità e la cortesia completano un quadrod'autore.SPOSA PER UNA SERA diventerà un appun-tamento annuale, e siccome la vita è piena difrattempi, stiamo già pensando al prossimoevento…

Stefania di Hairmania, parrucchiera ufficiale della sera-ta, tra il nuotatore Marco Orsi e l’amico David.

E V E N T I

Lo scorso 19 maggio si è svolta presso lapiazza 8 Marzo delle Creti la “Festa diMaggio” organizzata dalle associazioni

Rossomagenta e Senza Confini. La manifesta-zione non ha “goduto” di agenti atmosfericiparticolarmente favorevoli (per dirla con uneufemismo).Il vento a tratti violentissimo non ha permes-so lo svolgimento dei laboratori di pittura eceramica previsti e l’esposizione dei quadri:tutte le altre manifestazioni sono state quan-tomeno disturbate, in particolare i burattini,le cui strutture hanno purtroppo anche subi-to danni.Pur con tutto ciò vi è stata ampia partecipa-zione di pubblico che ha gradito la variegata

e qualificata presenza di vari vivaisti localicon esposizione di magnifiche rose antiche,esotiche piante grasse e succulente, vivacipiante da fiore, arbusti ed ulivi.Apprezzata anche la presenza di vari banchicon prodotti della natura per la cura delcorpo e non.

Vivo interesse per la mostra fotografica ric-chissima di valori tecnici e spunti visivi asso-lutamente insoliti ed intriganti. Grande successo hanno riscosso le esibizionistrumentali e canore di Fabio Galliani e dellasua Ocarinomania, per non parlare delle coin-volgenti performance dei gruppi di ballosplendidamente coordinati dai rappresentantidello “Studio del Movimento”.

La riuscita della manifestazione, pur con ledisavventure climatiche subite, conferma labontà della formula che nelle occasioni avenire potrà essere ampiamente migliorata edarricchita (già vi sono idee in cantiere).Colgo l’occasione per ringraziare: i commer-cianti della zona Creti che hanno contribuitomaterialmente e con il loro entusiasmo, tuttele associazioni partecipanti a vario titolo e, indefinitiva, tutti coloro che hanno assicuratoil successo con la loro opera, magari dietro lequinte, e presenza.Per terminare esorto tutti i lettori a contri-buire con critiche (per favore poche), idee esuggerimenti per aiutarci a migliorare la qua-lità delle prossime manifestazioni.

Vento in poppa allaFesta di maggio

DI GIUSEPPE SAVOIA

ASSOCIAZIONE “ROSSOMAGENTA”

S T O R I E D I I E R I

DI MAURIZIA MARTELLI

Vinicio Cesari, figlio del fondatore Angelo, ci regala una bella pagina di storia locale.

Il gassosaio era una delle professioni piùfrequenti all’inizio del Novecento, perchéla gassosa, o “gazzosa”, era una delle

poche bibite esistenti, a parte l’aranciata e,molto più tardi, il chinotto e alcune altre. Sitrattava di un lavoro forse un po’ più “effer-vescente”, ma non meno impegnativo e fati-coso di tanti altri. Angelo Cesari, budriese,classe 1891, scelse questa attività, anzichéun’altra, in modo del tutto casuale, comequasi sempre accade quando il mestiere nonlo si eredita dalla famiglia. Chiamato alla levanel 1911 nella guerra di Libia, fu poi arruola-to nella prima guerra mondiale. Ritornato aBudrio nel 1919, poco dopo si sposò e conl’indispensabile complicità e collaborazionedella moglie Venusta prese in gestione l’oste-ria della “Palazzina”. Allora le osterie, con osenza servizio di cucina, erano tante, e si puòdire che ogni strada ne contasse almeno una;inoltre, salvo alcune eccezioni, non avevanonomi di fantasia come oggi, ma erano luoghidella loro identità, e quindi a volte portavanoil nome o il cognome del proprietario o tutt’alpiù del luogo in cui erano collocate. Con l’o-steria si viveva dignitosamente, ma nel DNAdi Angelo e di una delle sue tre sorelle,Attilia, era custodito il gene dell'imprendito-rialità. Fu così che proprio ad Attilia, che perlavoro si era trasferita a San Giovanni inPersiceto, dove – guarda caso – c’era un gas-sosaio, venne in mente di convincere Angeload andare proprio lì ad apprendere l’arte delmestiere… Così egli seguì l’incitamento dellasorella e, pochi anni dopo, esattamente nel

1923, con la moglie sempre a fianco, aprì lasua “Fabbrica Acque gassose e Seltz” aBudrio, nella via del Macello Vecchio, l’attua-le via Donati. Con la denominazione ‘acquegassose’, allora si intendevano, oltre all’acquaminerale, le bevande che contenevano anidri-de carbonica. Angelo inizialmente vendevasolo gazzosa e bottiglie di seltz in cristallocolorato, con la scritta Cesari incisa artigia-nalmente con acido fluoridrico; poi, daglianni ’30, come tutti i gassosai, cominciò avendere altre bibite acquistando gli sciroppidai Ballandi di Baricella, progenitori del noto

produttore televisivo, Bibi. Più che di una vera e propria fabbrica, l’a-zienda di Cesari era un piccolo laboratoriodotato di un saturatore, cioè una macchinaper produrre acqua gassata, due imbottiglia-trici, una per il seltz e una per la gazzosa eun gasometro per abbassare la pressionedelle bombole; la denominazione fu loroimposta dal registro delle imprese per viadella produzione meccanizzata dell’attività,tipica del sistema di fabbrica, anche se itempi di lavoro continuavano ad essereregolati dall'uomo. La fabbrica Cesari entròquindi nel registro dell’industria e solo nel

’60, col cambiare della normativa, passò all’al-bo delle imprese artigiane. Fare gli imprenditori, allora, era difficilequanto e più di oggi: erano necessari, perl’appunto, una certa inclinazione e spirito diiniziativa, un bel po’ di soldi da parte, che ingenere si chiedevano in prestito a qualcuno difiducia della famiglia per comprare il minimoindispensabile di attrezzatura; inoltre servi-vano coraggio, voglia di lavorare e, come intutte le cose, un po’ di fortuna. Il successo non fu affatto scontato – di gas-sosai a quel tempo, e fino agli anni ’30, soloa Bologna ne aprirono una quindicina e benuna trentina in tutta la provincia – maAngelo Cesari fu guidato da una passionevera, genuina, che gli diede la forza di attra-versare la terribile crisi del ’29. La stessagenuinità che mise nella ricetta, tanto sem-plice quanto ricca di accorgimenti ancoragelosamente conservati dagli eredi che laresero negli anni così apprezzata e tuttorainossidabile nella memoria dei budriesi.

Gli ingredienti, pochi ma buoniAcqua, zucchero, acido tartarico e arominaturali. “Pochi, semplici, ma di qualità” –come racconta Vinicio Cesari, figlio di Angelo.Lo zucchero era prodotto dagli zuccherificidella zona – oggi hanno quasi tutti chiuso ibattenti – quello “in balùt” (cioè in graniirregolari), che a Budrio si acquistava intabaccheria dalla Lavrina. Quanto agli arominaturali, essi consistevano nell’essenza dilimone: qui Vinicio Cesari apre una lungaparentesi… L’offerta era molto ampia, si andava dalle duealle 36mila lire il litro e Angelo puntò sullaqualità. Cominciò a girare alla ricerca di for-nitori e giunse a Milano per comprare le

La gazzosa Cesari,storia di un mitobudriese...

Angelo Cesari, alle prese con il gasatore per riempire lebottiglie di seltz.

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MZ ASPIRATORI Via Certani, 7 - Budrio (BO)

essenze migliori e più raffinate, che avevanoil pregio di durare almeno 15 mesi. Lo stessofarà in un secondo tempo Vinicio facendosirifornire di campioni dai rappresentanti etestandone la durata nel tempo.

La magia della bottiglia con la pallinaLa prima produzione fu nella tipica “bottigliacon la pallina”, un brevetto inglese di fineOttocento molto ingegnoso che sfruttava unabiglia di vetro per sigillare ermeticamente labibita, dopo averla imbottigliata con una par-ticolare macchina, ancora oggi conservata daVinicio Cesari. La “gassosa con la pallina”dalle nostre parti si chiamava rigorosamente“gazzosa”, con la doppia zeta. Il motivo pro-babilmente risale alla scritta “gaz” che reca-vano le bottigliette della ditta inglese fabbri-cante, e forse la “gazzosa” risentì di quell’an-glismo. La bottiglia con la pallina spopolò intutta Italia. In azienda la produzione giorna-liera era di circa 400 bottiglie suddivise indue cicli, che si riponevano su un tavolo e siriempivano con mestolino e imbuto con circa50 cc di sciroppo e 130 cc di acqua gassata.Poi, ad una ad una, si posizionavano nell’im-bottigliatrice che, prima di concludere il suociclo, le capovolgeva a testa in giù iniettandoil gas alla pressione di sei atmosfere – unabomba se fosse scoppiata! Poi, una voltariempita, la pallina di vetro in essa contenu-ta, come per magia, – in realtà per effettodella forza di gravità – cadeva verso il bassofinendo a contatto con la guarnizione collo-cata nel collo della bottiglia e restava schiac-ciata verso l’alto dalla stessa pressione ancheuna volta raddrizzata la bottiglia.Per aprirla poi era sufficiente esercitare unaleggera pressione con il dito facendo fuoriu-scire un po’ di gas e così la pallina scendevaper essere bloccata – altro ingegnoso partico-lare – da due scanalature nel vetro su un sololato della bottiglia, consentendo l’impareg-giabile e liberatoria bevuta “a collo”. Era la bibita degli adulti perché rappresenta-va l’effimero con lo spettacolo delle bollicine,ed era anche la bibita dei piccoli, che avreb-bero voluto rompere le bottiglie per recupera-re la biglia all’interno e giocarci, ma c’era il“vuoto a rendere” con cui i gassosai riusciva-no a garantire una efficiente rotazione aibaristi. Per la distribuzione, Angelo acquistòuna nuova Fiat 501 per servire i bar di Budrioe frazioni, mentre i privati acquistavano

direttamente in fabbrica. Ma inizialmente ilgiro d’affari non fu tale da giustificare uninvestimento così copioso, e di lì a poco la501 fu venduta e sostituita con un più mode-sto triciclo a pedali.I riconoscimenti non si fecero attendere e,nel ’26, Cesari partecipando ad una fierainternazionale a Fiume, si aggiudicò il diplo-ma “medaglia d’oro della citta di Fiume” suc-cessivamente riconfermata, a “titolo reclami-stico”, con l’iscrizione al “Libro d’orod’Italia”, autorevole periodico “pro industria,commercio, arte e scienza d’Italia”. Di lì in poi fu un crescendo…

Nel dopoguerra cominciò il tempo del mistodi birra e gazzosa, che i francesi indicavanocol termine “panaché”, mentre a Budrio sichiamava “manubrio” (forse perché il pana-ché, in ippica, è quando il cavallo si capovol-ge e per estensione si dice anche del ciclistache fa un capitombolo al di sopra del manu-brio). Era divenuta una bibita alla moda, per-ché il dolce della gazzosa stemperava l’amaro-gnolo della birra ed era molto apprezzata daibudriesi di entrambi i sessi, che spesso la pre-ferivano alla gazzosa liscia.Nel ’36 (con proroga fino al ’39), l’originalebottiglia fu messa al bando. Ufficialmente permotivi di igiene: la polvere che si accumulavasulla parte esterna della pallina cadeva conessa nella gassosa, un po' come capita oggicon le attuali lattine per bibite. In realtà vierano anche motivazioni di funzionalità: lebottiglie con la pallina erano troppo arzigo-golate per essere lavate con efficienza dallenuove macchine pulitrici industriali e richie-devano una pulizia manuale con appositospazzolino, il solo in grado di raggiungereogni anfratto. Così la vecchia bottiglia andò in soffitta e fusoppiantata da un nuovo prototipo sempre invetro molto spesso e di forma standardizzata,

La medaglia d’oro confermativa rilasciata alla Ditta Cesari Angelo dalll’Albo d’Oro d’Italia, autorevole periodico deltempo.

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sigillata con gli attuali tappi a corona.

Il successo degli anni ‘50Vinicio, ormai ventiquattrenne, aiutava inazienda già da diversi anni e nel ’56, suben-trò alla sorella Licia che, dopo il matrimonio,andò a vivere a Rimini, affiancando così ilpadre che accusava già problemi di età e disalute, insieme alla sorella maggiore Rina.Vinicio e Rina, giovani ragazzi di belle spe-ranze, portarono all’azienda una ventata dimodernità e ad un amico budriese che avevafrequentato il liceo artistico, tale TommasoColzani, chiesero di ideare il marchio, che poiaccompagnerà l’azienda fino alla chiusura. Ilmarchio, inizialmente, fu stampato in seri-grafia di colore giallo su nuove bottiglie divetro, di stile lineare e nordico a doppiocono, secondo la moda del design del momen-to; in seguito, dato che la serigrafia, con ilavaggi sbiadiva, si decise di stamparlo inrilievo, che era anche più economico. Furonoprodotte in un milione di pezzi e venneroacquistate nuove macchine imbottigliatrici.Si trattò di un bell’investimento perché le

bottiglie erano costose, in quanto produceva-no molto scarto. Inoltre, si decise di mante-nere invariata la ricetta della gazzosa e cosìla bibita, un po’ più cara rispetto ai marchiconcorrenti, da prodotto povero quale eraconsiderato, divenne la gazzosa dei ricchi econquistò via via i bar più frequentati diBologna: Zanarini, Canasta, Viscardi e i cine-ma del centro, oltre naturalmente ai bar diBudrio e a quelli delle frazioni per mezzo diLeopoldo Poggi, rivenditore e distributore diacque minerali e bibite.

Nel ’65, col vento in poppa, l’azienda si tra-sferì da via Donati a via Don Sturzo, e di lì apochi anni arrivò il “vuoto a perdere”. Fu cosìche i Cesari procedettero al ritiro delle vec-chie bottiglie fino ad esaurimento scorte emisero in produzione l’ultimo prototipo dibottiglietta da 200 cc, che le ultime genera-zioni di budriesi ancora ricordano, questavolta rivestita di un’elegante etichetta sullaquale il marchio venne stampato in giallo sufondo nero.La gazzosa si continuò a vendere bene anchenegli anni ’80, ma i tempi stavano lentamen-te cambiando. Le macchine erano semprequelle del ’56: ogni tanto si rompevano e perripararle si ricorreva agli amici; tra questi,qualche tornitore e meccanico che con un’ag-giustatina garantiva l’immutabilità nel tempodella mitica gazzosa. Ma il tempo trascorreva e il mercato stavamutando le regole del gioco. In azienda i conti furono presto fatti. I pro-fitti bastavano a malapena per il manteni-mento familiare e si calcolò che per produrre1000 bottiglie l’ora occorresse un organico diotto persone, contro le quattro all’attivo,mentre con le stesse otto persone le grandicatene industriali raggiungevano le sessantamila bottiglie l’ora. Si trattava di deciderecosa fare e cioè se impegnare qualche miliar-do per rinnovare gli impianti e proseguire oportare avanti l’azienda fino al raggiungimen-to del pensionamento di Vinicio, per poi chiu-dere. Andrea, l’ultimo erede dei Cesari, figliodi Vinicio, si era laureato in fisica e poi avevaintrapreso un lavoro che, con soddisfazioneper i buoni risultati, lo aveva portato in giroper i cinque continenti allontanandolo dall’a-zienda di famiglia.Questa ed altre ragioni – non ultima la con-

vinzione di Vinicio che il livello qualitativofosse ormai un’esigenza richiesta da un sem-pre minor numero di clienti sedotti dalla glo-balizzazione – portarono, nel 1997, alla chiu-sura dell’azienda, come accadde a tante altreimprese italiane, e all’epilogo di una lunga eaffascinante pagina di storia locale.

La bottiglia di seltz in cristallo colorato.

La bottiglia con la pallina e il penulatimo prototipo,prima della bottiglietta da 200 cc con etichetta.

Gazzose intatte dopo sette anni

Vinicio Cesari racconta un curioso aneddoto,che risale ai tempi in cui le famiglie conta-dine, per tenere al fresco le bottiglie di gaz-zosa, utilizzavano il pozzo, dove si conser-vavano a quindici-sedici gradi. Avvenne che una nuova famiglia subentrò alpodere dei vecchi contadini e, a distanza disette anni, ritrovò nel pozzo alcune botti-glie di gazzosa con la pallina. La sorpresa fu constatare che, dopo tuttoquel tempo, la gazzosa era del tutto inalte-rata e gassata come appena imbottigliata.

Ristorante

il GiardinoBudrio

Cucina classica bolognese

Convention e matrimoni

La tradizione si rinnova

Quante volte abbiamo criticato il ServizioSanitario nazionale? Per le inutili atteseal CUP, per il lungo intervallo di tempo,

in cui dovevamo aspettare per l’esecuzionedegli esami richiesti, per la freddezza o persinola maleducazione del personale... ma stavoltaNO, stavolta il Servizio Sanitario ha funziona-to, e anche bene.La mia esperienza risale alla prima domenica dimarzo, un giorno di festa come tanti, la tavolaapparecchiata per il pranzo... quando squilla iltelefono: è mia cognata, Gioconda, che è cadu-ta e non riesce a rialzarsi. La presa di coscienza della gravità della situa-zione è immediata: Gioconda ha più dinovant’anni, sicuramente il femore si è rotto,fino ad ora è vissuta da sola nella più totaleautonomia… e da adesso in poi? Trascorremmoil pomeriggio al Pronto Soccorso, poi iniziò ilpercorso ospedaliero. Gioconda fu operatapochi giorni dopo e dimessa dall’ospedale diBentivoglio con rapidità: la aspettava un primoperiodo di riabilitazione a Villa Erbosa. E proprio da quel momento si attivò il serviziodi assistenza domiciliare, che ha lo scopo, comesi legge nell’allegato informativo, di...”mante-nere a domicilio persone con problemi di par-ziale autosufficienza e di non autosufficienzapsico-fisica, rimuovendo gli ostacoli e valoriz-zando le risorse della rete parentale e sociale,tramite interventi professionali adeguati aibisogni, nel rispetto della volontà e degli stilidi vita espressi dalla persona…”. Le dimissioni da Villa Erbosa furono, come èovvio, concordate e fu lo stesso ospedale adaccendere il motore di avviamento di questoservizio. La prima cosa che ci serviva era unacarrozzina, per tornare a casa. Nonostante lerassicurazioni del capo-infermiere (sicuramentemi avrebbero telefonato, per concordare le

caratteristiche dell’ausilio e il momento delleconsegna), io, che ci credevo poco, mi eroinformata sulle modalità del noleggio e suitempi di consegna.Fondamentale è stato in questa fase l’aiuto del-l’impiegato, che a Budrio è responsabile di que-sto servizio, Andrea Poli, che ha sempre rispo-sto con precisione alle mie domande, organiz-zando la rete assistenziale. Mi ha spiegato come avere le traverse, comechiedere un materasso antidecubito, a chirivolgermi in Comune per l’assistenza durante ilbagno e così via. Ma procediamo con ordine:alcuni giorni prima delle dimissioni sono con-tattata dalla fisioterapista del servizio, checoncorda con me le caratteristiche della carroz-zina…e la vigilia delle dimissioni la carrozzinaè consegnata, all’ora stabilita, direttamente acasa. Miracolo!!!!! E non si tratta di un sussidiovecchio e malandato, è una carrozzina in per-fette condizioni, protetta da una busta di pla-stica, pronta per l’uso. Così è per le traverse,puntualmente consegnate a domicilio, e all’orastabilita.La realtà di una persona allettata da più di un mese è difficile da prevedere. Gioconda al momento delle dimissioni avevadue brutte ferite da decubito, occorreva l’assi-stenza domiciliare di infermieri professionali eper un lungo periodo. E così è stato: le infermiere sono state presen-ti durante tutto il primo periodo e, quando nonè bastata la loro competenza, il medico di base,vero deus ex machina della situazione, harichiesto l’intervento di un chirurgo. Poi abbiamo avuto bisogno di un cuscino anti-decubito, poi di esami clinici, di controllomedico costante, perché nel frattempo ci sonola bronchite, l’artrosi in un piede, le difficoltàdelle ferite a rimarginarsi… ma, poco allavolta, e con l’aiuto di questi operatori, glielaabbiamo fatta. La vita di Gioconda ha ripreso ritmi di norma-lità; certo il recupero funzionale non è ancoracompletato, ma può già sollevarsi dalla carroz-zina da sola e camminare appoggiandosi algirello. Il prossimo step sarà il tripode, che ladottoressa Coppola ha già richiesto.

A tutti, grazie di cuore: sapere di poter conta-re su di voi e sulla vostra professionalità è statodi grande conforto per la “rete parentale”, nelnostro caso piuttosto esigua.

Quando il ServizioSanitario funziona!!!

DI MARZIA LODI

P U N T I D I V I S TA

Primo tempoR. Wagner

TANNHA�USER (Overture)La Traviata

Secondo tempoP. Mascagni

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DirettoreGiuseppe Gregucci

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S U L T E R R I T O R I O

DI IRENE NICOLINO

Al Palazzetto dello Sport di Budrio un’iniziativa di successodi raccolta fondi per il canile intercomunale

Canili e gattili di tutta la provincia cercanovolontari per prendersi cura degli animaliabbandonati. Il più vicino a Budrio è il

Canile Intercomunale di Vedrana, che ospitacirca 140 cani. La struttura, come prevede lanormativa, è gestita dai Comuni di Budrio,Castenaso, Medicina e Molinella in collabora-zione con l’associazione animalista e zoofilaonlus “Rifugio di Bagnarola” e, mediante lapresenza nella struttura di volontari prepostialla gestione delle adozioni e degli affidamentidei cani, nonché alle mansioni ordinarie delcanile, ne garantisce il mantenimento.

Tanti modi per aiutare i quattro zampeLe cose da fare all’interno di un canile sonoinimmaginabili: nutrire, accudire gli animali,portarli a spasso, partecipare a turni di puliziae riordino del canile, ecc. E per chi avverte uncerto spirito animalista, ma non si sente porta-to per alcune mansioni, esistono poi tanti altrimodi per svolgere l’attività di volontariato; adesempio, la partecipazione a banchetti infor-mativi e di raccolta cibo organizzati in conco-mitanza di manifestazioni. L’attività informativa rappresenta infatti unodei punti di forza della raccolta di fondi attra-verso la quale la comunità può essere informa-ta sulle attività e sui progetti realizzati.Inoltre, gli animali si possono adottare adistanza e vi sono altre iniziative per la raccol-ta dei fondi indispensabili per vaccinarli, steri-lizzarli, alimentarli... insomma farli vivere nelmiglior modo possibile.

Budrio animalistaAccanto all’esempio dell’attore di teatro, PaoloPoli, che da anni apre al pubblico la provagenerale dello spettacolo al Teatro Consorziale,devolvendo gli incassi al canile di Budrio, enco-miabile è stata la manifestazione di domenica30 giugno organizzata da Sport e Movimento,in collaborazione con il succitato canile. Unagiornata, dalle 10 alle 20, interamente dedica-ta alle cure, alle coccole e alle attenzioni diFido. “L’idea – ha spiegato l’organizzatrice, nonchéresponsabile del Palazzetto, Silvia Sallioni – ènata per regalare ai proprietari dei cani unapiacevole giornata in compagnia dei loro anima-li, con la finalità di raccogliere fondi per lastruttura. E la raccolta, grazie alla grande par-tecipazione di adulti, bambini e di quattrozampe, è stata cospicua...”. Diversi i momenti di intrattenimento e di risto-ro che, nel corso della giornata, hanno coinvol-to circa un migliaio di persone, un successostraordinario considerato che si è trattato diuna domenica estiva.Chi ha partecipato ha avuto la possibilità disperimentare il percorso educativo ad ostacoliMobilityDog®, divertente sia per il cane che peril conduttore.

All’ora di pranzo, nel giardino del Palazzetto, ilMovida Caffè ha offerto ai partecipanti unostuzzichevole pic-nic, col contributo delPanificio Conte, allietato dalla chitarra di GiulioParini. Non è mancata inoltre una piccola sfila-ta della coppia cane-padrone immortalata dalle“foto da cani” di Fausto e Adriano Zanolini. Epoi, per la settantina di quattro zampe – trameticci e cani di razza – che hanno gareggiatoin una sfilata, premi in palio offerti dai com-mercianti budriesi che, anche con un piccolocontributo, ci hanno tenuto a dire “io c’ero”. Lafesta ha coinvolto anche i bambini con la friz-zantissima animazione di Mister Alvin... Iltutto a suon di volontariato... Marco, Mara, Livia, Silvia, Miriam, Simonetta,Veronica, Marilena, Patrizia, Fabrizio, Ambra...sono solo alcuni dei ragazzi che, dietro le quin-te, hanno collaborato alla riuscita di una festache potrebbe essere definita irripetibile, mache invece si spera si rinnovi e diventi unappuntamento annuale...

Se l’emergenza chiama,il volontariatorisponde

Forse non tutti sanno che...

Fino al 1991, cani randagi e abbandonati,una volta accalappiati e portati in canile, senon venivano reclamati dai padroni, a brevevenivano soppressi. La legge 281/1991 cambia, fortunatamente,le cose: i cani accalappiati e finiti in canilenon possono più essere soppressi e gli vienegarantito il bene primario, sacro a tutti gliesseri viventi: la vita. La legge obbliga inol-tre tutti i Comuni Italiani, dal paesino allagrande città, a scegliere tra due opzioni:creare un proprio rifugio per animali, doveospitare i cani abbandonati ritrovati sul pro-prio territorio municipale, oppure sottoscri-vere una convenzione con canili privati,cioè con strutture create ad hoc da veri epropri imprenditori del mestiere dove, apagamento, ricoverare i cani accalappiati. A Budrio la struttura è gestita dal Comuneche, per mantenere il cane presso il canile,utilizza soldi pubblici finché l’animalemuore, oppure, finché viene adottato. E chi si occupa dell’adozione di questi cani?Spesso nessuno e spesso, fortunatamente,chi fa volontariato e si rimbocca le manicheprovvedendo alla diffusione a mezzo stampao internet di un appello per trovargli casa.

L E N O S T R E I N I Z I AT I V Ewww.senzaconfinitaly.it

SABATO 12 OTTOBRE 2013

MOSTRA FOTOGRAFICACENTRO CIVICO DEL BARRACANOVIA S. STEFANO 119 BOLOGNAInaugurazione, alle ore 11, della mostrafotografica della giornalista costaricense

Zoraida Diaz sul tema: “La sinistra latinoamericana contro lepolitiche neoliberiste della globalizzazione” Ingresso libero

SABATO 21 SETTEMBRE 2013 S. MICHELE IN BOSCOVISITA ALLA CHIESA E ALLABIBLIOTECA DELL’ISTITUTO RIZZOLI Previa iscrizione, ritrovo a Budrio o diret-tamente al Piazzale San Michele in

Bosco, Via V. Putti.Quota di partecipazione: 10 €.

SABATO 19 OTTOBRE 2013

ZORAIDA DIAZ SALA ROSA VIA MARCONI 3BInaugurazione, alle ore 11, della mostrafotografica di Zoraida Diaz sui problemidell’America Latina

Ingresso libero

LUNEDì 24 OTTOBRE 2013

INCONTRO CON L’AUTORESALA ROSA VIA MARCONI 3Balle ore 20.45, incontro con il personag-gio, Zoraida Diaz, che ci parlerà dei pro-blemi dell’America Latina e del narcotraf-

fico. Ingresso libero

CHI È ZORAIDA DIAZ

Nasce a Bogotà in Colombia. Comincia la sua carriera professiona-le con l’Agenzia internazionale Reuters nel 1987 e si impone subi-to all’attenzione generale con servizi fotografici su eventi politici,sportivi e sociali nelle Americhe, in Europa e in Africa.Zoraida è testimone con i suoi servizi dello storico incontro traPapa Giovanni Paolo II° e Fidel Castro a l’Avana, vola in Patagoniaper un servizio sulla principessa Diana e accompagna HillaryClinton nella visita alla tomba di Nefertiti in Egitto.Documenta il ritorno in Argentina di Diego Armando Maradona allaBombonera di Buenos Aires e realizza interessanti servizi, durantela sua settennale permanenza in Colombia, sulla guerriglia localee sul narcotraffico.Le sue foto sono state pubblicate dai più importanti giornali ditutto il mondo, dal New York Times all’International HeraldTribune, da Liberation al Guardian, dal Clarin a El Pais.Diplomata in Scienze della Comunicazione e Letteratura al CityCollege di New York, ha fondato con altri giornalisti il periodicoThe Beach Times, un settimanale in lingua inglese. Leader inCostarica sulla Costa del Pacifico.

Inizia un programma culturale di visite alle città d’Arte dell’Emilia e della Romagna che si protrarrà per alcuni mesi e che con-siste in un itinerario virtuale, attraverso immagini e concreto con visite guidate (a cura di Micaela Lipparini, divenuta ormaiuna nostra gradita collaboratrice) ad alcune città che nella storia della nostra regione ebbero un ruolo strategico e fonda-mentale.

MERCOLEDÌ 9 OTTOBRE 2013 – ore 20,45

STORIA E TESTIMONIANZE DELLA RAVENNABIZANTINASala “S” della Biblioteca Comunale in via Garibaldi 35, a Budrio

SABATO 12 OTTOBRE 2013

VISITA GUIDATA A RAVENNA

MERCOLEDÌ 6 NOVEMBRE 2013 - ORE 20,45

STORIA E TESTIMONIANZE DELLA RIMINI DEI MALATESTASala “S” della Biblioteca Comunale in via Garibaldi, 35 a Budrio

SABATO 9 NOVEMBRE 2013

VISITA GUIDATA A RIMINI

MERCOLEDÌ 15 GENNAIO 2014 – ore 20,45

STORIA E TESTIMONIANZE DELLA FERRARADEGLI ESTENSISala “S” della Biblioteca Comunale in via Garibaldi, 35 a Budrio

SABATO 18 GENNAIO 2014 - ore 20,45

VISITA GUIDATA A FERRARA

La quota di partecipazione per ogni appuntamento, comprendente lapresentazione e la visita guidata alle città d’arte come da programma,è di 30 € a persona.

Per chi desiderasse abbonarsi alle tre visite, la quota è di 80 € complessivi. da versareanticipatamente all’atto dell’iscrizione.

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L E N O S T R E I N I Z I AT I V E

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Per adesioni e proenotazioni,

telefonare ai seguenti numeri:

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