Sentimento della precarietà e tv degradata. Cinema e ... · zione del primo film “omosessuale”...

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n.3 Anno II [email protected] n. 4 Marzo 2013 Sentimento della precarietà e tv degradata. Il cinema di oggi è conforme a questa società? “Sentimento della precarietà e tv de- gradata. Il cinema di oggi è conforme a questa società?”. Giunge notizia che per questo tema as- segnato in un liceo, l’insegnante di lette- re sia stato richia- mato dal preside. Non so quali siano stati gli svi- luppi della vicenda, ma mi viene subito alla mente un altro titolo, “Allarme cinema”, che un quotidiano romano ha dedicato a un incontro su “Cinema e territorio”, nel corso del quale gli ope- ratori del settore si sono interrogati sullo stato del sistema cinematografico del Lazio per indi- care alla classe politica un programma di inter- venti necessari per scongiurarne il collasso. Nell’articolo citato era riportata una frase di Alessandra Guarino del Centro Sperimentale di Cinematografia: “E’ tempo di chiedere perché siamo l’unico paese europeo in cui il cinema non si studia a scuola, rinunciando alla forma- zione di un pubblico competente”. Unico paese in cui quando qualche sparuto in- segnante si azzarda a uscire dal seminato (sem- pre che sia da considerarsi tale il tentativo di far entrare i suoi allievi nell’universo comunicativo del terzo millennio invitandoli a riflettere sul cinema come specchio della società in cui vivo- no) è subito falciato da un preside che non esita a entrare a gamba tesa. Un paese di analfabeti filmici, come richiama la copertina del primo numero della rivista “8½”. segue a pag. 6 Enzo Natta Masquerade di Pierfrancesco Uva da sx, Alessandro Fiorina, Marco Asunis e Giovanni Costantino, Foto di Francesco Montis Cinema e diversità. Lo schermo deviante. L’amore per una persona dello stesso sesso può essere puro e nobile come l’amore per una persona dell’altro sesso, perché la sola differenza è l’oggetto del desiderio, non la natura dell’amore. Dal programma distribuito nel corso della proie- zione del primo film “omosessuale” Anders Als Die Anderen (Diversi dagli altri) 1919 di Richard Oswald In principio era solo il Festival Internazio- nale di Film con Te- matiche Omosessua- li “Da Sodoma a Hollywood” di Tori- no GLBT Film Festi- val. Nato nel 1986, tra i suoi scopi non sol- tanto quello di pre- sentare film in ante- prima nazionale ma, soprattutto, quello di essere una sorta di “occhio” italiano particolarmente at- tento a un cinema che altrimenti non avrebbe avu- to alcuna possibilità di circuitazione, commerciale o amatoriale, in Italia. La 28esima edizione si svol - gerà dal 19 al 25 aprile 2013 al Cinema Massimo. segue a pag. 4 AngeloTantaro Grande soddisfazione tra gli operatori dei Circoli del Cinema sardi per i risultati del corso di autoformazione organizzato dal Centro Regionale FICC Sardegna. CORSO DI FORMAZIONE REGIONALE F.I.C.C. SARDEGNA Comunità “La Collina” – Serdiana (CA), 15- 16 - 17 febbraio 2013 Il Corso intitolato ’Per un nuovo pubblico’ si è svolto a Serdiana nella Comunità de ’La Collina’ di don Ettore Cannavera dal 15 al 17 febbraio. Una quarantina sono state le presenze, tra gli ospiti Giovanni Costantino - direttore di Distri- buzione Indipendente - che ha presentato l’an- teprima del film di Teo Takahashi ’Vietato mo- rire’, e Pio Bruno, presidente del cineclub Fedic di Cagliari. Tra i risultati positivi vi è il manife- stato impegno degli operatori volontari della comunità ’La Collina’ di voler far nascere un nuovo circolo del cinema in loco, convinti che tale progetto culturale possa aiutare la loro atti- vità di recupero dei diversi giovani presenti. TEMI, RIFLESSIONI E CONCLUSIONI DEI LAVORI DI GRUPPO Si è svolto a Serdiana, ospiti della comunità La Collina, il corso di formazione regionale dei circoli sardi aderenti alla Federazione Italiana dei Circoli del Cinema (FICC). Il luogo in cui sono convenuti i rappresentanti dei Circoli è la comunità fondata e diretta da don Ettore Cannavera, scenario in parte utilizzato dal regi- sta Enrico Pau per il bel film “Jimmy della Colli- na”. Tema centrale del corso è stata la sessione dei lavori denominata “Per un nuovo pubblico”, a riprova di quanto sia importante per la FICC avere il ‘pubblico’ come riferimento della pro- pria azione culturale. Nei tre giorni di appuntamenti, dal 15 al 17 feb- braio, hanno partecipato oltre 40 ‘organizzatori di circolo’ e sono intervenuti, come ospiti, Gio- vanni Costantino, responsabile di Distribuzio- ne Indipendente, e Pio Bruno, Presidente del Cineclub Fedic di Cagliari. Costantino, prima di presentare, in anteprima italiana, il film “Vieta- to morire” di Teo Takahashi (distribuito gratui- tamente ai circoli convenzionati), il pomeriggio di apertura del corso, ha raccontato della origi- nale esperienza di Distribuzione Indipendente e dell’importanza del rapporto che si è instaura- to con il mondo dell’associazionismo culturale cinematografico segue a pag.8

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n.3

Anno II

[email protected]

n. 4 Marzo 2013

Sentimento della precarietà e tv degradata.

Il cinema di oggi è conforme a questa società?

“Sentimento della precarietà e tv de-gradata. Il cinema di oggi è conforme a questa società?”. Giunge notizia che per questo tema as-segnato in un liceo, l’insegnante di lette-re sia stato richia-

mato dal preside. Non so quali siano stati gli svi-luppi della vicenda, ma mi viene subito alla mente un altro titolo, “Allarme cinema”, che un quotidiano romano ha dedicato a un incontro su “Cinema e territorio”, nel corso del quale gli ope-ratori del settore si sono interrogati sullo stato del sistema cinematografico del Lazio per indi-care alla classe politica un programma di inter-venti necessari per scongiurarne il collasso.Nell’articolo citato era riportata una frase di Alessandra Guarino del Centro Sperimentale di Cinematografia: “E’ tempo di chiedere perché siamo l’unico paese europeo in cui il cinema non si studia a scuola, rinunciando alla forma-zione di un pubblico competente”. Unico paese in cui quando qualche sparuto in-segnante si azzarda a uscire dal seminato (sem-

pre che sia da considerarsi tale il tentativo di far entrare i suoi allievi nell’universo comunicativo del terzo millennio invitandoli a riflettere sul cinema come specchio della società in cui vivo-no) è subito falciato da un preside che non esita a entrare a gamba tesa. Un paese di analfabeti filmici, come richiama la copertina del primo numero della rivista “8½”.

segue a pag. 6Enzo Natta

Masquerade di Pierfrancesco Uva

da sx, Alessandro Fiorina, Marco Asunis e Giovanni Costantino, Foto di Francesco Montis

Cinema e diversità.

Lo schermo deviante.

L’amore per una persona dello stesso sesso può essere puro e nobile come l’amore per una persona

dell’altro sesso, perché la sola differenza è l’oggetto del desiderio, non la natura dell’amore.

Dal programma distribuito nel corso della proie-zione del primo film “omosessuale” Anders Als Die

Anderen (Diversi dagli altri) 1919 di Richard Oswald

In principio era solo il Festival Internazio-nale di Film con Te-matiche Omosessua-li “Da Sodoma a Hollywood” di Tori-no GLBT Film Festi-val. Nato nel 1986, tra i suoi scopi non sol-tanto quello di pre-sentare film in ante-

prima nazionale ma, soprattutto, quello di essere una sorta di “occhio” italiano particolarmente at-tento a un cinema che altrimenti non avrebbe avu-to alcuna possibilità di circuitazione, commerciale o amatoriale, in Italia. La 28esima edizione si svol-gerà dal 19 al 25 aprile 2013 al Cinema Massimo.

segue a pag. 4

AngeloTantaro

Grande soddisfazione tra gli operatori dei Circoli del Cinema sardi per i risultati del corso di autoformazione organizzato dal Centro

Regionale FICC Sardegna.

CORSO DI FORMAZIONE REGIONALE F.I.C.C. SARDEGNA

Comunità “La Collina” – Serdiana (CA), 15- 16 - 17 febbraio 2013

Il Corso intitolato ’Per un nuovo pubblico’ si è svolto a Serdiana nella Comunità de ’La Collina’ di don Ettore Cannavera dal 15 al 17 febbraio. Una quarantina sono state le presenze, tra gli ospiti Giovanni Costantino - direttore di Distri-buzione Indipendente - che ha presentato l’an-

teprima del film di Teo Takahashi ’Vietato mo-rire’, e Pio Bruno, presidente del cineclub Fedic di Cagliari. Tra i risultati positivi vi è il manife-stato impegno degli operatori volontari della comunità ’La Collina’ di voler far nascere un nuovo circolo del cinema in loco, convinti che tale progetto culturale possa aiutare la loro atti-vità di recupero dei diversi giovani presenti.

TEMI, RIFLESSIONI E CONCLUSIONI DEI LAVORI DI GRUPPOSi è svolto a Serdiana, ospiti della comunità La Collina, il corso di formazione regionale dei circoli sardi aderenti alla Federazione Italiana dei Circoli del Cinema (FICC). Il luogo in cui sono convenuti i rappresentanti dei Circoli è la comunità fondata e diretta da don Ettore Cannavera, scenario in parte utilizzato dal regi-sta Enrico Pau per il bel film “Jimmy della Colli-na”. Tema centrale del corso è stata la sessione

dei lavori denominata “Per un nuovo pubblico”, a riprova di quanto sia importante per la FICC avere il ‘pubblico’ come riferimento della pro-pria azione culturale.Nei tre giorni di appuntamenti, dal 15 al 17 feb-braio, hanno partecipato oltre 40 ‘organizzatori di circolo’ e sono intervenuti, come ospiti, Gio-vanni Costantino, responsabile di Distribuzio-ne Indipendente, e Pio Bruno, Presidente del Cineclub Fedic di Cagliari. Costantino, prima di presentare, in anteprima italiana, il film “Vieta-to morire” di Teo Takahashi (distribuito gratui-tamente ai circoli convenzionati), il pomeriggio di apertura del corso, ha raccontato della origi-nale esperienza di Distribuzione Indipendente e dell’importanza del rapporto che si è instaura-to con il mondo dell’associazionismo culturale cinematografico

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L’uomo che andava al cinema di Walker Percy

Marcos y Marcos, pp. 352

Anche se il titolo di questo classico della letteratura, dimenti-cato dall’editoria ita-liana e ripubblicato di recente da Marcos y Marcos, farebbe pen-sare alle memorie di un cinefilo incallito alle prese con la sua

dolcissima ossessione, il romanzo di Percy parla d’altro, o meglio, ingloba il cinema e il rituale ad esso connesso, nella routine di una vita marginale, opaca e cinicamente uguale a sé stessa, nel profon-do sud degli Usa, nel ventre caldo e appiccicoso di New Orleans.Siamo nell’America dei primi Sessanta, quando il sogno americano, cinematografico e culturale, ha rotto i finti argini che lo proteggono dal resto del mondo, per mostrare la sua faccia peggiore e l’inizio del suo decadimento.L’America profonda, terra desolata di solitudini e di motel costruiti nel deserto vicino a qualche pompa di benzina, in cui fanno sosta di tanto in tanto auto-mobili color confetto, è dove vive il nostro eroe Binx Bolling, agente di cambio, innamorato della cugina Kate e del cinema di periferia, solitario e medita-bondo filosofo dilettante, amaro e malinconico come il suo autore, la cui vita fu segnata da una serie di sfortune e di eventi tali da forgiare il suo carattere e le sue inclinazioni letterarie, nonostan-te la sua formazioni universitaria fosse di stampo scientifico, vista la laurea in medicina.Il romanzo, considerato il suo migliore, risente delle influenze trasmesse dalla cultura europea di cui Percy durante la tubercolosi che lo colpì nella giovinezza, seppe nutrirsi a piene mani (Kirkeega-ard, Sartre, Camus, Tolstoj, Dostoevskij), conver-tendo i topoi del Vecchio Continente, nel vuoto simbolico dell’America dei consumi: famiglie per-fette, barbecue della domenica, il Mardi Gras nella città del Mississipi, segretarie tutte curve e un la-voro routinario, quanto scontato.Vincitore del National Book Award nel 1962, L’uo-mo che andava al cinema (The Moviegoer) narra la storia poco appassionata e appassionante di un trentenne che fa i conti con un quotidiano sempli-ce, privo di eventi e pieno di immagini (mentali e cinematografiche) che tengono conto delle perso-ne, conosciute o appena sfiorate, che lo attraversa-no, con un senso del disgusto e del distacco ironico e superficiale, di chi si lascia trasportare dal mon-do: da chi ha uno sguardo e un senso dell’orizzonte mai capace di andare oltre alla linea infinita trac-ciata nel cielo, quella che taglia lo sguardo che divi-de la terra rossa del deserto, dal cielo sgombro di nuvole.Peter Handke, scrittore austriaco dal gusto eccen-trico e dal vissuto forgiato dal dramma dell’abban-dono materno (la vita di Percy fu segnata da dolo-rosi lutti) traducendo questo romanzo in Austria, appena dopo la sua uscita, lo annovera immedia-tamente tra le opere che non passano inosservate proprio perché inoculate da quel virus che ammala il mondo e affligge gli uomini.

E se ogni tanto, la vita piana di Bolling viene squar-ciata dal dubbio o dal dolore di un immaginario senza orizzonti, la redenzione appare sotto forma di una donna, la cugina Kate, amata fino in fondo, benché afflitta da una depressione inesorabile quanto crudele.Ma il cinema, il medium meraviglioso a cui il titolo rende omaggio esplicitamente c’è, e sembra nato apposta per ricordarci che nel buio, per magia ritua-le, sia che si tratti dell’uomo medio, dell’uomo solo, dell’uomo malato e dell’uomo sconfitto, arriva il momento della pace e della rivincita.Come è scritto sul cinema del quartiere di Binx, a Gentilly: Dove la felicità costa così poco; e la vita vampirizza altra vita.

Giulia Zoppi

L’uomo che andava al cinema

Giulia Zoppi

Sardinia Film Festival

VIII Edizione

International short film award

Sassari (Italy), 2013 - June 24/29

Saranno oltre sessanta le nazioni rappresenta-te nella ottava edizione del Sardiniafilmfesti-val, il premio cinematografico internazionale dedicato al cortometraggio che si tiene ogni anno a Sassari nell’ultima settimana di giu-gno. La segreteria del Festival, che sta riceven-do le ultime opere (la deadline è il 15 marzo) segnala al momento, la presenza delle migliori scuole di cinema del Brasile, Mexico, Iran, Israele, Spagna, Germania, Hong Kong, Polo-nia. Non da meno le opere che rappresente-ranno l’Italia. Non mancheranno le opere della cultura cinematografica orientale che sarà rac-contata in concorso da opere provenienti da Malesia, Korea del Sud, Cina, Singapore e dal-la new entry Cambogia. Dall’Islanda al Suda-frica, dalla Nuova Zelanda al Perù, i migliori talenti del cinema indipendente mondiale si confronteranno nelle varie sezioni in concor-so. Diverse opere verranno proiettate in pri-ma italiana, quale riconoscimento ad un festi-val che, fin dalla nascita, ha mostrato una predisposizione per la scoperta, la promozio-ne dei giovani registi e delle loro opere.

"La società italiana?

Il popolo più analfabeta, la bor-

ghesia più ignorante d'Europa."

(Orson Welles in La ricotta, 1963, di Pier Paolo Pasolini)

La parola ai politici

Un’impegno trasversale, da parte di tutte le forze politiche, per promuovere il ruolo della cultura nel nostro Paese e la sua rilevan-za economica e sociale. E’ quanto abbiamo pubblicato nello scorso numero (Le priorità dell’azione

politica nell’ambito della cultura a firma di Angelo Tantaro). Dai prossimi numeri pubblicheremo i contributi che ci perverranno dai politici di buona volontà che hanno qualcosa da dire sull’argo-mento.

Orson Welles e Pier Paolo Pasolini sul set de “La ricotta”

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L’Assemblea della Fedic febbraio 2013 vista da Giorgio Ricci eletto VicePresidente

Un particolare ricordo

Ogni anno, a febbraio, i presidenti della FE-DIC si incontrano a Montecatini Terme, da 20 anni all’hotel Co-rallo, dove rivedono lo stesso gestore con lo stesso portiere, lo stes-so cameriere e lo stes-so cuoco che a metà

pranzo fa il giro della sala per ricevere la certez-za che la stessa pasta al forno e lo stesso ossobu-co con il purea hanno ricevuto il gradimento di tutti. Anche quest’anno la cosa si è ripetuta con l’unica variante che in sala c’era una nuova ca-meriera, russa, alle prese con un tentativo di ringiovanimento. E queste sono le prime cose che ho notato; certamente perché io sono arri-vato con un giorno di anticipo con l’intenzione di fare una bella camminata e una visita a Mon-tecatini Alta, sempre carina, sorridente ed ospi-tale, e cercare un po’ di distensione. Cosa che ho trovato. I guai sono iniziati invece quando il sabato l’hotel ha cominciato a riempirsi dei so-liti volti. Soliti ma non tutti i soliti. L’assenza di alcuni mi è mancata troppo. Giovanni, il “fra-tellino” che a volte durante l’ultimo anno ho cer-cato d’istinto prendendo in mano il cellulare

per poi ricordarmi che mi ha lasciato due gior-ni dopo da quando qui a Montecatini avevamo fatto due passi con Pino e Antonino, dopo l’As-semblea, senza parlare di FEDIC, raccontando-ci barzellette e rilassandoci. Mino, il papà di Giovanni, esempio di amore paterno che certa-mente porterò ai miei figli, capace di darti sere-nità sin dal primo momento con quegli occhini che , mentre parlava, puntavano direttamente sui miei occhi e non li mollava nemmeno per un secondo. Marino con il quale, da quando siamo stati insieme come vice presidenti della FEDIC, era nato un sentimento di stima reciproco basa-to sulla sincerità e sulla volontà di raggiungere comuni obiettivi. E a un certo punto ho sentito la mancanza del sorriso di Maddalena mentre mi offriva i cioccolatini. Grazie a Dio a Madda-lena posso telefonare e credo di aver sentito la presenza di Marino, Mino e Giovanni durante i lavori assembleari , che credo se non proprio guidati, li abbiano indirizzati, con discrezione e con il consueto buon senso, con l’obiettivo di costruire futuri incontri all’insegna del recipro-co rispetto e della collaborazione fatta di lavoro e di sostanza. E ho avuto la certezza che loro sono e saranno sempre con noi nella FEDIC. Se sapremo usare il buon senso.

Giorgio Ricci

L’Assemblea della Fedic febbraio 2013 vi-

sta da Giorgio Sabbatini eletto Consigliere

“Dialogo”: dolce chimera!

Quando ci sono le ele-zioni del “nuovo” Con-siglio Fedic (Federa-zione Italiana dei Cineclub) si arriva a Montecatini sempre carichi di buoni propo-siti e, in un certo sen-so, anche contenti di incontrare “amici e ne-

mici” per scambiare qualche impressione sullo stato di saluto del “grave ammalato” (la Fedic). Quest’anno l’Assemblea dei Presidenti dei di-versi Cineclub sparsi sul territorio italiano ri-veste particolare importanza proprio per tutti i problemi che si sono accumulati durante gli ultimi anni e che hanno portato l’intera Fede-razione ad una profonda crisi, certamente, da non trascurare.È necessario precisare che la Fedic si trova ad un punto “senza ritorno”: o si cambia intera-mente la “gestione” e i “programmi” fino ad oggi attuati, oppure la Federazione è destinata ad un impossibile rinnovamento e, quindi, a soccombere. Per chi ha vissuto tanti anni all’interno della Fedic, constatando un lento ma inesorabile deteriorarsi dei tanti “sogni” in “Lei” riposti, è molto triste prendere atto di questa inarrestabile decadenza favorita anche da una totale mancanza di “amore”, del nostro Paese, nei confronti di una delle Associazioni culturali di Cinema che, attraverso i propri Soci, produce opere di fiction, documentari, animazioni e sperimentazione nella costante ricerca di nuovi “linguaggi”.Per rinnovare una Federazione in agonia ri-tengo che esista una sola possibile ricetta: tro-vare le “giuste persone”, responsabili, con le quali potere costruire un “progetto innovati-vo” che possa riportare la Fedic su una strada percorribile sia dai Filmmaker, interessati alla produzione, che dagli “amanti delle immagi-ni”, gli immancabili spettatori che vivacizzano i dibattiti costruttivi. La ricerca delle “giuste persone” non è mai semplice e, soprattutto, deve partire da colui che abbia idee molto chia-re, progetti realizzabili da proporre e il “cari-sma” di bravo “regista”. Se mi sono lasciato coinvolgere in una “lista elettorale”, ricca di persone con doti di grande umanità e capacità organizzative che, in tutta sincerità, stimo im-mensamente, è per due semplici motivi: non voglio che la Fedic possa dissolversi nel breve

segue pagina seguente

27. Febbraio. 2012.

Ad un anno dalla partenza di Giovanni Crocè,

Segretario della Fedic

mentre fantasticava nuovi suoni e visioni

amico fraterno con cui prendere treni e frequentare sconosciute stazioni.

Angelo Tantaro

Giovanni Crocè ritira un premio per conto di un suo socio del Cineclub Movie dick al Il 30 giugno 2007 durante il premio Carreas a Caravaggio di Bergamo, foto di Giorgio Ricci

Giorgio RicciGiorgio Sabbatini

n.4

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segue da pag. 1Nel mese di dicembre scorso si è concluso con successo UNO SGUARDO NORMALE la X edizione del SARDI-NIA QUEER SHORT FILM F E S T I V A L 2012 orga-nizzato dal Circolo ARCi-nema (FICC) A s s o c i a z i o -ne Culturale Gay, lesbica, B i s e s s u a l e , Trans gender di Cagliari che pone il pro-prio im pegno sul tema dei diritti civili, delle coppie di fatto e dei m a t r i m o n i tra omoses-suali, nonché del diritto all’adozione e alla famiglia.A Maggio, dal 31 maggio al 6 giugno si svolgerà a Pa-lermo la terza edizione del SICILIA QUEER filmfest, il festi-val internazionale di cinema GLBT e nuove vi-sioni con una propria sezione di cortometrag-gi in concorso.Abbiamo citato ad esempio questi tre eventi che raccontano la diversità, storie di svantag-gio sul telo bianco che abbiamo voluto eviden-

ziare per dare spazio ed elogiare la diversità. La rivoluzione della vita quotidiana è la rottura di tutti i recinti, per accedere finalmente a

u n ’ e s i s t e n z a davvero libera-ta, senza più nessuna violen-za di regole che imprigionino l’amore.Tutto questo perché credia-mo al cinema che si compro-mette, al cine-ma più diverso dedicato ai diversi, (emar-ginati, vinti, po veri, omo-sessuali, anar-chici, poeti), che deve essere approvazione della diffusione dell’arte e del linguaggio del cinema libero, comune deno-minatore della multiculturalità e dell’autopro-duzione, dedi-cato alle forme di comunica-

zione più marginale ovvero quella parte del ci-nema in grado di esprimere una grande forza eversiva e di libertà. L’omosessualità non è uno scherzo della natura né il segreto di una mino-ranza nascosta ma l’esistenza di una sessualità diversa. E il cinema libero ci aiuta a capirlo.

Angelo Tantaro

tempo, ormai fa parte della mia vita da troppi anni, e credo fermamente nella guida che Ro-berto Merlino, regista e fondatore di Corte Tri-poli Cinematografica, oltre ad essere l’orga-nizzatore da oltre dieci anni dello Stage Fedic, ha assunto come nuovo Presidente Fedic. Pur-troppo, la serena denuncia, prima delle elezio-ni, dell’esistenza di questa “lista di cospirato-ri”, che in verità molti già conoscevano, ha provocato la rottura di un “dialogo”, con una parte importante di Cineclub che, sincera-mente, non può fare bene ad una Federazione desiderosa di “crescere” e “rinnovarsi”. A que-sto punto sono inevitabili alcune riflessioni. Come si può costruire un gruppo valido di per-sone se tra di loro non esiste stima ma solo an-tagonismo e interessi di potere? Come può trarre vantaggio una Federazione all’interno della quale non esista sintonia tra i suoi Consi-glieri? E ancora: se non ci fosse stata questa “lista di cospiratori”, che in prima persona si sono messi in gioco, accollandosi tutti i pro-blemi che la Fedic vive da tempo, quale futuro ci sarebbe stato per l’intera Federazione? Per cercare di tamponare falle ed errori, inevitabi-li, del passato è necessario che un gruppo di persone, attentamente scelte, possa rischiare la propria reputazione per rigenerare una Fe-dic troppo vecchia, per i tempi in cui viviamo, e troppo lontana dai propri Filmmaker che non vengono mai valorizzati. Le “rotture” non servono a “creare” nuove strade per un comu-ne futuro rinnovato, il “dialogo” è l’unico ele-mento essenziale per “costruire”, per “con-frontarsi”, per “condividere” un “ideale” là dove l’”ideale” sia progetto di vita.Indubbiamente, per noi tutti del nuovo Consi-glio Fedic è stata una scelta “ragionata”, vissu-ta con grande entusiasmo ma anche, forse, con qualche giusto timore umano. Una scelta “dovuta” e profondamente “sentita” per tutti Coloro che vogliono una “nuova” Fedic, una scelta, per me necessaria, nella quale credo fermamente.

Giorgio Sabbatini

Assemblea Fedic 2013 foto di Lauro Crociani

Anders Als Die Anderen (Diversi dagli altri) 1919 di Richard Oswald

Querelle de Brest di Rainer Werner Fassbin-der 1982 film presentato al Festival del Cinema di Venezia dello stesso anno pochi mesi dopo la morte del regista.Il presidente della giuria, Marcel Carné, lo pro-pose per il Leone d’oro e lottò strenuamente per la consegna del premio che però fu attribu-ito ad un altro film tedesco, Lo stato delle cose di Wim Wenders.

Bergamo Film Meeting || 9-17 marzo 2013

La Mostra nata nel 1983, con la collabo-razione dell'associazione Bergamo Film Meeting e la Mostra Internazionale del Cinema d'Essai, celebra quest'anno la sua 31a edizione con un programma di 9 giorni di proiezioni, dal 9 al 17 marzo, con oltre 80 film, per indagare le nuove

tendenze e gli autori del cinema con-temporaneo e riscoprire le grandi opere della storia del cinema. La Rassegna sarà seguita per noi da Giulia Zoppi che sarà reperibile a Ber-gamo per tutta la durata del Festival.

La redazione

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Alessandro Gassmann, dal palcoscenico al grande schermo

In questi giorni in tourneè con Riccardo III e dal 18 aprile nelle sale con il suo film Razzabastarda, con cui debutta come regista.

Alessandro Gassmann è in tourneè con il suo nuovo spettacolo , il “Riccardo III” di William Shakespeare nella ridu-zione e adattamento di uno dei più interessanti scrittori italiani, Vita-liano Trevisan. “Trevisan è riuscito ad essere ri-

spettoso dell’originale shakespeariano dando-mi anche la possibilità di allestire uno spetta-colo veramente popolare, di totale comprensione per il pubblico – sottolinea l’attore e regista, direttore del Teatro Stabile del Veneto che si misura per la prima volta il Bardo – L’altro aspetto cui tengo è l’ispirazione gotico crepuscolare, per cui mi rifaccio esplicita-mente ai film di Tim Bur-ton dei cui efficaci effetti sul grande schermo sono sempre stato un estimato-re”. Quali le ragioni di que-sta sua attenzione per le componenti visive dello spettacolo? “Nasce da un mio desiderio di natura estetica di raccontarlo ai miei attori così come me lo figuro, di vederlo prima che vada in scena – prose-gue Gassman – Le proie-

zioni, cui ricorro con parsimonia e in modo non pretestuoso nei miei spettacoli, sono uti-lizzate per coinvolgere il pubblico più sensibi-le: per inciso in questo spettacolo per proble-mi di budget non ho potuto scritturare figuranti, per cui il ricorso alle proiezioni mi consente di conseguire effetti, relativamente a masse in movimento, che altrimenti mi sareb-bero stati impossibili da ottenere”. Ma mentre il “Riccardo III” sta iniziando una tourneè che lo porterà a Genova, Siena, Pistoia, Pavia, Bari, Napoli per concludersi a Venezia, per il 18 aprile è prevista l’uscita del film con cui Gas-smann debutta come regista cinematografico, “Razzabastarda” , trasposizione cinematogra-fica di “Roman e il suo cucciolo”, lo spettacolo con cui vinse il premio Ubu nel 2010. Il film è

stato presentato in ante-prima al Festival Inter-nazionale del Film di Roma, nella sezione “Prospettive Italia”, dove ha conseguito una men-zione speciale della giu-ria. Val la pena di ram-mentare che “Roman e il suo cucciolo” divenne, nella rielaborazione e adattamento di Edoardo Erba, con Gassmann protagonista e regista, l’emblema di una dram-maturgia nuova per i

palcosce-nici italia-ni, che a f f r o n t a le tensio-ni sociali c o n t e m -p o r a n e e “Gli sti-moli ven-nero da O l t r e Oceano: il testo ori-ginale era, infatti, di Reinaldo Povod (Cuba and His Teddy Bear), ed aveva rappresentato per Robert De Niro a New York un grosso successo teatrale, incentrato com’era sui contrasti tra ispanici e statunitensi e sul mondo della droga -spiega Gassmann-, qui cambiano le nazionalità, ma al centro della vicenda, sono il rapporto tra un padre semianalfabeta e spacciatore di droga e il figlio adolescente e l’integrazione fra stranieri e italiani”. Stessa storia due mezzi diversi per esprimersi “Il teatro ci lascia immaginare, il ci-nema ha bisogno di far vedere. Con Vittorio Moroni, che ha curato la sceneggiatura, i perso-naggi sono diventati da sette a quaranta, con alcuni interpreti presi dalla strada”. “Razzaba-starda” arrivera’ in sala in bianco e nero con l’eccezione dei flashback a colori.

Giuseppe Barbanti

Giuseppe Barbanti

Alessandro Gassmann di Pierfrancesco Uva

QUADERNI DI CINEMASUD

“121 numeri (più vari spe-ciali), 37 quaderni tematici, 40 anni di battaglie ideolo-giche per il Neorealismo, il cinema politico e d’avan-guardia, la libertà d’espres-sione, le cinematografie dell’Est e dei Sud del mon-do: a questa eredità cultu-rale si ispira, la nuova serie

dei “Quaderni di Cinemasud”. Ricominciamo dal Sud e dall’impegno civile, dedicando il servizio di coperti-na al cinema contro le mafie, ma anche dalla memo-ria del Neorealismo e da una panoramica sul nuovo cinema italiano”. Così, nell’editoriale del primo nu-mero, nel 2004, abbiamo indicato gli elementi di continuità della nostra rivista con la tradizione qua-rantennale di “Cinemasud”, fondata nel 1998 ad Avellino dal critico cinematografico Camillo Marino – con il decisivo sostegno di Pier Paolo Pasolini e di studiosi come Luigi Serravalli, Vittorio Martinelli, Vin-cenzo Maria Siniscalchi e i giovanissimi Gian Piero Brunetta, Orio Caldiron, Giorgio Tinazzi – e pubblica-ta fino alla sua scomparsa, nel 1998. “La rivista deve continuare a vivere!”, ci invitava perentorio Camillo, e con alcuni collaboratori “storici” (Gualtiero De San-ti, Angelo Zanellato, Paolo Micalizzi, Ugo Brusapor-co, Nino Genovese, il compianto Gregorio Napoli) abbiamo trovato la forza di ricominciare, con un ne-

cessario percorso di rinnovamento: sia nella grafica, molto più lineare ed elegante, sia nel gruppo dei col-laboratori, con molti giovani studiosi, ma soprattutto in un’impostazione meno ideologica e più aperta alla contaminazione con altri ambiti artistici.Edita da Mephite con periodicità semestrale e distri-buita nel circuito delle librerie specializzate, delle Università e dei Festival, la rivista ha pubblicato alcu-ni numeri monografici - dedicati a Pasolini (2005), al western italiano (2007), al nuovo cinema italiano (2012) – ed è affiancata da un annuario sui principa-

li festival in Europa e dall’o-monima c o l l a n a editoria-le: mono-grafie sul c i n e m a interna-z i o n a l e (Iran, Ma-r o c c o , S l o v a c -chia, Ir-landa); su r e g i s t i (Pasolini,

Grifi, Greenaway, Troisi), su cinema e letteratura (Anna Maria Ortese; i nuovi studi su Ladri di biciclet-te; una monografia sul Cristo si è fermato a Eboli); sulla storia del cinema, con la prima antologia di “Il Maggese cinematografico” e degli scritti giornalistici di Martinelli.Tra i volumi in uscita, una monografia sul cinema della Tunisia, a cura di Gina Annunziata, su Risorgi-mento e brigantaggio nel cinema italiano, sul cine-ma newyorchese, di Maria Teresa Soldani. Dallo scorso anno, inoltre, Mephite ha dato vita a due nuo-ve collane: Visioni Rock, diretta da Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, coautori del primo volume: Il ci-nema secondo Springsteen; e le Edizioni di CinemaSud, inaugurate da Docdoc. Dieci anni di cinema e altre storie, a firma del regista Gianfranco Pannone, In questa collana sono stati pubblicati anche The End. La solitu-dine dello spettatore, di Martina Bonichi, con prefazio-ne di Carlo Lizzani, e Cronache futuriste (1932-1935) di Emanuele Caracciolo, a cura di Salvatore Iorio.

Paolo Speranza

Periodicità: semestrale; direttore: Paolo Speranza ([email protected]); redazione: Via Piave, 64, 83100 Avellino; amministrazione: c/o Mephite srl, via San Nicola n.31, 83042 Atripalda (Av); pagine: 160; telefono/fax: 082523121; e.mail: [email protected]; costo: 9 euro; per ulteriori informazioni consultare la pagina di “Quaderni di Cinemasud” su facebook

Alessandro Gassmann in Riccardo III

Quaderni di CINEMASUD

Paolo Speranza

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segue da pag. 1Sempre restando nell’ambito della cronaca, pochi giorni dopo lo stesso giornale riferiva di un incontro con il filosofo e sociologo polacco (ma con passaporto britannico) Zygmunt Bau-man, teorizzatore della “società liquida”. “Il potere è sfuggito di mano alla politica” ha det-to Bauman, “ma non sappiamo chi lo detiene oggi. Perché è liquido, come la nostra società, e quindi sfuggente e ancora più insidioso”.Nessuno si salva. Oltre alla politica (l’esito sor-prendente della tornata elettorale è ancora sotto gli occhi), anche la comunicazione è sprofondata nella società liquida. Non ci sono più punti di riferimento nei progetti e nelle strategie. Anzi, non ci sono più né progetti, né strategie. L’immagine generale è quella del nulla che avanza, una grande massa nera, una nube caliginosa che inghiotte tutto ciò che tro-va sul suo cammino. Il nulla che tutto divora, come nella Storia infinita di Michael Ende, con gli abitanti di Fantàsia che si buttano fra le sue braccia soffocanti perché hanno perso ogni speranza. Immagine goffamente ripresa dal film Blob-Il fluido che uccide, fantascienza or-rorifica del 1988. Anche il cinema sembra sull’orlo del precipi-zio, pronto a essere fagocitato dal nulla. “Il ci-nema piange”, “Botteghini a picco”, “Ci nema, crollo di incassi in due anni – Persi venti milio-ni di spettatori”, “Incassi giù del 24%, mai così male in 5 anni”, “Made in Italy, crolla l’export audiovisivo”, “Senza incentivi fiscali cinema affonda”. Tutti titoli ricavati dai giornali degli ultimi tempi, testimoni di una crisi senza pre-cedenti, frutto di una cultura declinante, riser-va di caccia per un fattore killer che approfit-tando di una visione puramente ornamentale della comunicazione ha prosperato per anni distribuendo prodotti di infima qualità. Di chi la colpa? In prima fila una tv tritatutto, che fagocita qualsiasi cosa gli capiti a tiro e re-stituisce polpette indigeste. Se non addirittura avvelenate da omologazione e livellamento. In basso, s’intende. E poi una scuola estranea, in-sensibile a misurarsi con altre sfere educative, incapace di valutare nuovi modelli di insegna-mento. Ma anche il cinema ha le sue responsa-bilità. Non solo vampirizzato, come diceva Godard, ma pure plagiato dalla tv che gli ha imposto un linguaggio fatto di approssimazio-ne e sciatteria, che ha invaso i suoi territori con maree di personaggi cresciuti alla greppia del piccolo schermo, allevati in batteria nelle scuderie del cabaret, quasi tutti col fiato corto, incapaci di reggere i tempi di un film. Complici una tv manutengola e una scuola assente, il risultato è che le nuove generazio-ni, le classi dirigenti di domani, sono le prime vittime di un attacco concentrico. Una tv de-gradata, una scuola carente e antiquata, un cinema camaleonte e mutante, sordo e lati-tante, sono tutti egualmente rivolti e miranti al mantenimento del sistema culturale vigen-te. Nel quale coltivano interessi e dal quale traggono profitti. Un po’ connivente, un po’ senza rendersene

conto, un po’ per inerzia e abulia, il cinema è rimasto coinvolto nel progressivo svilimento della storia e della memoria nazionale. Il cine-ma è, o dovrebbe essere, un valore condiviso nella storia di un paese e come tale fattore di stabilità, fiducia civile e coesione sociale. Qua-lità perse per strada, patrimonio di famiglia dilapidato. Non manca chi cerca di opporsi a questo stato di cose. Nei mesi di gennaio e febbraio il “Cor-riere della Sera” ha ospitato una serie di inter-venti sulla questione. Basterebbe citare quelli di Roberto Esposito e di Ernesto Galli della Loggia (“Le buone ragioni per istituire un vero ministero della Cultura”) e di Riccardo Tozzi e Marco Polillo (“Una politica indu-striale per la cultura”), il cui comune denomi-natore potrebbe riassumersi nell’uniformità che la società, la storia, la tradizione dovreb-

bero manifestare nel rivestirsi di un abito dal quale traspaia come la cultura sia conoscen-za, pensiero, interpretazione del vivere socia-le, espressione e creazione. Funzione forma-tiva e didattica, che quando difetta si trasforma in precarietà. Nonostante l’economista William Baumol so-stenga che la cultura sia sempre e comunque tributaria dei fondi pubblici in quanto inca-pace di realizzare guadagni di produttività, resta fermo il punto che la cultura è un bene di merito e che la sua valenza educativa e pe-dagogica è di gran lunga superiore a quella del divertimento procurato. Smentendo così la vecchia storiella che il mercato abbia sem-pre ragione.Tutto questo riporta inevitabilmente al pro-blema dello Stato cattivo impresario, uscito sempre malconcio dal confronto con il mer-cato, al fenomeno dell’assistenzialismo, allo sperpero dei fondi pubblici, all’accusa di bu-rocrazia e di mortificante conformismo. Anche Alessandro Baricco ha voluto dire la sua, sostenendo che per far rinascere la cultura biso-gnerebbe puntare su scuola e tv. Scoperta dell’acqua calda, che nel frattempo non solo si è raffreddata ma è pure evaporata. La scuola ci

riporta al tema cassato d’autorità da un preside rimasto fermo alla cultura del XIX secolo; la li-nea culturale della tv è appannaggio di Paolo Bonolis, Maria De Filippi, Greggio e Iachetti. Alla Casa del cinema di Roma, di recente è stata presentata una retrospettiva su Louise Brooks. Una volta iniziative del genere erano di casa sulle reti della Rai (quando c’erano Claudio G. Fava & C.). Oggi nemmeno sui ca-nali a pagamento. L’ideale (o meglio, il sogno) sarebbe poter fare come Al Walid bin Talal, il principe saudita noto per la sua cinefilia, che durante una vacanza a Cortina si è affittato l’Eden, l’unica sala del centro dolomitico, per un’intera settimana. Un capriccio da 15 mila euro. Che si aggiungono ad altri 500 mila (ex-tra a parte) per il suo numerosissimo seguito. Perché non proporgli la presidenza di qual-che circolo del cinema? A voglia retrospetti-ve. Con annesso soggiorno all’Hotel Cristallo.

Enzo Natta

Critico cinematografico di «Famiglia Cristiana». Fonda-tore e direttore responsabile della rivista «Filmcronache», dirige la collana «Studi e ricerche» edita dall’ANCCI (As-sociazione Nazionale Circoli Cinematografici Italiani), che ha presieduto dal 1980 al 2000. Autore di libri e di programmi radiofonici e televisivi, già critico cinemato-grafico della Radio Vaticana e per oltre vent’anni fra i curatori della pagina sullo spettacolo de «L’Osservatore Romano», collaboratore di quotidiani, enciclopedie e rivi-ste, italiani e stranieri, è stato capo ufficio stampa dell’Ente dello Spettacolo, dell’Italnoleggio Cinemato-grafico, di Cinecittà e dell’Ente Cinema.

R i f l e s s i o n i

s u l l ’ a t t u a l i t à

Magistratura e Scuola

“…io sono in magistratura da quasi 25 anni e io mi sono fatto questa idea che chiunque ha il potere, sia esso di destra o di sinistra, non vuo-le: un sistema giudiziario forte e una scuola che funzioni, perchè un sistema giudiziario forte vuol dire poter poi controllare il mano-vratore; una scuola efficiente vuol dire avere della gente colta, dei ragazzi colti, gente dotta e quindi gente pensante che non può accettare o assuefarsi a certi modi di vivere o a certe si-tuazioni o a certe condizioni"

Nicola Gratteri

E’ un magistrato italiano, uno dei più impegnati nella lot-ta alla ‘ndrangheta e vive sotto scorta dall’aprile del 1989. Attualmente Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria. Salvato per caso ad un attentato dinamitardo nei suoi confronti, è una delle figure che meglio conosce i meccanismi delle tre diverse mafie che prosperano in Italia, Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta.

La linea culturale della tv è appannaggio di Paolo Bonilis, Maria De Filippis, Greggio e Iachetti.

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Poetiche

Dammi il mio giorno

di Salvatore Quasimodo

Dammi il mio giornoch’io mi cerchi ancoraun volto d’anni sopitoche un cavo d’acqueriporti in trasparenza,e ch’io pianga amore di me stesso.

Ti cammino sul cuore,ed è un trovarsi d’astriin arcipelaghi insonni,notte, fraterni a mefossile emerso da uno stanco flutto;

un incurvarsi d’orbite segretedove siamo fitticoi macigni e l’erbe.

Ich bin ein Berliner

(Io sono un berlinese)

Dal Festival internazionale del cinema di Berlino.

Da amante del cinema, cresciuto a pane e festi-val, ho sempre guardato alla Berlinale come l’altra faccia della luna quando Venezia, sia per motivi geografici che di cuore è sempre stata la stella co-meta. Berlino, così lonta-na dal mio immaginario

cinematografico, era solo un punto sulla map-pa geografica.La vita nel suo scorrere ha cambiato il modo di vedere le cose.Oggi per un appassionato come me la Berlina-le è un appuntamento fisso.Città moderna lontana dagli sfarzi veneziani, dai controsensi del mai nato “esperimento” romano o dagli eccessi di Cannes è forse uno dei pochi festival che abbia ancora senso di esistere.Proiezioni accessibili, file ordinate senza esi-bizioni di pass o accrediti, a meno di pochissi-me eccezioni, sale ultra-confortevoli con anco-ra la civilissima usanza di permettere a fine proiezione un autentico retaggio degli anni 70: il dibattito col pubblico.Riguardo i film visti cito in ordine sparso The Broken Circle Breakdown di Felix Van Groe-ningen bellissimo film fiammingo visto nella storica sala dell’ International sulla Karl Marx Straße, cinema di riferimento della vecchia Berlino est.L’italiano Materia oscura di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti che di oscuro aveva il motivo

per cui è stato proposto e selezionato; record però di accrediti ed omaggi nella fila per entra-re.Il commovente Art violence di Udi Aloni, Ba-toul Taleb e Mariam Abu Khaled girato nella striscia di Gaza su un progetto di teatro come forma di libertà.Il messicano Workers di José Luis Valle, splen-dido esempio di come può essere una vera ri-voluzione civile.Proiezioni sempre sold out e red carpet di qua-lità fanno pensare che il centro di gravità del cinema degli anni 2000 si sta trasferendo a Berlino, dove per altro si girano più film che in qualsiasi altra città europea.A pensare che siamo nella città che ha cono-sciuto la follia più grande della storia recente e che il festival è partito da un livello più mode-sto rispetto agli altri europei viene da pensare al lavoro ed all’impegno profuso in questi 63 anni. Probabilmente all’inizio sembrava un inutile dispendio, ma l’energia del passato ha creato un presente sfavillante.Una persona, che per me è stato tutto, quando gli si ricordava che alla sua età era solo un inu-tile sacrificio presenziare ad incontri o presen-tazioni visto che oramai non aveva più nulla da dimostrare a nessuno, spesso ripeteva: “lavoro per migliorare un futuro del quale non farò parte”.Berlino ha lavorato per un futuro del quale, per fortuna, ora tutti facciamo parte.

Federico Felloni

Federico Felloni

Cinema international Berlino foto di Alessandro Fardella

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segue da pag 1Se l’attività di domenica ha avuto inizio con la visione di un film a cui è seguita la ‘discussione’ e la successiva ‘discussione della discussione’, l’attività del sabato è stata organizzata per favorire un lavoro di analisi, riflessione, dibattito, elaborazio-ne, concernente le funzioni dei circoli dei cinema nell’epoca presente e nella attuale società. Il punto di partenza del lavoro di analisi e riflessione è stato, primariamen-te, il saggio di Fabio Masala intitolato “L’associazioni-smo culturale cinematografico nel Meridione” (1977) e, secon-dariamente, la rilettura della Carta di Tabor (Carta dei dirit-ti del Pubblico) del 1987.Proprio con la lettura indivi-duale del testo di Masala è ini-ziata l’analisi specifica dell’ar-gomento e la successiva ri-flessione orga-nizzata in grup-pi di lavoro. Ciascun grup-po, infatti, ha ragionato in re-lazione a una delle categorie interpretative (e pratiche) proposte dell’autore del saggio sopraccitato: 1) Perché fondare un circo-lo? 2) Per chi fondarlo? 3) Come deve es-sere un circolo FICC?A rendere viva la discussione dei gruppi di lavoro è stata, in particolare, la con-trapposizione operata da Fabio Masala tra vecchia cultura e nuova cultura (la prima teoricamente incarnata dai cine-clubs, la seconda dai “nuovi “ circoli del cinema) con le relative peculiarità.Ogni partecipante ha dato il proprio con-tributo al lavoro (tutti quanti hanno avu-to modo di prendere la parola ed espri-mere le proprie idee), valutando anzitutto quali punti di contatto esistes-sero tra le modalità operative del proprio circolo e quelle schematizzate da Masala e di conseguenza, nonostante il lungo tempo trascorso, a quale modello cultu-rale ritenessero essere più affini. Dall’a-nalisi della realtà particolare dei circoli si è passati ad un’analisi più teorica e ge-nerale, che ha spesso scavalcato il confi-ne imposto dalla categoria schematica dei temi di riferimento, portando i parte-cipanti a riflettere anche sulle tematiche di “competenza” degli altri gruppi di la-voro.

Dal lavoro dei singoli gruppi, durato all’incirca novanta minuti, sono emerse in sintesi rispetto ai temi proposti le se-guenti considerazioni, esposte in modo più articolato dal relatore di ciascun gruppo all’assemblea dei circoli:PERCHÉ FONDARE UN CIRCOLO?- per offrire e condividere una proposta culturale di interesse sociale, che miri ad una organizzazione quanto più demo-cratica fondata sull’autoformazione e sul confronto paritario dei singoli parteci-

panti, affinché essi stessi possano diven-tare membri attivi della vita associazio-nistica, provando a superare la dicotomia rigida tra il pubblico e il soggetto orga-nizzatore. Dicotomia che persisterebbe se la trasmissione delle conoscenze con-tinuasse ad essere delegata al solito esperto;- per scelta politica e per poter quindi partecipare attivamente alle politiche culturali come pubblico organizzato;- per soddisfare l’esigenza di socialità e condivisione, oltre che per acquisire ca-pacità di analisi critica della realtà che ci circonda.

PER CHI FONDARLO?- oggi non si ritiene sia possibile indivi-duare un pubblico specifico dei circoli del cinema, in particolare secondo cate-gorie e riferimenti socio-culturali del passato, poiché questo deve essere costi-tuito da tutti gli individui potenzial-mente interessati alle attività dei circoli stessi ;- sebbene non esista un pubblico di riferi-mento, si ritiene necessario sottolineare che questo cambia a seconda della realtà in cui il circolo si trova ad agire e che a

ciascun tipo di pubblico corrispondono specifiche esigenze;- per chi voglia condividere l’esperienza dei circoli del cinema: per il ‘nuovo pub-blico’, in particolare quello che non ha an-cora diritto di parola, diritto “alla rispo-sta”, che proprio i circoli del cinema dovrebbero preoccuparsi di tutelare e ga-rantire.

COME DEVE ESSERE UN CIRCOLO FICC?

- I circoli FICC devono man-tenere la spe-cifica caratte-ristica di non avere un nu-mero eccessi-vo di soci che limiterebbero la possibilità di una discus-sione, oltre che della vi-sione colletti-va e dell’anali-si del testo;- qualsiasi au-diovisivo può essere oggetto della visione collettiva, poi-ché ogni au-diovisivo può essere a sua volta oggetto di discussio-ne;- sebbene ci si

confronti ormai con un pubblico che sem-pre più esige sale accoglienti e dotate di comfort, il luogo di proiezione non è da considerarsi fattore determinante della buona riuscita dell’attività del circolo;- i circoli devono mirare all’autoformazio-ne dei soci e più in generale alla difesa dei diritti del pubblico.

Sulla base delle considerazioni esposte, l’assemblea ha ribadito il ruolo politico dell’associazionismo culturale cinemato-grafico e, nello specifico, della Federazio-ne Italiana dei Circoli del Cinema, la cui azione deve sempre mirare a dare la paro-la a chi non la sa usare, per continuare a considerare il pubblico come portatore di diritti che vanno difesi dai detentori dei mezzi di comunicazione. Continua ad es-sere questa la lunga strada da percorrere affinché il pubblico possa uscire dalla pas-sività in cui è stato incanalato e per inci-dere attivamente su tutti i momenti della vita culturale audiovisiva.

A cura del Centro Regionale FICC Sardegna

FICC La Collina 2013, Gli operatori culturali che hanno partecipato al corso. Foto di Francesco Montis

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L’associazionismo di cultura cinematografica nella Sardegna.

Mappatura dei siti di cultura cinematografica in Sardegna e la loro organizzazione.“Fu […] l’opera di Fabio Masala a creare le condi-zioni per una espansione dei circoli del cinema, rendendolo fenomeno diffuso in Sardegna e non solo, facendoli di-ventare punti di riferi-mento nazionali e inter-nazionali per

l’elaborazione e la pratica di una metodolo-gia innovativa riguardante l’organizzazione e l’autoformazione del “pubblico come auto-re”. Dovendo fissare dei punti fermi sulla storia, passata, presente e futura, dell’asso-ciazionismo e del panorama cinematografico nella regione Sardegna, questa citazione (tratta da Angelo Tantaro, L’associazionismo culturale agli albori del XXI secolo. L’impe-gno dell’operatore culturale e il rogo della cultura. Atti del Convegno nell’ambito del VII Sardinia Film Festival 29/30 giugno 2012), rende abbastanza chiaramente come l’atten-zione alla cultura cinematografica sia da sempre una delle più importanti attività cul-turali regionali. Lo dicono anche i numeri: la Sardegna conta 55 circoli Ficc, 14 Ucca, 8 Fe-dic, 5 Cgs, 2 Csc, Uicc, Ancci e 1 Uicc, per un totale di 89 circoli attivi (dato aggiornato a febbraio 2013) solo per quello che riguarda le Associazioni cinematografiche riconosciu-te dal Ministero, più le molte organizzazioni non iscritte e indipendenti, gli incontri e gli eventi dedicati alla settima arte. Di impor-tanza preminente sono gli eventi dedicati alla formazione e all’avvicinamento dei gio-vani al mondo del cinema, così come dimo-strano i circoli CGS La Giostra di Cagliari e Mario Serafin di Selargius (quest’ultimo, at-tivo da ottobre 2012 e con già sessanta iscritti). La Ficc, che conta il più alto numero di associazioni, ha un ampio raggio di azione e di attività. Di sicuro interesse la program-mazione del Cineclub oristanese (attivo fin dal 1993), dedicata al cinema indipendente e di difficile distribuzione, così come da evi-denziare l’attenzione alla consapevolezza critica dell’audiovisivo e alla conoscenza del-la Sardegna a cui si dedica l’Associazione Lampalughis di San Vero Milis o del Circolo ‘Immagini’ di Sant’Antioco che da diversi anni propone interessantissime rassegne sul cinema dei Paesi mediterrranei. Ma è so-prattutto a Cagliari e nella provincia che è ben radicata la Ficc, con circoli molto attivi come Laboratorio28, impegnato a proporre problematiche socio-politiche, o ARCcine-ma, caratterizzato da iniziative e rassegne cinematografiche sul diverso orientamento sessuale.Non sono certo secondarie le produzioni di opere cinematografiche (cortometraggi e medio metraggi) che hanno visto i circoli Fe-dic protagonisti dal lontano 1951 (oggi la

Sardegna è con la Lombardia la regione con più iscritti Fedic). Tutti i grandi centri abitati-vi della Sardegna hanno (o hanno avuto) al-meno un circolo Fedic attivo. Importante sottolineare, ai fini della storia della Fedic e della regione, che nel 1991 la Presidenza Fe-dic chiede di fondare a Sassari il Cineclub d’Onore Fedic, che rimane tale fino al 2011 quando esce dalla federazione per tornare poi al suo interno come Cineclub Sulcis nel 2013. Il Cineclub Sassari, attivo dal 1951 e uno dei promotori della fondazione della Ci-neteca Sarda con cui è in sinergia sin dai pri-mi anni anche con il prestito di propri filmati, è uno dei circoli più attivi e collabora con i Circoli delle altre Federazioni Nazionali Rico-nosciute dal MIBAC, con molti enti e istitu-zioni regionali e nazionali. Nel 2006 ha inau-gurato il progetto della Mediateca internazionale del Cortometraggio, che con-ta ormai diecimila titoli in DVD. Sempre a Sassari si svolge il Sardinia Film Festival, de-dicato al cortometraggio e ha sede, all’inter-no dell’Università e nella laurea in Scienze della Comunicazione, il corso di Laboratorio cinematografico. Ben vivo e attivo è anche il Cineclub Fedic Cagliari che programma da anni la sua attività ogni lunedì sera nei locali della Cineteca Sarda, proponendo incontri con i filmakers locali o organizzando brevi rassegne sui ‘corti’ di ambito internazionale. In campo universitario è presente anche un corso in Storia del cinema presso l’Università di Cagliari. La Cineteca Sarda (fondata pro-prio da Fabio Masala nel 1966 per promuo-vere la diffusione del cinema come strumen-to di cultura) rappresenta una delle eccellenze regionali e un riferimento essen-ziale per quanti si occupano di attività con l’audiovisivo in Sardegna: iscritta alla Fiaf

(Federation International des Archives du Film) attualmente è uno dei pochi centri ita-liani attrezzato per la digitalizzazione di pic-coli formati ed è promotrice di importanti restauri cinematografici. Molti i festival e le proiezioni. Ricordiamo tra gli altri, oltre al già ricordato Sardinia Film Festival di Sassari, i Festival del Cinema Ita-liano di Tavolara e Premio Solinas, SIEFF Sar-dinia International Ethnografic Film Festival -Nuoro, Il cinema racconta il lavoro – Caglia-ri, Babel Film Festival - Cagliari, Figari Film Festival – Golfo Aranci, Asuni Film Festival - Asuni, Rassegna Itinerante del Cinema Indi-pendente Sardo di Nuoro, oltre a varie picco-le rassegne locali. Nonostante siano particolarmente evidenti in questo ultimo anno i segnali di forte crisi sul versante delle politiche culturali (man-canza della pubblicazione dei bandi, ritardi e incertezze nei finanziamenti), la Regione aiu-ta, attraverso bandi e contributi, lo svolgersi di queste iniziative, così come si occupa di promuovere e sostenere la produzione cine-matografica in regione attraverso la Film Commission Sardegna, particolarmente atti-va e presente in questi ultimi tempi a seguito della sua riorganizzazione. . Da questo breve excursus possiamo dire che il quadro finale che si apre sulle attività cine-matografiche in Sardegna è estremamente variegato e vivo, in continua espansione e crescita, “rievocante tutta l’anima selvaggia e impetuosa della lontana Sardegna” (P. Amerio, “La Rivista Cinematografica”, nume-ro speciale, dicembre 1923). Si ringraziano per le informazioni Nando Sca-nu, Cristiano Tanas, Marco Asunis e Peppet-to Pilleri.

Marcello Seregni

Marcello Seregni

n.3

Anno II

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n. 4 Marzo 2013

n.4

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Diari di Cineclub

Periodico indipendente di cultura e informazione cinematograficaResponsabile Angelo TantaroVia dei Fulvi 47 – 00174 Roma

[email protected] proporre notizie dai Circoli e promuovere iniziative inviando mail a: [email protected]

a questo numero ha collaborato in redazione Maria Caprasecca edicola virtuale dove trovare tutti i numeri: www.cineclubromafedic.it

la testata è stata realizzata da Alessandro Scillitanigrafica e impaginazione Lorenzo Venturi e Angelo Tantaro

La responsabilità dei testi è imputabile esclusivamente agli autori.Il periodico è on line e tutti i collaboratori sono volontari. Il costo è zero e viene distribuito gratuitamente.

Manda una mail a [email protected] per richiederne l’abbonamento gratuito on line.

8 Marzo 2013, festa della donna,

ricordando le vittime del femminicidio.

“L’amore cattivo”

http://guidofabriziraccontibrevi.wordpress.com/2013/03/07/lamore-cattivo/

Ogni uomo incapace di prendere contatto con le proprie emozioni porta dentro sè il seme della violenza: dobbiamo imparare a percepire il dolore delle donne  se vogliamo crescere e superare quei condizionamenti anacronistici, frutto di una società maschili-sta.

Guido Fabrizi, regista e autore di comunicazione sociale, propone il dramma vissuto da una donna, visto attraverso gli occhi di un uomo e raccontato mediante un flusso di coscienza, nel tentativo di mettere a fuoco alcune dinamiche distorte, spesso presenti nel rapporto fra uomo e donna. Il comportamento violento nasce dall’incapacità di percepire l’altro come persona, as-soggettandolo alla categoria degli oggetti. Si crea così confusione tra bisogno e deside-rio, scatenando comportamenti predatori e prevaricatori,  che tendono ad annullare l’altro. Da qui derivano pulsione di possesso, gelosia ossessiva, sadismo, angoscia di abbandono, che possono trovare giustificazione nei codici culturali, in un individuo già predisposto all’incapacità  d’instaurare un contatto con la propria sfera emotiva.